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Oberto famiglie di fatto.pdf - Persona e Danno

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Giacomo OBERTO<br />

I DIRITTI DEI CONVIVENTI:<br />

REALTÀ E PROSPETTIVE<br />

TRA ITALIA ED EUROPA


«Sorgono nuovi poveri, che sono non soltanto i <strong>di</strong>soccupati, ma i<br />

sottoccupati, le innumerevoli figure del cosiddetto “precariato”, che ormai<br />

concerne tanto il lavoro manuale quanto il lavoro intellettuale, e tende a<br />

<strong>di</strong>ventare ad<strong>di</strong>rittura una <strong>di</strong>mensione esistenziale, permanente, che dalla<br />

<strong>di</strong>fficoltà della collocazione professionale, si estende a quella della<br />

situazione abitativa e, <strong>di</strong> conseguenza, affettiva. Chi non ha un lavoro<br />

stabile e sicuro, chi si confronta con un mercato immobiliare (affitto o<br />

acquisto), che dopo il 2001 è salito a vertici inimmaginabili e soprattutto<br />

irraggiungibili da parte delle giovani generazioni, a meno che non vi siano<br />

alle spalle genitori facoltosi o pronti al sacrificio, chi non è in grado <strong>di</strong><br />

sostenere le spese <strong>di</strong> un asilo per i propri figli piccoli, o del baby sittering,<br />

chi vive in una situazione che ogni giorno oscilla tra <strong>di</strong>sperazione e<br />

rassegnazione... Come può, costui, o costei, dar vita ad aggregazioni<br />

familiari? O, quanto meno, a rapporti affettivi stabili, non con<strong>di</strong>zionati,<br />

fino all’impossibilità <strong>di</strong> sussistere, dalla turbolenza <strong>di</strong> una vita senza<br />

appigli? La “liqui<strong>di</strong>tà” delle relazioni umane nella società postmoderna, e<br />

globalizzata (…), si connette e consegue a quella dell’economia e della<br />

natura stessa del vivere sociale attuale, nel quale tutte le situazioni<br />

cambiano prima che si abbia la possibilità <strong>di</strong> stabilizzarvisi sia a livello <strong>di</strong><br />

comportamenti, sia <strong>di</strong> collocazioni esistenziali».<br />

2


A. D’ORSI, 1989. Del come la storia è cambiata, ma in peggio, Milano,<br />

2009, p. 152.<br />

3


INDICE - SOMMARIO<br />

CAPITOLO I<br />

CONVIVENZA MORE UXORIO E FAMIGLIA DI FATTO:<br />

I TRATTI IDENTIFICATIVI DELLA FATTISPECIE<br />

SOMMARIO: 1. Convivenza more uxorio e nozione <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. – 2. Una prima panoramica<br />

circa l’evoluzione della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella dottrina e nella giurisprudenza italiane. – 3. La<br />

nozione <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella giurisprudenza sovranazionale. Il <strong>di</strong>ritto dell’Unione<br />

europea e la Corte <strong>di</strong> giustizia. – 4. Segue. Sui limiti della Carta <strong>di</strong> Nizza. – 5. Segue. La<br />

C.E.D.U. e la Corte <strong>di</strong> Strasburgo. Le prospettive del <strong>di</strong>ritto europeo, anche con riguardo<br />

alle convivenze omosessuali (rinvio). – 6. La regolamentazione legislativa della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> in Italia. – 7. Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e filiazione naturale. – 8. I rapporti personali tra i<br />

conviventi: ovvero, dell’impossibile analogia.<br />

CAPITOLO II<br />

OBBLIGAZIONI NATURALI E<br />

ARRICCHIMENTO INGIUSTIFICATO<br />

SOMMARIO: 1. Le obbligazioni naturali tra conviventi: ovvero della riscoperta <strong>di</strong> un principio<br />

vecchio <strong>di</strong> secoli. – 2. Segue. La giurisprudenza più recente e il criterio <strong>di</strong> proporzionalità. Il<br />

<strong>di</strong>scrimen rispetto alle donazioni. – 3. La remunerazione delle prestazioni <strong>di</strong> facere rese<br />

dal(la) convivente debole. Impostazione del problema, anche con riguardo al lavoro<br />

subor<strong>di</strong>nato e all’impresa familiare. – 4. Il problema dell’arricchimento conseguente ad una<br />

prestazione volontariamente effettuata dall’impoverito. – 5. Segue. La giurisprudenza <strong>di</strong><br />

legittimità favorevole all’azione <strong>di</strong> arricchimento tra conviventi. – 6. Segue. Le persistenti<br />

incertezze della giurisprudenza <strong>di</strong> merito. Conclusioni sul tema, relativamente alle<br />

prestazioni <strong>di</strong> facere.<br />

CAPITOLO III<br />

I CONTRIBUTI FORNITI PER L’ACQUISTO DI BENI:<br />

TRA REGIME PATRIMONIALE E<br />

RIPETIZIONE DELL’INDEBITO<br />

SOMMARIO: 1. I contributi forniti per l’acquisto <strong>di</strong> beni e l’arduo percorso per il recupero degli<br />

stessi. Impostazione del problema. Esclusione della possibilità <strong>di</strong> applicare le norme sulla<br />

comunione legale. – 2. Le principali proposte <strong>di</strong> legge sul tappeto circa i regimi patrimoniali<br />

dei conviventi. – 3. La soluzione proposta e l’applicazione delle norme in tema <strong>di</strong> ripetizione<br />

dell’indebito. – 4. Il ricorso allo schema causale della donazione (e le relative <strong>di</strong>fficoltà). –<br />

5. Il ricorso allo schema causale del mutuo (e le relative <strong>di</strong>fficoltà).<br />

CAPITOLO IV<br />

CONTRATTI DI CONVIVENZA E<br />

CONTRATTI TRA CONVIVENTI:<br />

CONFIGURABILITA’ E LICEITA’<br />

SOMMARIO: 1. La negozialità dei conviventi tra autonomia privata e modelli legislativi. – 2. La<br />

negozialità tra conviventi nella giurisprudenza italiana. – 3. Contratti <strong>di</strong> convivenza e<br />

obbligazioni naturali tra conviventi more uxorio. – 4. Contratti <strong>di</strong> convivenza e buon<br />

4


costume. – 5. Contratti <strong>di</strong> convivenza e or<strong>di</strong>ne pubblico: i rapporti <strong>di</strong> carattere personale. –<br />

6. La manifestazione del consenso. Forma e prova del contratto <strong>di</strong> convivenza.<br />

CAPITOLO V<br />

CONTRATTI DI CONVIVENZA E<br />

CONTRATTI TRA CONVIVENTI:<br />

POSSIBILI CONTENUTI<br />

SOMMARIO: 1. Gli accor<strong>di</strong> relativi alla procreazione e alla prole. – 2. Segue. Sull’estensibilità<br />

dell’art. 158 c.c. alla separazione della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. – 3. Contribuzione, mantenimento e<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione. – 4. Il regime comunitario (convenzionale) dei beni nei rapporti tra le<br />

parti. – 5. Segue. Il regime comunitario (convenzionale) dei beni nei rapporti con i terzi. – 6.<br />

Il regime separatista dei beni. – 7. Spunti in tema <strong>di</strong> impresa familiare e <strong>di</strong> fondo<br />

patrimoniale. Il trust tra conviventi. Impostazione del problema. – 8. Segue. Della<br />

sostanziale inutilità del trust tra conviventi, se posto a raffronto con un accorto contratto <strong>di</strong><br />

convivenza.<br />

CAPITOLO VI<br />

VINCOLI DI DESTINAZIONE PER LA FAMIGLIA DI FATTO<br />

SOMMARIO: 1. Il vincolo <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645-ter c.c. al servizio della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

Impostazione del problema. – 2. Art. 2645-ter c.c. ed effetti traslativi. Critica dell’opinione<br />

dominante. – 3. Vicende traslative <strong>di</strong>sposte dall’autonomia delle parti in relazione all’art.<br />

2645-ter c.c. – 4. Conclusioni sull’applicabilità del vincolo <strong>di</strong> destinazione alla famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>. Le <strong>di</strong>fferenze rispetto al fondo patrimoniale. – 5. Il problema dell’in<strong>di</strong>viduazione dei<br />

beneficiari del vincolo <strong>di</strong> destinazione a favore della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

CAPITOLO VII<br />

LA RESPONSABILITA’ DEI CONVIVENTI<br />

PER LE OBBLIGAZIONI CONTRATTE PER IL MÉNAGE<br />

E LA RESPONSABILITA’ DEI GENITORI<br />

PER LE OBBLIGAZIONI CONTRATTE DAI FIGLI<br />

SOMMARIO: 1. La responsabilità verso terzi dei conviventi more uxorio per le obbligazioni contratte<br />

nell’interesse del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. – 2. Accor<strong>di</strong> programmatici tra conviventi e attività<br />

negoziale con i terzi. Cenni alla rilevanza esterna degli accor<strong>di</strong> dei conviventi relativi alla<br />

prole. – 3. La responsabilità dei genitori per le obbligazioni contratte dai figli.<br />

CAPITOLO VIII<br />

LA CESSAZIONE DELLA CONVIVENZA<br />

PER ROTTURA DEL RAPPORTO<br />

SOMMARIO: 1. Le pattuizioni del contratto <strong>di</strong> convivenza in vista <strong>di</strong> un’eventuale rottura del<br />

rapporto. – 2. Scioglimento del contratto <strong>di</strong> convivenza e cessazione del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. –<br />

3. La rottura in assenza <strong>di</strong> contratto. Esclusione <strong>di</strong> pretese risarcitorie per la cessazione della<br />

convivenza. – 4. Le conseguenze della rottura sul <strong>di</strong>ritto all’abitazione nei rapporti con il<br />

locatore (e con il comodante «terzo» rispetto alla coppia). – 5. Le conseguenze della rottura<br />

5


in presenza <strong>di</strong> figli minorenni. Generalità. Gli accor<strong>di</strong> tra i conviventi. – 6. Segue. La sorte<br />

della casa familiare in presenza <strong>di</strong> prole (ed in assenza <strong>di</strong> accor<strong>di</strong>). – 7. Cessazione della<br />

convivenza e questioni possessorie nei rapporti tra i conviventi.<br />

CAPITOLO IX<br />

LA CESSAZIONE DELLA CONVIVENZA<br />

PER MORTE<br />

SOMMARIO: 1. La morte del convivente more uxorio: <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione, tutela del convivente e<br />

problemi <strong>di</strong> carattere successorio. – 2. Contratti <strong>di</strong> convivenza ed effetti post mortem.<br />

Possibili negozi post mortem. Generalità. – 3. Segue. Il contratto a favore <strong>di</strong> terzo. Ren<strong>di</strong>ta<br />

vitalizia e mantenimento vitalizio (rinvio). – 4. Segue. Acquisto en tontine, acquisto<br />

«incrociato», riconoscimenti <strong>di</strong> debito. – 5. Conclusioni sui possibili negozi post mortem. –<br />

6. La morte del convivente more uxorio a seguito dell’illecito compiuto da un terzo.<br />

CAPITOLO X<br />

LA TUTELA DELLE CONVIVENZE OMOSESSUALI<br />

SOMMARIO: 1. Le convivenze omosessuali nella dottrina e nella giurisprudenza italiane. I rapporti<br />

civilistici. – 2. Segue. I problemi legati al ricongiungimento familiare. – 3. La questione del<br />

matrimonio tra persone del medesimo sesso nel <strong>di</strong>ritto italiano. Impostazione del problema.<br />

– 4. Segue. La posizione della giurisprudenza italiana. – 5. Le convivenze omosessuali nella<br />

giurisprudenza sovranazionale. Generalità. La posizione del Parlamento europeo e gli effetti<br />

della Carta <strong>di</strong> Nizza. – 6. Segue. La posizione della Corte <strong>di</strong> giustizia dell’Unione europea. –<br />

7. Segue. La posizione della Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo. – 8. Convivenze<br />

omosessuali e questioni legate all’omogenitorialità. Ininfluenza dell’orientamento sessuale<br />

del genitore sull’affidamento della prole. – 9. Crisi della coppia omosessuale e conseguenze<br />

per la prole: impostazione del problema. – 10. Segue. il rilievo degli accor<strong>di</strong> sui profili<br />

patrimoniali. – 11. Segue. il rilievo degli accor<strong>di</strong> sui profili personali ed i rime<strong>di</strong> in caso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>saccordo. – 12. Cenni su alcuni problemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto internazionale privato relativi alle<br />

obbligazioni alimentari nelle convivenze omosessuali.<br />

6


CAPITOLO I<br />

CONVIVENZA MORE UXORIO E FAMIGLIA DI FATTO:<br />

I TRATTI IDENTIFICATIVI DELLA FATTISPECIE<br />

SOMMARIO: 1. Convivenza more uxorio e nozione <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. – 2. Una prima panoramica<br />

circa l’evoluzione della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella dottrina e nella giurisprudenza italiane. – 3. La<br />

nozione <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella giurisprudenza sovranazionale. Il <strong>di</strong>ritto dell’Unione<br />

europea e la Corte <strong>di</strong> giustizia. – 4. Segue. Sui limiti della Carta <strong>di</strong> Nizza. – 5. Segue. La<br />

C.E.D.U. e la Corte <strong>di</strong> Strasburgo. Le prospettive del <strong>di</strong>ritto europeo, anche con riguardo<br />

alle convivenze omosessuali (rinvio). – 6. La regolamentazione legislativa della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> in Italia. – 7. Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e filiazione naturale. – 8. I rapporti personali tra i<br />

conviventi: ovvero, dell’impossibile analogia.<br />

1. Convivenza more uxorio e nozione <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

Le espressioni «convivenza more uxorio» e «famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>» sono oggi utilizzate<br />

comunemente al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare quella particolare formazione sociale che ricalca la struttura<br />

essenziale della famiglia fondata sul matrimonio, pur essendo priva <strong>di</strong> qualsiasi formalizzazione del<br />

rapporto <strong>di</strong> coppia. A tale mancanza <strong>di</strong> formalizzazione fa riscontro, nella realtà normativa o<strong>di</strong>erna<br />

del nostro sistema, l’assenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina organica, anche se, come si avrà modo <strong>di</strong> vedere, non<br />

fanno certo <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong>sposizioni legislative applicabili a svariati profili relativi alla situazione in<br />

esame.<br />

La definizione in senso negativo della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, proposta dalla maggioranza degli<br />

Autori ( 1 ) soprattutto per sopperire all’inesistenza <strong>di</strong> una definizione legale ( 2 ), è stata contestata ( 3<br />

),<br />

( 1 ) Cfr., ex multis, GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Milano, 1983, p. 60; D’ANGELI, La famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, Milano, 1989, p. 1 ss., 153 ss.; ROPPO, voce Famiglia. III) Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Enc. giur. Treccani, XIV, Roma,<br />

1989, p. 1 ss.; CALDERALE, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> tra legge e autonomie private, Bari, 1990, p. 1 ss.; OBERTO, I regimi<br />

patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Milano, 1991, p. 21 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Commento all’art. 74 c.c., in AA.<br />

VV., Commentario breve al <strong>di</strong>ritto della famiglia, a cura <strong>di</strong> Zaccaria, Padova, 2011, p. 122 ss.; BERNARDINI, La<br />

convivenza fuori del matrimonio tra contratto e relazione sentimentale, Padova, 1992, p. 1 ss.; ASPREA, La famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, Milano, 2003, p. 7 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Milano, 2009, p. 33 ss.; PELLARINI, La<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Milano, 2003, p. 1 ss.; BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Padova, 2004, p. 29 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, in AA. VV., Il nuovo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, Trattato <strong>di</strong>retto da Ferrando, II, Rapporti personali e patrimoniali,<br />

Bologna, 2008, p. 1033 ss.; ID., Rapporti <strong>di</strong> convivenza, in AA. VV., Co<strong>di</strong>ce della famiglia, a cura <strong>di</strong> Sesta, Seconda<br />

e<strong>di</strong>zione, Milano, 2009, p. 3767 ss.; ZAMBRANO, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: epifanie giuri<strong>di</strong>che <strong>di</strong> un fenomeno sociale,<br />

Milano, 2005, p. 1 ss.; A. MASCIA, Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: riconoscimento e tutela, Matelica, 2006, p. 21 ss.; MONTEVERDE,<br />

La convivenza more uxorio, in AA. VV., Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, Trattato <strong>di</strong>retto da Bonilini e Cattaneo, I. Famiglia e<br />

matrimonio, 2, Torino, 2007, p. 927 ss.; PASTORE, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: analisi e <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> un modello familiare<br />

attuale e <strong>di</strong>ffuso, Torino, 2007, p. 13 ss.; RICCIO, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Padova, 2007, p. 21 ss.; B. DE FILIPPIS, R. DE<br />

FILIPPIS, DI MARCO, LETTIERI, STARITA, ZAMBRANO, La separazione nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Padova, 2008, p. 1 ss.;<br />

ARCANI, I negozi patrimoniali nella convivenza, in AA. VV., Il regime patrimoniale della famiglia, a cura <strong>di</strong> Arceri e<br />

Bernar<strong>di</strong>ni, Santarcangelo <strong>di</strong> Romagna, 2009, p. 877 ss.; FALLETTI, Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e convivenze, Padova, 2009, p. 17<br />

ss.; EAD., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: la <strong>di</strong>sciplina dei rapporti patrimoniali tra i conviventi, in AA. VV., Gli aspetti<br />

patrimoniali della famiglia. I rapporti patrimoniali tra coniugi e conviventi nella fase fisiologica ed in quella<br />

patologica, a cura <strong>di</strong> <strong>Oberto</strong>, Padova, 2011, p. 67 ss.; EAD., La fine della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: gli aspetti patrimoniali,<br />

ibidem, p. 845 ss.; MURITANO e PISCHETOLA, Accor<strong>di</strong> patrimoniali tra conviventi e attività notarile, Milano, 2009, p. 1<br />

ss.; AUTORINO STANZIONE e STANZIONE, Unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e patti civili <strong>di</strong> solidarietà. Prospettive de iure condendo, in<br />

AA. VV., Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza, trattato teorico-pratico, <strong>di</strong>retto da Autorino<br />

Stanzione, I, Il matrimonio, le unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, i rapporti personali, Torino, 2011, p. 350 ss.; TERRANOVA, Convivenza e<br />

rilevanza delle unioni cc.dd. <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in AA. VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, I, Famiglia e<br />

matrimonio, 1, Seconda e<strong>di</strong>zione, Milano, 2011, p. 1083 ss.; M. SGROI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: costituzione, scioglimento,<br />

profili <strong>di</strong> tutela del soggetto debole, aspetti <strong>di</strong> responsabilità, in AA. VV., Gli aspetti <strong>di</strong> separazione e <strong>di</strong>vorzio nella<br />

famiglia, a cura <strong>di</strong> <strong>Oberto</strong>, Padova, 2012, p. 1031 ss.<br />

( 2 ) SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, Padova, 2005, p. 402.<br />

7


sul presupposto che occorrerebbe invece riferirsi «al rapporto <strong>di</strong> coppia, alle relazioni che in essa si<br />

svolgono e che hanno il proprio positivo fondamento in una convivenza sorretta da sentimenti <strong>di</strong><br />

affetto, solidarietà, sostegno economico».<br />

La giurisprudenza, dal canto suo, ha recepito la <strong>di</strong>zione «famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>», definendo il<br />

fenomeno alla stregua <strong>di</strong> una «convivenza caratterizzata da inequivocità, serenità e stabilità, da non<br />

confondere con i meri rapporti sessuali, che possono anche dar luogo alla nascita <strong>di</strong> figli naturali»<br />

( 4 ). In quest’ottica si è anche correttamente posta in luce quella «comunione <strong>di</strong> vita» che permette <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinguere la mera coabitazione dalla convivenza ( 5 ), qualificata da un grado seppur minimo <strong>di</strong><br />

stabilità e <strong>di</strong> riconoscimento sociale ( 6 ) e comprovabile processualmente con ogni mezzo idoneo,<br />

laddove le eventuali certificazioni amministrative non superano il livello <strong>di</strong> mere presunzioni ( 7<br />

).<br />

Le ragioni che possono condurre una coppia a stabilire una relazione avente carattere<br />

familiare, senza la celebrazione delle nozze, possono essere le più svariate: circostanze storiche e<br />

ambientali, motivazioni ideologiche <strong>di</strong> carattere religioso o <strong>di</strong> segno «libertario», interessi<br />

8<br />

patrimoniali ( ), o, più semplicemente (e drammaticamente), la situazione <strong>di</strong> crisi economica che sta<br />

ferocemente gettando verso la proletarizzazione quello che fino a non molto tempo fa veniva<br />

qualificato come «ceto me<strong>di</strong>o»: ma tali aspetti non interessano <strong>di</strong>rettamente il giurista, cui spetta<br />

invece l’onere <strong>di</strong> stabilire se la convivenza e la nascita <strong>di</strong> figli al <strong>di</strong> fuori del vincolo sancito dal<br />

matrimonio <strong>di</strong>ano luogo ed effetti rilevanti per il <strong>di</strong>ritto.<br />

D’altro canto è stato sovente sottolineato in dottrina che la contrapposizione tra «rapporti <strong>di</strong><br />

9<br />

<strong>di</strong>ritto» e «rapporti <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>» si sviluppa pur sempre all’interno del mondo del <strong>di</strong>ritto ( ): la<br />

constatazione, svolta a livello generale, vale sicuramente anche per l’unione libera, come<br />

confermato da quella dottrina che, in Italia come all’estero, nega ormai quasi unanimemente che i<br />

rapporti tra i conviventi siano, in quanto tali, sottratti alla sfera del giuri<strong>di</strong>camente rilevante ( 10 ).<br />

L’espressione «<strong>di</strong> <strong>fatto</strong>» connota dunque semplicemente il modo in cui la fattispecie viene in essere<br />

(rebus ipsis et factis, appunto, e non per effetto <strong>di</strong> un negozio giuri<strong>di</strong>co), non già le sue conseguenze<br />

( 11<br />

).<br />

12<br />

Elementi costitutivi della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ( ) sono usualmente ritenuti i due seguenti: il<br />

primo, <strong>di</strong> carattere soggettivo, consiste nell’affectio, vale a <strong>di</strong>re nella partecipazione <strong>di</strong> ognuno dei<br />

partners alla vita dell’altro; il secondo, <strong>di</strong> carattere oggettivo, è costituito dalla stabile convivenza,<br />

quin<strong>di</strong> da un impegno serio e duraturo, basato su una tendenziale fedeltà, in assenza <strong>di</strong> qualsivoglia<br />

formalizzazione. Da questo primo inquadramento del fenomeno, nei suoi termini generali, prendono<br />

poi le mosse posizioni e orientamenti peculiari, nell’ambito dei quali si segnala chi pone l’accento,<br />

attribuendogli maggiore valenza, sull’elemento soggettivo ( 13<br />

), inteso come car<strong>di</strong>ne del fenomeno;<br />

( 3 ) FERRANDO, Convivere senza matrimonio: rapporti personali e patrimoniali nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Fam. <strong>di</strong>r.,<br />

1998, p. 183.<br />

( 4 ) Cass., 4 aprile 1998, n. 3503, in Foro it., 1998, I, c. 2154; in Giur. it., 1999, p. 1608, con nota <strong>di</strong> PALERMO; sulla<br />

definizione della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> cfr. inoltre D’ANGELI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 1 ss., 153 ss.<br />

( 5 ) V., anche per gli opportuni riferimenti alla relativa giurisprudenza <strong>di</strong> merito, M. SGROI, op. cit., p. 1060 s., che si<br />

esprime pure in termini <strong>di</strong> «coabitazione qualificata».<br />

( 6 ) Cfr. Per tutti M. SGROI, op. cit., p. 1062 ss.<br />

( 7 ) Cfr. ad es. Cass., 29 aprile 2005, n. 8976, in Foro it., 2006, I, c. 2448: «Quanto poi alla prova <strong>di</strong> tali elementi<br />

strutturali e qualificativi, concreti e riconoscibili all’esterno, presupposti <strong>di</strong> esistenza della convivenza more uxorio e<br />

parametri caratterizzanti la stessa, può esser fornita con qualsiasi mezzo (art. 2697 cod. civ.), mentre il certificato<br />

anagrafico (D.P.R. 30 maggio 1989 n. 223) può tutt’al più provare la coabitazione, insufficiente a provare altresì la<br />

con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> pesi e oneri <strong>di</strong> assistenza personale e <strong>di</strong> contribuzione e collaborazione domestica analoga a quella<br />

matrimoniale».<br />

( 8 ) Così ROPPO, op. loc. ultt. citt.<br />

( 9 ) FRANCESCHELLI, I rapporti <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Ricostruzione della fattispecie e teoria generale, Milano, 1984, p. 8 ss.;<br />

SACCO, voce Autonomia nel <strong>di</strong>ritto privato, in Dig. <strong>di</strong>sc. priv., Sez. civ., II, Torino, 1984, p. 521 s.<br />

( 10 ) SAVATIER, Le droit, l’amour et la liberté, Paris, 1963, p. 137; FURGIUELE, Libertà e famiglia, Milano, 1979, p.<br />

277 s.; GRASSETTI, voce Famiglia (<strong>di</strong>ritto privato), in Noviss. Dig. it., Appen<strong>di</strong>ce, III, Torino, 1982, p. 639; OBERTO, I<br />

regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 4 ss.<br />

( 11 ) OBERTO, op. loc. ultt. citt.<br />

( 12 ) Su cui v. per tutti BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2008, cit., p. 1037 ss.<br />

( 13 ) GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 69.<br />

8


altri, invece, valorizzano maggiormente l’elemento oggettivo ( 14<br />

).<br />

Si sostiene, in via generale, che è famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> quella che presenta nella sostanza lo stesso<br />

contenuto della convivenza che ha alla base il matrimonio: «tra i soggetti che vivono come coniugi<br />

more uxorio, secondo il corrente modo <strong>di</strong> esprimersi, si stabiliscono vincoli <strong>di</strong> fedeltà, coabitazione,<br />

15<br />

assistenza, e <strong>di</strong> reciproca contribuzione agli oneri patrimoniali» ( ). Rispetto alla famiglia<br />

legittima, in cui s’impone il «dover essere», il tratto <strong>di</strong>fferenziale della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> viene<br />

in<strong>di</strong>viduato nell’«essere» del rapporto ( 16<br />

), con ciò evidenziando come ogni valutazione relativa al<br />

fenomeno debba avvenire sulla base del principio <strong>di</strong> effettività.<br />

Ci si domanda poi se possa considerarsi meritevole <strong>di</strong> tutela la convivenza more uxorio che<br />

presenti i contenuti sopra descritti e che tuttavia si caratterizzi per l’essere i partners – o anche uno<br />

solo <strong>di</strong> essi – privi dello stato libero. In dottrina si sostiene che, nell’ipotesi in cui uno dei<br />

conviventi <strong>di</strong>fetti dello stato libero, la convivenza sarebbe contra legem, <strong>di</strong>venendo immeritevole <strong>di</strong><br />

tutela, a causa della (inammissibile) violazione della previsione <strong>di</strong> favore per il nucleo familiare<br />

17<br />

solennemente costituitosi ( ). Tale posizione non sembra con<strong>di</strong>visibile, quanto meno per le ipotesi<br />

in cui il convivente non in situazione <strong>di</strong> stato libero sia legalmente separato, essendosi rilevato che<br />

al giorno d’oggi appare <strong>di</strong>fficile negare che la separazione è, dal punto <strong>di</strong> vista funzionale,<br />

strettamente legata al <strong>di</strong>vorzio, <strong>di</strong> modo che il coniuge separato nella maggior parte dei casi<br />

considera terminata definitivamente l’esperienza matrimoniale ( 18<br />

).<br />

Chi scrive ha già avuto modo <strong>di</strong> chiarire in altra sede che l’assenza <strong>di</strong> stato libero in capo ad<br />

uno o ad entrambi i partners ben <strong>di</strong>fficilmente potrà avere conseguenze sulla vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> eventuali<br />

19<br />

contratti <strong>di</strong> convivenza ( ). La questione andrebbe, invero, affrontata non già sotto il profilo della<br />

causa, visto che il legame more uxorio si pone, in rapporto al contratto <strong>di</strong> convivenza, alla stregua <strong>di</strong><br />

un semplice motivo ( 20 ). Anche su questo piano si presenterebbe però il problema della possibilità<br />

<strong>di</strong> ascrivere alla categoria dei motivi illeciti pure quello consistente nella lesione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto<br />

(relativo) altrui (nella specie, i <strong>di</strong>ritti alla fedeltà, coabitazione, assistenza morale e materiale) ( 21<br />

).<br />

( 14 ) DOGLIOTTI, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Dig. <strong>di</strong>sc. priv., Sez. civ., VIII, Torino, 1992, p. 194.<br />

( 15 ) RESCIGNO, Manuale del <strong>di</strong>ritto privato italiano, ed. a cura <strong>di</strong> Cirillo, Milano, 2000, p. 309; v. inoltre, anche per<br />

ulteriori rinvii, BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3769 s.<br />

( 16 ) BUSNELLI e SANTILLI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Commentario al <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia, a cura <strong>di</strong> Cian,<br />

Oppo e Trabucchi, VI, Padova, p. 760.<br />

( 17 ) Cfr., anche per i richiami, E. QUADRI, Rilevanza attuale della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ed esigenze <strong>di</strong> regolamentazione,<br />

in Dir. fam. pers., 1994, p. 291 s.; BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3770.<br />

( 18 ) Cfr. BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2008, cit., p. 1039 s.; v. inoltre OBERTO, I regimi patrimoniali della<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 209 ss., ove si affronta anche il tema dell’eventuale invali<strong>di</strong>tà dei contratti <strong>di</strong> convivenza per<br />

illiceità del motivo.<br />

( 19 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 209 ss.<br />

( 20 ) Contra D’ANGELI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 425 secondo cui nei casi in esame il contratto dovrebbe ritenersi<br />

nullo per illiceità della causa.<br />

( 21 ) In primo luogo appare infatti contestabile che la violazione <strong>di</strong> doveri <strong>di</strong> carattere eminentemente personale quali<br />

la fedeltà, la coabitazione, l’assistenza morale, possa invalidare gli impegni patrimoniali assunti dai conviventi. Il<br />

fenomeno del riflesso sul piano patrimoniale della lesione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti a contenuto non patrimoniale pare riservato –<br />

almeno <strong>di</strong> regola – alla sfera dei rapporti assoluti, ove la violazione della norma imperativa, oltre a dar luogo all’illiceità<br />

della causa (e del motivo) determina anche l’obbligo <strong>di</strong> risarcimento del danno e dunque una conseguenza d’or<strong>di</strong>ne<br />

patrimoniale. Nel campo dei <strong>di</strong>ritti relativi, invece, l’unica violazione cui la legge riconnette l’obbligo risarcitorio è<br />

quella del rapporto obbligatorio, da cui deriva una responsabilità da inadempimento (art. 1218 c.c.) a carico del debitore<br />

e, stando almeno alle teorie meno remote, una responsabilità <strong>di</strong> tipo aquiliano a carico del terzo (v. per tutti GALGANO,<br />

Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contratto e impresa, 1985, p. 1 ss.). Ma gli obblighi a contenuto personale<br />

non sono in alcun modo riconducibili al concetto <strong>di</strong> obbligazione (RESCIGNO, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. <strong>di</strong>r.,<br />

XXIX, Milano, 1979, p. 140 s.; M. GIORGIANNI, L’obbligazione (la parte generale delle obbligazioni), I, Catania, 1945,<br />

p. 29 ss.; sull’argomento cfr. anche BIANCA, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1990, p. 82): gli effetti <strong>di</strong> una<br />

loro lesione non possono quin<strong>di</strong> andare al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quelli espressamente previsti dalla legge. Contra Cass., 19 giugno<br />

1975, n. 2468, in Mass. Foro it., 1975, c. 591, secondo cui la violazione da parte <strong>di</strong> un coniuge dell’obbligo <strong>di</strong> fedeltà<br />

può anche costituire, in concorso <strong>di</strong> particolari circostanze, fonte <strong>di</strong> danno patrimoniale per l’altro coniuge, per effetto<br />

del <strong>di</strong>scre<strong>di</strong>to derivantegli. Per la giurisprudenza <strong>di</strong> merito v. Trib. Roma, 17 settembre 1988, in Nuova giur. civ. comm.,<br />

1989, I, p. 559 ss., che supera i dubbi sull’applicabilità dell’art. 1218 c.c. affermando che l’illecito civile «abbraccia<br />

tutte le violazioni ai doveri imposti dalle norme civili» e che per la sussistenza <strong>di</strong> una responsabilità da inadempimento<br />

il requisito della patrimonialità va riferito «non all’obbligo violato, ma al danno». Francamente, risulta assai <strong>di</strong>fficile<br />

comprendere come si possa interpretare in tal modo l’art. 1174 c.c. Una volta che si sia riferito al danno il requisito<br />

della patrimonialità si corre il rischio <strong>di</strong> doverne concludere che tutti i rapporti immaginabili sono caratterizzati da tale<br />

9


L’argomentazione decisiva riposa peraltro sulla constatazione che ogni contratto <strong>di</strong>retto a<br />

porre le basi economiche <strong>di</strong> una convivenza, anche se illecita, ha come proprio motivo primario non<br />

già la violazione del <strong>di</strong>ritto altrui, bensì appunto la concreta pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> quei mezzi idonei a<br />

consentire alla coppia <strong>di</strong> convivere. È dunque palese l’assenza, nel contratto in esame, <strong>di</strong> uno dei<br />

requisiti fondamentali <strong>di</strong> cui all’art. 1345 c.c., vale a <strong>di</strong>re la circostanza che il (comune) motivo<br />

illecito si ponga come quello esclusivamente determinante del consenso dei contraenti.<br />

In quest’ottica neppure vanno trascurati i riflessi che le nozioni <strong>di</strong> «famiglia» e <strong>di</strong> «legami<br />

familiari» proprie <strong>di</strong> altri or<strong>di</strong>namenti ( 22<br />

) possono <strong>di</strong>spiegare sul nostro dato normativo, specie<br />

allorquando i <strong>di</strong>versi sistemi vengono a collidere. Sintomatiche le questioni legate alle<br />

problematiche dell’immigrazione e dei ricongiungimenti familiari, sia nei casi riguardanti citta<strong>di</strong>ni<br />

extraeuropei soggiornanti in Italia, sia in relazione alle ipotesi che vedono protagonisti citta<strong>di</strong>ni<br />

comunitari o italiani, laddove la vigente <strong>di</strong>sciplina italiana espressamente esclude le coppie non<br />

unite in matrimonio dall’esercizio <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>ritto.<br />

Nel primo caso, infatti, l’art. 29, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 («Testo unico delle <strong>di</strong>sposizioni<br />

concernenti la <strong>di</strong>sciplina dell’immigrazione e norme sulla con<strong>di</strong>zione dello straniero»)<br />

espressamente limita al «coniuge» dello straniero residente la possibilità <strong>di</strong> ottenere il<br />

elemento, posto che non vi è dovere, per quanto «morale», la cui violazione non possa produrre conseguenze d’or<strong>di</strong>ne<br />

patrimoniale: si pensi, per esempio, all’ipotesi co<strong>di</strong>ficata dall’art. 81 c.c. (per uno stringente e brillante esame critico<br />

della pronunzia si fa rinvio a CENDON, Non desiderare la donna d’altri, in Contratto e impresa, 1990, p. 607 ss.). Sul<br />

tema si è espressa da ultimo Cass., 15 settembre 2011, n. 18853, secondo cui «I doveri che derivano ai coniugi dal<br />

matrimonio hanno natura giuri<strong>di</strong>ca e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure<br />

tipiche previste dal <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, quale l’addebito della separazione, <strong>di</strong>scendendo dalla natura giuri<strong>di</strong>ca degli<br />

obblighi su detti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti costituzionalmente protetti, possa integrare<br />

gli estremi dell’illecito civile e dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 cod. civ.,<br />

senza che la mancanza <strong>di</strong> pronuncia <strong>di</strong> addebito in sede <strong>di</strong> separazione sia preclusiva dell’azione <strong>di</strong> risarcimento relativa<br />

a detti danni». Inutile <strong>di</strong>re che la decisione, spostando il <strong>di</strong>scorso sugli artt. 2043 e 2059 c.c., elude completamente i<br />

dubbi qui sollevati sulla riferibilità del caso <strong>di</strong> specie, tutto al contrario, alla violazione d’un dovere specifico e non<br />

certo generico, con conseguente inevitabile richiamo all’art. 1218 c.c. A chi scrive non resta che riba<strong>di</strong>re che la<br />

violazione <strong>di</strong> un rapporto a contenuto puramente personale può <strong>di</strong>spiegare conseguenze d’or<strong>di</strong>ne patrimoniale solo<br />

quando una norma lo consente e sempre nell’ambito dei soggetti (attivo e passivo) del rapporto stesso (si pensi agli<br />

effetti economici dell’addebito della separazione personale dei coniugi). Se ciò è vero, l’illiceità del contratto <strong>di</strong><br />

convivenza nelle situazioni in oggetto potrebbe essere affermata soltanto qualora lo stesso fosse <strong>di</strong>retto all’instaurazione<br />

o alla prosecuzione <strong>di</strong> un rapporto il cui «finanziamento» determinasse la violazione <strong>di</strong> obbligazioni (cioè <strong>di</strong> doveri a<br />

contenuto patrimoniale) vincolanti uno dei partners verso un terzo: si pensi all’obbligo <strong>di</strong> contribuzione gravante sul<br />

coniuge, o a quello <strong>di</strong> versare un assegno perio<strong>di</strong>co in caso <strong>di</strong> separazione o <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorzio, o ancora a quello <strong>di</strong> mantenere<br />

i figli, o, infine, <strong>di</strong> corrispondere gli alimenti al coniuge separato o a terzi.<br />

Nel senso della nullità per immoralità <strong>di</strong> quei contratti <strong>di</strong> convivenza <strong>di</strong>retti a impe<strong>di</strong>re l’adempimento dei doveri<br />

patrimoniali derivanti dal vincolo matrimoniale <strong>di</strong> uno dei conviventi cfr. GRAUE, Cohabitation Without Marriage as a<br />

Problem of Law and Legislative Policy in West Germany and other Co<strong>di</strong>fied Systems, in EEKELAAR e KATZ, Marriage<br />

and Cohabitation in Contemporary Societies, Toronto, 1980, p. 285; per un accenno alla problematica v. anche BGH,<br />

29 giugno 1973, in NJW, 1973, p. 1645.<br />

( 22 ) Per la trattazione dei profili comparatistici della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> si rimanda a OBERTO, I regimi patrimoniali<br />

della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 3 ss., 114 ss., 130 ss., 215 ss.; ID., Partnerverträge in rechtsvergleichender Sicht unter<br />

besonderer Berücksichtigung des italienischen Rechts, cit., p. 1 ss.; ID., Famiglia e rapporti patrimoniali. Questioni<br />

d’attualità, Milano, 2002, p. 961 ss.; cfr. inoltre HUET-WEILLER, L’union libre (la cohabitation sans marriage), in Am.<br />

J. Comp. Law, 1981, p. 247 ss.; HASKEY, Patterns of Marriage, Divorce and Cohabitations in the <strong>di</strong>fferent Countries of<br />

Europe, in Populations Trends, vol. 69, 1992, p. 27 ss.; ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 29;<br />

ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 39 ss.; DOGLIOTTI, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 199 ss.; BUSNELLI e SANTILLI, op. cit.,<br />

p. 760 ss.; GIAIMO, I contratti <strong>di</strong> convivenza nell’or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co inglese, in AA. VV., I contratti <strong>di</strong> convivenza, a<br />

cura <strong>di</strong> Moscati e Zoppini, Torino, 2002, p. 205 ss.; BOELE-WOELKI, Common Core and Better Law in European<br />

Family Law, Antwerp/Oxford, 2005, p. 243 ss.; BOELE-WOELKI e FUCHS, Legal recognition of Same Sex Couples in<br />

Europe, Antwerp/Oxford, 2005, passim; BONINI BARALDI, Le nuove convivenze tra <strong>di</strong>scipline straniere e <strong>di</strong>ritto<br />

interno, Milano, 2005, passim; BRUNETTA D’USSEAUX, Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia nell’Unione Europea. Formazione, vita e<br />

crisi della coppia, Padova, 2005, passim; EAD., I Partnerscheftsverträge nella giurisprudenza tedesca, Milano, 2000, p.<br />

35 ss.; EAD., L’unione registrata in Germania alla luce delle recenti mo<strong>di</strong>fiche legislative, in Familia, 2008, p. 3 ss.;<br />

PESCARA, Le convivenze non matrimoniali nelle legislazioni dei principali paesi europei, in AA. VV., Il nuovo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

famiglia, Trattato <strong>di</strong>retto da Ferrando, II, Rapporti personali e patrimoniali, Bologna, 2008, p. 967 ss.; DE CICCO, La<br />

tutela delle convivenze: cenni alle esperienze straniere, in AA. VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, I,<br />

Famiglia e matrimonio, 1, seconda e<strong>di</strong>zione, cit., p. 1088 ss.<br />

10


icongiungimento familiare, escludendo dai beneficiari il partner non coniugato.<br />

Analoga impostazione si desume dalla <strong>di</strong>sciplina del ricongiungimento familiare dei citta<strong>di</strong>ni<br />

comunitari <strong>di</strong> cui alla <strong>di</strong>rettiva recepita con d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30: l’art. 2, comma primo, lett.<br />

b), n. 2), infatti, esclude dalla nozione <strong>di</strong> «familiare», rilevante ai fini della libera circolazione, il<br />

partner che abbia contratto con il citta<strong>di</strong>no europeo un’unione registrata sulla base della<br />

legislazione <strong>di</strong> uno Stato membro, se la legislazione dello Stato membro ospitante non equipara<br />

l’unione registrata al matrimonio.<br />

Sul tema specifico si avrà modo <strong>di</strong> tornare più avanti, trattando del riconoscimento delle<br />

unioni omosessuali ( 23 ), non senza anticipare che, come con riguardo al matrimonio, così con<br />

riferimento all’unione libera – ed anzi, più ancora in questo campo che in quello matrimoniale – un<br />

numero sempre più frequente <strong>di</strong> voci ritiene che la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> sesso tra i partners non sia in alcun<br />

modo un elemento imprescin<strong>di</strong>bile ( 24 ); la stessa Consulta non ha del resto esitato a definire, nella<br />

sua decisione del 2010 la coppia omosessuale come una formazione sociale meritevole <strong>di</strong> tutela ex<br />

art. 2 Cost. ( 25 ), laddove, come si vedrà, sul piano sovranazionale la nozione <strong>di</strong> «famiglia» può oggi<br />

sicuramente <strong>di</strong>rsi ricomprendere anche il ménage tra persone del medesimo sesso ( 26<br />

).<br />

2. Una prima panoramica circa l’evoluzione della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella dottrina e nella<br />

giurisprudenza italiane.<br />

È noto che, in passato, la convivenza come marito e moglie tra persone non coniugate veniva<br />

considerata in senso fortemente negativo ed era nel contempo in<strong>di</strong>viduata con una <strong>di</strong>versa<br />

27<br />

terminologia ( ). Fino agli anni Sessanta dello scorso secolo, infatti, con riferimento alle situazioni<br />

in <strong>di</strong>scorso, si <strong>di</strong>scuteva <strong>di</strong> concubinato ( 28 ). Con il suddetto termine, impiegato con un’accentuata<br />

accezione negativa, si intendeva quel modello familiare non fondato sul matrimonio e dunque<br />

ritenuto non meritevole <strong>di</strong> tutela da parte dell’or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co, nell’ottica secondo cui ogni<br />

ipotesi <strong>di</strong> riconoscimento giuri<strong>di</strong>co concesso alle convivenze <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> avrebbe importato<br />

un’automatica degradazione dello status della famiglia matrimoniale ( 29<br />

).<br />

Si noti che, curiosamente, in Francia al termine concubinage non viene attribuita alcuna<br />

30 31<br />

valenza negativa, al punto che la legge sui PACS ( ) ne ha sancito l’ingresso nel Code civil ( ).<br />

Successivamente, il mutamento, anche nel nostro Paese, del costume sociale ed alcune aperture a<br />

livello legislativo e giurisprudenziale ( 32<br />

) hanno consentito <strong>di</strong> superare i pregiu<strong>di</strong>zi ancorati ad una<br />

( 23 ) V. infra, Cap. X, § 2.<br />

( 24 ) Cfr. ad es., in giurisprudenza, l’avviso espresso da Trib. Varese, 23 luglio 2010, <strong>di</strong>sponibile alla pagina web<br />

seguente: http://www.personaedanno.it/attachments/allegati_articoli/AA_020008_resource1_orig.doc, secondo cui «in<br />

assenza <strong>di</strong> un intervento legislativo, non surrogabile per via pretorile, non è possibile estendere alle coppie omosessuali<br />

l’istituto del matrimonio, pur essendo, però, possibile estendere alle stesse <strong>di</strong>ritti previsti per le coppie coniugate dove<br />

emerga la necessità <strong>di</strong> un trattamento omogeneo. E, allora, conseguentemente, il giu<strong>di</strong>ce non può intervenire a monte ai<br />

fini dell’introduzione del matrimonio omosessuale, ma può intervenire a valle, al fine <strong>di</strong> riconoscere alla coppia<br />

omosessuale <strong>di</strong>ritti che le debbono essere tributati in conseguenza <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong> omogeneità che rende<br />

irragionevole un trattamento <strong>di</strong>verso da quello che l’Or<strong>di</strong>namento riserva alla coppia eterosessuale».<br />

( 25 ) Cfr. Corte cost., 15 aprile 2010, n. 138, in Fam. <strong>di</strong>r., 2010, p. 653, con nota <strong>di</strong> GATTUSO; in Foro it., 2010, I, c.<br />

1701, con nota <strong>di</strong> M. COSTANTINO; in Giur. it., 2011, p. 537, con nota <strong>di</strong> BIANCHI; in Dir. fam. pers., 2011, p. 3, con<br />

nota <strong>di</strong> TONDI DELLA MURA. Sulla decisione v. per tutti GATTUSO, Il matrimonio tra persone dello stesso sesso, in AA.<br />

VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, I, Famiglia e matrimonio, 1, seconda e<strong>di</strong>zione, cit., p. 810 ss.<br />

( 26 ) V. infra, §§ 3-5 in questo Cap.; v. inoltre infra, Cap. X, §§ 5-7.<br />

( 27 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 21 ss.; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 400.<br />

( 28 ) Per un’analisi della genesi storica del fenomeno cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit.,<br />

p. 21 ss.; BUSNELLI e SANTILLI, op. loc. ultt. citt.<br />

( 29 ) ROPPO, voce Famiglia. III) Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 2.<br />

( 30 ) Cfr. la legge n. 99-944 del 15 novembre 1999 (art. 3).<br />

( 31 ) Cfr. art. 515-8, secondo cui «Le concubinage est une union de fait, caractérisée par une vie commune présentant<br />

un caractère de stabilité et de continuité, entre deux personnes, de sexe <strong>di</strong>fférent ou de même sexe, qui vivent en<br />

couple».<br />

( 32 ) Ci si riferisce, in particolare, alla parificazione della con<strong>di</strong>zione dei figli naturali ai figli legittimi avutasi con la<br />

Riforma del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia del 1975 (sul punto v. per tutti ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p.<br />

115 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 107 ss., 149 ss.) ed alla precedente Corte cost., 3 <strong>di</strong>cembre 1969, n. 147, in Foro<br />

11


concezione tra<strong>di</strong>zionale della famiglia, ravvisando così nella convivenza more uxorio un’autonoma<br />

formazione sociale non necessariamente caratterizzata da un <strong>di</strong>svalore rispetto alla famiglia fondata<br />

sul matrimonio ( 33<br />

).<br />

Successivo ed ulteriore passaggio dell’affrancamento della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> è stato il nuovo<br />

orientamento giurisprudenziale e, prima ancora, dottrinale, che, soprattutto facendo leva<br />

sull’interpretazione dell’espressione «formazione sociale» <strong>di</strong> cui all’art. 2 Cost., ha attenuato in<br />

modo considerevole le <strong>di</strong>fferenze legislative intercorrenti tra la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e la famiglia<br />

34<br />

matrimoniale ( ). Sempre a livello esegetico è da segnalare il contrasto esistente in dottrina nella<br />

lettura dell’art. 29, comma primo, Cost., tra coloro che – in un’ottica giusnaturalista – ravvisano<br />

nella citata norma un mero riconoscimento a livello legislativo della società naturale basata sulla<br />

famiglia matrimoniale e chi, invece, attribuendo alla <strong>di</strong>sposizione in <strong>di</strong>scorso una funzione<br />

costitutiva, vede nella famiglia «una formazione frutto <strong>di</strong> aggregazione all’interno della società (...)<br />

operante in quanto riconosciuta dall’or<strong>di</strong>namento» ( 35 ). Il superamento della concezione<br />

tra<strong>di</strong>zionale consente oggi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare nell’art. 29 Cost. un favor del Costituente per la famiglia<br />

legittima ( 36 ), ma non necessariamente la previsione <strong>di</strong> un trattamento sanzionatorio per la famiglia<br />

non fondata sul matrimonio, la cui tutela trova anzi un fondamento nella stessa Carta Costituzionale<br />

all’art. 2, ove si intendono garantire i <strong>di</strong>ritti inviolabili dell’uomo nelle formazioni sociali ove si<br />

svolge la sua personalità ( 37<br />

).<br />

Appare dunque ragionevole affermare che le limitazioni che nel nostro or<strong>di</strong>namento derivano<br />

dal riconoscimento costituzionale della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, non<br />

possono essere intese come il segno <strong>di</strong> un atteggiamento <strong>di</strong> riprovazione verso i vincoli non<br />

38<br />

formalizzati ( ).<br />

Il riconoscimento del fenomeno, sul piano costituzionale, è dunque rinvenuto dalla dottrina e<br />

dalla giurisprudenza nell’art. 2 Cost.<br />

39<br />

Come osserva autorevole dottrina ( ) «l’idea secondo la quale anche la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong><br />

rientra tra le “formazioni sociali” previste dalla Costituzione può essere con<strong>di</strong>visa. Essa tuttavia non<br />

comporta che la famiglia naturale sia giuri<strong>di</strong>camente equiparata alla famiglia legittima ma,<br />

piuttosto, significa che l’or<strong>di</strong>namento deve tutelare l’interesse essenziale della persona a realizzarsi<br />

nella famiglia, quale prima forma <strong>di</strong> convivenza umana, e cioè quale società naturale» ( 40<br />

). La<br />

it., 1970, I, c. 17, che sancì l’illegittimità costituzionale del reato <strong>di</strong> concubinato previsto dal co<strong>di</strong>ce penale all’art. 560<br />

c.p.; cfr. altresì DOGLIOTTI, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 190.<br />

( 33 ) SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 400.<br />

( 34 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 43 ss., 53 ss.; ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia<br />

e in Europa, cit., p. 20; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 27 ss.; BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 1 ss.; M.<br />

SGROI, op. cit., p. 1033 ss.<br />

( 35 ) ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 11 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 11 ss., sulla<br />

genesi dell’art. 29 Cost.<br />

( 36 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 53 ss.; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 402; cfr.<br />

poi anche Corte cost., 26 maggio 1989, n. 310, secondo cui «l’art. 29 Cost., pur non negando <strong>di</strong>gnità a forme naturali<br />

del rapporto <strong>di</strong> coppia <strong>di</strong>verse dalla struttura giuri<strong>di</strong>ca del matrimonio, riconosce alla famiglia legittima una <strong>di</strong>gnità<br />

superiore in ragione dei caratteri <strong>di</strong> stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e doveri che nascono<br />

solo dal matrimonio».<br />

( 37 ) ROPPO, op. loc. ultt. citt.; OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 53 ss.; DOGLIOTTI, voce<br />

Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 192 s.; in giurisprudenza v. Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, su cui cfr. infra, Cap. IV, § 2.<br />

( 38 ) Cfr. ad es. CORASANITI, Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e formazioni sociali, in AA.VV., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Atti del convegno<br />

nazionale <strong>di</strong> Pontremoli (27-30 maggio 1976), Montereggio-Parma, 1977, p. 143 s.; PROSPERI, La famiglia non fondata<br />

sul matrimonio, Napoli, 1980, p. 84 ss.; PERLINGIERI, La famiglia senza matrimonio tra l’irrilevanza giuri<strong>di</strong>ca e<br />

l’equiparazione alla famiglia legittima, in AA. VV., Una legislazione per la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>?, Napoli, 1988, p. 136 s;<br />

FALZEA, Problemi attuali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, ivi, p. 51 ss.; DOGLIOTTI, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 192 s.;<br />

TOMMASINI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in AA. VV., Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, I, in Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato, <strong>di</strong>retto da Mario<br />

BESSONE, vol. IV, Torino, 1999, p. 503 s.; FRANCESCHELLI, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Enc. <strong>di</strong>r., Aggiornamento, VI,<br />

Milano, 2002, p. 370.<br />

( 39 ) BIANCA, Diritto civile, II, La famiglia, le successioni, Milano, 2005, p. 27.<br />

( 40 ) V. anche FURGIUELE, Libertà e famiglia, cit., p. 282 ss.; FERRANDO, Convivere senza matrimonio: rapporti<br />

personali e patrimoniali nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 185; TERRANOVA, Convivenza e rilevanza delle unioni cc.dd. <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, loc. cit.<br />

12


norma in questione, infatti, se considerata come norma in bianco, e non semplicemente riassuntiva<br />

<strong>di</strong> altre, è in grado <strong>di</strong> assicurare in via imme<strong>di</strong>ata tutela giuri<strong>di</strong>ca a tutte quelle forme associative che<br />

si sviluppano nella realtà sociale in vista dello svolgimento della personalità dei singoli ( 41<br />

).<br />

Ulteriore conferma della possibilità <strong>di</strong> riconoscere, almeno sotto determinati aspetti, una<br />

rilevanza normativa al fenomeno della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> è costituita dal complesso <strong>di</strong> interventi<br />

42<br />

legislativi – che si esporranno nel prosieguo ( ) – i quali, nei settori or<strong>di</strong>namentali più <strong>di</strong>versi,<br />

ricollegano all’esistenza <strong>di</strong> una convivenza una qualche conseguenza giuri<strong>di</strong>ca ( 43 ), giacché si può<br />

ritenere che «l’analisi della legislazione speciale, nell’arco delle vicende che l’hanno contrassegnata<br />

storicamente, non si presta né ad essere sopravvalutata nella sua portata (fino a ravvisare in essa una<br />

sorta <strong>di</strong> riconoscimento <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> come fonte <strong>di</strong> uno status paraconiugale), né ad essere<br />

relegata sul piano della «eccezionalità» (giu<strong>di</strong>zio che, semmai, era valido in un <strong>di</strong>verso quadro<br />

storico e costituzionale), né, infine, ad essere ritenuta <strong>di</strong> scarso rilievo ai fini <strong>di</strong> una verifica della<br />

linea evolutiva lungo la quale si viene manifestando la rilevanza giuri<strong>di</strong>ca del fenomeno in esame»<br />

( 44<br />

).<br />

Altri interventi del giu<strong>di</strong>ce delle leggi hanno avvicinato maggiormente la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> alla<br />

famiglia matrimoniale, sancendo l’illegittimità costituzionale della norma che non contemplava tra i<br />

successibili nella titolarità del contratto <strong>di</strong> locazione il convivente more uxorio del conduttore<br />

45<br />

defunto, nonché dell’affidatario della prole naturale, in caso <strong>di</strong> rottura della convivenza ( ) e<br />

<strong>di</strong>chiarando contraria ai principi della carta costituzionale una legge regionale della Regione<br />

Piemonte nella parte in cui non prevedeva la cessazione della stabile convivenza come causa <strong>di</strong><br />

successione nella assegnazione <strong>di</strong> alloggi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia popolare ed economica ( 46<br />

).<br />

47<br />

In un’ulteriore decisione ( ), in tema <strong>di</strong> tutela dei minori delle coppie <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, si è peraltro<br />

affermato che «la convivenza more uxorio rappresenta l’espressione <strong>di</strong> una scelta <strong>di</strong> libertà dalle<br />

regole che il legislatore ha sancito in <strong>di</strong>pendenza dal matrimonio, sicché l’estensione automatica <strong>di</strong><br />

queste regole alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> potrebbe costituire una violazione dei principi <strong>di</strong> libera<br />

determinazione delle parti» ( 48 ). Da segnalare poi ulteriori arresti che, pur non presentandosi come<br />

<strong>di</strong> accoglimento, hanno <strong>di</strong>chiarato infondate le relative questioni <strong>di</strong> costituzionalità, proponendo ai<br />

rispettivi giu<strong>di</strong>ci a quibus una lettura costituzionalmente orientata <strong>di</strong> alcune norme concernenti in<br />

particolare la tutela della prole ( 49<br />

).<br />

Notevole è poi la contiguità tra famiglia matrimoniale e famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nel <strong>di</strong>ritto e nel<br />

processo penale, avuto riguardo a quelle decisioni che estendono l’applicazione del reato <strong>di</strong> cui<br />

( 41 ) PERLINGIERI, Sulla famiglia come formazione sociale, in AA. VV., Rapporti personali nella famiglia, a cura <strong>di</strong><br />

Perlingieri, Napoli, 1982, p. 39; GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 146 ss. Per una posizione<br />

critica nei confronti <strong>di</strong> un supposto tentativo <strong>di</strong> «iper-interpretazione» delle norme costituzionali, pervenendo a quello<br />

che sarebbe un (allegato) stravolgimento del contenuto testuale della Carta, cfr. CATTANEO, La Costituzione e il <strong>di</strong>ritto<br />

familiare nella dottrina civilista italiana dell’ultimo quarantennio, Atti del congresso dei civilisti italiani <strong>di</strong> Venezia,<br />

del 23-26 giugno 1988, in Quadrimestre, 1989, p. 237, il quale giu<strong>di</strong>ca ad<strong>di</strong>rittura «stupefacente» l’idea «che la<br />

Costituzione esiga il riconoscimento normativo della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>», così negando in nuce ogni possibilità <strong>di</strong><br />

interpretazione evolutiva della Costituzione; sul tema v. anche MONTEVERDE, op. cit., p. 932 s.<br />

( 42 ) V. infra, § 6, in questo Capitolo.<br />

( 43 ) Per una ricognizione <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>sposizioni v. anche DOGLIOTTI, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 192 s.; BUSNELLI e<br />

SANTILLI, op. cit., p. 760 ss.<br />

( 44 ) BUSNELLI e SANTILLI, op. cit., p. 778.<br />

( 45 ) Cfr. Corte cost., 7 aprile 1988, n. 404, in Foro it., 1988, I, c. 2515, su cui v. infra, Cap. IX, § 1.<br />

( 46 ) Cfr. Corte cost., 20 <strong>di</strong>cembre 1989, n. 559.<br />

( 47 ) Cfr. Corte cost., 13 maggio 1998, n. 166, su cui v. infra, Cap. V, § 2.<br />

( 48 ) Per altri riferimenti <strong>di</strong> giurisprudenza costituzionale cfr. ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit.,<br />

p. 80 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 77 ss.<br />

( 49 ) Si pensi ad esempio alla stessa decisione Corte cost., 13 maggio 1998, n. 166 (su cui v. infra, Cap. V, § 2),<br />

sull’applicabilità dei principi in tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione sulla casa familiare ex art. 155 c.c. (nella versione anteriore<br />

alla riforma del 2006 sull’affidamento con<strong>di</strong>viso) alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, nonché a Corte cost. 26 ottobre 2005, n. 394,<br />

sulla trascrizione del provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> assegnazione della casa familiare nel caso <strong>di</strong> rottura della convivenza more<br />

uxorio in presenza <strong>di</strong> prole minorenne (si noti che le questioni in oggetto sono ora risolte dall’art. 155-quater c.c.,<br />

applicabile anche ai figli <strong>di</strong> genitori non coniugati, in base all’art. 4, l. 8 febbraio 2006, n. 54: v. infra, Cap. VII, § 2).<br />

13


all’art. 572 c.p. e dell’aggravante ex art. 61, n. 11, c.p. anche ai rapporti extramatrimoniali ( 50 ).<br />

L’art. 199, terzo comma, lett. a), c.p.p., prevede fra coloro che possono astenersi a testimoniare<br />

anche «chi, pur non essendo coniuge dell’imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso»<br />

( 51<br />

).<br />

Altro settore nel quale il rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio sembra assumere un certo<br />

rilievo è quello tributario, con particolare riguardo a quanto stabilito dall’art. 37, terzo comma,<br />

d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 («Disposizioni comuni in materia <strong>di</strong> accertamento delle imposte sui<br />

red<strong>di</strong>ti»), che consente <strong>di</strong> attribuire al soggetto fiscalmente indagato «quei red<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> cui appaiono<br />

titolari altri soggetti quando sia <strong>di</strong>mostrato, anche sulla base <strong>di</strong> presunzioni, gravi, precise e<br />

concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposizione <strong>di</strong> persona». Al riguardo potrà<br />

ricordarsi che la Cassazione ha stabilito nel 2011 che «È legittimo l’avviso <strong>di</strong> accertamento emesso<br />

sulla base delle indagini finanziarie sul conto corrente formalmente intestato alla convivente del<br />

contribuente, delegato a operarvi, quando lo stesso non fornisce prova della non riferibilità delle<br />

52<br />

movimentazioni bancarie al suo red<strong>di</strong>to professionale» ( ).<br />

3. La nozione <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella giurisprudenza sovranazionale. Il <strong>di</strong>ritto dell’Unione<br />

europea e la Corte <strong>di</strong> giustizia.<br />

Il Trattato <strong>di</strong> Lisbona, che mo<strong>di</strong>fica il Trattato sull’Unione europea ed il Trattato che istituisce<br />

la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 <strong>di</strong>cembre 2007, ratificato dall’Italia l’8 agosto 2008 ed<br />

entrato in vigore il 1° <strong>di</strong>cembre 2009, richiama l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea, che<br />

riconosce i <strong>di</strong>ritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei <strong>di</strong>ritti fondamentali dell’Unione<br />

europea del 7 <strong>di</strong>cembre 2000. La Carta, oltre a riconoscere (art. 7) il «<strong>di</strong>ritto al rispetto della propria<br />

vita privata e familiare» e a condannare espressamente ogni forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione fondata<br />

sull’orientamento sessuale (art. 21), contempla (art. 9) il «<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi e <strong>di</strong> costituire una<br />

famiglia», peraltro «secondo le leggi nazionali che ne <strong>di</strong>sciplinano l’esercizio».<br />

L’art. 6 della versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea oggi recita al primo<br />

comma: «L’Unione riconosce i <strong>di</strong>ritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei <strong>di</strong>ritti<br />

fondamentali dell’Unione europea del 7 <strong>di</strong>cembre 2000, adottata il 12 <strong>di</strong>cembre 2007 a Strasburgo,<br />

che ha lo stesso valore giuri<strong>di</strong>co dei trattati». Se dunque l’art. 6 attribuisce alla Carta <strong>di</strong> Nizza lo<br />

stesso valore giuri<strong>di</strong>co e l’efficacia dei Trattati, va riconosciuto che la Carta <strong>di</strong> Nizza costituisce<br />

oggi <strong>di</strong>ritto primario dell’Unione, come confermato (subito dopo l’entrata in vigore del Trattato <strong>di</strong><br />

( 50 ) ROPPO, voce Famiglia. III) Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 3. In giurisprudenza v. da ultimo Cass. pen., 9 marzo 2010,<br />

n. 9242. Per una panoramica sul rilievo della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nel <strong>di</strong>ritto penale, impossibile in questa sede, cfr.<br />

PITTARO, Il (controverso) rilievo giuri<strong>di</strong>co della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nel <strong>di</strong>ritto penale, in Fam. <strong>di</strong>r., 2010, p. 933 ss.<br />

( 51 ) Sull’applicabilità al convivente dell’esimente <strong>di</strong> cui all’art. 384, primo comma, c.p. cfr. Corte cost., 18 gennaio<br />

1996, n. 8, in Fam. <strong>di</strong>r., 1996, p. 107.<br />

( 52 ) Cfr. Cass., 28 febbraio 2011, n. 4775. La decisione ha evidenziato come nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> secondo grado il<br />

contribuente avesse ammesso <strong>di</strong> usufruire <strong>di</strong> una delega ad operare sul conto corrente bancario della convivente sin dal<br />

momento dell’apertura del conto. Su tale conto aveva eseguito numerosi depositi, prelievi, trasferimenti dal proprio<br />

conto corrente. In assenza <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> prova <strong>di</strong> segno contrario, il conto corrente della convivente era stato ritenuto<br />

riferibile esclusivamente al professionista. Secondo la Corte, la valutazione effettuata dai giu<strong>di</strong>ci d’appello non è<br />

censurabile in quanto, anche se il rapporto sentimentale tra il contribuente e la sua convivente si era formalizzato<br />

successivamente agli anni d’imposta accertati, ciò che assume rilevanza è la presenza <strong>di</strong> una delega a favore del<br />

professionista e l’effettivo utilizzo, in assoluta a autonomia, del conto corrente della convivente. La Cassazione ha così<br />

riba<strong>di</strong>to come il giu<strong>di</strong>ce tributario ben possa trarre il proprio convincimento da presunzioni semplici e da regole <strong>di</strong><br />

esperienza, mentre è onere del contribuente <strong>di</strong>mostrare che la ricostruzione operata in base al tali regole è priva <strong>di</strong><br />

fondamento.<br />

In materia <strong>di</strong> rapporti tributari potrà poi citarsi Cass., 5 novembre 2008, n. 26543, che ha sancito l’equiparazione in<br />

astratto del convivente al coniuge ai fini tributari, in merito alla detrazione dall’imposta lorda prevista dall’art. 1, primo<br />

comma, l. 27 <strong>di</strong>cembre 1997, n. 449, per chi effettui determinati lavori <strong>di</strong> ristrutturazione in un immobile <strong>di</strong> cui non è<br />

proprietario, ma detentore (va notato che, nella specie, la Corte ha negato il beneficio, non risultando provato il rapporto<br />

<strong>di</strong> convivenza da data anteriore alla ristrutturazione).<br />

14


Lisbona) dalla Corte <strong>di</strong> giustizia ( 53<br />

).<br />

Le istituzioni comunitarie si sono occupate sinora del tema delle unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> con<br />

riferimento alla tutela dei <strong>di</strong>ritti derivanti dal Trattato dell’Unione. Su tale argomento la<br />

Commissione europea ha manifestato una posizione <strong>di</strong> netta apertura tramite risoluzioni e<br />

raccomandazioni pur non vincolanti, mentre la Corte <strong>di</strong> giustizia ha affermato che, in tema <strong>di</strong> unioni<br />

non matrimoniali, non è in sostanza possibile rilevare un comune sentire dei <strong>di</strong>versi Stati<br />

dell’Unione, ed ha <strong>di</strong>stinto tra coniuge e convivente, rifiutando una loro reale equiparazione. Si<br />

tratta <strong>di</strong> rilievi con cui è stata censurata la <strong>di</strong>scriminazione realizzata da uno Stato ove abbia<br />

rifiutato ai citta<strong>di</strong>ni, appartenenti ad un altro Stato membro, i <strong>di</strong>ritti riconosciuti ai propri, pur non<br />

obbligando gli Stati a riconoscere le unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. L’agevolazione della libera circolazione dei<br />

citta<strong>di</strong>ni dell’Unione non interferisce, cioè, con le legislazioni dei singoli Stati membri,<br />

subor<strong>di</strong>nando alla volontà dello Stato ospitante la decisione sulla eventuale, effettiva equiparazione<br />

del convivente al coniuge.<br />

In particolare, l’argomento della convivenza è stato sinora affrontato dalla Corte in due ambiti<br />

particolari: il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> libera circolazione dei lavoratori comunitari e dei loro familiari; il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scriminazioni fondate sul sesso o sull’orientamento sessuale nell’ambito lavorativo.<br />

Sotto il primo profilo, il caso Reed, del 1986, ha certamente rappresentato un precedente<br />

emblematico, che bene evidenzia l’orientamento seguito dalla Corte <strong>di</strong> giustizia in merito alla<br />

questione della <strong>di</strong>sciplina unitaria delle unioni civili nel contesto comunitario. Nel caso citato, la<br />

Corte ha permesso ad una coppia <strong>di</strong> conviventi eterosessuali citta<strong>di</strong>ni britannici <strong>di</strong> trasferirsi<br />

stabilmente nei Paesi Bassi, facendo applicazione del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione per ragioni fondate<br />

sulla nazionalità: dal momento che la legge olandese consente ai propri citta<strong>di</strong>ni che si trasferiscono<br />

per motivi <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> farsi seguire dal proprio partner, la Corte ha ritenuto, sulla base dell’art. 12,<br />

Trattato CE, il quale vieta le <strong>di</strong>scriminazioni fondate sulla nazionalità, che anche al citta<strong>di</strong>no inglese<br />

che si trasferisce in Olanda per motivi <strong>di</strong> lavoro debba essere riconosciuto lo stesso <strong>di</strong>ritto. In tale<br />

occasione la Corte ha tuttavia precisato che sul tema delle unioni non matrimoniali non è rilevabile<br />

«un comune sentire» dei <strong>di</strong>versi Stati dell’Unione ed in considerazione <strong>di</strong> ciò ha riba<strong>di</strong>to la<br />

54<br />

<strong>di</strong>stinzione tra coniuge e convivente, rifiutandone la sostanziale equiparazione ( ).<br />

Nel 2001, nel caso D. v Kingdom of Sweden, la Corte ha testualmente riba<strong>di</strong>to che non<br />

soltanto non esiste a livello comunitario uniformità <strong>di</strong> riconoscimento per le unioni <strong>di</strong>verse dal<br />

matrimonio, ma si riscontra al contrario una sostanziale identità <strong>di</strong> vedute tra i Paesi che tutelano in<br />

modo specifico tali forme <strong>di</strong> convivenza, proprio sulla base della loro <strong>di</strong>versità rispetto al<br />

matrimonio, istituto che secondo la definizione comunemente accolta dagli Stati membri, si riferisce<br />

55<br />

in modo esclusivo all’unione tra persone <strong>di</strong> sesso biologicamente <strong>di</strong>verso ( ).<br />

( 53 ) Cfr. la sentenza Kücükdeveci della Corte <strong>di</strong> giustizia dell’Unione europea, emessa il 19 gennaio 2010, in causa<br />

C-555/07, secondo cui (cfr. il punto 22) «Va del pari rilevato che l’art. 6, n. 1, TUE enuncia che la Carta dei <strong>di</strong>ritti<br />

fondamentali dell’Unione europea ha lo stesso valore giuri<strong>di</strong>co dei trattati».<br />

( 54 ) Corte <strong>di</strong> giustizia, 17 aprile 1986, Reed, Racc., 1986, p. 1283 ss.<br />

( 55 ) Corte <strong>di</strong> giustizia, 31 maggio 2001, D. c. Regno <strong>di</strong> Svezia, in Guida <strong>di</strong>r., 2001, p. 25, con nota <strong>di</strong> ACIERNO. Nel<br />

caso in oggetto, la Corte ha sentenziato che la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> convivente, anche se all’interno <strong>di</strong> un’unione stabile<br />

registrata, non è equiparabile a quella <strong>di</strong> coniugato ai fini della concessione dell’assegno familiare previsto per i<br />

<strong>di</strong>pendenti del Consiglio UE. A giu<strong>di</strong>zio della Corte, l’equiparazione riconosciuta dalle leggi nazionali non rileva<br />

nell’or<strong>di</strong>namento comunitario. Nella specie si <strong>di</strong>scuteva della possibilità <strong>di</strong> ritenere la convivenza registrata ricompresa<br />

nella nozione <strong>di</strong> «coniuge » <strong>di</strong> cui allo statuto dei funzionari delle Comunità Europee; la Corte non ha ritenuto <strong>di</strong><br />

spingersi a un esame nel merito della regolazione delle convivenze registrate del Paese <strong>di</strong> provenienza del funzionario<br />

(la Svezia, in cui da un punto <strong>di</strong> vista sostanziale le convivenze registrate sono equiparate al matrimonio); ha affermato<br />

invece non poter interpretare il <strong>di</strong>ritto comunitario nel senso richiesto dai ricorrenti poiché, negli stessi Paesi in cui sono<br />

previste, le convivenze registrate rimangono almeno formalmente <strong>di</strong>stinte dal matrimonio.<br />

In tema <strong>di</strong> circolazione dei citta<strong>di</strong>ni dell’Unione e dei loro familiari si veda anche la Direttiva del 29 aprile 2004, n.<br />

38, recepita in Italia con il già citato d.lgs. n. 30/2007, che ha introdotto una definizione <strong>di</strong> «familiare» che equipara al<br />

coniuge il partner che abbia contratto con un citta<strong>di</strong>no europeo un’unione registrata. È estesa la qualifica <strong>di</strong> familiare al<br />

convivente, a con<strong>di</strong>zione che i partners abbiano contratto un’unione registrata in base alla normativa <strong>di</strong> uno Stato che la<br />

preveda e che la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio (cfr. art. 2, primo<br />

comma, lett. b), n. 2, d.lgs. n. 30/2007). Su tale <strong>di</strong>sposizione si è però esattamente rilevato in dottrina (CANATA, La<br />

legalizzazione della vita <strong>di</strong> coppia: panorama europeo e prospettive <strong>di</strong> riforma in Italia, in Fam. pers. succ., 2010, p.<br />

198 ss.) che la <strong>di</strong>rettiva non si <strong>di</strong>scosta dai suoi precedenti, poiché il Parlamento europeo ha riba<strong>di</strong>to l’assoluta neutralità<br />

dell’Unione rispetto alle soluzioni normative adottate in autonomia dai singoli Stati. La <strong>di</strong>rettiva estende infatti la<br />

15


Con<strong>di</strong>visibile appare peraltro il rilievo dottrinale ( 56 ), secondo cui, pur in mancanza <strong>di</strong><br />

pronunce espresse sul punto, tenuto conto della successiva evoluzione delle legislazioni nazionali,<br />

in senso favorevole, nella grande maggioranza, alla possibilità per le coppie conviventi <strong>di</strong> registrare<br />

il proprio legame, la Corte <strong>di</strong> giustizia ( 57<br />

), se chiamata oggi a valutare l’astratta configurabilità<br />

della vita familiare in una convivenza registrata, risponderebbe in termini positivi.<br />

Naturalmente, a quanto sopra rilevato, in tema <strong>di</strong> convivenze eterosessuali, va aggiunta la<br />

sensibilità <strong>di</strong>mostrata dalla Corte sedente in Lussemburgo per le unioni omosessuali, con particolare<br />

riguardo ai casi Maruko e Römer. Al tema verrà de<strong>di</strong>cata attenzione nell’ambito <strong>di</strong> un apposito<br />

58<br />

capitolo <strong>di</strong> questo lavoro, cui non resta che fare rinvio ( ).<br />

Sarà poi anche utile tenere a mente che la sensibilità a livello U.E. sul tema è mostrata non<br />

solo dalla giurisprudenza della Corte sedente in Lussemburgo, ma anche dagli interventi del<br />

59<br />

Parlamento europeo ( ) e, per ciò che attiene alla Commissione, dalla pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong><br />

un’apposita Proposta <strong>di</strong> regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile,<br />

al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia <strong>di</strong> regimi patrimoniali delle unioni<br />

registrate – COM (2011) 127 def. ( 60<br />

).<br />

4. Segue. Sui limiti della Carta <strong>di</strong> Nizza.<br />

Tornando al tema della Carta <strong>di</strong> Nizza, potrà aggiungersi che, ad avviso <strong>di</strong> chi scrive, i<br />

principi consacrati in questo documento appaiono, per ciò che attiene al settore in esame,<br />

assolutamente universali e pertanto applicabili, come tali, anche alle situazioni meramente<br />

«interne», vale a <strong>di</strong>re anche a quei rapporti giuri<strong>di</strong>ci che non siano caratterizzati dalla presenza <strong>di</strong><br />

elementi <strong>di</strong> estraneità o che non presuppongano l’applicazione del <strong>di</strong>ritto «secondario» <strong>di</strong> fonte<br />

europea.<br />

La questione appare estremamente complessa e tale da involgere riflessioni che esulano dal<br />

contenuto e dagli scopi della presente indagine. Sembra peraltro opportuno tentare <strong>di</strong> riassumere in<br />

questa sede i termini essenziali del problema e <strong>di</strong> trarne conclusioni utili per l’ulteriore sviluppo <strong>di</strong><br />

61<br />

questo stu<strong>di</strong>o ( ).<br />

Dunque, si è posto in luce in dottrina (<br />

62<br />

qualifica <strong>di</strong> «familiare» anche al convivente, solamente nel caso in cui si realizzino contemporaneamente due<br />

con<strong>di</strong>zioni: in primo luogo, che i due partners abbiano contratto unione registrata in base alla normativa <strong>di</strong> uno Stato<br />

che la preveda e, in secondo luogo, che la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al<br />

matrimonio (art. 2, primo comma, lett. b), n. 2, d.lgs. n. 30/2007). Appare dunque evidente che la <strong>di</strong>sposizione si limita<br />

a censurare la <strong>di</strong>scriminazione attuata da uno Stato che rifiuti ai citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> uno altro Stato europeo i <strong>di</strong>ritti che<br />

riconosce ai propri, ma non pretende certamente <strong>di</strong> obbligare tutti gli Stati a riconoscere le unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, né tanto<br />

meno ad equipararle al matrimonio. Sul tema cfr. inoltre FANTETTI, Il principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione ed il<br />

riconoscimento giuri<strong>di</strong>co del matrimonio tra persone dello stesso sesso, Nota a Corte cost., 15 aprile 2010, n. 138, in<br />

Fam. pers. succ., 2011, p. 179 ss.<br />

( 56 ) LONG, Il <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, Milano, 2006, p. 185.<br />

( 57 ) Quella sedente a Strasburgo già l’ha <strong>fatto</strong>, come si <strong>di</strong>rà in prosieguo: v. infra, § 5, in questo Capitolo.<br />

( 58 ) V. infra, Cap. X, § 6.<br />

( 59 ) Su cui v. infra, Cap. X, § 5.<br />

( 60 ) Testo <strong>di</strong>sponibile in lingua inglese alla pagina web seguente:<br />

) che nemmeno la Carta <strong>di</strong> Nizza appare in grado <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficare i confini del <strong>di</strong>ritto comunitario, avuto anche riguardo al contenuto dell’art. 5 del<br />

Trattato sull’Unione europea, come mo<strong>di</strong>ficato per effetto dell’entrata in vigore del Trattato <strong>di</strong><br />

Lisbona, par. 2, secondo cui «In virtù del principio <strong>di</strong> attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente<br />

nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli<br />

http://ec.europa.eu/justice/policies/civil/docs/com_2011_127_en.<strong>pdf</strong>; in lingua italiana alla pagina web seguente:<br />

http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/affariinternazionali/2011/Dossier%2065DN.<strong>pdf</strong>; per un primo<br />

commento cfr. NASCIMBENE, Divorzio, <strong>di</strong>ritto internazionale privato e dell’unione europea, Milano, 2011, p. 54 ss.<br />

( 61 ) L’autore coglie l’occasione per ringraziare Roberta Clerici ed Ilaria Queirolo per una serie <strong>di</strong> suggerimenti e<br />

spunti offerti allo scrivente sul tema.<br />

( 62 ) Cfr. CONTI, Corte costituzionale e CEDU: qualcosa <strong>di</strong> nuovo all’orizzonte?, Nota a Corte cost., 26 novembre<br />

2009, n. 311, in Corr. giur., 2010, p. 632. Cfr. inoltre NASCIMBENE, Unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e matrimonio fra omosessuali.<br />

orientamenti del giu<strong>di</strong>ce nazionale e della corte <strong>di</strong> giustizia, in Corr. giur., 2010, p. 91.<br />

16


obiettivi da questi stabiliti», e ancor <strong>di</strong> più al contenuto dell’art. 6 dello stesso Trattato, par. 1,<br />

secondo cui «Le <strong>di</strong>sposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione<br />

definite nei trattati», nonché par. 2, secondo cui «L’Unione aderisce alla Convenzione europea per<br />

la salvaguar<strong>di</strong>a dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non mo<strong>di</strong>fica le<br />

competenze dell’Unione definite nei trattati».<br />

Del resto, è innegabile che la stessa Carta (nella versione riadattata a Strasburgo nel 2007)<br />

precisa nel Preambolo che, invece <strong>di</strong> statuire <strong>di</strong>ritti nuovi, «La presente Carta riafferma, nel rispetto<br />

delle competenze e dei compiti dell’Unione e del principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà, i <strong>di</strong>ritti derivanti in<br />

particolare dalle tra<strong>di</strong>zioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri,<br />

dalla Convenzione europea per la salvaguar<strong>di</strong>a dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali,<br />

dalle carte sociali adottate dall’Unione e dal Consiglio d’Europa, nonché dalla giurisprudenza della<br />

Corte <strong>di</strong> giustizia dell’Unione europea e da quella della Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo».<br />

Il medesimo documento, inoltre, all’art. 57, stabilisce che «1. Le <strong>di</strong>sposizioni della presente<br />

Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio <strong>di</strong><br />

sussi<strong>di</strong>arietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del <strong>di</strong>ritto dell’Unione.<br />

Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i <strong>di</strong>ritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione<br />

secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei<br />

trattati. 2. La presente Carta non estende l’ambito <strong>di</strong> applicazione del <strong>di</strong>ritto dell’Unione al <strong>di</strong> là<br />

delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né<br />

mo<strong>di</strong>fica le competenze e i compiti definiti nei trattati».<br />

Ed ancora l’art. 58, n. 3, della Carta prescrive che «Le <strong>di</strong>sposizioni della presente Carta che<br />

contengono dei principi possono essere attuate da atti legislativi e esecutivi adottati da istituzioni,<br />

organi e organismi dell’Unione e da atti <strong>di</strong> Stati membri allorché essi danno attuazione al <strong>di</strong>ritto<br />

dell’Unione, nell’esercizio delle loro rispettive competenze. Esse possono essere invocate <strong>di</strong>nanzi a<br />

un giu<strong>di</strong>ce solo ai fini dell’interpretazione e del controllo <strong>di</strong> legalità <strong>di</strong> detti atti».<br />

In altri termini, un’attitu<strong>di</strong>ne della Carta <strong>di</strong> Nizza a <strong>di</strong>venire strumento generale <strong>di</strong> tutela dei<br />

<strong>di</strong>ritti fondamentali sembrerebbe ostacolato dalle competenze comunque limitate dell’Unione<br />

Europea ( 63<br />

).<br />

Anche la Corte <strong>di</strong> giustizia sembra, per lo meno in alcune decisioni, sottolineare la presenza <strong>di</strong><br />

tali limiti (<br />

64<br />

).<br />

Ora, se è innegabile che, da un punto <strong>di</strong> vista generale, la Carta prescrive <strong>di</strong>ritti e libertà<br />

rilevanti solo nell’ambito <strong>di</strong> attuazione del <strong>di</strong>ritto dell’Unione, assai più problematica appare la<br />

situazione in cui – proprio come nei rapporti <strong>di</strong> cui qui si <strong>di</strong>scute – ci si trovi <strong>di</strong> fronte ad un <strong>di</strong>ritto<br />

( 63 ) Cfr. CONTI, op. loc. ultt. citt.<br />

( 64 ) Cfr., ad es., la sentenza Dereci del 15 novembre 2011, in cui si legge (punti 71 e 72 della motivazione):<br />

«Tuttavia, occorre ricordare che le <strong>di</strong>sposizioni della Carta si applicano, ai sensi dell’art. 51, n. 1, della medesima, agli<br />

Stati membri esclusivamente in sede <strong>di</strong> attuazione del <strong>di</strong>ritto dell’Unione. In virtù del n. 2 della medesima <strong>di</strong>sposizione,<br />

la Carta non estende l’ambito <strong>di</strong> applicazione del <strong>di</strong>ritto dell’Unione al <strong>di</strong> là delle competenze dell’Unione, né introduce<br />

competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né mo<strong>di</strong>fica le competenze e i compiti definiti nei trattati. Pertanto, la<br />

