14 ... continua da pag. 13 <strong>Campo</strong> de’ fiori “Il Calvario” di Renato Cenni
<strong>Campo</strong> de’ fiori 15 QUINTE ALLA RIBALTA Si cercavano braccia e sono venuti uomini: la realtà di un’utopia - GIORGIO CENNI di Massimo Santini “Gli uomini si dividono in cinque categorie: uomini, mezzi uomini, ominicchi, ruffiani e quaqquaraquà..” sanzionava il “parrino” di Leonardo Sciascia nel romanzo Il giorno della civetta ed aggiungeva che “…i primi sono veramente pochi…..” Beh, senza dubbio ,tra questi pochi possia- mo annoverare GIORGIO CENNI’’. Chi ,non conoscendolo, lo incontra per la prima volta, si trova di fronte un signore molto distinto ,elegante nel vestire , di media statura ed asciutto nel fisico, con una folta capigliatura spruzzata di grigio ed un paio di baffetti ad incorniciare un sorriso che non ha mai perso il suo credo nella vita ed il suo ottimismo, nonostante tutto, “perché domani è un altro giorno….” e si può sempre ricominciare; nessuno ,tuttavia, sarebbe in grado d’intuire quale “vulcano di energia” si celi nell’animo di questo signore, dall’aspetto tranquillo, né quali risultati abbia ottenuto durante l’arco della sua “incredibile vita” spesa ad applicare con i fatti i “veri” ideali di libertà, di giustizia e di solidarietà che diventano troppo spesso “vuote parole” nella ribalta dei politici. E’ proprio ripercorrendo la sua vita ,dunque, che possiamo comprendere l’uomo. Giorgio Cenni ha i suoi natali a Sestri Ponente , come lui stesso precisa: “…a quell’epoca era un comune autonomo non ancora inglobato nel territorio di Genova..,” era il 1927 . Il padre era un’artista, bravo, ma grande sognatore, la madre dolce ma energica. Gli anni della sua infanzia sono sottolineati dalle condizioni di miseria in cui versava il paese ,nel difficile periodo a cavallo trai due conflitti mondiali: “Era l’epoca, racconta Giorgio, della libbra di pasta, del mezzo etto di salsa, dell’etto di zucchero ,del quartino d’olio comprati a credito: si pagava ogni quindici giorni o quando si poteva; per questo ho cominciato a lavorare molto presto…..”. A 13 anni ,la madre, riesce a farlo assumere in una cooperativa di operai metallurgici, collegata, come molte altre, al grande gruppo industriale ANSALDO di Genova; qui ,il giovane Cenni spera d’imparare un mestiere e poter “crescere professionalmente”, ma il suo primo incarico è quello di “stagnare” le pentole di rame ed il secondo è quello di “scaldachiodi”, vale a dire, arroventare pezzi di metallo per creare la testa dei bulloni ,necessari, ad unire le lamiere delle navi in costruzione nei cantieri del porto. A Giorgio sembra un lavoro faticoso ma importante per “progredire professionalmente “in alto”, fino a quando i compagni di lavoro non lo disilludono affermando che: “Si è vero, salirai, ma sulla tolda di una nave in cantiere a piantar bulloni…” e il giovane Cenni apprendista, scappa a casa, ferito non tanto dalla rivelazione, quanto dall’arrendersi dei compagni ad un destino senza speranza, senza almeno tentare di migliorare. Spinto più dalle necessità della famiglia, che dai buoni uffici della madre e del datore di lavoro, Giorgio torna al lavoro e per “premio”, data la sua statura e costituzione minuta, viene messo a dare il “minio” (antiruggine) all’interno di lunghi tubi per le condotte dell’acqua (diametro 70 cm circa); per ricompensa oltre la scarna paga : mezzo litro di latte al giorno. Sono gli anni “quaranta” e la guerra infuria nel mondo. Giorgio Cenni viene finalmente assunto all’Ansaldo Fossati , trasformato in industria bellica, come apprendista tornitore, in quegli anni di lavoro duro e di paura (dai bombardamenti alleati all’occupazione tedesca) si trova, l’8 settembre 1943, a tentare di difendere la fabbrica, inerme, con i pochi compagni di lavoro presenti, dal previsto smantellamento da parte dei tedeschi ; qui, assiste impotente all’assassinio di un giovane amico e compagno di lavoro, ucciso (storico) da un ufficiale delle SS al comando di una colonna corazzata. Nel giugno del ’44 viene “rastrellato” dalle