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Oberto famiglie di fatto.pdf - Persona e Danno

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Essa, prendendo le mosse dalla critica alla tra<strong>di</strong>zionale impostazione giurisprudenziale e dottrinale<br />

( 32 ), secondo cui «la volontaria prestazione esclude l’ingiusto arricchimento», rinviene la fonte <strong>di</strong><br />

tale ultimo principio nella preoccupazione, espressa da autorevole dottrina ( 33 ), <strong>di</strong> evitare che<br />

un’in<strong>di</strong>scriminata concessione dell’azione <strong>di</strong> arricchimento in funzione <strong>di</strong> recupero <strong>di</strong> una<br />

prestazione <strong>di</strong> facere (eseguita in assenza <strong>di</strong> obblighi legali o contrattuali) si possa tradurre<br />

nell’imposizione <strong>di</strong> uno scambio non desiderato dal soggetto arricchito. Riprova <strong>di</strong> ciò sta nel <strong>fatto</strong><br />

che non sono certo mancati i casi in cui, a ben vedere, la stessa giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità ha dato<br />

luogo all’azione ex art. 2041 c.c. pur in presenza <strong>di</strong> un arricchimento determinato dalla libera e<br />

volontaria ingerenza dell’impoverito nella sfera patrimoniale dell’arricchito ( 34<br />

).<br />

Come si è cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, invero, i timori sull’imposizione <strong>di</strong> uno scambio non<br />

desiderato sono destinati a venir meno allorquando l’attività dell’impoverito si sia venuta a inserire<br />

in un contesto, per così <strong>di</strong>re, obiettivamente caratterizzato dall’onerosità; quando, cioè, per<br />

l’arricchito fosse chiaro che la prestazione ricevuta non poteva intendersi come compiuta<br />

gratuitamente. Rilievo determinante è svolto quin<strong>di</strong> dalla presenza <strong>di</strong> un «affidamento»<br />

dell’impoverito nell’onerosità del rapporto, conosciuto, o quanto meno conoscibile, dalla<br />

controparte proprio per effetto delle peculiari relazioni sussistenti inter partes.<br />

La conclusione riceve conforto dal raffronto con il parallelo regime dell’indebito oggettivo,<br />

nel quale il solo compimento <strong>di</strong> una prestazione <strong>di</strong> dare, non giustificato dalla presenza <strong>di</strong><br />

un’obbligazione legale o contrattuale, dà sempre luogo alla ripetizione.<br />

Un’ulteriore <strong>di</strong>mostrazione della fondatezza della tesi qui sostenuta è ricavabile da una serie<br />

<strong>di</strong> norme che si preoccupano <strong>di</strong> riconoscere al soggetto che si è ingerito nella sfera patrimoniale<br />

altrui, eseguendovi delle prestazioni <strong>di</strong> facere, il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> «recuperare» l’impoverimento subito per<br />

effetto <strong>di</strong> tale attività. Si tratta, più precisamente, dei principi in tema <strong>di</strong> miglioramenti eseguiti su<br />

beni <strong>di</strong> proprietà altrui (cfr. artt. 975, 985, 1150, 1592, 2152 c.c.), o che successivamente <strong>di</strong>vengano<br />

<strong>di</strong> proprietà altrui, ma con effetto retroattivo (cfr. artt. 748, primo e secondo comma, 749, 1502<br />

c.c.), cui sono assimilabili anche i miglioramenti eseguiti dal terzo acquirente del bene ipotecato<br />

(art. 2864 cpv., c.c.). Orbene, se vi è un presupposto comune a tutte le ipotesi è proprio l’assenza <strong>di</strong><br />

un intento liberale: l’impoverito è infatti sempre vuoi (almeno temporaneamente) proprietario, vuoi<br />

possessore, vuoi detentore qualificato; in queste situazioni si deve dunque presumere che chi esegue<br />

un miglioramento lo faccia esclusivamente nell’interesse proprio, senza il minimo intento <strong>di</strong><br />

263 ss., secondo cui «<strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> prestazioni, controprestazioni, affidamenti ed onerosità appare, in costanza <strong>di</strong><br />

convivenza more uxorio, abbastanza ozioso»; E. QUADRI, Famiglia e or<strong>di</strong>namento civile, Torino, 1998, p. 40; nel senso<br />

dell’ammissibilità del rime<strong>di</strong>o soltanto in relazione alle prestazioni che eccedono la normale contribuzione BALESTRA,<br />

Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3779; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2008, cit., p. 1060 ss.<br />

( 32 ) Cfr. Cass., 3 novembre 1956, n. 4110, in Foro it., 1957, I, c. 583; Cass., 26 ottobre 1968, n. 3592; Cass., 27<br />

febbraio 1978, n. 1024; Cass., 6 marzo 1986 n.1456; Cass., 11 febbraio 1989, n. 862; Cass., 21 novembre 1996, n.<br />

10251; Cass., 14 maggio 2003, n. 7373; in dottrina v. per tutti BILE, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella giurisprudenza della<br />

Corte <strong>di</strong> cassazione, cit., p. 646. Per la giurisprudenza <strong>di</strong> merito, nel senso della giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità appena<br />

citata, cfr. App. Roma, 20 aprile 2006, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito (da notare che la<br />

decisione ha <strong>fatto</strong> applicazione del principio in relazione ad un contributo in denaro versato dal partner <strong>di</strong>rettamente<br />

alla parte ven<strong>di</strong>trice per un acquisto immobiliare operato dalla convivente; il tribunale ha qui espressamente <strong>di</strong>chiarato<br />

<strong>di</strong> non affrontare il tema della donazione – eventualmente nulla per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> forma – per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> domanda sul punto).<br />

Analoghe considerazioni sono rinvenibili in Trib. Bologna, 9 febbraio 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio<br />

Corti <strong>di</strong> merito, ove si rimarca, tra l’altro, che «non è risultato provato un impoverimento dell’attrice in correlazione con<br />

l’espletamento <strong>di</strong> tali prestazioni domestiche ed assistenziali, eseguite fuori dell’orario <strong>di</strong> lavoro, dall’altro deve essere<br />

posto in rilievo il <strong>fatto</strong> che la [ex convivente] ha sempre prestato il proprio consenso, evincibile anche da<br />

comportamenti concludenti, allo svolgimento <strong>di</strong> tali mansioni. Sul punto la giurisprudenza ha assunto un’opinione<br />

ferma e consacrata in un orientamento ormai consolidato che in<strong>di</strong>vidua nella volontà delle parti un <strong>fatto</strong>re idoneo ad<br />

escludere l’assenza o l’ingiustizia della causa. Secondo l’in<strong>di</strong>rizzo costante della giurisprudenza la volontà <strong>di</strong> colui che<br />

si assume impoverito acquista una valenza particolare, fino ad essere veramente idonea a costituire la giusta causa,<br />

quando la prestazione non solo è spontanea ma viene eseguita in relazione a motivi connessi a rapporti affettivi o<br />

familiari o <strong>di</strong> cortesia».<br />

( 33 ) P. TRIMARCHI, L’arricchimento senza causa, Milano, 1962, p. 11 ss.; ID., Istituzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato, Milano,<br />

1975, p. 377.<br />

( 34 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 117 ss.; cfr. inoltre ID., Le prestazioni<br />

lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 54 ss.<br />

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