Corte è chiamata a interpretare, alla luce della Carta, il <strong>di</strong>ritto dell’Unione nei limiti delle competenze riconosciute a<br />

quest’ultima. Pertanto, nel caso <strong>di</strong> specie, qualora il giu<strong>di</strong>ce del rinvio ritenga che, alla luce delle circostanze delle cause<br />

principali, le posizioni dei ricorrenti nelle cause principali siano soggette al <strong>di</strong>ritto dell’Unione, esso dovrà valutare se il<br />

<strong>di</strong>niego del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> soggiorno <strong>di</strong> questi ultimi nelle cause principali leda il <strong>di</strong>ritto al rispetto della vita privata e<br />

familiare, previsto dall’art. 7 della Carta. Viceversa, qualora ritenga che dette posizioni non rientrino nella sfera <strong>di</strong><br />

applicazione del <strong>di</strong>ritto dell’Unione, esso dovrà condurre un sif<strong>fatto</strong> esame alla luce dell’art. 8, n. 1, della CEDU». V.<br />

inoltre la sentenza Mariano, Corte <strong>di</strong> giustizia, 17 marzo 2009, in causa C-217/08 (punti nn. 29 e 30): «29 Neppure il<br />

riferimento alla Carta dei <strong>di</strong>ritti fondamentali può venire a sostegno <strong>di</strong> una conclusione <strong>di</strong>retta a far entrare il presente<br />

proce<strong>di</strong>mento nella sfera <strong>di</strong> applicazione del <strong>di</strong>ritto comunitario. A tal riguardo basta sottolineare che, conformemente<br />

all’art. 51, n. 2, <strong>di</strong> detta Carta, quest’ultima non introduce competenze nuove o compiti nuovi per la Comunità europea e<br />

per l’Unione, né mo<strong>di</strong>fica le competenze nonché i compiti definiti nei Trattati. Inoltre, conformemente all’art. 52, n. 2,<br />

della stessa Carta, i <strong>di</strong>ritti riconosciuti dalla stessa che trovano il loro fondamento nei Trattati comunitari o nel Trattato<br />

sull’Unione europea si esercitano alle con<strong>di</strong>zioni e nei limiti dagli stessi definiti. 30. Alla luce delle considerazioni che<br />

precedono, la questione sollevata deve essere risolta nel senso che il <strong>di</strong>ritto comunitario non contiene un <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong><br />

qualsiasi <strong>di</strong>scriminazione <strong>di</strong> cui i giu<strong>di</strong>ci degli Stati membri devono garantire l’applicazione allorché il comportamento<br />

eventualmente <strong>di</strong>scriminatorio non presenta alcun nesso con il <strong>di</strong>ritto comunitario».<br />

17


fondamentale riconosciuto ( 65<br />

) solo in sede <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto dell’Unione europea. E qui, <strong>di</strong> fronte a <strong>di</strong>ritti<br />

umani fondamentali, non può non intervenire il principio costituzionale <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione.<br />

E, del resto, che senso avrebbe statuire un principio come quello della libertà matrimoniale e<br />

della libertà <strong>di</strong> fondare una famiglia, se tali regole dovessero valere solo nell’ambito del <strong>di</strong>ritto<br />

comunitario? Sin troppo facile sarebbe obiettare che, in materia <strong>di</strong> rapporti familiari, il <strong>di</strong>ritto<br />

comunitario o<strong>di</strong>erno si limita a <strong>di</strong>sciplinare: (a) alcune (marginali) aree del <strong>di</strong>ritto processuale<br />

(competenza giuris<strong>di</strong>zionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni), nonché (b) profili <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto internazionale privato. Del tutto inesistenti sono, allo stato, un «<strong>di</strong>ritto matrimoniale» e un<br />

«<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia» dell’Unione europea, per lo meno secondo l’accezione tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> tali<br />

66<br />

concetti ( ).<br />

Che significato avrebbe dunque l’art. 9 della Carta <strong>di</strong> Nizza (secondo cui «Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi<br />

e il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne <strong>di</strong>sciplinano<br />

l’esercizio»), se non potesse essere riferito al modo in cui matrimonio e famiglia sono modellati nei<br />

<strong>di</strong>versi <strong>di</strong>ritti nazionali? Davvero si potrebbe continuare a pre<strong>di</strong>care l’in<strong>di</strong>fferenza della Carta <strong>di</strong><br />

Nizza nell’ipotesi in cui, puta caso, un legislatore nazionale si sbizzarrisse a varare una normativa<br />

che restringesse il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi (es.: non più <strong>di</strong> tre volte nella vita <strong>di</strong> ogni soggetto…), o, al<br />

contrario, intervenisse su quell’immagine speculare <strong>di</strong> quel <strong>di</strong>ritto, vale a <strong>di</strong>re sul <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> non<br />

67<br />

sposarsi (si pensi all’introduzione <strong>di</strong> sanzioni per i non coniugati…) ( )?<br />

Che la Carta <strong>di</strong> Nizza trovi applicazione anche con riguardo a situazioni non <strong>di</strong>sciplinate dal<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fonte europea è conclusione rinvenibile nella giurisprudenza della nostra Corte <strong>di</strong><br />

68<br />

Cassazione ( ). In questo stesso senso sembra del resto deporre almeno una parte della<br />

giurisprudenza della stessa Corte <strong>di</strong> giustizia, la quale, pur avendo talora richiesto l’esistenza <strong>di</strong> un<br />

nesso con il <strong>di</strong>ritto comunitario in merito al principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione ( 69<br />

), ha, in altre<br />

( 65 ) O per lo meno, riconosciuto chiaramente (o in modo meno ambiguo rispetto ad altre carte sovranazionali): si<br />

pensi al <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale o alla formulazione del <strong>di</strong>ritto a formare una<br />

famiglia, come <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>stinto dal <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi, nonché allo stesso <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi, così come formulato nella<br />

Carta <strong>di</strong> Nizza rispetto a come enunciato nella C.E.D.U. (sul tema v. infra, § 5, in questo Capitolo, nonché Cap. X, § 7).<br />

( 66 ) Come noto, si suole evidenziare da più parti che la normativa del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, in senso ampio, è riservata<br />

alla competenza esclusiva dei singoli Stati membri, trattandosi <strong>di</strong> materia fortemente influenzata dai valori, dalla cultura<br />

e dalla tra<strong>di</strong>zione propri <strong>di</strong> una nazione. Sul tema, che non può essere certo sviluppato in questa sede, cfr. RUSCELLO,<br />

La famiglia tra <strong>di</strong>ritto interno e normativa comunitaria, in Familia, 2001, p. 697 ss.; FERRANDO, Le relazioni familiari<br />

nella Carta dei <strong>di</strong>ritti dell’Unione europea, in Pol. <strong>di</strong>r., 2003, p. 347 ss.; HONORATI, Verso una competenza della<br />

Comunità Europea in materia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia?, in AA. VV., La famiglia nel <strong>di</strong>ritto internazionale privato<br />

comunitario, a cura <strong>di</strong> Bariatti, Milano, 2007, p. 3 ss.; TOMASI, La nozione <strong>di</strong> famiglia negli atti dell’Unione e della<br />

Comunità europea, ivi, p. 47 ss.; cfr. inoltre LONG, Il <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali,<br />

cit., passim. Svariati contributi sul tema sono poi raccolti in BOELE-WOELKI (a cura <strong>di</strong>), Perspectives for the Unification<br />

and Harmonisation of Family Law in Europe, Antwerp-Oxford-New York, 2003; tra questi si segnalano in particolare<br />

PINTENS, Europeanisation of Family Law, p. 3 ss., 16 ss.; DETHLOFF, Arguments for the Unification and Harmonisation<br />

of Family Law in Europe, p. 37 ss.; cfr. inoltre BOELE-WOELKI, The Road towards a European Family Law, loc. cit.;<br />

QUEIROLO, Separazione, annullamento, <strong>di</strong>vorzio e responsabilità genitoriale: il regolamento CE 2201/2003, in AA.<br />

VV., Il nuovo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, Trattato <strong>di</strong>retto da Ferrando, I, Matrimonio, separazione e <strong>di</strong>vorzio, Bologna, 2007, p.<br />

1107 ss. Sul futuro europeo dei regimi patrimoniali cfr. per tutti OBERTO, La comunione coniugale nei suoi profili <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto comparato, internazionale ed europeo, in Dir. fam. pers, 2008, p. 367 ss.<br />

( 67 ) SCHLÜTER, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, Berlin-New York, 1981, p. 18, che rileva come una<br />

«(negative) Eheschließungsfreiheit» sia garantita dall’art. 6, comma primo, della Costituzione tedesca, ma anche<br />

dall’art. 23, comma secondo, della convenzione delle Nazioni Unite del 19 <strong>di</strong>cembre 1966, sui <strong>di</strong>ritti civili e politici.<br />

( 68 ) Per un’applicazione delle norme della Carta <strong>di</strong> Nizza a una fattispecie che prescindeva da riferimenti al <strong>di</strong>ritto<br />

europeo cfr. Cass., 2 febbraio 2010, n. 2352, in materia <strong>di</strong> demansionamento <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> <strong>di</strong> un professionista operante<br />

nell’ambito <strong>di</strong> una struttura ospedaliera.<br />

( 69 ) Cfr. Corte <strong>di</strong> giustizia, 17 marzo 2009, Mariano, in causa n. C-217/08, cit., che, nell’affermare che il <strong>di</strong>ritto<br />

comunitario non contiene un <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> qualsiasi <strong>di</strong>scriminazione <strong>di</strong> cui i giu<strong>di</strong>ci degli Stati membri devono garantire<br />

l’applicazione allorché il comportamento eventualmente <strong>di</strong>scriminatorio non presenta alcun nesso con il <strong>di</strong>ritto<br />

comunitario, riba<strong>di</strong>sce che nemmeno la Carta <strong>di</strong> Nizza può mo<strong>di</strong>ficare la natura puramente interna della questione:<br />

«Neppure il riferimento alla Carta dei <strong>di</strong>ritti fondamentali può venire a sostegno <strong>di</strong> una conclusione <strong>di</strong>retta a far entrare<br />

il presente proce<strong>di</strong>mento nella sfera <strong>di</strong> applicazione del <strong>di</strong>ritto comunitario. A tal riguardo basta sottolineare che,<br />

conformemente all’art. 51, n. 2, <strong>di</strong> detta Carta, quest’ultima non introduce competenze nuove o compiti nuovi per la<br />

Comunità europea e per l’Unione, né mo<strong>di</strong>fica le competenze nonché i compiti definiti nei Trattati». In senso conforme<br />

v. inoltre Corte <strong>di</strong> giustizia, 26 marzo 2009, Pignataro, in causa n. C-535/08; Corte <strong>di</strong> giustizia, 3 ottobre 2008,<br />

Crocefissa Savia, in causa n. C-287/08; Corte <strong>di</strong> giustizia, 23 settembre 2008, Birgit Bartsch, in causa n. C-427/06.<br />

18


occasioni più volte ammesso che i giu<strong>di</strong>ci nazionali, a cui un soggetto che si asserisce <strong>di</strong>scriminato<br />

in base ad una situazione puramente interna si rivolge, propongano rinvio pregiu<strong>di</strong>ziale alla Corte,<br />

al fine <strong>di</strong> ottenere l’esatta interpretazione della norma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto comunitario/europeo che, sulla base<br />

<strong>di</strong> apposite <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto nazionale, viene in<strong>di</strong>rettamente estesa alle situazioni interne ( 70<br />

).<br />

D’altro canto, come si avrà modo <strong>di</strong> vedere (<br />

La Convenzione europea per la salvaguar<strong>di</strong>a dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo e delle libertà fondamentali<br />

(C.E.D.U.) tutela i <strong>di</strong>ritti derivanti da rapporti <strong>di</strong> famiglia, garantendo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ogni persona al<br />

rispetto della vita privata familiare (art. 8), riconoscendo a uomini e donne il <strong>di</strong>ritto al matrimonio<br />

secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>ritto (art. 12) e vietando ogni<br />

72<br />

<strong>di</strong>scriminazione fondata sul sesso o su ogni altra con<strong>di</strong>zione (art. 14) ( ).<br />

19<br />

71<br />

), la stessa Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo<br />

non esita oggi ad utilizzare proprio la Carta <strong>di</strong> Nizza per «rileggere» in maniera ben <strong>di</strong>versa dal<br />

passato la nozione <strong>di</strong> «famiglia» <strong>di</strong> cui alla C.E.D.U.: e ciò, si ba<strong>di</strong>, in situazioni per nulla attinenti a<br />

profili <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto dell’Unione europea e che non presentavano in alcun modo elementi <strong>di</strong><br />

internazionalità.<br />

Con particolare riguardo a tale ulteriore (asserito) limite (situazione <strong>di</strong> internazionalità,<br />

appunto), ad avviso dello scrivente si può tranquillamente concludere nel senso che sif<strong>fatto</strong><br />

requisito non appare in alcun modo necessario per poter pre<strong>di</strong>care l’applicabilità della Carta <strong>di</strong><br />

Nizza, in alcuno dei suoi aspetti, per lo meno nel senso che laddove il <strong>di</strong>ritto UE non richieda una<br />

situazione <strong>di</strong> transnazionalità per operare, correlativamente non lo richiede la Carta per applicarsi. Il<br />

limite in esame varrà dunque – in linea <strong>di</strong> principio – per l’applicazione delle norme comunitarie <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto internazionale privato e processuale, ossia per quelle, per intendersi, dei regolamenti «filone<br />

Roma e Bruxelles» approvati sulla base del titolo V TFUE.<br />

5. Segue. La C.E.D.U. e la Corte <strong>di</strong> Strasburgo. Le prospettive del <strong>di</strong>ritto europeo, anche con<br />

riguardo alle convivenze omosessuali (rinvio).<br />

( 70 ) Sul tema cfr. NASCIMBENE, Le <strong>di</strong>scriminazioni all’inverso: Corte <strong>di</strong> giustizia e Corte costituzionale a confronto,<br />

in Dir.U.E., 2007, p. 717. In particolare, detto principio che, tra<strong>di</strong>zionalmente, viene <strong>fatto</strong> risalire alla sentenza Guimont<br />

(sentenza 5 <strong>di</strong>cembre 2000, Guimont, in causa n. C-448/98, in Raccolta, p. I-10663), con riferimento alla libera<br />

circolazione delle merci, ha trovato espressa applicazione anche in ambito <strong>di</strong> libera circolazione delle persone. Rileva,<br />

in tal senso, il caso Angonese (sentenza 6 giugno 2000, Roman Angonese c. Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong> Bolzano SpA, in<br />

causa C-281/98, in Raccolta, p. I-4139) che, come evidenziato in dottrina, rappresenta «un passo in più verso un<br />

riconoscimento comunitario» delle «<strong>di</strong>scriminazioni a rovescio», dovuto ad esigenze giuri<strong>di</strong>che prettamente interne del<br />

giu<strong>di</strong>ce a quo (così PALLARO, La sentenza Guimont: un definitivo superamento “processuale” dell’irrilevanza delle<br />

c.d. “<strong>di</strong>scriminazioni a rovescio”?, in Riv. it. <strong>di</strong>r. pubbl. comun., 2001, p. 97 e ZOPPI, Le <strong>di</strong>scriminazioni a rovescio, in<br />

Dir. com. sc. int., 2006, n. 4, p. 808). Nel caso <strong>di</strong> specie, un citta<strong>di</strong>no italiano residente a Bolzano contestava il <strong>fatto</strong> che<br />

una banca della stessa città, nell’ambito <strong>di</strong> un concorso <strong>di</strong> assunzione, esigesse il possesso del c.d. «patentino»,<br />

attestante il bilinguismo, rilasciato solo dall’amministrazione provinciale, senza accettare altre prove dell’adeguata<br />

conoscenza sia dell’italiano che della lingua tedesca; ritenendo il requisito svantaggioso per i non residenti nella<br />

provincia e in particolare per i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> altri Stati membri, e quin<strong>di</strong> reclamandone l’incompatibilità con il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scriminazioni tra lavoratori fondate sulla nazionalità <strong>di</strong> cui all’art. 48 Trattato CE (<strong>di</strong>venuto art. 39 TCE; attualmente<br />

trasfuso nell’art. 45 TFUE), egli chiedeva al giu<strong>di</strong>ce nazionale <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiararlo nullo sulla base <strong>di</strong> principi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

interno. Il giu<strong>di</strong>ce a<strong>di</strong>sce la Corte <strong>di</strong> giustizia per sapere se il <strong>fatto</strong> <strong>di</strong> pretendere l’attestato sul bilinguismo da parte <strong>di</strong><br />

un’impresa privata (quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> un singolo datore <strong>di</strong> lavoro) fosse incompatibile con il Trattato e con la normativa<br />

derivata in tema <strong>di</strong> libera circolazione dei lavoratori; l’or<strong>di</strong>nanza adduceva quale unico elemento «transfrontaliero» lo<br />

svolgimento da parte dell’attore nella fattispecie a quo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> lingue straniere all’Università <strong>di</strong> Vienna, stu<strong>di</strong>,<br />

tuttavia, del tutto estranei al tipo <strong>di</strong> attività lavorativa cui si era can<strong>di</strong>dato; essa aggiungeva inoltre la problematica<br />

dell’eventuale <strong>di</strong>sapplicabilità della clausola concorsuale ai sensi dei principi giuri<strong>di</strong>ci nazionali. Per commenti, si veda<br />

GAJA, Può un citta<strong>di</strong>no italiano utilmente imparare il tedesco in Austria?, in Riv. <strong>di</strong>r. int., 2000, p. 1051 ss.; PALERMO,<br />

Diritto comunitario e tutela delle minoranze: alla ricerca <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> equilibrio, in Dir. pubbl. comp. eur., 2000, p.<br />

969 ss.; SCHEPISI, Cosa si nasconde <strong>di</strong>etro al caso Angonese? Novità e conferme in materia <strong>di</strong> libera circolazione dei<br />

lavoratori, in Dir. Un. eur., 2002, p. 327 ss.<br />

( 71 ) V. infra, Cap. X, § 7.<br />

( 72 ) FERRANDO, Il contributo della C.E.D.U. all’evoluzione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, in Nuova giur. civ. comm., 2005,<br />

II, p. 263 ss.; v. inoltre DONATI e MILAZZO, La dottrina del margine <strong>di</strong> apprezzamento nella giurisprudenza della Corte<br />

europea dei Diritti dell’uomo, in AA. VV., La Corte Costituzionale e le Corti d’Europa, a cura Falzea, Spadaro e<br />

Ventura, Torino, 2003, p. 70 ss.


Specificamente, in tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto al matrimonio, i giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Strasburgo ebbero ad affermare,<br />

ormai <strong>di</strong>versi anni fa, che «the right to marry guaranteed by Article 12 refers to the tra<strong>di</strong>tional<br />

marriage between persons of opposite biological sex. This appears also from the wor<strong>di</strong>ng of the<br />

Article which makes it clear that article 12 is mainly concerned to protect marriage as the basis of<br />

the family». Con queste parole la Corte negò nel 1986 che l’art. citato fosse violato dalle<br />

<strong>di</strong>sposizioni britanniche che vietavano il matrimonio con un transessuale ( 73 ). L’anno successivo la<br />

stessa Corte stabilì che il rinvio alle leggi nazionali non consente l’equiparazione della situazione<br />

personale <strong>di</strong> convivente a quella propria del coniuge ( 74<br />

).<br />

La Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo ha quin<strong>di</strong>, in un primo momento, privilegiato<br />

un’interpretazione unitaria delle citate <strong>di</strong>sposizioni, nel senso cioè <strong>di</strong> tutela dell’unica forma <strong>di</strong> vita<br />

familiare quale sarebbe quella fondata sul matrimonio, in ciò sicuramente guidata dalla lettera<br />

dell’art. 12 cit., la cui rubrica recita (solo): «<strong>di</strong>ritto al matrimonio».<br />

Nel corso degli anni successivi, però, la stessa Corte ha orientato la propria lettura delle<br />

norme convenzionali in senso più ampio, in considerazione della natura della Convenzione quale<br />

<strong>di</strong>ritto vivente, che interpreta in maniera evolutiva le concezioni prevalenti negli Stati partecipanti. I<br />

giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Strasburgo hanno, dunque, ritenuto che, alla base della famiglia <strong>di</strong> cui all’art. 8, primo<br />

comma, della Convenzione, vi sia la cellula uomo-donna costituente un rapporto coniugale, ma<br />

anche un possibile altro rapporto affettivo, che, pur non essendo riconducibile al matrimonio, possa<br />

con<strong>di</strong>viderne alcuni aspetti essenziali. Conseguentemente vi è stata fatta rientrare la relazione<br />

affettiva costituita da persone <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso sesso conviventi more uxorio per un certo periodo <strong>di</strong><br />

tempo, ove connotata da un sufficiente carattere <strong>di</strong> stabilità, desumibile, ad esempio, dalla<br />

coabitazione durevole e dalla nascita <strong>di</strong> figli, nonché dalla volontà <strong>di</strong> costituire una famiglia.<br />

Riguardo l’applicazione del principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione <strong>di</strong> cui all’art. 14 della<br />

Convenzione, la Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo ha adottato un approccio graduale, ponendo<br />

l’enfasi, in un primo tempo, sul <strong>fatto</strong> che ciascuno Stato partecipante, al fine <strong>di</strong> evitare la<br />

<strong>di</strong>scriminazione delle coppie omosessuali rispetto a quelle eterosessuali, è tenuto alla attuazione <strong>di</strong><br />

misure ragionevolmente proporzionate allo scopo perseguito in un costante bilanciamento tra<br />

interesse pubblico e privato, trovando, cioè, il giusto equilibrio tra interessi concorrenti<br />

75<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo e della società ( ).<br />

( 73 ) Corte europea <strong>di</strong>r. uomo, 17 ottobre 1986, Rees c. Regno Unito, in Riv. <strong>di</strong>r. internaz., 1987, p. 735 ss. V. anche<br />

Corte europea <strong>di</strong>r. uomo, 27 settembre 1990, Cossey c. Regno Unito, ricorso n. 10843/84, ove si afferma che «l’art. 12<br />

precisa che tale <strong>di</strong>ritto è soggetto alle leggi nazionali degli Stati contraenti. Le conseguenti limitazioni non debbono<br />

restringerlo o ridurlo in modo da pregiu<strong>di</strong>carne la sostanza stessa, ma non si può attribuire un effetto <strong>di</strong> tal sorta<br />

all’impe<strong>di</strong>mento posto, nel Regno Unito, al matrimonio <strong>di</strong> persone che non appartengono a sessi biologici <strong>di</strong>fferenti».<br />

( 74 ) Corte europea <strong>di</strong>r. uomo, 26 maggio 1987, F. c. Svizzera, in Foro it., 1988, IV, c. 402 ss.<br />

( 75 ) Corte europea <strong>di</strong>r. uomo, 17 luglio 2002, Goodwin c. Regno Unito, con la quale la Corte <strong>di</strong> Strasburgo ha<br />

<strong>di</strong>chiarato contrario alla Convenzione il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> matrimonio del transessuale, dopo l’operazione <strong>di</strong> cambiamento <strong>di</strong><br />

sesso, con persona del suo stesso sesso originario. La Corte europea ha in tal caso affermato che il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> un uomo e<br />

<strong>di</strong> una donna <strong>di</strong> fondare una famiglia non è subor<strong>di</strong>nato al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi e che l’impossibilità <strong>di</strong> procreare o <strong>di</strong><br />

essere genitori non può incidere sul primo <strong>di</strong>ritto. Cfr. anche Corte europea <strong>di</strong>r. uomo, 11 luglio 2002, I. v. The United<br />

Kingdom, in cui possono leggersi affermazioni del genere: «78. Reviewing the situation in 2002, the Court observes<br />

that Article 12 secures the fundamental right of a man and woman to marry and to found a family. The second aspect is<br />

not however a con<strong>di</strong>tion of the first and the inability of any couple to conceive or parent a child cannot be regarded as<br />

per se removing their right to enjoy the first limb of this provision. 79. The exercise of the right to marry gives rise to<br />

social, personal and legal consequences. It is subject to the national laws of the Contracting States but the limitations<br />

thereby introduced must not restrict or reduce the right in such a way or to such an extent that the very essence of the<br />

right is impaired (see the Rees judgment, p. 19, § 50; the F. v. Switzerland judgment of 18 December 1987, Series A no.<br />

128, § 32). 80. It is true that the first sentence refers in express terms to the right of a man and woman to marry. The<br />

Court is not persuaded that at the date of this case it can still be assumed that these terms must refer to a determination<br />

of gender by purely biological criteria (as held by Ormrod J. in the case of Corbett v. Corbett, paragraph 17 above).<br />

There have been major social changes in the institution of marriage since the adoption of the Convention as well as<br />

dramatic changes brought about by developments in me<strong>di</strong>cine and science in the field of transsexuality. The Court has<br />

found above, under Article 8 of the Convention, that a test of congruent biological factors can no longer be decisive in<br />

denying legal recognition to the change of gender of a post-operative transsexual. There are other important factors –<br />

the acceptance of the con<strong>di</strong>tion of gender identity <strong>di</strong>sorder by the me<strong>di</strong>cal professions and health authorities within<br />

Contracting States, the provision of treatment inclu<strong>di</strong>ng surgery to assimilate the in<strong>di</strong>vidual as closely as possible to the<br />

gender in which they perceive that they properly belong and the assumption by the transsexual of the social role of the<br />

assigned gender. The Court would also note that Article 9 of the recently adopted Charter of Fundamental Rights of the<br />

20


A questi primi passi hanno <strong>fatto</strong> seguito prese <strong>di</strong> posizione assai più nette, come si <strong>di</strong>rà a<br />

tempo debito ( 76<br />

).<br />

77<br />

Per il momento potrà iniziarsi a rilevare, con una parte della dottrina ( ), che la situazione<br />

attuale della giurisprudenza europea può essere sintetizzata ricorrendo al concetto <strong>di</strong> presunzione<br />

relativa, con conseguente inversione dell’onere probatorio. In altri termini, mentre la presenza <strong>di</strong> un<br />

vincolo matrimoniale è idonea a fondare la presunzione dell’esistenza <strong>di</strong> una vita familiare,<br />

l’assenza <strong>di</strong> tale rapporto (o <strong>di</strong> una convivenza registrata) determina la presunzione che non esista<br />

una vita familiare e il conseguente onere per i soggetti che invochino il rispetto della loro vita<br />

familiare <strong>di</strong> provarne l’esistenza. In particolare, secondo la giurisprudenza <strong>di</strong> Strasburgo, possono<br />

essere in<strong>di</strong>zi dell’esistenza in concreto <strong>di</strong> una vita familiare una coabitazione stabile e non<br />

transitoria, rapporti affettivi significativi e duraturi, o la presenza <strong>di</strong> figli concepiti a seguito <strong>di</strong> un<br />

progetto procreativo comune ( 78<br />

).<br />

Si può anche rimarcare che, se vi potrebbe essere incertezza relativamente alla inclusione<br />

delle unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> (sia etero che omosessuali) in un più ampio concetto <strong>di</strong> «famiglia» da parte<br />

delle norme della Convenzione – avuto riguardo al <strong>fatto</strong> che l’art. 12 cit. reca nella rubrica il solo<br />

riferimento al matrimonio e nel testo stesso della <strong>di</strong>sposizione il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> costituire una famiglia<br />

sembra essere visto come riferibile alla sola famiglia fondata sul matrimonio – il testo della Carta<br />

dei <strong>di</strong>ritti fondamentali dell’Unione europea si esprime in forma <strong>di</strong>versa. L’art. 9 della Carta <strong>di</strong><br />

Nizza, invero, reca nella rubrica il riferimento ad entrambi i <strong>di</strong>ritti, mentre nel testo della<br />

<strong>di</strong>sposizione si fa chiaramente menzione <strong>di</strong> due <strong>di</strong>ritti, che l’interprete è autorizzato a ritenere non<br />

79<br />

necessariamente coincidenti ( ).<br />

European Union departs, no doubt deliberately, from the wor<strong>di</strong>ng of Article 12 of the Convention in removing the<br />

reference to men and women (see paragraph 41 above) (…) 84. The Court concludes that there has been a breach of<br />

Article 12 of the Convention in the present case».<br />

( 76 ) V. infra, Cap. X, § 7.<br />

( 77 ) LONG, Il <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, cit., p. 183 s.<br />

( 78 ) Nel caso Johnston and others v Ireland i tre ricorrenti lamentavano la violazione del loro <strong>di</strong>ritto al rispetto della<br />

vita familiare, dovuto all’impossibilità per i due membri adulti della coppia <strong>di</strong> contrarre matrimonio (e dunque <strong>di</strong><br />

migliorare con la legittimazione la situazione giuri<strong>di</strong>ca della loro figlia naturale), poiché l’uomo era già coniugato e<br />

l’or<strong>di</strong>namento irlandese nel consentiva il <strong>di</strong>vorzio (poi introdotto nel 1996). La Corte, esaminando il caso sottoposto al<br />

suo esame, ha espressamente affermato che «56. In the present case, it is clear that the applicants, the first and second<br />

of whom have lived together for some fifteen years (…), constitute a “family” for the purposes of Article 8 (art. 8).<br />

They are thus entitled to its protection, notwithstan<strong>di</strong>ng the fact that their relationship exists outside marriage» (la<br />

decisione reca la data del 18 <strong>di</strong>cembre 1986). Un altro esempio è dato dalla giurisprudenza della Corte EDU in materia<br />

<strong>di</strong> espulsione: l’esistenza <strong>di</strong> una convivenza more uxorio tra il ricorrente espulso e un citta<strong>di</strong>no dello Stato convenuto<br />

consente astrattamente <strong>di</strong> qualificare l’espulsione quale ingerenza nella vita familiare del ricorrente, con la necessità<br />

dunque <strong>di</strong> valutare in concreto se tale ingerenza appaia giustificata ai sensi dell’art. 8 cpv. C.E.D.U. (cfr. Corte EDU,<br />

sentenza 15 luglio 2003, Mokrani c. France, par. n. 34). In due casi <strong>di</strong> immigrati arrivati in Francia bambini e poi<br />

conviventi more uxorio con citta<strong>di</strong>ne francesi, l’espulsione è stata considerata legittima in considerazione della gravità<br />

dei reati e la convivenza non è stata considerata, poiché cominciata dopo l’inizio della procedura <strong>di</strong> espulsione:<br />

l’esclusione della rilevanza in concreto della convivenza ha però in<strong>di</strong>rettamente confermato la rilevanza in astratto <strong>di</strong><br />

tale legale familiare (Corte EDU, sentenza 21 ottobre 1997, Boujlifa c. France, par. n. 36 e sentenza 26 settembre 1997,<br />

El Boujai<strong>di</strong> c. France, par. n. 33). Analogie si riscontrano nel caso <strong>di</strong> specie anche con la giurisprudenza della Corte <strong>di</strong><br />

giustizia dell’Unione europea, la quale, nel caso Eyüp, ha ritenuto che dovesse essere inclusa nella nozione <strong>di</strong><br />

«familiare» anche la donna inizialmente coniugata con il lavoratore turco, che aveva poi <strong>di</strong>vorziato da quest’ultimo pur<br />

continuando a convivere con esso more uxorio e si era poi risposata con il medesimo in<strong>di</strong>viduo, poiché la ratio della<br />

norma in esame è quella <strong>di</strong> garantire <strong>di</strong>ritti autonomi al familiare lavoratore qualora vi fosse stata nel Paese <strong>di</strong><br />

accoglienza una stabile ed effettiva convivenza (Corte <strong>di</strong> giustizia, sentenza 22 giugno 2000, Safet Eyüp v<br />

Landesgeschäftsstelle des Arbeitsmarktservice Vorarlberg, in causa C-65/98, parr. nn. 28, 34-36, 48). Sul tema cfr.<br />

anche IZZO, Quando la prudenza è eccessiva, in in Dir. pubbl. comp. eur., 2000, p. 1595; PALLARO, Coppie <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e<br />

ricongiungimento familiare nell’or<strong>di</strong>namento comunitario: un nuovo in<strong>di</strong>rizzo della Corte <strong>di</strong> Giustizia?, in Dir. scambi<br />

int., 2001, p. 261).<br />

( 79 )<br />

Conv. europea <strong>di</strong>r. uomo Carta <strong>di</strong> Nizza<br />

21


In altre parole, l’avere in<strong>di</strong>viduato <strong>di</strong>sgiuntamente i due <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong>ritti – quello <strong>di</strong> sposarsi e<br />

quello <strong>di</strong> creare una famiglia – è stato interpretato nel senso <strong>di</strong> avere inteso assicurare una <strong>di</strong>sciplina<br />

alle <strong>famiglie</strong> non unite in matrimonio, riconoscendo loro una tutela giuri<strong>di</strong>ca ( 80 ). E proprio questo<br />

argomento si pone alla base <strong>di</strong> quel «<strong>di</strong>alogo tra carte», <strong>di</strong> cui si nutre l’attuale giurisprudenza <strong>di</strong><br />

Strasburgo in questo settore, sulla quale si avrà modo <strong>di</strong> riferire a tempo debito: l’ulteriore<br />

evoluzione <strong>di</strong> tale case law segna infatti la presenza <strong>di</strong> interventi sempre più marcati a tutela della<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> etero e omosessuale, come si avrà modo <strong>di</strong> vedere trattando <strong>di</strong> quest’ultimo<br />

specifico argomento ( 81<br />

).<br />

6. La regolamentazione legislativa della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia.<br />

Tornando alla <strong>di</strong>mensione nazionale del fenomeno, va detto che appare agevole rimarcare che<br />

la decisione <strong>di</strong> regolamentare, o meno, il fenomeno delle <strong>famiglie</strong> <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> è un problema, prima<br />

ancora che giuri<strong>di</strong>co, <strong>di</strong> politica del <strong>di</strong>ritto e <strong>di</strong> bilanciamento tra il rispetto della libera autonomia<br />

82<br />

dei privati e l’intervento delle pubbliche istituzioni ( ). Dinanzi al nostro Parlamento sono state<br />

presentate, nel corso degli ultimi decenni, svariate proposte volte a fornire una <strong>di</strong>sciplina organica al<br />

fenomeno in esame ( 83<br />

), tutte rimaste, ad oggi, senza esito. Occorre comunque prendere atto della<br />

circostanza che, malgrado tale singolare latitanza legislativa (che vede il nostro Paese relegato nel<br />

novero <strong>di</strong> quelli più arretrati, nel composito panorama del nostro Continente), non poche<br />

<strong>di</strong>sposizioni del vigente or<strong>di</strong>namento sono intervenute a <strong>di</strong>sciplinare, nel corso degli ultimi anni,<br />

svariati aspetti dei rapporti giuri<strong>di</strong>ci che possono venirsi ad intessere nell’ambito <strong>di</strong> un faux ménage.<br />

84<br />

Per citare solo taluni tra i più significativi e meno remoti esempi ( ), si potrà ricordare in<br />

primo luogo l’equiparazione del convivente al coniuge per effetto del <strong>di</strong>sposto degli artt. 330, 333,<br />

342-bis e 342-ter c.c., così come, rispettivamente, mo<strong>di</strong>ficati e introdotti dagli artt. 37, l. 28 marzo<br />

2001, n. 149 («Mo<strong>di</strong>fiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Disciplina dell’adozione e<br />

dell’affidamento dei minori”, nonché al titolo VIII del libro primo del co<strong>di</strong>ce civile») e 2, l. 5 aprile<br />

2001, n. 154 in materia <strong>di</strong> violenza nelle relazioni familiari ( 85<br />

).<br />

«Articolo 12<br />

Diritto al matrimonio<br />

A partire dall’età minima per<br />

contrarre matrimonio, l’uomo e la donna<br />

hanno il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi e <strong>di</strong> fondare<br />

una famiglia secondo le leggi nazionali<br />

che regolano l’esercizio <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>ritto».<br />

«Articolo 9<br />

Diritto <strong>di</strong> sposarsi e <strong>di</strong> costituire una<br />

famiglia<br />

Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi e il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

costituire una famiglia sono garantiti<br />

secondo le leggi nazionali che ne<br />

<strong>di</strong>sciplinano l’esercizio».<br />

( 80 ) LIPARI, Riflessioni su famiglia e sistema comunitario, in Familia, 2006, p. 7 ss.; FERRANDO, Le relazioni<br />

familiari nella Carta dei <strong>di</strong>ritti dell’Unione europea, cit., p. 353 ss.; MARELLA, L’armonizzazione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia<br />

in Europa. Metodo ed obiettivi, in AA. VV., I costituzionalisti e la tutela dei <strong>di</strong>ritti nelle Corti europee: il <strong>di</strong>battito nelle<br />

riunioni dell’osservatorio costituzionale presso la LUISS ‘Guido Carli’ dal 2003 al 200, a cura Panunzio, Napoli, 2005,<br />

p. 555 ss.<br />

( 81 ) V. infra, Cap. X, § 7.<br />

( 82 ) ROPPO, voce Famiglia. III) Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 2.<br />

( 83 ) Su alcuni dei progetti presentati nel corso della XIV legislatura cfr. per tutti OBERTO, I contratti <strong>di</strong> convivenza<br />

tra autonomia privata e modelli legislativi, in Contratto e impresa/Europa, 2004, p. 87 ss.; per una panoramica più<br />

ampia, sino alla XVI legislatura, con particolare riferimento alle questioni patrimoniali v. anche ID., La comunione<br />

legale tra coniugi, nel Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile e commerciale, già <strong>di</strong>retto da Cicu, Messineo e Mengoni, continuato da<br />

Schlesinger, I, Milano, 2010, p. 305 ss.; per ulteriori commenti <strong>di</strong> alcune iniziative legislative v. inoltre BENEDETTI, Le<br />

proposte <strong>di</strong> legge italiane in materia <strong>di</strong> convivenza, in Annali della Facoltà <strong>di</strong> Giurisprudenza. Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Genova, 2000, fasc. 1 (<strong>di</strong>cembre), p. 39 ss.; DOGLIOTTI e FIGONE, Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e DICO: un’analisi del progetto<br />

governativo, in Fam. <strong>di</strong>r., 2007, p. 416 ss.; GALUPPI, Brevi note sulla proposta <strong>di</strong> legge relativa ai <strong>di</strong>ritti e doveri delle<br />

persone stabilmente conviventi, in Dir. fam. pers., 2007, p.1931 ss.; LIPARI, Rapporti coniugali <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e rapporti <strong>di</strong><br />

convivenza (Note a margine <strong>di</strong> un iter legislativo), in Riv. trim. <strong>di</strong>r. proc. civ., 2007, p. 1025; ASPREA, La famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 398 ss.; CANATA, La legalizzazione della vita <strong>di</strong> coppia: panorama europeo e prospettive <strong>di</strong> riforma in<br />

Italia, cit., p. 198 ss.<br />

( 84 ) Per una panoramica al riguardo v. anche MONTEVERDE, op. cit., p. 938 ss.; ARCANI, op. cit., p. 885 ss.<br />

( 85 ) Su cui v. anche infra, § 8, in questo Capitolo.<br />

22


Un altro caso che si potrà ricordare attiene all’equiparazione al coniuge della «persona<br />

stabilmente convivente», operata dalla riforma in tema <strong>di</strong> amministrazione <strong>di</strong> sostegno (cfr. artt.<br />

408, 410, 411, 417 e 426 c.c., così come mo<strong>di</strong>ficati dalla l. 9 gennaio 2004, n. 6), per effetto della<br />

quale alla persona stabilmente convivente compete, ad esempio, la legittimazione attiva in or<strong>di</strong>ne<br />

alla proposizione della domanda <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>zione, inabilitazione o <strong>di</strong> nomina <strong>di</strong> amministratore <strong>di</strong><br />

sostegno, oltre che il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere preferita nella scelta dell’amministratore <strong>di</strong> sostegno (si noti<br />

poi che, ai sensi del novellato art. 407 c.c., il nominativo del convivente va comunque in<strong>di</strong>cato nel<br />

ricorso per la nomina dell’amministratore <strong>di</strong> sostegno).<br />

Anche la <strong>di</strong>sciplina in tema <strong>di</strong> procreazione me<strong>di</strong>calmente assistita (l. 19 febbraio 2004, n. 40)<br />

contiene una <strong>di</strong>sposizione (cfr. l’art. 5) secondo cui «Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4,<br />

primo comma, possono accedere alle tecniche <strong>di</strong> procreazione me<strong>di</strong>calmente assistita coppie <strong>di</strong><br />

maggiorenni <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi<br />

viventi». Al riguardo, quanto mai significativo appare il <strong>fatto</strong> che il legislatore si sia sentito in<br />

obbligo <strong>di</strong> specificare che le coppie conviventi che vengono qui in rilievo possono essere solo<br />

quelle <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso, temendo che, in caso <strong>di</strong> mancato inserimento <strong>di</strong> sif<strong>fatto</strong> inciso,<br />

l’interprete avrebbe potuto arrivare alla conclusione che le tecniche <strong>di</strong> procreazione me<strong>di</strong>calmente<br />

assistita avrebbero potuto ritenersi aperte anche alle coppie omosessuali.<br />

Andranno poi citate le <strong>di</strong>sposizioni introdotte dalla l. 8 febbraio 2006, n. 54 («Disposizioni in<br />

materia <strong>di</strong> separazione dei genitori e affidamento con<strong>di</strong>viso dei figli»), che, pur senza mai<br />

espressamente citare la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, dettano principi in tema <strong>di</strong> affidamento con<strong>di</strong>viso e, più in<br />

generale, per la gestione del rapporto rispetto alla prole dei coniugi in crisi sicuramente estensibili<br />

( 86<br />

) alle coppie (già) conviventi more uxorio.<br />

Potrà ancora ricordarsi che l’art. 4, primo comma, d.p.r. 30 maggio 1989, n. 223 definisce la<br />

famiglia ai fini anagrafici come «un insieme <strong>di</strong> persone legate da vincoli <strong>di</strong> matrimonio, parentela,<br />

affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi <strong>di</strong>mora abituale nello stesso<br />

87<br />

comune» ( ), mentre l’art. 6, quarto comma, 1. 4 maggio 1983, n. 184, così come sostituito dall’art.<br />

6, l. 28 marzo 2001, n. 149, consente l’adozione «anche quando i coniugi abbiano convissuto in<br />

modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo <strong>di</strong> tre anni, nel caso in cui il<br />

tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte<br />

le circostanze del caso concreto» ( 88 ). Potrà poi farsi menzione dell’art. 129, secondo comma, d.lgs.<br />

7 settembre 2005, n. 209, ai sensi del quale non è considerato terzo e non ha <strong>di</strong>ritto ai benefici<br />

derivanti dai contratti <strong>di</strong> assicurazione obbligatoria, limitatamente ai danni alle cose, il convivente<br />

more uxorio. Merita anche ricordare la <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> cui all’art. 317-bis cpv. c.c. ( 89 ), ove, con<br />

riguardo al figlio naturale riconosciuto sia dal padre che dalla madre, si stabilisce che, se costoro<br />

convivono, la potestà spetta congiuntamente ad entrambi ( 90<br />

).<br />

Collocandosi su <strong>di</strong> un altro piano potrà infine aggiungersi che, in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> una normativa<br />

organica <strong>di</strong> carattere generale, svariati comuni italiani hanno provveduto alla creazione <strong>di</strong> appositi<br />

91<br />

registri delle unioni civili riguardanti le coppie <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, sia etero- che omosessuali ( ). La funzione<br />

( 86 ) Cfr. art. 4, l. cit., secondo cui «Le <strong>di</strong>sposizioni della presente legge si applicano anche in caso <strong>di</strong> scioglimento, <strong>di</strong><br />

cessazione degli effetti civili o <strong>di</strong> nullità del matrimonio, nonché ai proce<strong>di</strong>menti relativi ai figli <strong>di</strong> genitori non<br />

coniugati».<br />

( 87 ) Per l’applicazione <strong>di</strong> questa norma anche alle convivenze omosessuali cfr. D’ANGELI, Il fenomeno delle<br />

convivenze omosessuali: quale tutela giuri<strong>di</strong>ca?, in I quaderni della Riv. <strong>di</strong>r. civ., Padova, 2003, p. 25.<br />

( 88 ) Prima che intervenisse la citata mo<strong>di</strong>fica legislativa, la Corte costituzionale aveva <strong>di</strong>chiarato infondata la<br />

questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 6, primo comma, l. 4 maggio 1983, n. 184, vecchia formulazione: cfr.<br />

Corte cost., 6 luglio 1994, n. 281, in Fam. <strong>di</strong>r., 1994, p. 485; la decisione è stata definita un’«occasione mancata» da<br />

ASTONE, Ancora sulla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: evoluzione e prospettive, in Dir. fam. pers., 1999, p. 1466.<br />

( 89 ) Su cui v. per tutti OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 52; V. inoltre M. SGROI, op. cit.,<br />

p. 1044 ss.<br />

( 90 ) Per l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> ulteriori riferimenti normativi alla situazione dei conviventi more uxorio, si rinvia a<br />

SPADAFORA, Rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio e autonomia privata, Milano, 2001, p. 8 ss.; ANNUNZIATA e<br />

IANNONE, Verso la tutela giuri<strong>di</strong>ca delle <strong>famiglie</strong> omosessuali?, Nota a Trib. Ferrara, 16 <strong>di</strong>cembre 2009, in Fam. pers.<br />

succ., 2010, p. 131 ss.; M. SGROI, op. cit., p. 1046 ss.<br />

( 91 ) Tra questi potranno ricordarsi i comuni <strong>di</strong> Arezzo, Bologna, Campi Bisenzio (Fi), Desio (Mi), Empoli, Fano<br />

(Ps), Ferrara, Fiorenzuola, Firenze, Gallarate, Gubbio (Pg), Ivrea (To), Montebruno, Perugia, Pisa, Roma, Rosignano<br />

(Li), San Giovanni Valdarno (Ar), San Sepolcro (Ar), Scan<strong>di</strong>cci (Fi), Sesto San Giovanni (Mi), Tarcento, Terni,<br />

23


<strong>di</strong> questi registri è quella <strong>di</strong> certificare pubblicamente una con<strong>di</strong>zione soggettiva, giuri<strong>di</strong>camente<br />

rilevante, ma che non determina la creazione <strong>di</strong> un nuovo stato giuri<strong>di</strong>co. Gli stessi svolgono<br />

essenzialmente due funzioni: quella probatoria della relazione personale <strong>di</strong> convivenza e quella<br />

della estensione alle convivenze <strong>di</strong> tutti i proce<strong>di</strong>menti, benefici ed opportunità <strong>di</strong> varia natura<br />

riconosciuti alle coppie sposate e assimilate, nei limiti delle competenze comunali ( 92<br />

).<br />

7. Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e filiazione naturale.<br />

Il tema della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> si intreccia, in taluni suoi aspetti, con la <strong>di</strong>sciplina della<br />

filiazione naturale. Pur trattandosi <strong>di</strong> due situazioni assolutamente <strong>di</strong>stinte, la cui coesistenza è solo<br />

93<br />

eventuale e non necessaria ( ), è qui opportuno svolgere alcune considerazioni in or<strong>di</strong>ne al ruolo<br />

che le norme introdotte a tutela dei figli naturali rivestono nel quadro dell’evoluzione della<br />

convivenza more uxorio.<br />

Come si è già accennato in precedenza, tra gli interventi normativi che hanno contribuito al<br />

graduale riconoscimento della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> assume particolare importanza la novella del 1975,<br />

che ha essenzialmente <strong>di</strong>ssolto le <strong>di</strong>scriminazioni tra figli naturali e figli legittimi. In tal modo si è<br />

in buona parte reciso quel collegamento che faceva <strong>di</strong>pendere i <strong>di</strong>ritti del figlio dal tipo <strong>di</strong> relazione,<br />

matrimoniale o extramatrimoniale, dei genitori da cui veniva concepito: a seguito delle mo<strong>di</strong>fiche<br />

apportate dalla Riforma del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, la prova della paternità naturale può essere data ora<br />

con ogni mezzo ed il figlio naturale gode <strong>di</strong> uno status sostanzialmente equiparato a quello del<br />

figlio legittimo per quanto riguarda sia le pretese che può fare valere nei confronti del genitore che<br />

la sua posizione successoria. E, sebbene il co<strong>di</strong>ce civile novellato nel 1975 limiti la parificazione tra<br />

figli legittimi e figli naturali esclusivamente ai rapporti tra genitore e figlio (artt. 258, comma primo,<br />

277, comma primo, c.c.) o comunque in senso verticale (artt. 148, comma primo, 433, nn. 2 e 3,<br />

94<br />

467, c.c.), in attesa <strong>di</strong> una riforma totalmente equiparatrice, che appare ormai inelu<strong>di</strong>bile ( ), la<br />

dottrina ( 95 ) ha perspicacemente rilevato che l’interpretazione giurisprudenziale ha consentito<br />

un’espansione anche in senso collaterale, quando ha statuito che «la posizione del figlio naturale va<br />

assimilata a quella del <strong>di</strong>scendente legittimo, giustificandosi così la successione tra fratelli (o<br />

sorelle) naturali, purché la filiazione sia stata riconosciuta o <strong>di</strong>chiarata» ( 96<br />

).<br />

La giurisprudenza, anche sulla base del rinvio posto dall’art. 261 c.c., ha ritenuto applicabile<br />

97<br />

l’art. 148 c.c. anche alla famiglia naturale. In particolare, una decisione <strong>di</strong> legittimità del 1995 ( )<br />

ha ritenuto che «lo speciale provve<strong>di</strong>mento per decreto <strong>di</strong>sciplinato dal 2 o co. dell’art. 148 c.c. è<br />

utilizzabile al fine <strong>di</strong> ottenere la condanna degli ascendenti dei genitori, privi <strong>di</strong> mezzi economici, a<br />

fornire a questi ultimi i mezzi necessari ad adempiere i loro doveri nei confronti dei figli, sia<br />

legittimi che naturali». Analogamente, la giurisprudenza <strong>di</strong> merito ha statuito che «il proce<strong>di</strong>mento<br />

<strong>di</strong> cui all’art. 148, 3 o , 4 o e 5 o co., c.c. è da ritenersi pertinente ed applicabile anche qualora il<br />

contributo richiesto e non versato per il mantenimento, l’educazione e la istruzione della prole sia<br />

Voghera, San Canzian (Go), Montebruno (Ge), Trezzo sull’Adda, Cento (Fe), Bagheria (Pa), Rivoli (To), Bolzano,<br />

Rovereto, Casalgrande, Pizzo Calabro, Piombino, Savona, Torino.<br />

( 92 ) Cfr. R. DI MAIO, I registri delle unioni civili, in Fam. pers. e succ., 2007, p. 59 ss.<br />

( 93 ) Come precisa PALADINI, La filiazione nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Familia, 2002, 609. Sul tema v. anche<br />

FALLETTI, La fine della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: gli aspetti patrimoniali, cit., p. 850 ss.; M. SGROI, op. cit., p. 1066 ss.<br />

( 94 ) Sulla proposta <strong>di</strong> legge tendente ad eliminare ogni <strong>di</strong>stinzione, anche sul piano lessicale, tra filiazione legittima e<br />

filiazione naturale, v. per tutti FALLETTI, La lunga strada dell’equiparazione tra filiazione legittima e naturale, in Vita<br />

notar., 2007, II, p. 364 ss.; V. CARBONE, Le nuove proposte su filiazione e rapporti <strong>di</strong> parentela, in Corr. giur., 2011, p.<br />

1314 ss.<br />

( 95 ) ROPPO, voce Famiglia. III) Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 2 s.<br />

( 96 ) Corte cost., 4 luglio 1979, n. 55, in Foro it., 1979, I, c. 1941; contra, solo due anni prima, Corte cost., 12 maggio<br />

1977, n. 76, ivi, 1977, I, c. 1346; cfr. poi Corte cost., 23 novembre 2000, n. 532, che ha <strong>di</strong>chiarato non fondata la<br />

questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 565 c.c., «nella parte in cui, in mancanza <strong>di</strong> altri chiamati all’ere<strong>di</strong>tà<br />

all’infuori dello Stato, non prevede la successione legittima dei c.d. parenti naturali <strong>di</strong> grado corrispondente al quarto e<br />

fino al sesto».<br />

( 97 ) Cass., 23 marzo 1995, n. 3402, in Dir. fam. pers., 1995, p. 1409.<br />

24


destinato, non sussistendo tra i genitori vincolo matrimoniale, a figli naturali» ( 98<br />

).<br />

È poi opportuno sottolineare che, come già posto in luce, l’art. 317-bis cpv. c.c., in tema <strong>di</strong><br />

potestà genitoriale, attribuisce la potestà sul figlio ad entrambi i genitori, qualora esso sia stato<br />

riconosciuto da costoro ed a con<strong>di</strong>zione che essi siano conviventi. In tal modo l’or<strong>di</strong>namento<br />

riconosce implicitamente rilevanza alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> non soltanto in relazione alla con<strong>di</strong>zione<br />

del figlio naturale – rispetto a cui, nell’ipotesi in cui i genitori convivano, la soggezione alla potestà<br />

parentale è identica a quella che si configura nel caso <strong>di</strong> famiglia legittima – ma anche nei rapporti<br />

tra i genitori conviventi: ad essi si applicano infatti la <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> cui all’art. 316 c.c. per la<br />

risoluzione dei conflitti circa l’esercizio delle potestà, ma anche le norme in tema <strong>di</strong> doveri verso i<br />

figli (art. 147 c.c.) e <strong>di</strong> concorso negli oneri (art. 148 c.c.) previste nel Titolo VI del Libro I del<br />

99<br />

co<strong>di</strong>ce civile, de<strong>di</strong>cato al matrimonio ( ).<br />

Per ciò che attiene ai rapporti con la prole a seguito <strong>di</strong> cessazione della convivenza si fa rinvio<br />

100<br />

a quanto verrà illustrato infra ( ).<br />

8. I rapporti personali tra i conviventi: ovvero, dell’impossibile analogia.<br />

Venendo ora a trattare dei rapporti tra conviventi, vi è da chiedersi se i <strong>di</strong>ritti ed i doveri<br />

nascenti con la celebrazione delle nozze possano essere ritenuti applicabili anche alle convivenze<br />

more uxorio. Per ciò che attiene ai rapporti personali, si osserva in dottrina che gli obblighi legali<br />

che il co<strong>di</strong>ce civile impone ai coniugi <strong>di</strong>vengono, all’opposto, degli in<strong>di</strong>ci in base a cui valutare<br />

101<br />

l’esistenza, o meno, <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ( ): dal che, naturalmente non sembra certo possibile<br />

dedurre meccanicamente la necessità <strong>di</strong> un’estensione analogica della <strong>di</strong>sciplina dei rapporti<br />

personali tra i coniugi ( 102<br />

).<br />

Si noti che, ad es., l’art. 1 del <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge governativo, approvato nella seduta del<br />

Consiglio dei Ministri dell’8 febbraio 2007, dal titolo «Diritti e doveri delle persone stabilmente<br />

conviventi», successivamente accantonato, prevedeva, quale presupposto per l’operatività delle<br />

<strong>di</strong>sposizioni relative, che le due «persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso» che<br />

intendessero dare vita ai rapporti giuri<strong>di</strong>ci in questione, dovessero essere «unite da reciproci vincoli<br />

affettivi» e che le stesse, oltre a convivere stabilmente, si prestassero «assistenza e solidarietà<br />

materiale e morale».<br />

Ciò non significa tuttavia che i citati rapporti sociali siano vincolanti, come invece lo sono per<br />

i coniugi, considerato che la mancata osservanza <strong>di</strong> tali precetti non determina il sorgere <strong>di</strong> alcuna<br />

103<br />

sanzione ( ), sebbene tutte le prestazioni rientranti nell’assistenza materiale e nel sod<strong>di</strong>sfacimento<br />

delle comuni esigenze <strong>di</strong> vita nell’ambito della convivenza more uxorio <strong>di</strong> certo non costituiscano<br />

dazioni indebite, come si rileverà a tempo debito. È da evidenziare, inoltre, che, come si è già avuto<br />

modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re ( 104<br />

), in tema <strong>di</strong> misure contro la violenza nelle relazioni familiari, nella l. 5 aprile<br />

2001, n. 154, il legislatore ha sostanzialmente parificato la con<strong>di</strong>zione del coniuge sposato a quella<br />

del partner extramatrimoniale. In particolare l’art. 342-bis c.c., introdotto da quella novella, <strong>di</strong>spone<br />

che «quando la condotta del coniuge o <strong>di</strong> altro convivente è causa <strong>di</strong> grave pregiu<strong>di</strong>zio all’integrità<br />

fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giu<strong>di</strong>ce, qualora il <strong>fatto</strong> non<br />

( 98 ) Trib. Roma, 13 <strong>di</strong>cembre 1993, in Dir. fam. pers., 1994, p. 1059; nello stesso senso anche Trib. Messina, 10<br />

maggio 1991, in Giust. civ., 1992, I, p. 2899; in dottrina v., ex multis, ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa,<br />

cit., p. 121 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 143 ss.<br />

( 99 ) Sull’argomento ROPPO, voce Famiglia. III) Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 3; sulla vexata quaestio circa il <strong>fatto</strong> che<br />

l’art. 317-bis c.c. riconosca o meno la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cfr. per tutti OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 52 s.<br />

( 100 ) V. infra, Cap. VIII, §§ 5 s.<br />

( 101 ) DOGLIOTTI, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 195; BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 57, che ravvisa in<br />

tali comportamenti una doverosità sociale; sul <strong>di</strong>battito circa l’applicabilità degli artt. 143 ss. c.c. cfr. ASPREA, La<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 93 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 133 ss.<br />

( 102 ) Per approfon<strong>di</strong>menti sul punto cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 47 ss.; v.<br />

inoltre M. SGROI, op. cit., p. 1042 ss.<br />

( 103 ) SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 403.<br />

( 104 ) Cfr. supra, § 6, in questo Capitolo.<br />

25


costituisca reato perseguibile d’ufficio, su istanza <strong>di</strong> parte, può adottare con decreto uno o più dei<br />

provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> cui all’articolo 342-ter c.c.». Significativo, dunque, appare che l’unica norma la<br />

quale prevede l’erogazione <strong>di</strong> un assegno, sostanzialmente, <strong>di</strong> mantenimento a carico dell’ex<br />

convivente, sia stata inserita, ad<strong>di</strong>rittura (e, a quanto pare, senza lo strepito che normalmente<br />

accompagna sif<strong>fatto</strong> genere <strong>di</strong> proposte) nel co<strong>di</strong>ce civile.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista più generale, si è da qualche parte sostenuta, in modo più o meno ampio,<br />

la possibilità <strong>di</strong> procedere all’applicazione analogica delle <strong>di</strong>sposizioni che governano i rapporti<br />

personali tra i coniugi ( 105 ), anche se l’opinione prevalente appare schierata in senso opposto ( 106 ).<br />

Si esclude, in particolare, tanto in dottrina che in giurisprudenza, che possano concepirsi<br />

controversie concernenti i rapporti personali, rilevandosi come ogni questione ad essi attinente, se<br />

non risolta spontaneamente, determini «una pura e semplice cessazione della convivenza» e<br />

l’insorgenza eventuale <strong>di</strong> questioni patrimoniali, pur restando chiaro che tra conviventi non sorgono<br />

ex lege doveri <strong>di</strong> contribuzione o mantenimento analoghi a quelli esistenti tra i coniugi ( 107<br />

).<br />

Occorre dunque concludere sul punto nel senso che i comportamenti da cui si inferisce<br />

l’esistenza <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> sono caratterizzati dall’assenza del crisma della giuri<strong>di</strong>cità e, per<br />

conseguenza, dalla mancanza <strong>di</strong> coercibilità (elemento, quest’ultimo, peraltro già <strong>di</strong>fficile da<br />

108<br />

ipotizzare in seno ai rapporti scaturenti nell’ambito della famiglia legittima) ( ). La doverosità<br />

morale che connota detti comportamenti può però costituire il substrato della fattispecie<br />

dell’obbligazione naturale ogni qualvolta il dovere morale scaturente dalla convivenza sia<br />

suscettibile <strong>di</strong> essere adempiuto me<strong>di</strong>ante una prestazione <strong>di</strong> carattere patrimoniale (ad es. dovere <strong>di</strong><br />

contribuzione, <strong>di</strong> assistenza materiale) ( 109 ). In questi termini, e solo in questi termini, appare<br />

dunque accettabile la conclusione per cui tra conviventi sussisterebbe, se non un dovere <strong>di</strong> fedeltà,<br />

quanto meno un dovere <strong>di</strong> lealtà ( 110<br />

): dovere che può, alla luce della situazione normativa attuale,<br />

rilevare solo sul piano morale (e su quello giuri<strong>di</strong>co, al massimo, nel contesto <strong>di</strong> quanto stabilito<br />

dall’art. 2034 c.c.).<br />

Sempre in tema <strong>di</strong> inestensibilità in via analogica (o per mezzo <strong>di</strong> altri proce<strong>di</strong>menti<br />

ermeneutici) alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> <strong>di</strong> istituti <strong>di</strong> carattere generale dettati per il matrimonio, potrà<br />

sottolinearsi già da subito (anche se l’argomento attiene al tema dei rapporti patrimoniali) che tra<br />

conviventi more uxorio, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quel che accade tra i coniugi, non si fa luogo alla<br />

111<br />

sospensione della prescrizione. Al riguardo la Consulta ( ) ha infatti <strong>di</strong>chiarato infondata la<br />

( 105 ) V. ad es. FURGIUELE, Libertà e famiglia, cit., p. 288, che esclude l’applicabilità soltanto dell’art. 143-bis, 143<br />

ter (articolo, quest’ultimo, peraltro abrogato dall’art. 26, 1. 5 febbraio 1992, n. 91) e 145 c.c.; v. anche ALAGNA,<br />

Famiglia e rapporti tra coniugi nel nuovo <strong>di</strong>ritto, Milano, 1979, p. 414 ss.; PROSPERI, La famiglia non fondata sul<br />

matrimonio, cit., p. 256 ss., pur ammettendo il ricorso all’analogia, esclude l’applicabilità degli artt. 143, 143-bis, 145,<br />

146 ultimo cpv., 156 c.c.; in giurisprudenza v. Trib. Savona, 29 giugno 2002 (su cui v. infra, Cap. IV, § 2), a proposito<br />

dell’applicazione analogica dell’art. 143, terzo comma, c.c.; cfr. inoltre Pret. Genova, 21 maggio1981, in Foro it., 1982,<br />

I, c. 1459, che ha esteso alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> la norma <strong>di</strong> cui all’art. 145 c.c., in considerazione dei fini che<br />

caratterizzano la relativa procedura.<br />

( 106 ) Per una critica al ricorso al proce<strong>di</strong>mento analogico in subiecta materia e per ulteriori approfon<strong>di</strong>menti si fa<br />

rinvio a OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 43 ss.; per analoghe conclusioni cfr. anche<br />

MONTEVERDE, op. cit., p. 942 ss., 944; per la doverosità morale e sociale, e non giuri<strong>di</strong>ca, <strong>di</strong> comportamenti tra<br />

conviventi analoghi a quelli previsti dall’art. 143 c.c. si esprimono anche PARADISO, La comunità familiare, Milano,<br />

1984, p. 106; SANTILLI, Note critiche in tema <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Riv. trim. <strong>di</strong>r. proc. civ., 1980, p. 842; BERNARDINI,<br />

La convivenza fuori del matrimonio tra contratto e relazione sentimentale, cit., p. 113; D’ANGELI, La tutela delle<br />

convivenze senza matrimonio, Torino, 1995, p. 68 ss.; FERRANDO, Convivere senza matrimonio: rapporti personali e<br />

patrimoniali nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 192; TOMMASINI, op. cit., p. 508; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 403 ss.;<br />

POLIDORI, I rapporti personali. Impossibilità <strong>di</strong> imporre ai conviventi i doveri personali previsti per i coniugi, in AA.<br />

VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, I, Famiglia e matrimonio, 1, seconda e<strong>di</strong>zione, cit., p. 1109 ss.<br />

( 107 ) GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 116 s.; Pret. Milano, 8 febbraio 1990, in Foro it., 1991,<br />

I, c. 329, ove si afferma che la situazione <strong>di</strong> convivenza more uxorio non implica alcun <strong>di</strong>ritto al mantenimento <strong>di</strong><br />

ciascuno dei conviventi nei confronti dell’altro; ugualmente Trib. Napoli, 8 luglio 1999, in Fam. <strong>di</strong>r., 1999, p. 501;<br />

App. Firenze, 4 novembre 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito.<br />

( 108 ) BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3772.<br />

( 109 ) Sulla tematica si rinvia a OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 83 ss.; BALESTRA, Le<br />

obbligazioni naturali, in Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile, già <strong>di</strong>retto da Cicu-Messineo-Mengoni, continuato da Schlesinger,<br />

Milano, 2004, p. 59 ss., 233 ss.<br />

( 110 ) Così MONTEVERDE, op. cit., p. 940 s.<br />

( 111 ) Cfr. Corte cost., 29 gennaio 1998, n. 2, in Fam. <strong>di</strong>r., 1998, p. 214.<br />

26


questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 2941, n. 1, c.c., in relazione agli artt. 2 e 3 Cost.,<br />

nella parte in cui non prevede che il termine <strong>di</strong> prescrizione resti sospeso anche con riguardo, per<br />

l’appunto, al convivente more uxorio. Ciò significa che, in assenza <strong>di</strong> idonei atti interruttivi, i <strong>di</strong>ritti<br />

competenti in base ai rapporti che verranno illustrati nell’ulteriore svolgimento <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o<br />

andranno necessariamente esercitati nell’ambito temporale dei rispettivi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> prescrizione<br />

( 112<br />

).<br />

( 112 ) Per osservazioni critiche al riguardo cfr. ad es. ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 340 s.<br />

e FALLETTI, La fine della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: gli aspetti patrimoniali, cit., p. 870 s., secondo cui su questo punto risiede<br />

una <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> trattamento che la Consulta rifiuta <strong>di</strong> rilevare, poiché i conviventi more uxorio vedono i loro <strong>di</strong>ritti<br />

tutelati dal decorso della prescrizione, mentre ciò non accade per i coniugi separati, proprio quando la sopravvenuta<br />

mancanza <strong>di</strong> coabitazione ed affectio esclude quella situazione <strong>di</strong> metus o <strong>di</strong> naturale soggezione che <strong>di</strong>stoglie i coniugi<br />

dall’esercitare <strong>di</strong>ritti l’uno contro l’altro.<br />

Potrà ulteriormente precisarsi che, in materia <strong>di</strong> arricchimento senza causa, la giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità ha<br />

affermato che «Il <strong>di</strong>ritto a richiedere l’indennizzo per ingiustificato arricchimento si prescrive in <strong>di</strong>eci anni dal momento<br />

in cui l’arricchimento si è verificato. Qualora – peraltro – vi siano stati, nel tempo, rilevanti contributi economicopatrimoniali<br />

da un convivente more uxorio in favore <strong>di</strong> altro durante tutto il corso della convivenza, correttamente il<br />

giu<strong>di</strong>ce del merito fa decorrere il termine per la prescrizione dalla cessazione del rapporto». Sul punto dovrà<br />

aggiungersi che la Cassazione non sembra aver inteso affermare per l’azione <strong>di</strong> arricchimento una regola <strong>di</strong>fforme da<br />

quella generale, limitandosi a porre in luce che, nella specie, la «continuità dei rilevanti contributi economicopatrimoniali<br />

resi dalla [ex convivente] in tutto il corso del rapporto <strong>di</strong> convivenza» aveva determinato la «definitività<br />

del corrispondente arricchimento dell’[uomo, ex convivente defunto] solo alla cessazione <strong>di</strong> sif<strong>fatto</strong> rapporto» (cfr.<br />

Cass., 15 maggio 2009, n. 11330, su cui v. infra, Cap. II, § 5).<br />

27


CAPITOLO II<br />

OBBLIGAZIONI NATURALI E<br />

ARRICCHIMENTO INGIUSTIFICATO<br />

SOMMARIO: 1. Le obbligazioni naturali tra conviventi: ovvero della riscoperta <strong>di</strong> un principio<br />

vecchio <strong>di</strong> secoli. – 2. Segue. La giurisprudenza più recente e il criterio <strong>di</strong> proporzionalità. Il<br />

<strong>di</strong>scrimen rispetto alle donazioni. – 3. La remunerazione delle prestazioni <strong>di</strong> facere rese<br />

dal(la) convivente debole. Impostazione del problema, anche con riguardo al lavoro<br />

subor<strong>di</strong>nato e all’impresa familiare. – 4. Il problema dell’arricchimento conseguente ad una<br />

prestazione volontariamente effettuata dall’impoverito. – 5. Segue. La giurisprudenza <strong>di</strong><br />

legittimità favorevole all’azione <strong>di</strong> arricchimento tra conviventi. – 6. Segue. Le persistenti<br />

incertezze della giurisprudenza <strong>di</strong> merito. Conclusioni sul tema, relativamente alle<br />

prestazioni <strong>di</strong> facere.<br />

1. Le obbligazioni naturali tra conviventi: ovvero della riscoperta <strong>di</strong> un principio vecchio <strong>di</strong><br />

secoli.<br />

La comunione <strong>di</strong> vita che contrad<strong>di</strong>stingue la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> determina inevitabilmente dei<br />

riflessi sul piano dei rapporti patrimoniali tra i conviventi more uxorio, che vengono in rilievo in<br />

particolar modo nel momento della cessazione del ménage, palesando le esigenze <strong>di</strong> tutela della<br />

parte debole della coppia, che si ritrova spesso in una posizione sfavorevole a seguito<br />

dell’interruzione del rapporto ( 1 ). È in tale fase terminale della convivenza, infatti, che sorgono i<br />

problemi in or<strong>di</strong>ne alla ripetibilità <strong>di</strong> quelle dazioni precedentemente intercorse tra i membri della<br />

coppia, volte al sod<strong>di</strong>sfacimento delle necessità materiali della vita comune. Siffatte prestazioni<br />

vengono da tempo ricondotte all’adempimento <strong>di</strong> obbligazioni naturali ex art. 2034 c.c., sia dalla<br />

dottrina ( 2<br />

) che dalla giurisprudenza.<br />

Con particolare riferimento a quest’ultima va posto in luce quel processo evolutivo che, tra gli<br />

anni quaranta e cinquanta dello scorso secolo, portò la giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità a validare le<br />

attribuzioni effettuate a titolo gratuito tra conviventi, anche nel caso <strong>di</strong> mancato rispetto dei requisiti<br />

formali previsti per la donazione dagli artt. 782 c.c. e 48 l.notar., tramite il ricorso alla figura<br />

3<br />

dell’obbligazione naturale. Invero, come messo in evidenza in altra sede ( ), fu proprio da una<br />

concezione «indennitaria» e «retributiva» che i Supremi Giu<strong>di</strong>ci fecero derivare l’esigenza <strong>di</strong><br />

affermare il <strong>di</strong>ritto alla soluti retentio in relazione a quegli spostamenti patrimoniali attuati in favore<br />

del convivente «debole», vuoi <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> (si pensi alla tra<strong>di</strong>tio brevi manu <strong>di</strong> mobili), vuoi tramite<br />

negozi comunque nulli per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> forma (per lo più si trattava <strong>di</strong> donazioni <strong>di</strong>rette, sovente<br />

<strong>di</strong>ssimulate da compraven<strong>di</strong>te, non rispettose della forma solenne) ( 4<br />

).<br />

( 1 ) BALESTRA, Le obbligazioni naturali, cit., p. 63.<br />

( 2 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 83 ss.; ID., Le prestazioni lavorative del convivente<br />

more uxorio, Padova, 2003, p. 1 ss.; BALESTRA, Le obbligazioni naturali, cit., p. 233; SPADAFORA, L’obbligazione<br />

naturale tra conviventi ed il problema della sua trasformazione in obbligazione civile attraverso lo strumento<br />

negoziale, in AA. VV., I contratti <strong>di</strong> convivenza, a cura <strong>di</strong> Moscati e Zoppini, cit., p. 157 ss.; MONTEVERDE, op. cit., p.<br />

945 ss.<br />

( 3 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 86 ss.<br />

( 4 ) Nelle prime pronunce che fecero seguito al revirement l’obbligazione naturale fu in<strong>di</strong>viduata nell’obbligo, <strong>di</strong><br />

carattere indennitario, gravante sull’uomo <strong>di</strong> riparare al pregiu<strong>di</strong>zio morale, al <strong>di</strong>scre<strong>di</strong>to, derivante alla donna dalla<br />

sussistenza <strong>di</strong> una relazione definita ancora come <strong>di</strong> concubinato: v. Cass., 17 gennaio 1958, n. 84, in Foro it., 1959, I,<br />

c. 470; Cass., 25 gennaio 1960, n. 68, ivi, 1961, I, c. 2017 (quest’ultima decisione, pur se fondata sull’idea del<br />

«pregiu<strong>di</strong>zio morale» menziona anche l’eventualità che ad esso si affianchi un pregiu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> carattere economico, sul<br />

quale esclusivamente si basano le sentenze successive). Per la giurisprudenza <strong>di</strong> merito cfr. App. Genova, 7 marzo<br />

1952, in Rep. Foro it., 1952, voce Obbligazioni e contratti, n. 186, 187. Pochi anni dopo i giu<strong>di</strong>ci spostarono l’accento<br />

sul pregiu<strong>di</strong>zio d’or<strong>di</strong>ne (non più morale, bensì) economico subito dalla convivente qualora questa, nel contrarre la<br />

relazione extraconiugale o nel persistere in essa, avesse «rinunciato ad altre prospettive» o si fosse «preclusa una<br />

<strong>di</strong>versa sistemazione, indotta a ciò da un atteggiamento dell’uomo tale da suscitare in lei il ragionevole affidamento che<br />

28


È pure interessante al riguardo il parallelo con la situazione francese, in cui il richiamo<br />

all’obligation naturelle viene ugualmente effettuato per scopi <strong>di</strong> «salvataggio» della vali<strong>di</strong>tà delle<br />

donazioni tra conviventi, peraltro non sotto il profilo formale, bensì sotto quello dei rapporti con il<br />

buon costume, ammettendosi pacificamente in quel sistema (che non conosce la figura della<br />

donazione rimuneratoria) la possibilità <strong>di</strong> un «concorso», in relazione a un medesimo atto, tra<br />

obbligazione naturale e donazione ( 5 ). In questo modo si giunge a negare l’immoralità della<br />

liberalità tra conviventi nel caso in cui essa appaia compiuta in esecuzione <strong>di</strong> un dovere <strong>di</strong><br />

riconoscenza per il lavoro e i servizi svolti dal partner, così escludendosi che la donazione sia stata<br />

effettuata al solo (o al preminente) fine <strong>di</strong> compensare favori sessuali ( 6<br />

).<br />

Ma, con l’avvento dei «tempi nuovi», marcati dall’introduzione in Italia della Riforma che,<br />

nel 1975, venne finalmente a dare piena attuazione al precetto scolpito nell’art. 29 Cost., la citata<br />

concezione «indennitaria» e «retributiva» dell’obbligazione naturale tra conviventi dovette cedere il<br />

7<br />

passo a quella concezione «contributiva» ( ) che impose all’interprete, da quel momento in poi, un<br />

ra<strong>di</strong>cale mutamento <strong>di</strong> prospettiva.<br />

Infatti, in forza <strong>di</strong> questo nuovo modo <strong>di</strong> configurare l’obbligazione naturale tra conviventi,<br />

l’obbligo morale e sociale rilevante ex art. 2034 c.c. nell’ambito della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> è (non più<br />

quello <strong>di</strong> ricompensare la compagna per i servizi ricevuti o <strong>di</strong> corrispondere l’indennizzo per un<br />

supposto pregiu<strong>di</strong>zio riconnesso al rapporto more uxorio, ma) un dovere <strong>di</strong> solidarietà che impegna<br />

entrambi i partners ad una reciproca assistenza morale e materiale, nonché alla effettuazione <strong>di</strong><br />

contribuzioni, ora in denaro, ora in natura, proporzionate alle proprie capacità <strong>di</strong> lavoro, sia<br />

8<br />

professionale che casalingo ( ).<br />

La riconduzione delle attribuzioni patrimoniali effettuate tra conviventi alla categoria degli<br />

atti <strong>di</strong> adempimento <strong>di</strong> obbligazioni naturali ha dunque portato i giu<strong>di</strong>ci ad escludere la ripetizione<br />

<strong>di</strong> quegli spostamenti patrimoniali attuati in favore del convivente «debole», vuoi <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> (si pensi<br />

alla tra<strong>di</strong>tio brevi manu <strong>di</strong> mobili), vuoi tramite negozi comunque nulli per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> forma (per lo<br />

più si trattava <strong>di</strong> donazioni <strong>di</strong>rette, sovente <strong>di</strong>ssimulate da compraven<strong>di</strong>te, non rispettose della forma<br />

solenne).<br />

la relazione stessa avrebbe avuto carattere serio e duraturo e le avrebbe garantito anche una costante tranquillità<br />

economica»: v. Cass., 15 gennaio 1969, n. 60, in Foro it., 1969, I, c. 1512; nello stesso senso v. Cass., 14 aprile 1966, n.<br />

945, in Rep. Foro it., 1966, voce Appello civile, n. 100; Cass., 15 gennaio 1969, n. 60, in Giust. civ., 1969, I, p. 605.<br />

( 5 ) Sui rapporti tra i concetti <strong>di</strong> obbligazione naturale, donazione e donazione remuneratoria, cfr. BALESTRA,<br />

Obbligazioni naturali e donazione, in Familia, 2002, p. 591 ss.; sulle relazioni tra gli istituti in esame nella particolare<br />

ipotesi delle prestazioni tra conviventi more uxorio si fa rinvio a OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>,<br />

cit., p. 90 ss., anche per ulteriori rinvii.<br />

( 6 ) FLOUR, Rapport, in AA. VV., La notion d’obligation naturelle et son rôle en droit civil, in Travaux de<br />

l’Association Henri Capitant pour la culture juri<strong>di</strong>que française, VII, Montréal, 1956, p. 829 ss.; MARTY-SCHMID, La<br />

situation patrimoniale des concubins à la fin de l’union libre. Etude des droits suisse, français et allemand, Genève,<br />

1986, p. 73 s.; DUPEYROUX, Contribution à la théorie générale de l’acte à titre gratuit, Paris, 1955, p. 322 ss.<br />

(sull’argomento cfr. del resto già JOSSERAND, Cours de droit civil positif français, I, Paris, 1930, p. 591 s.; v. inoltre<br />

OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 158 ss.). Nello stesso senso sono orientate dottrina e<br />

giurisprudenza in Belgio (cfr. JEANMART, Les effets civils de la vie commune en dehors du mariage, Bruxelles, 1975, p.<br />

124), Spagna (cfr. FOSAR BENNLOCH, Las uniones libres, in Estu<strong>di</strong>os de derecho de familia, III, Barcelona, 1985, p.<br />

136), Gran Bretagna (cfr. OLIVIER, The Mistress in Law, in Current Legal Problems, 1978, p. 89), Brasile (cfr. DE<br />

MOURA BITTENCOURT, O concubinato no <strong>di</strong>reito, Rio de Janeiro, 1969, p. 79). Anche in Italia, sotto il vigore del co<strong>di</strong>ce<br />

abrogato, non mancava chi affermava la liceità <strong>di</strong> quella donazione alla concubina cui potesse venire attribuita «la<br />

natura <strong>di</strong> una indennità alla donna degradata nella sua reputazione» e che pertanto assumesse «per causa un dovere<br />

morale <strong>di</strong> riparazione verso la medesima e la prole innocente» (cfr. GIORGI, Teoria delle obbligazioni, III, Firenze,<br />

1903, p. 515 s.). Forse non erra chi vede in tale richiamo alla figura dell’obbligazione naturale «une forme commode<br />

pour traduire un jugement sur la licéité de la cause de la donation» (cfr. AA. VV., Couple et modernité, 84ème congrès<br />

des notaires de France, La Baule, 29 mai - 1 er juin 1988, Malesherbes, 1988, p. 424).<br />

( 7 ) Sul punto si fa rinvio a OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 87 ss. In senso conforme v.<br />

anche, successivamente, RICCIO, op. cit., p. 382 s.; ARCANI, op. cit., p. 894.<br />

( 8 ) Cfr. Cass., 3 febbraio 1975, n. 389, in Foro it., 1975, I, c. 2301, con nota <strong>di</strong> FLORINO. Sottolinea la posizione <strong>di</strong><br />

assoluta parità tra i conviventi in relazione alle obbligazioni naturali <strong>di</strong> reciproca assistenza su <strong>di</strong> essi gravanti anche<br />

Cass., 26 gennaio 1980, n. 651, in Rep. Foro it., 1980, voce Indebito, n. 6. In dottrina evidenziano il passaggio<br />

dall’aspetto risarcitorio a quello assistenziale-contributivo anche GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit.,<br />

p. 134 s. e MAZZOCCA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Realtà attuale e prospettive, Roma, 1989, p. 101.<br />

29


Potrà qui aggiungersi ancora che l’abbandono, da parte della Cassazione a partire dagli anni<br />

sessanta dello scorso secolo, della tesi della donazione rimuneratoria era stata da tempo auspicata in<br />

dottrina, come conforme ad una concezione più moderna del rapporto <strong>di</strong> convivenza ( 9 ). In realtà,<br />

come sovente capita per tante sban<strong>di</strong>erate «novità» giuri<strong>di</strong>che, la soluzione poteva <strong>di</strong>rsi acquisita da<br />

secoli alla nostra tra<strong>di</strong>zione. In effetti, il ricorso alla categoria delle obbligazioni naturali per salvare<br />

le attribuzioni tra conviventi era già stato proposto, nel XIV secolo, da un celebre consilium <strong>di</strong><br />

Pietro d’Ancarano in relazione ad una donazione effettuata da un ecclesiastico (categoria per la<br />

quale le donazioni alle concubine erano ritenute – contrariamente rispetto alla regola generale –<br />

vietate) alla donna con la quale il medesimo aveva per anni convissuto ( 10<br />

).<br />

( 9 ) Cfr. DE CUPIS, Il concubinato nel <strong>di</strong>ritto privato, in Foro pad., 1961, III, c. 78, secondo cui «se il concubinato ha<br />

carattere <strong>di</strong> stabilità, e ancor più se è integrato da un costume <strong>di</strong> vita coniugale (more uxorio), il dovere morale non si<br />

esaurisce in quello della riparazione a favore della donna: vi è anche un più esteso dovere <strong>di</strong> reciproca assistenza,<br />

corrispondente, sul piano morale, all’obbligo giuri<strong>di</strong>co dell’assistenza, esistente tra i coniugi (art. 143)». Sull’esistenza<br />

<strong>di</strong> un dovere morale <strong>di</strong> «prestare i mezzi <strong>di</strong> sussistenza alla convivente» cfr. inoltre OPPO, Adempimento e liberalità,<br />

Padova, 1947, p. 264; ID., Sulla definizione <strong>di</strong> donazione rimuneratoria, in Giur. it., 1955, I, 1, c. 872 ss.; BALBI,<br />

Liberalità e donazione, in Riv. <strong>di</strong>r. comm., 1948, I, p. 181; GANGI, Le obbligazioni, Milano, 1951, p. 98; BRUSCO, nota<br />

a Cass., 15 gennaio 1969, n. 60, in Foro it., 1969, I, c. 1512; PROVERA, Degli alimenti, nel Commentario del co<strong>di</strong>ce<br />

civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1972, p. 35 s. (che accomuna – sulla scia <strong>di</strong> App. Torino, 20 marzo 1944, in<br />

Giur. tor., 1945, p. 87 – tale obbligazione naturale a quella del patrigno <strong>di</strong> corrispondere gli alimenti alla figliastra da<br />

quello ricevuta in casa e sempre considerata alla stregua <strong>di</strong> una figlia); PIRET, Le ménage de fait en droit civil belge, in<br />

AA. VV., Les situations de fait, Travaux de l’Association Henri Capitant pour la culture juri<strong>di</strong>que française, vol. XI,<br />

