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Oberto famiglie di fatto.pdf - Persona e Danno

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provvista per una serie <strong>di</strong> acquisti immobiliari operati dal partner «forte» durante l’unione<br />

paramatrimoniale era stata fornita «anche e soprattutto» dai proventi del lavoro della convivente, in<br />

assenza <strong>di</strong> una giusta causa del «rilevante contributo economico e lavorativo» fornito dalla donna<br />

per gli acquisti effettuati dal convivente (nel frattempo deceduto) durante tutto il periodo <strong>di</strong><br />

ultratrentennale convivenza. Si è pertanto ritenuto che l’arricchimento <strong>di</strong> quest’ultimo fosse<br />

conseguente alla conversione a suo esclusivo profitto, me<strong>di</strong>ante l’acquisto <strong>di</strong> proprietà immobiliari<br />

ad esso solo intestate, <strong>di</strong> contributi economici e lavorativi della convivente, resi in assenza <strong>di</strong> un<br />

titolo (neppure gratuito) che giustificasse lo spostamento patrimoniale e tali – per rilevanza,<br />

continuità ed unilateralità degli apporti – da non costituire adempimento dei doveri morali,<br />

conseguenti all’instaurazione del rapporto <strong>di</strong> convivenza ( 39<br />

).<br />

Con riguardo al caso dell’obbligazione naturale, evidentemente rilevante in relazione al caso<br />

della convivenza more uxorio oggetto del giu<strong>di</strong>zio, la Suprema Corte evidenzia che il riferimento ad<br />

esigenze <strong>di</strong> tipo solidaristico non è <strong>di</strong> per sé sufficiente a prefigurare una «giusta causa» dello<br />

spostamento patrimoniale, giacché ai fini dell’art. 2034 c.c., comma primo, occorre allegare e<br />

<strong>di</strong>mostrare non solo l’esistenza <strong>di</strong> un dovere morale o sociale in rapporto alla valutazione corrente<br />

nella società, ma anche che tale dovere sia stato spontaneamente adempiuto con una prestazione<br />

avente carattere <strong>di</strong> proporzionalità e adeguatezza in relazione a tutte le circostanze del caso. Ne<br />

deriva che, con particolare riguardo alla convivenza more uxorio, è possibile configurare<br />

l’ingiustizia dell’arricchimento da parte <strong>di</strong> un convivente nei confronti dell’altro in presenza <strong>di</strong><br />

prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal<br />

rapporto <strong>di</strong> convivenza – il cui contenuto va parametrato in relazione alle con<strong>di</strong>zioni sociali e<br />

patrimoniali dei componenti della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> – e travalicanti i limiti <strong>di</strong> proporzionalità e <strong>di</strong><br />

adeguatezza.<br />

Due anni dopo la Cassazione riba<strong>di</strong>sce che «è possibile configurare l’ingiustizia<br />

dell’arricchimento da parte <strong>di</strong> un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza <strong>di</strong><br />

prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal<br />

rapporto <strong>di</strong> convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle con<strong>di</strong>zioni sociali e patrimoniali dei<br />

40<br />

componenti della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> – e travalicanti i limiti <strong>di</strong> proporzionalità e <strong>di</strong> adeguatezza» ( ).<br />

La fattispecie presentata questa volta, nel 2011, all’esame della Corte era piuttosto complessa<br />

(a <strong>di</strong>spetto – e conformemente a quanto più spesso accade nelle nostre sempre più inutilmente<br />

intasate aule <strong>di</strong> giustizia – del valore relativamente modesto della materia del contendere). La<br />

coppia aveva qui deciso <strong>di</strong> convivere nell’appartamento appartenente ai genitori del compagno, e la<br />

convivente aveva provveduto all’acquisto del mobilio che, dopo la rottura del rapporto<br />

sentimentale, era rimasto nell’appartamento occupato dall’uomo, il quale ne godeva, quin<strong>di</strong>, in via<br />

esclusiva e senza titolo. La corte d’appello aveva condannato il convivente al pagamento <strong>di</strong> una<br />

somma, a titolo <strong>di</strong> arricchimento ingiustificato, pari al valore <strong>di</strong> acquisto dei mobili, rifacendosi alla<br />

circostanza secondo la quale la proprietaria non ne aveva mai avuto il go<strong>di</strong>mento e questi beni,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dall’offerta <strong>di</strong> restituzione effettivamente fatta dall’uomo, non avevano, in un<br />

altro contesto immobiliare, alcun valore.<br />

La Cassazione, invece, ritiene necessario <strong>di</strong>stinguere due momenti, l’uno anteriore e l’altro<br />

posteriore all’offerta <strong>di</strong> restituzione dei beni, cassando la sentenza d’appello e riconoscendo il<br />

<strong>di</strong>ritto per la ex convivente a richiedere una somma a titolo <strong>di</strong> arricchimento ingiustificato,<br />

( 39 ) In motivazione è altresì dato leggere che l’art. 2041 c.c., costituisce una norma <strong>di</strong> chiusura della <strong>di</strong>sciplina delle<br />

obbligazioni, che costituisce uno strumento <strong>di</strong> tutela, esperibile in tutti i casi in cui tra due soggetti si verifica uno<br />

spostamento patrimoniale (c.d. utiliter versum), tale che uno subisca danno e l’altro si arricchisca, «senza una giusta<br />

causa» e, cioè, senza che sussista una ragione che, secondo l’or<strong>di</strong>namento, giustifichi il profitto o il vantaggio<br />

dell’arricchito. Si rileva inoltre esattamente che l’azione ex art. 2041 c.c. ha carattere generale (perché è esperibile in<br />

una serie indeterminata <strong>di</strong> casi, in quanto espressione del principio per cui non è ammissibile l’altrui pregiu<strong>di</strong>zio<br />

patrimoniale senza una ragione giustificativa) e natura sussi<strong>di</strong>aria (perché è esercitabile solo quando al depauperato non<br />

spetti nessun’altra azione, basata su un contratto, su un <strong>fatto</strong> illecito o su altro atto o <strong>fatto</strong> produttivo dell’obbligazione<br />

restitutoria o risarcitoria: cfr. art. 2042 c.c.). L’arricchimento risulterà pertanto senza una giusta causa quando è<br />

correlato ad un impoverimento non remunerato, né conseguente ad un atto liberalità e neppure all’adempimento <strong>di</strong><br />

un’obbligazione naturale; e ciò in quanto l’or<strong>di</strong>namento esige che ogni arricchimento <strong>di</strong>penda dalla realizzazione <strong>di</strong> un<br />

interesse meritevole <strong>di</strong> tutela.<br />

( 40 ) Cass., 30 novembre 2011, n. 25554.<br />

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