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Gennaio/Febbraio 2011 - Associazione Nazionale Carabinieri

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Fatti<br />

SULL’AZIONE DI PIO XII PER GLI EBREI, PARLA L’ULTIMO TESTIMONE ANCORA IN VITA: UN AN<br />

Don Giancarlo Centioni “Co<br />

Polemiche placate, ma non del tutto risolte. Il Papa non assunse una posizione uffi<br />

di Dario Benassi<br />

Perché parlarne adesso e non in<br />

mezzo all’infuriare delle polemiche<br />

dell’anno scorso? Perché<br />

don Giancarlo, benché novantottenne<br />

ed in posizione di meritata<br />

quiescenza, è un prete speciale, che non ha<br />

perso quella “verve” che contraddistingue i<br />

Cappellani Militari “d.o.c.” e continua a<br />

svolgere simpaticamente la sua azione di<br />

apostolato, assistenza spirituale e conforto<br />

quasi come se fosse in servizio. Le caserme<br />

di Roma, fra cui quelle dell’ex via Legnano<br />

– ora via C.A. Dalla Chiesa - gli sono<br />

familiari fin dal 1937… si può ben immaginare<br />

quante ne abbia viste e sentite da<br />

allora. Sempre attivo, sorridente e pronto<br />

alla battuta, lo troviamo spesso presente –<br />

talvolta anche come concelebrante – nelle<br />

cerimonie commemorative di fatti che lui<br />

stesso aveva vissuto, come i combattimenti<br />

di Porta San Paolo all’indomani dell’8 settembre<br />

1943, la deportazione in Germania<br />

di oltre duemila carabinieri il 7 ottobre successivo,<br />

l’eccidio delle Fosse Ardeatine il 24<br />

marzo del ’44, la spietata uccisione, due<br />

settimane prima, di Teresa Gullace all’angolo<br />

con viale Giulio Cesare, episodio - di<br />

cui fu diretto testimone - reso famoso dalla<br />

interpretazione di Anna Magnani nel film di<br />

Rossellini “Roma Città Aperta”. Conosceva<br />

personalmente personaggi come Kesserling,<br />

Kappler, il Papa Pio XII e tanti altri i cui<br />

nomi sono oggi sui libri di Storia, anche il<br />

maggiore dei <strong>Carabinieri</strong> Reali Ugo De Carolis,<br />

che per via di una spiata non riuscì a<br />

salvarsi dalla fucilazione alle Ardeatine,<br />

benché da lui stesso avvisato per tempo<br />

dell’imminente arresto. Riguardo a questo<br />

eccidio, nello stesso anno 1944 – e poi ancora<br />

nel 1950 durante la detenzione –<br />

ebbe a chiedere al colonnello Herbert Kappler,<br />

allora comandante della Gestapo a<br />

Roma, perché non aveva chiamato i cappellani<br />

militari per i conforti religiosi e la risposta<br />

fu: “primo, perché fra i traditori c’era un<br />

prete; secondo, perché per mantenere il segreto<br />

avrei dovuto eliminare pure i cappellani,<br />

quindi anche lei”.Due anni or sono ho<br />

avuto il piacere di conoscere don Giancarlo<br />

– il quale mi onora della sua amicizia<br />

– e di parlare a lungo con lui anche su vicende<br />

come quelle accadute in Italia in<br />

quel periodo, che neppure nel dopoguerra,<br />

né al liceo né all’università, avevamo avuto<br />

occasione di apprendere se non in maniera<br />

assai frammentaria.Da lui avevo anche<br />

attinto le notizie che poi, nel gennaio<br />

dell’anno scorso, hanno costituito oggetto<br />

■ Don Giancalo Centioni, 98 anni portati<br />

egregiamente<br />

di una sua intervista, ricca di riferimenti<br />

concreti, che contribuisce a sfatare la leggenda<br />

nera sui cosiddetti “silenzi” di Pio XII<br />

nei confronti della persecuzione nazista<br />

agli ebrei. Dichiarazioni rese all’agenzia<br />

giornalistica statunitense H2onews, servizio<br />

informativo multimediale cattolico in 9 lingue.<br />

La straordinarietà sta anche nel fatto<br />