Paris, 1960, p. 76 ss., 80. Contra, nel senso dell’inesistenza, a carico dei conviventi, <strong>di</strong> doveri morali <strong>di</strong> assistenza e<br />

mantenimento cfr. CARRESI, L’obbligazione naturale nella più recente letteratura giuri<strong>di</strong>ca italiana, in Riv. trim. <strong>di</strong>r.<br />

proc. civ., 1948, p. 555 s.; RODIÈRE, Le ménage de fait devant la loi française, in Les situations de fait, cit., p. 72;<br />

TORRENTE, La donazione, Milano, 1956, p. 199; G. STELLA RICHTER, Aspetti civilistici del concubinato, in Riv. trim.<br />

<strong>di</strong>r. proc. civ., 1965, p. 1123 s. BARASSI, La famiglia legittima, Milano, 1947, p. 25, ammette l’esistenza <strong>di</strong><br />

un’obbligazione naturale soltanto tra conviventi legati da matrimonio canonico non trascritto.<br />

Sulla dottrina più recente circa l’applicazione dell’art. 2034 c.c. alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> cfr. OBERTO, I regimi<br />

patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 83 ss.; BALESTRA, Obbligazioni naturali e donazione, loc. cit.; SPADAFORA,<br />

L’obbligazione naturale tra conviventi ed il problema della sua trasformazione in obbligazione civile attraverso lo<br />

strumento negoziale, cit., p. 157 ss.; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 404.<br />

Per quanto attiene, poi, alla successiva evoluzione giurisprudenziale va detto che, almeno in un caso, la Corte <strong>di</strong><br />

cassazione sembra essere andata ad<strong>di</strong>rittura al <strong>di</strong> là della posizione <strong>di</strong> cui s’è dato conto sopra, affermando la presenza<br />

<strong>di</strong> un’obbligazione naturale anche tra due persone legate da una semplice «relazione sentimentale» (cfr. Cass., 20<br />

gennaio 1989, n. 285, in Arch. civ., 1989, p. 498: «Nella dazione <strong>di</strong> una somma <strong>di</strong> danaro da parte dell’uomo alla donna<br />

in occasione della cessazione della loro relazione sentimentale può ravvisarsi l’adempimento <strong>di</strong> una obbligazione<br />

naturale, con la conseguenza che la suddetta somma non può essere chiesta in restituzione, né dedotta in compensazione<br />

da parte del solvens»). Peraltro, neppure la lettura della motivazione consente <strong>di</strong> comprendere se a tale relazione<br />

affettiva si fosse accompagnata o meno una convivenza more uxorio (il richiamo della motivazione alla precedente<br />

pronunzia n. 60 del 1969 – concernente un caso <strong>di</strong> sicura convivenza more uxorio – farebbe propendere per<br />

l’affermativa; resta però il <strong>fatto</strong> che il principio è enunciato in termini assolutamente generali). Successivamente,<br />

invece, la Corte Suprema sembra essersi puramente e semplicemente… scordata dell’esistenza stessa dell’obbligazione<br />

naturale tra conviventi, risolvendo un caso <strong>di</strong> attribuzioni patrimoniali <strong>di</strong> gioielli alla stregua dei soli principi in tema <strong>di</strong><br />

donazione (cfr. Cass., 24 novembre 1998, n. 11894, in Guida al <strong>di</strong>r., 1998, n. 48, p. 32, con nota <strong>di</strong> M. FINOCCHIARO;<br />

Riv. notar., 1999, II, p. 1607; Vita notar., 1999, I, p. 1216, con nota <strong>di</strong> MEMMO; Giust. civ., 1999, I, p. 686; Corr. giur.,<br />

1999, p. 54, con nota <strong>di</strong> V. CARBONE). Analoghe conclusioni possono trarsi in relazione ad alcune decisioni della<br />

giurisprudenza <strong>di</strong> merito (cfr. Trib. Palermo, 3 settembre 1999, in Fam. <strong>di</strong>r., 2000, p. 284, con nota <strong>di</strong> FERRANDO; Trib.<br />

Bolzano, 20 gennaio 2000, in Giur. merito, 2000, I, p. 818). È da notare che, in tutti i cennati casi, proprio il richiamo al<br />

concetto <strong>di</strong> obbligazione naturale, così come elaborato dalla pronunzia del 1975, avrebbe consentito <strong>di</strong> escludere da tale<br />

nozione quelle attribuzioni patrimoniali «sproporzionate» rispetto alle «capacità <strong>di</strong> lavoro, sia professionale che<br />

casalingo» del convivente. Per la giurisprudenza ulteriormente successiva e contemporanea v. il § seguente.<br />

( 10 ) D’ANCARANO, Consilia sive iuris responsa Petri Ancharani, apud Nicolaum Bevilaquam, 1568, f. 131: «<strong>di</strong>co<br />

breviter quod si merita per <strong>di</strong>ctam dominam probarentur credo <strong>di</strong>ctam donationem tenere; licet enim inter personas<br />

prohibitas simplex donatio non sit valida tamen donatio ob causam non reprobatur, quia aliam et <strong>di</strong>versam naturam<br />

habet a simplici (…). Non enim <strong>di</strong>ci potest proprie donatio ob causam sed cuiusdam debiti naturalis rest[ituti]o: quia ex<br />

collatis servitiis obligatur ille cui conferuntur naturaliter conferenti (…) et <strong>di</strong>citur talis obligatio ad antidora». Cfr.<br />

inoltre la ad<strong>di</strong>tio in margine a C. 5. 16. 2., in BAUDOZA, Co<strong>di</strong>cis D.N. Iustiniani Sacratiss. Principis PP. Aug. Repetitae<br />

Praelectionis Libri XII. Diligenter recogniti (…) opera et stu<strong>di</strong>o Petri ab Area Baudoza Cestii I.C., Lugduni, 1593, c.<br />

928; v. poi anche Co<strong>di</strong>cis Iustiniani libri IX priores, cum lectionum varietatibus, Venetiis, 1592, c. 1344 s. Per due<br />

applicazioni giurisprudenziali del principio in oggetto, nel XVI secolo, cfr. rispettivamente la decisione del Senato<br />

Piemontese risalente al 1575, <strong>di</strong> cui riferisce THESAURUS, Novae decisiones Sacri Senatus Pedemontani, Augustae<br />

Taurinorum, 1626, f. 90, nonchè la precedente sentenza del Concilium Neapolitanum (<strong>di</strong> cui non si riferisce la data),<br />

30


2. Segue. La giurisprudenza più recente e il criterio <strong>di</strong> proporzionalità. Il <strong>di</strong>scrimen rispetto<br />

alle donazioni.<br />

Nella medesima ottica illustrata nel § precedente continua a porsi la giurisprudenza<br />

contemporanea, anche <strong>di</strong> merito, la quale, nel solco dell’evoluzione che si è appena illustrata, è<br />

pervenuta, ad esempio, nel 2011, a superare l’argomento della nullità per vizi <strong>di</strong> forma<br />

dell’attribuzione effettuata gratuitamente da un partner all’altro <strong>di</strong> un immobile, nel contesto <strong>di</strong><br />

un’operazione che aveva visto quest’ultimo vendere simulatamente tale bene alla compagna ( 11<br />

).<br />

Il problema dell’idoneità del ricorso allo schema dell’obbligazione naturale a «sanare»<br />

eventuali <strong>di</strong>fetti formali connessi alla donazione emerge anche con riguardo ad una fattispecie<br />

decisa dalla Corte Suprema nel 2010 (<br />

12<br />

).<br />

Qui lo schema contrattuale approntato dall’uomo prevedeva una proposta <strong>di</strong> donazione, che la<br />

donna avrebbe potuto accettare solo se avesse trascritto dopo la morte del donante il matrimonio<br />

celebrato in forma canonica senza attribuzione degli effetti civili («la donataria dovrà procedere<br />

prima <strong>di</strong> accettare la presente donazione alla trascrizione nei registri dello stato civile del<br />

matrimonio canonico celebrato tra la medesima e il donante»). Al riguardo la ex convivente aveva<br />

tentato in causa <strong>di</strong> far salva l’attribuzione, così superando l’ostacolo rappresentato<br />

dall’intrascrivibilità postuma del matrimonio, mercé il richiamo al concetto <strong>di</strong> obbligazione<br />

naturale: più esattamente, a suo modo <strong>di</strong> vedere, l’uomo avrebbe formulato una promessa traslativa<br />

in adempimento <strong>di</strong> un’obbligazione naturale, da concludersi senza bisogno dell’accettazione della<br />

donna (ai sensi dell’art. 1333 c.c.). Ne sarebbe conseguito che quell’inammissibilità, in quanto<br />

incidente solo sull’accettazione, non avrebbe potuto pregiu<strong>di</strong>care la vali<strong>di</strong>tà e l’efficacia<br />

dell’attribuzione (a quel punto unilaterale non solo sostanzialmente, ma anche strutturalmente). La<br />

questione non è stata però affrontata, né dai giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> merito, né da quelli <strong>di</strong> legittimità, atteso che<br />

la <strong>di</strong>fesa della donna aveva prospettato solo in sede <strong>di</strong> comparsa conclusionale in appello la<br />

qualificazione dell’attribuzione ricevuta in termini <strong>di</strong> obbligazione naturale, così formulando una<br />

13<br />

domanda ritenuta inammissibile in quanto nuova ( ).<br />

riferita da DE AFFLICTIS, Decisiones Sacri Concili Neapolitani, Venetiis, 1552, f. 61 (per un rappresentazione «visiva»<br />

dei testi in questione cfr. OBERTO, La motivazione delle sentenze civili in Europa: spunti storici e comparatistici, Cap.<br />

I, § 5, <strong>di</strong>sponibile alla pagina web seguente: http://giacomooberto.com/milano2008/storia.htm#par5.<br />

( 11 ) Cfr. Trib. Bologna, 16 febbraio 2011, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito. Ad avviso <strong>di</strong> tale<br />

decisione «Non è quin<strong>di</strong> detto che, una volta esclusa – in forza <strong>di</strong> una visione semplicistica delle istanze sottese alla<br />

convivenza more uxorio – la causa onerosa del contratto <strong>di</strong> compraven<strong>di</strong>ta per la simulazione della quietanza rilasciata<br />

con riferimento alla corresponsione del prezzo, si debba necessariamente ricondurre il patto ad esso sotteso ad un atto <strong>di</strong><br />

liberalità, potendo viceversa riconoscersi nella quietanza rilasciata a regolazione del prezzo, un atto <strong>di</strong> adempimento dei<br />

predetti doveri <strong>di</strong> solidarietà, rendendo pertanto insensibile l’atto ai profili <strong>di</strong> nullità che investono l’atto <strong>di</strong> liberalità. In<br />

altri termini, deve in generale ammettersi la possibilità per i privati <strong>di</strong> stipulare contratti gratuiti atipici ovvero dare<br />

corso ad atti unilaterali gratuiti (quali nel caso in esame, la remissione del debito operata in quietanza) volti alla<br />

definizione <strong>di</strong> situazioni in essere caratterizzate dalla rilevanza <strong>di</strong> un preesistente dovere morale, in cui l’obbligazione<br />

naturale non interviene come rapporto giuri<strong>di</strong>co preesistente da accertare o novare con il nuovo contratto, ma<br />

semplicemente “come interesse lecito alla produzione dell’effetto contrattuale”, come in<strong>di</strong>cato dalla migliore dottrina<br />

all’indomani dell’introduzione del co<strong>di</strong>ce del ’42».<br />

La decisione ne ricalca una precedente dello stesso tribunale (cfr. Trib. Bologna, 18 giugno 1999, riportata da<br />

BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 224, che accolse la domanda proposta ex art. 2932 c.c. dalla ex convivente<br />

contro l’uomo che si era impegnato per iscritto, con atto unilaterale senza corrispettivo, a trasferirle un immobile; il<br />

tribunale accolse la domanda, avendo scorto nell’impegno un atto <strong>di</strong> adempimento <strong>di</strong> obbligazione naturale.<br />

( 12 ) Cfr. Cass., 4 maggio 2010, n. 10734, in Giur. it., 2010, p. 2273, con nota <strong>di</strong> ROCCHIO. La soluzione del caso<br />

offerta dalla Corte Suprema è pertanto stata che «A norma dell’art. 782, secondo comma, cod. civ., la donazione si<br />

perfeziona con l’accettazione da parte del donatario, la quale deve coesistere con la volontà del donante; ne consegue<br />

che – in conformità al principio generale secondo cui ogni proposta contrattuale cade con la morte del proponente –<br />

dopo la morte del donante, il donatario non può accettare la donazione né notificare l’atto <strong>di</strong> accettazione, a nulla<br />

rilevando che nell’atto <strong>di</strong> donazione risulti l’espressa previsione che l’accettazione può intervenire anche dopo la morte<br />

del donante».<br />

( 13 ) Per una valutazione in senso critico <strong>di</strong> questo punto cfr. ROCCHIO, Questioni vecchie e nuove in tema <strong>di</strong><br />

attribuzioni alla convivente, Nota a Cass., 4 maggio 2010, n. 10734, in Giur. it., 2010, p. 2273, il quale rileva che la<br />

31


Il richiamo alla categoria delle obbligazioni naturali non è però scevro dal necessario<br />

riferimento a criteri <strong>di</strong> proporzionalità, analoghi a quelli valevoli per i coniugi ai sensi dell’art. 143<br />

c.c., come stabilito ad es. da una decisione <strong>di</strong> legittimità del 2003 ( 14 ). Prima della sentenza da<br />

ultimo citata, un altro arresto <strong>di</strong> legittimità, fortemente criticato dalla dottrina ( 15 ), aveva qualificato<br />

come donazioni – nulle per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> forma – i regali fatti tra conviventi ( 16 ). In realtà, le<br />

attribuzioni patrimoniali effettuate tra conviventi saranno «coperte» dall’«ombrello»<br />

dell’obbligazione naturale solo in quanto rispondenti ai criteri <strong>di</strong> proporzionalità sopra evidenziati<br />

( 17<br />

).<br />

In caso contrario, esse saranno giustificate solo se sorrette dall’animus donan<strong>di</strong> unito al<br />

rispetto della forma solenne, per le attribuzioni <strong>di</strong> non mo<strong>di</strong>co valore. A tali donazioni si<br />

applicheranno tutte le norme riferibili ai trasferimenti <strong>di</strong>sciplinati dagli artt. 769 ss. c.c.: dall’azione<br />

<strong>di</strong> riduzione per lesione <strong>di</strong> legittima (art. 555 ss. c.c.), all’obbligo alimentare del donatario verso il<br />

donante (art. 437 c.c.), al coacervo, per quanto riguarda l’imposta <strong>di</strong> successione, se il donatario<br />

dovesse <strong>di</strong>venire anche erede del donante. Inoltre, vanno ricordate le <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni richieste<br />

dalla legge (art. 2901 c.c.) per esercitare l’azione revocatoria quando l’atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione è a titolo<br />

gratuito, le speciali <strong>di</strong>scipline in tema <strong>di</strong> capacità (art. 774 ss. c.c.) e <strong>di</strong> revocazione per<br />

sopravvenienza <strong>di</strong> figli (art. 803 c.c.) e per ingratitu<strong>di</strong>ne (artt. 801 s. c.c.).<br />

Con particolare riferimento a quest’ultima ipotesi potrà evidenziarsi che nel 2011 la<br />

Cassazione ha respinto la domanda <strong>di</strong> un ex convivente, il quale, nel corso del rapporto, aveva<br />

donato alla propria compagna un immobile e che, dopo la rottura dell’unione, aveva chiesto la<br />

revoca dell’atto. La Corte ha confermato il rigetto <strong>di</strong> ogni domanda posta dall’uomo, evidenziando<br />

come questi non avesse provveduto a specificare «le ragioni per le quali i comportamenti attribuiti<br />

alla [donna] sarebbero idonei a concretare il presupposto dell’ “ingiuria grave” richiesto dall’art.<br />

801 c.c.», così dando chiaramente ad intendere che la sola rottura dell’unione non può considerarsi<br />

18<br />

alla stregua <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> quei comportamenti rilevanti ai fini della revocazione della donazione ( ).<br />

3. La remunerazione delle prestazioni <strong>di</strong> facere rese dal(la) convivente debole. Impostazione<br />

del problema, anche con riguardo al lavoro subor<strong>di</strong>nato e all’impresa familiare.<br />

qualificazione <strong>di</strong> un’attribuzione in termini <strong>di</strong> donazione, piuttosto che in termini <strong>di</strong> obbligazione naturale, è una tipica<br />

questione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, che il giu<strong>di</strong>ce deve risolvere a prescindere da una domanda <strong>di</strong> parte.<br />

( 14 ) Cass., 13 marzo 2003, n. 3713, in Giur. it., 2004, p. 530, secondo cui è necessario che «che la prestazione risulti<br />

adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio e alle con<strong>di</strong>zioni sociali del solvens». Secondo la<br />

relativa massima ufficiale, «Un’attribuzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento<br />

<strong>di</strong> un’obbligazione naturale a con<strong>di</strong>zione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità<br />

del patrimonio e alle con<strong>di</strong>zioni sociali del solvens (Fattispecie nella quale i giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> merito, con accertamento <strong>di</strong> <strong>fatto</strong><br />

ritenuto dalla cassazione incensurabile in sede <strong>di</strong> legittimità, hanno escluso il rapporto <strong>di</strong> proporzionalità tra l’opera<br />

e<strong>di</strong>ficatoria realizzata, a propria cura e spese, con l’arricchimento esclusivo <strong>di</strong> uno solo dei componenti la famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, e l’adempimento dei doveri morali e sociali da parte del convivente more uxorio)». Va detto che nella specie<br />

l’uomo aveva realizzato con proprio lavoro una costruzione sul fondo <strong>di</strong> proprietà della convivente. La Corte ha<br />

confermato la decisione dei giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> merito <strong>di</strong> riconoscere all’uomo una somma <strong>di</strong> denaro ex art. 936 c.c., respingendo<br />

la tesi della donna, secondo cui l’esecuzione <strong>di</strong> tale opera sarebbe rientrata nell’adempimento dell’obbligazione naturale<br />

sullo stesso gravante, in quanto convivente more uxorio con la donna.<br />

Per la giurisprudenza <strong>di</strong> merito v. ad es. App. Napoli, 5 novembre 1999, in Giur. nap., 2000, p. 273, secondo cui<br />

«L’attribuzione patrimoniale effettuata in favore del convivente more uxorio, a titolo <strong>di</strong> ristoro per il sacrificio della sua<br />

aspirazione ad un’esistenza autonoma ed in<strong>di</strong>pendente, nonché al fine <strong>di</strong> assicurargli un’autosufficienza economica per<br />

il tempo successivo alla cessazione del rapporto, si configura come adempimento <strong>di</strong> un’obbligazione naturale piuttosto<br />

che come donazione remuneratoria, purché la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del<br />

patrimonio ed alle con<strong>di</strong>zioni sociali del solvens». Per la dottrina v. già OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 90 ss.; cfr. poi anche M. SGROI, op. cit., p. 1080 ss.<br />

( 15 ) Parla <strong>di</strong> «ritorno al me<strong>di</strong>oevo» V. CARBONE, Terminata la convivenza vanno restituiti i regali: la Cassazione<br />

“ripiomba” nel Me<strong>di</strong>oevo, Nota a Cass., 24 novembre 1998, n. 11894, in Corr. giur., 1999, p. 54.<br />

( 16 ) Cass., 24 novembre 1998, n. 11894, cit.; sul punto v. anche BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 107 ss.<br />

( 17 ) In questo senso v. già OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 98 ss.; successivamente v.<br />

anche G. STELLA RICHTER, La donazione nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Familia, 2002, II, p. 152; ARCANI, op. cit., p. 895.<br />

( 18 ) Cfr. Cass., 24 novembre 2011, n. 24843.<br />

32


Se è vero come è vero che già nel lontano 1965 un giurista certo non «barricadero», quale<br />

Arturo Carlo Jemolo, si sentiva in dovere <strong>di</strong> spezzare una lancia in favore della ex convivente che<br />

«per tutta la vita ha lavorato con il compagno, nella bottega, nell’azienda agricola o industriale:<br />

senza stipen<strong>di</strong>o, senza assicurazioni sociali», <strong>di</strong>chiarando «veramente iniqua» la soluzione che le<br />

avesse negato ogni <strong>di</strong>ritto ( 19 ) e se è vero come è vero che a questa sensibilità fa riscontro<br />

un’evoluzione storica ad<strong>di</strong>rittura plurisecolare ( 20<br />

), occorre comunque riconoscere che la tesi<br />

dell’obbligazione naturale non riesce a porre rime<strong>di</strong>o a tutti quei casi in cui il partner «forte» non<br />

abbia ritenuto <strong>di</strong> adempiere ai doveri morali e sociali sopra descritti.<br />

Andrà subito detto che, laddove l’attività in <strong>di</strong>scorso venga prestata dal(la) convivente nel<br />

contesto <strong>di</strong> un rapporto riconducibile al genus del lavoro subor<strong>di</strong>nato (si pensi alla collaborazione<br />

fornita all’attività impren<strong>di</strong>toriale o professionale del partner), proprio quest’ultima sarà la via<br />

percorribile, con tutte le <strong>di</strong>fficoltà, ovviamente, legate alla possibilità <strong>di</strong> scorgere il fondamentale<br />

requisito della subor<strong>di</strong>nazione.<br />

Al tema chi scrive ha de<strong>di</strong>cato un’apposita monografia, cui non rimarrà che fare riferimento<br />

21<br />

( ), non senza aggiungere che anche i più recenti interventi giuris<strong>di</strong>zionali non sembrano deviare<br />

da un percorso che, come già osservato in passato, risulta caratterizzato dall’obiettiva <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

fornire una rigorosa prova <strong>di</strong> elementi idonei a suffragare l’esistenza <strong>di</strong> una subor<strong>di</strong>nazione,<br />

considerando in particolare che si continua ad escludere tale situazione, in presenza <strong>di</strong> una<br />

comunione <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> affetti, che induce invece a ricondurre la prestazione al novero <strong>di</strong> quelle<br />

effettuate affectionis vel benevolentiae causa, come tali caratterizzate dalla gratuità ( 22<br />

).<br />

Non percorribile appare invece la via della estensibilità dell’istituto dell’impresa familiare,<br />

che pure potrebbe giocare un ruolo decisivo a tutela del convivente «debole» nei confronti del<br />

( 19 ) JEMOLO, «Convivere come coniugi», in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 1965, II, p. 407.<br />

( 20 ) Sul punto cfr. OBERTO, Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 1 ss.<br />

( 21 ) Cfr. OBERTO, Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., passim, spec. p. 19 ss.<br />

( 22 ) Cfr. Cass., 26 gennaio 2009, n. 1833, in Lav. prev. oggi, 2009, p. 1209, con nota <strong>di</strong> PICCININI, secondo cui<br />

«Ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione <strong>di</strong> lavoro subor<strong>di</strong>nato si presume effettuata a titolo<br />

oneroso, ma può essere ricondotta ad un rapporto <strong>di</strong>verso, istituito affectionis vel benevolentiae causa, caratterizzato<br />

dalla gratuità della prestazione, ove risulti <strong>di</strong>mostrata la sussistenza della finalità <strong>di</strong> solidarietà in luogo <strong>di</strong> quella<br />

lucrativa, fermo restando che la valutazione al riguardo compiuta dal giu<strong>di</strong>ce del merito è incensurabile in sede <strong>di</strong><br />

legittimità, se immune da errori <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e da vizi logici. (Nella specie, relativa ad una relazione sentimentale tra datore<br />

<strong>di</strong> lavoro ed una <strong>di</strong>pendente, la S. C. ha confermato la sentenza impugnata che, sulla base delle specifiche circostanze <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> emerse dall’istruttoria espletata, aveva ritenuto l’esistenza del vincolo <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione, atteso che la convivenza<br />

era stata sovente interrotta e non vi era alcuna con<strong>di</strong>visione del tenore <strong>di</strong> vita in relazione ai cospicui red<strong>di</strong>ti dell’attività<br />

commerciale, avendo beneficiato l’interessata solo <strong>di</strong> alcune elargizioni, quali l’uso gratuito <strong>di</strong> un appartamento, il<br />

pagamento <strong>di</strong> qualche debito e il prelevamento gratuito <strong>di</strong> merce – abiti – dal negozio)». V. inoltre Cass., 15 marzo<br />

2006, n. 5632, secondo cui «L’attività lavorativa e <strong>di</strong> assistenza svolta all’interno <strong>di</strong> un contesto familiare in favore del<br />

convivente more uxorio trova <strong>di</strong> regola la sua causa nei vincoli <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> <strong>di</strong> solidarietà ed affettività esistenti, alternativi<br />

rispetto ai vincoli tipici <strong>di</strong> un rapporto a prestazioni corrispettive, qual è il rapporto <strong>di</strong> lavoro subor<strong>di</strong>nato; ciò non<br />

esclude che talvolta le prestazioni svolte possano trovare titolo in un rapporto <strong>di</strong> lavoro subor<strong>di</strong>nato, del quale il<br />

convivente superstite deve fornire prova rigorosa,e la cui configurabilità costituisce valutazione in <strong>fatto</strong>, come tale<br />

demandata al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> merito e non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata. (Nella specie, la S.C. ha<br />

ritenuto esente da vizi la sentenza <strong>di</strong> merito che aveva rigettato la domanda della ricorrente volta ad ottenere dagli ere<strong>di</strong><br />

il trattamento economico a titolo <strong>di</strong> lavoro domestico non corrispostole dal defunto convivente,sulla base delle<br />

risultanze probatorie escludenti il vincolo <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione ed attestanti, tra l’altro, che tra i due esisteva una relazione<br />

sentimentale, sfociata dopo anni <strong>di</strong> frequentazione a <strong>di</strong>stanza in una prolungata convivenza, e che l’attrice veniva<br />

presentata abitualmente come compagna del convivente e trascorreva abitualmente le vacanze in località <strong>di</strong> villeggiatura<br />

con il defunto convivente)». Cfr. poi anche Cass., 22 novembre 2010, n. 23624, secondo cui «In tema <strong>di</strong> rapporto <strong>di</strong><br />

lavoro domestico in situazione <strong>di</strong> convivenza, l’esistenza <strong>di</strong> un contratto a prestazioni corrispettive deve essere escluso<br />

solo in presenza della <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> una comunanza <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> interessi tra i conviventi (famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>), che non<br />

si esaurisca in un rapporto meramente affettivo o sessuale, ma <strong>di</strong>a luogo anche alla partecipazione, effettiva ed equa, del<br />

convivente alla vita e alle risorse della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in modo che l’esistenza del vincolo <strong>di</strong> solidarietà porti ad<br />

escludere la configurabilità <strong>di</strong> un rapporto a titolo oneroso. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’anzidetto<br />

principio, ha ritenuto che, pur in presenza <strong>di</strong> un vincolo affettivo – attestato dalla partecipazione alle attività familiari da<br />

piccoli doni, arredo delle stanze, aiuto prestato da altri familiari – non potesse escludersi l’esistenza <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong><br />

lavoro subor<strong>di</strong>nato, con obbligo <strong>di</strong> curare e assistere i figli del datore <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> provvedere alle faccende<br />

domestiche, non assumendo alcun rilievo, ai fini della qualificazione del rapporto, l’originario intento altruistico <strong>di</strong><br />

accogliere in casa la lavoratrice perché bisognosa <strong>di</strong> aiuto)».<br />

33


partner impren<strong>di</strong>tore che rifiuti <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre quegli incrementi patrimoniali conseguiti anche<br />

grazie alla collaborazione spontaneamente prestata dall’altro. Secondo molti, sarebbe dunque<br />

l’identità <strong>di</strong> ratio, consistente nella tutela del collaboratore economicamente svantaggiato, a<br />

giustificare l’estensione analogica al convivente dei principi <strong>di</strong> cui all’art. 230-bis c.c. ( 23<br />

).<br />

Ma l’elenco dei soggetti dell’impresa familiare, <strong>di</strong> cui al terzo comma dell’art. ult. cit.,<br />

appare tassativo, in quanto esclusivamente correlato al dato formale della presenza <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong><br />

24<br />

coniugio, ovvero <strong>di</strong> parentela o <strong>di</strong> affinità entro gra<strong>di</strong> ben in<strong>di</strong>viduati ( ). Si ba<strong>di</strong>, in proposito, che<br />

( 23 ) In questo senso cfr. SALARIS, Sulla famiglia c.d. «<strong>di</strong> <strong>fatto</strong>» e sui «rapporti <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>» configurabili nell’impresa<br />

familiare, in Riv. <strong>di</strong>r. agr., 1976, I, p. 347 s.; favorevoli all’estensione analogica dell’art. 230-bis c.c. sono anche<br />

BIANCA, Regimi patrimoniali della famiglia e attività d’impresa, in Dir. fam. pers., 1976, p. 1246; JANNARELLI, Lavoro<br />

nella famiglia, lavoro nella impresa familiare e famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Atti del convegno <strong>di</strong><br />

Pontremoli, 27-30 maggio 1976, Montereggio, s.d., ma 1977, p. 185 s. e in Dir. fam., 1976, p. 1837 ss.; BUSNELLI, Sui<br />

criteri <strong>di</strong> determinazione della <strong>di</strong>sciplina normativa della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Atti del convegno <strong>di</strong><br />

Pontremoli, cit., p. 139 ss.; D’ERCOLE, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Dizionari del <strong>di</strong>ritto privato, a cura <strong>di</strong> Natalino Irti, 1,<br />

Milano, 1980, p. 371; PROSPERI, La famiglia non fondata sul matrimonio, cit., p. 284 ss.; MILITERNI, Impresa familiare:<br />

rassegna <strong>di</strong> giurisprudenza, in Riv. notar., 1982, III, p. 674 s.; GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p.<br />

138; BUSNELLI e SANTILLI, Il problema della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in AA. VV., Una legislazione per la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>?,<br />

Napoli, 1988, p. 119 s.; DI FRANCIA, Il rapporto <strong>di</strong> impresa familiare, Padova, 1991, p. 284; COLUSSI, voce Impresa<br />

familiare, in Noviss. <strong>di</strong>g. it., App., IV, Torino, 1983, p. 70; LIUZZO, Alcuni aspetti civilistici della convivenza «more<br />

uxorio» alla luce dei più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, in Dir. fam. pers., 1991, p. 804 ss.;<br />

BALESTRA, Sulla rilevanza della convivenza more uxorio nell’ambito dell’impresa familiare, nota a Cass., 2 maggio<br />

1994, n. 4204, in Giur. it., 1995, I, 1, c. 845 ss.; PANUCCIO, Il lavoro nella famiglia, in Dir. lav., 1999, p. 586 ss.; sul<br />

tema v. anche BILE, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella giurisprudenza della Corte <strong>di</strong> cassazione, in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 1996, II, p. 645<br />

s.; TOMMASINI, op. cit., p. 510; per un rassegna delle opinioni e delle pronunce sull’argomento cfr. anche SEGRETO, La<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte <strong>di</strong> Cassazione, in Dir. fam. pers., 1998,<br />

p. 1681 ss.; BERNARDINI DE PACE, Convivenza e famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Ricognizione del tema nella dottrina e nella<br />

giurisprudenza, in I contratti <strong>di</strong> convivenza, a cura <strong>di</strong> Moscati e Zoppini, cit., p. 312 ss., nonché la telegrafica sintesi <strong>di</strong><br />

ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 235 ss.<br />

In giurisprudenza, per la tesi dell’applicabilità dell’art. 230-bis c.c. al convivente more uxorio, v. Trib. Milano, 24<br />

giugno 1978, riportata da FUSARO, Il regime patrimoniale della famiglia, Padova, 1990, p. 669 ss.; Trib. Ivrea, 30<br />

settembre 1981, in Riv. <strong>di</strong>r. agr., 1983, II, p. 464, con nota <strong>di</strong> SALARIS, Impresa familiare, famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e comunità<br />

rurali e in Giur. agr. it., 1984, II, p. 105, 401, con nota <strong>di</strong> AMOROSO; Trib. Torino, 24 novembre 1990, in Giur. it.,<br />

1991, I, 2, c. 574, con nota <strong>di</strong> OBERTO, Impresa familiare e ingiustificato arricchimento fra conviventi more uxorio, in<br />

Giur. it., 1992, I, c. 427, con nota <strong>di</strong> CALVO, Un precedente in tema <strong>di</strong> animus mutuan<strong>di</strong> e operazioni su conto corrente<br />

bancario cointestato ai conviventi more uxorio (in quest’occasione l’accoglimento, da parte del tribunale, della tesi<br />

dell’applicabilità delle norme in tema <strong>di</strong> impresa familiare alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ha determinato una declaratoria <strong>di</strong><br />

incompetenza per materia). Potrà ancora aggiungersi, per completezza, che Cass., 10 <strong>di</strong>cembre 1994, n. 10927, non<br />

massimata (ma e<strong>di</strong>ta in Informaz. prev., 1994, p. 1502), dopo aver negato la sussistenza <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> lavoro<br />

subor<strong>di</strong>nato tra conviventi, ha espressamente <strong>di</strong>chiarato che nella fattispecie si sarebbe potuta «ravvisare piuttosto una<br />

ipotesi <strong>di</strong> comunione tacita familiare, come delineata dall’art. 230-bis c.c., trattandosi <strong>di</strong> istituto nel quale, in carenza <strong>di</strong><br />

prove contrarie, più correttamente è possibile inquadrare un rapporto lavorativo che si svolga nell’ambito <strong>di</strong> una<br />

convivenza more uxorio»; l’affermazione ha però, nel caso <strong>di</strong> specie, più il sapore dell’obiter <strong>di</strong>ctum che della ratio<br />

deciden<strong>di</strong>.<br />

( 24 ) RAGUSA MAGGIORE, Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e impresa familiare, in Riv. trim. <strong>di</strong>r. proc. civ., 1982, p. 38 ss., il quale<br />

rileva tra l’altro che la ratio dell’art. 230-bis c.c. è quella <strong>di</strong> escludere che la normale collaborazione tra familiari possa<br />

interpretarsi come una società atipica tra parenti, ciò che evidenzierebbe l’eccezionalità dell’istituto dell’impresa<br />

familiare. Cfr. inoltre, sempre in senso negativo sulla proposta estensione analogica dell’art. 203-bis c.c., GHEZZI,<br />

Or<strong>di</strong>namento della famiglia, impresa familiare e prestazione <strong>di</strong> lavoro, in Riv. trim. <strong>di</strong>r. proc. civ., 1976, II, p. 1390,<br />

nota 66; ANDRINI, Brevi note sulla soggettività giuri<strong>di</strong>ca dell’impresa familiare, in Giur. comm., 1977, I, p. 142;<br />

COLUSSI, voce Impresa familiare, cit., p. 70; ID., Impresa e famiglia, Padova, 1985, p. 83; A. e M. FINOCCHIARO,<br />

Diritto <strong>di</strong> famiglia, I, Milano, 1984, p. 1312; PROTETTÌ, L’impresa familiare tra conviventi more uxorio, in Società,<br />

1985, p. 475; CALÒ, La giurisprudenza come scienza inesatta (in tema <strong>di</strong> prestazioni lavorative in seno alla famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>), nota a Cass., 17 febbraio 1988, n. 1701, in Foro it., 1988, I, c. 2306 ss.; ID., Profili <strong>di</strong> interesse notarile della<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, nel volume Stu<strong>di</strong> e materiali e<strong>di</strong>to a cura del Consiglio Nazionale del Notariato - Commissione Stu<strong>di</strong>,<br />

2 (1986-1988), Milano, 1990, p. 84 ss.; OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 79 ss.; ID., Impresa<br />

familiare e ingiustificato arricchimento fra conviventi more uxorio, cit., c. 575; BERNARDINI, La convivenza fuori del<br />

matrimonio tra contratto e relazione sentimentale, cit., p. 65; ID., Rapporto <strong>di</strong> lavoro, o <strong>di</strong> collaborazione<br />

«parasubor<strong>di</strong>nata», e tutela del convivente more uxorio (c.d. familiare <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>), nota a Cass., 2 maggio 1994, n. 4204,<br />

in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, p. 283; secondo CORSI, Accor<strong>di</strong> patrimoniali tra conviventi, in AA. VV., La famiglia<br />

<strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e i rapporti patrimoniali tra conviventi, Atti del XXXIII Congresso Nazionale del Notariato, tenutosi a Napoli il<br />

29 settembre 1993, Roma, 1993, p. 133, non è possibile l’estensione analogica della norma al convivente, in quanto la<br />

legge non fa riferimento ad una data nozione della famiglia, ma a specifici rapporti familiari.<br />

34


il richiamo a tale dato formale appare particolarmente «forte», essendo ad<strong>di</strong>rittura espresso per ben<br />

due volte. Da un lato, infatti, esso è in<strong>di</strong>cato <strong>di</strong>rettamente, me<strong>di</strong>ante la previsione del requisito del<br />

coniugio, mentre dall’altro esso è ripetuto, in<strong>di</strong>rettamente, tramite il requisito dell’affinità ( 25<br />

).<br />

Del resto non appare possibile applicare analogicamente la <strong>di</strong>sciplina in esame ai conviventi<br />

sulla scorta della considerazione che l’introduzione dell’art. 230-bis c.c. denoti l’intento <strong>di</strong> superare<br />

la presunzione <strong>di</strong> gratuità delle prestazioni fornite dai familiari, intesi quin<strong>di</strong> come anche quei<br />

soggetti che, seppur non sposati, intendano ricalcare le <strong>di</strong>namiche proprie della famiglia legittima,<br />

26<br />

sia pur solo «<strong>di</strong> <strong>fatto</strong>». Difatti, come posto in luce in altra sede ( ), la presunzione <strong>di</strong> gratuità<br />

trovava fondamento non già nel carattere dell’affectio, ma nell’esistenza tra i coniugi <strong>di</strong> ben precisi<br />

rapporti giuri<strong>di</strong>ci tali da fondare reciproche pretese e, soprattutto, una garanzia per il futuro, sotto<br />

forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti successori ( 27<br />

).<br />

28<br />

In giurisprudenza una decisione <strong>di</strong> legittimità del 1994 ( ) ha escluso l’applicazione<br />

analogica dell’art. 230-bis c.c. sulla base del carattere eccezionale della norma ( 29 ). Da notare che<br />

anche successivamente la Suprema Corte ha riba<strong>di</strong>to il medesimo principio ( 30<br />

), stabilendo che<br />

«Presupposto per l’applicabilità della <strong>di</strong>sciplina in materia <strong>di</strong> impresa familiare è l’esistenza <strong>di</strong> una<br />

famiglia legittima e, pertanto, l’art. 230 bis cod. civ. non è applicabile nel caso <strong>di</strong> mera convivenza,<br />

ovvero alla famiglia cosiddetta ‘<strong>di</strong> <strong>fatto</strong>’, trattandosi <strong>di</strong> norma eccezionale, insuscettibile <strong>di</strong><br />

interpretazione analogica».<br />

4. Il problema dell’arricchimento conseguente ad una prestazione volontariamente effettuata<br />

dall’impoverito.<br />

La tesi dell’ammissibilità dell’azione <strong>di</strong> arricchimento ingiustificato a tutela del convivente<br />

che abbia contribuito al ménage della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in assenza <strong>di</strong> un’adeguata contribuzione da<br />

31<br />

parte del partner, trova la sua prima elaborazione in uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto interno e comparato ( ).<br />

In giurisprudenza si esprimono per la tassatività dell’elencazione <strong>di</strong> cui all’art. 230-bis, terzo comma, c.c. Cass., 18<br />

ottobre 1976, n. 3585, in Giur. it., 1977, I, c. 1949; Cass., 24 marzo 1977, n. 1161, in Giust. civ., 1977, I, p. 1190; Trib.<br />

Roma, 10 luglio 1980, in Dir. fall., 1980, II, p. 611, con nota <strong>di</strong> FARENGA, In tema <strong>di</strong> «rapporto more uxorio»,<br />

«famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>» e «impresa familiare»; Cass., 2 maggio 1994, n. 4204, in Fam. e <strong>di</strong>r., 1994, p. 514, con nota <strong>di</strong> L.<br />

GIORGIANNI, in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, p. 278, con nota <strong>di</strong> BERNARDINI e in Giur. it., 1995, I, 1, c. 844, con<br />

nota <strong>di</strong> BALESTRA; Trib. Milano, 10 gennaio 1985, in Società, 1985, p. 507.<br />

( 25 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 80; ID., Impresa familiare e ingiustificato<br />

arricchimento fra conviventi more uxorio, loc. cit.; ID., Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 14<br />

ss., in senso conforme anche SPAGNOLI, Note in tema <strong>di</strong> impresa familiare, lavoro gratuito ed azione <strong>di</strong> arricchimento<br />

senza causa, in Dir. fam. pers., 2002, p. 681 s.; per altri riferimenti cfr. altresì ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in<br />

Europa, cit., 233 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 267 ss.<br />

( 26 ) OBERTO, Impresa familiare e ingiustificato arricchimento fra conviventi more uxorio, cit., p. 575.<br />

( 27 ) Con<strong>di</strong>vide queste conclusioni MONTEVERDE, op. cit., p. 960.<br />

( 28 ) Cass., 2 maggio 1994, n. 4204, in Fam. <strong>di</strong>r., 1994, p. 514, con nota <strong>di</strong> L. GIORGIANNI.<br />

( 29 ) In precedenza, per l’applicazione della presunzione <strong>di</strong> gratuità delle prestazioni lavorative del convivente, cfr.<br />

Cass., 31 gennaio 1967, n. 276, in Foro it., 1967, I, c. 491; Cass., 18 ottobre 1976, n. 3585, in Giur. it., 1977, I, 1, c.<br />

1949; Cass., 11 aprile 1979, n. 2124; Cass., 20 marzo 1980, n. 1880; Cass., 12 marzo 1981, n. 1415; Cass., 3 <strong>di</strong>cembre<br />

1984, n. 6311. Per due aperture, peraltro a livello <strong>di</strong> meri obiter, verso l’estensione analogica dell’art. 230-bis c.c. alla<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cfr. Cass., 19 <strong>di</strong>cembre 1994, n. 10927; Cass., 15 marzo 2006, n. 5632.<br />

( 30 ) Cfr. Cass., 29 novembre 2004, n. 22405.<br />

( 31 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 105 ss.; cfr. inoltre ID., Le prestazioni<br />

lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 49 ss., 92ss. Per un veloce accenno in precedenza v. anche PARADISO, La<br />

comunità familiare, cit., p. 110 ss., ove si osserva che, nel caso <strong>di</strong> cessazione della convivenza, rileva il principio<br />

generale che «vieta l’arricchimento senza causa, integrato, se del caso, da quello della non gratuità delle prestazioni<br />

lavorative. Dovrà pertanto riconoscersi a favore <strong>di</strong> ciascuno una pretesa, in base all’art. 2041 c.c., sugli eventuali<br />

acquisti e i risparmi realizzati dal convivente qualora possano ritenersi “frutto” del contributo <strong>di</strong> entrambi»;<br />

successivamente all’opera dello scrivente v. anche FERRANDO, Convivere senza matrimonio: rapporti personali e<br />

patrimoniali nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 194 ss.; TOMMASINI, op. cit., p. 509 s.; DI GREGORIO, Programmazione dei<br />

rapporti familiari e libertà <strong>di</strong> contrarre, Milano, 2003, p. 186 ss.; ARCANI, op. cit., p. 899 ss.; COCUCCIO, Convivenza e<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: problematiche e prospettive, in Dir. fam. pers., 2009, p. 908 ss.; contra PANICO, Sull’esperibilità<br />

dell’azione <strong>di</strong> ingiustificato arricchimento nel caso <strong>di</strong> cessazione della convivenza more uxorio, in Giur. it., 1997, IV, c.<br />

35


Essa, prendendo le mosse dalla critica alla tra<strong>di</strong>zionale impostazione giurisprudenziale e dottrinale<br />

( 32 ), secondo cui «la volontaria prestazione esclude l’ingiusto arricchimento», rinviene la fonte <strong>di</strong><br />

tale ultimo principio nella preoccupazione, espressa da autorevole dottrina ( 33 ), <strong>di</strong> evitare che<br />

un’in<strong>di</strong>scriminata concessione dell’azione <strong>di</strong> arricchimento in funzione <strong>di</strong> recupero <strong>di</strong> una<br />

prestazione <strong>di</strong> facere (eseguita in assenza <strong>di</strong> obblighi legali o contrattuali) si possa tradurre<br />

nell’imposizione <strong>di</strong> uno scambio non desiderato dal soggetto arricchito. Riprova <strong>di</strong> ciò sta nel <strong>fatto</strong><br />

che non sono certo mancati i casi in cui, a ben vedere, la stessa giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità ha dato<br />

luogo all’azione ex art. 2041 c.c. pur in presenza <strong>di</strong> un arricchimento determinato dalla libera e<br />

volontaria ingerenza dell’impoverito nella sfera patrimoniale dell’arricchito ( 34<br />

).<br />

Come si è cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, invero, i timori sull’imposizione <strong>di</strong> uno scambio non<br />

desiderato sono destinati a venir meno allorquando l’attività dell’impoverito si sia venuta a inserire<br />

in un contesto, per così <strong>di</strong>re, obiettivamente caratterizzato dall’onerosità; quando, cioè, per<br />

l’arricchito fosse chiaro che la prestazione ricevuta non poteva intendersi come compiuta<br />

gratuitamente. Rilievo determinante è svolto quin<strong>di</strong> dalla presenza <strong>di</strong> un «affidamento»<br />

dell’impoverito nell’onerosità del rapporto, conosciuto, o quanto meno conoscibile, dalla<br />

controparte proprio per effetto delle peculiari relazioni sussistenti inter partes.<br />

La conclusione riceve conforto dal raffronto con il parallelo regime dell’indebito oggettivo,<br />

nel quale il solo compimento <strong>di</strong> una prestazione <strong>di</strong> dare, non giustificato dalla presenza <strong>di</strong><br />

un’obbligazione legale o contrattuale, dà sempre luogo alla ripetizione.<br />

Un’ulteriore <strong>di</strong>mostrazione della fondatezza della tesi qui sostenuta è ricavabile da una serie<br />

<strong>di</strong> norme che si preoccupano <strong>di</strong> riconoscere al soggetto che si è ingerito nella sfera patrimoniale<br />

altrui, eseguendovi delle prestazioni <strong>di</strong> facere, il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> «recuperare» l’impoverimento subito per<br />

effetto <strong>di</strong> tale attività. Si tratta, più precisamente, dei principi in tema <strong>di</strong> miglioramenti eseguiti su<br />

beni <strong>di</strong> proprietà altrui (cfr. artt. 975, 985, 1150, 1592, 2152 c.c.), o che successivamente <strong>di</strong>vengano<br />

<strong>di</strong> proprietà altrui, ma con effetto retroattivo (cfr. artt. 748, primo e secondo comma, 749, 1502<br />

c.c.), cui sono assimilabili anche i miglioramenti eseguiti dal terzo acquirente del bene ipotecato<br />

(art. 2864 cpv., c.c.). Orbene, se vi è un presupposto comune a tutte le ipotesi è proprio l’assenza <strong>di</strong><br />

un intento liberale: l’impoverito è infatti sempre vuoi (almeno temporaneamente) proprietario, vuoi<br />

possessore, vuoi detentore qualificato; in queste situazioni si deve dunque presumere che chi esegue<br />

un miglioramento lo faccia esclusivamente nell’interesse proprio, senza il minimo intento <strong>di</strong><br />

263 ss., secondo cui «<strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> prestazioni, controprestazioni, affidamenti ed onerosità appare, in costanza <strong>di</strong><br />

convivenza more uxorio, abbastanza ozioso»; E. QUADRI, Famiglia e or<strong>di</strong>namento civile, Torino, 1998, p. 40; nel senso<br />

dell’ammissibilità del rime<strong>di</strong>o soltanto in relazione alle prestazioni che eccedono la normale contribuzione BALESTRA,<br />

Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3779; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2008, cit., p. 1060 ss.<br />

( 32 ) Cfr. Cass., 3 novembre 1956, n. 4110, in Foro it., 1957, I, c. 583; Cass., 26 ottobre 1968, n. 3592; Cass., 27<br />

febbraio 1978, n. 1024; Cass., 6 marzo 1986 n.1456; Cass., 11 febbraio 1989, n. 862; Cass., 21 novembre 1996, n.<br />

10251; Cass., 14 maggio 2003, n. 7373; in dottrina v. per tutti BILE, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nella giurisprudenza della<br />

Corte <strong>di</strong> cassazione, cit., p. 646. Per la giurisprudenza <strong>di</strong> merito, nel senso della giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità appena<br />

citata, cfr. App. Roma, 20 aprile 2006, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito (da notare che la<br />

decisione ha <strong>fatto</strong> applicazione del principio in relazione ad un contributo in denaro versato dal partner <strong>di</strong>rettamente<br />

alla parte ven<strong>di</strong>trice per un acquisto immobiliare operato dalla convivente; il tribunale ha qui espressamente <strong>di</strong>chiarato<br />

<strong>di</strong> non affrontare il tema della donazione – eventualmente nulla per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> forma – per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> domanda sul punto).<br />

Analoghe considerazioni sono rinvenibili in Trib. Bologna, 9 febbraio 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio<br />

Corti <strong>di</strong> merito, ove si rimarca, tra l’altro, che «non è risultato provato un impoverimento dell’attrice in correlazione con<br />

l’espletamento <strong>di</strong> tali prestazioni domestiche ed assistenziali, eseguite fuori dell’orario <strong>di</strong> lavoro, dall’altro deve essere<br />

posto in rilievo il <strong>fatto</strong> che la [ex convivente] ha sempre prestato il proprio consenso, evincibile anche da<br />

comportamenti concludenti, allo svolgimento <strong>di</strong> tali mansioni. Sul punto la giurisprudenza ha assunto un’opinione<br />

ferma e consacrata in un orientamento ormai consolidato che in<strong>di</strong>vidua nella volontà delle parti un <strong>fatto</strong>re idoneo ad<br />

escludere l’assenza o l’ingiustizia della causa. Secondo l’in<strong>di</strong>rizzo costante della giurisprudenza la volontà <strong>di</strong> colui che<br />

si assume impoverito acquista una valenza particolare, fino ad essere veramente idonea a costituire la giusta causa,<br />

quando la prestazione non solo è spontanea ma viene eseguita in relazione a motivi connessi a rapporti affettivi o<br />

familiari o <strong>di</strong> cortesia».<br />

( 33 ) P. TRIMARCHI, L’arricchimento senza causa, Milano, 1962, p. 11 ss.; ID., Istituzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato, Milano,<br />

1975, p. 377.<br />

( 34 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 117 ss.; cfr. inoltre ID., Le prestazioni<br />

lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 54 ss.<br />

36


locupletare la controparte. Se quin<strong>di</strong> il legislatore ha ritenuto <strong>di</strong> dover in<strong>di</strong>viduare le fattispecie in<br />

cui l’ingerenza nel patrimonio <strong>di</strong> un altro soggetto dà luogo a un’azione restitutoria e lo ha <strong>fatto</strong><br />

proprio in relazione a quei casi in cui manca ogni intento <strong>di</strong> arricchire la controparte, sembra logico<br />

desumerne, a contrariis, che la presenza dell’intenzione <strong>di</strong> impoverirsi sia, almeno <strong>di</strong> norma,<br />

sufficiente a giustificare l’arricchimento.<br />

Viceversa, l’assenza <strong>di</strong> un’intenzione <strong>di</strong> impoverirsi, e quin<strong>di</strong> l’eventuale «affidamento» su <strong>di</strong><br />

una controprestazione, potrà dar luogo all’actio de in rem verso. Peraltro, per evitare all’arricchito<br />

l’imposizione <strong>di</strong> uno scambio indesiderato, ciò avverrà solo quando tale «affidamento»<br />

dell’impoverito sia conosciuto dalla controparte, o quanto meno conoscibile per via dell’obiettiva<br />

onerosità del contesto in cui l’attività si è venuta a inserire ( 35<br />

).<br />

Ora, posto che l’animus con il quale il convivente «debole» pone in essere la propria attività<br />

domestica non è quello <strong>di</strong> impoverirsi, ma è collegato all’«affidamento» non già in una retribuzione<br />

(intesa nel senso tra<strong>di</strong>zionale del termine), bensì nell’adempimento ex adverso <strong>di</strong> quei doveri morali<br />

e sociali (assistenza morale e materiale, contribuzione, ecc.) che caratterizzano oggi il rapporto<br />

more uxorio, ne <strong>di</strong>scende che la reciprocità delle obbligazioni naturali tra conviventi, in quanto<br />

scaturente da una situazione certamente nota a entrambi, fonda in colui che ha dato spontanea<br />

esecuzione ai doveri morali e sociali su <strong>di</strong> lui gravanti proprio quell’«affidamento» nell’onerosità<br />

dell’operazione che è il presupposto del rime<strong>di</strong>o ex art. 2041 c.c. per le prestazioni <strong>di</strong> facere.<br />

L’arricchimento provocato nell’accipiens dall’esecuzione dell’obbligazione naturale non<br />

potrà quin<strong>di</strong> ritenersi giustificato se non a fronte <strong>di</strong> un adempimento reciproco del corrispettivo<br />

dovere morale e sociale <strong>di</strong> contribuzione. In definitiva, deve <strong>di</strong>rsi che la contribuzione prestata da<br />

uno solo dei conviventi a vantaggio dell’altro determina in capo all’accipiens un arricchimento<br />

ingiustificato allorquando quest’ultimo sia (in tutto o in parte) inadempiente all’obbligazione<br />

naturale sullo stesso gravante: in tale ipotesi sarà garantito il <strong>di</strong>ritto della parte adempiente <strong>di</strong><br />

ottenere una somma corrispondente all’eccedenza della prestazioni eseguite rispetto a quelle<br />

ricevute, così riportando i partners a una posizione <strong>di</strong> sostanziale parità, appianando possibili <strong>di</strong>vari<br />

tra le prestazioni eseguite in adempimento delle reciproche obbligazioni naturali sugli stessi<br />

36<br />

incombenti ( ).<br />

5. Segue. La giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità favorevole all’azione <strong>di</strong> arricchimento tra<br />

conviventi.<br />

La soluzione proposta dallo scrivente sembra avere rinvenuto, almeno in parte, accoglienza<br />

favorevole anche dalla più recente giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità. A parte una decisione del 2007, in<br />

cui il S.C., senza aggiungere alcun contributo valutativo, si è sostanzialmente limitato a ritenere<br />

congruamente motivata una decisione della corte d’appello <strong>di</strong> Firenze, dalla quale peraltro il<br />

37 38<br />

rime<strong>di</strong>o ex art. 2041 c.c. era stato accolto ( ), in un caso risolto nel 2009 ( ) la Cassazione ha<br />

stabilito che, poiché «l’azione generale <strong>di</strong> arricchimento ha come presupposto la locupletazione <strong>di</strong><br />

un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa», non è dato invocare la<br />

mancanza o l’ingiustizia della causa soltanto «qualora l’arricchimento sia conseguenza <strong>di</strong> un<br />

contratto, <strong>di</strong> un impoverimento remunerato, <strong>di</strong> un atto <strong>di</strong> liberalità o dell’adempimento <strong>di</strong><br />

un’obbligazione naturale». Ne consegue, pertanto, che è «possibile configurare l’ingiustizia<br />

dell’arricchimento da parte <strong>di</strong> un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza <strong>di</strong><br />

prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal<br />

rapporto <strong>di</strong> convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle con<strong>di</strong>zioni sociali e patrimoniali dei<br />

componenti della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> – e travalicanti i limiti <strong>di</strong> proporzionalità e <strong>di</strong> adeguatezza».<br />

Dovrà considerarsi che, nel caso <strong>di</strong> specie, risultava, dalla decisione <strong>di</strong> merito, che la<br />

( 35 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 121 ss.; cfr. inoltre ID., Le prestazioni<br />

lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 58 ss.<br />

( 36 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 127 ss.; cfr. inoltre ID., Le prestazioni<br />

lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 65 ss.<br />

( 37 ) Cass., 22 marzo 2007, n. 6976, su cui v. infra, § 6, in questo Capitolo.<br />

( 38 ) Cass., 15 maggio 2009, n. 11330, in Corr. giur., 2010, p. 72.<br />

37


provvista per una serie <strong>di</strong> acquisti immobiliari operati dal partner «forte» durante l’unione<br />

paramatrimoniale era stata fornita «anche e soprattutto» dai proventi del lavoro della convivente, in<br />

assenza <strong>di</strong> una giusta causa del «rilevante contributo economico e lavorativo» fornito dalla donna<br />

per gli acquisti effettuati dal convivente (nel frattempo deceduto) durante tutto il periodo <strong>di</strong><br />

ultratrentennale convivenza. Si è pertanto ritenuto che l’arricchimento <strong>di</strong> quest’ultimo fosse<br />

conseguente alla conversione a suo esclusivo profitto, me<strong>di</strong>ante l’acquisto <strong>di</strong> proprietà immobiliari<br />

ad esso solo intestate, <strong>di</strong> contributi economici e lavorativi della convivente, resi in assenza <strong>di</strong> un<br />

titolo (neppure gratuito) che giustificasse lo spostamento patrimoniale e tali – per rilevanza,<br />

continuità ed unilateralità degli apporti – da non costituire adempimento dei doveri morali,<br />

conseguenti all’instaurazione del rapporto <strong>di</strong> convivenza ( 39<br />

).<br />

Con riguardo al caso dell’obbligazione naturale, evidentemente rilevante in relazione al caso<br />

della convivenza more uxorio oggetto del giu<strong>di</strong>zio, la Suprema Corte evidenzia che il riferimento ad<br />

esigenze <strong>di</strong> tipo solidaristico non è <strong>di</strong> per sé sufficiente a prefigurare una «giusta causa» dello<br />

spostamento patrimoniale, giacché ai fini dell’art. 2034 c.c., comma primo, occorre allegare e<br />

<strong>di</strong>mostrare non solo l’esistenza <strong>di</strong> un dovere morale o sociale in rapporto alla valutazione corrente<br />

nella società, ma anche che tale dovere sia stato spontaneamente adempiuto con una prestazione<br />

avente carattere <strong>di</strong> proporzionalità e adeguatezza in relazione a tutte le circostanze del caso. Ne<br />

deriva che, con particolare riguardo alla convivenza more uxorio, è possibile configurare<br />

l’ingiustizia dell’arricchimento da parte <strong>di</strong> un convivente nei confronti dell’altro in presenza <strong>di</strong><br />

prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal<br />

rapporto <strong>di</strong> convivenza – il cui contenuto va parametrato in relazione alle con<strong>di</strong>zioni sociali e<br />

patrimoniali dei componenti della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> – e travalicanti i limiti <strong>di</strong> proporzionalità e <strong>di</strong><br />

adeguatezza.<br />

Due anni dopo la Cassazione riba<strong>di</strong>sce che «è possibile configurare l’ingiustizia<br />

dell’arricchimento da parte <strong>di</strong> un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza <strong>di</strong><br />

prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal<br />

rapporto <strong>di</strong> convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle con<strong>di</strong>zioni sociali e patrimoniali dei<br />

40<br />

componenti della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> – e travalicanti i limiti <strong>di</strong> proporzionalità e <strong>di</strong> adeguatezza» ( ).<br />

La fattispecie presentata questa volta, nel 2011, all’esame della Corte era piuttosto complessa<br />

(a <strong>di</strong>spetto – e conformemente a quanto più spesso accade nelle nostre sempre più inutilmente<br />

intasate aule <strong>di</strong> giustizia – del valore relativamente modesto della materia del contendere). La<br />

coppia aveva qui deciso <strong>di</strong> convivere nell’appartamento appartenente ai genitori del compagno, e la<br />

convivente aveva provveduto all’acquisto del mobilio che, dopo la rottura del rapporto<br />

sentimentale, era rimasto nell’appartamento occupato dall’uomo, il quale ne godeva, quin<strong>di</strong>, in via<br />

esclusiva e senza titolo. La corte d’appello aveva condannato il convivente al pagamento <strong>di</strong> una<br />

somma, a titolo <strong>di</strong> arricchimento ingiustificato, pari al valore <strong>di</strong> acquisto dei mobili, rifacendosi alla<br />

circostanza secondo la quale la proprietaria non ne aveva mai avuto il go<strong>di</strong>mento e questi beni,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dall’offerta <strong>di</strong> restituzione effettivamente fatta dall’uomo, non avevano, in un<br />

altro contesto immobiliare, alcun valore.<br />

La Cassazione, invece, ritiene necessario <strong>di</strong>stinguere due momenti, l’uno anteriore e l’altro<br />

posteriore all’offerta <strong>di</strong> restituzione dei beni, cassando la sentenza d’appello e riconoscendo il<br />

<strong>di</strong>ritto per la ex convivente a richiedere una somma a titolo <strong>di</strong> arricchimento ingiustificato,<br />

( 39 ) In motivazione è altresì dato leggere che l’art. 2041 c.c., costituisce una norma <strong>di</strong> chiusura della <strong>di</strong>sciplina delle<br />

obbligazioni, che costituisce uno strumento <strong>di</strong> tutela, esperibile in tutti i casi in cui tra due soggetti si verifica uno<br />

spostamento patrimoniale (c.d. utiliter versum), tale che uno subisca danno e l’altro si arricchisca, «senza una giusta<br />

causa» e, cioè, senza che sussista una ragione che, secondo l’or<strong>di</strong>namento, giustifichi il profitto o il vantaggio<br />

dell’arricchito. Si rileva inoltre esattamente che l’azione ex art. 2041 c.c. ha carattere generale (perché è esperibile in<br />

una serie indeterminata <strong>di</strong> casi, in quanto espressione del principio per cui non è ammissibile l’altrui pregiu<strong>di</strong>zio<br />

patrimoniale senza una ragione giustificativa) e natura sussi<strong>di</strong>aria (perché è esercitabile solo quando al depauperato non<br />

spetti nessun’altra azione, basata su un contratto, su un <strong>fatto</strong> illecito o su altro atto o <strong>fatto</strong> produttivo dell’obbligazione<br />

restitutoria o risarcitoria: cfr. art. 2042 c.c.). L’arricchimento risulterà pertanto senza una giusta causa quando è<br />

correlato ad un impoverimento non remunerato, né conseguente ad un atto liberalità e neppure all’adempimento <strong>di</strong><br />

un’obbligazione naturale; e ciò in quanto l’or<strong>di</strong>namento esige che ogni arricchimento <strong>di</strong>penda dalla realizzazione <strong>di</strong> un<br />

interesse meritevole <strong>di</strong> tutela.<br />

( 40 ) Cass., 30 novembre 2011, n. 25554.<br />

38


parametrata però al solo valore del go<strong>di</strong>mento esclusivo dei beni stessi da parte dell’uomo fino al<br />

momento in cui questi ebbe ad effettuare l’offerta <strong>di</strong> consegna delle suppellettili alla ex compagna<br />

( 41<br />

).<br />

42<br />

In un’altra decisione dello stesso anno 2011 la Cassazione ( ) conferma la decisione della<br />

corte d’appello che aveva negato la domanda <strong>di</strong> arricchimento proposta dalla ex convivente nei<br />

confronti degli ere<strong>di</strong> del partner, «per l’assistenza [prestata] per oltre venti anni», rilevando che<br />

«nel caso in cui venga lamentato l’arricchimento da parte <strong>di</strong> un convivente more uxorio nei<br />

confronti dell’altro, sono state ritenute indennizzabili le sole prestazioni che esulino dal mero<br />

adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto <strong>di</strong> convivenza (v. da ultimo, Cass. 15 maggio<br />

2009 n. 11330)».<br />

6. Segue. Le persistenti incertezze della giurisprudenza <strong>di</strong> merito. Conclusioni sul tema,<br />

relativamente alle prestazioni <strong>di</strong> facere.<br />

Appare curioso notare che, nel momento in cui la Corte <strong>di</strong> legittimità accoglie le domande ex<br />

art. 2041 c.c., trascurando <strong>di</strong> prendere in considerazione la propria «antica» giurisprudenza in senso<br />

<strong>di</strong>ametralmente opposto e <strong>di</strong> farsi carico delle obiezioni legate alla tesi dello «scambio imposto»,<br />

non poche decisioni <strong>di</strong> merito rigettano l’azione, reputando che le prestazioni compiute da una delle<br />

43<br />

parti non travalicassero, nella specie, i limiti <strong>di</strong> proporzionalità dell’obbligazione naturale ( ). Ciò,<br />

talora, anche in relazione a prestazioni il cui contenuto superava notevolmente quello delle<br />

contribuzioni effettuate dal partner, sulla base dell’assunto per cui la parte che aveva dato <strong>di</strong> più era<br />

quella dotata <strong>di</strong> maggiori capacità economiche (peraltro sempre, o quasi sempre, trascurando <strong>di</strong><br />

verificare che l’altro convivente avesse effettivamente adempiuto alla propria obbligazione naturale,<br />

pur se <strong>di</strong> contenuto «ridotto» rispetto a quello della parte attrice) ( 44<br />

).<br />

( 41 ) Al riguardo la Cassazione formula il seguente principio: «la proponibilità da parte del proprietario <strong>di</strong> un bene<br />

dell’azione <strong>di</strong> arricchimento nei confronti <strong>di</strong> un terzo che ne abbia goduto senza titolo, al fine <strong>di</strong> essere indennizzato del<br />

pregiu<strong>di</strong>zio subito, pari al corrispettivo per il go<strong>di</strong>mento da parte dell’arricchito del bene, va riconosciuta<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalla possibilità del proprietario medesimo <strong>di</strong> chiedere la restituzione, dato che tale seconda azione<br />

non previene, né elimina, il danno verificatosi prima del utile esercizio, o anteriormente all’offerta <strong>di</strong> restituzione, e,<br />

quin<strong>di</strong>, non configura un rime<strong>di</strong>o <strong>di</strong> esso, idoneo ad escludere la prima azione alla stregua del suo carattere sussi<strong>di</strong>ario».<br />

( 42 ) Cass., 20 <strong>di</strong>cembre 2011, n. 27773.<br />

( 43 ) In questo senso v. Trib. Larino, 21 ottobre 1994, in Nuovo <strong>di</strong>r., 1995 p. 519, con nota <strong>di</strong> FRONTINI, che ha<br />

affermato che il convivente non ha <strong>di</strong>ritto al pagamento <strong>di</strong> una somma corrispondente all’incremento <strong>di</strong> valore <strong>di</strong><br />

fabbricato in proprietà dell’altro convivente in <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> lavori <strong>di</strong> ristrutturazione ed ampliamento che egli abbia<br />

eseguiti, non provando che le sue dazioni eccedano dall’esecuzione dei doveri morali e sociali <strong>di</strong> cui all’art. 2034 c.c.<br />

Trib. Genova, 25 settembre 2009, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito, in relazione alla richiesta <strong>di</strong><br />

restituzione dell’arricchimento conseguente al pagamento, da parte della ex convivente, <strong>di</strong> spese condominiali afferenti<br />

all’alloggio <strong>di</strong> proprietà dell’ex partner, motiva come segue: «nel rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio, fonte<br />

unicamente <strong>di</strong> obbligazioni morali o naturali, non trovano adeguata causa attribuzioni patrimoniali che fuoriescano dalla<br />

logica del supporto alla convivenza per tradursi in una autonoma, consistente e probabilmente duratura attribuzione<br />

patrimoniale ottenuta in forza <strong>di</strong> una confusione degli interessi non suscettibile <strong>di</strong> positivo apprezzamento giuri<strong>di</strong>co. Nel<br />

caso tuttavia è risultato pacifico che le spese <strong>di</strong> amministrazione versate concernevano sì una casa <strong>di</strong> proprietà del<br />

convenuto, ma anche la casa nella quale era in corso ed ulteriormente progettata la convivenza in comune». Trib. Pavia,<br />

23 gennaio 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito, in relazione alla domanda, fondata<br />

sull’azione <strong>di</strong> arricchimento, per l’acquisto <strong>di</strong> mobili d’arredamento della casa in cui si era svolta per circa vent’anni la<br />

convivenza, afferma che «Nell’acquisto <strong>di</strong> tali arre<strong>di</strong> ritiene questo Tribunale che debba riconoscersi una prestazione<br />

costituente esecuzione dei doveri morali e sociali legati alla convivenza more uxorio delle parti e, come tale, il relativo<br />

conferimento degli stessi, per l’utilizzo anche da parte della convenuta, rende irripetibile il bene in quanto adempimento<br />

<strong>di</strong> un’obbligazione naturale». In Trib. Perugia, 2 aprile 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito, si<br />

legge poi che «Le attribuzioni patrimoniali fatte a favore del convivente more uxorio sono state infatti qualificate dalla<br />

giurisprudenza quali obbligazioni naturali: nel caso in esame, la collaborazione alla creazione dell’arredamento nella<br />

casa nella quale si svolgeva la vita in comune risponde proprio all’adempimento <strong>di</strong> quel dovere morale a cui si è <strong>fatto</strong><br />

riferimento, ed è anche del tutto proporzionata, per l’entità della spesa, alle necessità della vita in comune».<br />

( 44 ) Trib. Bologna, 25 gennaio 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito. In motivazione si<br />

legge quanto segue: «che lo stabile rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio nel periodo in<strong>di</strong>cato, circostanza pacifica fra le<br />

parti, qualifica gli esborsi <strong>di</strong> cui si chiede la restituzione, compiuti dall’attrice per sopperire alle necessità del<br />

compagno, quali obbligazioni naturali, sussistendo nella fattispecie un rapporto <strong>di</strong> proporzionalità tra le somme sborsate<br />

ed i doveri morali e sociali reciprocamente assunti dai conviventi. Sotto quest’ultimo profilo, nell’atto <strong>di</strong> citazione non<br />

39


Solo raramente, al fine <strong>di</strong> rigettare l’azione, ci si premura anche <strong>di</strong> porre in luce come, nella<br />

specie, pur non collocandosi le «prestazioni» al <strong>di</strong> fuori della proporzionalità, vi fosse stato durante<br />

il ménage un adempimento reciproco dell’obbligazione naturale su entrambi gravante, con<br />

conseguente giustificazione dei reciproci arricchimenti ( 45<br />

).<br />

Una decisione del Tribunale <strong>di</strong> Firenze dell’anno 2000, ha invece ammesso il rime<strong>di</strong>o in<br />

<strong>di</strong>scussione in relazione ad un caso originato da una convivenza ultraventennale da cui erano nati<br />

due figli e nel corso della quale entrambe le parti avevano svolto attività lavorativa alle <strong>di</strong>pendenze<br />

46<br />

<strong>di</strong> terzi ( ). È interessante rimarcare nella decisione in esame il <strong>fatto</strong> che l’effettuazione <strong>di</strong> un<br />

apporto in denaro è stato presunto sulla base della prova del red<strong>di</strong>to da lavoro <strong>di</strong>pendente della<br />

convivente non intestataria. Peraltro nessun’indagine risulta essere stata compiuta sull’effettiva<br />

si prospettano spese sproporzionate, né esse emergono dall’esame degli estratti del conto corrente bancario depositati<br />

quale doc. 1. La circostanza che l’attrice abbia maggiormente contribuito alle spese della famiglia è pacificamente<br />

dovuta alla maggiore retribuzione dalla medesima percepita rispetto a quella del convenuto, la cui attività lavorativa e<br />

capacità red<strong>di</strong>tuale doveva essere ben nota all’attrice prima della convivenza, avendo la stessa in<strong>di</strong>cato nell’atto <strong>di</strong><br />

citazione <strong>di</strong> essersi innamorata <strong>di</strong> Ca. vent’anni prima e che la convivenza era seguita ad un lungo periodo <strong>di</strong><br />

fidanzamento. Da tale premessa, consegue che il convenuto non è tenuto all’obbligo <strong>di</strong> restituzione delle somme spese<br />

in modo spontaneo dall’attrice a suo favore, poiché tali prestazioni furono eseguite in adempimento della predetta<br />

obbligazione naturale».<br />

( 45 ) App. Firenze, 4 novembre 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito. In motivazione leggesi<br />

quanto segue: «In realtà infatti in base ai risultati dell’istruttoria e alle ammissioni rese dalla stessa attrice si deve<br />

concludere che entrambe le parti insieme hanno lavorato, insieme hanno provveduto ai bisogni della famiglia e della<br />

prole, insieme hanno comprato casa ed insieme hanno allevato ed educato i figli. L’attrice, alla fine del rapporto, si<br />

ritrova comproprietaria <strong>di</strong> un immobile che, per affermazione non contestata <strong>di</strong> controparte, ha un valore <strong>di</strong> circa 400<br />

milioni delle vecchie lire; per sua stessa <strong>di</strong>chiarazione il (...) contribuiva regolarmente alle necessità del nucleo familiare<br />

e quando ha lasciato il lavoro part-time (secondo il convenuto per essersi <strong>di</strong>messa e comunque non è provato che sia<br />

stata licenziata né si conoscono i motivi dell’eventuale licenziamento) ha continuato a ricevere regolarmente dal<br />

convivente Lire 2 milioni al mese per provvedere ai bisogni propri e della famiglia. Se ne trae la ricostruzione <strong>di</strong> un<br />

quadro familiare nell’ambito del quale entrambi hanno contributo ciascuno con i propri mezzi e le proprie capacità alle<br />

esigenze della famiglia e dei figli in adempimento dei doveri morali <strong>di</strong> assistenza reciproca, senza che possa ravvisarsi,<br />

in conseguenza dei rispettivi apporti, un arricchimento “ingiustificato” dell’uno a danno dell’altra.<br />

( 46 ) Cfr. Trib. Firenze, 12 febbraio 2000 (ine<strong>di</strong>ta, n. 594/2000, in proce<strong>di</strong>mento n. 15/1997 R.G., A. c/ M.). La<br />

sentenza è stata confermata in sede d’appello (cfr. App. Firenze, 18 ottobre 2002, ine<strong>di</strong>ta), la quale a sua volta è stata<br />

confermata da Cass., 22 marzo 2007, n. 6976, cit. Nella specie, nel 1980 l’uomo, in costanza <strong>di</strong> convivenza, aveva<br />

proceduto all’acquisto, a suo esclusivo nome, della casa <strong>di</strong> abitazione destinata a <strong>di</strong>ventare la residenza della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>. Due anni dopo la cessazione della convivenza, intervenuta nel 1995, la donna aveva chiesto una somma a titolo <strong>di</strong><br />

arricchimento ingiustificato, proprio in relazione all’acquisto della casa, facendo presente che l’acquisto era avvenuto<br />

«con i proventi della attività lavorativa <strong>di</strong> entrambi» e che l’ex convivente intestatario della stessa «da solo non sarebbe<br />

stato in grado <strong>di</strong> acquistarla, posto che godeva del solo stipen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> [lavoratore] <strong>di</strong>pendente». Il Tribunale, dopo aver<br />

constato che nella specie si era trattato «<strong>di</strong> una stabile relazione affettiva, che non ha rivestito i caratteri della<br />

occasionalità, che viene qualificata come convivenza more uxorio e alla quale l’or<strong>di</strong>namento ricollega talune<br />

conseguenze giuri<strong>di</strong>che, ritenendola per alcuni aspetti meritevole <strong>di</strong> tutela» e che la donna, per tutta la durata del<br />

rapporto, aveva sempre svolto «continua attività lavorativa», ha rimarcato che essa «lavorava e guadagnava e che<br />

comunque essa ha investito nel ménage familiare tutta la sua attività anche <strong>di</strong> casalinga (comunque suscettibile <strong>di</strong><br />

valutazione patrimoniale: si veda sul punto la giurisprudenza sul danno patrimoniale da r.c.a. della casalinga)». Da tale<br />

premessa se ne è tratta la conseguenza dell’esclusione dell’inquadramento dell’attribuzione tra gli atti <strong>di</strong> adempimento<br />

<strong>di</strong> obbligazione naturale, perché tale qualificazione sarebbe «da circoscriversi alle prestazioni che abbiano <strong>di</strong>rettamente<br />

ad oggetto il mantenimento della famiglia, e che pertanto siano imme<strong>di</strong>atamente utilizzate (in questo senso sarebbe da<br />

ritenersi inesistente un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to per le somme spese per vitto e alloggio inteso come canone <strong>di</strong> locazione o spese<br />

afferenti alla abitazione comune) e non rapportabile all’adempimento <strong>di</strong> un obbligo morale laddove le somme siano<br />

spese in un bene duraturo che permanga nella <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> uno solo dei conviventi». In secondo luogo si è pure<br />

escluso – come si avrà modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re (v. infra, Cap. III, § 4) – il ricorso alla figura della donazione, «mancando lo spirito<br />

<strong>di</strong> liberalità, laddove si debba ritenere, in assenza <strong>di</strong> prova contraria, che colui che investe il proprio danaro in un bene<br />

primario come la casa del proprio nucleo familiare ciò faccia, nella previsione che <strong>di</strong> quella casa continuerà ad usufruire<br />

e non con l’intento <strong>di</strong> donarla alla sola altra parte». Ciò premesso il Tribunale ha concluso che «Se le dette ipotesi non si<br />

sono integrate è giuoco forza ritenere che la titolarità esclusiva <strong>di</strong> un bene immobile acquistato col danaro anche del<br />

convivente, configuri un ingiustificato arricchimento con correlativo depauperamento dell’altro convivente che le<br />

prestazioni in danaro abbia erogato, senza ottenerne adeguata contropartita. D’altra parte la non giustificabilità della<br />

attribuzione emerge dalla assenza della qualificabilità della stessa, come sopra motivato, in termini <strong>di</strong> liberalità o <strong>di</strong><br />

adempimento <strong>di</strong> obblighi morali e/o sociali». In applicazione <strong>di</strong> tali principi l’ex convivente intestatario è stato<br />

condannato al pagamento <strong>di</strong> una somma equivalente alla metà del valore del bene.<br />

40


provenienza del denaro impiegato nell’acquisto, per cui appare <strong>di</strong>fficile inquadrare il caso <strong>di</strong> specie<br />

nella <strong>di</strong>cotomia: prestazioni <strong>di</strong> dare/prestazioni <strong>di</strong> facere. Questo accertamento sarebbe però stato<br />

determinante ai fini della soluzione della controversia, posto che, come illustrato, nel caso <strong>di</strong><br />

contribuzione sub specie <strong>di</strong> un facere eccedente il dovere morale e sociale tra conviventi si sarebbe<br />

dovuto ancora accertare, per ammettere il rime<strong>di</strong>o ex art. 2041 c.c., che l’altro convivente non aveva<br />

prestato la propria contribuzione.<br />

Riassumendo e concludendo sul punto, può dunque <strong>di</strong>rsi che il trend attuale della<br />

giurisprudenza ammette l’azione ex art. 2041 c.c. per le prestazioni <strong>di</strong> facere del convivente, però<br />

solo laddove tali prestazioni, per la loro quantità ed entità intrinseca, superino il limite<br />

dell’obbligazione naturale contributiva tra conviventi, come sopra descritta.<br />

Questa con<strong>di</strong>zione è con<strong>di</strong>visa, come detto, da una parte della dottrina ( 47 ), la quale afferma<br />

che i contributi che – per la specifica natura, o per l’ammontare, oppure, infine, per il tipo <strong>di</strong> bene<br />

acquistato con essi – siano <strong>di</strong>retti a sod<strong>di</strong>sfare i bisogni derivanti dallo svolgimento della vita in<br />

comune, ovvero siano riconducibili al reciproco dovere morale <strong>di</strong> assistenza, sarebbero causalmente<br />

giustificati dal <strong>fatto</strong> <strong>di</strong> vivere insieme come coniugi, criticandosi anche il modello qui (ri)proposto,<br />

che finirebbe col prospettare una forma <strong>di</strong> «corrispettività delle attribuzioni patrimoniali come<br />

giustificazione delle stesse, sic et simpliciter, per governare una relazione <strong>di</strong> chiara matrice<br />

affettiva» ( 48<br />

).<br />

Ma la giustificazione causale opera solo per le attribuzioni (si ripete: <strong>di</strong> facere) già<br />

spontaneamente effettuate nel contesto <strong>di</strong> un rapporto che genera, proprio come chiarito dalla<br />

giurisprudenza a partire dal 1975, affidamenti reciproci, lasciando scoperta l’ipotesi (che è<br />

esattamente quella presa in esame) in cui invece una delle due parti sif<strong>fatto</strong> affidamento lasci<br />

deluso.<br />

Del resto, solo la prestazione rientrante nel limite dell’obbligazione naturale si pone<br />

all’interno <strong>di</strong> quello che sopra si è definito come contesto «obiettivamente caratterizzato<br />

dall’onerosità»: quando, cioè, per l’arricchito fosse chiaro che la prestazione ricevuta non poteva<br />

49<br />

intendersi come compiuta gratuitamente ( ). In caso contrario, quando cioè il contributo fornito<br />

eccede i limiti <strong>di</strong> proporzionalità sopra evidenziati, si ripropone invero inevitabilmente l’obiezione<br />

fondata sulla necessità <strong>di</strong> evitare lo «scambio imposto». Qui è il convivente «arricchitosi» che, in<br />

tali ipotesi, ben può obiettare <strong>di</strong> non essersi opposto alla prestazione per aver confidato sulla sua<br />

gratuità.<br />

Per tale ragione, in tutti i casi esaminati dalla giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità e <strong>di</strong> merito qui<br />

illustrata, il positivo accertamento del <strong>fatto</strong> che il valore delle prestazioni eseguite non eccedeva i<br />

«doveri morali e sociali <strong>di</strong> cui all’art. 2034 c.c.» avrebbe dovuto portare ad ammettere<br />

l’applicabilità del rime<strong>di</strong>o in questione, se si fosse accertato (ciò che peraltro non è sempre dato<br />

desumere dai casi in esame) che la parte che si era giovata del contributo lavorativo del partner non<br />

aveva adempiuto ai doveri morali e sociali <strong>di</strong> contribuzione su <strong>di</strong> essa gravanti.<br />

( 47 ) BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2008, cit., p. 1060 ss.; ID., Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3779.<br />

( 48 ) Così BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2008, cit., p. 1063.<br />

( 49 ) È interessante notare come ad analoghe conclusioni sia pervenuto il sistema <strong>di</strong> common law, me<strong>di</strong>ante<br />

l’applicazione del rime<strong>di</strong>o del quasi-contract in tutte quelle ipotesi <strong>di</strong> claims in respect of services nelle quali, avuto<br />

riguardo alla natura delle prestazioni e alla loro durata, «it was clear that the transaction was not meant to be gratuitous»<br />

(cfr. STOLJAR, The Law of Quasi-Contract, Sydney, Melbourne, Brisbane, 1964, p. 160 ss.).<br />

41


CAPITOLO III<br />

I CONTRIBUTI FORNITI PER L’ACQUISTO DI BENI:<br />

TRA REGIME PATRIMONIALE E<br />

RIPETIZIONE DELL’INDEBITO<br />

SOMMARIO: 1. I contributi forniti per l’acquisto <strong>di</strong> beni e l’arduo percorso per il recupero degli<br />

stessi. Impostazione del problema. Esclusione della possibilità <strong>di</strong> applicare le norme sulla<br />

comunione legale. – 2. Le principali proposte <strong>di</strong> legge sul tappeto circa i regimi patrimoniali<br />

dei conviventi. – 3. La soluzione proposta e l’applicazione delle norme in tema <strong>di</strong> ripetizione<br />

dell’indebito. – 4. Il ricorso allo schema causale della donazione (e le relative <strong>di</strong>fficoltà). –<br />

