se vuoi guardare ascoltare e leggere <strong>in</strong> <strong>pensiero</strong> tenendo la rivista tra le tue mani vai su www.<strong>in</strong><strong>pensiero</strong>.it o su www.squilibri.it l’ass l album Claudio Rocchetti The Red Tower Claudio Rocchetti [1] squi[libri] The Red Tower 45’ 03’’ [musica eletronica] PreSeNtAzIoNI_DVD <strong>07</strong>
torna all’<strong>in</strong>dice Francesco Jodice_Hikikomori Il documentario di Francesco Jodice, Hikikomori, ritrae con estremo rigore formale la vita di quella che <strong>in</strong> Giappone dagli anni Ottanta è diventata una categoria sociologica ed esistenziale, quella appunto degli hikikomori, letteralmente coloro che stanno <strong>in</strong> disparte, si isolano. Come gli otaku, anch’essi considerati fanatici di videogiochi e tecnologia, gli hikikomori scelgono una vita di auto emarg<strong>in</strong>ati, quasi che il mondo rumoroso affollato e <strong>in</strong>congruente del Giappone postmoderno e tecnologico risulti troppo aggressivo e doloroso per essere vissuto. Francesco Jodice, con l’apparente distacco di una c<strong>in</strong>epresa lasciata alla neutralità della propria lente, riesce a dare il quadro di una condizione nuova ma <strong>in</strong> rapida diffusione, un modo di vivere il proprio futuro quasi profetico: dove l’immag<strong>in</strong>e di quel futuro <strong>in</strong> cui le persone vengono sostituite da una serie <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita di dispositivi e istruzioni viene anticipata, <strong>in</strong> qualche modo esperita <strong>in</strong> un presente <strong>in</strong>decifrabile da un numero crescente di giovani che decidono di vivere da reclusi la profezia del proprio futuro negato. Estratto dal film Hikikomori, di Francesco Jodice e Kal Karman, 22’, 2004. roberto Menchiari_ Inbilico Il primo impatto con la video performance di Roberto Menchiari è la sorpresa, l’<strong>in</strong>aspettata rivelazione che si ha ogni volta che si <strong>in</strong>tuisce un equilibrio <strong>in</strong>sospettabile, ogni volta che si avverte che gli equilibri che il mondo può raggiungere sono molteplici, come accade per le pietre che l’artista raccoglie e sovrappone una sopra l’altra <strong>in</strong> una spiaggia dell’Isola d’Elba. Accompagnate dalla musica per archi di Damiano Puliti, le immag<strong>in</strong>i video della performance, oltre all’evidente e concreta consistenza di equilibrio che ogni s<strong>in</strong>gola torre di pietre raggiunge, evocano con estrema efficacia la metafora condivisa dell’equilibrio, o detto altrimenti la figura archetipica che racchiude la relazione fondante tra ord<strong>in</strong>e e disord<strong>in</strong>e, distruzione e costruzione, vita e morte. E <strong>in</strong>fatti i gesti di Roberto Menchiari, pur <strong>in</strong>trisi di ironia, ricordano un rituale antropologico, una pratica apotropaica, dove con l’<strong>in</strong>nalzamento della torre, con l’edificazione del totem si ricorda che nessun presente sarà sempre presente e nessun futuro sarà necessariamente futuro. Christian S<strong>in</strong>icco / Baby gelido_Alter La performance poetico musicale di Christian S<strong>in</strong>icco, autore di testi e voce, e dei Baby Gelido, autori di musiche e effetti sonori, già dal primo ascolto evoca una realtà segnata da squarci di spazi urbani desolati, e da un paesaggio dom<strong>in</strong>ato da atmosfere crepuscolari e decadenti. L’uomo che attraversa la città esplosa, durante e dopo l’apocalisse, o meglio, le apocalissi, è portatore di un’identità mutante, è un soggetto <strong>in</strong> bilico, sulla soglia, non più essere umano ma neppure ancora un androide. Flussi, paradossi visivi e sonori lo pervadono, e la sua frammentazione cresce di pari passo con la frammentazione della realtà che lo circonda. In uno scenario del genere, dove un’idea totalizzante e esclusiva del futuro ha cancellato ogni presente e ogni passato, sembra scomparsa ogni possibilità di unità, di comprensione univoca, di certezza logica: <strong>in</strong> questo futuro che avanza a ritroso, solo con i sensi si può ancora conoscere, fare esperienza del mondo, del proprio corpo, della propria esistenza. l’assol album Claudio rocchetti_the red tower Secondo assolo proposto da <strong>in</strong> <strong>pensiero</strong>, The red Tower, è un lungo brano di musica elettronica di Claudio Rocchetti – da qualche anno uno dei musicisti elettronici più attivi e vivaci nel panorama europeo, grazie soprattutto al suo lavoro di ricerca sul suono (come elemento non solo emotivo e compositivo, ma anche materico, estratto da strumenti elettronici e analogici), sulle sue potenzialità tecniche, espressive <strong>in</strong> studio e dal vivo. The red Tower colpisce immediatamente la fantasia dell’ascoltatore per la capacità evocativa delle sue sonorità, <strong>in</strong> particolare per la s<strong>in</strong>golare e notevolissima <strong>in</strong>tensità che riescono a raggiungere. Intensità che però non si esaurisce solamente <strong>in</strong> una esperienza emotiva, ma che richiede anzi una speciale attenzione razionale, un’attenzione concreta ai suoni che si montano l’uno dopo l’altro: una musica fisica, con un tessuto sonoro denso e pieno di implicazioni, e <strong>in</strong>sieme dotata di una speciale e magnetica forza narrativa, che sceglie ora di decl<strong>in</strong>arsi <strong>in</strong> un cr<strong>in</strong>ale di impalpabilità (come nel pulviscolo <strong>in</strong>iziale, o nelle sfaldature f<strong>in</strong>ali), ora si fa quasi scontrosa e <strong>in</strong>vadente (il crescendo sonico alla metà del brano). Ma soprattutto, cosa non da poco per un brano che supera i 40 m<strong>in</strong>uti, tiene <strong>in</strong>collati all’ascolto con una tensione e un’urgenza che rendono merito e fanno onore all’energia di attenzione che volutamente richiede all’ascoltatore. Un <strong>in</strong>sieme di sonorità, anche concrete e materiali, che forse <strong>in</strong> qualche modo prefigurano il futuro di saturazione e di silenzio della fonosfera che potrebbe ospitarci tra qualche anno, o che forse più semplicemente anticipano le asperità e le aspettative della fonosfera che il futuro ha già <strong>in</strong> serbo per noi. torna all’<strong>in</strong>dice
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