scarica gratis l'e-book 07 - in pensiero
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<strong>in</strong> questo caso del telefon<strong>in</strong>o e dei suoi strumenti di autocorrezione, quasi<br />
fosse un superego giusto e puntiglioso – piuttosto che un <strong>in</strong>conscio dispettoso<br />
– che censura o piuttosto riord<strong>in</strong>a i miei pensieri e desideri. Altro che<br />
<strong>in</strong>tenzione nascosta! Se <strong>in</strong> un tempo prenumerico il lapsus avrebbe potuto<br />
far immag<strong>in</strong>are che al momento di scrivere stavo furtivamente pensando<br />
magari a più di una persona, adesso l’algoritmo di correzione riord<strong>in</strong>a le<br />
mie possibilità di desiderio, ricordandomi che l’occorrenza più frequente è<br />
il vi, piuttosto che il ti – trovando peraltro una curiosa omologia con le reali<br />
abitud<strong>in</strong>i sessuali dei nostri contemporanei, dove avere più di un legame<br />
alla volta, o trovarsi con più di un partner alla volta, non è né <strong>in</strong>frequente<br />
né socialmente riprovevole come un tempo: <strong>in</strong>somma riord<strong>in</strong>ando e suggerendo<br />
la possibilità più frequente e opportuna al mio desiderio. E forse<br />
è proprio questo che gli algoritmi ci vogliono dire giorno dopo giorno, che<br />
sono loro il nostro nuovo motore oscuro, il nostro nuovo abisso <strong>in</strong>conscio,<br />
che la formazione storica dell’<strong>in</strong>conscio, quello di Freud e della sua<br />
progenie, quello che mediava tra le tante istanze che ci tormentavano, ha<br />
fatto il suo tempo, non serve più, sono superate la sua stessa esistenza e<br />
consistenza, come sono superate le nevrosi, ora che anche disagio psichico<br />
e psicologico sono entrati a pieno titolo nel regno dei numeri, sono<br />
cioè ormai completamente farmacologizzati, ovvero ridotti a modelli di<br />
comportamento, profili, tipologie operative, che una volta riconosciuti e<br />
<strong>in</strong>casellati, zac, facilmente li possiamo disattivare, proprio perché riusciamo<br />
a <strong>in</strong>serirli <strong>in</strong> un algoritmo di riabilitazione o a riscriverli secondo una<br />
corretta procedura di guarigione (c’è chi pensa addirittura che <strong>in</strong> questo<br />
modo si guarirà dall’omosessualità). Insomma, gli algoritmi stanno cercando<br />
onestamente di dirci che loro sono venuti per sostituirsi al nostro<br />
caro vecchio pulsare <strong>in</strong>conscio, che rottameranno, per usare un term<strong>in</strong>e<br />
alla moda, quell’<strong>in</strong>gombrante e capricciosa ragnatela che portavamo dentro<br />
di noi – e dentro cui a volte rimanevamo impigliati –, ma noi niente, non<br />
ne vogliamo sapere. Siamo restii a ascoltare, malgrado i tanti aedi della<br />
tecnologia, la loro voce che ci assicura una presente e futura libertà da<br />
ogni disord<strong>in</strong>e, imprevisto, problema irresolubile. Chissà poi perché? Sarà<br />
che ancora siamo troppo legati ai nostri lapsus, o piuttosto alla paura di<br />
perdere la loro comoda compagnia, e forse anche soggiogati dalla paura di<br />
abbandonarci ai nostri io r<strong>in</strong>novati dalla tecnologia, per capire che i lapsus<br />
non esisteranno più nel nostro futuro, perché il nostro futuro non avrà più<br />
spazio per i rebus della psiche, ma solo per errori che si correggeranno,<br />
magari da soli, attivando le corrette procedure. Perché errare è umano,<br />
e anche con gli algoritmi alla nostra guida non potremmo farne a meno.<br />
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