5. Il ricorso allo schema causale del mutuo (e le relative <strong>di</strong>fficoltà).<br />

1. I contributi forniti per l’acquisto <strong>di</strong> beni e l’arduo percorso per il recupero degli stessi.<br />

Impostazione del problema. Esclusione della possibilità <strong>di</strong> applicare le norme sulla comunione<br />

legale.<br />

Discorso almeno in parte <strong>di</strong>verso da quello sviluppato nel capitolo precedente va svolto in<br />

relazione alle prestazioni <strong>di</strong> dare, per le quali va subito anticipato che rime<strong>di</strong> restitutori sono<br />

ammissibili anche nell’ipotesi <strong>di</strong> prestazioni eccedenti il limite quantitativo dell’obbligazione<br />

naturale. Il problema attiene qui alla sorte dei contributi forniti da un partner per acquisti che siano<br />

effettuati esclusivamente a nome dell’altro (ovvero che vengano effettuati a nome <strong>di</strong> entrambi, ma<br />

in modo non proporzionale rispetto alle contribuzioni versate).<br />

Al riguardo si è evidenziato che, se, da una parte, la comunanza <strong>di</strong> vita può dar luogo all’idea<br />

che tali acquisti siano stati effettuati con l’apporto <strong>di</strong> entrambi i membri della coppia, dall’altra in<br />

tale contesto si può riproporre l’esigenza <strong>di</strong> tutelare il partner debole ( 1 ). Vi è infatti chi ha<br />

ipotizzato in tale caso un’applicazione analogica degli artt. 177 ss. c.c. ( 2 ). Malgrado<br />

l’autorevolezza della fonte da cui, già agli inizi del XVI secolo, tale suggerimento proviene, va<br />

con<strong>di</strong>visa la tesi maggioritaria, la quale esclude che in or<strong>di</strong>ne ai rapporti patrimoniali trovi<br />

applicazione analogica il regime <strong>di</strong> comunione legale dei beni ( 3<br />

).<br />

La storia dei tentativi <strong>di</strong> estendere ai conviventi il regime comunitario vigente per i coniugi è<br />

quanto mai risalente nel tempo.<br />

Già alcuni celeberrimi dottori dell’antico <strong>di</strong>ritto iberico, trattando delle peculiari <strong>di</strong>sposizioni<br />

4<br />

vigenti nel regno <strong>di</strong> Spagna sulla comunione degli acquisti ( ), dopo aver premesso che l’istituto<br />

avrebbe avuto applicazione «etiam in matrimonio putativo, quando inter coniuges erat contractum<br />

matrimonium quod subsistere non poterat, stante legitimo impe<strong>di</strong>mento» ( 5<br />

), e dopo aver affermato<br />

che, quanto meno in determinati casi, la comunione avrebbe potuto aver luogo anche tra fidanzati<br />

( 1 ) BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 142.<br />

( 2 ) PROSPERI, La famiglia non fondata sul matrimonio, cit., p. 287 ss.<br />

( 3 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 59 ss.; ID., La comunione legale tra coniugi, I, cit.,<br />

p. 298 ss.; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 405; MONTEVERDE, op. cit., p. 952; COCUCCIO, op. cit., p. 908 ss.;<br />

PORCELLI, La rottura della convivenza <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in AA. VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, I, Famiglia e<br />

matrimonio, 2, seconda e<strong>di</strong>zione, Milano, 2011, p. 1971 ss.; v. anche FERRANDO, Il matrimonio, in Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

civile e commerciale, già <strong>di</strong>retto da Cicu, Messineo e Mengoni, continuato da Schlesinger, Milano, 2002, p. 226 ss.;<br />

BUSNELLI e SANTILLI, op. cit., p. 785 ss.; in giurisprudenza Trib. Napoli, 8 luglio 1999, in Fam. <strong>di</strong>r., 2000, p. 502,<br />

esclude la sussistenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto al mantenimento o agli alimenti nei confronti del convivente more uxorio, a cui non<br />

si collegano <strong>di</strong>ritti e doveri se non <strong>di</strong> carattere morale; per una pronunzia <strong>di</strong> merito che esclude l’applicabilità in via<br />

analogica del regime <strong>di</strong> comunione legale cfr. App. Firenze, 12 febbraio 1991, in Dir. fam. pers., 1992, p. 633; per<br />

ulteriori riferimenti giurisprudenziali sul tema in oggetto cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit.,<br />

p. 71 ss.; BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 142.<br />

( 4 ) Su cui cfr. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, I, cit., p. 299 ss.<br />

( 5 ) Sul tema specifico dell’operatività del regime <strong>di</strong> comunione in caso <strong>di</strong> matrimonio putativo cfr. per tutti OBERTO,<br />

La comunione legale tra coniugi, nel Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile e commerciale, già <strong>di</strong>retto da Cicu, Messineo e Mengoni,<br />

continuato da Schlesinger, II, Milano, 2010, p. 1632 ss., 1860 ss.<br />

42


( 6 ), soggiungevano che la medesima conclusione si sarebbe potuta forse anche estendere – secondo<br />

quanto testualmente asserito da Lopez de Palacios Rubios – al caso relativo a «duobus amasiis<br />

simul habitantibus». Tra costoro, infatti, «videtur secundum aliquos tacite contracta societas, et<br />

lucra acquisita inter eos aequaliter <strong>di</strong>viduntur, eo modo, inter coniuges veros, vel putativos,<br />

praesertim si postea inter eos contractum fuit matrimonium» ( 7<br />

).<br />

Non stupisca tanta «modernità» da parte dell’autore (Juan Lopez de Palacios Rubios, per<br />

l’appunto) del famigerato requerimiento: <strong>di</strong> quel documento, cioè, che i conquistadores leggevano<br />

alle popolazioni amerin<strong>di</strong>e per intimare la sottomissione alla Corona <strong>di</strong> Spagna, minacciando, in<br />

caso contrario, gravi ritorsioni e che, <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, venne utilizzato nel Nuovo Mondo quale<br />

giustificazione per lo sterminio e la riduzione in schiavitù <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> persone. Quella presa <strong>di</strong><br />

posizione sulla possibile applicazione della comunione legale ai conviventi va, invero, collocata nel<br />

contesto pretridentino, in cui il concubinato (sovente praticato dagli stessi ecclesiastici) era nei fatti<br />

largamente tollerato, anche per l’evidente impossibilità, in assenza <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> registrazione dei<br />

8<br />

matrimoni, <strong>di</strong> tracciare una netta linea <strong>di</strong> demarcazione tra unione legittima e unione <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ( ).<br />

Ora, se occorre correttamente ammettere che il citato dottore iberico traeva lo spunto per le<br />

conclusioni appena illustrate da una lettura a <strong>di</strong>r poco «azzardata» d’un passo <strong>di</strong> Bartolo, che, a ben<br />

9<br />

vedere, aveva tratto ad una fattispecie <strong>di</strong>versa ( ), sta comunque <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> che non troppo lontano<br />

dall’esposto or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> idee si collocava il pensiero dello stesso Molineo, quando, in relazione al<br />

caso delle nozze clandestine, asseriva che la comunione avrebbe potuto avere ugualmente effetto<br />

(pur tra soggetti il cui matrimonio, si ba<strong>di</strong>, era ad<strong>di</strong>rittura inesistente!), qualora espressamente<br />

stipulata dalle parti ( 10<br />

).<br />

Certo, il brano <strong>di</strong> Molineo non si riferiva espressamente ai casi <strong>di</strong> concubinatus, ma tra tale<br />

situazione ed i matrimonia clandestina (pure caratterizzati, come il concubinato, dalla parvenza <strong>di</strong><br />

un’unione matrimoniale, in assenza <strong>di</strong> una celebrazione in facie Ecclesiae) il passo era assai breve<br />

( 6 ) Cfr. LOPEZ DE PALACIOS RUBIOS, Quaedam recollectae super legibus de Toro, in Repetitio rubricae et cap. per<br />

vestras, de donationib. inter virum et uxorem, Lugduni, 1576, p. 424 ss.; GARCIA DE SAAVEDRA, De coniugali<br />

acquaestu, in D.D. Garsiae, Galleci IC. Tractatus de expensis et meliorationibus, cui de novo accesserunt Ioannis<br />

Garsiae a Saabedra Tractatus quatuor, Lugduni, 1661, p. 73.<br />

( 7 ) Cfr. LOPEZ DE PALACIOS RUBIOS, Repetitio rubricae et cap. per vestras, de donationib. inter virum et uxorem,<br />

cit., p. 120.<br />

( 8 ) Sul tema si fa rinvio per tutti a OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 24 ss.<br />

( 9 ) Il passo in questione è infatti quello in cui Bartolo (cfr. BARTOLO DA SASSOFERRATO, In Primam Infortiati<br />

Partem, Venetiis, 1575, f. 57), dovendo affrontare il tema della societas tacite contracta, con particolare riguardo al<br />

caso relativo a «duobus fratribus, vel patruo, vel nepote», concludeva che «quando uterque negotiatur, tunc si hincinde<br />

lucra consueverunt communicare, praesumo societatem contractam esse (…) et probo propter l. in concubinatu., supra<br />

de concubinis et supra de ritu nupt. l. in libere. Praeterea talis actus, citra ius, et nomen societatis non potest celebrari,<br />

ergo societas videtur tacite contracta». La conclusione partiva dunque dal presupposto (trascurato da Lopez de Palacios<br />

Rubios) che entrambi i parenti svolgessero attività commerciale, mentre il rinvio <strong>di</strong> Bartolo era a quella parte dei suoi<br />

commentaria (cfr. BARTOLO DA SASSOFERRATO, In Primam Infortiati Partem, cit., f. 38), in cui, circa la l. in<br />

concubinatu, D de concubinis (D, 26, 7, 1), si sosteneva che «inter duos fratres simul commorantes, et ponentes lucrum<br />

in communi, in dubio praesumitur contracta societas: sicut inter virum et mulierem, in dubio praesumatur contractum<br />

matrimonium». Il richiamo <strong>di</strong> Bartolo al concubinato era dunque svolto unicamente al fine <strong>di</strong> argomentare che da un<br />

comportamento «concludente» era possibile inferire la stipula <strong>di</strong> un certo negozio (sulla prova del matrimonio nel<br />

periodo anteriore al Concilio <strong>di</strong> Trento cfr. per tutti OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 24 ss.).<br />

In senso contrario alle conclusioni <strong>di</strong> Lopez de Palacios Rubios cfr. però GARCIA DE SAAVEDRA, De coniugali<br />

acquaestu, cit., p. 108, che, dopo aver esposto l’opinione surriferita, sull’applicabilità della comunione ai concubinarii,<br />

concludeva affermando che «Mihi haec opinio non placet ex verbis nostrae legis, quae de marito ex uxore loquuntur, et<br />

rursum constante, inquit lex nostra, inter eos matrimonio».<br />

( 10 ) «Non ergo a <strong>di</strong>e contractus clandestini, nisi in vim clausulae expressae contractus, non in vim consuetu<strong>di</strong>nis»:<br />

cfr. la nota all’art. 94 della coutume <strong>di</strong> Valois in MOLINEO, Coustumes generalles et particulieres du royaume de<br />

France & des Gaulles : Mesmement toutes celles qui ont esté nouvellement re<strong>di</strong>gees par les trois Estats, &<br />

homologuees, corrigees & annotees de plusieurs decisions & arrests, <strong>di</strong>ligemment & fidellement par Messire Charles<br />

du Moulin, Advocat en la Cour de Parlement à Paris, & autres Iurisconsultes, I, Paris, 1581, f. 184. Occorre però<br />

tenere conto del <strong>fatto</strong> che, all’epoca in cui il grande giurista francese scriveva queste osservazioni, vale a <strong>di</strong>re prima del<br />

decreto Tametsi del Concilio <strong>di</strong> Trento (1563) e dell’Ordonnance de Blois (1579), il requisito della celebrazione non era<br />

ancora richiesto come essenziale per l’esistenza del matrimonio (sul tema cfr. per tutti OBERTO, I regimi patrimoniali<br />

della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 24 ss.).<br />

43


( 11 ), come <strong>di</strong>mostrato dall’asprezza delle critiche mosse alla conclusione appena illustrata da parte<br />

della dottrina successiva e, in particolare, dal (Claude) de Ferrière. Quest’ultimo s’affrettò, infatti, a<br />

precisare che, in considerazione della sacralité del matrimonio, «la communauté de biens ne peut<br />

point avoir lieu entre ceux qui vivent dans le concubinage, quoy qu’ils ayent mis tous leurs biens<br />

ensemble, et qu’ils en jouissent confusement et in<strong>di</strong>stinctement», peraltro ammettendo che «un<br />

homme et une femme peuvent contracter quelque societé universelle ou particuliere, quoy qu’ils<br />

vivent ensemble dans le concubinage, et telle societé produiroit les effets or<strong>di</strong>naires des societéz,<br />

suivant la <strong>di</strong>sposition du Droit Romain ; mais de <strong>di</strong>re qu’ils pussent contracter une societé, qui<br />

produisist les effets de la communauté de biens, comme le veut du Moulin, et se regler par les regles<br />

de la communauté entre mary et femme établies par les Coûtumes, c’est une proposition absurde, et<br />

que l’on ne peut pas soutenir» ( 12<br />

).<br />

La conclusione del de Ferrière, con un salto <strong>di</strong> qualche secolo, è valida ancora oggi.<br />

L’opinione assolutamente prevalente, invero, ripu<strong>di</strong>a l’estensibilità in via analogica della<br />

comunione legale ai conviventi, oltre che per le evidenti <strong>di</strong>fferenze tra unione matrimoniale e<br />

unione <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, per via della fondamentale scelta operata dai partners del faux ménage, per il «non<br />

matrimonio», che impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> applicare ad essi le conseguenze <strong>di</strong> quello che finirebbe invece con<br />

13<br />

l’essere un vero e proprio «matrimonio forzoso» ( ). Va del resto rilevata la non contrarietà a<br />

Costituzione della mancata estensione legislativa ( 14<br />

).<br />

Quanto, poi, all’opportunità <strong>di</strong> un’eventuale estensione de iure con<strong>di</strong>to, va dato atto delle<br />

gravissime obiezioni <strong>di</strong> carattere pratico che potrebbero sollevarsi <strong>di</strong> fronte ad una ipotetica<br />

applicazione ai conviventi del regime ex artt. 177 ss. c.c., in assenza <strong>di</strong> una qualche forma <strong>di</strong><br />

( 11 ) E ancor più breve <strong>di</strong>venne con la formalizzazione del requisito della celebrazione delle nozze, su cui v. il<br />

richiamo alla nota precedente.<br />

( 12 ) Cfr. C. DE FERRIÈRE, Corps et compilation de tous les commentateurs anciens et modernes sur la coutume de<br />

Paris : enrichie de nouvelles observations, & de plusieurs Questions decidées par les Arrests des cours Souveraines,<br />

avec les Conferences des autres Coutumes, II, Paris, 1685, p. 467, che aggiungeva: «parce que de mesme que la dot ne<br />

peut estre sans le mariage, § si adversus. Institut. de nupt. et l. 3 ff. de jure dot., quoy qu’au contraire le mariage puisse<br />

estre sans dot, aussi la communauté de biens ne peut estre sans mariage, encore que le mariage puisse estre sans<br />

communauté ; ce qui est sans <strong>di</strong>fficulté». Anche GARCIA DE SAAVEDRA, De coniugali acquaestu, cit., p. 107, con<br />

riguardo ai matrimoni clandestini, riteneva che «non esse lucra communicanda, quae fiant constante matrimonio<br />

reprobato ab Ecclesia sancta». Analoghe considerazioni in BOURJON, Le droit commun de la France, et la coutume de<br />

Paris réduits en principes, I, Paris, 1770, p. 516 («les mariages clandestins ne peuvent produire de communauté»). Si<br />

potrà notare ancora che alcune coutumes francesi espressamente stabilivano che la communauté de biens non potesse<br />

avere luogo se non tra persone coniugate: è il caso, ad esempio, della consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Tours (cfr. art. 231). Identica<br />

conclusione in Germania: cfr. per tutti NEUß, Theorie der Lehre von der ehelichen Gütergemeinschaft sowohl im<br />

Allgemeinen als nach den besonderen Gewohnheiten im Herzogthume Berg, Düsseldorf, 1808, p. 28 s.<br />

( 13 ) Cfr. per tutti OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 43 ss., 59 ss.; in giurisprudenza v.<br />

App. Firenze, 12 febbraio 1991, in Dir. fam. pers., 1992, p. 633, che espressamente rigetta la via dell’analogia, essendo<br />

l’applicabilità del regime ex artt. 177 ss. c.c. «dalla legge ricollegata al dato formale del vincolo matrimoniale» e come<br />

tale non estensibile analogicamente ad una situazione non caratterizzata da «un connotato <strong>di</strong> istituzionale stabilità<br />

(anche se non <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ssolubilità)», essendo invece la durata del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> «rimessa, giorno per giorno, alla mera<br />

volontà <strong>di</strong> ciascuno dei conviventi».<br />

Le considerazioni qui sommariamente svolte, unitamente a quelle dei lavori cui qui si fa rinvio, valgono poi a negare<br />

l’estensibilità in via analogica alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> anche della comunione de residuo, con particolare riguardo a quella<br />

dei proventi dell’attività separata <strong>di</strong> ciascun coniuge, ex art. 177, lett. c), c.c. (secondo quanto proposto invece da<br />

BUSNELLI, Sui criteri <strong>di</strong> determinazione della <strong>di</strong>sciplina normativa della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Atti<br />

del convegno <strong>di</strong> Pontremoli, 27-30 maggio 1976, Montereggio, sd. ma 1977, p. 141; nello stesso senso v. inoltre<br />

BESSONE e FERRANDO, Regime della filiazione, parentela naturale e famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Dir. fam. pers., 1979, p. 1339).<br />

Di tale istituto va infatti subito notata la dubbia estrapolabilità (nell’ambito del nostro or<strong>di</strong>namento) dal sistema più<br />

generale del regime legale matrimoniale, e la sua separabilità dalla comunione imme<strong>di</strong>ata, della quale costituisce un<br />

corollario. A ciò si aggiunga ancora la constatazione che questa particolare forma <strong>di</strong> comunione si presenta come<br />

in<strong>di</strong>ssolubilmente legata al momento dello scioglimento del regime legale, <strong>di</strong> cui presuppone pertanto la possibilità <strong>di</strong><br />

una esatta in<strong>di</strong>viduazione. In<strong>di</strong>viduazione che, <strong>di</strong>versamente dalla famiglia legittima, per la quale il co<strong>di</strong>ce prevede<br />

un’elencazione tassativa <strong>di</strong> casi (sull’argomento della tassatività dell’elencazione delle cause <strong>di</strong> scioglimento ex art. 191<br />

c.c. v. per tutti OBERTO, La comunione legale tra coniugi, II, cit., p. 1664 ss.), dovrebbe qui essere compiuta dal giu<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> volta in volta e a posteriori, me<strong>di</strong>ante un’analisi del comportamento delle parti, che in occasioni del genere, si sa, è<br />

sovente tutt’altro che univoco. Per una veloce rassegna sul tema (anteriore al 1995) v. anche CARAVAGLIOS, La<br />

comunione legale, Milano, 1995, p. 1215 ss.<br />

( 14 ) Cfr. per tutti OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 53 ss.<br />

44


«consacrazione» e <strong>di</strong> pubblicità del rapporto.<br />

La principale <strong>di</strong>fficoltà sembra costituita non tanto dalla (ovvia) necessità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare caso<br />

per caso la sussistenza del rapporto, quanto piuttosto da quella <strong>di</strong> appurare l’esatto momento <strong>di</strong><br />

inizio e <strong>di</strong> cessazione del medesimo, posto che con questi termini andrebbero raffrontate le date<br />

d’acquisto dei singoli beni. La caduta in comunione opererebbe automaticamente al momento<br />

dell’effettuazione <strong>di</strong> ciascun acquisto ai sensi dell’art. 177, lett. a) e d), c.c., e ciò anche nell’ipotesi<br />

in cui quest’ultimo risultasse formalmente compiuto da uno solo dei conviventi, secondo lo schema<br />

che va sotto il nome <strong>di</strong> coacquisto automatico ( 15 ). Sennonché, al convivente pretermesso (a<br />

<strong>di</strong>fferenza del coniuge) verrebbe a mancare ogni forma <strong>di</strong> tutela nei confronti <strong>di</strong> atti pregiu<strong>di</strong>zievoli<br />

dei suoi <strong>di</strong>ritti posti in essere dal partner. Quest’ultimo aspetto è un’evidente (e inevitabile)<br />

conseguenza dell’impossibilità <strong>di</strong> dare alla comunione legale tra conviventi un rilievo verso<br />

l’esterno, dal momento che essa, a <strong>di</strong>fferenza del matrimonio, non si fonda su <strong>di</strong> un <strong>fatto</strong> certo e<br />

verificabile dai terzi. Tant’è vero che nessuno dei fautori dell’estensibilità in via analogica della<br />

normativa matrimoniale s’azzarda a suggerire l’applicazione della regola dell’annullabilità degli atti<br />

(<strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione) in materia <strong>di</strong> beni immobili o mobili registrati compiuti da un coniuge senza il<br />

necessario consenso dell’altro (art. 184 c.c.). Costoro sono anzi costretti a ripiegare sul principio<br />

risarcitorio previsto dal terzo comma della <strong>di</strong>sposizione ultima citata ( 16<br />

), così prospettandone<br />

un’estensione analogica «<strong>di</strong> secondo grado», posto che il medesimo si riferisce testualmente al solo<br />

caso dei beni mobili non registrati.<br />

D’altronde non va <strong>di</strong>menticato che i singoli aspetti del regime giuri<strong>di</strong>co della comunione<br />

legale appaiono inscin<strong>di</strong>bilmente connessi l’uno all’altro: la tutela «esterna» del regime, costituita<br />

dalla sua opponibilità ex lege, anche in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> espressa risultanza dello stesso sui pubblici registri<br />

mobiliari e immobiliari, è proprio lo strumento attraverso cui il legislatore ha voluto perseguire il<br />

17<br />

risultato <strong>di</strong> attribuire alla comunione la massima capacità espansiva ( ) e non può essere pertanto<br />

avulsa dal sistema della comunione, senza snaturarne irrime<strong>di</strong>abilmente l’essenza. L’opponibilità<br />

verso i terzi della contitolarità sostanziale dei <strong>di</strong>ritti acquistati da uno solo dei conviventi durante il<br />

rapporto sarebbe dunque concepibile – in relazione ai beni immobili o mobili registrati – solo a<br />

con<strong>di</strong>zione che l’altro proponesse, una volta cessato il rapporto, una domanda <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione,<br />

tempestivamente trascritta ai sensi dell’art. 2646, secondo comma, c.c., ovvero dell’art. 2653, n. 4,<br />

c.c., se si volesse ritenere ancora in vigore (oltre che estensibile ai conviventi) la norma in esame<br />

( 18 ). In costanza <strong>di</strong> convivenza egli potrebbe invece agire contro il partner per ottenere una<br />

pronunzia <strong>di</strong> accertamento della comproprietà, sempre avendo cura <strong>di</strong> trascrivere imme<strong>di</strong>atamente<br />

la relativa domanda. In caso <strong>di</strong> preventiva trascrizione da parte del terzo non rimarrebbe che la<br />

tutela risarcitoria e la relativa azione ex art. 2043 c.c. potrebbe venire proposta anche contro il terzo,<br />

nel caso <strong>di</strong> mala fede <strong>di</strong> quest’ultimo ( 19<br />

).<br />

Tra le ragioni che s’oppongono all’estensione analogica del regime <strong>di</strong> comunione legale ai<br />

conviventi non va poi trascurata l’esigenza <strong>di</strong> garantire certezza non solo verso i terzi, ma anche tra<br />

le parti. In particolare appare necessario tutelare non solo il «convivente debole», ma anche quello<br />

che, avendo operato un acquisto in un periodo «incerto», vuoi all’inizio, vuoi alla fine della<br />

relazione, deve essere posto nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> sapere con sicurezza se il bene sia personale ovvero<br />

comune e dunque se egli possa o meno liberamente <strong>di</strong>sporne.<br />

Appare poi opportuno evitare che quello dei partners il quale abbia già deciso <strong>di</strong> por fine al<br />

rapporto, ma che è a conoscenza del <strong>fatto</strong> che l’altro sta per realizzare a proprio nome un<br />

determinato acquisto, rinvii intenzionalmente la rottura, o ad<strong>di</strong>rittura si precostituisca<br />

fraudolentemente le prove <strong>di</strong> una persistenza del ménage al momento dell’acquisto. Inutile <strong>di</strong>re che<br />

( 15 ) Su cui OBERTO, La comunione legale tra coniugi, I, cit., p. 711 ss.<br />

( 16 ) Cfr. ad es. PROSPERI, La famiglia non fondata sul matrimonio, cit., p. 291.<br />

( 17 ) Cfr. F. CORSI, Il regime patrimoniale della famiglia, I, in Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile e commerciale, <strong>di</strong>retto da Cicu<br />

e Messineo, continuato da Mengoni, Milano, 1979, p. 72; OBERTO, Comunione legale, regimi convenzionali e<br />

pubblicità immobiliare, in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 1988, II, p. 195; ID., La comunione legale tra coniugi, II, cit., p. 2171 ss.<br />

( 18 ) Per la negativa cfr. OBERTO, Comunione legale, regimi convenzionali e pubblicità immobiliare, cit., p. 227 s.;<br />

ID., La comunione legale tra coniugi, II, cit., p. 1903 s.<br />

( 19 ) Cfr. Cass., 8 gennaio 1982, n. 76, in Giur. it., 1982, I, 1, c. 1547, con nota <strong>di</strong> CIRILLO; in Foro it., 1982, I, c.<br />

394, con nota <strong>di</strong> PARDOLESI; Cass., 15 giugno 1988, n. 4090, in Resp. civ. prev., 1988, p. 984, con nota <strong>di</strong> BENACCHIO;<br />

in Foro it., 1989, I, c. 1568; in Riv. not., 1989, II, p. 1260.<br />

45


i problemi <strong>di</strong> cui sopra troverebbero rime<strong>di</strong>o se si ipotizzasse una forma <strong>di</strong> registrazione del<br />

rapporto paramatrimoniale, analogamente a quanto suggerito da svariate esperienze straniere e<br />

proposto da alcune iniziative legislative ( 20<br />

).<br />

Tutto ciò premesso, va però riba<strong>di</strong>to che rimane aperta la via della stipula <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong><br />

convivenza, che consenta ai partners dell’unione libera <strong>di</strong> produrre, nei soli rapporti interni, effetti<br />

21<br />

lato sensu assimilabili a quelli propri del regime descritto dagli artt. 177 ss. c.c. ( ). Resta fermo<br />

che la conclusione <strong>di</strong> un sif<strong>fatto</strong> accordo non potrà desumersi se non dalla chiara estrinsecazione <strong>di</strong><br />

una volontà negoziale in tal senso, non potendosi accogliere da noi la tesi, pure prospettata in<br />

dottrina, della ammissibilità <strong>di</strong> un implied cohabitation agreement ( 22 ). È poi chiaro che ai<br />

conviventi saranno applicabili gli or<strong>di</strong>nari rime<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto comune per il caso <strong>di</strong> esercizio<br />

congiunto <strong>di</strong> un’attività economica, con il conseguente riconoscimento <strong>di</strong> una società <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>,<br />

qualora ne sussistano i presupposti ( 23<br />

).<br />

2. Le principali proposte <strong>di</strong> legge sul tappeto circa i regimi patrimoniali dei conviventi.<br />

Diverso <strong>di</strong>scorso è quello che può svolgersi de iure condendo, circa l’opportunità <strong>di</strong> estendere<br />

ai conviventi un qualche regime <strong>di</strong> comunione (legale o or<strong>di</strong>naria che sia). La via, già percorsa<br />

24<br />

(peraltro non senza contrad<strong>di</strong>zioni e ripensamenti) all’estero da talune legislazioni ( ), è stata<br />

tentata più volte senza esito da numerosi progetti <strong>di</strong> legge <strong>di</strong> casa nostra: a partire, ad esempio, da<br />

( 20 ) Sul tema v. per tutti E. QUADRI, Problemi giuri<strong>di</strong>ci attuali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Fam. <strong>di</strong>r., 1999, p. 502 ss.;<br />

CALÒ, Le convivenze registrate in Europa, Milano, 2000, passim; CARICATO, La legge tedesca sulle convivenze<br />

registrate, in Familia, 2002, p. 501 ss.; AA. VV., Matrimonio, Matrimonii, a cura <strong>di</strong> Brunetta d’Usseaux e D’Angelo,<br />

Milano, 2000, passim; IEVA, I contratti <strong>di</strong> convivenza. Dalla legge francese alle proposte italiane, in Riv. notar., 2001,<br />

p. 37 ss.; DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza, in Familia, 2002, p. 970 ss.; per un’ampia panoramica delle questioni sul<br />

tappeto cfr. inoltre BUSNELLI, La famiglia e l’arcipelago familiare, in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 2002, p. 509 ss.; v. poi anche<br />

VITUCCI, Dal dì che nozze… Contratto e <strong>di</strong>ritto della famiglia nel pacte civil de solidarité, in Familia, 2001, p. 713 ss.;<br />

FERRANDO, Il matrimonio, cit., p. 192 ss.; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 424 s.; BONINI BARALDI, Le nuove<br />

convivenze tra <strong>di</strong>scipline straniere e <strong>di</strong>ritto interno, cit., passim. Per un’esaustiva analisi comparativa cfr. pure BOELE-<br />

WOELKI e FUCHS (a cura <strong>di</strong>), Legal Recognition of Same-Sex Couples in Europe, Antwerp – Oxford – New York, 2003;<br />

all’interno <strong>di</strong> quest’ultimo lavoro collettaneo si potrà segnalare, sul tema specifico della <strong>di</strong>scriminazione nei confronti<br />

delle coppie omosessuali e delle relative <strong>di</strong>chiarazioni a livello internazionale, il contributo <strong>di</strong> YTTERBERG, All Human<br />

Beings are Equal, but Some are More Equal than Others–Equality in Dignity without Equality in Rights, ivi, p. 1 ss.<br />

( 21 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 262 ss.; ID., I contratti <strong>di</strong> convivenza tra<br />

autonomia privata e modelli legislativi, in Contratto e impresa/Europa, 2004, p. 54 ss.<br />

( 22 ) Sul tema v. amplius OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 215 ss.<br />

( 23 ) Sul tema si fa rinvio a OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 222 ss., 227 ss.; ID., Le<br />

prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 32 ss., anche per una panoramica circa l’utilizzo, nelle<br />

esperienze straniere, dell’istituto della società civile.<br />

( 24 ) È il caso (oltre che, come ovvio, degli or<strong>di</strong>namenti che conoscono come legale un regime <strong>di</strong> tipo comunitario ed<br />

in cui la <strong>di</strong>sciplina matrimoniale viene sic et simpliciter richiamata dalle norme sul partenariato registrato, come<br />

avviene, ad esempio, nei Paesi scan<strong>di</strong>navi) della Germania, ove il Gesetz über <strong>di</strong>e Eingetragene Lebenspartnerschaft<br />

(Lebenspartnerschaftsgesetz - LPartG) del 16 febbraio 2001, che aveva originariamente previsto per i conviventi<br />

omosessuali che avessero provveduto alla registrazione della loro unione, l’apposito regime della<br />

Ausgleichsgemeinschaft, modellato sulla falsariga della Zugewinngemeinschaft, ha, a seguito della riforma <strong>di</strong> cui alla l.<br />

6 febbraio 2005, adottato quale Güterstand (cfr. il nuovo § 6), peraltro derogabile, proprio quello previsto quale regime<br />

legale per i coniugi, con espresso rinvio ai §§ 1363, comma secondo, nonché da 1364 a 1390 BGB. In Francia, invece,<br />

l’originaria versione dell’art. 515-5 c.c. fr., introdotto dalla l. nº 99-944 del 15 novembre 1999, che stabiliva, in <strong>di</strong>fetto<br />

<strong>di</strong> apposita convenzione derogativa, per i concubins pacsés la regola dell’in<strong>di</strong>vision (cioè della comunione or<strong>di</strong>naria, e<br />

non <strong>di</strong> quella legale tra i coniugi) per gli acquisti compiuti, anche separatamente, è stata sostituita, per effetto della l. n°<br />

2006-728 del 23 giugno 2006, in vigore dal 1° gennaio 2007, da una nuova formulazione che prevede come applicabile<br />

par défaut il regime <strong>di</strong> separazione dei beni (cfr. il primo comma della citata norma, a termini del quale «Sauf<br />

<strong>di</strong>spositions contraires de la convention visée au deuxième alinéa de l’article 515-3, chacun des partenaires conserve<br />

l’administration, la jouissance et la libre <strong>di</strong>sposition de ses biens personnels»). La medesima soluzione era stata adottata<br />

ancor prima in Spagna dalla legge catalana n. 10/1998, del 15 luglio 1998, de uniones estables de pareja (cfr. l’art. 3,<br />

secondo comma, u.p., per le unioni eterosessuali, così come l’art. 22, ultimo comma, u.p., per le unioni omosessuali,<br />

secondo cui «cada miembro de la pareja conserva el dominio, el <strong>di</strong>sfrute y la administración de sus bienes»;<br />

analogamente <strong>di</strong>spone l’art. 6 della legge aragonese n. 6/1999, del 25 marzo 1999, relativa a parejas estables no<br />

casadas).<br />

46


quello che, presentato già nel corso della X legislatura, prevedeva l’applicazione ai conviventi more<br />

uxorio degli artt. 177, 178, 179 e 194 c.c. ( 25 ), per venire (sempre, naturalmente, a titolo <strong>di</strong> mero<br />

esempio, atteso il gran numero <strong>di</strong> iniziative legislative sul tema <strong>di</strong> questi ultimi anni, rimaste,<br />

peraltro, tutte lettera morta) alle proposte presentate, in tempi più recenti, nel corso della XIV<br />

legislatura, tra cui spiccava quella dal titolo «Disciplina del patto civile <strong>di</strong> solidarietà e delle unioni<br />

<strong>di</strong> <strong>fatto</strong>» ( 26<br />

).<br />

Il regime patrimoniale envisagé da questa iniziativa si fondava (cfr. art. 11, commi terzo e<br />

quarto) sulla libertà <strong>di</strong> scelta tra il regime <strong>di</strong> «comunione legale regolata dal libro I, titolo VI, capo<br />

VI, sezione III, del co<strong>di</strong>ce civile» (regime che – a ben vedere – non si sarebbe più potuto definire,<br />

nel caso <strong>di</strong> specie, come «legale», nascendo dall’accordo delle parti, anziché «per default» dalla<br />

legge) e quello <strong>di</strong> «comunione convenzionale regolata dal libro I, titolo VI, capo VI, sezione IV, del<br />

co<strong>di</strong>ce civile» (con il problema, non risolto dalla proposta, costituito dal <strong>fatto</strong> che una semplice<br />

«scelta» avrebbe dovuto dar luogo ad un regime che avrebbe dovuto essere dettagliatamente<br />

regolato da una serie <strong>di</strong> intese, le quali a loro volta non avrebbero potuto essere contenute se non in<br />

un apposito contratto). In caso <strong>di</strong> mancata effettuazione della scelta, il regime sarebbe stato quello<br />

separatista. Un’analoga proposta coeva prevedeva invece l’alternativa «secca» tra il regime <strong>di</strong><br />

separazione dei beni (che si sarebbe dovuto «presumere» in mancanza <strong>di</strong> scelta) e un non meglio<br />

precisato «regime <strong>di</strong> comunione per i beni che verranno acquistati a titolo oneroso posteriormente<br />

alla conclusione del contratto», <strong>di</strong> cui il progetto non si degnava neppure <strong>di</strong> specificare la natura<br />

(appartenenza alla species definita dagli artt. 177 ss. c.c., o a quella <strong>di</strong> cui agli artt. 1100 ss. c.c.?)<br />

27<br />

( ).<br />

Nella XV legislatura, poi, il richiamo agli artt. 177, 178, 179 e 194 c.c. tornava a comparire<br />

nell’ambito <strong>di</strong> un progetto in cui l’accertamento delle eventuali pretese delle parti sarebbe <strong>di</strong>venuto<br />

tecnicamente impossibile, dal momento che il rinvio alle cennate norme sarebbe stato inserito in<br />

una <strong>di</strong>sposizione la cui prima parte contrad<strong>di</strong>ttoriamente avrebbe attribuito al giu<strong>di</strong>ce (secondo<br />

modelli propri dei sistemi <strong>di</strong> common law) il potere <strong>di</strong> procedere alla <strong>di</strong>visione del patrimonio<br />

«in<strong>di</strong>pendentemente dalla titolarità o dal possesso dei beni, tenuto conto della consistenza del<br />

patrimonio costituito dalle parti con apporti <strong>di</strong> lavoro professionale e casalingo». Ciò che appare<br />

evidentemente inconciliabile con l’applicazione delle norme co<strong>di</strong>cistiche citate, così come<br />

28<br />

conformate dal nostro legislatore ( ).<br />

Assai più realisticamente, un’altra proposta della medesima XV legislatura prevedeva per<br />

default il regime <strong>di</strong> separazione, in caso <strong>di</strong> mancata scelta per il regime <strong>di</strong> comunione legale ex artt.<br />

( 25 ) Si tratta della proposta presentata il 9 ottobre 1987, d’iniziativa dei Deputati Calvanese e altri, recante il n. 1647<br />

e intitolata «Nuove norme in materia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia». Essa, agli artt. 13 e 15, prevedeva testualmente quanto<br />

segue:<br />

«Art. 13 (Patrimonio della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>).<br />

I conviventi more uxorio possono rivolgersi al giu<strong>di</strong>ce per chiedere la <strong>di</strong>visione del patrimonio costituito durante la<br />

convivenza.<br />

Il giu<strong>di</strong>ce valuta, in<strong>di</strong>pendentemente dalla titolarità o dal possesso dei beni, la consistenza del patrimonio costituito<br />

dai conviventi con apporti <strong>di</strong> lavoro professionale, o casalingo, ai sensi degli articoli 177, 178 e 179 del co<strong>di</strong>ce civile,<br />

come sostituiti rispettivamente dagli articoli 56, 57 e 58 della legge 19 maggio 1975, n. 151.<br />

Il giu<strong>di</strong>ce procede alla <strong>di</strong>visione del patrimonio ai sensi dell’art. 194 del co<strong>di</strong>ce civile, come sostituito dall’art. 73<br />

della legge 19 maggio 1975, n. 151».<br />

«Art. 15 (Facoltà per i conviventi <strong>di</strong> escludere il regime <strong>di</strong> comunione e la costituzione <strong>di</strong> impresa familiare)<br />

Le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui agli articoli 13 e 14 della presente legge non si applicano se i conviventi concordano su ciò<br />

con atto pubblico <strong>di</strong> cui all’articolo 2699 del co<strong>di</strong>ce civile».<br />

( 26 ) Cfr. la proposta «Disciplina del patto civile <strong>di</strong> solidarietà e delle unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>», n. 3296/XIV/C, presentata il 21<br />

ottobre 2002 <strong>di</strong> iniziativa dell’On. Grillini.<br />

( 27 ) Cfr. l’art. 230-nonies c.c., secondo la proposta n. 4334/XIV/C («Disciplina del patto civile <strong>di</strong> solidarietà»),<br />

presentata il 2 ottobre 2003, <strong>di</strong> iniziativa dell’On. Rivolta e altri.<br />

( 28 ) Cfr. il progetto <strong>di</strong> legge n. 1563/XV/C, presentato il 2 agosto 2006 dall’On. De Simone e altri, che proponeva<br />

l’introduzione <strong>di</strong> un art. 455-septies c.c., il cui quarto comma era del seguente tenore: «Nel caso <strong>di</strong> separazione, le parti<br />

procedono <strong>di</strong> comune accordo alla <strong>di</strong>visione patrimonio comune. Nel caso in cui l’accordo non sia possibile il giu<strong>di</strong>ce,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalla titolarità o dal possesso dei beni, tenuto conto della consistenza del patrimonio costituito dalle<br />

parti con apporti <strong>di</strong> lavoro professionale e casalingo ai sensi degli articoli 177, 178 e 179, decide sulle conseguenze<br />

patrimoniali procedendo alla <strong>di</strong>visione del patrimonio ai sensi dell’articolo 194, fatta salva la possibilità per le parti<br />

agire per il risarcimento del danno eventualmente subìto».<br />

47


177 ss. o <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> comunione convenzionale ex artt. 210 s. c.c. ( 29 ). Significativamente il d.d.l.<br />

governativo sui <strong>di</strong>ritti delle persone conviventi (c.d. «<strong>di</strong>.co.») ( 30 ), risalente al medesimo torno <strong>di</strong><br />

tempo, appariva muto sul punto, mentre la successiva proposta del Presidente della Commissione<br />

giustizia del Senato (sui c.d. «c.u.s.») ( 31 ) avanzava l’idea della (necessaria) in<strong>di</strong>cazione, nel<br />

vagheggiato «contratto <strong>di</strong> unione solidale», dell’intenzione delle parti <strong>di</strong> assoggettare o meno «alle<br />

norme della comunione in generale i beni acquistatati a titolo oneroso successivamente alla<br />

stipulazione del contratto stesso, anche quando l’acquisto sia compiuto da una sola delle parti».<br />

Formulazione, questa, da cui sembra dato arguire che il regime proposto avrebbe dovuto essere<br />

quello <strong>di</strong> una comunione or<strong>di</strong>naria (con possibile determinazione convenzionale delle quote in<br />

misura <strong>di</strong>versa da quella paritaria, imposta, come noto, dall’art. 210 c.c.), che si sarebbe però<br />

costituita ex lege anche in caso <strong>di</strong> acquisto da parte <strong>di</strong> uno solo dei conviventi. La proposta non<br />

chiariva, peraltro, quale avrebbe dovuto essere il regime applicabile nel caso <strong>di</strong> silenzio del<br />

contratto sul punto ( 32<br />

).<br />

Analoga poliedricità <strong>di</strong> posizioni caratterizza le proposte presentate nel corso della XVI<br />

33<br />

legislatura. Così, mentre il progetto conosciuto con l’acronimo «Di.do.re.» ( ) ignora puramente e<br />

semplicemente ogni questione attinente al regime patrimoniale della coppia convivente, la proposta<br />

d’iniziativa dei Deputati Bernar<strong>di</strong>ni e altri ( 34<br />

) mira all’introduzione, tra l’altro, <strong>di</strong> un art. 455undecies<br />

c.c. così concepito: «(Regime patrimoniale dell’unione civile). – (1) All’atto <strong>di</strong><br />

costituzione dell’unione civile le parti possono scegliere me<strong>di</strong>ante convenzione ai sensi dell’articolo<br />

455-sexies il regime patrimoniale della stessa. (2) Nel caso che, per qualsiasi ragione, si ometta <strong>di</strong><br />

stipulare la convenzione <strong>di</strong> cui al primo comma, si presume scelto il regime <strong>di</strong> separazione legale».<br />

Tra le convenzioni previste dal proposto art. 455-sexies c.c. non compare, almeno espressamente,<br />

quella costitutiva <strong>di</strong> un regime <strong>di</strong> comunione, anche se l’ampia formulazione del primo comma<br />

della stessa («Con convenzione stipulata ai sensi delle <strong>di</strong>sposizioni del presente co<strong>di</strong>ce e delle leggi<br />

speciali vigenti in materia <strong>di</strong> contratti, le parti dell’unione civile possono <strong>di</strong>sciplinare gli aspetti<br />

patrimoniali della stessa, nonché i termini per la cessazione unilaterale <strong>di</strong> cui al terzo comma<br />

dell’articolo 455-octies e le conseguenze patrimoniali <strong>di</strong> tale cessazione») induce a ritenere<br />

senz’altro possibile un accordo <strong>di</strong>retto alla creazione <strong>di</strong> un regime comunitario, sulla falsariga <strong>di</strong><br />

quanto proposto dallo scrivente. Il problema sarebbe, semmai, e ancora una volta, quello <strong>di</strong><br />

comprendere se tale comunione sarebbe opponibile ai terzi, né sul punto potrebbe essere d’aiuto<br />

quanto <strong>di</strong>sposto dal capoverso del proposto art. 455-octies, che si limita a legare al rispetto delle<br />

regole dell’atto pubblico l’opponibilità della convenzione, senza spendere una parola sul<br />

delicatissimo tema della relativa pubblicità.<br />

Non molto <strong>di</strong>ssimilmente da tale ultima iniziativa, un’altra proposta, d’iniziativa dei Deputati<br />

( 29 ) Cfr. art. 8, terzo, quarto e quinto comma, della proposta n. 33/XV/C, presentata il 28 aprile 2006 d’iniziativa<br />

degli On. Grillini e altri.<br />

( 30 ) Cfr. il d.d.l. <strong>di</strong> iniziativa governativa n. 1339/XV/S. Per alcune osservazioni su tale progetto cfr. GRASSO,<br />

Tiziano o Duchamp: sul <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge in tema <strong>di</strong> «Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi», in Fam.<br />

pers. succ., 2007, p. 723 ss.<br />

( 31 ) Cfr. il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge dal titolo «Contratti <strong>di</strong> unione solidale», presentato il 12 luglio 2007 dal Sen. Salvi,<br />

Presidente della Commissione Giustizia del Senato, al comitato ristretto ed approvato dalla Commissione predetta il 4<br />

<strong>di</strong>cembre 2007. Per alcune osservazioni su tale progetto cfr. LAURINI, Le convivenze extra-familiari. Una proposta <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sciplina rispettosa dei principi etici e costituzionali, in Notariato, 2008, p. 362 s.<br />

( 32 ) Cfr. il testo del proposto art. 455-octies c.c.: «Regime patrimoniale. Nel contratto <strong>di</strong> unione solidale le parti<br />

devono in<strong>di</strong>care se intendono assoggettare alle norme della comunione in generale i beni acquistatati a titolo oneroso<br />

successivamente alla stipulazione del contratto stesso, anche quando l’acquisto sia compiuto da una sola delle parti».<br />

( 33 ) Cfr. il progetto <strong>di</strong> legge dal titolo «Disciplina dei <strong>di</strong>ritti e dei doveri <strong>di</strong> reciprocità dei conviventi», presentato l’8<br />

ottobre 2008 dai Dep. Barani ed altri (n. 1756/XVI/C). Analogo silenzio contrad<strong>di</strong>stingue la proposta n. 1862/XVI/C,<br />

d’iniziativa dei Deputati Mantini ed altri, dal titolo «Norme sulla responsabilità delle persone stabilmente conviventi, in<br />

materia <strong>di</strong> successione, obblighi alimentari, prestazione <strong>di</strong> lavoro, permesso <strong>di</strong> soggiorno, contratti <strong>di</strong> locazione,<br />

assegnazione <strong>di</strong> alloggi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia residenziale pubblica, assistenza in caso <strong>di</strong> ricovero, internamento o detenzione,<br />

nonché <strong>di</strong> decisioni in materia <strong>di</strong> salute e in caso <strong>di</strong> morte», presentata il 3 novembre 2008.<br />

( 34 ) Cfr. la proposta n. 1065/XVI/C («Mo<strong>di</strong>fiche al co<strong>di</strong>ce civile e altre <strong>di</strong>sposizioni in materia <strong>di</strong> unione civile»),<br />

presentata il 15 maggio 2008.<br />

48


Lucà ed altri ( 35 ), suggerisce (cfr. il relativo art. 4) la previsione della «separazione dei beni, in<br />

conformità alla <strong>di</strong>sciplina stabilita dal libro primo, titolo VI, capo VI, sezione V, del co<strong>di</strong>ce civile»<br />

quale «regime patrimoniale legale tra le persone componenti l’unione <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>». Nessuna menzione è<br />

fatta della possibilità che le parti convengano un regime <strong>di</strong>verso, anche se l’espresso richiamo al<br />

concetto <strong>di</strong> «regime patrimoniale legale» induce a ritenere che non siano esclusi regimi patrimoniali<br />

<strong>di</strong> fonte convenzionale, ivi compreso, quin<strong>di</strong>, un eventuale regime comunistico ( 36<br />

).<br />

Più preciso sul punto il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge d’iniziativa della Sen. Franco (<br />

Lasciando le prospettive de iure condendo, va subito ricordato che la possibilità per il<br />

convivente (così come per il coniuge in regime <strong>di</strong> separazione dei beni) <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>care in tutto o in<br />

parte la titolarità dei beni acquistati dal partner sulla base <strong>di</strong> contributi forniti (in tutto o in parte)<br />

dall’altro è destinata a naufragare <strong>di</strong> fronte alla necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare la sussistenza (per idoneo<br />

38<br />

atto scritto) <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong> interposizione <strong>di</strong> persona, vuoi reale, vuoi fittizia ( ).<br />

49<br />

37<br />

), che, all’art. 8,<br />

comma terzo, prevede che «I contraenti dell’unione civile possono scegliere tra i seguenti regimi<br />

patrimoniali: a) la comunione legale, come regolata dal libro I, titolo VI, capo VI, sezione III, del<br />

co<strong>di</strong>ce civile; b) la comunione convenzionale, come regolata dal libro I, titolo VI, capo VI, sezione<br />

IV, del co<strong>di</strong>ce civile». Di tale opzione andrebbe fatta menzione nel registro dello stato civile,<br />

mentre, in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> scelta, il regime sarebbe quello della separazione dei beni, con conseguente<br />

applicazione delle «norme del libro I, titolo VI, capo VI, sezione V, del co<strong>di</strong>ce civile».<br />

3. La soluzione proposta e l’applicazione delle norme in tema <strong>di</strong> ripetizione dell’indebito.<br />

( 35 ) Cfr. la proposta n. 1858/XVI/C («Riconoscimento giuri<strong>di</strong>co <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti, responsabilità e facoltà alle persone che<br />

fanno parte <strong>di</strong> unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e delega al Governo per la <strong>di</strong>sciplina della successione tra le medesime»), presentata il 3<br />

novembre 2008.<br />

( 36 ) Il citato proposto art. 4 si preoccupa invece <strong>di</strong> prevedere, al comma terzo, che «Gli atti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione<br />

patrimoniale effettuati tra le persone componenti l’unione <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in proporzione ai rispettivi red<strong>di</strong>ti, alle rispettive<br />

sostanze e alle rispettive capacità lavorative costituiscono adempimento <strong>di</strong> obbligazione naturale, in conformità alla<br />

<strong>di</strong>sciplina stabilita dall’articolo 2034 del co<strong>di</strong>ce civile». Il successivo comma quarto stabilisce, poi, che «Salvo prova<br />

contraria, si presume che gli atti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione patrimoniale eccedenti la misura in<strong>di</strong>viduata dal comma 3 costituiscono<br />

donazioni, per la cui vali<strong>di</strong>tà sono richiesti i requisiti stabiliti dal libro secondo, titolo V, del co<strong>di</strong>ce civile». Siffatte<br />

<strong>di</strong>sposizioni raccolgono, ancora una volta, la più risalente proposta «privata», redatta dallo scrivente il 28 febbraio<br />

2000, nell’ambito dei lavori <strong>di</strong> una riunione <strong>di</strong> esperti convocata presso il Dipartimento per le Pari Opportunità della<br />

Presidenza del Consiglio dei Ministri, inviata in pari data all’Ufficio Legislativo del suddetto Dipartimento e pubblicata<br />

nel proprio sito web il 10 giugno 2000 (cfr. OBERTO, Proposta <strong>di</strong> legge sul tema: <strong>di</strong>sposizioni in materia <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

convivenza, <strong>di</strong>sponibile alla seguente pagina web:<br />

http://www.geocities.com/CollegePark/Classroom/6218/convivenza/proposta.htm, anche in OBERTO, Famiglia e<br />

rapporti patrimoniali. Questioni d’attualità, Milano, 2002, p. 1057 ss.). L’art. 3 della proposta dello scrivente era stato<br />

letteralmente ripreso dalla proposta presentata il 13 giugno 2001 <strong>di</strong> iniziativa dell’On. Belillo (n. 795/XIV/C) ed è stato<br />

quin<strong>di</strong> trasposto nel progetto qui menzionato e presentato nella XVI legislatura (sul tema v. anche OBERTO, I contratti<br />

<strong>di</strong> convivenza tra autonomia privata e modelli legislativi, cit., p. 87 ss.).<br />

( 37 ) Cfr. la proposta n. 91/XVI/S («Norme sul riconoscimento giuri<strong>di</strong>co delle unioni civili»), comunicata alla<br />

Presidenza il 29 aprile 2008.<br />

( 38 ) L’argomento è stato sviluppato in OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 133 ss. e, per il<br />

regime <strong>di</strong> separazione dei beni tra coniugi, in ID., Il regime <strong>di</strong> separazione dei beni tra coniugi. Artt. 215-219, in Il<br />

co<strong>di</strong>ce civile. Commentario fondato e già <strong>di</strong>retto da Schlesinger, continuato da Busnelli, Milano, 2005, p. 339 ss. Per<br />

una decisione <strong>di</strong> merito che fa applicazione <strong>di</strong> tali principi alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> cfr. App. Genova, 17 novembre 2007 in<br />

Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito. La decisione, ribaltando la sentenza <strong>di</strong> primo grado, che aveva<br />

<strong>di</strong>chiarato la ex convivente comproprietaria dell’immobile acquistato dal solo compagno durante il ménage, con denaro<br />

anche della donna, ha affermato doversi rilevare «che l’accertamento che il compratore effettivo sia persona <strong>di</strong>versa da<br />

quella in<strong>di</strong>cata nel contratto (come nella specie era stato appunto addotto) comporta l’applicazione della normativa sulla<br />

simulazione, con la conseguenza che la domanda rivolta ad ottenere la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> nullità per simulazione relativa<br />

(interposizione fittizia) <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta immobiliare non può essere accolta ove l’accordo simulatorio non<br />

risulti per atto scritto a norma dell’art. 1350 c.c. (cfr. Cass., 3937/1977; 13459/2006; 21111/2004), e ciò anche tra<br />

coniugi (Cass., 1482/1995); - nel caso in esame, tuttavia, non risulta formulata dalle parti alcuna domanda <strong>di</strong> tal genere,<br />

né addotta alcuna prova <strong>di</strong> accordo simulatorio al fine della <strong>di</strong>mostrazione del negozio <strong>di</strong>ssimulato, né tantomeno risulta<br />

effettuata la produzione in giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> alcun atto contenente la contro<strong>di</strong>chiarazione sottoscritta dalle parti o comunque<br />

dalla parte contro la quale è esibita (cfr. Cass., 12487/2007; 21111/2004), sicché, in <strong>di</strong>fetto dei requisiti richiesti dalla<br />

legge per la prova del trasferimento immobiliare in capo alla L., le domande da lei proposte debbono essere respinte».


Ciò premesso, va ricordato che chi scrive ha prospettato una soluzione che, muovendo dalla<br />

comparazione con i sistemi <strong>di</strong> common law e con i rime<strong>di</strong> adottati negli altri principali sistemi<br />

europei ( 39<br />

), ha concluso per l’applicazione (una volta che l’indagine da svolgersi sul singolo caso<br />

concreto dovesse escludere altre cause giustificatrici dello spostamento patrimoniale: dal mandato,<br />

al negozio fiduciario, al mutuo, alla donazione, alla liberalità in<strong>di</strong>retta) dell’azione <strong>di</strong> ripetizione<br />

dell’indebito, pure essa, a ben vedere, espressione della regola generale del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> arricchimento<br />

senza giusta causa.<br />

Con riguardo, infatti, a tale tipo <strong>di</strong> prestazioni, va chiarito che, se è vero che pure queste,<br />

come quelle <strong>di</strong> facere, dovrebbero ritenersi irripetibili per effetto dell’obbligazione naturale in<br />

adempimento della quale sono state compiute, resta sempre il <strong>fatto</strong> che il mancato reciproco<br />

adempimento, da parte dell’accipiens, alla sua obbligazione naturale determina un arricchimento<br />

40<br />

ingiustificato in capo a quest’ultimo ( ). Trova così risposta, senza la necessità <strong>di</strong> ricorrere a istituti<br />

quali il trust o la presupposizione, anche il grave problema del riequilibrio tra quelle prestazioni che<br />

dovessero risultare «sbilanciate» per effetto <strong>di</strong> una imprevista rottura del legame: si pensi al<br />

contributo effettuato per l’acquisto della casa o dell’automobile destinate a un uso comune, anche se<br />

«intestate» a uno solo dei conviventi, imme<strong>di</strong>atamente seguito da un’improvvisa «fuga» del<br />

beneficiario dell’esborso.<br />

Ma la conclusione non muta allorquando, pur in presenza <strong>di</strong> un reciproco adempimento delle<br />

obbligazioni naturali, il vantaggio attribuito da una parte all’altra esorbiti dai limiti <strong>di</strong> una normale<br />

contribuzione e pertanto esuli dallo schema dell’obbligazione naturale. In tal caso, infatti,<br />

trattandosi <strong>di</strong> prestazione <strong>di</strong> dare, e non sussistendo il rischio <strong>di</strong> pervenire ad uno «scambio<br />

imposto», il peculiare rime<strong>di</strong>o che dovrà trovare applicazione sarà quello dell’indebito oggettivo<br />

41<br />

( ), pure esso, come si è appena chiarito, espressione della regola generale del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong><br />

arricchimento senza giusta causa ( 42<br />

).<br />

43<br />

La soluzione proposta, come si ricorderà ( ), non si può estendere alle prestazioni <strong>di</strong> facere,<br />

per le quali la volontà del prestatore <strong>di</strong> impoverirsi può raggiungere imme<strong>di</strong>atamente e senza<br />

ostacoli formali l’effetto desiderato <strong>di</strong> dar luogo ad un arricchimento (definitivo e irrecuperabile)<br />

nella controparte. Nonostante ciò, come detto, il rime<strong>di</strong>o dell’arricchimento può essere in<strong>di</strong>cato<br />

come risolutivo in tutta una serie <strong>di</strong> ipotesi, che si sono a tempo debito illustrate ( 44<br />

).<br />

Va pertanto riba<strong>di</strong>to come, nelle sue multiformi applicazioni, il rime<strong>di</strong>o dell’arricchimento<br />

ingiustificato possa ergersi a regime patrimoniale della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, concorrendo con quello,<br />

parallelo, dell’obbligazione naturale, ed eventualmente integrandolo. Invero, mentre quest’ultimo<br />

sarà da solo sufficiente a governare i casi in cui il reciproco dovere morale e sociale <strong>di</strong><br />

contribuzione abbia ricevuto concreta e bilaterale attuazione, il primo entrerà in gioco per ristabilire<br />

l’equilibrio alterato <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> dalla esecuzione soltanto unilaterale dell’obbligazione naturale,<br />

contributiva e reciproca, tra conviventi.<br />

Entra invece, inspiegabilmente, nel merito dell’accertamento della fonte dei versamenti (peraltro per respingere, per<br />

<strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> prova, la riven<strong>di</strong>ca dell’ex convivente che, nel contrad<strong>di</strong>ttorio con l’erede della partner defunta, asseriva aver<br />

integralmente pagato il prezzo dell’immobile acquistato dal medesimo in comunione con la compagna e con questa per<br />

parti uguali cointestato) Trib. Salerno, 21 giugno 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito.<br />

( 39 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 130 ss.; ID., Le prestazioni lavorative del<br />

convivente more uxorio, cit., p. 73 ss., nonché, per i coniugi in regime <strong>di</strong> separazione dei beni, ID., Il regime <strong>di</strong><br />

separazione dei beni tra coniugi. Artt. 215-219, p. 347 ss.<br />

( 40 ) L’attribuzione è infatti stata eseguita sulla base dell’affidamento, noto alla controparte, o comunque da questa<br />

conoscibile, che del bene conseguentemente acquistato entrambi avrebbero usufruito.<br />

( 41 ) Sempre che, naturalmente, il negozio non sia qualificabile alla stregua <strong>di</strong> una donazione (e <strong>di</strong> questa siano stati<br />

rispettati i requisiti formali).<br />

( 42 ) In giurisprudenza un’apertura verso tale soluzione sembra rinvenibile in Cass., 5 <strong>di</strong>cembre 1970, n. 2565: «Nel<br />

caso <strong>di</strong> mandato senza rappresentanza ad acquistare beni immobili nullo per mancanza della forma scritta richiesta ad<br />

substantiam, colui che ha conferito l’incarico non può riven<strong>di</strong>care il bene acquistato dal mandatario e neppure può agire<br />

contro <strong>di</strong> questi per il risarcimento dei danni conseguenti al mancato ritrasferimento, in quanto non è sorto l’obbligo alla<br />

prestazione sostitutiva <strong>di</strong> quella dedotta in contratto. Compete al mandante, in tal caso, solo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ripetere dal<br />

mandatario ciò che gli ha prestato per la esecuzione del mandato, in base alle norme sul pagamento dell’indebito».<br />

( 43 ) V. supra, Cap. II, §§ 4 e 6.<br />

( 44 ) V. supra, Cap. II, §§ 3 e 6.<br />

50


Potrà ancora aggiungersi che proprio la via della ripetizione dell’indebito è percorsa da una<br />

parte della giurisprudenza <strong>di</strong> merito. Così, ad esempio, la corte d’appello <strong>di</strong> Genova, nel 2001, ha<br />

riconosciuto la parziale (nei limiti, ovviamente, della prova raggiunta sui versamenti effettuati)<br />

fondatezza della domanda proposta da un ex convivente che aveva corrisposto somme per<br />

l’acquisto e la ristrutturazione <strong>di</strong> un alloggio che la ex convivente «si era poi intestato» ( 45<br />

).<br />

Come si <strong>di</strong>ceva poc’anzi, occorrerà però che nella specie non si possano ravvisare gli estremi<br />

<strong>di</strong> un’altra operazione negoziale. Il tema è stato approfon<strong>di</strong>to altrove (<br />

Su questa linea sembra essersi posta, ancorché in maniera ancora assai timida, una parte<br />

della giurisprudenza chiamata a pronunziarsi in materia <strong>di</strong> attribuzioni tra coniugi effettuate durante<br />

il periodo della convivenza. Ad esempio, in un caso risalente al 1980, l’attore agiva per la<br />

restituzione <strong>di</strong> beni intestati alla moglie, in base alla considerazione che questi, oggetto <strong>di</strong><br />

donazione in<strong>di</strong>retta, dovevano essere destinati a vantaggio della famiglia e alla normale convivenza<br />

dei coniugi. I giu<strong>di</strong>ci del merito avevano escluso che incombesse alla donataria l’onere <strong>di</strong> provare lo<br />

spirito <strong>di</strong> liberalità del donante, per poter trattenere i beni in questione nonostante la sopravvenuta<br />

separazione giu<strong>di</strong>ziale tra i coniugi, ritenendo che, per contro, spettasse al donante <strong>di</strong>mostrare che la<br />

donazione fosse preor<strong>di</strong>nata o subor<strong>di</strong>nata alle pretese finalità, <strong>di</strong>venute irrealizzabili o frustrate<br />

dalla donataria. La Corte Suprema confermò questa decisione, così ammettendo, quanto meno in<br />

astratto, la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’insussistenza <strong>di</strong> un animus donan<strong>di</strong> per effetto della prova che<br />

i beni oggetto dell’attribuzione sarebbero stati «destinati a vantaggio della famiglia e alla normale<br />

47<br />

convivenza dei coniugi» ( ).<br />

Andrà ancora aggiunto che, successivamente, una pronunzia <strong>di</strong> merito ha mostrato <strong>di</strong><br />

51<br />

46<br />

). In questa sede potrà solo<br />

richiamarsi il problema dei rapporti con alcuni peculiari istituti come la donazione o il mutuo,<br />

secondo l’impostazione seguita da una serie <strong>di</strong> casi giurisprudenziali, che si andranno ora ad<br />

esaminare.<br />

4. Il ricorso allo schema causale della donazione (e le relative <strong>di</strong>fficoltà).<br />

È in<strong>di</strong>scutibile che un inquadramento nell’ambito della donazione permetterebbe, almeno il<br />

più delle volte, la ripetizione dei finanziamenti erogati per acquisti (o miglioramenti) <strong>di</strong> beni <strong>di</strong><br />

proprietà esclusiva dell’altro sotto il profilo della nullità per mancato rispetto della forma solenne<br />

che, nei casi <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>scute, non viene quasi mai rispettata.<br />

Ma una simile ipotesi ricostruttiva appare viziata alla ra<strong>di</strong>ce.<br />

Innanzi tutto il richiamo a tale istituto non sarebbe ipotizzabile, per effetto della definizione <strong>di</strong><br />

cui all’art. 769 c.c., in relazione alle prestazioni consistenti in meri servizi, ma andrebbe limitato ai<br />

soli <strong>di</strong>ritti trasferiti (nella maggior parte dei casi: la proprietà <strong>di</strong> somme <strong>di</strong> denaro), oppure a<br />

obbligazioni eventualmente assunte (si pensi a un’espromissione conclusa con il debitore del<br />

partner). In secondo luogo appare comunque assai problematico, per non <strong>di</strong>re impossibile, rinvenire<br />

la presenza <strong>di</strong> un animus donan<strong>di</strong> in quegli atti <strong>di</strong>retti, sì, a rendere possibile un acquisto<br />

esclusivamente in capo al ricevente, ma relativamente a beni che, nell’intenzione del «donante»,<br />

sarebbero destinati a servire a entrambi: si pensi al caso classico della casa d’abitazione, o<br />

dell’appartamento <strong>di</strong> villeggiatura, <strong>di</strong> un’automobile, del camper per le vacanze, ecc.<br />

( 45 ) Cfr. App. Genova, 26 marzo 2001, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito. In motivazione si<br />

legge, tra l’altro, che «Si attaglia alla fattispecie l’ipotesi <strong>di</strong>sciplinata dall’art. 2033 c.c.: il mancato verificarsi dello<br />

scopo vanifica la causa del pagamento, ed è, siccome è noto, assolutamente irrilevante, per l’applicazione della norma<br />

in parola, che la causa del negozio manchi all’origine, o venga meno successivamente (così per tutte Cass. 88/4708) per<br />

essere il negozio annullato, sottoposto a con<strong>di</strong>zione o risolto, giacché il <strong>di</strong>fetto della causa solutionis rileva in sé e per<br />

sé, legittimando il solvens alla ripetizione. Deve conseguentemente concludersi che la teorica impostazione della<br />

domanda principale dell’appellante è corretta mentre infondata è la pretesa riconvenzionale della [ex convivente], <strong>di</strong><br />

vedersi riconosciute prestazioni per vitto e alloggio, stante quanto si è premesso sull’applicabilità dell’art. 2034 c.c. alle<br />

prestazioni <strong>di</strong> siffatta natura tra ex conviventi» (potrà aggiungersi, per la cronaca, che il relativo proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

cassazione è stato <strong>di</strong>chiarato estinto per riununzia agli atti con or<strong>di</strong>nanza della Corte Suprema in data 7 ottobre 2005, n.<br />

19520).<br />

( 46 ) OBERTO, opp. locc. ultt. citt.<br />

( 47 ) Cass., 13 maggio 1980, n. 3147, in Giust. civ., 1980, I, p. 2515.


accogliere siffatta impostazione, con riguardo ad un caso presentatosi proprio in relazione ad una<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. In proposito, invero, il Tribunale <strong>di</strong> Firenze ( 48<br />

) ha ritenuto <strong>di</strong> dover escludere il<br />

ricorso alla figura della donazione, in relazione ai contributi per un acquisto immobiliare effettuato<br />

da uno solo dei partners «mancando lo spirito <strong>di</strong> liberalità, laddove si debba ritenere, in assenza <strong>di</strong><br />

prova contraria, che colui che investe il proprio danaro in un bene primario come la casa del proprio<br />

nucleo familiare ciò faccia, nella previsione che <strong>di</strong> quella casa continuerà ad usufruire e non con<br />

l’intento <strong>di</strong> donarla alla sola altra parte».<br />

A riprova <strong>di</strong> queste conclusioni si pone infine anche la corale esclusione del carattere<br />

donativo e liberale in relazione a tutte quelle attribuzioni effettuate senza corrispettivo in seno ad<br />

49<br />

una regolamentazione pattizia della crisi coniugale ( ). Il tutto, poi, in un clima più generale in cui<br />

la giurisprudenza sembra muoversi (anche al <strong>di</strong> là delle ipotesi <strong>di</strong> attribuzioni endofamiliari) con i<br />

pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> piombo nel dedurre la presenza <strong>di</strong> un animus donan<strong>di</strong> semplicemente sulla base <strong>di</strong><br />

fenomeni <strong>di</strong> intestazione o cointestazione ( 50<br />

).<br />

5. Il ricorso allo schema causale del mutuo (e le relative <strong>di</strong>fficoltà).<br />

Quanto al mutuo sarà il caso <strong>di</strong> ricordare quella decisione <strong>di</strong> legittimità del 2010 ( ), la quale<br />

ha escluso che la semplice consegna al ven<strong>di</strong>tore del prezzo <strong>di</strong> un immobile acquistato dal partner<br />

possa rappresentare la prova della stipula <strong>di</strong> un mutuo tra i conviventi per l’importo versato, atteso<br />

che – potendo una somma <strong>di</strong> danaro essere consegnata per varie cause – la contestazione, ad opera<br />

dell’asserito mutuatario (nella specie: l’ex compagno), della sussistenza <strong>di</strong> un’obbligazione<br />

restitutoria impone all’attore in restituzione (nella specie: la ex convivente) <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare per intero<br />

il <strong>fatto</strong> costitutivo della sua pretesa, onere questo che si estende alla prova <strong>di</strong> un titolo giuri<strong>di</strong>co<br />

implicante l’obbligo della restituzione, mentre la deduzione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>verso titolo, ad opera del<br />

convenuto, non configurandosi come eccezione in senso sostanziale, non vale ad invertire l’onere<br />

della prova.<br />

Per una sentenza in un certo senso «parallela», relativamente ad una coppia coniugata, potrà<br />

52<br />

citarsi quella decisione <strong>di</strong> legittimità del 2009 ( ), che ha confermato la decisione d’appello, la<br />

quale aveva rigettato l’istanza <strong>di</strong> condanna, presentata da una coppia <strong>di</strong> coniugi nei confronti dell’ex<br />

genero, alla restituzione della somma corrisposta alla figlia, all’epoca dei fatti ancora coniugata con<br />

il resistente, per l’acquisto della casa coniugale. La Corte ha qui riba<strong>di</strong>to che, specie in un contesto<br />

caratterizzato dalla solidarietà familiare, era necessaria una prova «specifica e precisa» circa i<br />

( 48 ) Cfr. Trib. Firenze, 12 febbraio 2000 (ine<strong>di</strong>ta, n. 594/2000, in proce<strong>di</strong>mento n. 15/1997 R.G., A. c/ M.), su cui v.<br />

in dettaglio già OBERTO, Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 93 s. e ora supra, Cap. II, § 6.<br />

( 49 ) Cfr. al riguardo Cass., 27 ottobre 1972, in Foro it., 1973, I, c. 1878; in Giust. civ., 1973, I, p. 221; ivi, 1974, I, p.<br />

173, con nota <strong>di</strong> BERGAMINI, Appunti sull’autonomia dei coniugi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre l’assetto dei loro rapporti patrimoniali in<br />

concomitanza della separazione consensuale ed in vista <strong>di</strong> un futuro <strong>di</strong>vorzio; in Giur. it., 1974, I, 1, c. 810; in Dir. fam.<br />

pers., 1973, p. 60; in Riv. notar., 1973, II, p. 495; Cass., 11 maggio 1984 , in Giust. civ. Mass. 1984; Cass., 21 <strong>di</strong>cembre<br />

1987, in Riv. <strong>di</strong>r. civ. 1989, II, p. 233; in Riv. notar. 1989, p. 210; in Giust. civ. 1988, I, p. 1237; Cass., 23 <strong>di</strong>cembre<br />

1988, in Giur. it., 1989, I, 1, c. 1320; Cass., 17 giugno 1992, in Dir. fam. pers., 1993, p. 70; App. Torino, 9 maggio<br />

1980, in Giur. it., 1981, I, 2, c. 19; per una <strong>di</strong>samina più approfon<strong>di</strong>ta delle varie questioni e per l’in<strong>di</strong>viduazione della<br />

causa delle attribuzioni qui ricordate si fa rinvio per tutti a OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, Milano, 1999, p.<br />

634 ss.<br />

( 50 ) Significativo è il caso risolto da Cass., 14 gennaio 2010, n. 468, secondo cui «La possibilità che costituisca<br />

donazione in<strong>di</strong>retta l’atto <strong>di</strong> cointestazione, con firma e <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong>sgiunte, <strong>di</strong> una somma <strong>di</strong> denaro depositata<br />

presso un istituto <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to – qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta a uno<br />

solo dei contestatari può essere qualificato come donazione in<strong>di</strong>retta solo quando sia verificata l’esistenza dell’animus<br />

donan<strong>di</strong>, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro<br />

scopo che quello della liberalità. (Nella specie il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> appello aveva escluso l’esistenza dell’animus donan<strong>di</strong> non<br />

ravvisabile in astratto nella delegata da parte del titolare <strong>di</strong> un conto corrente a terzi per operare sul conto medesimo e<br />

sul deposito titoli, ancorché senza obbligo <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>conto, essendo la delega stata conferita in occasione del ricovero del<br />

delegante in ospedale a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> un mese della morte e ciò – aveva sottolineato il giu<strong>di</strong>ce a quo – per<br />

l’evidente ragione che non avrebbe più potuto effettuare operazioni bancarie per le sue gravi con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute. In<br />

applicazione del principio <strong>di</strong> cui sopra la Suprema corte ha confermato sul punto la pronuncia <strong>di</strong> merito)».<br />

( 51 ) Cfr. Cass., 22 aprile 2010, n. 9541.<br />

( 52 ) Cfr. Cass., 7 aprile 2009, n. 8386.<br />

52<br />

51


termini della restituzione del debito, non essendo all’uopo sufficienti le testimonianze acquisite, che<br />

non avevano «saputo dare alcuna atten<strong>di</strong>bile in<strong>di</strong>cazione circa i tempi della pattuita restituzione e<br />

della regolazione circa gli interessi».<br />

La presenza <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> mutuo nella dazione <strong>di</strong> una somma per l’acquisto <strong>di</strong> un bene è<br />

stata talora riconosciuta dalla giurisprudenza <strong>di</strong> merito, peraltro sulla base <strong>di</strong> risultanze istruttorie<br />

piuttosto chiare in questo senso.<br />

Così, ad esempio, il tribunale <strong>di</strong> Vicenza ha stabilito nel 2010 che, sulla base delle prove<br />

raccolte durante la fase istruttoria (deposizioni testimoniali sostanzialmente convergenti, lineari<br />

spiegazioni rese dall’attrice, comportamento processuale del convenuto), poteva <strong>di</strong>rsi<br />

adeguatamente comprovato l’assunto <strong>di</strong> una ex convivente, la quale asseriva <strong>di</strong> avere concesso a<br />

favore del suo compagno la somma complessiva <strong>di</strong> lire 20 milioni, tra il 1995 ed il 1996, «a titolo <strong>di</strong><br />

prestito per finanziarne l’esecuzione <strong>di</strong> lavori e<strong>di</strong>li <strong>di</strong> sistemazione all’immobile in proprietà che il<br />

medesimo doveva sostenere».<br />

Aggiunge significativamente la decisione che non «osta, a livello logico, a tale ricostruzione<br />

dei fatti, ed alla loro qualificazione giuri<strong>di</strong>ca conforme agli assunti attorei, la circostanza che la [ex<br />

convivente], nonostante l’entità della somma data in prestito, non si fosse fatta rilasciare alcuna<br />

ricevuta o ricognizione <strong>di</strong> debito sottoscritta dall’accipiens, risultando invero del tutto coerente con<br />

le con<strong>di</strong>zioni soggettive delle parti all’epoca che le elargizioni <strong>di</strong> danaro avvenissero sulla fiducia,<br />

essendo a quel tempo [i contendenti] legati da un risalente vincolo sentimentale» ( 53<br />

).<br />

( 53 ) Trib. Vicenza, 28 settembre 2010, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti <strong>di</strong> merito.<br />

53


CAPITOLO IV<br />

CONTRATTI DI CONVIVENZA E<br />

CONTRATTI TRA CONVIVENTI:<br />

CONFIGURABILITA’ E LICEITA’<br />

SOMMARIO: 1. La negozialità dei conviventi tra autonomia privata e modelli legislativi. – 2. La<br />

negozialità tra conviventi nella giurisprudenza italiana. – 3. Contratti <strong>di</strong> convivenza e<br />

obbligazioni naturali tra conviventi more uxorio. – 4. Contratti <strong>di</strong> convivenza e buon<br />

costume. – 5. Contratti <strong>di</strong> convivenza e or<strong>di</strong>ne pubblico: i rapporti <strong>di</strong> carattere personale. –<br />

6. La manifestazione del consenso. Forma e prova del contratto <strong>di</strong> convivenza.<br />

1. La negozialità dei conviventi tra autonomia privata e modelli legislativi.<br />

Nel corso degli ultimi decenni (ma comunque già da epoca precedente all’esplosione del tema<br />

delle convivenze registrate, dei patti <strong>di</strong> solidarietà e dell’estensione del matrimonio alle coppie<br />

omosessuali), si sono andate facendo sempre più numerose le pubblicazioni straniere, <strong>di</strong> taglio sia<br />

teorico che pratico, nelle quali si è suggerito alle coppie conviventi more uxorio <strong>di</strong> pianificare la<br />

vita in comune me<strong>di</strong>ante la stipulazione <strong>di</strong> apposite convenzioni (cohabitation contracts,<br />

Partnerschaftsverträge, contrats de ménage) ( 1 ), proponendo talora anche veri e propri modelli e<br />

«contratti tipo» ( 2<br />

). La preventiva soluzione per via negoziale dei numerosi e complessi problemi<br />

( 1 ) È impossibile in questa sede fornire un’esauriente elencazione dei contributi stranieri sull’argomento. L’autore si<br />

permette pertanto, premesso qualche cenno bibliografico essenziale, <strong>di</strong> fare richiamo a OBERTO, I regimi patrimoniali<br />

della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 8 ss., 151 ss.; ID., I contratti <strong>di</strong> convivenza tra autonomia privata e modelli legislativi, cit.,<br />

p. 17 ss. (per alcuni spunti in tema <strong>di</strong> rilievo delle prestazioni <strong>di</strong> lavoro nell’ambito dei contratti <strong>di</strong> convivenza cfr.<br />

anche ID., Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 101 ss.). I rinvii valgono non soltanto per<br />

un’integrazione dei riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, ma anche per l’approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> quelle considerazioni<br />

teoriche che, in seno ad un lavoro prevalentemente rivolto all’esame della contrattualistica, non possono trovare<br />

un’esaustiva trattazione. La maggiore attenzione al fenomeno dei contratti <strong>di</strong> convivenza è stata de<strong>di</strong>cata dagli stu<strong>di</strong>osi<br />

<strong>di</strong> common law. Per quanto concerne la dottrina statunitense v. per tutti WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage:<br />

Tra<strong>di</strong>tion and Change, in California Law Review, 62, 1974, p. 1249 ss.; GLENDON, State, Law and Family - Family<br />

Law in transition in the United States and Western Europe, Amsterdam, 1977; WEITZMAN e LENOU, The marriage<br />

contract, spouses, lovers and the law, New York, 1981; WEYRAUCH e KATZ, American Family Law in Transition,<br />

Washington, 1983, p. 171 ss.; BRUCH, Nonmarital Cohabitation in the Common Law Countries: A Study in Ju<strong>di</strong>cial-<br />

Legislative Interaction, in The American Journal of Comparative Law, 1981, p. 221 ss.; SMITH, Property Rights arising<br />

from Relationship of Couple Cohabiting without Marriage, in American Law Review, 3, 4 th 13, p. 20 ss.<br />

( 2 ) Cfr. in particolare, BARTON, Cohabitation Contracts. Extra-marital partnership and law reform, Aldershot,<br />

1985, p. 37 ss., 59 ss.; WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage, cit., p. 1250 ss. In Belgio e nei Paesi Bassi la<br />

tematica ha ricevuto consistenti contributi da parte delle associazioni notarili. Nel primo paese, infatti, è stata ad<strong>di</strong>rittura<br />

l’associazione nazionale del notariato a provvedere alla redazione <strong>di</strong> un formulario-tipo (v. Feitelijke schei<strong>di</strong>ng,<br />

Feitelijk samenleven, Koninklijke Federatie van Belgische notarissen - Notariele dagen, Gent, 1978; il testo in francese<br />

è allegato alla pubblicazione dell’UNION INTERNATIONALE DU NOTARIAT LATIN, Problèmes juri<strong>di</strong>ques du couple non<br />

marié, Amsterdam, 1987, p. 20; successivamente cfr. la relazione belga <strong>di</strong> CASMAN e DE WYNTER presentata dalla<br />

suddetta associazione al XVIII congresso dell’Unione Internazionale del Notariato latino, tenuto a Montréal dal 21 al 26<br />

settembre 1986 sul tema «Influenza del <strong>di</strong>ritto pubblico sul <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia» <strong>di</strong> cui riferisce MAZZOCCA, La famiglia<br />

<strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Realtà attuale e prospettive, Roma, 1989, p. 8 ss.), mentre in Olanda risulta che, ad esempio, già in un periodo<br />

assai remoto, tra il 1981 e il 1983, ben do<strong>di</strong>cimila contratti <strong>di</strong> convivenza erano stati rogati dai notai (v. i riferimenti in<br />

VAN DE WIEL, Cohabitation outside Marriage in Dutch Law, in EEKELAAR e KATZ, Marriage and Cohabitation in<br />

Contemporary Societies, Toronto, 1980, p. 226, nota 21). In Germania già dal 1978 KUNIGK, Die Lebensgemeinschaft,<br />

Rechtliche Gestaltung von ehelichem und eheähnlichem Zusammenleben, Stuttgart, 1978, p. 128 ss. ha proposto un<br />

modello <strong>di</strong> contratto destinato a regolare la vita in comune dei conviventi, da re<strong>di</strong>gersi per iscritto e con l’assistenza <strong>di</strong><br />

un legale. In esso l’autore suggerisce <strong>di</strong> menzionare chiaramente la meritevolezza degli scopi perseguiti, che non<br />

dovrebbero concernere (per fugare sospetti <strong>di</strong> illegittimità per contrarietà al buon costume) soltanto la creazione e il<br />

mantenimento <strong>di</strong> una relazione <strong>di</strong> tipo sessuale. L’accordo potrebbe regolare aspetti quali eventuali apporti reciproci, il<br />

regime dei beni, rimborsi spese, modalità <strong>di</strong> un’eventuale rottura, ecc. Sempre nello stesso Paese, nel 1986,<br />

LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, in Münchener Vertragshandbuch, 4, Bürgerliches Recht,<br />

München, 1986, p. 927 ss., ha prospettato ad<strong>di</strong>rittura due varianti del Partnerschaftsvertrag, <strong>di</strong> cui una destinata alla<br />

54


patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> non costituisce neppure una novità assoluta, posto che l’analisi<br />

storica evidenzia testimonianze <strong>di</strong> contrats de concubinat, in Francia, e cartas de mancebía e<br />

compañería, in Spagna, risalenti ad<strong>di</strong>rittura ai secoli XIII e XIV ( 3<br />

).<br />

Questa via viene del resto espressamente consentita (si <strong>di</strong>rebbe, anzi, quasi caldeggiata) dal<br />

legislatore in taluni sistemi <strong>di</strong> common law, che da almeno un trentennio hanno avvertito la<br />

4<br />

necessità <strong>di</strong> intervenire al riguardo ( ), mentre estremamente significativo appare il <strong>fatto</strong> che proprio<br />

nella <strong>di</strong>rezione della negozialità, e non certo in quella dell’imposizione <strong>di</strong> effetti giuri<strong>di</strong>ci<br />

conseguenti alla sola sussistenza del rapporto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, si muovano le soluzioni normative che, in<br />

vari paesi dell’Europa, si sono prefissate <strong>di</strong> affrontare e risolvere i problemi giuri<strong>di</strong>ci posti dalle<br />

convivenze omosessuali ( 5<br />

).<br />

Proprio con specifico riguardo a tale peculiare aspetto, sia consentito subito aggiungere che,<br />

convivenza prodromica al matrimonio (Ehe auf Probe) e l’altra rivolta invece a regolamentare un’unione avente un<br />

carattere più stabile; ancora più <strong>di</strong> recente cfr. ampiamente GRZIWOTZ, Partnerschaftsvertrag, für <strong>di</strong>e nichteheliche<br />

Lebensgemeinschaft, München, 1994, passim.<br />

( 3 ) Cfr. AUBENAS, Cours d’histoire du droit privé, VI, Aix en Provence, 1958, p. 35, che riferisce <strong>di</strong> un contrat de<br />

concubinat pre<strong>di</strong>sposto in Bonifacio (Corsica) dal notaio genovese De Porta nel 1287. La cosiddetta Carta de Avila del<br />

