Mamme o veline? - Campo de'fiori
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32<br />
Allorquando ritorna<br />
alla memoria<br />
qualche vecchia<br />
Usanza popolare<br />
romana, può succedere<br />
che subentri<br />
uno stato di<br />
indicibile nostalgia<br />
e tutto ciò a<br />
prescindere dalla<br />
circostanza che di<br />
quella usanza se<br />
di Riccardo Consoli<br />
ne abbia diretta<br />
conoscenza; infatti<br />
basta sfogliare alcune incisioni dell’epoca,<br />
per rendersi conto di quello che queste antiche<br />
usanze rappresentavano e sapevano<br />
offrire. Tutti i romani e le romane sono fermamene<br />
convinti di essere allegri a questo<br />
mondo e ciò, indipendentemente dalle vicissitudine<br />
della vita quotidiana, portando innato<br />
quell’ ottimismo e quella spensieratezza<br />
che è, probabilmente, la loro migliore qualità;<br />
c’è chi molto spesso non ha casa, né<br />
mezzi, né sicurezza per il domani, ma canta,<br />
ride ed è sempre in movimento. Vivendo<br />
quasi sempre all’aperto ed esercitando<br />
mestieri faticosi, ma lavorando poche ore al<br />
giorno, i romani mangiano bene, bevono<br />
meglio, si divertono in campagna a tutte le<br />
feste e, vestendo costumi pittoreschi, sono<br />
proprio belli. Circa l’abbigliamento gli uomini,<br />
vestono un costume costituito da una giacchetta<br />
di velluto che non arriva alla cintola,<br />
generalmente gettata sulle spalle, un panciotto<br />
dello stesso tessuto, una camicia candida,<br />
la vita cinta da un’ampia fascia a colori,<br />
i calzoni simili alla giacca affibbiati sotto il<br />
ginocchio, le gambe rivestite da calze a colori,<br />
ai piedi una scarpa di cuoio con una larga<br />
fibbia che ricurva ai lati, camminando, batte<br />
per terra. Le donne indossano anch’esse una<br />
giacchetta di velluto o di cotone a colori, con<br />
colli e petti rovesciati e adorni di pizzi, maniche<br />
rigonfie all’altezza dell’omero e, quindi,<br />
strette fino al polso, le vesti dello stesso tessuto<br />
e colore, scendono fino al collo del<br />
piede che calza una scarpa di cuoio; le<br />
ragazze portano ancora un grande pettine<br />
d’argento e uno stiletto, il cosiddetto spadino,<br />
infilato nelle trecce che serve come ornamento<br />
e come difesa, alle orecchie lunghi<br />
pendenti. In altra occasione ho già ricordato<br />
di Giggi Zanazzo, che di romani e di romanità<br />
se ne intendeva e che, per meglio rendere<br />
l’idea, ha lasciato alcune significative indi-<br />
<strong>Campo</strong> de’ fiori<br />
Roma che se n’è andata: luoghi figure, personaggi<br />
Le usanze che furono<br />
cazioni sulle abitudini della sua città dove:<br />
“…er primo dell’anno se màgneno le lenticchie<br />
e l’uva, perché chi magna ‘ste dù cose,<br />
dice, che conta quatrini tutto l’anno;<br />
“…er giovedì grasso se màgneno le frappe, li<br />
bocconotti e li ravioli;<br />
“…in Quaresima ceci, baccalà e maritozzi a<br />
tutta battuta;<br />
“…er giorno de San Giuseppe le frittelle e li<br />
bignè;<br />
“…er giorno de Pasqua l’agnello, er brodetto,<br />
l’ova, er salame, e la pizza rincresciuta;<br />
“…in Aprile er capretto gentile:<br />
“…pè l’Ascenzione la giuncata;<br />
“…la notte de San Giuvanni se màgneno le<br />
lumache;<br />
“…pè Settembre l’uva che fatta e ‘r fico che<br />
pènne;<br />
“…in Ottobbere che se fanno le svignate,<br />
gnocchi e maccaroni a tutto spiano;<br />
“…pè li Morti se màgneno le fava pè minestra<br />
