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come tali, potrebbero rivelarsi errate. E dunque, gli accadimenti che ho<br />

raccontato – ci tengo a dire che sono tutti “fatti veri” – sollecitano una<br />

domanda: come cambia la nostra esperienza? Ovvero: come cambia<br />

il nostro modo di “essere esseri umani” dal momento <strong>in</strong> cui la nostra<br />

esperienza del mondo viene costantemente anticipata da dispositivi<br />

tecnologici? E <strong>in</strong>oltre, domanda delle domande: tutto questo cambia il<br />

nostro “essere esseri umani”?<br />

Certo, forse non è questa la sede adatta per rispondere <strong>in</strong> modo filosoficamente<br />

adeguato, come probabilmente sarebbe necessario, a<br />

<strong>in</strong>terrogativi che parrebbero avere una portata ontologica. Ma con ciò<br />

non voglio esimermi dalla responsabilità filosofica. Anzi. Cosa accade,<br />

dunque? È evidente che l’esigenza di rispondere al “problema” della<br />

cont<strong>in</strong>genza con un’anticipazione dell’esperienza appartiene, da sempre,<br />

all’ “essere esseri umani”; è altrettanto evidente, però, che la capacità<br />

di sentire per anticipare appartiene sempre meno all’uomo, poiché<br />

questi l’ha progressivamente delegata ad apparecchi tecnici f<strong>in</strong>o<br />

a dispropriarsene del tutto. questo dispropriamento pare compiersi con<br />

l’avvento delle tecnologie digitali web based, attraverso le quali l’attività<br />

umana del sentire è sempre più <strong>in</strong>differente al mondo e sempre più non<br />

<strong>in</strong>differente ai dispositivi. Una prima ipotesi è già implicita <strong>in</strong> quanto<br />

detto: che gli “esseri umani” abbiano perso la loro capacità di sentire il<br />

mondo e che qu<strong>in</strong>di siano <strong>in</strong> una condizione di <strong>in</strong>feriorità rispetto ai dispositivi<br />

tecnologici che ne “condizionerebbero” la vita. Non più aisthesis,<br />

e qu<strong>in</strong>di una capacità estetica, dunque, ma una an-estetizzazione<br />

e una <strong>in</strong>capacità complessiva di “orientarsi” nel mondo degli “esseri<br />

umani”, tale che un semplice blackout elettrico potrebbe seriamente<br />

metterne <strong>in</strong> difficoltà la stessa sopravvivenza. La seconda ipotesi è<br />

consequenziale, ma forse più ottimistica: la capacità umana di esperire<br />

il mondo si sta riconfigurando su un diverso piano, che non raccoglie<br />

più i “segni” del mondo, ma i “segni” dei dispositivi che non sono altro<br />

che una raccolta di “segni” del mondo effettuata automaticamente da<br />

un dispositivo programmato; <strong>in</strong> questo caso gli “esseri umani” sarebbero<br />

potenzialmente <strong>in</strong> una condizione di superiorità rispetto agli “esseri<br />

umani” del passato poiché dispongo di segni “già elaborati” (anticipati).<br />

Le due ipotesi autorizzano a del<strong>in</strong>eare due scenari differenti e,<br />

forse, contrapposti: <strong>in</strong> uno le macch<strong>in</strong>e dom<strong>in</strong>ano l’uomo e lo rendono<br />

sempre più passivo e <strong>in</strong>differente al mondo e alla vita, deprivato dagli<br />

stimoli che provengono dalla cont<strong>in</strong>genza ma, anche, deprivato dai pe-<br />

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