1361, sotto il titolo «carta de mancebía e compañería», costituisce poi un eloquente esempio <strong>di</strong> contratto tra un uomo e<br />

la sua barragana, con cui il primo concedeva a quest’ultima determinati <strong>di</strong>ritti sulle sue ren<strong>di</strong>te, oltre che quelli <strong>di</strong><br />

spartire con lui «pan e mesa e cuchiello por todos los días que (...) visquiéredes» (FOSAR BENNLOCH, Las uniones<br />

libres, in Estu<strong>di</strong>os de derecho de familia, III, Barcelona, 1985, p. 15).<br />

( 4 ) Cfr. il De Facto Relationships Act (1984) del Nuovo Galles del Sud, in Australia (il testo normativo, variamente<br />

rimaneggiato, si chiama ora Property [Relationships] Act – 1984; cfr. inoltre il già ricordato Family Law Amendment<br />

Act 2000, in vigore in Australia dal 1° gennaio 2001, su cui cfr. PANFORTI, Gli accor<strong>di</strong> patrimoniali fra autonomia<br />

<strong>di</strong>spositiva e <strong>di</strong>suguaglianza sostanziale. Riflessioni sul Family Law Amendment Act 2000 Australiano, in Familia,<br />

2002, p. 149 ss.), nonché il Family Law Reform Act, entrato in vigore il 31 marzo 1978 nello stato dell’Ontario<br />

(Canada), su cui cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 11 s.<br />

( 5 ) Come rilevato da SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 418 ss., la prima legge che si è occupata del fenomeno è stata<br />

quella danese, del 1989; essa ha istituito il modello della registered partnership, per cui la registrazione dell’unione<br />

produce i medesimi effetti giuri<strong>di</strong>ci del matrimonio, salvo quanto previsto in materia <strong>di</strong> adozione e <strong>di</strong> potestà dei<br />

genitori. Tale modello è stato seguito negli anni successivi dalla maggioranza dei Paesi europei, a cominciare da<br />

Norvegia (1993), Svezia (1994), Islanda (1996), Paesi Bassi (1998), Germania (2001), Gran Bretagna (2004), etc. Tali<br />

or<strong>di</strong>namenti hanno quin<strong>di</strong> optato per una tendenziale equiparazione tra le unioni familiari eterosessuali e quelle<br />

omosessuali. Una siffatta evoluzione delle normative nazionali è stata con<strong>di</strong>visa dal Parlamento europeo, le cui<br />

risoluzioni (su cui v. infra, Cap. X, § 5), finalizzate alla rimozione <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione verso le persone<br />

omosessuali, richiedono un maggiore impegno della Commissione e degli Stati membri nella tutela delle relazioni<br />

familiari fra persone dello stesso sesso, attraverso l’apertura del matrimonio civile o <strong>di</strong> uno «strumento giuri<strong>di</strong>co<br />

equivalente». Un certo numero <strong>di</strong> altri Paesi non ha seguito la via dell’equiparazione, preferendo forme <strong>di</strong> tutela<br />

autonome e settoriali. Si tratta, ad es., delle normative introdotte verso la fine degli anni Novanta dello scorso secolo in<br />

Belgio (1998), Catalogna (1998) e Francia (1999). Queste si basavano, generalmente, sulla parificazione delle coppie <strong>di</strong><br />

conviventi; in tal modo, senza alcuna equiparazione all’istituto del matrimonio, veniva offerta alle coppie <strong>di</strong> persone<br />

dello stesso sesso la medesima tutela prevista per i conviventi. Questo tipo <strong>di</strong> soluzione appare però incamminata sul<br />

viale del tramonto, atteso che successivamente, in un numero ormai crescente <strong>di</strong> Paesi europei ed extraeuropei, anche<br />

quest’ottica è stata superata e si è proceduto ad una ra<strong>di</strong>cale riforma della normativa del matrimonio civile, ammettendo<br />

alla celebrazione dell’atto anche due persone dello stesso sesso: v. infra, Cap. X, § 3. Sul tema delle convivenze<br />

omosessuali e delle relative soluzioni legislative all’estero cfr. E. QUADRI, Problemi giuri<strong>di</strong>ci attuali della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 502 ss.; CALÒ, Le convivenze registrate in Europa, Milano, 2000, passim; CARICATO, La legge tedesca<br />

sulle convivenze registrate, cit., p. 501 ss.; AA. VV., Matrimonio, Matrimonii, cit., passim; IEVA, I contratti <strong>di</strong><br />

convivenza. Dalla legge francese alle proposte italiane, cit., p. 37 ss.; DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza, in Familia,<br />

2002, p. 970 ss. Per un’ampia panoramica delle questioni sul tappeto cfr. inoltre VITUCCI, Dal dì che nozze… Contratto<br />

e <strong>di</strong>ritto della famiglia nel pacte civil de solidarité, in Familia, 2001, p. 713 ss.; BUSNELLI, La famiglia e l’arcipelago<br />

familiare, in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 2002, I, p. 509 ss.; FERRANDO, Il matrimonio, cit., p. 192 ss.; OBERTO, I contratti <strong>di</strong><br />

convivenza tra autonomia privata e modelli legislativi, cit., p. 17 ss. Sul Civil Partnership Act 2004 del Regno Unito v.<br />

per tutti la pagina web seguente: http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2004/33/contents. Sulla ley spagnola 13/2005 (de<br />

1 de julio, por la que se mo<strong>di</strong>fica el Có<strong>di</strong>go Civil en materia de derecho a contraer matrimonio), v. la pagina web<br />

seguente: http://civil.udg.es/normacivil/estatal/familia/L13-05.htm. Sul tema del riconoscimento in Italia dei matrimoni<br />

celebrati all’estero da citta<strong>di</strong>ni italiani del medesimo sesso v. SCHLESINGER, Matrimonio tra in<strong>di</strong>vidui dello stesso sesso<br />

contratto all’estero; BONINI BARALDI, Il matrimonio fra citta<strong>di</strong>ni italiani dello stesso sesso contratto all’estero non è<br />

trascrivibile: inesistente, invalido o contrario all’or<strong>di</strong>ne pubblico?, note a Trib. Latina, 10 giugno 2005, in Fam. <strong>di</strong>r.,<br />

2005, p. 411 ss.<br />

55


come <strong>di</strong>mostrato da tempo in altra sede ( 6 ), nessun dubbio può sorgere neppure da noi<br />

sull’ammissibilità pure in questo caso <strong>di</strong> contratti <strong>di</strong> convivenza, negli stessi limiti valevoli per le<br />

coppie eterosessuali ( 7 ). Ciò appare tanto più vero alla luce non solo della creazione, nel campo del<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong> uno «spazio giu<strong>di</strong>ziario comune europeo» ( 8 ), ma anche della costituzione in<br />

fieri, nel nostro continente, <strong>di</strong> un vero e proprio «spazio giuri<strong>di</strong>co comune», con l’avvicinamento<br />

delle legislazioni sostanziali envisagé dalle conclusioni del Consiglio Europeo svoltosi a Tampere il<br />

15 e 16 ottobre 1999, nonché dai successivi programmi, denominati «dell’Aja» e «<strong>di</strong> Stoccolma»<br />

( 9<br />

): dati, questi, alla luce dei quali l’Italia non può più ostinarsi a rimanere sorda alle voci che da<br />

ogni parte (del resto) d’Europa si levano a tutela delle convivenze tra persone del medesimo sesso<br />

che desiderino sottoporre i loro rapporti ad effetti giuri<strong>di</strong>ci.<br />

Di fronte a questo scenario, la dottrina italiana appariva sino a non molti anni fa assai più<br />

riluttante. Non è certo questa la sede nella quale si possa sviluppare per esteso l’argomento dei<br />

contratti <strong>di</strong> convivenza e dei contratti tra conviventi more uxorio. Sia consentito in proposito solo<br />

10<br />

un rinvio agli appositi stu<strong>di</strong> dello scrivente ( ) su <strong>di</strong> un tema che oggi come oggi non può più <strong>di</strong>rsi<br />

«abbastanza inesplorato in Italia» ( 11 ) e sul quale anche nel nostro Paese cominciano a registrarsi<br />

significative aperture ( 12 ), al punto che persino la giurisprudenza, dopo anni <strong>di</strong> silenzio ( 13<br />

), ha<br />

( 6 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 6 ss., nota 9; ID., Le prestazioni lavorative del<br />

convivente more uxorio, cit., p. 125 ss.; ID., Contratto e famiglia, in AA. VV., Trattato del contratto, a cura <strong>di</strong> Roppo,<br />

VI, Interferenze, a cura <strong>di</strong> Roppo, Milano, 2006, p. 349 ss.<br />

( 7 ) WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage, cit., p. 1255, 1273 ss.; in generale sui problemi giuri<strong>di</strong>ci delle<br />

convivenze tra persone del medesimo sesso negli Stati Uniti v. SHAPIRO e SCHULTZ, Single-sex Families: The Impact of<br />

Birth Innovations upon tra<strong>di</strong>tional Family Notions, in Journal of Family Law, 24 (1985-86), 271 ss. Per una panoramica<br />

più recente v. la voce Same-sex marriage in the United States della Wikipe<strong>di</strong>a, <strong>di</strong>sponibile all’in<strong>di</strong>rizzo web seguente:<br />

http://en.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/Same-sex_marriage_in_the_United_States. Cfr. inoltre DUPUIS, Same-sex marriage, legal<br />

mobilization, & the politics of rights, New York, 2002; GERSTMANN, Same sex marriage and the Constitution,<br />

Cambridge, 2004; TRIANTAFILLOU, Same Sex Marriage–and Divorce!: Cutting-Edge Challenges and Controversies in<br />

Nontra<strong>di</strong>tional Families, Boston, 2004.<br />

( 8 ) Sul tema, per la dottrina italiana, cfr. M. FINOCCHIARO, Dopo l’entrata in vigore prevista il 1° marzo 2001<br />

cadono i precedenti accor<strong>di</strong> internazionali, in Guida <strong>di</strong>r., 5 agosto 2000, p. 113 ss.; BONOMI, La nuova <strong>di</strong>sciplina<br />

europea della competenza e del riconoscimento in materia matrimoniale e <strong>di</strong> potestà dei genitori, in Riv. <strong>di</strong>r. int., 2001,<br />

p. 298 ss.; GIACALONE, Le conclusioni del Consiglio europeo <strong>di</strong> Tampere in vista della semplificazione e<br />

dell’accelerazione processuale: il punto sui lavori in tema <strong>di</strong> cooperazione giu<strong>di</strong>ziaria civile nell’Unione europea,<br />

relazione presentata all’incontro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sul tema «I proce<strong>di</strong>menti semplificati ed accelerati nelle controversie civili ed<br />

amministrative nei paesi dell’U.E.», organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura e svoltosi a Roma dal 15 al<br />

17 aprile 2002; UCCELLA, La prima pietra per la costruzione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto europeo delle relazioni familiari: il<br />

regolamento n. 1347 del 2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia<br />

matrimoniale e in materia <strong>di</strong> potestà dei genitori sui figli <strong>di</strong> entrambi i coniugi, in Giust. civ., 2001, p. 2005 ss.; FIGONE,<br />

Brevi note sul Regolamento del Consiglio CE n. 1347/2000, in Fam. <strong>di</strong>r., 2002, p. 101 ss.; OBERTO, Il Regolamento del<br />

Consiglio (Ce) n. 1347/2000 del 29.5.2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni<br />

in materia matrimoniale e <strong>di</strong> responsabilità parentale nei confronti dei figli comuni, in Contratto impresa/Europa,<br />

2002, p. 361 ss.; ID., Schema ipertestuale <strong>di</strong> una relazione sul tema: Il Regolamento del Consiglio (Ce) n. 1347/2000<br />

del 29 maggio 2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia<br />

matrimoniale e <strong>di</strong> responsabilità parentale nei confronti dei figli comuni, dal 26 aprile 2002 al seguente sito web:<br />

http://giacomooberto.com/regolamentouetorino/schema.htm; ID., Schema ipertestuale <strong>di</strong> una relazione sul tema: La<br />

cooperazione giu<strong>di</strong>ziaria in materia civile nell’ambito dei paesi dell’Unione Europea. La rete europea <strong>di</strong> formazione<br />

giu<strong>di</strong>ziaria, dal 4 luglio 2002 al seguente sito web:<br />

http://giacomooberto.com/csm/u<strong>di</strong>tori/cooperazionecivile.htm (a questi scritti si fa rinvio anche per i richiami alla<br />

dottrina straniera).<br />

( 9 ) Su cui v. per tutti OBERTO, Breve prontuario per le cause che presentano elementi <strong>di</strong> estraneità (questioni<br />

processuali), § 24.b., <strong>di</strong>sponibile alla pagina web seguente: http://giacomooberto.com/prontuario.htm#par24.<br />

( 10 ) OBERTO, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nel <strong>di</strong>ritto comparato, in Giur. it., 1986, p. 110; ID., I regimi patrimoniali della<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 7 ss., 151 ss.; ID., Contratti <strong>di</strong> convivenza e contratti tra conviventi «more uxorio», in Contr.<br />

impr., 1991, p. 369 ss.; ID., Partnerverträge in rechtsvergleichender Sicht unter besonderer Berücksichtigung des<br />

italienischen Rechts, in FamRZ, 1993, p. 1 ss.<br />

( 11 ) In questi termini v. invece FRANZONI, I contratti tra conviventi «more uxorio», in Riv. trim. <strong>di</strong>r. proc. civ., 1994,<br />

p. 737 ss.; ID., Le convenzioni patrimoniali tra conviventi more uxorio, in Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, Trattato <strong>di</strong>retto da<br />

Bonilini e Cattaneo, II, Il regime patrimoniale della famiglia, Torino, 1997, p. 461 ss.<br />

( 12 ) Per la precisione andrà aggiunto che, nella dottrina italiana, i primi spunti in senso favorevole alla soluzione<br />

negoziale dei problemi legati alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> si trovano già in GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>,<br />

cit., p. 150 ss., 156 ss.; dopo lo sviluppo <strong>di</strong> questa prospettiva nelle analisi sopra citate dello scrivente, v., per una<br />

56


finito con il recepire tale prospettiva, lasciando definitivamente da parte le remore e i dubbi<br />

derivanti da possibili considerazioni d’or<strong>di</strong>ne pubblico o <strong>di</strong> buon costume ( 14 ), apertamente<br />

riconoscendo che, come declamato decenni or sono dallo scrivente, anche questa materia non può<br />

inserirsi se non in quella che potrebbe definirsi come «stagione della negozialità endofamiliare»<br />

( 15<br />

).<br />

Stagione della negozialità che non risponde solo allo stimolo proveniente, come si detto, dalla<br />

comparazione, ma che costituisce il frutto <strong>di</strong> chiare prese <strong>di</strong> posizione a livello internazionale. Basti<br />

ricordare in questa sede che il riferimento al ricorso agli strumenti dell’autonomia negoziale<br />

compare in alcuni degli interventi e delle relazioni al (e delle conclusioni del) XXXIII Congresso<br />

valutazione in senso positivo <strong>di</strong> quest’ottica, BERNARDINI, La convivenza fuori del matrimonio tra contratto e relazione<br />

sentimentale, cit., p. 204 ss.; DOGLIOTTI, voce Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 195 s.; BUSNELLI e SANTILLI, La famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, in Commentario al <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia, a cura <strong>di</strong> Cian, Oppo e Trabucchi, VI, Padova, p. 779 ss.; V.<br />

CARBONE, Autonomia privata e rapporti patrimoniali tra coniugi (in crisi), Nota a Cass., 22 gennaio 1994, n. 657, in<br />

Fam. <strong>di</strong>r., 1994, p. 146 ss.; FRANZONI, I contratti tra conviventi «more uxorio», loc. cit.; QUADRI, Rilevanza attuale<br />

della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ed esigenze <strong>di</strong> autoregolamentazione, cit., 1994, p. 301 ss.; D’ANGELI, La tutela delle convivenze<br />

senza matrimonio, cit., p. 86; GIGLIOTTI, Rottura della convivenza more uxorio e affidamento del figlio naturale:<br />

rilevanza dell’accordo parentale sulle con<strong>di</strong>zioni della «separazione», in Dir. fam. pers., 1995, I, p. 611 ss.; MORELLI,<br />

Il nuovo regime patrimoniale della famiglia, Padova, 1996, p. 65 s.; ANGELONI, Autonomia privata e potere <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sposizione nei rapporti familiari, Padova, 1997, p. 509 ss.; FRANCESCHELLI, Rapporto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Digesto <strong>di</strong>sc. priv.,<br />

sez. civ., XVI, Torino, 1997, p. 283; FRANZONI, Le convenzioni patrimoniali tra conviventi more uxorio, loc. cit.; A.<br />

FUCCILLO, Accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> convivenza: alcuni aspetti problematici, in Famiglia e circolazione giuri<strong>di</strong>ca, a cura <strong>di</strong> Fuccillo,<br />

Milano, 1997, p. 68 ss., 79 ss.; FERRANDO, Convivere senza matrimonio: rapporti personali e patrimoniali nella<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 183 ss.; E. QUADRI, Problemi giuri<strong>di</strong>ci attuali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 503 ss.;<br />

TOMMASINI, op. cit., p. 499 ss.; AA. VV., Matrimonio, Matrimonii, cit., passim; BALESTRA, Gli effetti della <strong>di</strong>ssoluzione<br />

della convivenza, in Riv. <strong>di</strong>r. priv., 2000, p. 468 ss.; CALÒ, Le convivenze registrate in Europa, Milano, 2000, passim;<br />

SOLAINI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in AA. VV., La famiglia, a cura <strong>di</strong> Cendon, Torino, 2000, p. 493 ss.; ALAGNA, Famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> e famiglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto a confronto: spunti in tema <strong>di</strong> rapporti bancari, in Dir. fam. pers., 2001, 281 ss.; DOGLIOTTI,<br />

La forza della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e la forza del contratto. Convivenza more uxorio e presupposizione, Nota a Trib.<br />

Savona, 7 marzo 2001, in Fam. <strong>di</strong>r., 2001, p. 529 ss.; IEVA, I contratti <strong>di</strong> convivenza. Dalla legge francese alle proposte<br />

italiane, cit., p. 37 ss.; PINORI e TRAVERSO, Finisce l’amore, si va dal giu<strong>di</strong>ce, Milano, 2001, passim; SPADAFORA,<br />

Rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio e autonomia privata, cit., passim; VITUCCI, Dal dì che nozze… Contratto e <strong>di</strong>ritto<br />

della famiglia nel pacte civil de solidarité, cit., p. 713 ss.; AA. VV., Convivenza e situazioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in AA. VV.,<br />

Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, I, Famiglia e matrimonio, 1, prima e<strong>di</strong>zione, Milano, 2002, p. 803 ss.;<br />

BALESTRA, Un recente convegno francese sulle convivenze fuori dal matrimonio, in Familia, 2002, p. 439 ss.;<br />

BUSNELLI, La famiglia e l’arcipelago familiare, cit., p. 509 ss.; CARICATO, La legge tedesca sulle convivenze registrate,<br />

cit., p. 501 ss.; MARELLA, Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia fra status e contratto: il caso delle convivenze non fondate sul<br />

matrimonio, in AA. VV., I contratti <strong>di</strong> convivenza, a cura <strong>di</strong> MOSCATI e ZOPPINI, cit., p. 71 ss.; ZOPPINI, Tentativo<br />

d’inventario per il «nuovo» <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia: il contratto <strong>di</strong> convivenza, in AA. VV., I contratti <strong>di</strong> convivenza, a cura <strong>di</strong><br />

Moscati e Zoppini, cit., p. 26 ss.; FERRANDO, Il matrimonio, cit., p. 230; ZATTI, Familia, familiae – Declinazione <strong>di</strong><br />

un’idea, in Familia, 2002, p. 9 ss., 337 ss.; ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 143 ss., 149; ID.,<br />

La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 185 ss.; BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 220 ss.; ID., Le obbligazioni naturali,<br />

cit., p. 220; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 414 ss.; ASTIGGIANO, La possibilità <strong>di</strong> contrattualizzazione dei rapporti<br />

patrimoniali tra i partners che compongono la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Nota a Trib. Savona, 24 giugno 2008, in Fam. <strong>di</strong>r.,<br />

2009, p. 385 ss.; ANNUNZIATA e IANNONE, op. cit., p. 131 ss.<br />

Contra TRABUCCHI, Pas par cette voie s’il vous plaît!, cit., 349 ss.; PROSPERI, A proposito <strong>di</strong> una recente<br />

monografia in tema <strong>di</strong> «famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>», in Rass. <strong>di</strong>r. civ., 1984, p. 203 ss.; <strong>di</strong>fficilmente valutabile è, invece, la<br />

posizione <strong>di</strong> CARAVAGLIOS, La comunione legale, cit., 1246 ss., che, da un lato, sembra voler rigettare la soluzione<br />

contrattuale (peraltro identificandola tout court con la proposta dello scrivente <strong>di</strong> adozione <strong>di</strong> un regime <strong>di</strong> comunione<br />

<strong>di</strong> fonte convenzionale, proposta che dell’opzione negoziale non costituisce se non una delle molteplici, ed ampiamente<br />

illustrate, alternative) e dall’altro presenta lo schema <strong>di</strong> un articolato contratto <strong>di</strong> convivenza.<br />

( 13 ) Anche se, come si è cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare in altra sede (cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 152), non è da escludere che, già <strong>di</strong>versi anni or sono, alcuni contratti <strong>di</strong> convivenza siano, in realtà,<br />

effettivamente giunti all’esame dei giu<strong>di</strong>ci, celati, però, sotto le apparenze <strong>di</strong> contratti <strong>di</strong> mantenimento vitalizio, come<br />

risulta confermato dalla presenza in talune ipotesi <strong>di</strong> un impegno, assunto dal vitaliziante, <strong>di</strong> assistere non soltanto<br />

materialmente, ma anche moralmente il vitaliziato per tutta la vita. Sul tema cfr. anche infra, Cap. V, § 3.<br />

( 14 ) V. le sentenze citate ai §§ 4 e 5 <strong>di</strong> questo Cap.<br />

( 15 ) V. ad es. Anche ARCANI, op. cit., p. 889 ss.<br />

57


Nazionale del Notariato ( 16 ), similmente, del resto, a quanto già avvenuto nel corso della riunione <strong>di</strong><br />

Oslo (18 e 19 giugno 1985) della seconda commissione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> dell’Unione Internazionale<br />

Magistrati ( 17 ), la quale <strong>di</strong>chiarava «souhaitable que les concubins puissent régler contractuellement<br />

au moins leurs droits de propriété». Al 1988 risale poi la raccomandazione del Consiglio d’Europa<br />

<strong>di</strong>retta a impe<strong>di</strong>re che i contratti tra conviventi vengano considerati nulli dalle relative <strong>di</strong>sposizioni<br />

nazionali per il solo <strong>fatto</strong> <strong>di</strong> essere stati stipulati tra persone «living together as an unmarried<br />

couple» ( 18<br />

).<br />

Solo così, infatti, appare oggi possibile superare, da un lato, quella soglia minimale <strong>di</strong> tutela<br />

19<br />

costituita dal richiamo allo schema delle obbligazioni naturali ( ) e, dall’altro, le persistenti<br />

incertezze in tema <strong>di</strong> arricchimento ingiustificato ( 20<br />

).<br />

Venendo dunque al nucleo centrale dell’argomento, vale a <strong>di</strong>re all’in<strong>di</strong>viduazione delle<br />

clausole che possono caratterizzare un contratto <strong>di</strong> convivenza, andrà subito detto che l’espressione<br />

«contratto <strong>di</strong> convivenza» non viene qui assunta a designare l’accordo con cui due persone si<br />

impegnano a convivere more uxorio: ogni vincolo <strong>di</strong> carattere personale sfugge, come si vedrà, alla<br />

regolamentazione pattizia. La terminologia abbraccia piuttosto tutte quelle intese <strong>di</strong> contenuto<br />

patrimoniale che i conviventi – in<strong>di</strong>pendentemente dalla presenza o meno <strong>di</strong> un impegno formale a<br />

con<strong>di</strong>videre la futura esistenza, ma comunque sul presupposto <strong>di</strong> quest’ultima – possono concludere<br />

al fine <strong>di</strong> regolare i rispettivi rapporti economici, sottoponendo a regole prefissate la soluzione degli<br />

eventuali problemi che potrebbero insorgere durante il ménage. Poste tali premesse, appare chiaro<br />

che eventuali dubbi in punto meritevolezza <strong>di</strong> tutela (cfr. art. 1322 c.c.) sembrano superabili sulla<br />

base della considerazione che degna <strong>di</strong> protezione appare ogni pattuizione la quale si prefigga <strong>di</strong><br />

21<br />

evitare liti future e <strong>di</strong> fornire un minimo <strong>di</strong> sicurezza economica al partner «debole» ( ).<br />

Secondariamente, può aggiungersi che gli aspetti salienti <strong>di</strong> tali convenzioni dovrebbero<br />

essere costituiti dall’assunzione <strong>di</strong> un obbligo reciproco <strong>di</strong> contribuzione nell’interesse della<br />

famiglia (ovvero dell’obbligo <strong>di</strong> mantenimento a carico <strong>di</strong> uno dei conviventi verso l’altro), con la<br />

specificazione delle relative modalità qualitative e quantitative, nonché dall’eventuale regime degli<br />

acquisti da operarsi congiuntamente o separatamente. Non vanno del resto neppure trascurate le<br />

intese relative alla gestione della potestà genitoriale, sia nella fase fisiologica (cfr. l’art. 317-bis c.c.,<br />

che richiama l’art. 316 c.c.), che in quella patologica del rapporto. Su quest’ultimo punto, i non<br />

chiarissimi elementi desumibili dall’art. 317-bis c.c., su cui si avrà modo <strong>di</strong> tornare più in dettaglio,<br />

( 16 ) V. CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ed i rapporti patrimoniali tra conviventi, Atti<br />

del XXXIII Congresso Nazionale del Notariato, Napoli, 29 settembre – 2 ottobre 1993, Casa E<strong>di</strong>trice Stamperia<br />

Nazionale, 1994, p. 102, 107, 302.<br />

( 17 ) Su cui v. OBERTO, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nel <strong>di</strong>ritto comparato, cit., p. 110. Le conclusioni delle commissioni <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o dell’Unione Internazionale dei Magistrati sono <strong>di</strong>sponibili all’in<strong>di</strong>rizzo web seguente: http://www.iaj-uim.org/.<br />

( 18 ) Cfr. la Recommendation N° R(88)3 of the Committee of Ministers to Member States on the vali<strong>di</strong>ty of contracts<br />

between persons living together as un unmarried couple and their testamentary <strong>di</strong>spositions (adottata dal Comitato dei<br />

Ministri il 7 marzo 1988, durante la 415 a riunione dei Vice-Ministri), del seguente tenore: «The Committee of<br />

Ministers, under the terms of Article 15.b of the Statute of the Council of Europe,<br />

Considering that the aim of the Council of Europe is to achieve a greater unity between its members, in particular by<br />

promoting the adoption of common rules in legal matters;<br />

Considering that many problems concerning persons living together as an unmarried couple may be resolved by the<br />

conclusion of contracts between such persons or by testamentary <strong>di</strong>spositions made by one in favour of the other;<br />

Noting that in some countries such contracts and testamentary <strong>di</strong>spositions might be considered to be contrary to<br />

public policy or morality,<br />

Recommends that the governments of member states take the necessary measures:<br />

i. to ensure that contracts relating to property between persons living together as an unmarried couple, or which<br />

regulate matters concerning their property either during their relationship or when their relationship has ceased, should<br />

not be considered to be invalid solely because they have been concluded under these con<strong>di</strong>tions;<br />

ii. to apply the same principle to testamentary <strong>di</strong>spositions». Per un richiamo ai possibili problemi d’or<strong>di</strong>ne pubblico<br />

e buon costume cfr. infra, §§ 4 e 5, in questo Cap.<br />

( 19 ) V. supra, Cap. II, §§ 1 s.<br />

( 20 ) V. supra, Cap. II, §§ 3-6 e Cap. III, per totum.<br />

( 21 ) Sul richiamo all’art. 1322 c.c. v., anche per i necessari rinvii, OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 151 ss.; per la dottrina successiva, in senso conforme, cfr. ANGELONI, Autonomia privata e potere <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sposizione nei rapporti familiari, cit., p. 509 ss.; DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 978 s.; per un cenno in<br />

giurisprudenza cfr. Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, cit. alla nota seguente; Trib. Min. Reggio Calabria, 17 ottobre 1994,<br />

in Dir. fam. pers., 1995, p. 611, con nota <strong>di</strong> GIGLIOTTI.<br />

58


hanno ricevuto conferma dal rilievo sicuramente attribuito agli accor<strong>di</strong> sulla prole in sede <strong>di</strong> crisi<br />

familiare dalla legge sull’affidamento con<strong>di</strong>viso (l. 8 febbraio 2006, n. 54), le cui <strong>di</strong>sposizioni sono<br />

estensibili anche alle questioni attinenti «ai figli <strong>di</strong> genitori non coniugati». Ne risulta così<br />

ulteriormente esaltata la negozialità tra conviventi more uxorio.<br />

2. La negozialità tra conviventi nella giurisprudenza italiana.<br />

La giurisprudenza italiana ha avuto modo ormai in <strong>di</strong>versi casi <strong>di</strong> soffermarsi sull’argomento,<br />

sempre chiaramente esprimendosi nel senso dell’ammissibilità, con espressa esclusione della<br />

paventata (e sovente messa in campo proprio da una delle parti, successivamente «pentitasi»<br />

dell’impegno assunto) violazione <strong>di</strong> norme imperative, or<strong>di</strong>ne pubblico o buon costume, ed anzi<br />

sovente espressamente ammettendo che l’accordo era meritevole <strong>di</strong> tutela da parte dell’or<strong>di</strong>namento<br />

giuri<strong>di</strong>co, ex art. 1322 c.c.<br />

Esaminando più da vicino in casi più rilevanti, potrà <strong>di</strong>rsi che, già nel lea<strong>di</strong>ng case del 1993,<br />

la Cassazione ( 22<br />

) ebbe a stabilire che la convivenza more uxorio tra persone in stato libero non<br />

costituisce causa <strong>di</strong> illiceità e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> nullità <strong>di</strong> un contratto attributivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti patrimoniali<br />

(nella specie, comodato) collegato a detta relazione, in quanto tale convivenza, ancorché non<br />

<strong>di</strong>sciplinata dalla legge, non contrasta né con norme imperative, non esistendo norme <strong>di</strong> tale natura<br />

che la vietino, né con l’or<strong>di</strong>ne pubblico, né con il buon costume (inteso come il complesso dei<br />

principi etici costituenti la morale sociale <strong>di</strong> un determinato momento storico), bensì ha rilevanza<br />

nel vigente or<strong>di</strong>namento per l’attribuzione <strong>di</strong> potestà genitoriali nell’ipotesi <strong>di</strong>sciplinata dall’art.<br />

317-bis c.c., come nella normativa della legge 27 luglio 1978, n. 392 in or<strong>di</strong>ne alla successione nel<br />

contratto <strong>di</strong> locazione (così come risultante a seguito della nota decisione della Consulta del 1988).<br />

Da notare che, nella specie, si trattava <strong>di</strong> un comodato concesso «vita natural durante» dal<br />

convivente «forte» alla convivente «debole» su <strong>di</strong> un immobile, che l’uomo cercava (vanamente) <strong>di</strong><br />

far venir meno, una volta cessata l’affectio tra le parti.<br />

Nelle decisioni <strong>di</strong> merito si è affermata la vali<strong>di</strong>tà della concessione <strong>di</strong> un usufrutto vitalizio in<br />

23 24<br />

favore della convivente ( ), così come <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto reale <strong>di</strong> abitazione sulla casa familiare ( ),<br />

nonché <strong>di</strong> un patto <strong>di</strong>retto ad impegnare entrambe le parti ad effettuare contribuzioni per il ménage<br />

in misura assolutamente paritaria, pur in presenza <strong>di</strong> una capacità red<strong>di</strong>tuale <strong>di</strong>fferenziata ( 25<br />

).<br />

( 22 ) Cfr. Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, p. 339, con nota <strong>di</strong> BERNARDINI; in Corr.<br />

giur., 1993, p. 947, con nota <strong>di</strong> V. CARBONE; in Vita notar., 1994, p. 225.<br />

( 23 ) Trib. Savona, 7 marzo 2001, in Fam. <strong>di</strong>r., 2001, p. 529, con nota <strong>di</strong> DOGLIOTTI.<br />

( 24 ) Cfr. Trib. Palermo, 3 febbraio 2002, in Gius, 2003, p. 1506, in obiter.<br />

( 25 ) Trib. Savona, 29 giugno 2002, in Fam. <strong>di</strong>r., 2003, p. 596, con nota <strong>di</strong> FERRANDO. Nella specie, una donna (una<br />

volta tanto – come si vedrà tra breve – sembra essere stato il partner <strong>di</strong> sesso femminile ad assumere la veste <strong>di</strong><br />

«contraente forte…», peraltro come nel già citato caso risolto successivamente da Cass., 13 marzo 2003, n. 3713, a<br />

riprova del <strong>fatto</strong> che anche la nostra società sta, forse, cambiando) aveva convenuto in giu<strong>di</strong>zio il suo ex compagno,<br />

chiedendone la condanna al pagamento della somma <strong>di</strong> € 5.164,57 (10.000.000 <strong>di</strong> lire) sulla base <strong>di</strong> una causa peten<strong>di</strong><br />

ricostruita nei termini seguenti dal giu<strong>di</strong>cante: «poiché, contrariamente agli impegni e alle obbligazioni assunte in sede<br />

<strong>di</strong> stipula del contratto <strong>di</strong> convivenza more uxorio, il convenuto, al contrario dell’attrice, non avrebbe partecipato al<br />

sod<strong>di</strong>sfacimento delle esigenze della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in misura eguale e paritaria». Esperita istruttoria orale (è da<br />

supporsi, in forza del <strong>di</strong>sposto del capoverso dell’art. 2721 c.c.), il tribunale dà atto in sentenza che, secondo quanto<br />

<strong>di</strong>chiarato da un teste, le parti «in presenza dello stesso teste, avevano verbalmente e concordemente stabilito che<br />

avrebbero partecipato in misura eguale alle spese inerenti la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>». Posto, dunque, <strong>di</strong> fronte ad un’azione <strong>di</strong><br />

adempimento <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> contribuzione tra conviventi more uxorio, il tribunale applica analogicamente l’art. 143<br />

c.c. per «correggere» il contenuto del contratto che, anche alla luce del criterio ex art. 1366 c.c., viene dal giu<strong>di</strong>cante<br />

«inteso in modo generico e <strong>di</strong> massima», facendo «salve le <strong>di</strong>fferenti possibilità economiche e lavorative dei<br />

componenti in un dato momento». Di conseguenza – accertato in <strong>fatto</strong> lo squilibrio red<strong>di</strong>tuale e patrimoniale in favore<br />

della parte attrice e, in particolare la circostanza che l’uomo «non sembra (…) <strong>di</strong>sponesse <strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti particolari», mentre<br />

la donna «aveva un red<strong>di</strong>to costante e sicuro» – il giu<strong>di</strong>ce respinge la domanda.<br />

La motivazione viene così a trovarsi «in bilico» tra due rationes deciden<strong>di</strong> inconciliabili: la prima, che fa leva<br />

sull’inderogabilità del canone espresso dall’art. 143 c.c., ciò che dovrebbe comportare il riconoscimento (quanto meno<br />

in via incidentale) della nullità dell’intesa, ex art. 1418 c.c.; la seconda, che si basa sull’interpretazione secondo buona<br />

fede <strong>di</strong> un negozio che, per poter essere interpretato, dovrebbe essere ritenuto valido… Peraltro nessuna delle due strade<br />

appare percorribile: non la prima, perché – come si è detto – l’art. 143 c.c. (la cui inderogabilità è sancita, tra l’altro, per<br />

59


Ancora, si è ritenuto valido un accordo con cui una commercialista aveva prestato assistenza<br />

professionale all’impresa in<strong>di</strong>viduale gestita dal compagno ( 26 ), per non <strong>di</strong>re poi <strong>di</strong> tutte le intese<br />

sull’organizzazione degli aspetti personali e patrimoniali della potestà sulla prole minorenne ( 27<br />

).<br />

28<br />

Una fattispecie piuttosto singolare è quella risolta nel 2009 dalla Cassazione ( ), la quale ha<br />

statuito che la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> rinuncia, contenuta in una scrittura privata, alla comproprietà <strong>di</strong> un<br />

immobile già acquistato in comunione tra conviventi more uxorio (rinunzia rilasciata al momento<br />

della cessazione del rapporto da parte della donna, la quale aveva riconosciuto che il bene era stato<br />

acquistato interamente con denaro del partner), integra un «negozio <strong>di</strong> natura ab<strong>di</strong>cativa» ex art.<br />

1104 c.c. in favore del comproprietario che, in virtù del principio <strong>di</strong> elasticità della proprietà,<br />

importa, ipso iure, «l’accrescimento della quota rinunciata in favore dell’ex compagno che,<br />

pertanto, data la proporzione delle rispettive quote, è <strong>di</strong>venuto proprietario dell’intero immobile».<br />

Nella specie, in seno ad una coppia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> poi separatasi, la convivente aveva sottoscritto una<br />

<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> rinuncia alla proprietà della casa in favore dell’uomo insieme al quale aveva<br />

formalmente acquistato il bene, ma <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> comprato soltanto con i sol<strong>di</strong> <strong>di</strong> lui. La titolarità<br />

esclusiva in capo all’uomo, poi deceduto, è stata fatta successivamente valere dalla figlia <strong>di</strong> questi,<br />

che ha invocato la caduta in successione dell’intero immobile per effetto della rinunzia della ex<br />

convivente.<br />

La Corte ha dunque <strong>fatto</strong> qui applicazione dell’art. 1104 c.c., peraltro in un contesto ben<br />

<strong>di</strong>verso da quello in cui la norma si colloca (c.d. «abbandono liberatorio», previsto al fine <strong>di</strong> liberare<br />

il comunista dagli oneri per la conservazione ed il go<strong>di</strong>mento della cosa comune), tra l’altro del<br />

tutto trascurando il <strong>fatto</strong> che tale rinunzia era stata posta in essere nell’ambito <strong>di</strong> una più complessa<br />

operazione negoziale, me<strong>di</strong>ante la quale i conviventi avevano inteso <strong>di</strong>sciplinare i reciproci <strong>di</strong>ritti e<br />

doveri al momento della rottura del rapporto <strong>di</strong> convivenza, posto che l’uomo si era<br />

corrispettivamente impegnato a consegnare alla ex convivente una somma <strong>di</strong> denaro (a quanto pare,<br />

29<br />

non restituita) ( ).<br />

Naturalmente, le intese immaginabili sono svariate, e innumerevoli sono le combinazioni<br />

delle medesime, ma, prima ancora <strong>di</strong> passare in rassegna i possibili contenuti <strong>di</strong> un cohabitation<br />

contract all’italiana, occorrerà fare un breve cenno ad alcuni temi d’or<strong>di</strong>ne generale, quali quelli del<br />

riflesso sui contratti <strong>di</strong> convivenza dell’obbligazione naturale esistente tra le parti, nonché della<br />

vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> questi negozi sotto il profilo del buon costume e dell’or<strong>di</strong>ne pubblico.<br />

3. Contratti <strong>di</strong> convivenza e obbligazioni naturali tra conviventi more uxorio.<br />

Il primo e più serio ostacolo alla configurabilità <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> convivenza deriva dalla<br />

pacifica riconduzione dei doveri <strong>di</strong> reciproca assistenza e contribuzione tra conviventi more uxorio<br />

30<br />

allo schema delle obbligazioni naturali ( ). È noto infatti che, a <strong>di</strong>fferenza del <strong>di</strong>ritto romano, il<br />

quale attribuiva all’obbligazione naturale la natura <strong>di</strong> un vero e proprio rapporto giuri<strong>di</strong>co<br />

i soli coniugi, dall’art. 160 c.c.) non appare in alcun modo riferibile (sub specie obligationis civilis) alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong><br />

(in senso critico, sul punto, rispetto alla decisione, cfr. anche la nota <strong>di</strong> commento <strong>di</strong> FERRANDO, Le contribuzioni tra<br />

conviventi fra obbligazione naturale e contratto, Nota a Trib. Savona, 29 giugno 2002, in Fam. <strong>di</strong>r., 2003, p. 600); non<br />

la seconda, perché in claris non fit interpretatio, né si comprende per qual motivo (non giustificato da emergenze<br />

processuali, quanto meno citate in sentenza) sarebbe stato presente, al momento della conclusione del contratto, un<br />

«ragionevole affidamento» sul <strong>fatto</strong> che l’impegno avrebbe dovuto essere riferito alle «<strong>di</strong>fferenti possibilità economiche<br />

e lavorative dei componenti in un dato momento», anziché ai verba chiaramente usati dalle parti e che ben avrebbero,<br />

tra l’altro, potuto ingenerare un altrettanto ragionevole affidamento in capo alla donna, circa la futura <strong>di</strong>visione a metà<br />

<strong>di</strong> tutte le spese afferenti al ménage.<br />

( 26 ) Cfr. Trib. Savona, 24 giugno 2008, in Fam. <strong>di</strong>r., 2009, p. 385, con nota <strong>di</strong> ASTIGGIANO. La decisione ha escluso<br />

che tali prestazioni rientrassero nel novero delle obbligazioni naturali, così pre<strong>di</strong>candone l’onerosità ed affermando il<br />

<strong>di</strong>ritto della ex convivente a pretenderne il prezzo.<br />

( 27 ) Su cui v. infra, Cap. V, §§ 1 s.<br />

( 28 ) Cfr. Cass., 9 novembre 2009, n. 23691.<br />

( 29 ) Cfr. ANNUNZIATA, La rinuncia alla comproprietà dell’immobile da parte del convivente more uxorio è un modo<br />

<strong>di</strong> estinzione della proprietà?, Nota a Cass., 9 novembre 2009, n. 23691, in Fam. pers. succ., 2010, p. 414 ss.<br />

( 30 ) Su cui v. supra, Cap. II, §§ 1 s.<br />

60


obbligatorio (anche se sui generis), riconnettendovi una serie <strong>di</strong> effetti ulteriori rispetto al fenomeno<br />

della soluti retentio ( 31 ), il nostro or<strong>di</strong>namento non riconosce ai doveri morali e sociali <strong>di</strong> cui all’art.<br />

2034 la caratteristica della giuri<strong>di</strong>cità ( 32 ). In quest’ottica, trasformare in qualche modo<br />

l’obbligazione naturale in civile appare quanto meno problematico. Una simile operazione,<br />

espressamente consentita dalle fonti romane sotto la specie della novazione ( 33 ), e ancora ritenuta<br />

ammissibile dalla giurisprudenza italiana sotto il co<strong>di</strong>ce abrogato ( 34<br />

), sembra oggi urtare<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente con il <strong>di</strong>sposto dell’art. 2034 cpv. c.c., il quale (a <strong>di</strong>fferenza dell’art. 1237 cpv.<br />

c.c. 1865) esplicitamente esclude che i doveri morali e sociali in oggetto producano qualsiasi altro<br />

effetto giuri<strong>di</strong>co al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quello della non ripetibilità <strong>di</strong> quanto eventualmente prestato.<br />

Alla luce <strong>di</strong> tale dato positivo, anche la giurisprudenza, dopo l’entrata in vigore del co<strong>di</strong>ce<br />

35<br />

attuale, si è venuta orientando in senso decisamente contrario ( ), secondo un in<strong>di</strong>rizzo che<br />

annovera in dottrina autorevoli sostenitori, i quali non hanno mancato <strong>di</strong> rimarcare come un<br />

contratto avente a oggetto l’assunzione come civile <strong>di</strong> un’obbligazione naturale costituirebbe, in<br />

buona sostanza, un negozio ricognitivo, ovvero novativo, <strong>di</strong> un debito giuri<strong>di</strong>camente inesistente e<br />

come tale sarebbe inammissibile, perché tanto la ricognizione che la novazione presuppongono la<br />

vali<strong>di</strong>tà del titolo costitutivo dell’originaria obbligazione ( 36<br />

).<br />

Ora, non c’è dubbio che debba escludersi in limine ogni possibilità <strong>di</strong> novazione <strong>di</strong><br />

un’obbligazione naturale in civile, posto che il fenomeno <strong>di</strong>sciplinato dagli artt. 1230 ss. c.c. (come<br />

del resto qualsiasi istituto concernente la parte generale delle obbligazioni) postula la preesistenza<br />

<strong>di</strong> un rapporto giuri<strong>di</strong>co obbligatorio che nella specie <strong>di</strong>fetta. Del pari è destinato a rimanere privo<br />

d’effetti ogni atto unilaterale (confessione stragiu<strong>di</strong>ziale, promessa <strong>di</strong> pagamento, riconoscimento <strong>di</strong><br />

37<br />

debito, promessa contenuta in titolo <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to) meramente «riproduttivo» dell’obbligo naturale ( ).<br />

Ma la conclusione non può essere la stessa per quanto concerne la promessa contenuta in un<br />

contratto. Quest’ultimo, infatti, ben può avere una sua causa autonoma rispetto all’obbligazione<br />

naturale sussistente tra le parti, anche se tramite esso i contraenti raggiungano ugualmente lo scopo<br />

38<br />

<strong>di</strong> dare esecuzione al dovere morale o sociale ( ). Il risultato può essere ottenuto ponendo la<br />

prestazione oggetto dell’obbligazione naturale in corrispondenza biunivoca con un’altra<br />

prestazione, <strong>di</strong> natura reale o obbligatoria, la quale a sua volta può costituire oggetto <strong>di</strong> un’altra<br />

obbligazione naturale (per esempio, Tizio promette a Caio <strong>di</strong> adempiere nei suoi confronti<br />

un’obbligazione prescritta, in cambio dell’impegno <strong>di</strong> Caio <strong>di</strong> saldare a Tizio la residua parte <strong>di</strong> un<br />

debito facente parte <strong>di</strong> un concordato fallimentare). Il negozio viene così ad assumere una sua causa<br />

( 31 ) Sulla natura delle obbligazioni naturali in <strong>di</strong>ritto romano v. per tutti POTHIER, Traité des obligations, in Traités<br />

de droit civil et de jurisprudence françoise, I, Paris, 1781, p. 82 ss.; WINDSCHEID, Lehrbuch des Pandektenrechts, II,<br />

Frankfurt a. M., 1882, p. 113; ARANGIO-RUIZ, Istituzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto romano, Napoli, 1974, p. 409 ss. La giuri<strong>di</strong>cità delle<br />

obbligazioni naturali in <strong>di</strong>ritto romano era confermata dal <strong>fatto</strong> che quest’ultimo ne ammetteva la possibilità <strong>di</strong> garanzia<br />

tramite fideiussione, <strong>di</strong> compensazione, <strong>di</strong> novazione (v., rispettivamente, D. 46. 1. 16. 3.; D. 16. 2. 6.; D. 46. 2. 1. 1.).<br />

( 32 ) Cfr. POTHIER, op. loc. citt.; CARNELUTTI, Rapporto giuri<strong>di</strong>co naturale, in Scritti in memoria <strong>di</strong> E. Massari,<br />

Napoli, 1938, p. 323 ss.; Salv. ROMANO, Note sulle obbligazioni naturali, 2° ed., Firenze, 1953, p. 110 ss.; M.<br />

GIORGIANNI, L’obbligazione (la parte generale delle obbligazioni), cit., p. 111 ss.<br />

( 33 ) D. 46. 2. 1. 1.: «Novatio est prioris debiti in aliam obligationem vel civilem vel naturalem transfusio atque<br />

translatio».<br />

( 34 ) Cass., 4 luglio 1938, in Foro it., 1938, I, c. 1547.<br />

( 35 ) Cass., 15 marzo 1943, n. 606, in Rep. Foro it., 1943-45, voce «Successione», n. 28; Cass., 7 giugno 1943, n.<br />

1391, ivi, voce «Obbligazioni e contratti», n. 397; Cass., 4 febbraio 1959, n. 329, in Foro it., 1959, I, c. 354; Cass., 22<br />

maggio 1963, n. 1351, in Foro it., 1963, I, c, 2356; Cass., 25 ottobre 1974, n. 3120, in Giur. it., 1975, I, 1, c. 2004;<br />

Cass., 29 novembre 1986, n. 7064, in Foro it., 1987, I, c. 805.<br />

( 36 ) NICOLÒ, Esecuzione in<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> obbligazioni naturali, in Foro it., 1939, I, c. 39; BETTI, Teoria generale del<br />

negozio giuri<strong>di</strong>co, Torino, 1950, p. 186 s., nota 2; MONTEL, Obbligazione naturale come causa <strong>di</strong> obbligazione civile,<br />

in Riv. <strong>di</strong>r. comm., 1941, II, p. 332 s.; BIANCA, Obbligazione naturale e forma, in La forma degli atti nel <strong>di</strong>ritto privato.<br />

Stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> Michele Giorgianni, Napoli, 1988, p. 20.<br />

( 37 ) Invero, in un sistema come il nostro in cui la promessa unilaterale non è, <strong>di</strong> regola, fonte <strong>di</strong> obbligazioni,<br />

l’autore della <strong>di</strong>chiarazione non potrebbe certo ritenersi vincolato per il solo <strong>fatto</strong> <strong>di</strong> aver espresso una simile<br />

<strong>di</strong>chiarazione. Del resto, nemmeno gli effetti che – sul solo piano processuale – gli artt. 2735 c.c. e 1988 c.c.<br />

ricollegano, rispettivamente, alla confessione stragiu<strong>di</strong>ziale e alla promessa <strong>di</strong> pagamento (o ricognizione <strong>di</strong> debito),<br />

appaiono qui applicabili, in quanto previsti in relazione a un rapporto giuri<strong>di</strong>co che nella specie manca.<br />

( 38 ) OPPO, Adempimento in<strong>di</strong>retto <strong>di</strong> obbligazione naturale, in Riv. <strong>di</strong>r. comm., 1945, I, p. 186; ID., Adempimento e<br />

liberalità, cit., p. 360 ss.<br />

61


autonoma, consistente nello scambio tra due sacrifici reciproci, mentre, rispetto a tale schema, la<br />

volontà <strong>di</strong> adempiere il preesistente dovere morale o sociale degrada al rango <strong>di</strong> semplice motivo. Il<br />

risultato è solo apparentemente analogo a quello emergente da due <strong>di</strong>stinte e parallele ricognizioni<br />

dei rispettivi debiti naturali: ciò che qui spinge i soggetti ad adempiere non è più la «voce della<br />

coscienza», ma la certezza nell’assunzione, come civile, dell’impegno reciproco in capo alla<br />

controparte.<br />

Queste premesse consentono <strong>di</strong> superare anche l’ostacolo costituito dalla lettera dell’art. 2034<br />

cpv. c.c. All’uopo si può suggerire una lettura sistematica dello stesso che ne limiti la portata<br />

negativa a quei soli effetti legali normalmente riconnessi alle obbligazioni civili, senza estenderla a<br />

quelli eventualmente scaturenti da un <strong>di</strong>stinto negozio, dotato <strong>di</strong> una sua causa autonoma ( 39 ). Se è<br />

dunque nello scambio tra le vicendevoli promesse <strong>di</strong> adempiere i doveri morali e sociali scaturenti<br />

dal legame more uxorio che va ricercata la causa dei contratti <strong>di</strong> convivenza, deve però subito<br />

aggiungersi che, nel caso in cui la promessa <strong>di</strong> adempimento <strong>di</strong> un obbligo morale o sociale<br />

scaturisse da una sola parte determinando l’impoverimento del promittente e l’arricchimento del<br />

promissario, il requisito causale dovrebbe essere surrogato dal rispetto della forma solenne<br />

prescritta per la donazione ( 40<br />

).<br />

Le considerazioni <strong>di</strong> cui sopra, già presentate all’attenzione della dottrina <strong>di</strong>versi anni or sono<br />

41 42<br />

( ), hanno ricevuto accoglienza generalmente favorevole ( ): significativo appare del resto il <strong>fatto</strong><br />

che il dubbio sull’ammissibilità della «trasformazione» dell’obbligazione da naturale in civile non<br />

sia stato neppure affacciato nel già citato lea<strong>di</strong>ng case della Cassazione in materia <strong>di</strong> contratti tra<br />

conviventi more uxorio ( 43<br />

).<br />

4. Contratti <strong>di</strong> convivenza e buon costume.<br />

Il problema della vali<strong>di</strong>tà del contratto <strong>di</strong> convivenza sotto il profilo del buon costume si<br />

presenta, in prospettiva storica, come inscin<strong>di</strong>bilmente connesso alla vexata quaestio della vali<strong>di</strong>tà<br />

delle donazioni tra conviventi, posto che queste ultime costituirono per secoli gli strumenti<br />

attraverso cui venivano regolati i rapporti economici delle unioni extramatrimoniali. Lo sfavore con<br />

44<br />

cui la donazione alla concubina era vista sotto l’Ancien Régime ( ) non poteva non ripercuotersi<br />

( 39 ) A ciò si aggiunga ancora che nel nostro sistema nulla autorizza a escludere la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un contratto avente a<br />

oggetto l’assunzione a livello <strong>di</strong> obbligazione civile <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> mera cortesia (si pensi, per esempio, al contratto<br />

con cui, <strong>di</strong>etro corrispettivo, la mia vicina si impegna a curare le piante <strong>di</strong> casa mia quando io sono assente): a maggior<br />

ragione, dunque, dovrà ritenersi consentita un’analoga operazione con riguardo alle obbligazioni naturali. Inoltre, la<br />

cennata interpretazione restrittiva dell’espressione «altri effetti» si giustifica anche sulla base del principio generale<br />

della libertà contrattuale, che verrebbe altrimenti compresso ove tra i predetti effetti venissero anche ricompresi quelli <strong>di</strong><br />

origine negoziale.<br />

( 40 ) Ciò, almeno, stando alla teoria che attribuisce al rispetto <strong>di</strong> simili formalità l’effetto <strong>di</strong> giustificare uno<br />

spostamento patrimoniale non controbilanciato da un reciproco sacrificio (cfr. SACCO, Il contratto, Torino, 1975, p. 574<br />

ss.; secondo BIANCA, Obbligazione naturale e forma, cit., p. 24, il rispetto delle forme della donazione consentirebbe<br />

sempre <strong>di</strong> «novare» un’obbligazione naturale in civile, in quanto esso produrrebbe l’effetto <strong>di</strong> rendere consapevole il<br />

<strong>di</strong>chiarante che ciò che egli promette non è giuri<strong>di</strong>camente dovuto). A identiche conclusioni dovrà pervenirsi<br />

nell’ipotesi in cui il contratto prevedesse un assetto, per così <strong>di</strong>re, «sbilanciato» dei rapporti reciproci, tale da indurre a<br />

ritenere presente una causa donan<strong>di</strong>: si pensi alla corresponsione della contribuzione in misura «aggravata» a carico <strong>di</strong><br />

uno solo dei conviventi, o alla creazione <strong>di</strong> un determinato regime degli acquisti da operarsi durante la convivenza a<br />

tutto vantaggio <strong>di</strong> uno solo dei partners.<br />

( 41 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 156 ss., cui si fa richiamo per ulteriori<br />

approfon<strong>di</strong>menti e rinvii.<br />

( 42 ) Cfr. BERNARDINI, La convivenza fuori del matrimonio tra contratto e relazione sentimentale, cit., p. 206;<br />

FRANZONI, I contratti tra conviventi «more uxorio», cit., p. 745; SPADAFORA, L’obbligazione naturale tra conviventi ed<br />

il problema della sua trasformazione in obbligazione civile attraverso lo strumento negoziale, cit., p. 157 ss.; ID.,<br />

Rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio e autonomia privata, cit., p. 111 ss.; DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza, cit., 979 s.;<br />

DE SCRILLI, I patti <strong>di</strong> convivenza. Considerazioni generali, in AA. VV., Convivenza e situazioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in AA. VV.,<br />

Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, I, Famiglia e matrimonio, 1, prima e<strong>di</strong>zione, cit., p. 854 ss.; ARCANI, op.<br />

cit., p. 908 s.; contra ANGELONI, Autonomia privata e potere <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione nei rapporti familiari, cit., p. 528.<br />

( 43 ) Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, cit.<br />

( 44 ) Per un’illustrazione dello sviluppo storico del tema si fa rinvio a OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 169 ss.; cfr. inoltre ID., Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 1 ss.<br />

62


sulla considerazione della liceità <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong>retto alla costituzione <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong><br />

convivenza <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. In effetti, proprio quest’ultimo era riportato da molti dei primi commentatori<br />

del Code Napoléon come il classico esempio <strong>di</strong> negozio contra bonos mores ( 45<br />

).<br />

Va peraltro subito aggiunto che in quei tempi la <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> questa figura rispetto alla<br />

donazione effettuata allo scopo <strong>di</strong> convincere una donna a intraprendere una relazione concubinaria<br />

si prospettava come assai ardua. Il più delle volte, infatti, la donna che si «adattava» a convivere<br />

more uxorio altro non aveva da offrire, in cambio del mantenimento promesso dall’uomo, se non il<br />

proprio corpo (eccezion fatta per il lavoro domestico, che peraltro non era allora tenuto in alcuna<br />

considerazione). Dunque, la <strong>di</strong>sponibilità della convivente a instaurare una relazione concubinaria<br />

poteva essere vista tanto come cause (intesa in Francia nel senso <strong>di</strong> motivo) <strong>di</strong> una liberalità il cui<br />

oggetto era rappresentato dalla contribuzione dell’uomo, quanto come controprestazione <strong>di</strong> un<br />

contratto oneroso <strong>di</strong> convivenza (laddove la prestazione dell’uomo consisteva, appunto,<br />

nell’erogazione del mantenimento).<br />

L’attuale considerazione a livello normativo e sociale del lavoro domestico consente <strong>di</strong><br />

affermarne l’idoneità a porsi in corrispondenza biunivoca con un eventuale obbligo <strong>di</strong><br />

mantenimento, nell’ambito <strong>di</strong> un negozio a titolo oneroso, così facendo necessariamente passare in<br />

secondo piano l’aspetto sessuale. L’accordo sull’assetto economico da imprimere al ménage assume<br />

dunque una sua piena autonomia rispetto all’impegno a convivere e pertanto neppure un’eventuale<br />

immoralità <strong>di</strong> quest’ultimo potrebbe riverberare i suoi effetti sul primo. D’altro canto, si è già<br />

46<br />

chiarito che la causa del contratto <strong>di</strong> convivenza risiede non già nel legame more uxorio in sé ( ),<br />

ma nello scambio delle vicendevoli promesse <strong>di</strong> adempiere le reciproche obbligazioni naturali:<br />

rispetto a questo schema, come già detto, il rapporto pseudo-matrimoniale si viene piuttosto a porre<br />

come un motivo.<br />

Trattasi peraltro <strong>di</strong> motivo comune a entrambi i contraenti, oltre che (almeno per i contratti<br />

comunque <strong>di</strong>retti a favorire l’instaurazione o la prosecuzione del rapporto) esclusivo: pertanto, ai<br />

sensi dell’art. 1345 c.c., il problema <strong>di</strong> un’eventuale illiceità si ripresenta in termini assai simili a<br />

quelli che per decenni si sono posti in relazione alla donazione. Ben potranno allora richiamarsi i<br />

risultati cui dottrina e giurisprudenza sono pervenute, un po’ ovunque, in quella sede, sottolineando<br />

come i contratti <strong>di</strong> convivenza <strong>di</strong>retti alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali dei partners<br />

non possano per ciò solo essere ritenuti immorali, se non nel caso in cui «la contre-prestation est<br />

constituée uniquement par le consentement à des relations charnelles». A maggior ragione, dunque,<br />

tali negozi non contrastano con il buon costume quando emerga dagli stessi chiaramente l’intento<br />

primario dei partners <strong>di</strong> garantire reciprocamente il proprio futuro, ponendo le basi economiche per<br />

la fondazione <strong>di</strong> una comunità familiare, anche se soltanto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

In quest’ottica si è posta anche in Italia la giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità, la quale – come già<br />

ricordato – ha affermato che la convivenza more uxorio tra persone in stato libero non costituisce<br />

causa <strong>di</strong> illiceità e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> nullità <strong>di</strong> un contratto attributivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti patrimoniali (nella specie,<br />

comodato) collegato a detta relazione, in quanto tale convivenza, ancorché non <strong>di</strong>sciplinata dalla<br />

legge, non contrasta né con norme imperative, non esistendo norme <strong>di</strong> tale natura che la vietino, né<br />

con l’or<strong>di</strong>ne pubblico, che comprende i principi fondamentali informatori dell’or<strong>di</strong>namento<br />

giuri<strong>di</strong>co, né con il buon costume, inteso, a norma delle <strong>di</strong>sposizioni del co<strong>di</strong>ce civile (ve<strong>di</strong> artt.<br />

1343, 1354 c.c.), come il complesso dei principi etici costituenti la morale sociale <strong>di</strong> un determinato<br />

momento storico, bensì ha rilevanza nel vigente or<strong>di</strong>namento per l’attribuzione <strong>di</strong> potestà genitoriali<br />

nell’ipotesi <strong>di</strong>sciplinata dall’art. 317-bis c.c., come nella normativa della legge 27 luglio 1978, n.<br />

47<br />

392 in or<strong>di</strong>ne alla successione nel contratto <strong>di</strong> locazione ( ).<br />

5. Contratti <strong>di</strong> convivenza e or<strong>di</strong>ne pubblico: i rapporti <strong>di</strong> carattere personale.<br />

Se è vero che nessun principio d’or<strong>di</strong>ne pubblico sembra opporsi in limine alla stipula <strong>di</strong> un<br />

( 45 ) Cfr. DURANTON, Corso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile secondo il co<strong>di</strong>ce francese, ed. italiana, VI, Minerva Subalpina, 1843, p.<br />

176.<br />

( 46 ) Come invece affermato da A. TRABUCCHI, Pas par cette voie s’il vous plaît!, cit., p. 349.<br />

( 47 ) Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, cit.<br />

63


contratto <strong>di</strong> convivenza, assai <strong>di</strong>verso è il <strong>di</strong>scorso allorché si scende alla <strong>di</strong>samina dei possibili<br />

contenuti del negozio. I canoni fondamentali del nostro sistema pongono infatti un ostacolo<br />

insuperabile in merito all’inserimento <strong>di</strong> aspetti <strong>di</strong> carattere personale.<br />

Anzi, assorbente rispetto a questa considerazione appare quella per cui i doveri <strong>di</strong> fedeltà,<br />

assistenza morale, collaborazione e coabitazione, proprio perché privi del requisito della<br />

patrimonialità, si mostrano inidonei, innanzitutto, a costituire «prestazione» ai sensi dell’art. 1174<br />

c.c., e, secondariamente, a essere dedotti in contratto, ex art. 1321 c.c. ( 48 ). Ma il richiamo alle<br />

regole d’or<strong>di</strong>ne pubblico sarebbe inevitabile nel caso si fosse tentati <strong>di</strong> imporre il rispetto <strong>di</strong> tali<br />

impegni per via in<strong>di</strong>retta, me<strong>di</strong>ante la pattuizione <strong>di</strong> una penale (per es.: ti darò la somma x se ti<br />

sarò infedele, oppure se ti abbandonerò prima o dopo una certa data), che non sfuggirebbe alla<br />

sanzione della nullità per violazione del principio della libertà personale ( 49<br />

).<br />

Ciò detto, va però subito precisato che la possibilità <strong>di</strong> attribuire un qualche rilievo sul piano<br />

negoziale a taluni aspetti <strong>di</strong> carattere personale non pare totalmente esclusa. Si è infatti già posto in<br />

luce che la deduzione in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un comportamento umano può supplire al <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> dedurre<br />

tale comportamento in obbligazione. Al riguardo, potrebbero astrattamente configurarsi due schemi:<br />

a) con<strong>di</strong>zione che subor<strong>di</strong>na una prestazione patrimoniale da un convivente all’altro all’esecuzione<br />

<strong>di</strong> una prestazione non patrimoniale da parte dell’autore della promessa (per esempio: ti prometto<br />

che ti darò cento se non ti sarò fedele, se tra <strong>di</strong>eci anni non coabiterò più con te, se tra cinque anni<br />

non ti avrò dato un figlio, ecc.); b) con<strong>di</strong>zione che subor<strong>di</strong>na una prestazione patrimoniale<br />

all’effettuazione <strong>di</strong> una non patrimoniale da parte, questa volta, del destinatario della promessa (ti<br />

prometto che ti darò cento se mi sarai fedele, se tra <strong>di</strong>eci anni coabiterai ancora con me, se tra<br />

cinque anni mi avrai dato un figlio, ecc.). Ora, la prima delle due clausole, che costituisce<br />

certamente una penale, è nulla poiché in essa la deduzione in con<strong>di</strong>zione finisce con il mascherare<br />

l’assunzione <strong>di</strong> un vero e proprio obbligo alla prestazione non patrimoniale, sanzionato con la<br />

corresponsione dell’importo <strong>di</strong> cui alla promessa. D’altro canto, l’impegno sottoscritto dal<br />

promittente appare vincolato alla mera volontà <strong>di</strong> quest’ultimo e pertanto in contrasto con il<br />

<strong>di</strong>sposto dell’art. 1355 c.c. Al contrario, la clausola sub b), che potrebbe definirsi come «premiale»,<br />

in quanto <strong>di</strong>retta ad attribuire una sorta <strong>di</strong> compenso per l’effettuazione <strong>di</strong> una prestazione (non<br />

50<br />

patrimoniale) da parte del promissario, non sembra in grado <strong>di</strong> suscitare obiezioni ( ).<br />

Riprendendo l’esame dei vari aspetti in or<strong>di</strong>ne ai quali l’assunzione <strong>di</strong> un impegno deve<br />

ritenersi vietata, occorre soffermarsi in primo luogo sull’impegno a convivere. Già si è illustrata<br />

l’invali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> qualsiasi penale correlata al venir meno della coabitazione. Un corollario <strong>di</strong> tale<br />

( 48 ) Questo, dunque, e non l’incoercibilità dei doveri in <strong>di</strong>scorso (secondo quanto invece sostenuto da D’ANGELI, La<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 426), costituisce il vero motivo dell’impossibilità <strong>di</strong> rendere giuri<strong>di</strong>camente rilevante l’impegno<br />

morale <strong>di</strong> fedeltà reciproca tra conviventi. Ché, altrimenti, dovrebbe ritenersi meramente «platonico» pure il dovere <strong>di</strong><br />

fedeltà tra coniugi, coercibile, come noto, solo in via in<strong>di</strong>retta, per mezzo dell’addebito della separazione. Per la<br />

conclusione <strong>di</strong> cui al testo v. già OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 193 ss.; v. poi anche<br />

SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 415; FRANZONI, Le convenzioni patrimoniali tra conviventi more uxorio, cit., p. 470<br />

ss.; FALLETTI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: la <strong>di</strong>sciplina dei rapporti patrimoniali tra i conviventi, cit., p. 71. Contra M. SGROI,<br />

op. cit., p. 1078, secondo cui «i comportamenti che i conviventi in<strong>di</strong>viduano come caratterizzanti l’attuazione del loro<br />

rapporto, volto a realizzare un’informale (cioè, fuori dal vincolo formale dato dal matrimonio) comunione <strong>di</strong> vita,<br />

possono liberamente essere fissati sulla base <strong>di</strong> un reciproco accordo, eventualmente oggetto anche <strong>di</strong> un cd. contratto <strong>di</strong><br />

convivenza (con i limiti <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà ed efficacia <strong>di</strong> questi strumenti atipici)».<br />

( 49 ) La conclusione riceve in<strong>di</strong>retta conferma dall’art. 79 c.c., che <strong>di</strong>chiara nulla qualsiasi penale posta a garanzia <strong>di</strong><br />

una promessa <strong>di</strong> matrimonio, nonché dal <strong>fatto</strong> che uguale sorte si ritiene comunemente ricollegata a un’analoga clausola<br />

che i coniugi dovessero prevedere a suggello <strong>di</strong> uno o più dei doveri ex art. 143 c.c. Sul tema cfr. OBERTO, I regimi<br />

patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 193 ss.; in senso conforme v. anche FRANZONI, I contratti tra conviventi<br />

«more uxorio», cit., p. 747; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 415.<br />

( 50 ) La tesi, proposta da chi scrive anche all’attenzione della dottrina tedesca (cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali<br />

della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 197 s.; ID., Partnerverträge in rechtsvergleichender Sicht unter besonderer<br />

Berücksichtigung des italienischen Rechts, cit., p. 7), sembra avere riscosso consenso presso quest’ultima: cfr.<br />

GRZIWOTZ, Partnerschaftsvertrag, für <strong>di</strong>e nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 31; per la dottrina italiana v. per<br />

tutti ARCANI, op. cit., p. 906 s.; per una valutazione <strong>di</strong> tale impostazione in (non meglio precisati) «termini<br />

problematici» in Italia v. FRANZONI, I contratti tra conviventi «more uxorio», cit., p. 749 s.; alcuni richiami anche in<br />

BASINI, Le promesse premiali, Milano, 2000, p. 40, 58 ss.; DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 976 s. Si noti che,<br />

dal punto <strong>di</strong> vista storico, una precisa in<strong>di</strong>cazione nel senso in<strong>di</strong>cato sembra provenire anche dal <strong>di</strong>ritto romano: cfr.<br />

OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, cit., p. 605 ss.<br />

64


conclusione è rappresentato dalla illiceità <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione apposta a un eventuale mutuo concesso<br />

da un convivente all’altro, che sottoponesse sospensivamente l’esigibilità del cre<strong>di</strong>to del mutuante<br />

all’evento della cessazione della convivenza, sempre che l’importo in questione, specie se<br />

rapportato alle con<strong>di</strong>zioni patrimoniali del mutuatario, fosse tale da restringere in maniera<br />

intollerabile la libertà <strong>di</strong> quest’ultimo <strong>di</strong> porre fine in ogni tempo al rapporto ( 51<br />

).<br />

La contrarietà rispetto all’or<strong>di</strong>ne pubblico risulterebbe poi particolarmente evidente non<br />

soltanto nell’impegno che vincolasse la libertà dei conviventi esplicitamente imponendo un obbligo<br />

<strong>di</strong> fedeltà, ma anche in un’espressa rinuncia al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> porre fine in qualsiasi momento al ménage<br />

52<br />

( ). Lo stesso è a <strong>di</strong>rsi circa la promessa dei partners (o <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> essi) avente a oggetto la<br />

prosecuzione della coabitazione, vuoi per un periodo illimitato, vuoi per una «durata garantita<br />

minima».<br />

Significativi al riguardo due precedenti giurisprudenziali stranieri, su cui ci si sofferma in<br />

53 54<br />

nota, relativi, rispettivamente, alla Germania ( ) ed alla Francia ( ).<br />

( 51 ) In questo senso v. AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 409. Si noti però<br />

che la conseguenza <strong>di</strong> tale premessa è la nullità dell’intero contratto (art. 1354 c.c.): ne deriva che il mutuante è<br />

legittimato in ogni tempo a richiedere la restituzione dell’importo a titolo <strong>di</strong> indebito.<br />

( 52 ) Cfr. NOIR-MASNATA, Les effets patrimoniaux du concubinage et leur influence sur le devoir d’entretien entre<br />

époux séparés, Genève, 1982, p. 58; JEANMART, Les effets civils de la vie commune en dehors du mariage, cit., p. 215.<br />

( 53 ) Significativo è il caso risolto da OLG Hamm, 24 marzo 1987, in FamRZ, 1988, p. 618. Herr K. e Frau R.,<br />

conviventi more uxorio, concludono una Vereinbarung <strong>di</strong>retta a regolare la propria vita in comune, nonchè le<br />

conseguenze <strong>di</strong> un’eventuale rottura del ménage. Una delle clausole <strong>di</strong> tale accordo, redatto per iscritto, prevede<br />

testualmente che «per il caso <strong>di</strong> scioglimento del rapporto more uxorio per iniziativa <strong>di</strong> K. quest’ultimo si impegna a<br />

corrispondere a R., a titolo <strong>di</strong> indennizzo, la somma <strong>di</strong> DM 40.000. Nel caso la convivenza <strong>di</strong> protragga per <strong>di</strong>eci anni la<br />

somma verrà aumentata a DM 80.000. R. e K. concordano nel ritenere esclusa l’operatività del predetto <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

indennizzo nel caso gli stessi contraggano matrimonio oppure se sarà R. a decidere <strong>di</strong> sciogliere il legame».<br />

La Corte afferma la nullità <strong>di</strong> tale clausola per due <strong>di</strong>stinti motivi. In primo luogo, perché il contratto è stato<br />

concluso quando Herr K. era ancora sposato: la previsione <strong>di</strong> una penale per lo scioglimento della relazione<br />

extramatrimoniale va ritenuta come sittenwidrig ai sensi del § 138 BGB, in quanto <strong>di</strong>retta a scoraggiare la<br />

riconciliazione con la moglie favorendo invece la violazione del dovere <strong>di</strong> fedeltà coniugale. La seconda ragione (<strong>di</strong><br />

carattere assorbente, tanto da far ritenere irrilevante la circostanza del successivo <strong>di</strong>vorzio <strong>di</strong> K.) è che una clausola del<br />

genere, anche in considerazione dell’entità della somma, tende allo scopo <strong>di</strong> «rendere più <strong>di</strong>fficoltoso, se non ad<strong>di</strong>rittura<br />

impossibile, per il convenuto (K.) lo scioglimento del rapporto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>». Secondo i giu<strong>di</strong>ci, la conseguente limitazione<br />

della libertà <strong>di</strong> autodeterminazione dell’obbligato nella sfera dei suoi <strong>di</strong>ritti personalissimi deve dunque essere<br />

considerata intollerabile, oltre che in contrasto con i principi fondamentali dell’or<strong>di</strong>namento (al punto che, secondo la<br />

Corte, le conclusioni non potrebbero essere <strong>di</strong>verse neppure in relazione a una coppia coniugata).<br />

Nel senso invece della vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un impegno avente a oggetto la coabitazione per (almeno) un certo periodo v.<br />

KUNIGK, op. cit., p. 121; LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 937 (il quale ammette ad<strong>di</strong>rittura<br />

l’applicazione in via analogica del § 723, comma secondo, BGB, norma che prevede la responsabilità del socio che sia<br />

receduto prima del tempo, «es sei denn, daß ein wichtiger Grund für <strong>di</strong>e unzeitige Kün<strong>di</strong>gung vorliegt»); e,<br />

implicitamente, STRÄTZ, Rechtsfragen des Konkubinats im Überblick, in FamRZ, 1980, p. 434, che riconosce nel caso<br />

<strong>di</strong> violazione <strong>di</strong> tale obbligo il <strong>di</strong>ritto del partner abbandonato <strong>di</strong> richiedere il risarcimento del danno. Quest’ultimo<br />

autore prospetta l’esempio <strong>di</strong> una clausola che leghi la durata minima del rapporto a quella degli stu<strong>di</strong>, ovvero «bis zum<br />

Abschluß eines bestimmten Examens». Il rigetto della tesi ora esposta esime chi scrive dal prendere posizione sul<br />

problema <strong>di</strong> un’eventuale applicabilità del § 162, comma primo, BGB (corrispondente al nostro art. 1359 c.c.: finzione<br />

<strong>di</strong> avveramento della con<strong>di</strong>zione, qualora il mancato avveramento sia imputabile alla parte che aveva interesse<br />

contrario) nel caso lo studente, al fine <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la <strong>di</strong>ssoluzione del legame, provocasse ad arte, wider Treu und<br />

Glauben, la propria bocciatura ...<br />

Alle critiche <strong>di</strong> cui al testo non pare sottrarsi nemmeno la clausola che preveda l’obbligo <strong>di</strong> corrispondere una certa<br />

somma in caso <strong>di</strong> rottura ingiustificata del ménage (sulla cui vali<strong>di</strong>tà v. invece CLARIZIA, Procreazione artificiale e<br />

tutela del minore, Milano, 1988, p. 88 s.; LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 936), posto che<br />

(come, già riba<strong>di</strong>to più volte), ogni convivente deve poter conservare intatto il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> porre fine al rapporto in ogni<br />

momento e anche in assenza <strong>di</strong> un qualche giustificato motivo.<br />

( 54 ) Cfr. Cass. Civ. 1 ère , 20 giugno 2006, in Bull. civ., 2006, I, N° 312, p. 270. Nella specie trattavasi <strong>di</strong> un uomo e<br />

una donna che avevano «vécu en concubinage de 1984 à 2002»; dall’unione erano nati due figli nel 1990 e nel 1996. Il<br />

1° settembre 1984 i due avevano firmato «une convention de concubinage prévoyant que le concubin qui n’a pas<br />

d’emploi ou qui renonce à son emploi pour élever les enfants pourra exiger de l’autre une indemnité égale au moins à la<br />

moitié des revenus du travail de son concubin à con<strong>di</strong>tion que les enfants soient élevés à son foyer». La Cour de<br />

Cassation ha confermato il giu<strong>di</strong>zio della corte d’appello che aveva ritenuto nullo l’accordo, in quanto «contraire aux<br />

<strong>di</strong>spositions d’ordre public qui régissent l’obligation alimentaire», osservando che l’intesa costituiva «par son caractère<br />

particulièrement contraignant un moyen de <strong>di</strong>ssuader un concubin de toute velleité de rupture contraire au principe de la<br />

liberté in<strong>di</strong>viduelle». Per la <strong>di</strong>scussione, alla luce del <strong>di</strong>ritto italiano, <strong>di</strong> un caso pratico, riconducibile a questo stesso<br />

65


Parimenti, nulla sarebbe l’assunzione <strong>di</strong> qualsiasi vincolo relativo alla fissazione della<br />

residenza (comune o meno) in un determinato luogo piuttosto che in un altro. Con speciale riguardo<br />

a questi ultimi aspetti va ricordato che la giurisprudenza italiana ha conosciuto fino a oggi<br />

fattispecie del genere in relazione a quei contratti <strong>di</strong> mantenimento vitalizio con i quali il<br />

vitaliziante si era impegnato, tra l’altro, a convivere con il vitaliziato o comunque a fornire presso<br />

quest’ultimo assistenza materiale e morale in ore sia <strong>di</strong>urne che notturne, anche se poi lo specifico<br />

aspetto della contrarietà all’or<strong>di</strong>ne pubblico per violazione della libertà personale del vitaliziante<br />

non è stato affrontato ( 55 ). Ma la soluzione non sembra possa essere <strong>di</strong>versa da quella che afferma la<br />

nullità delle clausole testamentarie che sottopongono l’istituzione d’erede o il legato alla con<strong>di</strong>zione<br />

che il beneficiario conviva (o non conviva) con un altro soggetto ( 56 ), e ciò in considerazione del<br />

<strong>fatto</strong> che la libertà <strong>di</strong> scelta dei soggetti con cui con<strong>di</strong>videre la propria esistenza, così come quella <strong>di</strong><br />

muoversi a proprio talento, e <strong>di</strong> soggiornare in un luogo anziché in un altro a seconda del proprio<br />

interesse o del proprio <strong>di</strong>letto, costituisce innegabilmente un aspetto <strong>di</strong> quel <strong>di</strong>ritto alla libertà<br />

personale che non tollera restrizioni <strong>di</strong> sorta ( 57<br />

).<br />

Di una certa utilità potrebbe invece rivelarsi la <strong>di</strong>chiarazione, da inserirsi in un eventuale<br />

contratto scritto, circa il <strong>fatto</strong> che i contraenti attualmente convivono e hanno fissato la propria<br />

residenza in comune in un certo luogo, soprattutto al fine <strong>di</strong> evitare future contestazioni circa<br />

possibili effetti collegati all’inizio dell’effettiva convivenza o comunque all’in<strong>di</strong>viduazione della<br />

residenza dell’uno o dell’altro (si pensi a una <strong>di</strong>chiarazione recettizia prevista in contratto come<br />

necessaria al fine della produzione <strong>di</strong> certi effetti giuri<strong>di</strong>ci, o alla notifica <strong>di</strong> atti giu<strong>di</strong>ziari), in<br />

presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenti risultanze anagrafiche. L’accorgimento appare consigliabile anche alla luce<br />

<strong>di</strong> quella giurisprudenza che attribuisce a queste risultanze un valore meramente presuntivo,<br />

consentendo all’interessato <strong>di</strong> superarle semplicemente me<strong>di</strong>ante la produzione <strong>di</strong> un contratto in<br />

58<br />

cui la controparte abbia <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> risiedere in un altro luogo ( ).<br />

6. La manifestazione del consenso. Forma e prova del contratto <strong>di</strong> convivenza.<br />

Qualsiasi accordo tra i conviventi <strong>di</strong>retto a regolare gli aspetti della vita in comune deve<br />

risultare da un’esplicita manifestazione <strong>di</strong> volontà delle parti, non potendosi con<strong>di</strong>videre la tesi<br />

(isolata) <strong>di</strong> chi vorrebbe ammettere la possibilità <strong>di</strong> desumere la conclusione <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong><br />

convivenza dal comportamento dei partners, «come espressione <strong>di</strong> una loro concorde volontà<br />

59<br />

attuosa» ( ).<br />

In altri termini, secondo la teoria qui criticata, la semplice instaurazione <strong>di</strong> una convivenza<br />

or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> idee, cfr. PIANEZZE, Famiglia senza matrimonio, Milano, 2011, p. 19 ss.<br />

( 55 ) V. i casi risolti da Cass., 27 aprile 1982, n. 2629, in Arch. civ., 1982, p. 715 (relativo a un contratto <strong>di</strong><br />

mantenimento il cui sinallagma era costituito dalla alienazione <strong>di</strong> un immobile contro «servitù, pulizia, cucinare,<br />

accu<strong>di</strong>re gli animali, riscaldamento d’inverno, convivere con la vitaliziata, e provvedere, sia <strong>di</strong> giorno che <strong>di</strong> notte, a<br />

tutto quanto la stessa potesse chiedere o comandare, compagnia o cure»), da Cass., 5 gennaio 1980, n. 50, in Foro it.,<br />

1980, I, c. 1813 (concernente un vitalizio avente a oggetto la prestazione <strong>di</strong> vitto, vestiario, assistenza materiale e<br />

spirituale) e da Trib. Napoli, 14 febbraio 1974, in Dir. giur., 1975, p. 110 (in cui il vitaliziante si era impegnato a fornire<br />

«prestazioni <strong>di</strong> lavoro domestico ed assistenza <strong>di</strong>urna e notturna, con le cure e premure necessarie alla (...) tranquillità e<br />

salute» del vitaliziato). Nel senso della nullità <strong>di</strong> un impegno a convivere dedotto in un contratto <strong>di</strong> mantenimento, sotto<br />

il profilo della violazione della libertà personale, cfr. CALÒ, Contratto <strong>di</strong> mantenimento e proprietà temporanea, Nota a<br />

Cass., 11 novembre 1988, n. 6083, in Foro it., 1989, I, c. 1168.<br />

( 56 ) Cass., 21 gennaio 1942, n. 197, in Foro it. Rep. 1942, voce «Successione legittima o testamentaria», n. 171.<br />

( 57 ) Cfr. DE CUPIS, I <strong>di</strong>ritti della personalità, nel Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile e commerciale, già <strong>di</strong>retto da Cicu e<br />

Messineo, continuato da Mengoni, Milano, 1982, p. 223. In giurisprudenza cfr. Trib. Trani, 17 marzo 1961, in Rep.<br />

Giur. it., 1962, voce «Alimenti», n. 5.<br />

( 58 ) Cass., 26 marzo 1983, n. 2143, in Rep. Foro it., 1983, voce «Notificazione civile», n. 12.<br />

( 59 ) FALZEA, Problemi attuali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in AA. VV., Una legislazione per la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>?, cit., p.<br />

52; contra D’ANGELI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 423. Anche in Francia è rimasta isolata l’opinione secondo cui il<br />

giu<strong>di</strong>ce, valutando il comportamento delle parti, potrebbe ritenere l’esistenza <strong>di</strong> un «contrat tacite d’aide et d’assistance<br />

mutuelle», che obbligherebbe i conviventi «tant pendant l’union que après la rupture à subvenir aux besoins éventuels<br />

du partenaire» (GANANCIA, Droits et obligations résultant du concubinage, in Gaz. Pal., 1981, Doctrine, p. 19).<br />