brigate fasciste per rappresaglia ( episodio splendidamente narrato nel suo libro “Le Mura delle Cappuccine” nov. 2004 Sorbello Editore): picchiato e recluso nel carcere di Marassi ;sfugge alla fucilazione per puro caso. Alla fine della guerra, negli anni 1946/47 è al lavoro nelle cosiddette “Brigate Internazionali” per la ricostruzione dei paesi distrutti dalla guerra e quindi nel 1950 parte per la naja. Ventiquattro mesi di “ferma”, in marina ,di cui 18 passati come “cuoco” (improvvisato, beata incoscienza giovanile !) di stanza a Venezia al servizio dell’ammiragliato ,dove restano “famose” le sue trenette cu pesto ,ed i restanti 6 (una volta pratico) a salvare le “ulcere” dell’equipaggio di una corvetta ,maltrattato da un cuoco, più interessato a lucrare sulle razioni che alla salute dei commilitoni. Durante l’imbarco partecipa, volontario, al salvataggio della propria nave in pericolo d’affondamento, a bordo di un rimorchiatore (Golfo Aranci – Olbia). Al termine del servizio militare torna all’Ansaldo, che nel frattempo ha convertito il suo prodotto finito: dai carri armati ai trattori, ma sono tempi difficili, a causa della crisi dell’industria metallurgica schiacciata dalla concorrenza dei mercati più forti ed a farne le spese maggiori sono gli operai e le loro famiglie. Le condizioni di lavoro sono pessime: orari stressanti, turni assurdi, nessuna assistenza, nessuna protezione, si mangia un veloce pasto freddo,seduti sui marciapiedi esterni alla fabbrica , ci sono i “tempi” del cottimo ed un salario con cui si sbarca, appena, il lunario. Giorgio Cenni non si perde d’animo, amato e rispettato dai compagni per la sua onestà e preparazione (durante la sua vita non ha mai smesso di leggere e studiare) viene eletto come sindacalista nella Commissione Interna e dopo mesi di scioperi e “serrate” riesce ad ottenere alcuni miglioramenti per i lavoratori e garanzie soprattutto per le donne. La difesa dei lavoratori gli costa il “licenziamento in tronco” (1952) ed a nulla vale il tentativo padronale di ricattarlo proponendogli di riassumerlo a condizione di sottoscrivere un documento di messa al bando di qualsivoglia protesta e reclamo da parte dei lavoratori. Lo stesso direttore generale dell’Ansaldo ,per rispetto e stima, s’impegna personalmente a trovargli un altro lavoro e, nel frattempo, un salario minimo per consentirgli di “tirare avanti”. Il posto arriva presso un’impresa per costruzioni stradali; ed ancora una volta Cenni deve improvvisare; dopo un breve apprendistato viene messo alla guida di un “caterpillar” (pala meccanica cingolata per scavi); il lavoro , tuttavia, dura poco perché l’impresa chiude i battenti ed il “nostro” si ritrova nuovamente senza lavoro. Con una dose ,non comune, di “faccia tosta” e coraggio si presenta ad una ditta di trasporti e si professa autista di autocarri con rimorchio per il trasporto di carburanti; viene assunto sulla “parola” e questo è il commento del suo compagno nel primo viaggio da Genova a Chivasso: “Adesso vai bene , ma per un bel po’ me la sono fatta sotto …!” Nel 1955 Giorgio Cenni sposa la sua “dolce Mariù”, una ragazza affascinante, colta ed emancipata che, con la sua personalità ed il suo amore, diventerà la compagna ideale di tante battaglie . Dopo altri tre anni trascorsi sulle ruote ecco la svolta! Siamo nell’aprile del 1958 ed a G. Cenni vengono fatte due proposte di lavoro: addetto alle escavatrici alla diga di Kariba sullo Zambesi (Zimbabwe) o tecnico meccanico di precisione a Berna (Svizzera) in una fabbrica di prodotti telefonici. La scelta cade su Berna e da emigrante “ben vestito” (come dice sorridendo lo stesso Giorgio “…Che allora per gli svizzeri esisteva lo strano principio che gli emigranti dovevano essere per forza individui miseri e straccioni…) prende alloggio nella soffitta di una famiglia amica conosciuta nel dopoguerra e si presenta in fabbrica. Già al primo contatto la prima delusione: i tanto decantati svizzeri hanno macchinari antidiluviani e metodi di lavoro antiquati. Continua a pag. 44 ......