che don Giancarlo è rimasto l’unico superstite<br />

di una efficiente rete clandestina di<br />

aiuto agli ebrei, creata dal Vaticano tramite<br />

sacerdoti cattolici in Germania ed in<br />

tutto il mondo. Il merito di aver raccolto tale<br />

importante testimonianza è della “Pay the<br />

Way Foundation”, organizzazione internazionale<br />

ebraica fondata dall’ebreo newyorkese<br />

Gary Krupp, rappresentata in Italia<br />

dall’avvocato romano Daniele Costi.Queste,<br />

in sintesi, le parole di don Giancarlo: “Sono<br />

stato Cappellano Militare dal 1937 al<br />

1977. Nel ‘42 ho prestato servizio in reparti<br />

dislocati in Croazia, nel ‘43 in altre unità di<br />

stanza a Tolone in Francia e dal settembre<br />

dello stesso anno fino al marzo ‘44 nella<br />

caserma romana “Mussolini” della G.N.R.<br />

(Guardia <strong>Nazionale</strong> Repubblicana), già<br />

M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza <strong>Nazionale</strong>)<br />

in via Baiamonti, ora in uso all’Aero-<br />

nautica, nonché nella caserma “Pastrengo”<br />

dei <strong>Carabinieri</strong>. Successivamente, fino al<br />

giugno seguente, presso quella dell’81°<br />

Reggimento Fanteria di via Legnano, ove venivano<br />

raccolti gli ebrei e i non ebrei rastrellati:<br />

i primi per la deportazione in Germania,<br />

i secondi per l’impiego in lavori di<br />

fortificazione nelle retrovie del fronte. Nel<br />

contempo operavo anche nel Tribunale ecclesiastico<br />

cosiddetto dei Sacramenti, trovandomi<br />

a contatto diretto con l’Uditore<br />

Mons. Janisk, di nazionalità polacca, il<br />

quale già in precedenza mi aveva incaricato<br />

di portare aiuti da parte della Santa Sede<br />

e della Croce Rossa Internazionale agli<br />

ebrei internati nei campi di Croazia e Francia,<br />

missioni da me svolte riuscendo ad eludere<br />

i controlli e spesso mischiandomi ai<br />

prigionieri. Mi sono recato più volte anche<br />

dalla fiduciaria polacca capo-campo nel lager<br />

di Ogulin in Croazia, contessa Potozska,<br />

anch’essa prigioniera, dalla quale mi facevo<br />

abbracciare in modo che potesse sfilarmi<br />

di nascosto il denaro che tenevo sotto la<br />

giacca”.<br />

“A Roma alloggiavo in uno stabile adiacente<br />

alla Casa Generalizia della Società<br />

dell'Apostolato Cattolico, i Padri Pallottini,<br />

ove erano presenti sacerdoti di diversi<br />

Paesi, fra i quali il tedesco Padre Weber”. E<br />

fu lì che don Giancarlo venne coinvolto<br />

nella rete di salvataggio,“siccome ero Cappellano<br />

fascista, avevo più possibilità di<br />

movimento ed era più facile aiutare gli<br />

ebrei”, spiega così il motivo per il quale<br />

venne scelto. “I miei confratelli erano venuti<br />

da Amburgo, dove già agli inizi della guerra<br />

avevano costituito la 'S. Raphael Verein'<br />

(società di San Raffaele), nel cui ambito si<br />

svolgevano le attività clandestine per l'aiuto<br />

agli ebrei. Essi avevano il compito di agevolarne<br />

la fuga dalla Germania, attraverso<br />

l'Italia, verso la Spagna o il Portogallo e da<br />

lì in USA, avvalendosi di fidati religiosi locali.<br />

In Germania l’organizzazione era guidata<br />

da padre Josef Kentenich, fondatore<br />

del Movimento apostolico di Schönstatt, il<br />

quale venne poi fatto prigionero e rinchiuso<br />

nel campo di concentramento di Dachau<br />

fino alla fine della guerra”.“A Roma, in Via<br />

Pettinari 57, essa faceva capo a padre Anton<br />

Weber, il quale aveva contatti diretti<br />

14 / gennaio - febbraio <strong>2011</strong> le Fiamme d’Argento

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