66


more uxorio dovrebbe indurre a ritenere l’esistenza <strong>di</strong> un accordo implicito <strong>di</strong>retto, quanto meno,<br />

alla prestazione della contribuzione reciproca, se non alla ripartizione in misura uguale degli<br />

incrementi <strong>di</strong> ricchezza accumulati durante il rapporto. La proposta riecheggia assai da vicino la tesi<br />

dell’implied cohabitation contract, che tanta fortuna ha avuto oltre Oceano. Nata molti anni or sono<br />

per risolvere i problemi posti dalla collaborazione spontaneamente prestata da alcuni appartenenti a<br />

comunità familiari agricole ( 60 ), la teoria in oggetto trovò la sua consacrazione nel celebre caso<br />

Marvin v Marvin (1976) ( 61<br />

), con riguardo alla domanda svolta dalla ex convivente del noto attore<br />

Lee Marvin, la quale aveva preteso una qualche forma <strong>di</strong> partecipazione agli incrementi<br />

patrimoniali conseguiti da quest’ultimo durante il ménage. La Corte Suprema della California<br />

decretò in proposito la possibilità per il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> «inquire into the conduct of the parties to<br />

determine whether that conduct demonstrates an implied contract or implied agreement of<br />

partnership or joint venture, or some other tacit understan<strong>di</strong>ng between the parties», anche se poi,<br />

nel caso <strong>di</strong> specie, negò che un simile accordo potesse essere desunto sulla base del comportamento<br />

tenuto dalla coppia. Sulla scia <strong>di</strong> questo precedente l’applicazione dell’implied contract alla<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ha portato all’accoglimento <strong>di</strong> numerose domande proposte da ex conviventi<br />

«deboli» a titolo <strong>di</strong> compenso per la collaborazione prestata.<br />

Le conclusioni dei giu<strong>di</strong>ci d’oltre Oceano, favorite da quella labilità <strong>di</strong> confini tra contract e<br />

62<br />

quasi-contract caratteristica dei sistemi <strong>di</strong> common law ( ), non possono però essere trasposte nei<br />

sistemi <strong>di</strong> matrice romanistica, nei quali si suole pretendere che la manifestazione dell’intento<br />

negoziale sia chiara ed inequivocabile ( 63<br />

). Ora, proprio l’originario rifiuto dei conviventi more<br />

uxorio <strong>di</strong> sottoporre i reciproci rapporti a effetti giuri<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> sorta impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> desumere dal loro<br />

comportamento una volontà negoziale. L’assunto è del resto suffragato anche dalla constatazione<br />

che non risulterebbero comunque in alcun modo determinate, né determinabili, la natura e la misura<br />

( 60 ) Più precisamente, le trattazioni sogliono <strong>di</strong>stinguere tra express, implied-in-fact e implied-in-law contracts,<br />

specificando che solo i primi due possono veramente definirsi contratti, mentre il terzo, appartenente alla categoria dei<br />

quasi-contracts, viene ritenuto come una vera e propria finzione, creata dai giu<strong>di</strong>ci «to enforce legal duties by actions of<br />

contract where no proper contract exists, either express, or implied»: si tratta dunque <strong>di</strong> un espe<strong>di</strong>ente per impe<strong>di</strong>re<br />

l’ingiustificato arricchimento <strong>di</strong> una delle parti a danno dell’altra. La linea <strong>di</strong> demarcazione tra le due ultime categorie è<br />

però assai labile: essa dovrebbe infatti basarsi sulla presenza o sull’assenza <strong>di</strong> un impegno negoziale manifestato per<br />

fatti concludenti, non <strong>di</strong>fferenziandosi il contratto implied-in-fact dall’express contract se non per il <strong>fatto</strong> che la prova<br />

della sua esistenza viene raggiunta in via presuntiva (cfr. KESSLER, GILMORE e KRONMANN, Contracts, Cases and<br />

Materials, Boston-Toronto, 1986, p. 141, secondo cui «It requires an agreement, a meeting of the minds, an intent to<br />

promise and to be bound; it does not <strong>di</strong>ffer from an express contract, except that it is circumstantially proved»). In<br />

realtà, un’analisi della giurisprudenza mostra come entrambi i rime<strong>di</strong> siano in<strong>di</strong>fferentemente usati per attribuire in via<br />

equitativa al convivente che abbia prestato per anni la propria attività gratuitamente a beneficio dell’altro una sorta <strong>di</strong><br />

controprestazione costituita dal <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> partecipare agli incrementi patrimoniali conseguiti da quest’ultimo.<br />

( 61 ) Marvin v Marvin, 18 Cal. 3d 660, 134 Cal. Rptr. 815, 557 2d 106 (1976); per approfon<strong>di</strong>menti e considerazioni<br />

su questo lea<strong>di</strong>ng case cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 216 ss.<br />

( 62 ) Cfr. WOODWARD, The Law of Quasi Contracts, Boston, 1913, p. 6; JACKSON, The History of Quasi-contract in<br />

English Law, Cambridge, 1936, p. 128; MUNKMAN, Quasi-contracts, London, 1950, p. 3. Per gli ulteriori richiami cfr.<br />

OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 222 ss.<br />

( 63 ) V. per tutti STEINERT, Vermögensrechtliche Fragen während des Zusammenlebens und nach Trennung<br />

Nichtverheirateter, in NJW, 1986, p. 687; SCHLÜTER e BELLING, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft und ihre<br />

vermögensrechtliche Abwicklung, in FamRZ 1986, 409; DIEDERICHSEN, Rechtsprobleme der nichtehelichen<br />

Lebensgemeinschaft, in FamRZ, 1988, p. 894. Dal canto suo anche il BGH esclude che nella convivenza more uxorio<br />

l’intento <strong>di</strong> dar vita a rapporti <strong>di</strong> natura giuri<strong>di</strong>ca costituisca la regola: ne consegue che (mangels besonderer<br />

Vereinbarung) non appare possibile ricavare dal comportamento dei conviventi la prova della conclusione <strong>di</strong> un<br />

contratto (nel caso <strong>di</strong> specie parte attrice sosteneva la conclusione <strong>di</strong> un mandato avente ad oggetto la conclusione <strong>di</strong><br />

una serie <strong>di</strong> contratti d’appalto con imprese e<strong>di</strong>li al fine <strong>di</strong> ristrutturare la casa della convivente e trasformarla in<br />

Gastwirtschaft: v. BGH, 3 ottobre 1983, in FamRZ, 1983, p. 1213; allo stesso or<strong>di</strong>ne d’idee può ascriversi BGH, 23<br />

febbraio 1981, in FamRZ, 1981, p. 530). Cfr. inoltre LG Aachen, 30 settembre 1987, ivi, 1987, p. 717, che ha escluso la<br />

configurabilità <strong>di</strong> un tacito Kooperationsvertrag sulla base della semplice situazione <strong>di</strong> convivenza tra le parti. Identiche<br />

sono le conclusioni cui pervengono la dottrina e la giurisprudenza francesi che si sono occupate del problema non tanto<br />

sotto il profilo del contratto <strong>di</strong> convivenza, bensì sotto quello del mutuo e del mandato tra concubins (analogamente,<br />

come si è appena visto, ad alcune delle situazioni sottoposte all’esame dei giu<strong>di</strong>ci tedeschi), pretendendo sempre la<br />

presenza <strong>di</strong> un chiaro accordo negoziale: cfr. PROTHAIS, Dettes ménagères des concubins: solidaires, in solidum,<br />

in<strong>di</strong>visibles ou conjointes ? (après l’arrêt Civ. 1 re , 11 janv. 1984), in D., 1987, Chr. XLII, 242; Cass. Civ., 20 maggio<br />

1981, in D., 1983, p. 289; Cass. Civ., 10 ottobre 1984, in Gaz. Pal., 1985, 1, p. 186; Cass. Civ., 4 <strong>di</strong>cembre 1984, in<br />

Rev. trim. dr. civ., 1985, p. 733.<br />

67


della controprestazione dovuta in cambio dei servizi prestati dal convivente «debole» e dunque<br />

verrebbe meno uno degli elementi essenziali <strong>di</strong> quel contratto la cui conclusione si vorrebbe<br />

argomentare dall’instaurazione dell’unione extramatrimoniale.<br />

Come la teoria del contratto implicito, così quella del contratto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> si prefigge <strong>di</strong> superare<br />

l’ostacolo rappresentato dall’assenza <strong>di</strong> un esplicito accordo tra le parti interessate, in tutte le<br />

situazioni in cui la «coscienza sociale» avverte la necessità <strong>di</strong> far insorgere tra <strong>di</strong> esse dei rapporti<br />

giuri<strong>di</strong>ci. Con tale espressione si suole infatti in<strong>di</strong>care quel rapporto negoziale instaurato non già<br />

mercé lo scambio dei consensi, bensì per mezzo dell’esecuzione <strong>di</strong> una delle due prestazioni (o <strong>di</strong><br />

entrambe) non qualificata da una precedente proposta della controparte. Lo schema sembrerebbe<br />

quin<strong>di</strong> calzare a pennello, specie ponendo mente al caso della prestazione <strong>di</strong> lavoro domestico da<br />

parte <strong>di</strong> un convivente, non preceduta da alcuna manifestazione <strong>di</strong> volontà, ma <strong>di</strong> cui l’altro si sia<br />

concretamente avvantaggiato: a carico <strong>di</strong> quest’ultimo si potrebbe dunque affermare l’esistenza <strong>di</strong><br />

un’obbligazione ex contractu <strong>di</strong> corrispondere una «retribuzione», vuoi in denaro, vuoi me<strong>di</strong>ante<br />

qualche altra forma <strong>di</strong> contribuzione.<br />

Ma nemmeno tale conclusione può accogliersi. A parte infatti il rilievo che la teoria dei<br />

faktischen Vertragsverhältnisse sembra ormai abbandonata anche in Germania, ove pure aveva<br />

visto la luce, va rilevato come la nostra dottrina abbia sempre manifestato la propria propensione a<br />

risolvere le situazioni solitamente ricondotte alla figura del rapporto contrattuale <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> me<strong>di</strong>ante<br />

un approccio <strong>di</strong> tipo «tra<strong>di</strong>zionale», vale a <strong>di</strong>re facendo leva sulla concludenza o meno del<br />

comportamento posto in essere dagli interessati.<br />

Non solo. Come è stato messo in evidenza in altra sede, nel nostro co<strong>di</strong>ce non mancano certo<br />

istituti che rispondono allo schema del contratto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, sostanziandosi in rapporti che, pur non<br />

sorgendo dallo scambio <strong>di</strong> contrapposte <strong>di</strong>chiarazioni, vengono ciò non <strong>di</strong> meno <strong>di</strong>sciplinati alla<br />

stregua <strong>di</strong> contratti, come la me<strong>di</strong>azione, o i fenomeni <strong>di</strong> cui agli artt. 2126 e 2332 c.c. in materia,<br />

rispettivamente, <strong>di</strong> lavoro subor<strong>di</strong>nato e società, o, ancora, come nel caso dell’attuazione unilaterale<br />

<strong>di</strong> un rapporto locativo dopo la sua scadenza, ai sensi dell’art. 1591 c.c. A ben vedere, si tratta <strong>di</strong><br />

fattispecie <strong>di</strong> natura quasi-contrattuale, cui però il Legislatore ha ritenuto <strong>di</strong> ricollegare la <strong>di</strong>sciplina<br />

<strong>di</strong> singoli contratti tipici. Ora, proprio per il già evidenziato carattere eccezionale delle ipotesi quasicontrattuali,<br />

non sembra lecito ammettere, al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> tali schemi, che un contratto si formi sulla<br />

base della sola attuazione, vuoi unilaterale, vuoi bilaterale, non preceduta da una proposta. Un<br />

contratto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> tra conviventi potrebbe dunque apparire astrattamente configurabile soltanto<br />

laddove si volesse invocare una <strong>di</strong> quelle ipotesi normative testé enunciate: società o lavoro<br />

subor<strong>di</strong>nato: ma <strong>di</strong> questo argomento si è già <strong>di</strong>scorso in altra sede ( 64 ). Per il resto valgano le<br />

lapidarie conclusioni <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>oso tedesco: «Die Unsicherheiten, <strong>di</strong>e mit einem angeblich<br />

geschlossenen Zusammenlebens- Vertrag verbunden sind, lassen <strong>di</strong>ese Konstruktion zudem auch<br />

nicht im Interesse der beteiligten Personen als ratsam erscheinen» ( 65<br />

).<br />

In linea generale non è richiesto, per la manifestazione <strong>di</strong> volontà in esame, il rispetto <strong>di</strong><br />

speciali regole <strong>di</strong> forma. Così non è necessario l’atto pubblico, proprio perché, almeno <strong>di</strong> regola,<br />

con tale negozio i conviventi intendono <strong>di</strong>sciplinare i reciproci rapporti a prescindere da ogni spirito<br />

66<br />

<strong>di</strong> liberalità ( ).<br />

Il rispetto della forma solenne appare poi consigliabile, al fine <strong>di</strong> evitare successive<br />

contestazioni, anche nel caso <strong>di</strong> un semplice squilibrio tra il valore delle prestazioni poste in<br />

corrispondenza biunivoca nell’ambito del contratto <strong>di</strong> convivenza (per esempio: la corresponsione<br />

da parte dell’uomo <strong>di</strong> una somma a titolo <strong>di</strong> contribuzione per le necessità della donna superiore al<br />

valore del lavoro domestico che la stessa si impegna a prestare), anche se, stricto iure, le formalità<br />

della donazione non andrebbero ritenute necessarie in ossequio alla teoria che configura il negotium<br />

67<br />

mixtum cum donatione alla stregua <strong>di</strong> una donazione in<strong>di</strong>retta ( ). In ogni caso, la redazione <strong>di</strong> un<br />

( 64 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 222 ss.<br />

( 65 ) Cfr. GRZIWOTZ, Nichteheliche Lebensgemeinschaft, München, 1999, p. 62.<br />

( 66 ) Dello stesso avviso sono GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 162 s.; SCHWAB, Zivilrecht<br />

und nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 66 ss.<br />

( 67 ) Affermano che il negotium mixtum cum donatione configura una donazione in<strong>di</strong>retta TORRENTE, La donazione,<br />

Milano, 1956, p. 43 ss.; Cass., 23 gennaio 1967, n. 203, in Giust. civ., 1967, I, p. 490. Contra CARNEVALI, Gli atti <strong>di</strong><br />

liberalità e la donazione contrattuale, in AA. VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato, <strong>di</strong>retto da Rescigno, VI, Torino, 1982, p.<br />

68


documento scritto appare raccomandabile per evidenti ragioni d’or<strong>di</strong>ne probatorio.<br />

Proprio in or<strong>di</strong>ne a quest’ultimo aspetto, va rilevato come la dottrina e la giurisprudenza, tanto<br />

in Italia che in Francia, tendano a ravvisare nella convivenza more uxorio, anche se in concorso con<br />

altri elementi, una situazione <strong>di</strong> «impossibilità morale (...) <strong>di</strong> procurarsi una prova scritta» tale da<br />

consentire, ai sensi dell’art. 2724, n. 2 (e dell’art. 1348 del Code), la <strong>di</strong>mostrazione per testi o<br />

presunzioni <strong>di</strong> qualsiasi contratto ( 68 ) concluso tra i conviventi e dunque anche <strong>di</strong> un negozio <strong>di</strong>retto<br />

a regolare ex novo i rispettivi rapporti patrimoniali o a mo<strong>di</strong>ficare i preesistenti, pur se conclusi per<br />

iscritto ( 69<br />

). Non sembra pertanto inopportuno suggerire, a chi volesse evitare <strong>di</strong> doversi trovare un<br />

giorno ad affrontare l’infido terreno della prova testimoniale, <strong>di</strong> inserire nel documento contenente<br />

il contratto <strong>di</strong> convivenza una clausola che vincoli le parti al rispetto della forma scritta (ex art. 1352<br />

c.c.) nel caso le stesse decidessero <strong>di</strong> apportare mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> sorta agli accor<strong>di</strong> raggiunti.<br />

449.<br />

( 68 ) Così come <strong>di</strong> un pagamento o <strong>di</strong> una remissione <strong>di</strong> debito (cfr. artt. 2726 c.c.).<br />

( 69 ) In questo senso cfr. SANTILLI, Note critiche in tema <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 803; in giurisprudenza cfr. Cass.,<br />

12 luglio 1929, in Foro it., 1930, I, c. 96. Per la Francia v. Cass. Civ., 25 mars 1969, in Bull. civ., 1969, I, n. 124, p. 97;<br />

Cass. Civ., 28 mai 1975, in Bull. civ., 1975, I, n. 181, p. 153; Cass. Civ., 10 octobre 1984, in Gaz. Pal., 1985, p. 186;<br />

App. Paris, 28 février 1966, in Gaz. Pal., in D., 1966, Som., p. 106.<br />

69


CAPITOLO V<br />

CONTRATTI DI CONVIVENZA E<br />

CONTRATTI TRA CONVIVENTI:<br />

POSSIBILI CONTENUTI<br />

SOMMARIO: 1. Gli accor<strong>di</strong> relativi alla procreazione e alla prole. – 2. Segue. Sull’estensibilità<br />

dell’art. 158 c.c. alla separazione della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. – 3. Contribuzione, mantenimento e<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione. – 4. Il regime comunitario (convenzionale) dei beni nei rapporti tra le<br />

parti. – 5. Segue. Il regime comunitario (convenzionale) dei beni nei rapporti con i terzi. – 6.<br />

Il regime separatista dei beni. – 7. Spunti in tema <strong>di</strong> impresa familiare e <strong>di</strong> fondo<br />

patrimoniale. Il trust tra conviventi. Impostazione del problema. – 8. Segue. Della<br />

sostanziale inutilità del trust tra conviventi, se posto a raffronto con un accorto contratto <strong>di</strong><br />

convivenza.<br />

1. Gli accor<strong>di</strong> relativi alla procreazione e alla prole. Generalità.<br />

Le considerazioni <strong>di</strong> cui ai paragrafi precedenti introducono alla trattazione <strong>di</strong> un tema<br />

piuttosto delicato, con il quale si potrà dare inizio all’esposizione della parte attinente al profilo dei<br />

possibili contenuti <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> convivenza, o comunque <strong>di</strong> intese attinenti al ménage tra<br />

conviventi more uxorio. Ci si intende qui riferire al tema dei rapporti con un profilo strettamente<br />

personale, come quello della procreazione, nonché dei rapporti con la prole. Per quanto attiene al<br />

primo aspetto dovrà senz’altro affermarsi la nullità <strong>di</strong> ogni impegno che preveda l’esecuzione <strong>di</strong><br />

prestazioni <strong>di</strong> carattere sessuale – in relazione al quale emergerebbe anche l’aspetto della contrarietà<br />

al buon costume ( 1 ) – o, ancora, l’assunzione <strong>di</strong> un determinato cognome ( 2 ), la procreazione<br />

(eventualmente me<strong>di</strong>ante il ricorso a meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> fecondazione artificiale), o la non procreazione, per<br />

mezzo dell’imposizione dell’obbligo <strong>di</strong> far uso <strong>di</strong> sistemi contraccettivi ( 3<br />

).<br />

( 1 ) Nello stesso senso v. KUNIGK, Die Lebensgemeinschaft, Rechtliche Gestaltung von ehelichem und eheähnlichem<br />

Zusammenleben, cit., p. 119 s.<br />

( 2 ) Si immagini l’impegno <strong>di</strong> uno o <strong>di</strong> entrambi i conviventi a esperire il ricorso al Ministero dell’interno per<br />

ottenere il cambiamento o la mo<strong>di</strong>fica del cognome ex artt. 84 ss. d.p.r. 3 novembre 2000 n. 396 («Regolamento per la<br />

revisione e la semplificazione dell’or<strong>di</strong>namento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15<br />

maggio 1997, n. 127»), al fine assumere un cognome identico. Contraria alla vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un impegno del genere è anche<br />

la dottrina tedesca (cfr. STRÄTZ, Rechtsfragen des Konkubinats im Überblick, in FamRZ, 1980, p. 306).<br />

Una possibile (certo, ad avviso <strong>di</strong> chi scrive non auspicabile) apertura potrebbe forse ravvisarsi in una decisione<br />

amministrativa del 2012, che ha consentito alla ricorrente <strong>di</strong> aggiungere al proprio cognome quello del soggetto, pur<br />

non legato alla prima da rapporto <strong>di</strong> coniugio, parentela o adozione, «che si è occupato della sua istruzione nonché della<br />

sua crescita umana e professionale ospitandola in casa» (cfr. T.A.R. Liguria, 13 gennaio 2012, <strong>di</strong>sponibile alla pagina<br />

web seguente: http://www.giustiziaamministrativa.it/DocumentiGA/Genova/Sezione%201/2010/201000411/Provve<strong>di</strong>menti/201200057_01.XML).<br />

( 3 ) V. BGH, 17 aprile 1986, in FamRZ, 1986, p. 773. I conviventi avevano <strong>di</strong> comune accordo deciso <strong>di</strong> non avere<br />

figli e all’uopo la donna si era impegnata a fare uso della «pillola»; l’accordo non era però stato da quest’ultima<br />

rispettato, tanto che dalla relazione era nato un figlio, al mantenimento del quale il convivente, quale padre naturale, era<br />

stato condannato con sentenza passata in giu<strong>di</strong>cato. L’uomo convenne quin<strong>di</strong> in giu<strong>di</strong>zio la donna chiedendole il<br />

risarcimento danni per la violazione dell’accordo sull’uso dei mezzi contraccettivi. La Corte Suprema Federale respinse<br />

la domanda affermando la nullità <strong>di</strong> tale contratto per Sittenwidrigkeit, in quanto «lesivo della più intima sfera <strong>di</strong> libertà<br />

personale». Potrà essere interessante aggiungere che, svariati anni dopo, il Tribunale <strong>di</strong> Milano (cfr. Trib. Milano, 19<br />

novembre 2001, in Nuovo <strong>di</strong>r., 2002, II, p. 621) ha affermato lo stesso principio, in un caso esattamente identico, che si<br />

<strong>di</strong>fferenzia dal primo solo per la maggiore fantasia dell’avvocato italiano, che non solo aveva proposto l’azione <strong>di</strong><br />

responsabilità ex contractu, ma aveva anche, in subor<strong>di</strong>ne, presentato una domanda <strong>di</strong> responsabilità aquiliana per<br />

violazione del principio del neminem laedere, sotto il profilo del (preteso) <strong>di</strong>ritto soggettivo assoluto ad avere rapporti<br />

sessuali con una donna senza quelle… fasti<strong>di</strong>ose conseguenze rappresentate dalla nascita <strong>di</strong> figli non desiderati.<br />

Preoccupazioni analoghe a quelle sopra illustrate non paiono invece assolutamente sussistere nell’ambito della<br />

dottrina <strong>di</strong> common law, ove le considerazioni <strong>di</strong> public policy non sembrano porre alcun ostacolo alla pattuizione <strong>di</strong><br />

clausole regolanti aspetti <strong>di</strong> carattere strettamente personale, quali:<br />

a) obbligo <strong>di</strong> fissazione della residenza in comune (o <strong>di</strong> mutare l’attuale residenza comune); eventuale previsione <strong>di</strong><br />

70


Nella monografia sui regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> lo scrivente aveva espresso<br />

l’opinione secondo cui sarebbe stato impossibile regolare sotto qualsiasi forma anche gli aspetti<br />

involgenti i rapporti <strong>di</strong> filiazione e l’esercizio della potestà dei genitori, che risultano già <strong>di</strong>sciplinati<br />

da norme <strong>di</strong> carattere imperativo ( 4<br />

).<br />

La conclusione va sicuramente riba<strong>di</strong>ta per tutto quanto attiene al momento costitutivo del<br />

rapporto <strong>di</strong> filiazione (o comunque <strong>di</strong> un rapporto para-familiare). Pertanto, oltre alla già illustrata<br />

nullità <strong>di</strong> ogni promessa avente a oggetto la procreazione ovvero l’astensione dalla procreazione, va<br />

affermata l’invali<strong>di</strong>tà dell’obbligo che i conviventi eventualmente assumessero <strong>di</strong> manifestare la<br />

propria <strong>di</strong>sponibilità all’affidamento familiare, o al compimento <strong>di</strong> un’eventuale adozione, nei limiti<br />

in cui, ovviamente, essa possa ritenersi consentita ai soggetti non coniugati. Lo stesso è a <strong>di</strong>rsi per<br />

l’impegno, da parte <strong>di</strong> uno o <strong>di</strong> entrambi, a effettuare, o ad astenersi dall’effettuare, il<br />

riconoscimento della prole generata dall’unione, o, ancora, a far precedere uno dei due<br />

riconoscimenti all’altro, strumento che altrimenti potrebbe servire (con le limitazioni, beninteso,<br />

fissate dall’art. 262) a conseguire lo scopo <strong>di</strong> far assumere ai figli il cognome <strong>di</strong> uno piuttosto che<br />

dell’altro dei genitori.<br />

Diverse appaiono invece le conclusioni per ciò che attiene agli aspetti attinenti all’esercizio<br />

5<br />

della potestà sui figli comuni. Invero, come <strong>di</strong>mostrato in dottrina ( ), dall’art. 317-bis c.c. sembra<br />

potersi ricavare per implicito il riconoscimento da parte del legislatore della vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> intese <strong>di</strong>rette<br />

a regolare tale aspetto, sia in relazione alla coppia in situazione «fisiologica» (mercé il rinvio all’art.<br />

316 c.c.), sia a quella in situazione «patologica» (in cui l’intervento del giu<strong>di</strong>ce è previsto in<br />

funzione meramente suppletiva). La giurisprudenza sembra del resto secondare questa<br />

interpretazione, ammettendo la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> aventi ad oggetto l’affidamento della prole<br />

naturale ( 6<br />

). Nessun dubbio dovrebbe poi porsi sull’ammissibilità dell’eventuale regolamentazione<br />

pattizia della misura in cui ciascuno dei conviventi contribuirà al mantenimento dei figli<br />

(eventualmente anche non minorenni).<br />

Questi risultati hanno ricevuto conferma dalle <strong>di</strong>sposizioni della normativa in tema <strong>di</strong><br />

affidamento con<strong>di</strong>viso, estensibili, come si è già detto, anche alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, per effetto del<br />

citato 4 cpv., l. 8 febbraio 2006, n. 54. In forza <strong>di</strong> queste norme, invero, il giu<strong>di</strong>ce è obbligato a<br />

«Prende(re) atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accor<strong>di</strong> intervenuti tra i genitori» (cfr.<br />

art. 155 cpv. c.c.). D’altro canto, i conviventi possono liberamente sottoscrivere accor<strong>di</strong> in merito al<br />

mantenimento dei figli (come stabilito dall’art. 155, quarto comma, c.c.), eventualmente anche in<br />

una «residenza alternata» per determinati perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> tempo;<br />

b) termini <strong>di</strong> durata del rapporto, identificati con una data ben precisa, ovvero con un certo avvenimento che funge,<br />

per così <strong>di</strong>re, da con<strong>di</strong>zione risolutiva (per esempio: conviveremo almeno sin tanto che mi sarò laureato in<br />

giurisprudenza, o finché i figli avranno terminato le scuole);<br />

c) relazioni personali o interpersonali, dal cognome che ciascuno dei partners assumerà, alla fedeltà, all’«apertura»<br />

della coppia a terzi, all’uso <strong>di</strong> sistemi per il controllo delle nascite, all’impegno ad adottare uno o più figli;<br />

d) fissazione degli scopi della relazione, aspirazioni dei conviventi, priorità <strong>di</strong> carriera, impegni <strong>di</strong> carattere sociale e<br />

a beneficio <strong>di</strong> determinate comunità, scelta della confessione religiosa da seguire e dell’insegnamento da impartire ai<br />

figli (v. WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage, cit., p. 1250 ss.; l’unico impegno che l’Autore in<strong>di</strong>vidua come<br />

contrario all’or<strong>di</strong>ne pubblico, sulla base <strong>di</strong> alcuni precedenti giurisprudenziali, è quello dei conviventi <strong>di</strong> non sposarsi,<br />

tra <strong>di</strong> loro così come con terze persone).<br />

( 4 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 205 ss.; in senso conforme cfr. ora anche DE<br />

SCRILLI, I patti <strong>di</strong> convivenza. Considerazioni generali, cit., p. 860.<br />

( 5 ) Cfr. GIGLIOTTI, Rottura della convivenza more uxorio e affidamento del figlio naturale: rilevanza dell’accordo<br />

parentale sulle con<strong>di</strong>zioni della «separazione», Nota a Trib. Min. Reggio Calabria, 17 ottobre 1994, cit., p. 613 ss., 630;<br />

PALADINI, La filiazione nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 611 s. Sul tema v. poi anche OBERTO, Contratti <strong>di</strong> convivenza e<br />

<strong>di</strong>ritti del minore, in Dir. fam. pers., 2006, p. 240 ss.<br />

( 6 ) Cfr. Trib. Palermo, 18 febbraio 1987, in Dir. fam pers.., 1987, p. 760; Trib. Monza, 22 giugno 1990, in Foro<br />

pad., 1991, p. 531 (si noti che il richiamo ai «coniugi», <strong>di</strong> cui alla massima riportata sulla rivista citata, è frutto <strong>di</strong><br />

errore: dalla motivazione si desume, infatti, che trattavasi <strong>di</strong> convivenza more uxorio). Un accenno in proposito sembra<br />

essere contenuto anche nella motivazione <strong>di</strong> una pronunzia <strong>di</strong> legittimità, secondo cui «l’art. 317-bis pone alcuni criteri<br />

attributivi dell’esercizio della potestà e prevede come meramente eventuale e successivo l’intervento del giu<strong>di</strong>ce,<br />

costruendolo come preor<strong>di</strong>nato a correggere il cattivo funzionamento dei criteri predetti ed eventualmente a stabilire<br />

regole alternative, secondo un ampio spettro <strong>di</strong> ipotesi che arriva fino alla possibilità <strong>di</strong> escludere entrambi i genitori<br />

dall’esercizio della potestà» (cfr. Cass., Sez. Un., 25 maggio 1993, n. 5847).<br />

71


deroga al criterio <strong>di</strong> proporzionalità scolpito nell’art. 148 c.c. ( 7<br />

).<br />

2. Segue. Sull’estensibilità dell’art. 158 c.c. alla separazione della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

Il vero problema, in relazione agli accor<strong>di</strong> sulla prole, è, semmai, quello <strong>di</strong> trovare un sistema<br />

che possa «inchiodare» le parti alle loro responsabilità, ed ottenere uno strumento che garantisca<br />

contro il rischio che una <strong>di</strong> esse cambi successivamente idea.<br />

La mancanza <strong>di</strong> un sif<strong>fatto</strong> meccanismo rende evidente la <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> trattamento rispetto alla<br />

situazione della rottura della coppia coniugata: in quest’ultimo caso, infatti, si arriva a un atto (il<br />

verbale <strong>di</strong> separazione consensuale) munito <strong>di</strong> forza esecutiva; nel caso invece della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> l’intesa, sottoscritta dalle parti, è racchiusa in un documento che – ancorché vincolante per le<br />

parti – non può essere posto alla base <strong>di</strong> un’azione esecutiva. Ciò, ovviamente, a meno che il<br />

tribunale non intenda in qualche modo recepire l’accordo in un suo provve<strong>di</strong>mento o emanare una<br />

decisione che assuma i caratteri <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> decreto <strong>di</strong> omologa analogo a quelli che il tribunale<br />

or<strong>di</strong>nario emana ai sensi dell’art. 158 c.c.<br />

La questione pone un problema <strong>di</strong> legittimità costituzionale. La Consulta, a <strong>di</strong>re il vero, si è<br />

già occupata della materia, respingendo le questioni che le erano state proposte. Peraltro, come<br />

8<br />

risulta evidente dalla lettura delle sentenze emesse al riguardo nel 1996 e nel 1997 ( ), la questione<br />

non era stata presentata sotto questo angolo visuale. Ciò che si era chiesto alla Corte costituzionale<br />

era <strong>di</strong> decidere se rispondesse a criteri <strong>di</strong> razionalità il <strong>fatto</strong> che i figli legittimi sono, per così <strong>di</strong>re,<br />

«gestiti» dal tribunale or<strong>di</strong>nario, mentre quelli naturali lo sono (ma solo limitatamente ai profili<br />

personali) dal tribunale per i minorenni. E qui la Consulta ebbe buon gioco a <strong>di</strong>re che si tratta <strong>di</strong> un<br />

problema <strong>di</strong> <strong>di</strong>screzionalità del legislatore, il quale può sbizzarrirsi ad in<strong>di</strong>viduare varie forme <strong>di</strong><br />

competenza, attribuendole ora ad un giu<strong>di</strong>ce piuttosto che ad un altro. A ciò s’aggiunga che, nel<br />

caso dell’assegno per il minore naturale e dei relativi rapporti patrimoniali, l’azione è vista come<br />

azione tra genitori e non involge <strong>di</strong>rettamente la posizione, come soggetto processuale, del minore:<br />

non deve dunque destare «scandalo» il <strong>fatto</strong> che ad occuparsene sia il tribunale or<strong>di</strong>nario, mentre<br />

per i profili personali è competente il tribunale per i minorenni.<br />

A ben vedere, la questione potrebbe invece essere (ri)proposta sotto questo altro angolo<br />

visuale: un medesimo tipo <strong>di</strong> accordo, caratterizzato dalla vincolatività scaturente dall’art. 1372 c.c.<br />

(e poco importa se la norma sia espressamente dettata solo per i rapporti patrimoniali, atteso che,<br />

come si è visto, il principio è sicuramente estensibile anche ai negozi familiari non patrimoniali),<br />

può essere garantito dalla presenza <strong>di</strong> un titolo esecutivo (il verbale ex art. 158 c.c.), se concerne la<br />

prole legittima, laddove ciò non accade se quello stesso tipo d’intesa riguarda invece la prole<br />

naturale.<br />

Naturalmente, si potrà obiettare che esistono dei rime<strong>di</strong>, miranti a determinare la creazione <strong>di</strong><br />

un titolo esecutivo: l’accordo sulla prole naturale può (almeno per ciò che concerne i profili<br />

patrimoniali) essere <strong>fatto</strong> valere in sede <strong>di</strong> proce<strong>di</strong>mento contenzioso or<strong>di</strong>nario, ovvero essere posto<br />

alla base <strong>di</strong> una richiesta per decreto ingiuntivo. L’intesa potrebbe poi anche essere recepita da un<br />

atto notarile (o, secondo quanto <strong>di</strong>sposto dall’art. 474, primo comma, n. 2, c.p.c., così come<br />

mo<strong>di</strong>ficato nel 2005, essere racchiusa in una scrittura privata autenticata), così acquistando efficacia<br />

<strong>di</strong> titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c., per le obbligazioni aventi ad oggetto pagamento <strong>di</strong> somme <strong>di</strong><br />

denaro. Peraltro, tutti quelli appena in<strong>di</strong>cati sono strumenti costosi, che presuppongono una parte<br />

ben assistita ed avvisata, e che comunque marcano una ingiustificata <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> trattamento,<br />

fondata sul solo <strong>fatto</strong> <strong>di</strong> appartenere alla categoria dei figli legittimi, piuttosto che a quella dei figli<br />

( 7 ) Sempre che, come si è visto trattando della materia con riguardo alla crisi coniugale (cfr. OBERTO, Contratto e<br />

famiglia, cit., p. 138), tale facoltà <strong>di</strong> deroga non venga un giorno colpita da declaratoria <strong>di</strong> incostituzionalità, nel caso si<br />

dovesse ritenere il citato criterio munito <strong>di</strong> garanzia costituzionale, ex art. 30 Cost. Per alcuni spunti pratici in merito a<br />

possibili intese al riguardo cfr. PIANEZZE, op. cit., p. 183 ss.<br />

( 8 ) Cfr. Corte. cost., 5 febbraio 1996, n. 23, in Giust. civ., 1996, I, p. 917; in Foro it., 1997, I, c. 61, con nota <strong>di</strong><br />

CIPRIANI; in Dir. fam. pers., 1996, I, p. 1327, con nota <strong>di</strong> BORDONARO; Cass., 30 <strong>di</strong>cembre 1997, n. 451, in Giust. civ.,<br />

1997, I, p. 913; in Dir. fam. pers., 1998, I, p. 484, con nota <strong>di</strong> MORANI; in Foro it., 1998, I, c. 1377, con nota <strong>di</strong><br />

COSENTINO.<br />

72


naturali.<br />

La soluzione pratica potrebbe essere reperita sfruttando ad<strong>di</strong>rittura alcune in<strong>di</strong>cazioni date<br />

dalla stessa Corte costituzionale che, per almeno due volte, ha respinto domande <strong>di</strong>rette ad ottenere<br />

l’estensione – per via <strong>di</strong> pronunzie <strong>di</strong> accoglimento – ai figli naturali <strong>di</strong> rime<strong>di</strong> concessi a tutela <strong>di</strong><br />

quelli legittimi, affermando poi, in buona sostanza (cioè per via <strong>di</strong> decisioni interpretative <strong>di</strong><br />

rigetto), l’applicabilità ai primi <strong>di</strong> norme dettate per i secon<strong>di</strong> ( 9<br />

). Una volta tracciata la via<br />

dell’«interpretazione adeguatrice» degli artt. 155 c.c. (ora art. 155-quarter c.c., <strong>di</strong>rettamente<br />

applicabile, tra l’altro, alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ex art. 4 cpv., l. 8 febbraio 2006, n. 54, come più volte<br />

ricordato), relativamente al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione nella casa familiare, e 156 c.c., sullo strumento del<br />

sequestro, non si vede perché non si potrebbe ipotizzare una ripetizione del medesimo ragionamento<br />

anche per la procedura <strong>di</strong> cui all’art. 158 c.c., riconoscendone la riferibilità anche alla «separazione»<br />

della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ed in tal modo avallando una prassi che nei tribunali ha già preso piede.<br />

A tutto ciò s’aggiunga, infine, che il già mentovato dovere del giu<strong>di</strong>ce (anche nel caso <strong>di</strong><br />

procedure relative alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>) <strong>di</strong> «prendere(re) atto, se non contrari all’interesse dei figli,<br />

degli accor<strong>di</strong> intervenuti tra i genitori» (cfr. art. 155 cpv. c.c.) viene a munire <strong>di</strong> ulteriore,<br />

<strong>di</strong>fficilmente <strong>di</strong>scutibile, fondamento una siffatta operazione ermeneutica.<br />

3. Contribuzione, mantenimento e <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione.<br />

Una volta esaurito – nell’ambito dei §§ precedenti – l’esame dei possibili contenuti <strong>di</strong><br />

carattere non patrimoniale ed il tema dei rapporti con la prole, c’è da chiedersi quali siano in<br />

concreto i singoli rapporti patrimoniali tra i conviventi more uxorio che possano formare oggetto <strong>di</strong><br />

regolamentazione negoziale.<br />

In primo piano si pone l’impegno reciproco <strong>di</strong> contribuire alle necessità del ménage me<strong>di</strong>ante<br />

la corresponsione (perio<strong>di</strong>camente o una tantum) <strong>di</strong> somme <strong>di</strong> denaro, ovvero tramite la messa a<br />

<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> propri beni o della propria attività lavorativa, eventualmente anche soltanto<br />

10<br />

domestica ( ). La vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tale impegno, che dovrebbe fissare altresì misura e modalità della<br />

contribuzione <strong>di</strong> ciascuno, non sembra possa contestarsi ( 11 ), così come quella <strong>di</strong> una promessa<br />

avente a oggetto la reciproca assistenza materiale per il caso <strong>di</strong> necessità ( 12<br />

). Al riguardo potrebbe<br />

rivelarsi <strong>di</strong> una certa utilità la previsione <strong>di</strong> eventuali situazioni alla stregua <strong>di</strong> «cause <strong>di</strong><br />

giustificazione» per il mancato adempimento dell’obbligo contributivo, come per esempio nel caso<br />

in cui una delle parti dovesse trovarsi senza sua colpa nell’impossibilità <strong>di</strong> ricevere red<strong>di</strong>to (si pensi<br />

alla <strong>di</strong>soccupazione involontaria).<br />

( 9 ) Cfr. Corte cost., 13 maggio 1998, n. 166, in Giust. civ., 1998, I, p. 1759; in Guida <strong>di</strong>r., 1998, n. 21, p. 40, con<br />

nota <strong>di</strong> A. FINOCCHIARO; in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 678, con nota <strong>di</strong> FERRANDO; in Rass. <strong>di</strong>r. civ., 1998, p.<br />

880, con nota <strong>di</strong> VELLUZZI (sull’attribuzione della casa familiare in sede <strong>di</strong> separazione giu<strong>di</strong>ziale), e Corte cost., 18<br />

aprile 1997, n. 99 del 1997, in Guida <strong>di</strong>r., 1997, n. 16, p. 24, con nota <strong>di</strong> M. FINOCCHIARO; in Dir. fam. pers., 1997, I, p.<br />

837; in Giust. civ., 1997, I, p. 2072 (in materia <strong>di</strong> sequestro ex art. 156 c.c.).<br />

( 10 ) Sul punto, per i necessari approfon<strong>di</strong>menti, cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 241<br />

ss.; ID., Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 114 ss.; per la dottrina successiva cfr. FRANZONI, I<br />

contratti tra conviventi «more uxorio», cit., p. 752 ss.; DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 982 ss.<br />

( 11 ) Sul punto cfr. VERHEYDEN-JEANMART, Le developpement de la famille de fait - Aspectes socio-juri<strong>di</strong>ques - La<br />

situation en droit belge, in AA. VV., Una legislazione per la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>?, Napoli, 1988, p. 65, secondo cui ben può<br />

formare oggetto dei contratti in esame l’«obligation de secours et de contribution aux charges du ménage de fait<br />

pendant l’union et après sa rupture». Cfr. inoltre il cosiddetto «modello <strong>di</strong> Leida», redatto ormai <strong>di</strong>versi anni or sono<br />

sotto la <strong>di</strong>rezione del prof. Van Mourik da un gruppo <strong>di</strong> studenti dell’Università <strong>di</strong> quella città (in AA. VV., Couple et<br />

modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 520 ss.), che all’art. 3, primo comma, prevede una<br />

contribuzione dei conviventi in parti uguali o in misura proporzionale ai rispettivi red<strong>di</strong>ti, con specificazione, al comma<br />

secondo, <strong>di</strong> quelle spese cui entrambi sono tenuti a contribuire come effettuate nel cadre du ménage commun, quali<br />

l’acquisto <strong>di</strong> generi alimentari, vestiti, elettrodomestici, mobilio, telefono, ecc. Si veda infine anche la formula elaborata<br />

dalla Direction de la recherche et de l’information de la Chambre des notaires du Québec., in AA. VV., Couple et<br />

modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 514 ss., che prevede la fissazione delle modalità della<br />

contribution aux charges du ménage, in proporzione alle proprie rispettive facoltà, ovvero con specificazione delle<br />

rispettive misure.<br />

( 12 ) Cfr. STEINERT, Vermögensrechtliche Fragen während des Zusammenlebens und nach Trennung<br />

Nichtverheirateter, cit., p. 685.<br />

73


La dottrina italiana pare orientata a in<strong>di</strong>viduare quale contenuto dei contratti <strong>di</strong> convivenza<br />

l’obbligo <strong>di</strong> corresponsione <strong>di</strong> somme <strong>di</strong> denaro a titolo <strong>di</strong> mantenimento da parte del partner più<br />

abbiente in favore <strong>di</strong> quello più bisognoso ( 13 ). Ma c’è da chiedersi se invece non convenga optare<br />

per forme negoziali più collaudate, quali per esempio il contratto <strong>di</strong> mantenimento vitalizio ( 14 ). Si<br />

tratta della convenzione con la quale una parte attribuisce all’altra il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> esigere, vita natural<br />

durante, <strong>di</strong> essere mantenuta, quale corrispettivo dell’alienazione <strong>di</strong> un bene mobile o immobile o<br />

della cessione <strong>di</strong> un capitale ( 15 ). Più precisamente, l’obbligo del vitaliziante consiste non già nel<br />

versamento <strong>di</strong> somme <strong>di</strong> denaro, ma nella corresponsione, in natura, <strong>di</strong> vitto, alloggio vestiario e<br />

assistenza me<strong>di</strong>ca, anche se la prassi conosce altre pattuizioni <strong>di</strong> carattere accessorio ( 16<br />

).<br />

Proprio l’appartenenza <strong>di</strong> tali prestazioni al novero <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> fare, anziché <strong>di</strong> dare, ha da<br />

sempre indotto la dottrina maggioritaria a evidenziare l’atipicità del contratto in esame rispetto alla<br />

ren<strong>di</strong>ta vitalizia, secondo una tesi che riscuote ora anche il consenso della Suprema Corte, e che<br />

pare senz’altro preferibile, anche in considerazione del cospicuo numero <strong>di</strong> altri elementi<br />

17<br />

<strong>di</strong>fferenziatori nei riguar<strong>di</strong> della figura regolata dall’art. 1872 ss. c.c. ( ). Nell’ambito dei rapporti<br />

tra conviventi more uxorio il contratto <strong>di</strong> mantenimento vitalizio potrebbe però assumere un<br />

ulteriore connotato caratterizzante, idoneo ad allontanarlo definitivamente dalla ren<strong>di</strong>ta vitalizia.<br />

Nello schema negoziale potrebbe infatti mancare la cessione della proprietà <strong>di</strong> determinati beni dal<br />

vitaliziato al vitaliziante, specie quando uno dei due <strong>di</strong>fettasse dei mezzi necessari per<br />

un’operazione del genere. In tal caso la controprestazione, a fronte dell’impegno del vitaliziante,<br />

potrebbe essere costituita da un obbligo reciproco <strong>di</strong> assistenza materiale, oppure potrebbe mancare<br />

del tutto.<br />

Ma a questo punto occorre ammettere che il primo caso non sembra <strong>di</strong>fferire <strong>di</strong> molto dal<br />

contratto <strong>di</strong> contribuzione che si è cercato <strong>di</strong> enucleare in precedenza, mentre nel secondo appare<br />

inevitabile riconoscere la presenza <strong>di</strong> una donazione. Proprio per questo, la previsione dell’obbligo<br />

<strong>di</strong> mantenimento a carico <strong>di</strong> una soltanto delle parti, senza alcuna controprestazione, richiede<br />

18<br />

necessariamente il rispetto della forma solenne, ex art. 782 c.c. ( ).<br />

( 13 ) Cfr. MAZZOCCA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Realtà attuale e prospettive, cit., p. 92; cfr. inoltre GAZZONI, Dal<br />

concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 165.<br />

( 14 ) È il suggerimento <strong>di</strong> CALÒ, Contratto <strong>di</strong> mantenimento e proprietà temporanea, cit., p. 1171.<br />

( 15 ) V. per tutti CALÒ, Contratto <strong>di</strong> mantenimento e proprietà temporanea, cit., p. 1165; ANDREOLI, La ren<strong>di</strong>ta<br />

vitalizia, in Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile, <strong>di</strong>retto da Vassalli, Torino, 1958, p. 47 ss. Per un caso <strong>di</strong> contratto <strong>di</strong> mantenimento<br />

tra conviventi in Germania v. BGH, 29 giugno 1973, in NJW, 1973, p. 1645, che ha affermato la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un accordo<br />

con cui un uomo aveva trasferito alla propria convivente la proprietà <strong>di</strong> un immobile, riservandosi il <strong>di</strong>ritto vitalizio<br />

d’abitazione sullo stesso, in cambio dell’impegno della convivente <strong>di</strong> assisterlo e curarlo per il resto dei suoi giorni<br />

(nella specie la Sittenwidrigkeit è stata esclusa perché il negozio non appariva <strong>di</strong>rettamente rivolto a remunerare le<br />

prestazioni sessuali della convivente, tenuto conto, da un lato, della durata del rapporto e, dall’altro, che l’onere della<br />

prova dell’immoralità gravava sull’attore).<br />

( 16 ) Tali prestazioni accessorie possono avere natura patrimoniale (v. per esempio il caso risolto da Cass., 11<br />

novembre 1988, n. 6083, cit., in cui il vitaliziante si era impegnato verso il vitaliziato ad effettuarne «il trasporto in<br />

macchina in città italiane, della Francia o della Svizzera» e a «ospitare parenti ed amici del vitaliziato in caso <strong>di</strong><br />

malattia»), ma anche non patrimoniale (si pensi all’impegno <strong>di</strong> prestare assistenza morale, o compagnia ovvero, ancora,<br />

<strong>di</strong> convivere con il vitaliziato), sulle quali ultime si addensano però i dubbi <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà già prospettati, tanto con<br />

riferimento alla possibilità per tali prestazioni <strong>di</strong> formare oggetto <strong>di</strong> rapporto obbligatorio e <strong>di</strong> contratto, ex artt. 1174 e<br />

1321 c.c., quanto, soprattutto, con riguardo agli aspetti d’or<strong>di</strong>ne pubblico per l’eventuale lesione della libertà personale<br />

del vitaliziante. Sul tema v. da ultimo Cass., 19 luglio 2011, n. 15848, secondo cui «È valido un atto, qualificato come<br />

contratto atipico <strong>di</strong> mantenimento, con il quale una parte aliena la comproprietà del 50% dell’immobile in cui vive, in<br />

cambio dell’obbligo, assunto dagli acquirenti, <strong>di</strong> vitto, alloggio e assistenza perpetua. (Nella specie, la Corte ha<br />

confermato la vali<strong>di</strong>tà dell’atto con il quale una parte aveva venduto i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> comproprietà pari a 1/2 <strong>di</strong> un immobile<br />

in cambio dell’obbligo degli acquirenti <strong>di</strong> fornire “assistenza <strong>di</strong> ogni genere anche in caso <strong>di</strong> infermità”, unitamente ad<br />

“alloggio e vitto, e ogni altro genere utile e necessario al sostentamento e abbigliamento”, atteso che, alla luce della<br />

ragionevole incertezza sulle possibilità <strong>di</strong> sopravvivenza della cedente e sulla gravosità delle prestazioni assunte dai<br />

vitalizianti, ben poteva ravvisarsi l’elemento dell’alea, costituito dall’impossibilità <strong>di</strong> prevedere in anticipo i vantaggi<br />

e le per<strong>di</strong>te ai quali le parti andavano incontro con la stipulazione dell’atto)».<br />

( 17 ) Per i richiami cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 242 ss.<br />

( 18 ) Si tratterebbe in particolare <strong>di</strong> donazione <strong>di</strong> prestazioni perio<strong>di</strong>che, ai sensi dell’art. 772 c.c. Nel senso che tra le<br />

prestazioni <strong>di</strong> cui alla norma citata possono rientrare «quelle che hanno funzione alimentare, <strong>di</strong> beneficenza o <strong>di</strong><br />

soccorso» cfr. CARNEVALI, Gli atti <strong>di</strong> liberalità e la donazione contrattuale, cit., p. 468. Nel senso che «è nulla, per<br />

<strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> forma, la donazione contenuta in una scrittura privata, denominata “transazione”, con cui la parte si obbliga a<br />

74


Non va trascurato poi che un accordo del genere potrebbe dar luogo a sospetti <strong>di</strong> contrarietà al<br />

buon costume, inducendo a ritenere che la controprestazione per l’impegno a mantenere sia in realtà<br />

costituita dal consenso alle relazioni sessuali; appare quin<strong>di</strong> consigliabile che nel contratto <strong>di</strong><br />

convivenza l’eventuale obbligo <strong>di</strong> mantenimento assunto da uno dei contraenti a vantaggio<br />

dell’altro venga posto in corrispondenza biunivoca con un reciproco dovere <strong>di</strong> contribuzione,<br />

ovvero con un’altra prestazione a carico del beneficiario, che potrà essere costituita dalla cessione<br />

<strong>di</strong> un capitale, ovvero dalla prestazione <strong>di</strong> lavoro domestico, o ancora dalla messa a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong><br />

certi beni ( 19<br />

), usando peraltro l’accortezza, qualora vi sia sproporzione tra le prestazioni, <strong>di</strong><br />

osservare la forma solenne prevista per la donazione.<br />

Un problema legato a sif<strong>fatto</strong> tipo <strong>di</strong> negozi riguarda la possibilità della previsione <strong>di</strong><br />

eventuali limiti d’or<strong>di</strong>ne temporale all’obbligo <strong>di</strong> contribuzione così fissato. In proposito, si può<br />

innanzitutto ritenere valida anche un’espressa subor<strong>di</strong>nazione degli effetti del vincolo obbligatorio<br />

alla durata del rapporto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in quanto una clausola del genere verrebbe a concretare una<br />

con<strong>di</strong>zione risolutiva or<strong>di</strong>nariamente (e non meramente) potestativa. Inutile <strong>di</strong>re che una siffatta<br />

cautela appare consigliabile per il partner che figuri quale unico (o prevalente) obbligato e voglia<br />

porsi al riparo dal rischio <strong>di</strong> dover continuare ad adempiere anche dopo la rottura del legame.<br />

20<br />

Come si è invero <strong>di</strong>mostrato in altra sede ( ), la presupposizione non sembra poter giocare<br />

alcun ruolo nel contesto dei rapporti tra conviventi. Assai più delicato appare invece l’aspetto della<br />

possibilità <strong>di</strong> pattuire una durata minima del periodo <strong>di</strong> corresponsione della contribuzione<br />

(consistente eventualmente anche nella prestazione lavorativa, specie se domestica) o del<br />

mantenimento, in<strong>di</strong>pendentemente dalla durata del ménage. Una simile clausola – una delle poche<br />

in grado <strong>di</strong> costituire una vera garanzia per il convivente «debole» – potrebbe infatti venirsi a<br />

scontrare con quel principio generale d’or<strong>di</strong>ne pubblico che fa <strong>di</strong>vieto ai soggetti <strong>di</strong> assumere<br />

vincoli giuri<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> durata eccessiva. L’ammissibilità <strong>di</strong> un impegno del genere apparirebbe dunque<br />

a prima vista collegata al rispetto <strong>di</strong> convenienti limiti <strong>di</strong> tempo, la cui concreta estensione dovrebbe<br />

essere <strong>di</strong> volta in volta accertata, tenute in considerazione le particolarità del caso concreto.<br />

Peraltro, proprio l’in<strong>di</strong>scussa vali<strong>di</strong>tà del contratto vitalizio <strong>di</strong> mantenimento induce ad affermare<br />

che una prestazione <strong>di</strong> tipo contributivo-assistenziale possa essere efficacemente assunta anche per<br />

un numero considerevole <strong>di</strong> anni, ovvero per tutta l’esistenza del beneficiario; l’unico limite sarà<br />

dunque costituito dalla durata della vita del cre<strong>di</strong>tore della prestazione.<br />

Lo strumento contrattuale è poi sicuramente idoneo a regolamentare il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione del<br />

partner che non sia proprietario dell’appartamento ove si svolge il ménage. Il tema è già stato<br />

21<br />

affrontato e verrà ripreso in relazione al profilo della rottura ( ).<br />

In questa sede potrà solo precisarsi che la possibilità <strong>di</strong> contribuire alle necessità del ménage,<br />

vuoi <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> così adempiendo all’obbligazione naturale tra conviventi, vuoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, per effetto<br />

della specifica assunzione <strong>di</strong> un obbligo in tal senso, riceve conferma dalla sensibilità mostrata dalla<br />

giurisprudenza formatasi sul tema della tutela delle esigenze abitative della coppia. Ed invero, già<br />

<strong>di</strong>versi anni or sono si è ammessa l’applicabilità alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> della norma che consente al<br />

locatore <strong>di</strong> opporsi alla proroga del contratto <strong>di</strong> locazione, qualora abbia necessità <strong>di</strong> destinare<br />

versare al beneficiario una determinata somma mensile per tutta la durata della vita <strong>di</strong> quest’ultimo» cfr. Cass., 29<br />

novembre 1986, n. 7064, cit.<br />

( 19 ) Si pensi alla casa d’abitazione e al relativo arredo, all’automobile, ecc. In relazione alla casa <strong>di</strong> abitazione è stato<br />

proposto <strong>di</strong> prevedere, nell’ipotesi l’immobile sia <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> uno solo, l’obbligo per l’altro <strong>di</strong> corrispondere una<br />

somma per l’uso del bene (v. il «modello <strong>di</strong> Leida», cit., art. 4, primo comma). L’operazione finirebbe però con<br />

l’assoggettare il rapporto alla <strong>di</strong>sciplina della locazione, a nulla potendo giovare l’esplicita esclusione <strong>di</strong> tale effetto<br />

(pure suggerita dal «modello» cit.: v. art. 4, terzo comma).<br />

( 20 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 139 ss.; ID., Le prestazioni lavorative del<br />

convivente more uxorio, cit., p. 83 ss.<br />

( 21 ) Come è accaduto nella già citata ipotesi presa in considerazione da Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, cit., o in<br />

quella <strong>di</strong> cui a Trib. Savona, 7 marzo 2001, cit., o Trib. Palermo, 3 febbraio 2002, cit. Sul tema cfr. OBERTO, I regimi<br />

patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 285 ss.; ID., Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e convivenze: tutela dei soggetti interessati e<br />

regolamentazione dei rapporti patrimoniali in vista della successione, in Fam. <strong>di</strong>r. 2006, p. 661 ss.; ASPREA,<br />

L’assegnazione della casa familiare nella separazione, nel <strong>di</strong>vorzio e nella convivenza, Torino, 2003, p. 104 ss.<br />

75


l’immobile ad abitazione del proprio nucleo familiare ( 22<br />

).<br />

4. Il regime comunitario (convenzionale) dei beni nei rapporti tra le parti.<br />

Il contenuto più importante <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> convivenza, in grado <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre uno<br />

strumento veramente incisivo a vantaggio del partner «debole» potrebbe essere costituito dalla<br />

riproduzione per via negoziale <strong>di</strong> quello che nella famiglia legittima è il regime legale.<br />

Al riguardo va subito detto che, pur non sussistendo in linea <strong>di</strong> principio nel nostro<br />

23<br />

or<strong>di</strong>namento ragioni per ritenere vietata tale operazione ( ), l’effetto non potrebbe comunque mai<br />

essere quello <strong>di</strong> un’applicazione dell’istituto della comunione coniugale nella sua interezza. Invero,<br />

è evidente che, per il principio della privity of contract (art. 1372 c.c.), non potrebbero comunque<br />

mai essere imitati gli effetti «esterni» tipici della comunione, che pure <strong>di</strong> tale regime costituiscono<br />

uno dei punti più qualificanti. Si pensi, in particolare, all’opponibilità ex lege della proprietà<br />

comune ex art. 177, lett. a), c.c. anche in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> trascrizione dell’acquisto in favore <strong>di</strong> entrambi<br />

( 24<br />

), con il connesso rime<strong>di</strong>o dell’annullabilità degli atti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione relativi ai beni immobili o<br />

mobili registrati compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro, ai sensi dell’art.<br />

184, primo e secondo comma, c.c.<br />

Quanto sopra era già stato chiaramente espresso, in termini identici, dall’autore <strong>di</strong> questo<br />

25<br />

stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>versi anni or sono ( ): sbalor<strong>di</strong>tive appaiono dunque le asserzioni <strong>di</strong> chi, probabilmente<br />

senza aver letto il contributo citato, vorrebbe (impropriamente) imputare allo scrivente l’intento<br />

<strong>di</strong>… perseguire la «possibilità <strong>di</strong> fruire degli effetti cc.dd. esterni della comunione legale, quale<br />

l’automatica opponibilità del coacquisto, anche se trascritto in favore <strong>di</strong> un solo coniuge» ( 26<br />

).<br />

Gioverà dunque riba<strong>di</strong>re – a scanso d’equivoci – che ciò che si può prevedere è, invece, un<br />

regime <strong>di</strong> comunione (or<strong>di</strong>naria) in relazione a tutti (o eventualmente ad alcuni) i beni da acquistarsi<br />

durante la convivenza, anche da parte <strong>di</strong> uno solo dei conviventi. L’effetto potrebbe essere<br />

conseguito me<strong>di</strong>ante la pattuizione <strong>di</strong> una versione contrattuale dell’«acquisto automatico» <strong>di</strong> cui<br />

all’art. 177, lett. a), c.c. e, dunque, <strong>di</strong> un effetto reale <strong>di</strong> trasferimento <strong>di</strong> una quota ideale dei <strong>di</strong>ritti<br />

27<br />

acquisiti (non necessariamente pari al 50%) ( ) che si dovrebbe verificare automaticamente all’atto<br />

stesso del perfezionamento <strong>di</strong> ogni negozio acquisitivo da parte <strong>di</strong> uno dei partners. Un’altra<br />

possibilità sarebbe costituita da un impegno <strong>di</strong> natura meramente obbligatoria a trasferire la<br />

titolarità <strong>di</strong> una quota del <strong>di</strong>ritto acquistato, con un meccanismo analogo a quello <strong>di</strong> cui all’art. 1706<br />

c.c. ( 28<br />

).<br />

( 22 ) Pret. Pordenone, 7 <strong>di</strong>cembre 1950, in Foro it., 1951, I, c. 800; non <strong>di</strong>versamente, ma dal lato del conduttore,<br />

Pret. Sampierdarena, 20 ottobre 1979, in Foro it., 1980, I, c. 1214; Pret. Bassano del Grappa, 26 giugno 1978, in Giur.<br />

it., 1978, I, 2, c. 446; Trib. Firenze, 13 gennaio 1951, in Foro. it., 1951, I, c. 800.<br />

( 23 ) Con l’ovvia precisazione che «riproduzione» non significa meccanica trasposizione degli istituti del <strong>di</strong>ritto<br />

matrimoniale, bensì creazione, per mezzo <strong>di</strong> un contratto e per quanto possibile, <strong>di</strong> effetti analoghi. In quest’ottica v. già<br />

FUNAIOLI, Sui rapporti patrimoniali della convivenza «more uxorio», in Riv. <strong>di</strong>r. comm., 1941, II, p. 213 s.; contra<br />

TEDESCHI, Il regime patrimoniale della famiglia, Torino, 1963, p. 442, secondo cui le particolarità proprie dei regimi<br />

matrimoniali non potrebbero essere in alcun modo riprodotte nell’ambito <strong>di</strong> una convivenza more uxorio.<br />

( 24 ) Su cui v. per tutti OBERTO, La comunione legale tra coniugi, II, cit., p. 2169 ss.; v. anche CORSI, Il regime<br />

patrimoniale della famiglia, I, cit., p. 72.<br />

( 25 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 262 ss., 268 ss.<br />

( 26 ) Cfr. DE SCRILLI, I patti <strong>di</strong> convivenza. Considerazioni generali, cit., p. 863.<br />

( 27 ) Le gravi incertezze interpretative cui ha dato luogo la norma citata circa l’in<strong>di</strong>viduazione dell’oggetto della<br />

comunione legale sconsigliano in ogni caso il riferimento ad un concetto generico come quello <strong>di</strong> «acquisto». Sarà<br />

invece opportuno in<strong>di</strong>care quali siano i <strong>di</strong>ritti destinati a cadere in comunione, specificandone la natura (se cioè reale o<br />

obbligatoria) e <strong>di</strong>stinguendo a seconda del modo d’acquisto (se cioè a titolo originario, derivativo, mortis causa, ecc.). È<br />

comunque consigliabile elencare con esattezza anche quelle categorie <strong>di</strong> rapporti che, in considerazione della loro<br />

natura personale, è opportuno restino esclusi dalla comunione.<br />

( 28 ) «Meccanismo analogo a quello <strong>di</strong> cui all’art. 1706» (cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>,<br />

cit., p. 265 ss.) non significa, ovviamente, che il negozio <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>scute abbia natura <strong>di</strong> mandato senza rappresentanza,<br />

secondo l’equivoco su cui si basano i rilievi <strong>di</strong> DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 985, ad avviso del quale lo<br />

schema <strong>di</strong> riferimento sarebbe quello del contratto preliminare. Sul punto sarà appena il caso <strong>di</strong> rilevare come un<br />

contratto preliminare, per effetto della <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> cui all’art. 1351 c.c., non possa concepirsi se non in relazione ad<br />

un definitivo che sia predeterminato per ciò che attiene non solo ai soggetti, ma anche all’oggetto; si tratta, dunque, <strong>di</strong><br />

76


Nessuna obiezione sembra sollevabile circa la determinabilità dell’oggetto <strong>di</strong> un simile<br />

contratto. È infatti noto che tale requisito può ritenersi sod<strong>di</strong>s<strong>fatto</strong> anche quando, una volta<br />

in<strong>di</strong>viduati nel titolo gli elementi necessari e sufficienti per compiere la determinazione,<br />

quest’ultima avvenga sulla base <strong>di</strong> eventi esteriori, quali comportamenti o <strong>di</strong>chiarazioni delle stesse<br />

parti o <strong>di</strong> terzi: basti pensare alla nota teoria giurisprudenziale della «determinabilità ex post» ( 29<br />

).<br />

L’impostazione sembra del resto ricevere un conforto legislativo dalla <strong>di</strong>sciplina normativa della<br />

cessione dei cre<strong>di</strong>ti d’impresa, che ammette, per l’appunto, tale cessione «anche prima che siano<br />

stipulati i contratti dai quali [i cre<strong>di</strong>ti stessi] sorgeranno» (cfr. art. 3, l. 21 febbraio 1991, n. 52<br />

«Disciplina della cessione dei cre<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> impresa»). A tale proposito, al fine <strong>di</strong> prevenire liti future,<br />

sarà opportuno identificare con estrema precisione tanto il <strong>di</strong>es a quo che quello ad quem per<br />

l’operatività dell’effetto acquisitivo (per l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> quest’ultimo si potrebbe, per esempio,<br />

richiedere l’invio <strong>di</strong> una lettera raccomandata).<br />

30<br />

Alla luce delle precisazioni <strong>di</strong> cui sopra, già fornite da tempo da parte <strong>di</strong> chi scrive ( ),<br />

appaiono piuttosto sorprendenti le critiche <strong>di</strong> chi ( 31<br />

), in relazione all’ipotesi del ritrasferimento<br />

automatico, rispolvera l’argomento dell’intrascrivibilità del mandato: rilievo, questo, del tutto<br />

ininfluente nella specie, proprio perché, come chi scrive si è sforzato (inutilmente, verrebbe da <strong>di</strong>re)<br />

<strong>di</strong> spiegare, il «regime» tra conviventi è comunque una situazione puramente interna. A prescindere,<br />

poi, dal <strong>fatto</strong> che non sembra metodologicamente corretto far derivare dalla <strong>di</strong>sciplina pubblicitaria<br />

(che rappresenta, semmai, un posterius) conseguenze sul piano dell’esistenza degli istituti giuri<strong>di</strong>ci<br />

«sostanziali».<br />

32<br />

Quanto all’asserita indeterminatezza dell’oggetto ( ), si è anche qui (altrettanto inutilmente)<br />

cercato <strong>di</strong> spiegare, da tempo, che non <strong>di</strong> (asserita) determinatezza si tratta, bensì <strong>di</strong> (comprovata)<br />

determinabilità ex post, esattamente come per decenni ha <strong>fatto</strong> la giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità per la<br />

fideiussione omnibus, secondo una ratio deciden<strong>di</strong> con<strong>di</strong>visa poi, come si è <strong>di</strong>mostrato, dallo stesso<br />

legislatore.<br />

5. Segue. Il regime comunitario (convenzionale) dei beni nei rapporti con i terzi.<br />

Come più volte anticipato, il limite principale dell’istituto che si è tentato <strong>di</strong> delineare è<br />

costituito dai rapporti con i terzi. Invero, l’opponibilità a questi ultimi della comproprietà sui beni<br />

acquistati nel corso della convivenza non potrebbe essere riprodotto nemmeno me<strong>di</strong>ante il ricorso al<br />

meccanismo della trascrizione del contratto <strong>di</strong> convivenza. Tale contratto, tanto nella sua versione a<br />

effetti reali <strong>di</strong>fferiti, che in quella a effetti meramente obbligatori, non potrebbe certo operare<br />

all’atto della sua conclusione il trasferimento <strong>di</strong> alcun <strong>di</strong>ritto reale immobiliare, ma si<br />

configurerebbe come una sorta <strong>di</strong> mero «accordo programmatico».<br />

Conseguentemente, non soltanto si esulerebbe dalle ipotesi per le quali l’istituto della<br />

trascrizione è (tassativamente) previsto, ma verrebbe anche a mancare quella specifica in<strong>di</strong>cazione<br />

dei singoli beni oggetto dell’atto, che, sola, può rendere tecnicamente sottoponibile il negozio a<br />

pubblicità (cfr. artt. 2659, n. 4, c.c., 2665 c.c.) (<br />

33<br />

una situazione non riscontrabile nel caso <strong>di</strong> specie.<br />

( 29 ) Elaborata, come noto, dalla giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità in tema <strong>di</strong> fideiussione omnibus (su cui v. ex multis<br />

Cass., 20 luglio 1989, n. 3386, in Foro it., 1989, I, c. 3100).<br />

( 30 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 260 ss.; ID., Contratto e famiglia, cit., p. 377<br />

ss. Aderiscono a siffatta impostazione FRANZONI, I contratti tra conviventi «more uxorio», cit., p. 755; SESTA, Diritto <strong>di</strong><br />

famiglia, cit., p. 415; FALLETTI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: la <strong>di</strong>sciplina dei rapporti patrimoniali tra i conviventi, cit., p. 81<br />

s.; RICCIO, op. cit., p. 459; ARCANI, op. cit., p. 912 s.<br />

( 31 ) MONTEVERDE, op. cit., p. 952.<br />

( 32 ) Cfr. sempre MONTEVERDE, op. cit., p. 952.<br />

( 33 ) Per non <strong>di</strong>re poi del <strong>fatto</strong> che, in assenza della specificazione dei beni oggetto dei negozi da trascrivere, non<br />

sarebbe neppure in<strong>di</strong>viduabile la conservatoria (ora ufficio del territorio) territorialmente competente.<br />

77<br />

). L’unico rime<strong>di</strong>o <strong>di</strong> natura reale competente al<br />

partner «pretermesso» sarebbe allora quello della proposizione contro l’altro <strong>di</strong> un’azione <strong>di</strong><br />

riven<strong>di</strong>ca (nel caso <strong>di</strong> effetto reale <strong>di</strong>fferito), ovvero <strong>di</strong> una domanda ex art. 2932 c.c. (nel caso <strong>di</strong><br />

semplice obbligo a trasferire) con imme<strong>di</strong>ata trascrizione dell’atto <strong>di</strong> citazione, ai sensi e per gli


effetti, rispettivamente, degli artt. 2653, n. 1 c.c. o 2652, n. 2, c.c. ( 34<br />

).<br />

Quel fenomeno tipico del regime comunitario tra coniugi rappresentato dall’in<strong>di</strong>sponibilità<br />

35<br />

della quota, se non con il consenso <strong>di</strong> entrambi ( ), potrebbe essere conseguito me<strong>di</strong>ante un vincolo<br />

pattizio <strong>di</strong> inalienabilità sulle rispettive porzioni dei beni acquistati, vincolo la cui previsione, in<br />

considerazione dei particolari rapporti esistenti tra le parti, potrebbe ritenersi determinata da un<br />

interesse «apprezzabile» ex art. 1379 c.c. Proprio per via <strong>di</strong> questa norma, però, esso andrebbe<br />

contenuto entro convenienti limiti <strong>di</strong> tempo, né potrebbe essere opposto ai terzi, nemmeno me<strong>di</strong>ante<br />

il meccanismo della trascrizione ( 36<br />

). L’unico rime<strong>di</strong>o preve<strong>di</strong>bile in sede <strong>di</strong> stipula del contratto <strong>di</strong><br />

convivenza sembra dunque costituito da una penale a vantaggio del convivente «pretermesso», che<br />

sarebbe così liberato dall’onere <strong>di</strong> fornire la <strong>di</strong>mostrazione (per il vero tutt’altro che agevole) <strong>di</strong><br />

aver subito un danno per effetto della alienazione della sola quota <strong>di</strong> comproprietà del partner.<br />

Per quanto concerne l’amministrazione dei beni in comunione l’art. 1100 c.c. lascia alle parti<br />

la massima <strong>di</strong>screzionalità, espressamente enunciando il carattere <strong>di</strong>spositivo delle norme <strong>di</strong> cui al<br />

capo I del titolo VII: potranno quin<strong>di</strong> fissarsi a piacimento regole sull’amministrazione straor<strong>di</strong>naria<br />

ovvero or<strong>di</strong>naria prevedendo la congiuntività o <strong>di</strong>sgiuntività delle stesse, così come enucleando<br />

37<br />

singoli atti in relazione ai quali venga imposto l’agire congiunto piuttosto che <strong>di</strong>sgiunto ( ). Sarà<br />

appena il caso <strong>di</strong> aggiungere che un eventuale patto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>visione sarà soggetto alle <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong><br />

cui all’art. 1111 cpv. c.c., mentre i rime<strong>di</strong> da applicarsi in caso <strong>di</strong> «blocco» nell’amministrazione o<br />

<strong>di</strong> decisioni pregiu<strong>di</strong>zievoli per le cose comuni saranno quelli ex artt. 1105 c.c. e 1109 c.c. e non già<br />

quelli <strong>di</strong> cui agli artt. 181, 182 e 183 c.c.<br />

Relativamente allo scioglimento della comunione convenzionale tra conviventi occorrerà fare<br />

richiamo innanzitutto alla già illustrata necessità <strong>di</strong> legare il <strong>di</strong>es ad quem a un evento ben preciso,<br />

quale, per esempio, l’invio <strong>di</strong> una lettera raccomandata con avviso <strong>di</strong> ricevimento.<br />

38<br />

Per il resto, sarà d’uopo rinviare a un apposito capitolo ( ), nel quale verranno passati in<br />

rassegna i problemi ricollegati alla cessazione del ménage. In questa sede si potrà ricordare soltanto<br />

che è stata suggerita la redazione <strong>di</strong> una lista dei beni mobili apportati da ciascuno dei conviventi,<br />

sottoscritta da entrambi, che avrebbe carattere <strong>di</strong> negozio ricognitivo e servirebbe, in caso <strong>di</strong> rottura,<br />

a risolvere possibili conflitti relativi alla riven<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> singoli beni ( 39<br />

), in tal modo supplendo alla<br />

mancanza tra conviventi <strong>di</strong> una regola analoga a quella <strong>di</strong> cui all’art. 219 c.c.<br />

Peraltro l’utilità della redazione <strong>di</strong> tale checklist appare assai dubbia, essendo controversa,<br />

come noto, l’estensibilità dell’effetto <strong>di</strong> cui all’art. 1988 c.c. (astrazione processuale) ai rapporti <strong>di</strong><br />

40<br />

carattere reale ( ). Si potrebbe allora consigliare <strong>di</strong> specificare accanto a ognuno dei singoli beni il<br />

rispettivo titolo d’acquisto: la sottoscrizione apposta dal partner assumerebbe così valore<br />

confessorio non solo in or<strong>di</strong>ne alla proprietà (ed è noto che sotto questo profilo la <strong>di</strong>chiarazione<br />

sarebbe irrilevante, risolvendosi in un giu<strong>di</strong>zio), ma anche sulle vicende (e dunque su meri fatti) che<br />

( 34 ) Su questi temi v. già OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 268 s.<br />

( 35 ) Sul problema dell’alienabilità della quota <strong>di</strong> pertinenza <strong>di</strong> ciascun coniuge in regime <strong>di</strong> comunione legale v. per<br />

tutti OBERTO, La comunione legale tra coniugi, I, cit., p. 315 ss.; cfr. inoltre BUSNELLI, La «comunione legale» nel<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia riformato, in Riv. notar., 1976, I, p. 42; SCHLESINGER, Della comunione legale, in Commentario alla<br />

riforma del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, a cura <strong>di</strong> Carraro, Oppo e Trabucchi, I, 1, Padova, 1977, p. 365 s.<br />

( 36 ) Alla trascrivibilità del patto previsto dall’art. 1379 c.c. si oppongono non soltanto il carattere speciale <strong>di</strong> questa<br />

<strong>di</strong>sposizione, ma anche la tassatività delle ipotesi in cui la pubblicità ex artt. 2643 ss. c.c. è consentita (su quest’ultimo<br />

argomento cfr. Cass., 18 febbraio 1963, n. 392, in Giust. civ., 1963, I, p. 249 e in Riv. notar., 1963, II, p. 340, nonchè<br />

Cass., 13 maggio 1982, n. 3001, in Giust. civ., 1982, I, p. 2697 e in Giur. it., 1982, I, 1, c. 1132, sulla non trascrivibilità<br />

del patto <strong>di</strong> prelazione).<br />

( 37 ) Per alcuni esempi v. la formula della Direction de la recherche et de l’information de la Chambre des notaires<br />

du Québec (in AA. VV., Couple et modernité, cit., p. 516 ss.); cfr. inoltre WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage,<br />

cit., p. 1251.<br />

( 38 ) V. infra, Cap. VIII.<br />

( 39 ) Cfr. la formula della Direction de la recherche et de l’information de la Chambre des notaires du Québec (in<br />

AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 514), nonchè il cosiddetto «modello <strong>di</strong><br />

Leida», redatto sotto la <strong>di</strong>rezione del prof. Van Mourik da un gruppo <strong>di</strong> studenti dell’Università <strong>di</strong> quella città (ivi, p.<br />

524).<br />

( 40 ) Per la negativa v. Cass., 18 gennaio 1968, n. 128, in Rep. Foro it., 1968, voce «Servitù», n. 64; Cass., 31 marzo<br />

1971, n. 936, in Giust. civ. 1971, I, p. 1063; Cass., 6 aprile 1971, n. 1017, in Giur. it., 1972, I, 1, c. 381. Per la dottrina<br />

cfr. SCOGNAMIGLIO, Riconoscimento <strong>di</strong> proprietà contenuto in un testamento, in Giur. compl. Cass. civ., 1951, p. 31 ss.<br />

78


giustificano l’acquisto singolarmente in capo a ciascuno dei conviventi. In ogni caso potrebbe anche<br />

essere utile convenire una presunzione (iuris tantum) <strong>di</strong> comproprietà <strong>di</strong> determinati beni ( 41<br />

) (per<br />

esempio, tutti i mobili che si troveranno nell’immobile destinato a residenza comune al momento<br />

della cessazione del rapporto), che non sembra, almeno come tale, porsi in contrasto con l’art. 2698<br />

c.c.<br />

6. Il regime separatista dei beni.<br />

L’ipotesi comunitaria sopra delineata costituisce sicuramente, come si <strong>di</strong>ceva, quella in grado<br />

<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre uno strumento a vantaggio del convivente «debole». Ciò non esclude, ovviamente,<br />

che l’interesse delle parti sia invece <strong>di</strong>retto all’attuazione <strong>di</strong> una rigida separazione dei patrimoni,<br />

magari seguendo qualcosa <strong>di</strong> simile a quella tendenza che pare delinearsi con sempre maggior<br />

42<br />

vigore nell’ambito della stessa famiglia fondata sul matrimonio ( ).<br />

Chi scrive ha già avuto modo <strong>di</strong> chiarire che l’espressa previsione, da parte dei conviventi, <strong>di</strong><br />

un regime <strong>di</strong> separazione, lasciando del tutto invariati i rapporti reciproci, esporrebbe il contratto al<br />

43<br />

rischio <strong>di</strong> una declaratoria <strong>di</strong> nullità per assenza <strong>di</strong> causa ( ). Peraltro, un’esplicita esclusione del<br />

regime comunitario ( 44 ) potrebbe rivelarsi utile al solo fine <strong>di</strong> superare quella praesumptio hominis<br />

<strong>di</strong> comproprietà dei beni acquisiti durante la convivenza che una parte, seppure minoritaria, della<br />

dottrina vorrebbe ritenere operante (quasi a imitazione della teoria dell’implied cohabitation<br />

contract) tra conviventi in merito agli acquisti effettuati durante il rapporto. Ad una coppia che<br />

avesse l’intenzione <strong>di</strong> mantenere un regime rigorosamente separatista andrebbe comunque<br />

consigliato <strong>di</strong> pattuire in maniera espressa il <strong>di</strong>ritto alla restituzione <strong>di</strong> quegli importi eventualmente<br />

versati da ciascuno dei conviventi a titolo <strong>di</strong> contributo per gli acquisti <strong>di</strong> beni effettuati a nome<br />

dell’altro ( 45<br />

).<br />

7. Spunti in tema <strong>di</strong> impresa familiare e <strong>di</strong> fondo patrimoniale. Il trust tra conviventi.<br />

Impostazione del problema.<br />

Per concludere sul tema della possibile «imitazione» per via negoziale <strong>di</strong> istituti propri del<br />

<strong>di</strong>ritto patrimoniale della famiglia coniugale, dovranno ancora spendersi alcune parole sull’impresa<br />

familiare e sul fondo patrimoniale.<br />

Per quanto attiene alla prima, dovrà senz’altro negarsi l’ammissibilità della pattuizione <strong>di</strong> un<br />

«regime» tale da produrre effetti analoghi a quelli dell’impresa familiare.<br />

Invero, l’assunzione per via contrattuale dell’impegno a prestare la propria collaborazione<br />

continuativa in cambio dei <strong>di</strong>ritti previsti dall’art. 230-bis c.c. non sembra sfuggire agli schemi<br />

(variamente applicabili, a seconda della concreta strutturazione dell’accordo) del lavoro<br />

subor<strong>di</strong>nato, dell’associazione in partecipazione o della società. D’altro canto, non può negarsi che,<br />

( 41 ) Secondo quanto suggerito dalla formula della Direction de la recherche et de l’information de la Chambre des<br />

notaires du Québec (in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 519) e dal «modello<br />

<strong>di</strong> Leida» (cfr. art. 6, primo comma, ivi, p. 523).<br />

( 42 ) Cfr. OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, cit., p. 558 ss. (ove si parla <strong>di</strong> ricorso al regime <strong>di</strong> separazione<br />

dei beni in contemplation of <strong>di</strong>vorce); ID., Il regime <strong>di</strong> separazione dei beni tra coniugi. Artt. 215-219, cit., p. 7 ss.; ID.,<br />

La comunione legale tra coniugi, I, cit., p. 372 ss.; per analoghe considerazioni cfr. SESTA, Titolarità e prova della<br />

proprietà nel regime <strong>di</strong> separazione dei beni, in Familia, 2001, p. 871 ss.<br />

( 43 ) La formula pre<strong>di</strong>sposta dalla Direction de la recherche et de l’information de la Chambre des notaires du<br />

Québec (in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 514) prevede invece, in<br />

alternativa rispetto ad una convenzione «comunitaria», anche una <strong>di</strong> tipo «autonomista», nella quale si stabilisce<br />

espressamente che ciascuno dei conviventi conservi la proprietà e la libera <strong>di</strong>sponibilità dei propri beni.<br />

( 44 ) Come suggerito dal «modello <strong>di</strong> Leida» (in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France,<br />

cit., p. 520), nonchè da LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 927 s. (non solo, si ba<strong>di</strong>, per il<br />

Partnerschaftsvertrag der Ehe auf Probe, bensì anche per il modello proposto a coloro che intendono la convivenza<br />

come un’alternativa definitiva rispetto al matrimonio).<br />

( 45 ) Sul tema, anche per la confutazione <strong>di</strong> alcune critiche mosse allo scrivente, cfr. OBERTO, Le prestazioni<br />

lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 117 ss.<br />

79


se tra le parti esiste una volontà <strong>di</strong>retta a formalizzare in qualche modo la partecipazione del<br />

convivente «debole» all’impresa gestita dall’altro, sia più logica la costituzione <strong>di</strong> una società, nella<br />

quale la posizione del primo potrebbe essere meglio tutelata me<strong>di</strong>ante la fissazione <strong>di</strong> una quota<br />

certa <strong>di</strong> partecipazione.<br />

Per quanto riguarda, poi, il fondo patrimoniale, a prescindere dalle corali considerazioni della<br />

dottrina sulla scarsa utilità dell’istituto, che ha trovato concreta e rigogliosa applicazione<br />

praticamente al solo fine <strong>di</strong> frodare i cre<strong>di</strong>tori ( 46 ), ferma restando l’inestensibilità per via analogica<br />

dell’istituto alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ( 47<br />

), va detto che uno degli aspetti più qualificanti dello stesso,<br />

cioè il vincolo <strong>di</strong> inalienabilità e <strong>di</strong> inespropriabilità sui beni che ne formano oggetto, non potrebbe<br />

in ogni caso essere riprodotto, neppure per via in<strong>di</strong>retta, in quanto effetto <strong>di</strong> norme (cfr. artt. 169 e<br />