e poi, le fava da marto dorce e l’ossa da<br />
morto;<br />
“…pè San Martino s’opre la botte e s’assaggia<br />
er vino novo;<br />
“…pè Natale se màgneno li vermicelli cò l’alice,<br />
l’anguilla, er salamone, li broccoli, er<br />
torrone, er pangiallo, et eccetra et eccetra.<br />
Ma vediamo di ripercorrere e rivivere insieme<br />
qualcuna di quelle usanze che furono.<br />
Innanzi tutto è interno al vino, bianco o<br />
rosso che sia, è intorno al litro , alla foglietta,<br />
al quartino, al bicchieretto ed al sospiro<br />
che si incentra tutta una gamma di cerimonie<br />
e rituali, tutta una folla di personaggi, di<br />
protagonisti, di generici e di spettatori –<br />
attori; dall’oste gran sacerdote di questo<br />
moderno Tempio di Bacco al carrettiere che<br />
da tempi remoti fa la spola tra le vigne dei<br />
Castelli e le osterie di Regola e di Trastevere,<br />
piuttosto che di Monti e di Testaccio. Ciò<br />
detto, come non ricordare le famosissime<br />
Ottobrate romane con i tavernieri ritti sulle<br />
porte delle osterie ad aspettare le carrettelle<br />
che giungevano sul posto a tre, a sei o a<br />
dieci? Come rinunciare ad assistere a queste<br />
splendide parate che preannunciano ancora<br />
più splendide magnate e bevute?<br />
Nessun avvenimento sarebbe mai riuscito a<br />
distogliere i romani da quelle gite fuori porta,<br />
infatti, si può tranquillamente credere al cronista<br />
dell’epoca che nell’anno 1924,<br />
sull’Almanacco di Roma, commentando la<br />
situazione interna del paese, ricordava come<br />
il mese di Ottobre così gravido di avvenimenti<br />
nelle altre città d’Italia, per i noti fatti<br />
politici, non lo era a Roma, perché a Roma in<br />
Ottobre si fanno le Ottobrate. I romani non<br />
rinuncerebbero mai in questo mese alle belle<br />
scampagnate ed alla sosta nelle osterie suburbane;<br />
in quelle chiare domeniche di ottobre<br />
persino la sera deve lasciare per strada il<br />
fardello delle sue tristezze se vuole affacciarsi<br />
sotto i pergolati delle osterie affollate e<br />
rumorose. L’ingresso di queste è sempre<br />
vigilato dal venditore di porchetta che, fatta<br />
sera, accende il lume di acetilene affinché le<br />
ombre non deteriorino la sua merce ancora<br />
odorosa di forno; in mezzo ai tavoli c’è sempre<br />
un organetto che suona forte arie allegra<br />
per impedire l’ascolto del canto malinconico<br />
dei grilli notturni; in lontananza, i rintocchi<br />
profondi di una campana che batte l’ora della<br />
notte. Da quell’epoca in avanti le usanze<br />
sarebbero state, come dire, addomesticate,<br />
integrate e forze anche politicizzate, ma fino<br />
a quel momento è certo che erano riuscite a<br />
conciliare i diversi ceti e le varie classi della<br />
popolazione.<br />
Ma quali le usanze romane che furono?<br />
Lo lascerò intendere con l’aiuto di alcune<br />
rapide annotazioni scaturenti da quella tavolozza<br />
di colori frutto di alcune ricerche che,<br />
per quanto attente, non sono mai state spinte<br />
oltre l’indispensabile evitando, in tal<br />
modo, un superfluo appesantimento; osservazioni<br />
che, tralasciando volutamente il lato<br />
religioso e polito di quelle straordinarie stagioni,<br />
si soffermano su alcuni elementi<br />
gastronomici anche por ricalcare il solco di<br />
altre opere di grande prestigio dedicate ai<br />
romani, alla loro vita quotidiana, ai loro<br />
costumi.<br />
Continua sul prossimo numero