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Vivi il Centro | <strong>Settembre</strong> 2009 • CENTRO STORICO •<br />
<strong>VIC</strong> | 45<br />
La globalizzazione<br />
è arrivata in cucina<br />
Cuochi e lavoranti stranieri ai fornelli dei ristoranti del centro: le ragioni di un<br />
fenomeno in crescendo.<br />
di Federico Giannini<br />
Nella Capitale, come in altre città d’Italia, le padelle di<br />
molti ristoranti tradizionali vengono da tempo impugnate<br />
da “forestieri”. Figure professionali che non possono<br />
certamente vantare ricette segrete apprese tra le mura<br />
domestiche. La frase molto cara a tanti cuochi nostrani:<br />
“come lo faceva la mia mamma”, in tante antiche<br />
hosterie con l’h, potreste non sentirla mai più. Infatti,<br />
per queste nuove leve, la città natale è lontana migliaia<br />
di chilometri dal nostro paese: Bangladesh, Egitto,<br />
Pakistan, Sri Lanka. Questi sono solo alcuni dei Paesi<br />
di provenienza di una nuova generazione di cuochi che<br />
sta conquistando la fiducia di molti imprenditori della<br />
ristorazione. L’invasione degli immigrati nelle cucine<br />
delle osterie italiane è stata graduale. Inizialmente chi<br />
veniva a cercare fortuna nel bel Paese, non avendo un<br />
“know how” adeguato ai palati italici, si accontentava<br />
di svolgere le mansioni più umili. Il lavapiatti è stato il<br />
primo lavoro ad essere monopolizzato dagli immigrati in<br />
trasferta nelle nostre città, poi i forni a legna delle pizzerie<br />
e ora la conquista dei fornelli. Le ragioni che hanno<br />
spinto molti gestori di importanti locali a scommettere<br />
su questi nuovi professionisti sono semplici. Da una<br />
parte un immediato vantaggio economico (in tempo<br />
di crisi), dall’altra una capacità nell’apprendere e una<br />
velocità nell’eseguire i piatti richiesti. “Cucinare non è<br />
un mestiere, è un’arte, e, si sa, gli artisti sono spesso<br />
come i divi hollywoodiani. Molti colleghi preferiscono<br />
la semplicità di un mero esecutore all’estro e alla<br />
creatività (ma anche i capricci) di un genio dei fornelli”<br />
queste le sagge parole di Antonio Esposto patron<br />
dell’Osteria di Gusto, “abbiamo la cucina a vista e il<br />
nostro chef, Alessandro, dirige sapientemente molti<br />
ragazzi italiani ma anche stranieri.” Dunque nulla di<br />
strano se, a Roma, nel rione Trastevere a spadellare<br />
una “cacio e pepe” c’è un pakistano o a infornare una<br />
pizza margherita invece che un napoletano doc, c’è<br />
un egiziano del Cairo. Anche questa è globalizzazione.<br />
Con i suoi pro e anche i suoi contro.