170 c.c.) <strong>di</strong>rette a regolare i rapporti verso i terzi e dunque non riproducibili a mezzo <strong>di</strong> uno<br />

strumento, quale quello contrattuale, destinato a generare effetti esclusivamente inter partes (cfr.<br />

art. 1372 cpv. c.c.). È chiaro, del resto, che una <strong>di</strong>retta applicazione degli artt. 167 ss. c.c. sarebbe<br />

comunque esclusa dal <strong>fatto</strong> che l’istituto in oggetto non può prescindere dalla presenza <strong>di</strong> una<br />

famiglia legittima.<br />

Proprio tale ultimo ostacolo potrebbe forse essere aggirato me<strong>di</strong>ante il ricorso allo strumento<br />

del trust, istituto che tanta fortuna ha avuto nella regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra<br />

conviventi nei paesi <strong>di</strong> common law. Si noti peraltro che in quei sistemi il richiamo alla figura in<br />

esame ha avuto luogo proprio al fine <strong>di</strong> superare – nei casi sottoposti all’esame dei giu<strong>di</strong>ci –<br />

l’assenza <strong>di</strong> esplicite pattuizioni, me<strong>di</strong>ante l’applicazione <strong>di</strong> proce<strong>di</strong>menti induttivi, se non<br />

ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> vere e proprie finzioni (implied, resulting o constructive trust), che, attingendo a piene<br />

mani dall’equity, hanno finito con il riconoscere ad un partner <strong>di</strong>ritti dominicali su cespiti<br />

48<br />

patrimoniali acquistati dall’altro in costanza <strong>di</strong> rapporto ( ).<br />

La costituzione in Italia per via negoziale <strong>di</strong> un trust a beneficio <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, pur<br />

in assenza <strong>di</strong> un qualsiasi elemento <strong>di</strong> estraneità, sarebbe immaginabile solo a con<strong>di</strong>zione che si<br />

fornisse alla convenzione dell’Aja del 1985, ratificata con l. 16 ottobre 1989, n. 364 (entrata in<br />

vigore il 1° gennaio 1992), una lettura tale da consentire <strong>di</strong> ritenere autorizzata la creazione <strong>di</strong> trusts<br />

«interni», superando le pur numerose e gravi perplessità sollevate, relative – a tacer d’altro – al<br />

<strong>di</strong>sposto dell’art. 2740 c.c., al principio del numerus clausus dei <strong>di</strong>ritti reali, a quello della<br />

tassatività delle ipotesi in cui è consentito creare enti dotati <strong>di</strong> autonomia patrimoniale, a quello<br />

della tassatività delle fattispecie soggette a trascrizione, e, prima ancora, alla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> estrapolare<br />

da norme tipicamente <strong>di</strong> conflitto, quali quelle <strong>di</strong> cui alla citata convenzione dell’Aja, una regola <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto interno, applicabile ai casi in cui non siano prospettabili collisioni tra <strong>di</strong>versi or<strong>di</strong>namenti.<br />

Il tema ha, come noto, scatenato furibon<strong>di</strong> <strong>di</strong>battiti dottrinali, sui quali non è possibile in<br />

49<br />

questa sede soffermarsi ( ). Basti solo <strong>di</strong>re che, nello specifico settore dei rapporti tra coniugi, un<br />

ipotetico trust «familiare» dovrebbe superare l’ulteriore esame <strong>di</strong> compatibilità con le norme<br />

( 46 ) Sul tema cfr. per tutti OBERTO, Famiglia e rapporti patrimoniali. Questioni d’attualità, Milano, 2002, p. 271 ss.<br />

( 47 ) Sul tema v. per tutti FUSARO, Del fondo patrimoniale, in AA. VV., Commentario del co<strong>di</strong>ce civile, <strong>di</strong>retto da E.<br />

Gabrielli, Della Famiglia, a cura <strong>di</strong> Balestra, Torino, 2010, p. 1048. Per un’apertura v. invece GALASSO, Del regime<br />

patrimoniale della famiglia, I, Art. 159-230, in Commentario del Co<strong>di</strong>ce Civile Scialoja-Branca a cura <strong>di</strong> Galgano,<br />

Bologna-Roma, 2003, p. 128.<br />

( 48 ) Per una dettagliata illustrazione dei precedenti cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p.<br />

130 ss.; ID., Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 73 ss.; ID., Il regime <strong>di</strong> separazione dei beni<br />

tra coniugi. Artt. 215-219, cit., p. 183 ss.<br />

( 49 ) Sul tema cfr. ex multis LUPOI, Il trust nell’or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co italiano dopo la convenzione dell’ Aja del<br />

10.7.1985, in Vita notar., 1992, p. 966 ss.; ID., Effects of the Hague Convention in a Civil Law Country - Effetti della<br />

Convenzione dell’Aja in un Paese civilista, in Vita notar., 1998, p. 19 ss.; MOJA, Trusts «interni» e società <strong>di</strong> capitali:<br />

un primo caso, Nota a Trib. Genova, 24 marzo 1997, in Giur. comm., 1998, p. 764 ss.; RAGAZZINI, Trust «interno» e<br />

or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co italiano, in Riv. notar., 1999, p. 279 ss.; PALERMO, Sulla riconducibilità del «trust interno» alle<br />

categorie civilistiche, in Riv. <strong>di</strong>r. comm., 2000, p. 133 ss.; PASCUCCI, Rifiuto <strong>di</strong> iscrizione nel registro delle imprese <strong>di</strong><br />

atto istitutivo <strong>di</strong> trust interno, Nota a Trib. Santa Maria Capua Vetere, 1° marzo1999 - Trib. Santa Maria Capua Vetere,<br />

14 luglio 1999, in Riv. <strong>di</strong>r. impresa, 2000, p. 121 ss.; GAZZONI, Tentativo dell’impossibile (osservazioni <strong>di</strong> un giurista<br />

«non vivente» su trust e trascrizione), in Riv. notar., 2001, p. 11 ss.; LUPOI, Lettera a un notaio conoscitore dei trust, in<br />

Riv. notar., 2001, p. 1159 ss.; SANTORO, Il trust in Italia, Milano, 2004, passim. Per ulteriori in<strong>di</strong>cazioni cfr. inoltre<br />

OBERTO, Trust e autonomia negoziale nella famiglia, in Fam. <strong>di</strong>r., 2004, p. 201 ss., 310 ss.; ID., Il trust familiare, cit.;<br />

BARTOLI, Mandato e trust, in AA. VV., Il mandato, opera <strong>di</strong>retta da Cuffaro, Bologna, 2011, p. 437 ss.<br />

80


imperative dettate dal co<strong>di</strong>ce in tema <strong>di</strong> convenzioni matrimoniali ( 50 ) e, tra queste, in particolare,<br />

con quella che pone il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> costituzione, sotto ogni forma, <strong>di</strong> beni in dote (art. 166-bis c.c.); è<br />

evidente, peraltro, che questo specifico <strong>di</strong>scorso non varrebbe comunque per la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong><br />

( 51<br />

).<br />

8. Segue. Della sostanziale inutilità del trust tra conviventi, se posto a raffronto con un accorto<br />

contratto <strong>di</strong> convivenza.<br />

Posto quanto sopra, se si riconoscesse citta<strong>di</strong>nanza all’istituto nel nostro or<strong>di</strong>namento, il<br />

costituente (uno dei conviventi, o entrambi, ovvero anche un terzo), potrebbe avvalersene per<br />

separare (o, secondo la terminologia in voga, «segregare») parte del proprio patrimonio, dettando al<br />

trustee norme a beneficio dell’unione <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e magari provvedere anche in or<strong>di</strong>ne all’eventuale<br />

scioglimento <strong>di</strong> quest’ultima.<br />

Non è raro rinvenire nella letteratura favorevole alla ammissibilità <strong>di</strong> trusts «interni»<br />

specifiche applicazioni <strong>di</strong> tali fenomeni alla convivenza more uxorio. Così si è ipotizzato il caso<br />

dell’uomo che intenda provvedere alla propria compagna non abbiente, senza tuttavia fare danno<br />

alla propria famiglia legittima e al tempo stesso commisurando le elargizioni alle effettive necessità<br />

52<br />

della convivente ( ). Al riguardo non sembra peraltro con<strong>di</strong>visibile l’affermazione secondo la quale<br />

nessun negozio conosciuto nel nostro or<strong>di</strong>namento sarebbe in grado <strong>di</strong> assicurare tali finalità.<br />

Invero, per ciò che attiene all’intento <strong>di</strong> evitare <strong>di</strong> «far danno alla propria famiglia legittima», potrà<br />

rilevarsi che, a ben vedere, ogni attribuzione effettuata (<strong>di</strong>rettamente come in<strong>di</strong>rettamente) alla<br />

convivente andrà a <strong>di</strong>minuire il patrimonio del <strong>di</strong>sponente, così riducendo le «aspettative» (<strong>di</strong> <strong>fatto</strong>)<br />

dei futuri ere<strong>di</strong> legittimi; d’altro canto, il proposito <strong>di</strong> «commisurare le elargizioni alle effettive<br />

necessità della compagna», ben può essere realizzato mercé la stipula <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong><br />

mantenimento ( 53<br />

).<br />

Si è poi anche prospettato un complesso caso pratico <strong>di</strong> trust finalizzato ad eseguire<br />

l’obbligazione naturale gravante su un convivente dotato <strong>di</strong> un patrimonio assai più consistente <strong>di</strong><br />

quello della propria compagna, peraltro presentando erroneamente il trust come l’unico strumento<br />

54<br />

che consentirebbe <strong>di</strong> superare l’incoercibilità <strong>di</strong> un’obbligazione naturale ( ), laddove è chiaro che,<br />

da un lato, la creazione <strong>di</strong> un trust non è certo coercibile, se il soggetto che dovrebbe assumere la<br />

veste <strong>di</strong> settlor non intende dar luogo a tale attribuzione, e che, dall’altro, una volta che il<br />

convivente «forte» abbia deciso <strong>di</strong> adempiere, costui ben potrà obbligarsi mercé la stipula <strong>di</strong> un<br />

contratto <strong>di</strong> convivenza nei mo<strong>di</strong> e nelle forme qui descritti.<br />

L’ammonimento vale altresì per la ratio deciden<strong>di</strong> che si colloca a base <strong>di</strong> un provve<strong>di</strong>mento<br />

( 50 ) Su cui cfr. per tutti OBERTO, Famiglia e rapporti patrimoniali. Questioni d’attualità, cit., p. 172 ss.<br />

( 51 ) Per una panoramica delle questioni relative all’impiego del trust nell’ambito delle relazioni giuri<strong>di</strong>che familiari<br />

cfr. F. PATTI, I trusts: problematiche connesse all’attività notarile, in Vita notarile, 2001, p. 525 ss.; DOGLIOTTI e<br />

PICCALUGA, I trust nella crisi della famiglia, in Fam. <strong>di</strong>r., 2003, p. 301 ss.; DOGLIOTTI e BRAUN (a cura <strong>di</strong>), Il trust nel<br />

<strong>di</strong>ritto delle persone e della famiglia: atti del convegno: Genova, 15 febbraio 2003, cit. Per ulteriori approfon<strong>di</strong>menti su<br />

questi temi e per ulteriori rinvii v. per tutti OBERTO, Trust e autonomia negoziale nella famiglia, cit., p. 201 ss., 310 ss.;<br />

ID., Il trust familiare, cit.; MONTINARO, Il trust nel <strong>di</strong>ritto delle persone e della famiglia, in Fam. pers. succ., 2010, p. 16<br />

ss.<br />

( 52 ) Cfr. LUPOI, Lettera a un notaio conoscitore dei trust, cit., p. 1168. Sul tema v. anche COPPOLA, La successione<br />

del convivente more uxorio, in Familia, 2003, p. 1010 ss.; ANNUNZIATA e IANNONE, op. cit., p. 131ss.<br />

( 53 ) Su cui v. supra, § 3, in questo Capitolo.<br />

( 54 ) Cfr. TARISSI DE JACOBIS, Esecuzione <strong>di</strong> un’obbligazione morale, in TAF, 2000, p. 458 ss. Favorevole alla<br />

applicazione del trust alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> è anche CENNI, Trusts e fondo patrimoniale, in TAF, 2001, p. 523 ss.; EAD.,<br />

Il fondo patrimoniale, in AA. VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, III, Regime patrimoniale della<br />

famiglia, Milano, 2002, p. 648. In termini positivi per l’utilizzo del trust nel caso in esame v. anche NONNE,<br />

Separazione patrimoniale e modelli familiari: il ruolo del trust, in Fam. pers. succ., 2007, p. 436, secondo cui «Il trust<br />

sembra anzi particolarmente adatto allo scopo, perché un effetto separativo nel patrimonio del trustee, il quale in ipotesi<br />

potrebbe essere lo stesso convivente che prende l’iniziativa <strong>di</strong> regolare i rapporti patrimoniali con il partner,<br />

realizzerebbe la destinazione dei beni oggetto dell’atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione ai bisogni della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e, in specie, alla<br />

contribuzione economica, compensando così l’altro soggetto <strong>di</strong> quanto da esso prestato al medesimo scopo (lavoro<br />

domestico, investimenti specifici mobiliari e immobiliari per dotare la “famiglia” del necessario supporto<br />

patrimoniale)».<br />

81


giuris<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> merito del 2007 ( 55<br />

). Qui il giu<strong>di</strong>ce ha correttamente qualificato meritevole <strong>di</strong><br />

tutela lo scopo perseguito per mezzo <strong>di</strong> un trust interno costituito a vantaggio del convivente more<br />

uxorio del costituente, nonché dei figli nati in costanza <strong>di</strong> convivenza.<br />

Ma il giu<strong>di</strong>zio è fondato, oltre che sulla natura degli interessi sottesi, sulla considerazione<br />

della asserita e non con<strong>di</strong>visibile inidoneità <strong>di</strong> qualsivoglia altro strumento negoziale regolato dal<br />

nostro or<strong>di</strong>namento a perseguire un simile scopo. Ora, se la finalità contributiva ben può essere<br />

assicurata tramite un contratto <strong>di</strong> convivenza, come più volte sottolineato da chi scrive, lo scopo<br />

«protettivo» delle prestazioni <strong>di</strong> contribuzione e mantenimento legate alla famiglia (in fase tanto<br />

fisiologica che patologica), ben può essere realizzato mercé le garanzie e gli strumenti <strong>di</strong> induzione<br />

all’adempimento previsti in generale dal co<strong>di</strong>ce: dalla fideiussione, all’ipoteca volontaria, alla<br />

56<br />

clausola penale, alla caparra confirmatoria ( ).<br />

Ancora, si è proposto <strong>di</strong> «abbinare» la creazione <strong>di</strong> un trust a contratti quali l’assicurazione<br />

sulla vita o il deposito bancario: la designazione <strong>di</strong> un fiduciario quale beneficiario della polizza<br />

sulla vita, infatti, garantirebbe il settlor che l’arricchimento del beneficiario avvenga attraverso la<br />

corresponsione <strong>di</strong> utili prodotti in forza <strong>di</strong> un’oculata amministrazione delle somme dovute<br />

57<br />

dall’assicuratore ( ). Ad avviso <strong>di</strong> chi scrive appare però <strong>di</strong>fficile comprendere per quale ragione,<br />

supponendo che il beneficiario sia persona maggiorenne, compos sui e capace <strong>di</strong> amministrarsi, non<br />

sia più idoneo, per il conseguimento degli scopi perseguiti dal <strong>di</strong>sponente, oltre che meno oneroso,<br />

prevedere l’attribuzione della prestazione <strong>di</strong>rettamente in capo al convivente superstite.<br />

Si è poi rilevato che l’intestazione <strong>di</strong> un deposito bancario ad un bare trustee, a beneficio<br />

prima del <strong>di</strong>sponente e poi del partner superstite <strong>di</strong> questi, risolverebbe i problemi relativi al residuo<br />

non prelevato in vita, <strong>di</strong> cui il titolare dovrebbe <strong>di</strong>sporre per testamento (nel caso <strong>di</strong> cointestazione<br />

<strong>di</strong> conto bancario congiunto semplice con il partner, nel quale gli intestatari possono ritirare l’intera<br />

somma congiuntamente e, <strong>di</strong>sgiuntamente, solo una porzione pari alla propria quota), eliminando<br />

altresì i rischi <strong>di</strong> un prelevamento totale da parte del partner (nel caso <strong>di</strong> conto congiunto solidale)<br />

58<br />

( ). Ma, a ben vedere, sembra quanto mai inopportuno affidare ad un soggetto estraneo<br />

l’amministrazione <strong>di</strong> un conto corrente che, verosimilmente, dovrebbe servire a fornire la necessaria<br />

base economica e finanziaria del ménage familiare, con tutto quello che siffatta soluzione comporta,<br />

anche dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> una gestione quoti<strong>di</strong>ana che appare assai <strong>di</strong>fficile predeterminare<br />

nell’atto istitutivo del trust in tutti i sui molteplici (e sovente inaspettati) risvolti.<br />

In vista <strong>di</strong> una possibile rottura si dovrebbero poi inserire apposite previsioni volte a<br />

<strong>di</strong>sciplinare la sorte dei cespiti patrimoniali, magari prevedendo una qualche forma <strong>di</strong> «ultrattività»<br />

del trust a tutela della parte debole e/o della prole. In ogni caso – a scanso <strong>di</strong> pericolosi equivoci –<br />

sarebbe opportuno (e la regola vale anche per i temi che saranno trattati nei prossimi §§, con<br />

riguardo al vincolo ex art. 2645-ter c.c.) in<strong>di</strong>viduare in maniera esplicita e certa le situazioni nelle<br />

quali la convivenza si dovrebbe considerare come venuta meno (invio <strong>di</strong> una lettera, fissazione <strong>di</strong><br />

residenze anagrafiche <strong>di</strong>stinte, etc.).<br />

Una delle ragioni per le quali parte della dottrina raccomanda la creazione <strong>di</strong> trusts tra<br />

conviventi è rappresentata dalla possibilità <strong>di</strong> far assumere ad essi una valenza post mortem, il che<br />

peraltro – a parte la questione del possibile contrasto con il <strong>di</strong>vieto dei patti successori, quanto meno<br />

sotto il profilo della frode alla legge – può porre problemi in relazione al profilo della tutela dei<br />

legittimari. Al riguardo si precisa in dottrina che, mentre nel negozio <strong>di</strong> trasferimento dei beni dal<br />

settlor al trustee, non è rintracciabile alcuna liberalità, per mancanza dell’animus donan<strong>di</strong> in capo al<br />

primo e dell’elemento oggettivo dell’arricchimento in capo al secondo, costituirebbe, invece,<br />

59<br />

donazione in<strong>di</strong>retta l’attribuzione che il settlor attua a favore del beneficiario ( ).<br />

Tuttavia, la stessa dottrina ammette che assai problematica appare la tutela dei legittimari<br />

( 55 ) Trib. Trieste, 19 settembre 2007, in TAF, 2008, p. 42 ed in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, p. 687, con nota <strong>di</strong><br />

CINQUE, in cui l’ammissibilità del trust interno è stata desunta dall’art. 2645-ter c.c.<br />

( 56 ) Cfr. OBERTO, Atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e <strong>di</strong>fferenze, in Contratto e<br />

impresa/Europa, 2007, p. 351 ss.<br />

( 57 ) Così COPPOLA, La successione del convivente more uxorio, cit., p. 739.<br />

( 58 ) Così, se si è ben compreso, COPPOLA, op. loc. ultt. citt.<br />

( 59 ) Sul punto v., anche per i richiami, COPPOLA, La successione del convivente more uxorio, cit., p. 742 s.<br />

82


nelle <strong>di</strong>verse fattispecie che la pratica propone ( 60 ). Sono, invece, sicuramente soggetti a riduzione<br />

da parte dei legittimari quei trusts che siano stati costituiti per testamento: d’altro canto, le norme<br />

nazionali sulle successioni sono fatte esplicitamente salve dall’art. 15 della Convenzione dell’Aja.<br />

Comunque, si consiglia l’inserimento, nell’atto istitutivo, <strong>di</strong> una clausola <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>a che faccia<br />

obbligo, al fiduciario o al beneficiario finale del patrimonio, <strong>di</strong> garantire i <strong>di</strong>ritti dei legittimari del<br />

<strong>di</strong>sponente, ove lesi al momento della sua morte, integrando automaticamente, con beni o denaro,<br />

pur nei limiti del valore del trust, la quota loro riservata dalla legge. Come si è peraltro avuto modo<br />

<strong>di</strong> vedere – e si vedrà ulteriormente nell’ambito del prossimo capitolo – la tutela del convivente<br />

superstite sembra attuabile anche mercé negozi o istituti maggiormente «collaudati» nel nostro<br />

or<strong>di</strong>namento ( 61<br />

).<br />

( 60 ) Cfr. MOSCATI, Trust e tutela dei legittimari, in Riv. <strong>di</strong>r. comm., 2000, I, p. 13 ss.; LUPOI, Trusts, Milano, 2001,<br />

p. 667 s.<br />

( 61 ) V. supra, §§ 1-5 del presente Capitolo, nonchè infra, Cap. VI, per totum, Cap. VIII, §§ 1 s., Cap. IX, §§ 1-5.<br />

83


CAPITOLO VI<br />

VINCOLI DI DESTINAZIONE PER LA FAMIGLIA DI FATTO<br />

SOMMARIO: 1. Il vincolo <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645-ter c.c. al servizio della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

Impostazione del problema. – 2. Art. 2645-ter c.c. ed effetti traslativi. Critica dell’opinione<br />

dominante. – 3. Vicende traslative <strong>di</strong>sposte dall’autonomia delle parti in relazione all’art.<br />

2645-ter c.c. – 4. Conclusioni sull’applicabilità del vincolo <strong>di</strong> destinazione alla famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>. Le <strong>di</strong>fferenze rispetto al fondo patrimoniale. – 5. Il problema dell’in<strong>di</strong>viduazione dei<br />

beneficiari del vincolo <strong>di</strong> destinazione a favore della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

1. Il vincolo <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645-ter c.c. al servizio della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Impostazione<br />

del problema.<br />

È noto che l’art. 2645-ter c.c. – introdotto dall’art. 39-novies della l. 23 febbraio 2006, n. 51,<br />

<strong>di</strong> conversione con mo<strong>di</strong>fiche del d.l. 30 <strong>di</strong>cembre 2005, n. 273 («Recante definizione e proroga <strong>di</strong><br />

termini, nonché conseguenti <strong>di</strong>sposizioni urgenti. Proroga <strong>di</strong> termini relativi all’esercizio <strong>di</strong> deleghe<br />

legislative») – consente l’effettuazione <strong>di</strong> «atti <strong>di</strong> destinazione per la realizzazione <strong>di</strong> interessi<br />

meritevoli <strong>di</strong> tutela» ( 1<br />

). A prescindere dalle gravi questioni generali <strong>di</strong> inquadramento dell’istituto<br />

( 1 ) Sull’istituto, in generale, cfr. BARTOLI, Prime riflessioni sull’art. 2645 ter c.c. e sul rapporto fra negozio <strong>di</strong><br />

destinazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto interno e trust, in Corr. merito, 2006, p. 697 ss.; ID., Riflessioni sul «nuovo» art. 2645 ter c. c. e<br />

sul rapporto fra negozio <strong>di</strong> destinazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto interno e trust, in Giur. it., 2007, p. 5 ss.; ID., Mandato e trust, cit., p.<br />

455 ss.; Mirzia BIANCA, D’ERRICO, DE DONATO, PRIORE, L’atto notarile <strong>di</strong> destinazione. L’art. 2645-ter del co<strong>di</strong>ce<br />

civile, Milano, 2006; Mirzia BIANCA, Il nuovo art. 2645-ter c.c. notazioni a margine <strong>di</strong> un provve<strong>di</strong>mento del Giu<strong>di</strong>ce<br />

Tutelare <strong>di</strong> Trieste, in Giust. civ., 2006, II, p. 187 e ss; EAD., Atto negoziale <strong>di</strong> destinazione e separazione, in Riv. <strong>di</strong>r.<br />

civ., 2007, I, p. 197 ss.; EAD., La categoria dell’atto negoziale <strong>di</strong> destinazione: vecchie e nuove prospettive, in AA. VV.,<br />

Negozio <strong>di</strong> destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 177 ss.; EAD., L’atto <strong>di</strong><br />

destinazione: problemi applicativi, testo dattiloscritto agli atti del Convegno sul tema «Atti notarili <strong>di</strong> destinazione dei<br />

beni: Articolo 2645 ter c.c.», organizzato dal Consiglio Notarile <strong>di</strong> Milano il 19 giugno 2006; EAD., Il negozio <strong>di</strong><br />

destinazione e il principio della responsabilità patrimoniale, relazione al Convegno «Le sistemazioni patrimoniali<br />

“de<strong>di</strong>cate” tra negozi <strong>di</strong> destinazione e organizzazione dell’impresa» organizzato dall’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Foggia<br />

Facoltà <strong>di</strong> Giurisprudenza svoltosi a Lucera (30-31 marzo 2007); EAD., Novità e continuità dell’atto negoziale <strong>di</strong><br />

destinazione, AA. VV., La trascrizione dell’atto negoziale <strong>di</strong> destinazione. L’art. 2645-ter del co<strong>di</strong>ce civile, a cura <strong>di</strong> M.<br />

Bianca (atti della Tavola Rotonda che ha avuto luogo il 17 marzo 2006 presso la Facoltà <strong>di</strong> Scienze Statistiche<br />

dell’Università <strong>di</strong> Roma «La Sapienza»), Milano, 2007, p. 29 ss.; DE NOVA, Esegesi dell’art. 2645 ter cod. civ., testo<br />

dattiloscritto agli atti del Convegno sul tema «Atti notarili <strong>di</strong> destinazione dei beni: Articolo 2645 ter c.c.», cit.;<br />

D’ERRICO, Trascrizione del vincolo <strong>di</strong> destinazione, testo dattiloscritto agli atti del Convegno sul tema «Atti notarili <strong>di</strong><br />

destinazione dei beni: Articolo 2645 ter c.c.», cit.; FANTICINI, L’articolo 2645-ter del co<strong>di</strong>ce civile: “Trascrizione <strong>di</strong> atti<br />

<strong>di</strong> destinazione per la realizzazione <strong>di</strong> interessi meritevoli <strong>di</strong> tutela riferibili a persone a persone con <strong>di</strong>sabilità, a<br />

pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche”, in AA. VV., La tutela dei patrimoni, a cura <strong>di</strong><br />

Montefameglio, Santarcangelo <strong>di</strong> Romagna, 2006, p. 327 ss.; FRANCO, Il nuovo art. 2645-ter cod. civ., in Notariato,<br />

2006, p. 315 ss.; GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, <strong>di</strong>sponibile alla pagina web seguente:<br />

http://ju<strong>di</strong>cium.it/news/ins_08_04_06/Gazzoni,%20nuovi%20saggi.html (l’articolo è pubblicato anche in Giust. civ.,<br />

2006, II, p. 165 ss.; le citazioni <strong>di</strong> questo lavoro nel presente scritto si riferiscono al testo online); LUPOI, Gli “atti <strong>di</strong><br />

destinazione” nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. quale frammento <strong>di</strong> trust, in TAF, 2006, p. 169 ss.; MANES, La norma<br />

sulla trascrizione degli atti <strong>di</strong> destinazione è dunque norma sugli effetti, in Contratto e impresa, 2006, p. 626 ss.;<br />

PETRELLI, La trascrizione degli atti destinazione, dattiloscritto agli atti del Convegno organizzato a Firenze dalla<br />

Associazione Italiana Giovani Notai il 24 giugno 2006 sul tema «Gli atti <strong>di</strong> destinazione e la trascrizione dopo la<br />

novella» (l’articolo è pubblicato anche in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 2006, II, p. 161 ss.; le citazioni <strong>di</strong> questo lavoro nel presente<br />

scritto si riferiscono al dattiloscritto); PICCIOTTO, Brevi note sull’art. 2645-ter: il trust e l’araba fenice, in Contratto e<br />

impresa, 2006, p. 1314 ss.; R. QUADRI, L’art. 2645-ter e la nuova <strong>di</strong>sciplina degli atti <strong>di</strong> destinazione, in Contratto e<br />

impresa, 2006, p. 1717 ss.; ROSELLI, Atti <strong>di</strong> destinazione del patrimonio e tutela del cre<strong>di</strong>tore, in Giur. merito, suppl. n.<br />

1/2007, p. 49 ss.; SPADA, Destinazioni patrimoniali e impresa (patrimonio dell’impren<strong>di</strong>tore e patrimoni aziendali),<br />

ibidem; VECCHIO, Il nuovo articolo 2645-ter cod. civ. Gli atti <strong>di</strong> destinazione <strong>di</strong> cui al novellato art. 2645-ter: profili<br />

applicativi, in Quoti<strong>di</strong>ano giuri<strong>di</strong>co, 18 <strong>di</strong>cembre 2006; ID., Profili applicativi dell’art. 2645-ter c.c. in ambito<br />

familiare, in Dir. fam. pers., 2009, II, p. 795 ss.; BARALIS, Prime riflessioni in tema <strong>di</strong> art. 2645-ter c.c., in AA. VV.,<br />

Negozi <strong>di</strong> destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Quaderni della Fondazione<br />

84


e dai suoi collegamenti con il trust, che esulano da questa sede ( 2 ), va detto che molti commentatori<br />

non esitano a ravvisare nella <strong>di</strong>sposizione la possibilità <strong>di</strong> creare vincoli in favore della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>: da <strong>di</strong>sposizioni sulla casa familiare, alla protezione del patrimonio destinato ad alimentare le<br />

risorse del ménage, alla creazione <strong>di</strong> un vero e proprio fondo patrimoniale tra conviventi ( 3 ), non<br />

essendo <strong>di</strong>scutibile la meritevolezza <strong>di</strong> tutela degli scopi perseguiti ( 4<br />

).<br />

5<br />

Nessuna preoccupazione d’or<strong>di</strong>ne costituzionale sembra del resto sorgere dalla <strong>di</strong>versa ( )<br />

<strong>di</strong>sciplina della norma in <strong>di</strong>scorso rispetto a quella delle norme che governano il fondo patrimoniale<br />

Italiana per il Notariato, Milano, 2007, p. 131 e ss.; D’AGOSTINO, Il negozio <strong>di</strong> destinazione nel nuovo art. 2645-ter c.c.,<br />

in Riv. notar., 2007, p. 1517 ss.; DI SAPIO, Patrimoni segregati ed evoluzione normativa: dal fondo patrimoniale<br />

all’atto <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645-ter, in Dir. fam. pers., 2007, p. 1257 ss.; DORIA, Il patrimonio «finalizzato», in Riv.<br />

<strong>di</strong>r. civ., 2007, I, p. 485 ss.; FUSARO, La posizione dell’accademia nei primi commenti dell’art. 2645-ter c.c., in AA.<br />

VV., Negozio <strong>di</strong> destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, p. 30 ss.; G.<br />

GABRIELLI, Vincoli <strong>di</strong> destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari, in Riv.<br />

<strong>di</strong>r. civ., 2007, I, p. 321 ss.; GENTILI, Le destinazioni patrimoniali atipiche. Esegesi dell’art. 2645-ter c.c., in Riv. <strong>di</strong>r.<br />

civ., 2007, p. 1 ss.; LA PORTA, L’atto <strong>di</strong> destinazione <strong>di</strong> beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., in<br />

Riv. notar., 2007, p. 1069 ss.; LENZI, Le destinazioni atipiche e l’art. 2645 ter c.c., in Contratto e impresa, 2007, p. 229<br />

ss.; MAGGIOLO, Il tipo della fondazione non riconosciuta nell’atto <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645-ter c.c., in Riv. notar.,<br />

2007, p. 1047 ss..; MERLO, Brevi note in tema <strong>di</strong> vincolo testamentario <strong>di</strong> destinazione ai sensi dell’art. 2645-ter, in<br />

Riv. notar., 2007, p. 509 ss.; MORACE PINELLI, Atti <strong>di</strong> destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano, 2007;<br />

OBERTO, Atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e <strong>di</strong>fferenze, cit., p. 351 ss.; ID., Vincoli <strong>di</strong><br />

destinazione ex art. 2645-ter c.c. e rapporti patrimoniali tra coniugi, in Fam. <strong>di</strong>r., 2007, p. 202 ss.; OPPO, Brevi note<br />

sulla trascrizione <strong>di</strong> atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter), in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 2007, I, p. 1 ss.; PARTISANI, L’art. 2645 ter c.c.:<br />

le prime applicazioni nel <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, nota a Trib. Reggio Emilia, 26 marzo 2007, in Fam. pers. succ., 2007, p.<br />

779 ss.; PINI, Gli atti <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645 ter c.c. e attuali orientamenti, in AIAF, 2007, 2, p. 43 ss.; ASTONE,<br />

L’atto <strong>di</strong> destinazione: struttura, funzione, tipologia, Milano, 2008; CONDÒ, Rapporto tra istituzione <strong>di</strong> un trust e<br />

normativa in materia <strong>di</strong> successione, TAF, 2008, p. 357 ss.; LUMINOSO, Contratto fiduciario, trust e atti <strong>di</strong> destinazione<br />

ex art. 2645 ter c.c., in Riv. notar., 2008, p. 993 ss.; ID., Atti <strong>di</strong> destinazione trascrivibili ai sensi dell’art. 2645-ter c.c.,<br />

in ID., Appunti sui negozi traslativi atipici, Milano 2007, p. 70 ss.; STEFINI, Destinazione patrimoniale ed autonomia<br />

negoziale: l’articolo 2645-ter c.c., Padova, 2008; AA. VV., Atti <strong>di</strong> destinazione e trust (art. 2645 ter cod. civ.), a cura <strong>di</strong><br />

Vettori, Padova, 2008; BULLO, Sub art. 2645-ter c.c., in Commentario breve al co<strong>di</strong>ce civile, a cura <strong>di</strong> Cian, Padova,<br />

2009, p. 3329 ss.; CEOLIN, Regolamenti <strong>di</strong> condominio e vincoli <strong>di</strong> destinazione, anche alla luce del nuovo art. 2645-ter<br />

c.c., in Riv. notar., 2009, p. 873 ss.; ID., Destinazione e vincoli <strong>di</strong> destinazione nel <strong>di</strong>ritto privato, Milano, 2010; ID., Il<br />

punto sull’art. 2645 ter a cinque anni dalla sua introduzione, in Nuova giur. civ. comm., 2011, p. 358 ss.; DI LANDRO,<br />

L’art. 2645-ter c.c. e il trust. Spunti per una comparazione, in Riv. notar., 2009, I, p. 583 ss.; IEVA, La trascrizione <strong>di</strong><br />

atti <strong>di</strong> destinazione per la realizzazione <strong>di</strong> interessi meritevoli <strong>di</strong> tutela riferibili a persone con <strong>di</strong>sabilità, a pubbliche<br />

amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche (art. 2645-ter c.c.) in funzione parasuccessoria, in Riv. notar., 2009,<br />

III, p. 1289 ss.; JANNARELLI, Brevi note a proposito <strong>di</strong> «soggetto giuri<strong>di</strong>co» e <strong>di</strong> «patrimoni separati», in Riv. trim. <strong>di</strong>r.<br />

proc. civ., 2009, p. 1253 ss.; MARRA, Il vincolo <strong>di</strong> destinazione a norma dell’art. 2645 ter c.c. nell’accordo <strong>di</strong><br />

separazione fra coniugi, Nota a Trib. Reggio Emilia, 26 marzo 2007, in Dir. fam. pers., 2009, p. 1199 ss.; MEUCCI, La<br />

destinazione <strong>di</strong> beni tra atto e rime<strong>di</strong>, Milano, 2009; G.A.M. TRIMARCHI, Negozio <strong>di</strong> destinazione nell’ambito familiare<br />

e nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Notariato, 2009, p. 426 ss.; VALORE, Amministrazione <strong>di</strong> sostegno e vincolo <strong>di</strong> destinazione,<br />

in Corr. merito, 2009, p. 619 ss.<br />

( 2 ) Sul tema sia consentito rinviare per tutti a OBERTO, Atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e<br />

<strong>di</strong>fferenze, cit., p. 351 ss.<br />

( 3 ) Cfr. FANTICINI, L’articolo 2645-ter del co<strong>di</strong>ce civile: “Trascrizione <strong>di</strong> atti <strong>di</strong> destinazione per la realizzazione <strong>di</strong><br />

interessi meritevoli <strong>di</strong> tutela riferibili a persone a persone con <strong>di</strong>sabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o<br />

persone fisiche”, cit., p. 343; OBERTO, Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e convivenze: tutela dei soggetti interessati e regolamentazione<br />

dei rapporti patrimoniali in vista della successione, cit., p. 661 ss.; ID., Atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust:<br />

analogie e <strong>di</strong>fferenze, cit., p. 351 ss.; ID., Vincoli <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645-ter c.c. e rapporti patrimoniali tra<br />

coniugi, cit., p. 202 ss.; MURITANO, Trust e atto <strong>di</strong> destinazione negli accor<strong>di</strong> fra conviventi more uxorio, in TAF, 2007,<br />

p. 199 ss.; CINQUE, L’atto <strong>di</strong> destinazione per i bisogni della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: ancora sulla meritevolezza degli interessi<br />

ex art. 2645 ter cod. civ., Nota a Trib. Trieste, 19 settembre 2007, in Nuova giur. civ. comm., 2008, p. 692 ss.; G.A.M.<br />

TRIMARCHI, op. cit., p. 426 ss.; FALLETTI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: la <strong>di</strong>sciplina dei rapporti patrimoniali tra i conviventi,<br />

cit., p. 83 ss.<br />

( 4 ) Sul profilo della meritevolezza <strong>di</strong> tutela cfr. Atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e <strong>di</strong>fferenze,<br />

cit., p. 351 ss.; in giurisprudenza v. da ultimo Trib. Vicenza, 31 marzo 2011, Corr. merito, 2011, p. 806, con nota <strong>di</strong><br />

RISPOLI, secondo cui «Gli interessi meritevoli <strong>di</strong> tutela ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. sono quelli attinenti alla solidarietà<br />

sociale e non quelli dei cre<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> una società insolvente perché altrimenti si consentirebbe ad un atto <strong>di</strong> autonomia<br />

privata d’incidere sul regime legale inderogabile della responsabilità patrimoniale al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> espresse previsioni<br />

normative».<br />

( 5 ) E sulle relative <strong>di</strong>fferenze ci si intratterrà a tempo debito: v. infra, § 4, in questo Cap.<br />

85


( 6 ): la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> trattamento è legata alla <strong>di</strong>versità degli istituti, ma nulla esclude che anche nella<br />

famiglia fondata sul matrimonio si possa fare ricorso ad un vincolo <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645-ter<br />

c.c., come si è tentato in altra sede <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare ( 7<br />

).<br />

Anzi, come appare documentato da alcuni atti costitutivi del vincolo in oggetto tra conviventi<br />

pervenuti allo scrivente, nulla sembra escludere che un’apposita clausola dell’atto stesso colleghi<br />

all’eventuale celebrazione del matrimonio inter partes l’automatica trasformazione del vincolo in<br />

8<br />

fondo patrimoniale. È noto che le convenzioni matrimoniali ( ) ben possono essere stipulate in data<br />

precedente alle nozze e, del resto, la con<strong>di</strong>zione legale <strong>di</strong> celebrazione delle nozze impe<strong>di</strong>sce alle<br />

stesse <strong>di</strong> produrre effetti in epoca anteriore; il riferimento sarebbe qui comunque ad un matrimonio<br />

ben determinato (quello dei conviventi, per l’appunto), per cui neppure sotto questo profilo<br />

potrebbero sussistere problemi <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà. Il tutto, ovviamente, a con<strong>di</strong>zione che l’atto in questione<br />

sod<strong>di</strong>sfi i requisiti <strong>di</strong> forma (art. 162 c.c., 48 l. notar.) e sostanza (artt. 167 ss. c.c.) previsti per il<br />

fondo e, più in generale, per la vali<strong>di</strong>tà delle convenzioni matrimoniali (artt. 160 ss. c.c.).<br />

Il vero problema posto dall’art. 2645-ter c.c. consiste, peraltro, nella identificazione delle<br />

facoltà concesse al «conferente»: vale a <strong>di</strong>re se, mercé l’istituto in oggetto, sia possibile<br />

esclusivamente prevedere la costituzione <strong>di</strong> un vincolo su beni <strong>di</strong> proprietà del costituente<br />

medesimo, ovvero se la norma ammetta anche l’effettuazione <strong>di</strong> trasferimenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti in capo ad un<br />

<strong>di</strong>stinto «esecutore della destinazione» e, soprattutto, se tale soggetto possa ulteriormente vincolarsi<br />

a trasferire, una volta giunto a scadenza il periodo <strong>di</strong> durata del vincolo stesso, i beni ad un soggetto<br />

9<br />

<strong>di</strong>stinto, secondo quanto avviene nelle ipotesi <strong>di</strong> trust non auto<strong>di</strong>chiarato ( ). È evidente che la<br />

risposta positiva ad un sif<strong>fatto</strong> interrogativo consentirebbe <strong>di</strong> dar vita non solo ad un vero e proprio<br />

«fondo patrimoniale tra conviventi» – ciò che sicuramente appare possibile, avuto riguardo alla già<br />

ricordata incontestabile rispondenza a criteri <strong>di</strong> meritevolezza <strong>di</strong> un vincolo ex art. 2645-ter c.c. in<br />

favore del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> – ma ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> prevedere attribuzioni <strong>di</strong> cespiti patrimoniali in<br />

( 6 ) Il dubbio è sollevato da G. GABRIELLI, Vincoli <strong>di</strong> destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità<br />

nei registri immobiliari, in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 2007, p. 321 ss., secondo cui «Certamente lecita è la destinazione <strong>di</strong> beni a fare<br />

fronte esclusivamente ai bisogni <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, non fondata sul matrimonio dell’autore della destinazione<br />

stessa. La destinazione esclusiva ai bisogni <strong>di</strong> una famiglia fondata sul matrimonio, che è per certo la sola contemplata<br />

dalle norme degli artt. 167 ss. c.c., si configura come costituzione <strong>di</strong> un fondo patrimoniale; ma, secondo la <strong>di</strong>sciplina<br />

propria <strong>di</strong> quest’ultimo, la separazione dei beni vincolati dal residuo patrimonio del proprietario <strong>di</strong> essi è regolata in<br />

modo ben <strong>di</strong>verso – e, ben può <strong>di</strong>rsi, meno perfetto – <strong>di</strong> quello che risulta dalle norme dell’art. 2645-ter c.c. in relazione<br />

ai vincoli non <strong>di</strong>rettamente in<strong>di</strong>viduati dalla legge, come potrebbe essere, se bastasse la liceità del fine, quello<br />

comportato dalla destinazione ai bisogni della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Invero, dei beni costituiti in fondo patrimoniale si può<br />

efficacemente <strong>di</strong>sporre, purché con il consenso <strong>di</strong> entrambi i coniugi e con l’aggiuntiva autorizzazione giu<strong>di</strong>ziale,<br />

necessaria peraltro nel solo caso in cui vi siano figli minori (art. 169 c.c.): può efficacemente <strong>di</strong>sporsene, si noti, anche a<br />

fini <strong>di</strong>versi da quello cui sono destinati. Dalla norma dell’art. 2645-ter risulta, per contro, che i beni vincolati – per<br />

esempio, se lo si consentisse, anche al fine <strong>di</strong> fare fronte ai bisogni della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> – “possono essere impiegati<br />

solo per la realizzazione del fine <strong>di</strong> destinazione”: dal che si desume che anche l’alienazione per un fine <strong>di</strong>verso sarebbe<br />

in ogni caso impossibile, e quin<strong>di</strong> inefficace, sol che il vincolo sia stato reso opponibile a terzi in forza della pubblicità.<br />

Ne conseguirebbe che l’interesse del terzo all’acquisto non sarebbe mai tutelato, cedendo sempre <strong>di</strong> fronte a quello <strong>di</strong><br />

rispetto del vincolo <strong>di</strong> destinazione (atipico, perché non <strong>di</strong>rettamente in<strong>di</strong>viduato dalla legge), anche nei casi in cui<br />

l’interesse del terzo viene <strong>fatto</strong> salvo pur a fronte del vincolo tipico, dato dalla destinazione ai bisogni della famiglia<br />

fondata sul matrimonio: un atto <strong>di</strong>spositivo per fine estraneo ai bisogni della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> sarebbe invero inefficace,<br />

anche se consentito da colui che è in comunione <strong>di</strong> vita con il proprietario <strong>di</strong>sponente; né sarebbe concepibile<br />

un’autorizzazione giu<strong>di</strong>ziale, pur in presenza <strong>di</strong> figli minori, giacché l’eventuale istanza <strong>di</strong>retta ad ottenerla non<br />

potrebbe avere risposta <strong>di</strong>versa da una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> non luogo a provvedere. Sotto altro profilo, può osservarsi che<br />

al cre<strong>di</strong>tore del proprietario <strong>di</strong> beni costituiti in fondo patrimoniale il sod<strong>di</strong>sfacimento coattivo su quei beni è precluso<br />

soltanto in relazione ad obbligazioni assunte per scopi che egli sapeva estranei al fine <strong>di</strong> destinazione (art. 170 c.c.),<br />

mentre al cre<strong>di</strong>tore del proprietario <strong>di</strong> beni destinati ai bisogni della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> il sod<strong>di</strong>sfacimento coattivo sarebbe<br />

precluso – a norma dell’art. 2645-ter, se si consentisse <strong>di</strong> farne applicazione per qualsivoglia finalità non illecita – in<br />

forza del solo elemento oggettivo, dell’estraneità dell’obbligazione al fine <strong>di</strong> destinazione, in<strong>di</strong>pendentemente dallo<br />

stato soggettivo del cre<strong>di</strong>tore stesso. L’illegittimità costituzionale <strong>di</strong> una così irragionevole <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> trattamento<br />

sembra, come si <strong>di</strong>ceva, evidente. Il fine <strong>di</strong> destinazione ai bisogni della famiglia fondata sul matrimonio non può avere<br />

trattamento meno favorevole <strong>di</strong> quello della destinazione ai bisogni della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>».<br />

( 7 ) Cfr. OBERTO, Vincoli <strong>di</strong> destinazione ex art. 2645-ter c.c. e rapporti patrimoniali tra coniugi, cit., p. 202 ss.;<br />

( 8 ) Cui l’atto inter vivos costitutivo del fondo va ascritto: cfr. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, I, cit., p.<br />

332 ss.<br />

( 9 ) Sul punto si fa rinvio per tutti a LUPOI, I trust nel <strong>di</strong>ritto civile, nel Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile, <strong>di</strong>retto da Sacco,<br />

Torino, 2004, p. 237 ss., 277 ss.<br />

86


occasione <strong>di</strong> determinati eventi, quali la cessazione del vincolo o la morte del partner «forte».<br />

Va però subito chiarito che i concetti <strong>di</strong> «destinazione per un determinato periodo» e <strong>di</strong><br />

«vincolo», contenuti nella norma introdotta nel 2006 nel nostro co<strong>di</strong>ce civile, sono ben <strong>di</strong>stinti da<br />

quello <strong>di</strong> «trasferimento <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto». Un bene può essere vincolato ad uno scopo senza essere<br />

trasferito ad un soggetto <strong>di</strong>verso dal suo titolare, come avviene, ad esempio, nel fondo patrimoniale<br />

su beni dei coniugi o nel trust auto<strong>di</strong>chiarato, nel quale è lo stesso costituente a porsi quale trustee.<br />

Il concetto <strong>di</strong> «vincolo <strong>di</strong> destinazione» sta a significare che il bene può essere amministrato solo in<br />

vista della realizzazione <strong>di</strong> quello scopo e che tale bene è aggre<strong>di</strong>bile dai soli cre<strong>di</strong>tori i cui <strong>di</strong>ritti si<br />

fondano su atti <strong>di</strong> gestione compiuti in vista della realizzazione dello scopo medesimo. Ma tutto ciò,<br />

con il trasferimento dal costituente al trustee, che pure caratterizza il trust non auto<strong>di</strong>chiarato, nulla<br />

ha a che vedere ( 10<br />

).<br />

La prima e provvisoria conclusione alla quale sembra potersi pervenire sul punto è che l’art.<br />

2645-ter c.c. si limita a prevedere la costituzione <strong>di</strong> un vincolo in maniera del tutto avulsa dal <strong>fatto</strong><br />

che in vista <strong>di</strong> tale vincolo sia stato effettuato un trasferimento del <strong>di</strong>ritto sul bene da vincolarsi,<br />

ovvero che le parti pattuiscano un ritrasferimento o un trasferimento ulteriore, una volta che il<br />

11<br />

vincolo sia giunto a scadenza ( ).<br />

2. Art. 2645-ter c.c. ed effetti traslativi. Critica dell’opinione dominante.<br />

Nonostante quanto si è illustrato nel paragrafo precedente, molti interpreti concordano nel<br />

ritenere che l’art. 2645-ter c.c. possa anche prevedere un momento traslativo. Più esattamente,<br />

12<br />

mentre alcuni sembrano dare tale effetto quasi per scontato ( ), altri cercano <strong>di</strong> fornire<br />

<strong>di</strong>mostrazioni al riguardo, sovente appoggiandosi alle ambiguità della formulazione normativa.<br />

Così, si è affermato che siffatta conclusione trarrebbe conferma dal <strong>fatto</strong> che il testo «considera<br />

normale l’eccedenza della durata del vincolo rispetto alla vita del <strong>di</strong>sponente, perché chiama<br />

“conferente” il <strong>di</strong>sponente e, infine, perché consente a terzi interessati <strong>di</strong> agire per l’attuazione della<br />

finalità dell’ “atto <strong>di</strong> destinazione” anche dopo la morte del “conferente” e, dunque,<br />

necessariamente, anche dopo la morte del conferente». Non solo. La legge, oltre a parlare <strong>di</strong><br />

«conferente» e <strong>di</strong> «beni conferiti», attribuisce al conferente il potere <strong>di</strong> agire per l’adempimento<br />

( 10 ) OBERTO, Atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e <strong>di</strong>fferenze, cit., p. 351 ss.<br />

( 11 ) In questo senso sembra anche orientata la circolare n. 5/2006 della Direzione dell’Agenzia del Territorio, del 7<br />

agosto 2006, la quale rimarca, testualmente, quanto segue: «Quanto ai profili <strong>di</strong> merito, sembra opportuno riba<strong>di</strong>re<br />

preliminarmente la circostanza che detti atti <strong>di</strong> destinazione producono soltanto effetti <strong>di</strong> tipo “vincolativo”. Come già<br />

in parte accennato, infatti, i beni oggetto degli atti <strong>di</strong> destinazione, pur venendo “segregati” rispetto alla restante parte<br />

del patrimonio del “conferente” – al fine <strong>di</strong> garantire la realizzazione degli interessi meritevoli <strong>di</strong> tutela cui è<br />

preor<strong>di</strong>nato il vincolo – restano comunque nella titolarità giuri<strong>di</strong>ca del “conferente” medesimo». In dottrina cfr. IEVA,<br />

La trascrizione <strong>di</strong> atti <strong>di</strong> destinazione per la realizzazione <strong>di</strong> interessi meritevoli <strong>di</strong> tutela riferibili a persone con<br />

<strong>di</strong>sabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche (art. 2645-ter c.c.) in funzione parasuccessoria,<br />

cit., p. 1295, ad avviso del quale «sembra proprio che all’atto <strong>di</strong> destinazione, quale delineato dall’art. 2645-ter c.c., non<br />

sia coessenziale il trasferimento della proprietà e che le vicende proprietarie possano avvenire in<strong>di</strong>pendentemente dalla<br />

esistenza del vincolo <strong>di</strong> destinazione; si può immaginare che il proprietario <strong>di</strong> uno o più beni appartenenti alle categorie<br />

menzionate dall’art. 2645-ter imprima ad essi un vincolo <strong>di</strong> destinazione e trascriva l’atto così creando l’effetto della<br />

separazione patrimoniale, mantenga la proprietà del bene e, successivamente, se la proprietà viene trasferita, transiterà<br />

gravata dal vincolo <strong>di</strong> destinazione». Per una decisione <strong>di</strong> merito che sembra voler sovrapporre i due <strong>di</strong>stinti piani cfr.<br />

Trib. Modena, 11 <strong>di</strong>cembre 2008, in Dir. fam. pers., 2009, p. 1256.<br />

( 12 ) Ad avviso <strong>di</strong> DE NOVA, Esegesi dell’art. 2645 ter cod. civ., cit., p. 3 «Non sembra vi sia ragione <strong>di</strong> escludere che<br />

l’art. 2645 ter possa applicarsi anche ad un atto con cui il <strong>di</strong>sponente trasferisce la proprietà dei beni a persona che li<br />

amministri a favore <strong>di</strong> terzi beneficiari, e così ad un negozio bilaterale»; nello stesso senso cfr. Mirzia BIANCA, L’atto <strong>di</strong><br />

destinazione: problemi applicativi, cit., p. 7 ss., secondo cui il costituente può anche operare un trasferimento della<br />

proprietà ad un terzo «attuatore della destinazione»; D’ERRICO, Trascrizione del vincolo <strong>di</strong> destinazione, loc. cit.; anche<br />

FANTICINI, L’articolo 2645-ter del co<strong>di</strong>ce civile: “Trascrizione <strong>di</strong> atti <strong>di</strong> destinazione per la realizzazione <strong>di</strong> interessi<br />

meritevoli <strong>di</strong> tutela riferibili a persone a persone con <strong>di</strong>sabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone<br />

fisiche”, cit., p. 330, vede nella nuova figura co<strong>di</strong>cistica il riferimento ai negozi traslativi atipici. Possibilista al riguardo<br />

parrebbe anche BUSANI, I notai ammettono il trust interno, in Il Sole 24-ore del 23 febbraio 2006, per il quale nella<br />

nuova norma co<strong>di</strong>cistica «non c’è (...), anche se non la si può escludere a priori, alcuna attività traslativa». Contra<br />

GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit., § 7, il quale nega che l’art. 2645-ter c.c. possa riferirsi a vicende<br />

traslative.<br />

87


dello scopo, così dando a intendere che, non potendosi immaginare che il conferente convenga in<br />

giu<strong>di</strong>zio se stesso, dovrebbe ritenersi scontato l’intervento <strong>di</strong> un terzo soggetto, cui il <strong>di</strong>ritto sul<br />

bene vincolato andrebbe trasferito ( 13<br />

).<br />

14<br />

Cominciamo dal termine ( ) «conferente» e da quello, ad esso riferito, «beni conferiti». Sotto<br />

il profilo strettamente etimologico andrà notato che il verbo conferire, dal latino confero, deriva da<br />

cum-ferre: le espressioni in oggetto denotano dunque un atto traslativo (ferre) compiuto con altri<br />

soggetti. La conferma balza agli occhi sol che si ponga mente a fenomeni quali i conferimenti del<br />

<strong>di</strong>ritto societario (cfr. ad es. artt. 2253, 2343 ss., 2440 c.c.), o il conferimento per la costituzione <strong>di</strong><br />

fon<strong>di</strong> <strong>di</strong> garanzia (art. 2548 c.c.), ma anche il conferimento negli ammassi (art. 837 c.c.), oppure<br />

qualora si pensi al verbo «conferire», impiegato dalle norme (cfr. artt. 737, 739, 740, 751 c.c.) in<br />

tema <strong>di</strong> collazione (termine che deriva, a sua volta, proprio dal verbo conferre). La giurisprudenza<br />

impiega dal canto suo questa medesima terminologia per denotare l’inserimento, in comunione<br />

convenzionale tra coniugi, <strong>di</strong> uno o più beni che, in assenza <strong>di</strong> convenzione, sarebbero rimasti<br />

personali ex art. 179, lett. a), c.c. ( 15<br />

).<br />

Altrettanto sicuramente può però rimarcarsi che, nel linguaggio corrente, il verbo «conferire»<br />

e il sostantivo «conferimento» possono essere riferiti anche ad un semplice atto <strong>di</strong> sottoposizione a<br />

vincolo, pure in assenza <strong>di</strong> trasferimento della proprietà sul bene vincolato, come <strong>di</strong>mostrato da una<br />

florida messe <strong>di</strong> pronunzie <strong>di</strong> legittimità, che, senza alcuna <strong>di</strong>fficoltà, parlano <strong>di</strong> «conferimento»<br />

16<br />

(e/o <strong>di</strong> «beni conferiti») in fondo patrimoniale ( ), come del resto già si <strong>di</strong>ceva per la dote, che<br />

parimenti si sostanziava in un mero vincolo ( 17 ) e, a quanto pare, si comincia a <strong>di</strong>re pure per il trust<br />

( 18 ). Quanto sopra <strong>di</strong>mostra che – anche senza necessariamente supporre lapsus freu<strong>di</strong>ani del<br />

legislatore ( 19<br />

) – l’impiego dei termini in <strong>di</strong>scorso non tra<strong>di</strong>sce necessariamente l’intento <strong>di</strong><br />

richiamare una vicenda traslativa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti, ben potendo riferirsi anche alla sola volontà <strong>di</strong> denotare<br />

la costituzione <strong>di</strong> un vincolo.<br />

Per quanto attiene poi al <strong>fatto</strong> che il legislatore mostrerebbe <strong>di</strong> considerare normale<br />

20<br />

l’eccedenza della durata del vincolo rispetto alla vita del <strong>di</strong>sponente ( ), va detto che non<br />

sussistono <strong>di</strong>fficoltà nel riconoscere che il vincolo si trasmetta agli ere<strong>di</strong> del titolare del <strong>di</strong>ritto<br />

vincolato: ma ciò non ha nulla a che vedere con la natura traslativa o meno del fenomeno descritto<br />

dall’art. 2645-ter c.c. Del resto non si riesce a comprendere perché mai un ipotetico «trustee<br />

all’italiana» ex art. 2645-ter c.c. dovrebbe essere dotato <strong>di</strong> una longevità maggiore <strong>di</strong> quella del<br />

costituente (pardon: conferente). Proprio l’ipotesi (pure essa «fisiologica») della premorienza <strong>di</strong> tale<br />

soggetto rispetto al momento <strong>di</strong> cessazione del vincolo, ben lungi dal risolvere il problema<br />

adombrato, pone, anzi, il quesito della trasmissibilità agli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> quest’ultimo.<br />

21<br />

Venendo alla legittimazione attiva concessa al conferente medesimo, si è asserito ( ) che<br />

anche tale elemento confermerebbe gli effetti traslativi (o anche traslativi) della vicenda descritta<br />

nell’art. 2645-ter c.c., poiché non avrebbe senso legittimare il costituente ad agire contro se stesso.<br />

Qui si può però obiettare, in primis, che il riferimento all’azione del costituente ben può intendersi<br />

( 13 ) Cfr. LUPOI, Gli “atti <strong>di</strong> destinazione” nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. quale frammento <strong>di</strong> trust, cit., p. 170. Si<br />

noti che, anche prima della novella del 2006, D’ERRICO, Trust e destinazione, in AA. VV., Destinazione <strong>di</strong> beni allo<br />

scopo. Strumenti attuali e tecniche innovative, Milano, 2003, p. 221 sottolineava «la struttura trinaria del negozio <strong>di</strong><br />

destinazione: <strong>di</strong>sponente è il soggetto che destina beni allo scopo, gestore è il soggetto investito dell’amministrazione <strong>di</strong><br />

beni finalizzata a quegli scopi, beneficiario è il soggetto nel cui interesse è <strong>di</strong>sposta la destinazione».<br />

( 14 ) «Freu<strong>di</strong>ano», secondo GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit., § 1, è «il termine conferente, riferito a chi<br />

destina il bene, perché costui, ovviamente, non conferisce un bel niente rimanendo proprietario, onde è esclusa la<br />

nascita <strong>di</strong> un <strong>di</strong>stinto ente».<br />

( 15 ) Cfr. Cass., 4 febbraio 2005, n. 2354, in Foro it., 2005, I, c. 1735; in Fam. <strong>di</strong>r., 2005, p. 237, con nota <strong>di</strong> V.<br />

CARBONE.<br />

( 16 ) Cfr. Cass., 15 gennaio 1990, n. 107; Cass., 18 marzo 1994, n. 2604; Cass., 9 aprile 1996, n. 3251; Cass., 2<br />

settembre 1996, n. 8013; Cass., 2 <strong>di</strong>cembre 1996, n. 10725; Cass., 5 giugno 2003, n. 8991; Cass., 18 luglio 2003, n.<br />

11230; Cass., 23 settembre 2004, n. 19131; Cass., 7 marzo 2005, n. 4933; Cass., 31 maggio 2006, n. 12998.<br />

( 17 ) Cass., 20 maggio 1977, n. 2096.<br />

( 18 ) Di «beni conferiti in trust» parla anche Trib. Bologna, 1 ottobre 2003, in TAF, 2004, p. 67 ss.<br />

( 19 ) Secondo quanto invece ritenuto (come si è visto) da GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit., § 1, le cui<br />

conclusioni in parte qua appaiono peraltro pienamente con<strong>di</strong>visibili.<br />

( 20 ) Cfr. LUPOI, Gli “atti <strong>di</strong> destinazione” nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. quale frammento <strong>di</strong> trust, cit., p. 170.<br />

( 21 ) Cfr. LUPOI, Gli “atti <strong>di</strong> destinazione” nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. quale frammento <strong>di</strong> trust, cit., p. 170.<br />

88


come riferita ad un’actio mandati del costituente stesso contro il mandatario che il medesimo abbia<br />

eventualmente incaricato <strong>di</strong> attuare lo scopo ( 22 ). D’altra parte, come messo in luce in dottrina, «la<br />

previsione <strong>di</strong> una sistematica legittimazione attiva del conferente potrebbe (…) anche in<strong>di</strong>care che il<br />

conferente, essendo sempre altresì gestore del fondo destinato, ha il potere <strong>di</strong> attivarsi per la<br />

realizzazione del fine <strong>di</strong> destinazione contro qualunque soggetto terzo che tenti <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>rla» ( 23<br />

).<br />

Concludendo sul punto, ben può concordarsi con chi afferma che la norma non pare offrire<br />

elementi testuali decisivi in un senso o nell’altro, poiché utilizza ora termini neutri al riguardo (beni<br />

«destinati»; «vincolo <strong>di</strong> destinazione»; «fine <strong>di</strong> destinazione»), ora termini ambivalenti, in quanto<br />

evocano l’immagine <strong>di</strong> un trasferimento <strong>di</strong> beni («conferente»; beni «conferiti»), ma vengono<br />

inseriti in un contesto in cui mai viene menzionata l’esistenza <strong>di</strong> un soggetto gestore che sia <strong>di</strong>verso<br />

24<br />

dal soggetto autore della destinazione ( ). Proprio per questo motivo, anzi, se si considera che<br />

«profilo statico» (attinente alla costituzione del vincolo) e «profilo <strong>di</strong>namico» (relativo al momento<br />

traslativo) sono concetti ben <strong>di</strong>stinti e che l’idea stessa <strong>di</strong> un vincolo limitato nel tempo appare<br />

esclusivamente compatibile (in assenza <strong>di</strong> ulteriori elementi, magari propri della cultura <strong>di</strong> common<br />

law, ma inesistenti nel caso <strong>di</strong> specie) con l’erogazione <strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti (oltre che con l’utilizzo <strong>di</strong>retto)<br />

dei beni vincolati, dovrà necessariamente concludersi che il predetto vincolo non può ritenersi <strong>di</strong><br />

per sé ( 25<br />

), per la sua struttura, finalizzato alla traslazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti dominicali sui beni medesimi.<br />

3. Vicende traslative <strong>di</strong>sposte dall’autonomia delle parti in relazione all’art. 2645-ter c.c.<br />

La conclusione <strong>di</strong> cui sopra – secondo cui costituzione <strong>di</strong> un vincolo e trasferimento del <strong>di</strong>ritto<br />

sul bene già vincolato, o da vincolarsi, sono vicende ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>stinte tra <strong>di</strong> loro, mentre l’art.<br />

2645-ter c.c. sembra far riferimento alla sola prima delle due, con conseguente <strong>di</strong>fferenziazione<br />

rispetto al trust – non risolve ancora <strong>di</strong> per sé sola l’ulteriore quesito circa la possibilità che le parti<br />

prevedano un trasferimento in vista dell’attuazione del vincolo, avvalendosi (non già della norma<br />

testé citata, ma) delle regole generali sull’autonomia privata. La questione rievoca gli accaniti<br />

<strong>di</strong>battiti sull’idoneità del consenso a riprodurre nel <strong>di</strong>ritto italiano questo effetto, tipicamente<br />

conosciuto dagli atti costitutivi <strong>di</strong> trust (almeno, <strong>di</strong> quelli non auto<strong>di</strong>chiarati) nel <strong>di</strong>ritto<br />

26 27<br />

). Ad essa si è <strong>fatto</strong> cenno in altra sede (<br />

anglosassone (<br />

In altre parole, mentre in precedenza il trasferimento in funzione della costituzione <strong>di</strong> un<br />

vincolo da trust, non coperto dall’operatività della Convenzione dell’Aja, per effetto del <strong>di</strong>sposto<br />

del suo art. 4, non poteva ritenersi sorretto da idonea causa, se non ricorrendo alla controversa tesi<br />

della causa fiduciae, può ora <strong>di</strong>rsi che la translatio dominii compiuta in funzione della costituzione<br />

<strong>di</strong> un vincolo quale quello (malamente) descritto dall’art. 2645-ter c.c. sia giustificata, proprio<br />

89<br />

), mentre qui non si potrà far altro che<br />

rilevare come l’esistenza <strong>di</strong> un articolo quale il 2645-ter c.c., ancorché non delineante <strong>di</strong> per sé –<br />

come si è visto – una fattispecie traslativa, possa oggi porsi quale idonea causa al trasferimento<br />

operato in funzione del vincolo <strong>di</strong> destinazione meritevole <strong>di</strong> tutela e costituito con il rispetto delle<br />

regole previste dalla <strong>di</strong>sposizione.<br />

( 22 ) Secondo GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit., § 7, è possibile «che il conferente concluda un autonomo<br />

contratto <strong>di</strong> gestione con un terzo, assumendo i costi e attribuendo i poteri. Si stipulerebbe allora, parallelamente al<br />

contratto <strong>di</strong> destinazione, un contratto <strong>di</strong> mandato, onde l’azione che l’art. 2645 ter c.c. attribuisce al conferente per la<br />

realizzazione dell’interesse, sarebbe appunto l’actio mandati».<br />

( 23 ) Cfr. BARTOLI, Prime riflessioni sull’art. 2645 ter c.c. e sul rapporto fra negozio <strong>di</strong> destinazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto interno<br />

e trust, cit., p. 701, il quale rileva ulteriormente quanto segue: «Quanto poi alla previsione della concorrente<br />

legittimazione ad agire <strong>di</strong> “qualsiasi interessato”, occorre preliminarmente considerare che il termine “interessato”<br />

potrebbe riferirsi sia ad un soggetto beneficiario in senso tecnico del negozio <strong>di</strong> destinazione, sia ad un soggetto che, pur<br />

non essendo beneficiario in senso tecnico <strong>di</strong> detto negozio, destinato a riceverne vantaggi eventuali, sia ad un soggetto<br />

cui il conferente abbia attribuito, nel negozio <strong>di</strong> destinazione, il ruolo <strong>di</strong> controllore dell’attività del gestore, sia infine al<br />

soggetto gestore».<br />

( 24 ) Cfr. BARTOLI, Prime riflessioni sull’art. 2645 ter c.c. e sul rapporto fra negozio <strong>di</strong> destinazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto interno<br />

e trust, cit., p. 701.<br />

( 25 ) Il significato ed i limiti dell’inciso «<strong>di</strong> per sé» saranno chiariti nel paragrafo imme<strong>di</strong>atamente successivo.<br />

( 26 ) Cfr. per tutti MARICONDA, Contrastanti decisioni sul trust interno: nuovi interventi a favore, ma sono<br />

nettamente prevalenti gli argomenti contro l’ammissibilità, in Corr. giur., 2004, p. 57 ss.<br />

( 27 ) OBERTO, Atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e <strong>di</strong>fferenze, cit., p. 351 ss.


perché <strong>di</strong>retta a porre in essere un vincolo (questa volta espressamente) riconosciuto dalla legge.<br />

Trattasi dunque <strong>di</strong> trasferimento causalizzato dall’art. 2645-ter c.c., in quanto posto in essere<br />

per raggiungere lo scopo meritevole <strong>di</strong> tutela e perché attuato verso un soggetto incaricato, in base<br />

ad un apposito mandato (e/o <strong>di</strong> un contratto d’opera, visto che il più delle volte non si tratterà certo<br />

solo <strong>di</strong> porre in essere atti giuri<strong>di</strong>ci), <strong>di</strong> porre in essere tutti i comportamenti ritenuti idonei al fine <strong>di</strong><br />

ottenere il conseguimento dello scopo sperato.<br />

Strettamente collegata al problema dell’effetto traslativo è la questione dell’eventuale<br />

ritrasferimento del <strong>di</strong>ritto dominicale – una volta trascorso il periodo <strong>di</strong> durata, o che si sia<br />

verificata la morte del beneficiario – dall’ «attuatore» al costituente, o a un terzo, ovvero ancora<br />

dallo stesso costituente (e contemporaneamente «attuatore», o dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> quest’ultimo) ad un<br />

terzo. È noto che questo aspetto è uno dei profili salienti dei trusts, che sovente prevedono proprio<br />

la duplice figura del beneficiario imme<strong>di</strong>ato e del beneficiario finale: il primo dei quali è costituito<br />

dal soggetto che s’avvantaggia del vincolo <strong>di</strong> durata, mentre il secondo (che può anche coincidere<br />

con il primo) è la persona cui andrà trasferita la proprietà dei beni (già) vincolati ( 28<br />

).<br />

Ancora una volta i sostenitori della ammissibilità del trust interno non sembrano mostrare<br />

29<br />

dubbi sulla liceità <strong>di</strong> una siffatta pattuizione ( ), al punto da spingersi ad ipotizzare la trascrivibilità<br />

imme<strong>di</strong>ata, nel caso <strong>di</strong> mandato senza rappresentanza ad acquistare, del «vincolo <strong>di</strong> destinazione dei<br />

beni a beneficio del mandante. Senza, quin<strong>di</strong>, necessità <strong>di</strong> attendere l’eventuale inadempimento del<br />

mandatario al fine <strong>di</strong> trascrivere la domanda <strong>di</strong> esecuzione in forma specifica dell’obbligo <strong>di</strong><br />

ritrasferimento»; si assicurerebbe in tal modo «al mandante una tutela reale almeno a partire dal<br />

momento in cui l’acquisto è effettuato ad opera del mandatario» ( 30<br />

).<br />

31<br />

Ma, a parte il dubbio ( ), più che legittimo, che la novella si occupi veramente del mandato<br />

senza rappresentanza e della causa fiduciae, tutto quanto si può ricavare (e con una certa fatica!)<br />

dall’art. 2645-ter c.c. è – come si è visto – l’ammissibilità <strong>di</strong> un trasferimento strumentale ad un<br />

vincolo e non certo quella <strong>di</strong> un vincolo strumentale ad un (ri)trasferimento. Il vincolo <strong>di</strong> cui si<br />

<strong>di</strong>scute, infatti, per la sua intrinseca temporaneità non può esaurirsi se non in un impiego del bene<br />

perché il suo red<strong>di</strong>to (o il suo uso temporaneo) realizzi scopi meritevoli <strong>di</strong> tutela denunziati nell’atto<br />

costitutivo: tale impiego non può dunque risolversi un un’attribuzione definitiva del <strong>di</strong>ritto<br />

dominicale (o <strong>di</strong> altri <strong>di</strong>ritti reali) una volta esaurita la funzione per cui il vincolo era stato creato.<br />

4. Conclusioni sull’applicabilità del vincolo <strong>di</strong> destinazione alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Le <strong>di</strong>fferenze<br />

rispetto al fondo patrimoniale.<br />

Nei limiti e con le precisazioni <strong>di</strong> cui sopra, va dunque riba<strong>di</strong>to che il vincolo <strong>di</strong> cui all’art.<br />

2645-ter c.c. potrà essere costituito in favore della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, ad instar <strong>di</strong> quanto accade per<br />

la famiglia fondata sul matrimonio per il fondo patrimoniale.<br />

Ciò detto, si stagliano però nette <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>fferenze rispetto all’istituto <strong>di</strong> cui agli artt. 167 ss.<br />

( 28 ) Sul tema v. per tutti LUPOI, I trust nel <strong>di</strong>ritto civile, cit., p. 292 ss., 317 ss.<br />

( 29 ) Cfr. LUPOI, Gli “atti <strong>di</strong> destinazione” nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. quale frammento <strong>di</strong> trust, cit., p. 172 s., il<br />

quale osserva al riguardo quanto segue: «Guardando al momento finale, quando il vincolo cessa, nel <strong>di</strong>ritto dei trust è<br />

perfettamente possibile che i beni in trust tornino al <strong>di</strong>sponente o ai suoi ere<strong>di</strong> o comunque a un soggetto <strong>di</strong>verso da<br />

quello in favore dei quale erano stati vincolati net corso del trust. Questo è ciò che normalmente avviene nei trust interni<br />

per sostenere persone con <strong>di</strong>sabilità: durante la vita delle persone con <strong>di</strong>sabilità il red<strong>di</strong>to dei beni è al loro servizio e, se<br />

necessario, lo sono anche i beni stessi (alienabilità dei beni in trust), ma successivamente il trustee trasferisce i beni o i<br />

beni residui ad altri soggetti (usualmente gli altri figli del <strong>di</strong>sponente) e il trust cessa. Il vincolo, quin<strong>di</strong>, non è andato a<br />

vantaggio del soggetto, titolare dei beni vincolati né nella vigenza del vincolo né alla sua cessazione. Questa<br />

configurazione potrebbe non essere necessariamente richiesta per gli “atti <strong>di</strong> destinazione” perché non sembra esservi<br />

incompatibilità fra il vincolo e la patrimonializzazione, in capo al soggetto proprietario, alla cessazione del vincolo<br />

medesimo. Infatti, il <strong>di</strong>sponente che vincoli i beni per un breve periodo e, al termine, sia vivo riacquista la pienezza<br />

della posizione dominicale. Lo stesso potrebbe accadere al <strong>di</strong>verso soggetto al quale il <strong>di</strong>sponente abbia trasferito i beni<br />

con il patto che, alla cessazione del vincolo, i beni gli appartengano pienamente (vi è una analogia con il fedecommesso<br />

assistenziale)».<br />

( 30 ) Così PETRELLI, La trascrizione degli atti destinazione, cit., p. 8.<br />

( 31 ) Su cui v. anche LUPOI, Gli “atti <strong>di</strong> destinazione” nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. quale frammento <strong>di</strong> trust, cit.,<br />

p. 170.<br />

90


c.c.<br />

Cominciando dalla ragione principale per la quale il fondo viene costituito ( 32 ), vale a <strong>di</strong>re la<br />

costituzione <strong>di</strong> una situazione d’insaisissabilité ( 33 ) <strong>di</strong> uno o più beni, va subito notato che il vincolo<br />

ex art. 2645-ter c.c. è più «forte» ( 34 ) <strong>di</strong> quello da fondo patrimoniale, per via dell’opponibilità nei<br />

confronti <strong>di</strong> tutti i cre<strong>di</strong>tori dei coniugi, anche a prescindere dalla ricorrenza delle con<strong>di</strong>zioni, per<br />

così <strong>di</strong>re, «soggettive» descritte dall’art. 170 c.c., nonché per la <strong>di</strong>versa ripartizione dell’onus<br />

proban<strong>di</strong> delle con<strong>di</strong>zioni «oggettive» ( 35<br />

).<br />

La formulazione <strong>di</strong> tale ultima norma, invero, impone, per l’opponibilità del vincolo al<br />

cre<strong>di</strong>tore, non solo l’obiettiva estraneità del cre<strong>di</strong>to ai bisogni della famiglia, ma anche la<br />

conoscenza, in capo al cre<strong>di</strong>tore, <strong>di</strong> tale estraneità. Stato soggettivo, questo, il cui onere probatorio<br />

36<br />

ricade sul debitore ( ). Al contrario, l’art. 2645-ter c.c. si limita a stabilire che «I beni conferiti e i<br />

loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine <strong>di</strong> destinazione e possono<br />

costituire oggetto <strong>di</strong> esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per<br />

debiti contratti per tale scopo».<br />

Ciò significa, in primo luogo, che sul debitore non graverà l’onere <strong>di</strong> fornire alcuna prova (e<br />

sovente si tratta <strong>di</strong> vera e propria probatio <strong>di</strong>abolica) sullo stato soggettivo del cre<strong>di</strong>tore al<br />

momento della nascita del rapporto obbligatorio e, in secondo luogo, che spetta al cre<strong>di</strong>tore<br />

<strong>di</strong>mostrare che il debito è stato contratto «per la realizzazione del fine <strong>di</strong> destinazione», posto che<br />

qui tale <strong>fatto</strong> viene descritto in positivo, quale elemento costitutivo della fattispecie rappresentata<br />

dalla realizzazione in executivis della pretesa cre<strong>di</strong>toria, laddove l’art. 170 c.c. si riferisce ad un<br />

elemento impe<strong>di</strong>tivo (descritto in negativo: «l’esecuzione … non può avere luogo…»), che<br />

37<br />

in<strong>di</strong>vidua inevitabilmente il debitore quale soggetto onerato ( ).<br />

Per queste ragioni non appaiono con<strong>di</strong>visibili le posizioni <strong>di</strong> chi afferma che la norma in tema<br />

38<br />

<strong>di</strong> destinazione è analoga all’art. 170 c.c. ( ). Tesi, questa, che può accettarsi, a tutto concedere,<br />

solo limitatamente ai cre<strong>di</strong>ti nascenti ex delicto, in relazione ai quali, come esattamente rilevato in<br />

dottrina ( 39<br />

), l’obbligazione nasce in<strong>di</strong>pendentemente dalla conoscenza o conoscibilità del vincolo<br />

<strong>di</strong> destinazione, oltre che al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> qualsiasi scelta del cre<strong>di</strong>tore, mancando una situazione<br />

( 32 ) Che costituirà, verosimilmente, la ragione principale per la quale anche i vincoli <strong>di</strong> destinazione verranno creati,<br />

non appena (ci sia consentita la battuta) i commercialisti, pur con qualche anno <strong>di</strong> ritardo, si saranno resi conto <strong>di</strong><br />

quanto viene illustrato in appresso nel testo.<br />

( 33 ) Con questa fondamentale <strong>di</strong>fferenza, peraltro, rispetto al noto istituto introdotto in Francia da una legge del<br />

2003, estesa nel 2008 a tutti i biens immobiliers non professionnels, e cioè che l’insaisissabilité «ne joue que pour les<br />

dettes à venir»: principio, questo, che, ove accolto nel nostro sistema normativo (che talora sembra concepito per<br />

premiare i «furbi»), risolverebbe non pochi dei problemi pratici posti dal fondo patrimoniale.<br />

( 34 ) Cfr. OBERTO, Atti <strong>di</strong> destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e <strong>di</strong>fferenze, cit., p. 351 ss., 424 s.; in<br />

senso conforme v. anche G.A.M. TRIMARCHI, op. loc. ultt. citt. (il quale rileva, per l’appunto, che «lo “stato” <strong>di</strong><br />

separazione dei beni in vincolo <strong>di</strong> destinazione è più “forte” <strong>di</strong> quelli in fondo patrimoniale»); cfr. inoltre BULLO, Sub<br />

art. 2645-ter c.c., cit., p. 3330.<br />

( 35 ) Per como<strong>di</strong>tà del lettore si pongono qui a raffronto le due <strong>di</strong>sposizioni:<br />

Art. 2645-ter c.c. Art. 170 c.c.<br />

(…) I beni conferiti e i loro frutti possono essere<br />

impiegati solo per la realizzazione del fine <strong>di</strong> destinazione<br />

e possono costituire oggetto <strong>di</strong> esecuzione, salvo quanto<br />

previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti<br />

contratti per tale scopo.<br />

91<br />

170. Esecuzione sui beni e sui frutti. — L’esecuzione<br />

sui beni del fondo e sui frutti <strong>di</strong> essi non può avere luogo<br />

per debiti che il cre<strong>di</strong>tore conosceva essere stati contratti<br />

per scopi estranei ai bisogni della famiglia.<br />

( 36 ) Cfr. da ultimo Cass., 15 marzo 2006, n. 5684. V. inoltre, per la giurisprudenza <strong>di</strong> merito, Trib. Parma, 7 gennaio<br />

1997, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 31, con nota <strong>di</strong> MORA.<br />

( 37 ) Anche DI SAPIO, op. cit., p. 31, rileva che «L’art. 2645-ter è una <strong>di</strong>sposizione scritta “in positivo” (ci <strong>di</strong>ce chi<br />

può rivalersi su quei beni). L’art. 170 è invece una <strong>di</strong>sposizione scritta “in negativo” (ci <strong>di</strong>ce chi non può rivalersi su<br />

quei beni). C’è una bella <strong>di</strong>fferenza. Manca inoltre ogni riferimento allo stato soggettivo del cre<strong>di</strong>tore la cui tutela<br />

risulta, dunque, affievolita. Anche il tema dell’onere della prova andrà rivisitato: non si chiede più una prova negativa<br />

(non essere stato a conoscenza dell’estraneità del cre<strong>di</strong>to rispetto allo scopo: art. 170), ma una prova positiva<br />

(l’attinenza del debito rispetto allo scopo). Se non ho preso un abbaglio, mi pare ci siano ampi margini per argomentare<br />

che il cre<strong>di</strong>tore, prima <strong>di</strong> contrarre, deve accertarsi se l’obbligazione risponda allo scopo: in sede esecutiva l’onere della<br />

prova graverà sul medesimo (art. 2697)».<br />

( 38 ) In questo senso v. invece GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit., § 9.<br />

( 39 ) Cfr. DI SAPIO, op. cit., p. 14 s.


affidante che giustifichi la limitazione della responsabilità ( 40 ). Così, pur in assenza <strong>di</strong> una norma<br />

analoga all’art. 2447-quinquies, terzo comma, c.c., dovrà affermarsi che, come per il fondo<br />

patrimoniale ( 41 ), così nella fattispecie in esame i beni vincolati rispondono ove siano fonte <strong>di</strong><br />

danni, perché, in entrambi i casi, è il vincolo <strong>di</strong> destinazione, quale elemento <strong>di</strong>stintivo, a fornire il<br />

criterio <strong>di</strong> riferimento per stabilire le categorie <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>tori interessate dalla vicenda destinatoria ( 42<br />

).<br />

Altro effetto è sicuramente quello – lasciando da parte, ovviamente, l’ipotesi della revocatoria<br />

– dell’esclusione dei beni vincolati dalla eventuale massa fallimentare, se non in relazione a quei<br />

debiti contratti «per la realizzazione del fine <strong>di</strong> destinazione»: ciò in forza del generale riferimento,<br />

nella norma in esame, ai «terzi», a prescindere dalla sede nella quale (e dalle modalità con cui) essi<br />

facciano valere i loro <strong>di</strong>ritti, nonché avuto riguardo a quella già ricordata parte della <strong>di</strong>sposizione<br />

secondo la quale «I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione<br />

del fine <strong>di</strong> destinazione e possono costituire oggetto <strong>di</strong> esecuzione, salvo quanto previsto<br />

dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo». Tale effetto, derivando<br />

<strong>di</strong>rettamente dall’art. 2645-ter c.c., non abbisogna <strong>di</strong> alcuna estensione analogica dell’art. 46, primo<br />

comma, n. 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, così come mo<strong>di</strong>ficato dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, che,<br />

per il fondo patrimoniale, prevede l’inclusione dei relativi beni nella massa fallimentare nel caso <strong>di</strong><br />

ricorrenza delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> cui all’art. 170 c.c., inapplicabile, come si è detto, al caso <strong>di</strong> specie.<br />

