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Etica Hacker: L'imperativo `e hands-on.

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4.1.1 Software proprietario vs Open Source<br />

Il software proprietario, il cui codice sorgente è tenuto segreto, può solo essere<br />

eseguito così com’è; n<strong>on</strong> è possibile, a meno di riuscire a decifrare il codice binario<br />

(lavoro complicatissimo che alcuni pazienti smanett<strong>on</strong>i riesc<strong>on</strong>o talvolta a<br />

svolgere) apportare modifiche, miglioramenti o adattamenti, o anche solo capire<br />

come funzi<strong>on</strong>a il codice. Ragi<strong>on</strong>i ec<strong>on</strong>omiche, come quella di poter guadagnare<br />

dal proprio lavoro vendendo ogni singola riproduzi<strong>on</strong>e di un software, veng<strong>on</strong>o<br />

così a limitare gli usi più intelligenti e innovativi che poss<strong>on</strong>o essere fatti di un<br />

programma.<br />

I sistemi operativi Microsoft s<strong>on</strong>o un esempio di come l’utente viene trattato<br />

dalle case produttrici di software commerciale: il codice è segreto e gli usi che si<br />

poss<strong>on</strong>o fare s<strong>on</strong>o limitati e definiti al massimo. Il problema principale sembra<br />

quello di semplificare la vita all’utente, che dal canto suo, generalmente, n<strong>on</strong><br />

chiede altro che avere la vita semplificata. Vige un rapporto generale di sfiducia<br />

tra l’uomo e la macchina, in cui il massimo che ci si possa aspettare da questa<br />

è che n<strong>on</strong> crei dei pasticci; dunque anche l’utente è ben c<strong>on</strong>tento di delegare il<br />

più possibile a degli “specialisti” il rapporto c<strong>on</strong> questo m<strong>on</strong>do sc<strong>on</strong>osciuto e<br />

dispettoso dell’informatica. Si può parlare per certi versi di una forma di “alienazi<strong>on</strong>e”.<br />

Per fare un esempio di casi che visti c<strong>on</strong> un occhio estraneo alle dinamiche<br />

ec<strong>on</strong>omiche poss<strong>on</strong>o sembrare veramente folli, ci s<strong>on</strong>o programmi commerciali<br />

di c<strong>on</strong>tabilità aziendale dove anche modifiche come l’aggiornamento di un parametro,<br />

per esempio la percentuale dell’IVA, richied<strong>on</strong>o l’intervento della casa<br />

produttrice del software. In questo modo chi produce un programma si assicura<br />

rendimenti spropositati tenendo gli utenti nella c<strong>on</strong>dizi<strong>on</strong>e più passiva possibile<br />

di uso del software per i soli scopi precisi per i quali è stato progettato.<br />

Sec<strong>on</strong>do l’etica hacker, ciascuno dovrebbe essere il primo a poter mettere<br />

le mani sui programmi che utilizza per adattarli e renderli migliori per sè ed<br />

eventualmente per altri. I limiti che l’attuale sistema di proprietà intellettuale<br />

del software p<strong>on</strong>e s<strong>on</strong>o inaccettabili per gli hacker e questa è stata da sempre<br />

un delle pirincipali battaglie che essi si s<strong>on</strong>o trovati ad affr<strong>on</strong>tare.<br />

Un sistema per dare veste legale ad un modello di c<strong>on</strong>divisi<strong>on</strong>e dei saperi<br />

e per tutelare chi decida di rendere libero il codice che ha sviluppato, come<br />

abbiamo visto nelle “Storie di hacker” è quello del cosiddetto copyleft proposto<br />

da Richard Stallman; gli aspetti tecnici e differenze fra le varie licenze possibili<br />

saranno illustrati nel prossimo capitolo.<br />

4.1.2 Il digital divide e la pratica del trashware<br />

Prima ancora del problema dell’accessibilità e della libera circolazi<strong>on</strong>e delle informazi<strong>on</strong>i,<br />

c’è quello dell’accessibilità delle tecnologie stesse: un altro tema<br />

particolarmente caro agli hacker, fin dai tempi dell’Homebrew Computer Club e<br />

dell’invenzi<strong>on</strong>e del primo pers<strong>on</strong>al computer.<br />

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