Inapplicabile appare inoltre, per la sua specialità, l’art. 155, r.d. cit., che attribuisce al curatore, nel<br />

caso <strong>di</strong> patrimonio destinato ad uno specifico affare, ex art. 2447-bis c.c., l’amministrazione del<br />

patrimonio medesimo.<br />

D’altro canto, per ciò che attiene agli eventuali atti <strong>di</strong>spositivi, se il vincolo ai sensi dell’art.<br />

2645-ter c.c. può sembrare a tutta prima più «debole» <strong>di</strong> quello da fondo patrimoniale, avuto<br />

riguardo alla non necessità <strong>di</strong> autorizzazione giu<strong>di</strong>ziale per gli atti ex art. 169 c.c. in presenza <strong>di</strong> figli<br />

minorenni, è anche vero che la regola appena citata risulta, quanto meno secondo l’opinione<br />

43<br />

dominante, derogabile ( ). Inoltre, l’effettuazione della pubblicità rende comunque il vincolo <strong>di</strong><br />

destinazione ex art. 2645-ter c.c. opponibile verso ogni subacquirente, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quello che<br />

accade allorquando i coniugi si siano riservati la facoltà <strong>di</strong> alienazione dei beni del fondo<br />

patrimoniale senza autorizzazione (ovvero quando, in presenza della necessità <strong>di</strong> autorizzazione,<br />

quest’ultima sia stata rilasciata), posto che, in tal caso, il terzo acquista il bene certamente libero dal<br />

vincolo.<br />

Il ricorso all’art. 2645-ter c.c. permette poi anche la costituzione <strong>di</strong> un vincolo temporale<br />

nell’interesse della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> al <strong>di</strong> là delle ipotesi in cui l’istituto ex artt. 167 ss. c.c. è<br />

consentito per la famiglia fondata sul matrimonio. I costituenti, per esempio, potranno derogare a<br />

quanto stabilito dall’art. 171 c.c., stabilendo ad esempio che il vincolo non cessi (ed anzi, questa<br />

sarà la regola, atteso il principio che autorizza una durata dello stesso per novanta anni o per tutta la<br />

vita della persona fisica beneficiaria) in caso <strong>di</strong> scioglimento del ménage (e, dunque, <strong>di</strong> una<br />

situazione speculare rispetto al <strong>di</strong>vorzio), pur in assenza <strong>di</strong> figli minori.<br />

In quest’ottica il vincolo ex art. 2645-ter c.c. può prestarsi a fornire garanzie per le prestazioni<br />

a favore della prole, una volta intervenuta la crisi del ménage, in maniera esattamente speculare<br />

rispetto a quanto già consentito da una decisione <strong>di</strong> merito in relazione alla separazione personale<br />

44<br />

dei coniugi ( ).<br />

( 40 ) Come osserva DI SAPIO, op. loc. ultt. citt., «Il cre<strong>di</strong>tore non sceglie nulla. Subisce un danno ingiusto. Se potesse<br />

scegliere, ragionevolmente sceglierebbe dell’altro: che il <strong>fatto</strong> illecito non si verifichi».<br />

( 41 ) Cfr. Cass., 5 luglio 2003, n. 8991, in Riv. notar., 2003, p. 1563; Cass., 18 luglio 2003, n. 11230, in Giur. it.,<br />

2004, 1615; Trib. Sanremo, 29 ottobre 2003, in Dir. fam. pers., 2004, p. 101; in dottrina cfr. LENZI, I patrimoni<br />

destinati: costituzione e <strong>di</strong>namica dell’affare, in Riv. notar., 2003, p. 566.<br />

( 42 ) Cfr. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit., § 9, secondo cui «la limitazione della responsabilità [non]<br />

opererà, in caso bene destinato, in favore dei soli cre<strong>di</strong>ti risarcitori sorti, ad esempio, da circolazione dell’autoveicolo<br />

a<strong>di</strong>bito a trasporto del <strong>di</strong>sabile o da rovina dell’e<strong>di</strong>ficio o, sempre nel quadro della destinazione, da uso <strong>di</strong> un bene<br />

mobile registrato <strong>di</strong> natura pericolosa».<br />

( 43 ) Cfr. per tutti OBERTO, Contratto e famiglia, cit., p. 217 ss.<br />

( 44 ) La prima applicazione giurisprudenziale <strong>di</strong> cui si abbia notizia dell’art. 2645-ter c.c. alla crisi coniugale è<br />

costituita da una decisione resa nel 2007 da un tribunale emiliano (Trib. Reggio Emilia, 26 marzo 2007, in Guida <strong>di</strong>r.,<br />

2007, n. 18, p. 58; in Dir. fam. pers., 2007, p. 1726). Il giu<strong>di</strong>ce era qui stato chiamato a decidere su <strong>di</strong> un’istanza ex art.<br />

710 c.p.c. <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fica delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> una separazione consensuale. In particolare i coniugi volevano sostituire il<br />

92


Infine, potrà richiamarsi in questa sede quanto già illustrato circa la possibilità che l’atto<br />

costitutivo del vincolo possa prevedere una clausola <strong>di</strong> automatica trasformazione in fondo<br />

patrimoniale in caso <strong>di</strong> celebrazione delle nozze tra i partners ( 45<br />

).<br />

5. Il problema dell’in<strong>di</strong>viduazione dei beneficiari del vincolo <strong>di</strong> destinazione a favore della<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

Venendo, infine, a trattare del profilo soggettivo, va subito posto in evidenza che l’art. 167<br />

versamento d’un assegno mensile da parte del marito, pari ad € 400,00, per il contributo al mantenimento dei figli, con<br />

il trasferimento della proprietà per intero o per quota <strong>di</strong> unità immobiliari, non già ai figli, ma alla moglie, ancorché a<br />

titolo <strong>di</strong> contributo al mantenimento dei figli. La soluzione, suggerita dallo stesso collegio, ha previsto, al fine <strong>di</strong><br />

salvaguardare l’interesse della prole, l’inserimento nell’intesa traslativa <strong>di</strong> una clausola aggiuntiva rispetto a quella che<br />

prevedeva i trasferimenti immobiliari a vantaggio della moglie, nei termini seguenti: «7) ai sensi e per gli effetti <strong>di</strong> cui<br />

all’art. 2645-ter c.c. la sig.ra (B) si obbliga ad impiegare i frutti degli immobili in<strong>di</strong>cati alla con<strong>di</strong>zione n. 1 punti a), b),<br />

e) e d) per il pagamento del mutuo ipotecario iscritto dal Gruppo (K) a carico degli immobili in<strong>di</strong>cati alla con<strong>di</strong>zione n.<br />

1, punti a), b), c) e, una volta estinto detto mutuo, ad impiegare i frutti degli immobili per il mantenimento della prole<br />

sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica del più giovane dei figli; 8) ai sensi e per gli effetti <strong>di</strong> cui all’art.<br />

2645-ter cc. la sig.ra (B) si impegna. altresì, a non alienare gli immobili in<strong>di</strong>cati alla con<strong>di</strong>zione n. 1, punti a), b), c) e d)<br />

sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica del più giovane dei figli». Sulla base dei predetti accor<strong>di</strong> il<br />

tribunale ha reso una decisione con cui ha mo<strong>di</strong>ficato le previe intese <strong>di</strong> separazione consensuale, nei termini sopra<br />

descritti. Ora, a prescindere dalla circostanza che il tribunale, riconosciuta la rispondenza della clausola all’interesse<br />

della prole, avrebbe dovuto, secondo la costante giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità, <strong>di</strong>chiarare non luogo a provvedere<br />

sull’istanza, dal momento che è ormai pacificamente assodato che le intese mo<strong>di</strong>ficative delle con<strong>di</strong>zioni della<br />

separazione, anche per ciò che attiene alla gestione del rapporto con i figli minori, sono sottratte al proce<strong>di</strong>mento ex art.<br />

710 c.p.c. e non necessitano <strong>di</strong> alcuna forma <strong>di</strong> omologazione, è interessante soffermarsi brevemente sulle <strong>di</strong>stinte prese<br />

<strong>di</strong> posizione della decisione relativamente a varie questioni connesse all’applicazione dell’art. 2645-ter c.c. In<br />

particolare, sulla forma, il giu<strong>di</strong>ce ha riconosciuto che «Nel caso <strong>di</strong> specie, il verbale dell’u<strong>di</strong>enza del 22/3/2007<br />

costituisce atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 cod. civ. e (previa omologazione dell’accordo) è titolo<br />

idoneo alla trascrizione nei Registri Immobiliari, a norma dell’art. 2657 cod. civ., del negozio <strong>di</strong> trasferimento <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti<br />

reali immobiliari ivi contenuto (…). È sod<strong>di</strong>s<strong>fatto</strong>, pertanto, il requisito formale». In punto meritevolezza degli interessi<br />

perseguiti il tribunale ha poi motivato rilevando come la giurisprudenza in tema <strong>di</strong> trasferimenti immobiliari in favore<br />

della prole nella crisi coniugale attenga ad ipotesi <strong>di</strong> atti traslativi verso i figli, «mentre nel caso de quo il trasferimento<br />

avviene tra i coniugi, seppure con vincolo <strong>di</strong> destinazione a favore della prole e a titolo <strong>di</strong> mantenimento <strong>di</strong> questa: deve<br />

comunque essere riconosciuta la meritevolezza degli interessi perseguiti». Più oltre, sullo stesso tema, il tribunale pone<br />

l’accento sulla funzione <strong>di</strong> garanzia del vincolo rispetto agli atti <strong>di</strong> esecuzione (in confronto rispetto al fondo<br />

patrimoniale), nei termini seguenti: «Infine, è prevista una piena ed efficace garanzia sui beni rispetto agli atti <strong>di</strong><br />

esecuzione, ad<strong>di</strong>rittura superiore alla previsione <strong>di</strong> impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale: infatti<br />

mentre l’impignorabilità per debiti contratti per scopi estranei o <strong>di</strong>fferenti rispetto a quelli in<strong>di</strong>viduati nell’atto <strong>di</strong><br />

destinazione dei beni (e dei relativi frutti) conferiti ai sensi del nuovo art. 2645-ter cod. civ. appare assoluta, l’art. 170<br />

cod. civ. assoggetta ad esecuzione i beni del fondo patrimoniale anche per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni<br />

della famiglia, a con<strong>di</strong>zione che il cre<strong>di</strong>tore non sia a conoscenza <strong>di</strong> tale ultima circostanza. Più specificamente, si<br />

osserva che il primo vincolo impresso sui beni trasferiti alla (B) riguarda i loro frutti (che, a norma dell’ari 2645-ter<br />

cod. civ., “possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine <strong>di</strong> destinazione”) e prevede che gli stessi siano<br />

destinati – dopo l’estinzione del mutuo che grava sugli immobili – al mantenimento della prole sino al raggiungimento<br />

dell’autosufficienza economica. Si tratta, con ogni evidenza, <strong>di</strong> una pattuizione favorevole per la prole: dopo la<br />

liberazione del bene dai gravami relativi al mutuo stipulato dai coniugi acquirenti (e proprio a questo fine devono in<br />

primis essere destinati i frutti), è assicurata ai figli – sino al raggiungimento della loro autosufficienza economica – una<br />

fonte sicura <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to (peraltro non aggre<strong>di</strong>bile da eventuali cre<strong>di</strong>tori della (B))». A commento della decisione può<br />

dunque <strong>di</strong>rsi che, in buona sostanza, l’art. 2645-ter c.c. consente una nuova categoria <strong>di</strong> trasferimenti: quelli in favore<br />

del coniuge o ex tale (cioè dell’altro genitore: e dunque il principio ben sembra trasferibile alla materia della crisi della<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>), ma nell’interesse della prole, quale contributo al mantenimento della prole stessa (minorenne o<br />

maggiorenne ma non autosufficiente), laddove sino ad ora la giurisprudenza si era occupata <strong>di</strong> atti traslativi in funzione<br />

<strong>di</strong> contributo al mantenimento della prole, ma <strong>di</strong>sposti in favore della prole medesima (sul punto v. OBERTO,<br />

Prestazioni «una tantum» e trasferimenti tra coniugi in occasione <strong>di</strong> separazione e <strong>di</strong>vorzio, Milano, 2000, p. 149 ss.;<br />

ID., Trasferimenti patrimoniali in favore della prole operati in sede <strong>di</strong> crisi coniugale, nota a Trib. Salerno, 4 luglio<br />

2006, in Fam. <strong>di</strong>r., 2007, p. 64 ss.; ID., Gli accor<strong>di</strong> patrimoniali tra coniugi in sede <strong>di</strong> separazione o <strong>di</strong>vorzio tra<br />

contratto e giuris<strong>di</strong>zione: il caso delle intese traslative, <strong>di</strong>sponibile alla pagina web seguente:<br />

http://giacomooberto.com/bologna2011/relazione_oberto_bologna_8_aprile_2011.htm; sulla decisione <strong>di</strong> merito sopra<br />

citata v. anche MARRA, op. cit., p. 1199 ss.).<br />

( 45 ) V. supra, § 1, in questo Cap.<br />

93


c.c., in materia <strong>di</strong> fondo patrimoniale, in<strong>di</strong>vidua genericamente «la famiglia» come beneficiaria<br />

dell’istituto. Ora, secondo la dottrina, la famiglia cui la norma fa richiamo possiede un’estensione<br />

che non va oltre la famiglia nucleare, atteso l’evidente collegamento del fondo con l’obbligo <strong>di</strong><br />

contribuzione dei coniugi (art. 143 c.c.) e dei figli (art. 315 c.c.), nonché con quello <strong>di</strong><br />

mantenimento della prole (artt. 147 e 148 c.c.). Per quanto attiene a quest’ultima, fermo restando<br />

che in tale concetto si debbono far rientrare i figli (legittimi, legittimati, adottivi, nonché i minori in<br />

affido temporaneo) della coppia a prescindere dalla loro nascita rispetto al momento <strong>di</strong> costituzione<br />

del fondo, si <strong>di</strong>scute sulla possibilità <strong>di</strong> riferire il fondo anche ai figli (legittimi, naturali o adottivi)<br />

<strong>di</strong> un solo coniuge. La tesi preferibile valorizza l’in<strong>di</strong>spensabilità dell’elemento matrimoniale per la<br />

costituzione del fondo, al fine <strong>di</strong> ricavarne l’impossibilità <strong>di</strong> pervenire alla ventilata estensione. Non<br />

manca però chi ritiene <strong>di</strong> valorizzare il ruolo dell’eventuale introduzione del minore unilaterale<br />

nella famiglia legittima del proprio genitore. Si <strong>di</strong>scute infine sulla riferibilità dell’istituto ai figli<br />

maggiorenni, pervenendo la tesi prevalente e preferibile alla soluzione <strong>di</strong> ritenere compresi i figli<br />

maggiorenni non ancora autosufficienti ( 46<br />

).<br />

Ora, a <strong>di</strong>fferenza dell’art. 167 c.c. («… bisogni della famiglia»), l’art. 2645-ter c.c. sembra<br />

presupporre invece l’esatta in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> uno o più soggetti determinati («… altri enti o persone<br />

fisiche»).<br />

Ad avviso <strong>di</strong> chi scrive, peraltro, la meritevolezza dell’interesse, per le ragioni solidaristiche<br />

che ispirano la norma, è <strong>di</strong> tale evidenza da consentire anche <strong>di</strong> collocare la famiglia nel suo<br />

complesso (vuoi legittima, vuoi <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>) tra uno <strong>di</strong> quegli «altri enti» cui fa richiamo la<br />

<strong>di</strong>sposizione, magari valorizzando quell’in<strong>di</strong>rizzo che ormai unanimemente considera tanto la<br />

famiglia fondata sul matrimonio, come il ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, quali «formazioni sociali» riconosciute<br />

47<br />

dall’art. 2 Cost. ( ). È chiaro che la soluzione, la quale in<strong>di</strong>vidua come beneficiario del vincolo <strong>di</strong><br />

destinazione la famiglia nel suo complesso eviterebbe la necessità <strong>di</strong> un riferimento specifico ai<br />

membri attuali del nucleo in considerazione, e, conseguentemente, il ricorso a non agevolmente<br />

ipotizzabili atti <strong>di</strong> revoca e/o mo<strong>di</strong>fica, qualora il nucleo medesimo avesse ad ampliarsi o ridursi.<br />

Non vi è dubbio che, dal punto <strong>di</strong> vista fattuale, tale soluzione appaia, almeno a prima vista,<br />

più problematica per la convivenza more uxorio rispetto all’unione matrimoniale. Si è infatti<br />

48<br />

rilevato ( ) che manca un elemento che consenta d’in<strong>di</strong>viduarne i componenti, come componenti <strong>di</strong><br />

un gruppo. E ciò in quanto il rapporto tra i conviventi non è desumibile da un atto formale, così<br />

come il rapporto tra i conviventi ed i figli non è un rapporto collettivo che riguarda tutti, ma è<br />

rapporto che lega in<strong>di</strong>vidualmente ciascuno <strong>di</strong> essi (ad eccezione – solo ad alcuni fini – per i fratelli<br />

naturali riconosciuti dal medesimo genitore).<br />

Si è così ulteriormente sottolineato che «mentre la famiglia legittima contiene in sé l’elemento<br />

formale ed unificante che consente l’imme<strong>di</strong>ato riconoscimento <strong>di</strong> tutti i suoi componenti presenti e<br />

futuri rispetto al momento genetico <strong>di</strong> un qualunque atto d’autonomia che possa riguardarli (tali,<br />

infatti, sono i coniugi uniti in matrimonio, o i loro figli legittimi), la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> non consente<br />

un’identificazione collettiva dei suoi componenti: i conviventi possono nel tempo cambiare senza<br />

alcuna ripercussione giuri<strong>di</strong>ca, e gli stessi figli sono tali, sul piano giuri<strong>di</strong>co, in relazione a ciascun<br />

49<br />

genitore che effettua il riconoscimento» ( ).<br />

Peraltro, come sopra chiarito, neppure nella famiglia legittima i confini soggettivi appaiono<br />

sempre così chiaramente delineati, se è vero che non manca chi ha inteso fondare proprio sulla<br />

50<br />

convivenza il tratto identificativo della «famiglia» rilevante ex artt. 167 ss. c.c. ( ), mentre <strong>di</strong>versi<br />

Autori non esitano a riferire il fondo patrimoniale, come si è visto, anche ai minori in affidamento,<br />

( 46 ) Per tutti i richiami si fa rinvio ad AULETTA, Il fondo patrimoniale, Milano, 1990, p. 29 ss.; ID., Il fondo<br />

patrimoniale, in AA.VV., Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, Trattato <strong>di</strong>retto da Bonilini e Cattaneo, II, Il regime patrimoniale della<br />

famiglia, Torino, 1997, p. 392 s.; CENNI, Il fondo patrimoniale, cit., p. 563; FUSARO, Del fondo patrimoniale, cit., p.<br />

1048 s.; DEMARCHI ALBENGO, Il fondo patrimoniale, Milano, 2011, p. 95 ss.<br />

( 47 ) Sul punto OBERTO, Atti <strong>di</strong> destinazione (2645-ter c.c.) e trust: analogie e <strong>di</strong>fferenze, cit., p. 385 ss.; anche per<br />

G.A.M. TRIMARCHI, op. loc. ultt. citt., «Sul piano generale non può certo escludersi che la famiglia non fondata sul<br />

matrimonio possa considerarsi un “ente”, una formazione all’interno della quale le persone che la compongono<br />

sviluppino la propria persona il cui valore è centrale nel ragionamento sulla meritevolezza sopra esteso».<br />

( 48 ) G.A.M. TRIMARCHI, op. loc. ultt. citt.<br />

( 49 ) G.A.M. TRIMARCHI, op. loc. ultt. citt.<br />

( 50 ) Cfr. DEMARCHI ALBENGO, op. loc. ultt. citt.<br />

94


ai figli (legittimi, naturali, adottivi) <strong>di</strong> uno solo dei coniugi, purché inseriti nel nucleo familiare, e<br />

agli stessi figli maggiorenni della coppia coniugata, purché ancora non autosufficienti e conviventi<br />

con i genitori.<br />

Del resto, non è escluso che, nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, l’identificazione dei componenti possa<br />

avvenire anche solo per relationem. Una volta in<strong>di</strong>viduati nell’atto costitutivo i due soggetti del cui<br />

ménage si tratta, sarà sufficiente in<strong>di</strong>care, genericamente, la prole che da tale unione nascerà (e –<br />

perché no? – aggiungervi l’astratta possibilità che il nucleo si estenda, con l’inserimento <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> <strong>di</strong><br />

eventuali figli unilaterali o minori in affido). Quanto all’ulteriore possibile presupposto, costituito<br />

dalla previsione che il rapporto <strong>di</strong> filiazione sia legalmente accertato mercé riconoscimento o<br />

<strong>di</strong>chiarazione giu<strong>di</strong>ziale, atteso il carattere meramente <strong>di</strong>chiarativo <strong>di</strong> siffatti atti e la presenza <strong>di</strong><br />

un’obbligazione naturale per ciò che attiene al mantenimento <strong>di</strong> figli naturali eventualmente non<br />

riconosciuti né <strong>di</strong>chiarati, non sembra possa pre<strong>di</strong>carsi l’assoluta in<strong>di</strong>spensabilità <strong>di</strong> tale elemento<br />

(ancorché dal punto <strong>di</strong> vista pratico il suo inserimento appaia raccomandabile, così come<br />

consigliabile comunque appare la nominativa menzione dei soggetti beneficiari già in vita).<br />

95


CAPITOLO VII<br />

LA RESPONSABILITA’ DEI CONVIVENTI<br />

PER LE OBBLIGAZIONI CONTRATTE PER IL MÉNAGE<br />

E LA RESPONSABILITA’ DEI GENITORI<br />

PER LE OBBLIGAZIONI CONTRATTE DAI FIGLI<br />

SOMMARIO: 1. La responsabilità verso terzi dei conviventi more uxorio per le obbligazioni contratte<br />

nell’interesse del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. – 2. Accor<strong>di</strong> programmatici tra conviventi e attività<br />

negoziale con i terzi. Cenni alla rilevanza esterna degli accor<strong>di</strong> dei conviventi relativi alla<br />

prole. – 3. La responsabilità dei genitori per le obbligazioni contratte dai figli.<br />

1. La responsabilità verso terzi dei conviventi more uxorio per le obbligazioni contratte<br />

nell’interesse del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

È noto che una delle questioni maggiormente <strong>di</strong>battute in relazione ai rapporti patrimoniali tra<br />

(e dei) coniugi attiene al modo in cui si atteggia la loro responsabilità verso terzi per le obbligazioni<br />

da uno <strong>di</strong> essi contratte nell’interesse della famiglia ( 1 ). Occorre dunque chiedersi quale sia la<br />

posizione dei conviventi more uxorio rispetto a tale tema. Come si è già avuto modo <strong>di</strong> accennare in<br />

altra sede ( 2<br />

), non mancano or<strong>di</strong>namenti stranieri che, sul solco della ra<strong>di</strong>cata esperienza della<br />

solidarité ménagère tra coniugi, hanno ritenuto <strong>di</strong> poter estendere la soluzione prevista in quella<br />

sede anche al caso dei conviventi: quanto meno <strong>di</strong> quelli che abbiano inteso «solennizzare» il loro<br />

rapporto tramite la stipula <strong>di</strong> un apposito patto o contratto.<br />

È il caso, ad esempio dell’art. 515-4 cpv. del Code civil francese, introdotto dalla legge sui<br />

PACS (art. 1, legge nº 99-944 del 15 novembre 1999), secondo il quale «Les partenaires sont tenus<br />

solidairement à l’égard des tiers des dettes contractées par l’un d’eux pour les besoins de la vie<br />

courante. Toutefois, cette solidarité n’a pas lieu pour les dépenses manifestement excessives. Elle<br />

n’a pas lieu non plus, s’ils n’ont été conclus du consentement des deux partenaires, pour les achats à<br />

tempérament ni pour les emprunts à moins que ces derniers ne portent sur des sommes modestes<br />

nécessaires aux besoins de la vie courante». Similmente, il § 8 cpv. del Gesetz über <strong>di</strong>e<br />

Eingetragene Lebenspartnerschaft (Lebenspartnerschaftsgesetz - LPartG) stabilisce che, per le<br />

coppie omosessuali che abbiano stipulato una eingetragene Lebenspartnerschaft, Ǥ 1357 des<br />

Bürgerlichen Gesetzbuchs [cioè la norma che introduce per i coniugi la regola della<br />

Schlüsselgewalt] gilt entsprechend». Sotto il profilo della tecnica legislativa potrà notarsi che,<br />

mentre l’opzione francese consiste nella nuova formulazione <strong>di</strong> una regola ricalcata su quella<br />

3<br />

concernente la solidarité ménagère coniugale, ( ), la soluzione germanica consiste in un rinvio puro<br />

e semplice al paragrafo del BGB che <strong>di</strong>sciplina l’istituto relativamente ai coniugi ( 4<br />

).<br />

( 1 ) Sul tema v. per tutti OBERTO, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, Milano, 2006, p. 75 ss.<br />

( 2 ) Cfr. OBERTO, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 100 ss., 105 ss.<br />

( 3 ) Andrà notato che la versione originale della <strong>di</strong>sposizione sul PACS non coincideva esattamente con la regola<br />

dettata per i coniugi, <strong>di</strong>fettando per i concubins « pacsés » ogni richiamo ai limiti <strong>di</strong> cui all’art. 220, secondo e terzo<br />

comma, Code civil. In proposito osservava la dottrina (cfr. MÉCARY e LEROY-FORGEOT, Le PACS, Paris, 2000, p. 71 s.)<br />

che, dal momento che i partners non beneficiavano del limite alla responsabilità solidale fissato dagli artt. 220, cpv. e<br />

terzo comma, cit., essi si trovavano ad avere «un engagement à l’égard des tiers plus important que celui des époux,<br />

dont on ne comprend pas la justification». La dottrina d’Oltralpe sembrava comunque intenzionata a non estendere ai<br />

concubins pacsés la limitazione in oggetto, prevista dall’art. 220 cit. per i coniugi: cfr. per esempio COURBE, Droit de la<br />

famille, Paris, 2003, p. 233 s. Si noti poi che la legge francese prevedeva che la solidarietà valesse «pour les dépenses<br />

relatives au logement commun», ciò che era stato interpretato come comprensivo non solo dei canoni <strong>di</strong> locazione e<br />

delle spese accessorie, bensì anche delle mensilità <strong>di</strong> un mutuo immobiliare che fosse stato contratto da un partner per<br />

finanziare l’acquisto della casa familiare (cfr. ALLEAUME, Solidarité contre solidarité. Etudes comparatives des<br />

avantages respectifs du mariage et du PACS au regard du droit du cré<strong>di</strong>t, in D. 2000, chron. 450). Il testo in oggetto<br />

della legge sul PACS è però stato mo<strong>di</strong>ficato dalla legge n° 2010-737 del 1° luglio 2010 (art. 9), che è venuta ad<br />

introdurre una <strong>di</strong>zione assai simile, ancorché non esattamente identica, a quella prevista per i coniugi dal citato art. 220;<br />

si v. sul punto il seguente schema <strong>di</strong> raffronto:<br />

96


Anche in Italia chi scrive ha legato la soluzione del problema in esame alla stipula <strong>di</strong> un<br />

contratto <strong>di</strong> convivenza ( 5 ), ben potendosi ipotizzare che nel patto i conviventi inseriscano clausole<br />

volte a <strong>di</strong>sciplinare l’attività negoziale che ciascuno <strong>di</strong> essi, al fine <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le esigenze del<br />

ménage, può svolgere contraendo con terzi. In particolare, cogliendo un suggerimento della dottrina<br />

straniera, si potrebbe pensare a un esplicito reciproco conferimento <strong>di</strong> procura (revocabile) in<br />

relazione ai negozi necessari a sod<strong>di</strong>sfare le quoti<strong>di</strong>ane esigenze della vita in comune ( 6<br />

).<br />

L’espe<strong>di</strong>ente potrebbe servire a tutelare non solo i cre<strong>di</strong>tori (per lo meno in tutti i casi in cui il<br />

patrimonio del convivente non agente offrisse maggiori garanzie), bensì anche il partner che<br />

materialmente si occupa del <strong>di</strong>sbrigo delle faccende domestiche e dei figli, cui sarebbe consentito<br />

sottrarsi alle pretese <strong>di</strong> coloro che hanno fornito beni o servizi or<strong>di</strong>nati a nome del rappresentato.<br />

Si eviterebbe in tal modo la necessità <strong>di</strong> ricorrere a quegli espe<strong>di</strong>enti enucleati dalla dottrina e<br />

dalla giurisprudenza, soprattutto all’estero, per affermare una responsabilità anche in capo al<br />

convivente rimasto estraneo al negozio, e che, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> chi scrive, sono tutti inevitabilmente<br />

Art. 515-4 cpv. Code civil Art. 220 Code civil<br />

«Les partenaires sont tenus solidairement à l’égard des<br />

tiers des dettes contractées par l’un d’eux pour les besoins<br />

de la vie courante. Toutefois, cette solidarité n’a pas lieu<br />

pour les dépenses manifestement excessives. Elle n’a pas<br />

lieu non plus, s’ils n’ont été conclus du consentement des<br />

deux partenaires, pour les achats à tempérament ni pour<br />

les emprunts à moins que ces derniers ne portent sur des<br />

sommes modestes nécessaires aux besoins de la vie<br />

courante».<br />

97<br />

«Chacun des époux a pouvoir pour passer seul les<br />

contrats qui ont pour objet l’entretien du ménage ou<br />

l’éducation des enfants : toute dette ainsi contractée par<br />

l’un oblige l’autre solidairement.<br />

La solidarité n’a pas lieu, néanmoins, pour des<br />

dépenses manifestement excessives, eu égard au train de<br />

vie du ménage, à l’utilité ou à l’inutilité de l’opération, à<br />

la bonne ou mauvaise foi du tiers contractant.<br />

Elle n’a pas lieu non plus, s’ils n’ont été conclus du<br />

consentement des deux époux, pour les achats à<br />

tempérament ni pour les emprunts à moins que ces<br />

derniers ne portent sur des sommes modestes nécessaires<br />

aux besoins de la vie courante».<br />

Sul PACS e per ulteriori richiami cfr. inoltre RIVA, Il PACS o la convivenza registrata in Francia, in Contratto e<br />

impresa/Europa, 2005, p. 742 ss.; BONINI BARALDI, Le nuove convivenze tra <strong>di</strong>scipline straniere e <strong>di</strong>ritto interno, cit.,<br />

p. 86 ss.<br />

( 4 ) Pure in Spagna il legislatore è intervenuto sul tema. Così la legge catalana 10/1998, de 15 de julio, de uniones<br />

estables de pareja stabilisce agli artt. 4 e 5 quanto segue:<br />

«Artículo 4. Gastos comunes de la pareja.<br />

1. Tienen la consideración de gastos comunes de la pareja los necesarios para su mantenimiento y el de los hijos y<br />

las hijas comunes o no que convivan con ellos, de acuerdo con sus usos y su nivel de vida, y especialmente:<br />

a. Los originados en concepto de alimentos, en el sentido más amplio.<br />

b. Los de conservación o mejora de las viviendas u otros bienes de uso de la pareja.<br />

c. Los originados por las atenciones de previsión, mé<strong>di</strong>cas y sanitarias.<br />

2. No tienen la consideración de gastos comunes los derivados de la gestión y la defensa de los bienes propios de<br />

cada miembro, ni, en general, las que respondan al interés exclusivo de uno de los miembros de la pareja.<br />

Artículo 5. Responsabilidad.<br />

Ante terceras personas, ambos miembros de la pareja responden solidariamente de las obligaciones contraídas por<br />

razón de los gastos comunes que establece el artículo 4, si se trata de gastos adecuados a los usos y al nivel de vida de la<br />

pareja; en cualquier otro caso responde quien haya contraído la obligación».<br />

Per le altre <strong>di</strong>sposizioni locali che contengono principi analoghi cfr., per l’Aragona, la legge 6/1999, del 25 marzo<br />

1999 (relativa a parejas estables no casadas); per la Navarra cfr. la Ley Foral 6/2000 del 3 luglio 2000 (para la<br />

igualdad jurí<strong>di</strong>ca de las parejs estables); per le Isole Baleari cfr. la legge 18/2001 del 19 <strong>di</strong>cembre 2001 (de Pareja<br />

Estables); per la Comunidad Autónoma <strong>di</strong> Valencia cfr. la legge 1/2001 del 6 aprile 2001 (por la que se regulan las<br />

uniones de hecho); per la Comunidad Autónoma <strong>di</strong> Madrid cfr. la legge 11/2001 del 19 <strong>di</strong>cembre 2001 (de Uniones de<br />

Hecho de la Comunidad de Madrid); per le Asturie cfr. la legge 4/2002 del 23 maggio 2002 (de Parejas Estables).<br />

( 5 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 272 ss. Per la dottrina tedesca cfr. GRZIWOTZ,<br />

Partnerschaftsvertrag für <strong>di</strong>e nichteheliche Lebensgemeinschaft, München, 1998, p. 21 s.<br />

( 6 ) Cfr. KUNIGK, Die Lebensgemeinschaft, Rechtliche Gestaltung von ehelichem und eheähnlichem<br />

Zusammenleben, Stuttgart, 1978, p. 125 s.; cfr. inoltre il «modello <strong>di</strong> Leida», redatto ormai circa vent’anni or sono sotto<br />

la <strong>di</strong>rezione del prof. Van Mourik da un gruppo <strong>di</strong> studenti dell’Università <strong>di</strong> quella città, in AA. VV., Couple et<br />

modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., art. 3, comma terzo («les deux parties sont les mandataires de<br />

l’autre partie pour faire des actes juri<strong>di</strong>ques au nom des deux parties. Chacune des parties est obligée d’agir aussi au<br />

nom de l’autre partie»). Contra LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 928, secondo il quale<br />

sarebbe opportuno escludere esplicitamente ogni possibilità <strong>di</strong> agire per ciascuno dei partners a nome e per conto<br />

dell’altro «ohne besondere Vollmacht».


destinati ad abortire. Si pensi, innanzitutto, alla teoria del mandat domestique che, elaborata in<br />

Francia tra Otto e Novecento in relazione alle obbligazioni contratte dalla moglie presso terzi<br />

nell’interesse della famiglia (purché nei limiti <strong>di</strong> un normale ménage familiare), allorquando era<br />

ancora richiesta l’autorizzazione maritale agli acquisti ( 7 ), venne estesa, per una supposta identità <strong>di</strong><br />

ratio, alle obbligazioni contratte dalla convivente ( 8 ), salvo essere poi abbandonata, dopo che<br />

l’abrogazione dell’autorisation maritale ( 9 ) comportò la sparizione dell’istituto in relazione alla<br />

famiglia legittima ( 10<br />

).<br />

Nemmeno appaiono invocabili, se non in casi del tutto marginali, teorie come quelle<br />

dell’apparenza, o della tutela dell’affidamento, che pure hanno riscosso un gran successo all’estero<br />

11 12<br />

nella materia in <strong>di</strong>scorso ( ) e la cui applicazione è stata proposta anche in Italia ( ). Invero, come<br />

( 7 ) Sul tema v. per tutti OBERTO, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 80 ss.<br />

( 8 ) Cfr. BAUDRY-LACANTINERIE, Dei contratti aleatori, del mandato, della fideiussione e della transazione, in AA.<br />

VV., Trattato teorico-pratico <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile, Milano, s.d., ma 1911, p. 262 ss. (secondo cui la ratio del mandato<br />

domestico andava ricercata nel <strong>fatto</strong> che «la vita in comune fa supporre, in ciascuno dei due coniugi, l’intenzione <strong>di</strong><br />

partecipare alle spese della famiglia»); BATAILLE, Le mandat domestique hors mariage, Caen, 1923, p. 77; JOSSERAND,<br />

Cours de droit civil positif français, Paris, 1932, I, p. 615; ESMEIN, Le problème de l’union libre, in Rev. trim. dr. civ.,<br />

1935, p. 756 ss., p. 784; CHARLIER, Le mandat de la concubine pour les achats du ménage, in Hommage à Léon<br />

Graulich, Liège, 1957, p. 606; JEANMART, Les effets civils de la vie commune en dehors du mariage, cit., p. 248 ss.;<br />

LABROUSSE-RIOU, Droit de la famille, 1. Les personnes, Paris, New York, Barcelone, 1984, p. 243. Per la<br />

giurisprudenza v. Cass. Civ., 29 avril 1969, in J.C.P., 1969, II, 15972; App. Paris, 21 novembre 1923, in Gaz. Pal.,<br />

1924, 1, p. 187; App. Paris, 23 juillet 1932, ivi, 1932, 2, p. 423; App. Rouen, 30 octobre 1973, in D., 1974, Som., p. 19;<br />

Trib. Nice, 27 octobre 1909, in D., 1912, 2, p. 216; Trib. Nogent-sur-Marne, 28 janvier 1910, in Gaz. Pal., 1910, I, p.<br />

397; Trib. Paris, 14 novembre 1912, in Rev. trim. dr. civ., 1913, p. 800; Trib. Paris, 21 novembre 1923, ivi, 1924, p.<br />

350; Trib. Lagny, 4 juin 1954, in J.C.P., 1955, p. 2395. Nel senso che la finzione del mandat domestique avrebbe<br />

comunque presupposto l’esistenza <strong>di</strong> una famiglia legittima cfr. TARANTO, voce Concubinato (<strong>di</strong>ritto civile), in Noviss.<br />

<strong>di</strong>g. it., III, Torino, 1959, p. 1055.<br />

( 9 ) Disposta con legge 17 luglio 1919, n. 1176. Un ulteriore motivo <strong>di</strong> abbandono della teoria del mandato<br />

domestico in relazione alla famiglia legittima è collegato alla legge 13 luglio 1965, n. 570, che mo<strong>di</strong>ficò il testo dell’art.<br />

220 del Code, ai sensi del quale venne da allora attribuito a ciascuno dei coniugi <strong>di</strong>sgiuntamente il potere <strong>di</strong> concludere<br />

i contratti «qui ont pour objet l’entretien du ménage ou l’éducation des enfants», per i cui debiti è stabilita la<br />

responsabilità solidale. La giurisprudenza, prima dell’introduzione del PACS, o comunque in relazione a fattispecie<br />

anteriori, ebbe a negare l’estensibilità in via analogica <strong>di</strong> tale norma ai conviventi (v. Cass. Civ., 11 janvier 1984, in D.,<br />

1984, I.R., p. 275; Cass. Civ., 2 mai 2001, in Bull. Civ., 2001, n. 111, p. 53; cfr. inoltre App. Bordeaux, 15 mars 1983,<br />

riportata da RUBELLIN-DEVICHI, La con<strong>di</strong>tion juri<strong>di</strong>que de la famille de fait en France, in La Semaine Juri<strong>di</strong>que, 1986,<br />

I, 3241, n° 7).<br />

( 10 ) Per un’applicazione al campo dei rapporti tra coniugi della teoria del mandato tacito v. Cass., 23 settembre 1986,<br />

n. 5709, cit. (sul tema cfr. inoltre OBERTO, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 80 ss.). Si noti<br />

che un analogo istituto è conosciuto anche dai sistemi <strong>di</strong> common law, tanto in relazione alla famiglia legittima che a<br />

quella <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> (cfr. P. GALLO, L’arricchimento senza causa, Padova, 1990, p. 527 ss.). È evidente che la costruzione in<br />

esame può comunque trovare applicazione soltanto in relazione agli affari relativi all’or<strong>di</strong>nario svolgimento del ménage<br />

familiare: così essa non potrebbe certo essere invocata nell’ipotesi <strong>di</strong> alienazione immobiliare effettuata a nome del<br />

partner ma in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> procura (per un caso del genere cfr. App. Versailles, 29 septembre 1989, in D., 1989, I.R., p.<br />

297).<br />

( 11 ) L’applicazione al caso <strong>di</strong> specie della teoria dell’apparence trompeuse è stata proposta in Francia quale<br />

surrogato <strong>di</strong> quella del mandato domestico: cfr. JEANMART, Les effets civils de la vie commune en dehors du mariage,<br />

cit., p. 250 ss. con ampi richiami alla giurisprudenza; RODIÈRE, Le ménage de fait devant la loi française, in AA. VV.,<br />

Les situations de fait, Travaux de l’Association Henri Capitant pour la culture juri<strong>di</strong>que française, cit., p. 65;<br />

MALAURIE e AYNÈS, Cours de droit civil, La famille, Paris, 1987, p. 133; PROTHAÏS, Dettes ménagères des concubins:<br />

solidaires, in solidum, in<strong>di</strong>visibles ou conjointes ? (après l’arrêt Civ. 1 re , 11 janv. 1984), in D., 1987, Chr. XLII, p. 237<br />

ss.; Cass. Civ., 29 avril 1979, in J.C.P., II, 15.972; App. Rouen, 30 octobre 1973, in D., 1974, Som., p. 19. Prima <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>venire inutile, quanto meno per i concubins pacsés, la tesi è stata esportata con notevole successo in numerosi altri<br />

Paesi europei. Per il Belgio cfr. PIRET, Le ménage de fait en droit civil belge, cit., p. 78 s. (secondo cui, pur non<br />

potendosi estendere ai conviventi la teoria del mandato domestico tra coniugi, tuttavia, entrambi possono essere<br />

chiamati a rispondere solidalmente in quanto «vivant comme s’ils étaient mari et femme, créent une apparence<br />

trompeuse, de laquelle les tiers ont pu déduire l’existence du mandat domestique. Ces tiers ont cru ainsi avoir le faux<br />

mari pour débiteur»); per la Svizzera v. NOIR-MASNATA, Les effets patrimoniaux du concubinage et leur influence sur<br />

le devoir d’entretien entre époux séparés, Genève, 1982, p. 30, nota 94; per la Spagna (per il periodo anteriore<br />

all’entrata in vigore delle legislazioni delle comunità autonome che, come si è appena visto, sono venute ad introdurre<br />

ipotesi <strong>di</strong> responsabilità solidale per le obbligazioni contratte nell’interesse della pareja de hecho) cfr. ESTRADA<br />

ALONSO, Las uniones extramatrimoniales en el derecho civil español, Madrid, 1986, p. 312 ss.; GARCIA CANTERO, El<br />

concubinato en el Derecho Civil Frances, Cuadernos del Instituto juri<strong>di</strong>co Español, Madrid, 1956, p. 182. Anche in<br />

Germania, ove pure – prima dell’entrata in vigore della citata riforma che ha introdotto la eingetragene<br />

98


si è avuto modo <strong>di</strong> vedere per ciò che attiene ai rapporti tra i coniugi ( 13 ), il ricorso all’apparence<br />

trompeuse non risulta praticabile se non nel caso in cui il convivente agente abbia <strong>di</strong>chiarato o<br />

comunque reso evidente <strong>di</strong> contrarre anche in nome dell’altro. È noto infatti che tale istituto postula<br />

un negozio posto in essere da un falsus procurator ( 14 ), il quale abbia agito ponendo in essere<br />

quella contemplatio domini, che, come in altra sede illustrato ( 15<br />

), costituisce quel riconoscibile<br />

riferimento alla sfera patrimoniale altrui che, se non richiede necessariamente la menzione espressa<br />

del nome del dominus, presuppone però comunque la manifestazione dell’intento del <strong>di</strong>chiarante <strong>di</strong><br />

concludere il negozio non per sé, ma in nome e per conto <strong>di</strong> un altro soggetto.<br />

Trattasi dunque <strong>di</strong> situazione assai raramente riscontrabile nelle fattispecie in esame, che<br />

vedono <strong>di</strong> solito uno dei conviventi agire esclusivamente in nome proprio, anche se obiettivamente<br />

nell’interesse del ménage. Non va poi trascurato il <strong>fatto</strong> che la teoria dell’apparenza viene invocata<br />

per porre rime<strong>di</strong>o a una situazione in cui il contratto, in quanto concluso (a nome altrui) dal falso<br />

rappresentante, non potrebbe produrre effetto né verso <strong>di</strong> questi, né verso il rappresentato. Nel caso<br />

<strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>scute, invece, <strong>di</strong>fetta la spen<strong>di</strong>ta del nome altrui, e pertanto il negozio produce senz’altro<br />

effetto nei confronti del convivente che lo ha stipulato, facendo comunque acquistare al terzo un<br />

16<br />

debitore ( ).<br />

Lebenspartnerschaft – veniva comunemente negata l’applicabilità ai conviventi della regola <strong>di</strong> cui al § 1357 BGB<br />

(Schlüsselgewalt), in base a cui ciascuno dei coniugi può <strong>di</strong>sgiuntamente compiere tutti i negozi «zu angemessen<br />

Deckung des Lebensbedarfs der Familie mit Wirkung auch für den anderen Ehegatten», si ammetteva che lo stesso<br />

risultato potesse essere raggiunto «nach den Grundsätzen über <strong>di</strong>e Duldungs- oder Anscheinsvollmacht»: cfr. REBMANN<br />

e SÄCKER, Münchener Kommentar zum BGB, 5, München, 1978, p. 136; SCHLÜTER, Die nichteheliche<br />

Lebensgemeinschaft, Berlin - New York, 1981, p. 23 s.; KUNIGK, op. cit., p. 100; STRÄTZ, Rechtsfragen des<br />

Konkubinats im Überblick, in FamRZ, 1980, p. 307; ROTH-STIELOW, Rechtsfragen des ehelosen Zusammenlebens von<br />

Mann und Frau, in Juristische Rundschau, 1978, p. 234; sull’argomento cfr. anche KÄPPLER, Familiäre<br />

Bedarfsdeckung im Spannungsfeld von Schlüsselgewalt und Güterstand, in Archiv für <strong>di</strong>e civilistische Praxis, 179,<br />

1979, p. 285 ss. La teoria dell’apparenza viene invocata infine anche in Brasile: cfr. RIZZARDO, Casamento e<br />

concubinato. Efeitos patrimoniais, Rio de Janeiro, 1985, p. 212 ss.; DE MOURA BITTENCOURT, O concubinato no<br />

<strong>di</strong>reito, Rio de Janeiro, 1969, p. 82 s. (da notare che la legge del 1996 sull’união estavel (su cui v. per tutti GIOIA,<br />

Unione stabile o famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>? L’esperienza brasiliana a confronto con quella italiana, in Fam. <strong>di</strong>r., 1998, p. 105<br />

ss.) e le conseguenti norme del co<strong>di</strong>ce civile brasiliano, entrato in vigore nel 2002 (art. 1.723 ss.), non estendono<br />

automaticamente la «responsabilidade pelas dívidas contraídas» gravante invece sui coniugi.<br />

( 12 ) Cfr. D’ANGELI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 414 s. In generale sulle teorie dell’apparenza e della tutela<br />

dell’affidamento cfr. D’AMELIO, voce Apparenza del <strong>di</strong>ritto, in Noviss. <strong>di</strong>g. it., I, Torino, 1957, p. 714 ss.; FALZEA,<br />

voce Apparenza, in Enc. <strong>di</strong>r., II, Milano, 1958, p. 682 ss.; MOSCHELLA, Contributo alla teoria dell’apparenza<br />

giuri<strong>di</strong>ca, Milano, 1973, passim e p. 61 ss.; SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del <strong>di</strong>ritto civile, Napoli, 1978, p.<br />

102.<br />

( 13 ) Cfr. OBERTO, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 80 ss.<br />

( 14 ) In questo senso v., tra le tante, Cass., 15 ottobre 1966, n. 2472, in Foro pad., 1968, I, c. 778; Cass., 27 ottobre<br />

1966, n. 2666, in Rep. Foro it., 1966, voce Obbligazioni e contratti, n. 440; Cass., 24 novembre 1981, n. 6244, in Rep.<br />

Foro it., 1981, voce Contratto in genere, n. 59; Cass., 7 aprile 1979, n. 2006, in Rep. Foro it., 1979, voce<br />

Rappresentanza nei contratti, n. 13; Cass., 7 gennaio 1981, n. 102, ivi, 1981, voce cit., n. 7; Cass., 27 giugno 1983, n.<br />

4406. Cfr. però anche le osservazioni critiche <strong>di</strong> MESSINEO, La sorte del contratto stipulato dal rappresentante<br />

apparente («falsus procurator»), in Riv. trim. <strong>di</strong>r. proc. civ., 1956, p. 394 ss., e <strong>di</strong> TORRENTE, nota a Cass., 14 <strong>di</strong>cembre<br />

1957, n. 4703, in Foro it., 1958, I, c. 391.<br />

( 15 ) Cfr. OBERTO, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 92 ss.<br />

( 16 ) A ciò si aggiunga ancora che in molti dei casi in oggetto il problema della tutela dell’affidamento sarebbe in<br />

pratica superato, in presenza della contemplatio domini, dalla ratifica tacita da parte dell’altro convivente (per esempio,<br />

me<strong>di</strong>ante utilizzazione della cosa acquistata dal partner). Le considerazioni <strong>di</strong> cui al testo non mutano nemmeno<br />

inquadrando la fattispecie nell’ambito della procura tacita (e quin<strong>di</strong> non meramente apparente), supponendo cioè che il<br />

convivente che non ha agito abbia veramente, anche se in maniera implicita, conferito il potere rappresentativo al<br />

partner che ha stipulato con il terzo. Anche in questo caso, infatti, la riconduzione degli effetti del negozio al primo<br />

presuppone pur sempre la spen<strong>di</strong>ta del suo nome da parte <strong>di</strong> chi ha stipulato (cfr. MOSCHELLA, op. cit., p. 185 ss.).<br />

È da segnalare, ancora, la posizione <strong>di</strong> ALAGNA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> al bivio: rilevanza <strong>di</strong> singole fattispecie o<br />

riconoscimento generalizzato del fenomeno?, in Giust. civ., 1982, II, p. 39 s., secondo cui la responsabilità (solidale) del<br />

convivente non agente in or<strong>di</strong>ne alle obbligazioni contratte dall’altro e attinenti al ménage familiare sarebbe ricavabile<br />

in considerazione del <strong>fatto</strong> che «lo strumento della solidarietà è previsto dalla legge (1298 c.c. arg. a contr.) in tutti i casi<br />

in cui un’obbligazione venga assunta nell’interesse comune e manchi un precetto normativo inteso ad escludere la<br />

natura solidale dell’obbligo (art. 1294 c.c.)»; l’istituto della solidarietà assumerebbe quin<strong>di</strong> «carattere <strong>di</strong> regola generale<br />

applicabile a tutte le ipotesi riconducibili allo schema legislativamente fissato. E come vi rientrano le obbligazioni<br />

99


Per tutti i motivi testé illustrati, dunque, appare chiaro che l’espe<strong>di</strong>ente del reciproco<br />

conferimento <strong>di</strong> una procura, in tanto consente <strong>di</strong> risolvere il problema, in quanto il partner agente<br />

usi l’accortezza <strong>di</strong> esprimere ogni volta quella contemplatio domini che costituisce con<strong>di</strong>zione<br />

imprescin<strong>di</strong>bile per l’operatività delle norme in tema <strong>di</strong> rappresentanza, ciò che, per ragioni<br />

evidenti, appare assai <strong>di</strong>fficilmente immaginabile nei negozi <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>scute ( 17<br />

).<br />

Di maggior utilità potrebbe rivelarsi semmai un patto tra conviventi circa la ripartizione<br />

interna delle obbligazioni (or<strong>di</strong>narie e straor<strong>di</strong>narie) del ménage, con eventuale specificazione delle<br />

singole spese alle quali entrambi i contraenti sono tenuti a concorrere, nonché delle rispettive<br />

18<br />

percentuali ( ). È evidente che un accordo del genere potrebbe essere assunto in seno a un<br />

programma più generale, nel quale si potrebbero prevedere anche impegni circa la ripartizione dei<br />

rispettivi compiti analogamente a quanto avviene per quell’accordo che tra i coniugi va sotto il<br />

nome <strong>di</strong> «in<strong>di</strong>rizzo concordato» (cfr. art. 144 c.c.) ( 19<br />

). Anche in quest’ambito occorrerà però<br />

prestare attenzione a non inserire clausole contrastanti con l’or<strong>di</strong>ne pubblico in quanto<br />

eccessivamente restrittive della libertà d’azione (per esempio: mi impegno a non lavorare fuori casa,<br />

obbligandomi invece a esplicare la mia attività nell’ambito del solo lavoro domestico, ecc.).<br />

Proprio su questo tema sarà interessante vedere come i conviventi possano assumere<br />

convenzionalmente un obbligo <strong>di</strong> contribuzione senza rispettare il criterio della proporzionalità «in<br />

relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità <strong>di</strong> lavoro professionale o casalingo» scolpito<br />

per i coniugi dall’art. 143 c.c., norma sicuramente non estensibile in via analogica ai conviventi<br />

more uxorio, attesa l’irriferibilità alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> del <strong>di</strong>sposto dell’art. 160 c.c. Appare quin<strong>di</strong><br />

senz’altro ammissibile una pattuizione con la quale le parti si impegnino a contribuire in misura<br />

paritaria al ménage, pur in presenza <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong> squilibrio patrimoniale e red<strong>di</strong>tuale delle<br />

20<br />

medesime ( ), nonostante che una decisione <strong>di</strong> merito abbia ritenuto <strong>di</strong> dover risolvere proprio<br />

questo specifico problema in senso contrario ( 21<br />

).<br />

2. Accor<strong>di</strong> programmatici tra conviventi e attività negoziale con i terzi. Cenni alla rilevanza<br />

esterna degli accor<strong>di</strong> dei conviventi relativi alla prole.<br />

assunte dai coniugi, vi rientrano anche quelle assunte dai conviventi». La conclusione sembra però trascurare il <strong>fatto</strong> che<br />

il <strong>di</strong>sposto dell’art. 1298 c.c. presuppone pur sempre un’obbligazione contratta da una pluralità <strong>di</strong> soggetti, ciò che nel<br />

caso preso in esame non avviene. Del tutto fuori luogo appare, infine, il richiamo all’art. 186 c.c., posto che tale norma<br />

non prevede una responsabilità solidale dei coniugi in or<strong>di</strong>ne alle obbligazioni contratte da uno solo <strong>di</strong> essi<br />

nell’interesse della famiglia (in questo senso v. invece D’ANGELI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 415), ma si limita ad<br />

in<strong>di</strong>viduare quei cre<strong>di</strong>tori la cui azione esecutiva è <strong>di</strong>sciplinata dall’art. 190 c.c. Il problema della configurabilità <strong>di</strong> una<br />

Sclüsselgewalt in Italia dovrebbe, semmai, essere affrontato con riguardo all’art. 144, secondo comma, c.c. (in questo<br />

senso v. per tutti CORSI, Il regime patrimoniale della famiglia, I, cit., p. 40 ss., nonché i richiami effettuati in OBERTO,<br />

La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 89 ss.), norma che è però certamente inestensibile alla<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

( 17 ) Nel caso poi si tratti <strong>di</strong> prestazioni <strong>di</strong> valore considerevole sembra <strong>di</strong>fficile immaginare che il terzo non pretenda<br />

comunque un’assunzione <strong>di</strong> debito a nome proprio anche da parte del convivente agente in nome e per conto dell’altro.<br />

( 18 ) Cfr. WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage: Tra<strong>di</strong>tion and Change, in California Law Review, 62 (1974), p.<br />

1250, il quale suggerisce, in alternativa, due sistemi, <strong>di</strong> cui il primo consiste nell’in<strong>di</strong>viduare quali saranno le singole<br />

spese che dovranno essere sopportate singolarmente da ciascuno dei partners, mentre l’altro prevede invece la<br />

specificazione nel contratto che, in relazione ad una serie <strong>di</strong> spese, entrambi i conviventi saranno tenuti a contribuire,<br />

ciascuno in una certa proporzione. Per analoghi suggerimenti v. anche il «modello <strong>di</strong> Leida», art. 3, comma primo (in<br />

AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 521). Sul contratto <strong>di</strong> contribuzione v. per<br />

tutti OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 241 s.; ID., I contratti <strong>di</strong> convivenza tra autonomia<br />

privata e modelli legislativi, cit., p. 49 ss.<br />

( 19 ) Per l’opportunità <strong>di</strong> un’espressa Aufgabenanteilung si pronunzia KUNIGK, op. cit., p. 124 s. Analoghe<br />

considerazioni in WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage, cit., p. 1251; FLEISCHMANN, Marriage by Contract:<br />

Defining the Terms of the Relationship, in Family Law Quarterly, 8, 1974, p. 27 ss.<br />

( 20 ) Sul tema (su cui v. comunque supra, Cap. V, § 3) cfr., anche per i necessari rinvii, OBERTO, I regimi<br />

patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 241 ss.; ID., I contratti <strong>di</strong> convivenza tra autonomia privata e modelli<br />

legislativi, cit., p. 49 ss.; sulla non estensibilità alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> dell’art. 143 c.c. cfr. Pret. Milano, 8 febbraio 1990,<br />

in Foro it., 1991, I, c. 329; Trib. Napoli, 8 luglio 1999, in Fam. <strong>di</strong>r., 2000, p. 501, con nota <strong>di</strong> MORELLO DI GIOVANNI.<br />

( 21 ) Ci si riferisce a Trib. Savona, 29 giugno 2002, cit., su cui v. supra, Cap. IV, § 2.<br />

100


Di particolare interesse – in considerazione della loro funzione preventiva rispetto a possibili<br />

controversie al momento dello scioglimento – paiono poi tutte quelle clausole, contenute in alcuni<br />

modelli stranieri <strong>di</strong> contratti <strong>di</strong> convivenza, intese ad attribuire (o a negare) un determinato<br />

significato negoziale ai comportamenti che i conviventi terranno in futuro, durante il ménage, sia<br />

nei reciproci rapporti, che con riguardo all’attività negoziale verso terzi.<br />

Così, a seconda dei casi e delle intenzioni dei partners, è opportuno chiarire preventivamente<br />

la sorte delle attribuzioni patrimoniali che le parti dovessero eventualmente effettuarsi «a senso<br />

unico» (senza specificarne la natura), magari nell’ambito <strong>di</strong> un negozio stipulato con un terzo. Si<br />

pensi al caso «classico» dell’acquisto <strong>di</strong> un bene, magari <strong>di</strong> rilevante entità, presso un terzo, con<br />

pagamento del prezzo in tutto o in parte a carico <strong>di</strong> un convivente e «intestazione» del medesimo a<br />

nome dell’altro. Al riguardo il contratto <strong>di</strong> convivenza potrebbe previamente stabilire, per atti del<br />

genere, vuoi una presunzione <strong>di</strong> mutuo ( 22 ), vuoi una presunzione <strong>di</strong> liberalità dell’atto, <strong>fatto</strong> salvo il<br />

caso <strong>di</strong> un’espressa, eventuale, pattuizione <strong>di</strong> una restitutio ( 23 ). Allo stesso modo è consigliabile<br />

<strong>di</strong>sciplinare l’eventuale rimborso per l’utilizzazione <strong>di</strong> beni del compagno ( 24 ), nonché l’onerosità o<br />

meno dei servizi prestati da ciascuno nelle faccende domestiche, oppure a sostegno dell’attività<br />

dell’altro, prevedendo in anticipo che, pur non stabilendosi reciproci (o unilaterali) obblighi in tal<br />

senso, siffatte prestazioni lavorative, eventualmente <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> eseguite nel corso della durata del<br />

ménage, vadano o meno retribuite, presumendosi le stesse eseguite nell’ambito <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong><br />

lavoro subor<strong>di</strong>nato oneroso o, per converso, <strong>di</strong> una prestazione resa affectionis vel benevolentiae<br />

causa ( 25<br />

).<br />

26 27<br />

L’opinione <strong>di</strong> cui sopra, già espressa dallo scrivente ( ), è stata criticata da chi ( ), con<br />

particolare riguardo agli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong>retti a chiarire preventivamente la sorte delle attribuzioni<br />

patrimoniali appena definite «a senso unico», nonché l’onerosità o meno dei servizi prestati, ha<br />

rilevato che tali patti «sono <strong>di</strong>retti a stabilire preventivamente la causa dei vari negozi che in futuro<br />

stipuleranno i conviventi nello svolgimento della loro convivenza senza espressamente in<strong>di</strong>carne la<br />

causa». Sulla base <strong>di</strong> tale premessa se ne è concluso che le clausole qui consigliate contrasterebbero<br />

con la regola secondo cui «tutti i negozi, dato il principio della causalità delle attribuzioni<br />

patrimoniali accolto dal nostro or<strong>di</strong>namento, devono in<strong>di</strong>care, a pena <strong>di</strong> nullità, la loro causa», che<br />

non potrebbe «essere semplicemente determinabile me<strong>di</strong>ante la relatio ad un precedente negozio<br />

normativo».<br />

Sul punto sarà sufficiente ricordare, tanto per portare un paio <strong>di</strong> esempi, come la nostra più<br />

28<br />

autorevole dottrina ammetta – e da tempo – la piena vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> negozi traslativi a causa esterna ( ),<br />

( 22 ) Magari limitata alle spese <strong>di</strong> carattere straor<strong>di</strong>nario (mantenimento agli stu<strong>di</strong>, acquisto <strong>di</strong> un veicolo, <strong>di</strong> un<br />

computer...) o comunque a quelle <strong>di</strong> una determinata entità (usando, per esempio, come parametro, lo stipen<strong>di</strong>o del<br />

<strong>di</strong>sponente). Sull’argomento cfr. anche LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 927, 929, nonché il<br />

Modello svizzero redatto dall’Association des Centres Sociaux Protestants e allegato a UNION INTERNATIONALE DU<br />

NOTARIAT LATIN, Problèmes juri<strong>di</strong>ques du couple non marié, Amsterdam, 1987, p. 22 (art. 4.3).<br />

( 23 ) LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 936 (il quale riporta l’esempio <strong>di</strong> una segretaria che<br />

mantenga agli stu<strong>di</strong> il convivente). È evidente però che un accordo del genere non varrebbe ad esonerare le parti dal<br />

rispetto, per ogni singola attribuzione, della forma solenne, in tutti i casi in cui la stessa è richiesta dalla normativa in<br />

tema <strong>di</strong> donazione.<br />

( 24 ) LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 927 (che suggerisce <strong>di</strong> escludere ogni forma <strong>di</strong><br />

Nutzungsentschä<strong>di</strong>gung per i beni apportati in go<strong>di</strong>mento).<br />

( 25 ) Cfr. LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 936, il quale consiglia <strong>di</strong> escludere<br />

espressamente ogni compenso per tali prestazioni, salva la stipula <strong>di</strong> apposito contratto <strong>di</strong> lavoro. Del tutto inutile<br />

appare invece l’assunzione dell’impegno <strong>di</strong> non concludere determinati tipi <strong>di</strong> negozi, quali l’acquisto in comune <strong>di</strong><br />

beni, ovvero l’effettuazione <strong>di</strong> donazioni tra gli stessi conviventi (come pure consigliato da una parte della dottrina<br />

tedesca: v. LANGENFELD, Die nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 927), posto che la successiva stipulazione <strong>di</strong><br />

uno dei contratti «vietati» manifesterebbe nella maniera più evidente l’intento delle parti <strong>di</strong> derogare all’obbligo<br />

preventivamente assunto.<br />

( 26 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 280 s.<br />

( 27 ) ANGELONI, Autonomia privata e potere <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione nei rapporti familiari, Padova, 1997, p. 537 s.<br />

( 28 ) Cfr. M. GIORGIANNI, voce Causa, in Enc. <strong>di</strong>r., VI, Milano, 1960, p. 564 ss.; NATOLI, L’attuazione del rapporto<br />

obbligatorio. Appunti dalle lezioni, II, Milano, 1967, p. 42 ss.; MENGONI, Gli acquisti a non domino, Milano, 1975, p.<br />

200 ss.; per ulteriori richiami cfr. CAMARDI, Principio consensualistico, produzione e <strong>di</strong>fferimento dell’effetto reale, in<br />

Contratto e impresa, 1998, p. 572 ss., 590 ss. L’ammissibilità <strong>di</strong> tale negozio trova, come noto, il suo punto d’appoggio<br />

principale nella constatazione per cui nel nostro or<strong>di</strong>namento positivo non fanno certo <strong>di</strong>fetto bene in<strong>di</strong>viduate ipotesi <strong>di</strong><br />

101


ipotesi alla quale può poi essere affiancata anche quella del contratto normativo o programmatico,<br />

specie tenuto conto dell’incontestabile dato normativo scolpito nell’art. 1321 c.c., da cui emerge<br />

che, mercé lo strumento contrattuale, le parti possono non solo costituire od estinguere, bensì anche<br />

«regolare» rapporti giuri<strong>di</strong>ci, senza che la <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong>stingua a seconda che tali rapporti<br />

giuri<strong>di</strong>ci siano già in essere o meno inter partes. Del resto, una volta ammessa la vali<strong>di</strong>tà del<br />

negozio d’accertamento nel nostro or<strong>di</strong>namento, non si riuscirebbe a comprendere per quale ragione<br />

tale istituto non dovrebbe avere citta<strong>di</strong>nanza nel sistema vigente sol perché concluso in via<br />

preventiva rispetto ai negozi che si pongono quali possibili fonti, a loro volta, <strong>di</strong> situazioni <strong>di</strong><br />

incertezza.<br />

Infine, un ulteriore aspetto <strong>di</strong> un simile accordo programmatico può essere dato dalla<br />

fissazione della misura e delle modalità del rispettivo contributo al mantenimento, all’istruzione e<br />

all’educazione della prole comune, sia durante il rapporto, che dopo la rottura del medesimo ( 29 ),<br />

secondo quanto in precedenza illustrato, in merito alla possibilità <strong>di</strong> intervenire pattiziamente sul<br />

tema dell’affidamento, dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> visita e <strong>di</strong> tutti i profili attinenti alla potestà sul minore, figlio<br />

della coppia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ( 30<br />

).<br />

Non sussistono pertanto motivi per negare la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> una pattuizione <strong>di</strong>retta alla<br />

ripartizione delle spese connesse all’esercizio del <strong>di</strong>ritto-dovere <strong>di</strong> cui sopra. Come si è già detto<br />

relativamente ai rapporti «interni» tra i conviventi, anche in questo caso si potrebbe ipotizzare il<br />

conferimento <strong>di</strong> un mandato con procura da un convivente all’altro per la stipula dei contratti<br />

attinenti all’interesse del minore (dalla iscrizione alla scuola privata, all’iscrizione al corso <strong>di</strong><br />

musica o <strong>di</strong> danza o alla palestra, al contratto con il dentista, etc.), con conseguente rilievo<br />

«esterno» dell’accordo, peraltro a con<strong>di</strong>zione che sia, <strong>di</strong> volta in volta, riscontrabile la presenza <strong>di</strong><br />

una (anche non formale, come si è visto) contemplatio domini.<br />

Le conclusioni <strong>di</strong> cui sopra, già argomentabili sulla base del <strong>di</strong>sposto dell’art. 317-bis c.c.,<br />

hanno ricevuto successiva conferma dalle <strong>di</strong>sposizioni della l. 8 febbraio 2006, n. 54,<br />

sull’affidamento con<strong>di</strong>viso dei figli, nelle coppie tanto legittime che <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Basti pensare al già<br />

atti del genere <strong>di</strong> quelli testé descritti: si pensi, ad esempio, alle fattispecie <strong>di</strong>sciplinate dagli artt. 651, 1197 cpv., 1706<br />

cpv. c.c. Neanche il <strong>fatto</strong> che il nostro sistema abbia accolto il principio consensualistico può rappresentare un ostacolo<br />

al riguardo, posto che qui il trasferimento non è qualificabile come astratto, ma è pur sempre operato in virtù del<br />

consenso, appoggiato ad una valida causa ed espresso nel negozio obbligatorio: come si è esattamente rilevato, l’art.<br />

1376 c.c. agevola le parti, ma non può vincolarle contro la loro stessa volontà : così CHIANALE, Obbligazioni <strong>di</strong> dare e<br />

atti traslativi solven<strong>di</strong> causa, in Riv. <strong>di</strong>r. civ., II, 1989, p. 246 ss.; CHIANALE, Obbligazioni <strong>di</strong> dare e trasferimento della<br />

proprietà, Milano, 1990, p. 48 ss., cui si fa rinvio anche per ulteriori richiami dottrinali; analoghe considerazioni anche<br />

in SACCO e DE NOVA, Il contratto, nel Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile <strong>di</strong>retto da R. Sacco, II, Torino, 1993, p. 56; DI MAJO,<br />

Causa e imputazione negli atti solutori, in Riv. <strong>di</strong>r. civ., I, 1994, p. 782, il quale rileva che la causa solven<strong>di</strong> non intende<br />

porsi in concorrenza con la «regola consensualistica», che trova il suo baricentro nell’art. 1376 c.c., ma, anzi, per così<br />

<strong>di</strong>re, affiancarla su terreni sui quali quella regola non è destinata a trovare applicazione; cfr. inoltre SCALISI, Negozio<br />

astratto, in Enc. <strong>di</strong>r., XXVIII, Milano, 1978, p. 52 ss.; SCIARRONE ALIBRANDI, Pagamento traslativo e art. 1333 c.c., in<br />

Riv. <strong>di</strong>r. civ., II, 1989, p. 525 ss.; CAMARDI, op. cit., p. 572 ss., 599 ss.; MACCARONE, Considerazioni d’or<strong>di</strong>ne generale<br />

sulle obbligazioni <strong>di</strong> dare in senso tecnico, in Contratto e impresa, 1998, p. 626 ss., 679 ss.; sulla <strong>di</strong>stinzione storica tra<br />

titulus e modus adquiren<strong>di</strong> v. CHIANALE, Obbligazioni <strong>di</strong> dare e trasferimento della proprietà, cit., p. 103 ss.;<br />

sull’applicazione specifica del tema della causa praeterita al caso in esame cfr. anche DE PAOLA, Il <strong>di</strong>ritto patrimoniale<br />

della famiglia coniugale, I, Milano, 1995, p. 238, nota 242; MACCARONE, Obbligazione <strong>di</strong> dare e adempimento<br />

traslativo, in Riv. notar., 1994, I, p. 1330 ss.; OBERTO, I contratti della crisi coniugale, II, Milano, 1999, p. 1353 ss.;<br />

ID., Prestazioni «una tantum» e trasferimenti tra coniugi in occasione <strong>di</strong> separazione e <strong>di</strong>vorzio, cit., p. 265 s. Del resto,<br />

che il principio consensualistico possa essere derogato si desume anche dal secondo comma dell’art. 1465 c.c. (in<br />

materia <strong>di</strong> risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione), che consente che l’effetto<br />

traslativo o costitutivo sia <strong>di</strong>fferito fino allo scadere <strong>di</strong> un termine, nonché dalla ammissibilità nel nostro or<strong>di</strong>namento,<br />

della clausola che eleva il pagamento del prezzo a con<strong>di</strong>zione sospensiva <strong>di</strong> efficacia del contratto (così MACCARONE,<br />

Obbligazione <strong>di</strong> dare e adempimento traslativo, cit., p. 1334; ID., Considerazioni d’or<strong>di</strong>ne generale sulle obbligazioni<br />

<strong>di</strong> dare in senso tecnico, cit., p. 679).<br />

( 29 ) Cfr. WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage, cit., p. 1251. Si noti che sul punto esiste un precedente in<br />

Germania, ove già oltre vent’anni fa il BGH ha avuto modo <strong>di</strong> affermare non solo la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un patto con il quale due<br />

conviventi more uxorio avevano previsto l’obbligo in capo ad uno <strong>di</strong> essi <strong>di</strong> corrispondere all’altro un assegno mensile<br />

per il mantenimento dei figli, bensì anche l’estensione del medesimo anche una volta venuto meno il legame (cfr. BGH,<br />

16 settembre 1985, in NJW, 1986, p. 374).<br />

( 30 ) V. supra, Cap. V, §§ 1 s.<br />

102


icordato art. 155, cpv. c.c. ( 31 ), che impone al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> «Prende(re) atto, se non contrari<br />

all’interesse dei figli, degli accor<strong>di</strong> intervenuti tra i genitori». Disposizione, questa, che, oltre a<br />

riconoscere a pieno titolo la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> tra conviventi sulla gestione della crisi del rapporto,<br />

anche relativamente al delicato aspetto delle relazioni con la prole, sembra ad<strong>di</strong>rittura far presagire<br />

l’ammissibilità <strong>di</strong> una vera e propria procedura d’omologazione degli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> separazione<br />

consensuale tra conviventi, ad instar <strong>di</strong> quanto stabilito dall’art. 158 c.c. per i coniugi e secondo<br />

quanto proposto dallo scrivente già sotto il vigore della previgente normativa ( 32<br />

).<br />

Ancora, il quarto comma dell’art. 155 c.c. stabilisce che ciascuno dei genitori provvede al<br />

mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio red<strong>di</strong>to «salvo accor<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi,<br />

liberamente sottoscritti dalle parti». Principio, questo, che sembra volersi ad<strong>di</strong>rittura porre (per<br />

quanto attiene alla derogabilità del criterio <strong>di</strong> proporzionalità) in evidente contrasto con quanto<br />

stabilito dall’art. 148 c.c., norma sino ad oggi ritenuta inderogabile, sollevando altresì (quanto a tale<br />

33<br />

limitato aspetto) forse anche un problema <strong>di</strong> conformità rispetto all’art. 30 Cost. ( ).<br />

3. La responsabilità dei genitori per le obbligazioni contratte dai figli.<br />

Ci chie<strong>di</strong>amo ora se e come i genitori possano eventualmente rispondere delle obbligazioni<br />

contratte verso terzi dai figli minorenni o da quelli maggiorenni con essi ancora conviventi e non<br />

autosufficienti. Il quesito viene qui posto – atteso il contesto in cui il presente stu<strong>di</strong>o si colloca –<br />

con precipuo riguardo ai figli della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, ma le considerazioni che qui si svolgeranno<br />

attengono, evidentemente, anche alla filiazione legittima (oltre che alla filiazione naturale non<br />

caratterizzata dall’inserimento in una relazione tra i genitori <strong>di</strong> convivenza more uxorio).<br />

In proposito potrà notarsi, innanzi tutto, che il fenomeno della conclusione <strong>di</strong> contratti da<br />

parte <strong>di</strong> figli (minorenni o maggiorenni) conviventi con i genitori è sicuramente in aumento, in<br />

considerazione, da un lato, del numero ben più elevato, rispetto al passato, <strong>di</strong> giovani in grado <strong>di</strong><br />

accedere al «mercato del consumo» (si pensi, tanto per citare un esempio, alle possibilità <strong>di</strong><br />

concludere contratti offerte dagli strumenti elettronici e telematici) e, dall’altro, dal sensibile<br />

allungamento temporale del periodo <strong>di</strong> convivenza dei figli, ben oltre il raggiungimento della<br />

maggiore età, con i propri genitori (c.d. «famiglia lunga»).<br />

Iniziando dal caso dei minorenni va notata l’assenza <strong>di</strong> qualsiasi <strong>di</strong>sposizione che<br />

espressamente renda i genitori parte del rapporto obbligatorio contratto dal proprio rampollo.<br />

D’altro canto, è noto che l’or<strong>di</strong>namento non considera vali<strong>di</strong> i contratti stipulati dai minorenni, ma<br />

richiede che gli stessi siano conclusi dai genitori esercenti la potestà o dal tutore, previa<br />

autorizzazione giu<strong>di</strong>ziale. Va però tenuto presente che il sistema descritto dagli artt. 320 ss. e 343<br />

ss. c.c. per gli atti eccedenti l’or<strong>di</strong>naria amministrazione e dall’art. 1425 c.c. per i contratti commina<br />

non già la nullità per i negozi stipulati in deroga alle prescritte <strong>di</strong>sposizioni, ma l’annullamento<br />

degli stessi (<br />

34<br />

).<br />

La conseguenza <strong>di</strong> tale scelta <strong>di</strong> politica legislativa è che i contratti conclusi dai minori senza<br />

la rappresentanza dei genitori o del tutore e le prescritte autorizzazioni producono effetti giuri<strong>di</strong>ci<br />

fino a quanto non siano annullati (art. 1425 c.c.) su istanza degli stessi incapaci o <strong>di</strong> coloro che per<br />

essi sono legittimati all’azione <strong>di</strong> annullamento. Né, a tal fine, è necessaria la convalida del<br />

( 31 ) Estensibile anche alla materia <strong>di</strong>vorzile, nonché a quella dei figli <strong>di</strong> soggetti non coniugati, come <strong>di</strong>sposto<br />

dall’art. 4, l. 8 febbraio 2006, n. 54, «Disposizioni in materia <strong>di</strong> separazione dei genitori e affidamento con<strong>di</strong>viso dei<br />

figli».<br />

( 32 ) Cfr. OBERTO, Contratti <strong>di</strong> convivenza e <strong>di</strong>ritti del minore, cit., p. 247 ss. V. inoltre supra, Cap. V, § 2.<br />

( 33 ) Si noti infine che, ai sensi dell’art. 155, comma quinto, c.c., l’accordo delle parti può pure derogare ai parametri<br />

<strong>di</strong> adeguamento agli in<strong>di</strong>ci ISTAT dell’assegno per la prole.<br />

( 34 ) Sul tema v. per tutti VACCA, in AA. VV., Trattato della responsabilità civile e penale in famiglia, II, Padova,<br />

2004, p. 1366 ss. In giurisprudenza v. Cass., 12 agosto 1996, n. 7495, secondo cui «La mancanza <strong>di</strong> autorizzazione per<br />

gli atti eccedenti l’or<strong>di</strong>naria amministrazione riguardanti i minori <strong>di</strong> età non dà luogo ad inesistenza o a nullità degli atti<br />

stessi, bensì alla loro annullabilità, la quale può essere fatta valere soltanto dal genitore che abbia agito in<br />

rappresentanza del figlio o dal figlio medesimo. Pertanto, l’annullabilità, per mancanza dell’autorizzazione del giu<strong>di</strong>ce<br />

tutelare, dell’accettazione dell’ere<strong>di</strong>tà devoluta a minori <strong>di</strong> età non può essere fatta valere dai coere<strong>di</strong> allo scopo <strong>di</strong><br />

accrescere la loro quota dell’asse ere<strong>di</strong>tario».<br />

103


contratto, che serve soltanto ad assicurare la definitiva efficacia del negozio, paralizzando l’azione<br />

<strong>di</strong> annullamento eventualmente esercitata prima che si compia il termine <strong>di</strong> prescrizione<br />

quinquennale previsto dall’art. 1442 c.c. ( 35<br />

).<br />

Quanto sopra comporta dunque che il contratto non impugnato dal minore può rimanere<br />

inadempiuto da parte <strong>di</strong> costui. Trattandosi, peraltro, <strong>di</strong> un debitore inadempiente minore d’età e,<br />

quin<strong>di</strong>, normalmente privo <strong>di</strong> un patrimonio e <strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti propri sui quali far valere le pretese<br />

risarcitorie, il terzo cre<strong>di</strong>tore potrebbe restare insod<strong>di</strong>s<strong>fatto</strong>.<br />

È legittimo, pertanto, chiedersi, se il terzo possa agire giu<strong>di</strong>zialmente anche nei confronti dei<br />

genitori del minore, nell’ipotesi <strong>di</strong> inadempimento <strong>di</strong> quest’ultimo ed incapienza del suo patrimonio<br />

personale (si pensi, a titolo <strong>di</strong> esempio, al ragazzo <strong>di</strong> 15 o 16 anni che acquisti un motorino, magari<br />

usato, un capo <strong>di</strong> vestiario, un cellulare o un personal computer, magari versando un acconto, e non<br />

36<br />

sia poi in grado <strong>di</strong> pagare il residuo prezzo) ( ).<br />

Si è osservato al riguardo che nel nostro or<strong>di</strong>namento non vi è una norma che consenta <strong>di</strong><br />

addossare automaticamente al genitore l’obbligo <strong>di</strong> adempiere questo tipo <strong>di</strong> obbligazioni. Peraltro,<br />

sulla base <strong>di</strong> alcuni dati normativi potrebbe forse essere ricostruita una tale forma <strong>di</strong> responsabilità<br />

contrattuale dei genitori del minore inadempiente. In particolare, il fondamento <strong>di</strong> questa<br />

responsabilità potrebbe essere ravvisato nel <strong>di</strong>sposto dell’art. 322 c.c. Da tale articolo – che prevede<br />

la legittimazione anche dei genitori ad esercitare l’azione <strong>di</strong> annullamento del contratto posto in<br />

essere dal figlio minore – potrebbe inferirsi che per i genitori che non esercitino la detta azione né<br />

oppongano al terzo cre<strong>di</strong>tore l’eccezione <strong>di</strong> annullabilità, un’acquiescenza a tale rapporto<br />

obbligatorio e una conseguente loro corresponsabilità per l’inesatta esecuzione dello stesso. A<br />

fronte <strong>di</strong> un inadempimento del figlio minore e del mancato esercizio dell’azione <strong>di</strong> annullamento il<br />

cre<strong>di</strong>tore potrebbe allora far valere il proprio <strong>di</strong>ritto al risarcimento dei danni, oltre che <strong>di</strong>rettamente<br />

nei confronti del minore inadempiente, anche nei confronti dei genitori, che finirebbero così per<br />

37<br />

rispondere per un <strong>fatto</strong> proprio e non altrui ( ).<br />

Tuttavia, si è obiettato che configurare una tale responsabilità dei genitori, pur tutelando e<br />

favorendo i rapporti commerciali e la posizione del terzo cre<strong>di</strong>tore, sembra porsi in contrasto con il<br />

fondamentale principio <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>a degli interessi dei minori a cui è informato l’intero nostro<br />

or<strong>di</strong>namento. Si è rilevato infatti in proposito che la conclusione favorevole alla responsabilità<br />

solidale del genitore trascurerebbe <strong>di</strong> tenere conto del principio desumibile dal secondo comma<br />

dell’art. 1426 c.c., secondo il quale chi contrae con un soggetto senza accertarsi della sua età, e<br />

dunque della sua capacità <strong>di</strong> agire – non essendo sufficiente la semplice <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> essere<br />

maggiorenne per esonerare il terzo dall’onere <strong>di</strong> verificare la reale età dell’altro contraente – e della<br />

conseguente esistenza <strong>di</strong> una sufficiente garanzia patrimoniale, si assume il rischio del cattivo esito<br />

38<br />

della contrattazione ( ).<br />

A tali considerazioni si potrebbe però ulteriormente ribattere, rilevando che il comportamento<br />

del terzo, che ha contratto con il minore, è già adeguatamente sanzionato dalla presenza <strong>di</strong><br />

un’invali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> protezione, che può essere fatta valere, come tale, dal solo soggetto nell’interesse<br />

del quale il rime<strong>di</strong>o è stato previsto. Non sembra corretto, pertanto, sanzionare ulteriormente il<br />

terzo, addossandogli anche il rischio dell’inadempimento <strong>di</strong> un rapporto obbligatorio che il minore<br />

ed i suoi legali rappresentanti hanno deciso <strong>di</strong> consolidare, astenendosi dal proporre l’azione <strong>di</strong><br />

annullamento, perché evidentemente, tale rapporto hanno ritenuto conveniente, peraltro arrogandosi<br />

il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> non adempierlo.<br />

In altri termini, se non vi è dubbio che al minore e ai suoi legali rappresentanti competa il<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> far venire meno il vinculum iuris, ciò non significa certo che essi siano esonerati dal<br />

rispettarlo, una volta che abbiano scelto la via <strong>di</strong> mantenerlo in vita, tanto più che l’eccezione <strong>di</strong><br />

annullamento ben potrebbe essere sollevata anche oltre il quinquennio, nel caso venissero citati per<br />

l’adempimento (cfr. art. 1442, ult. cpv., c.c.): il mancato esperimento dell’azione o la mancata<br />

proposizione dell’eccezione confermano dunque che l’affare è ritenuto conveniente per il minore e<br />

( 35 ) Cfr. Cass., 22 <strong>di</strong>cembre 1984, n. 6666.<br />

( 36 ) Cfr. VACCA, op. cit., p. 1367.<br />

( 37 ) Così VACCA, op. cit., p. 1367.<br />

( 38 ) Cfr. VACCA, op. cit., p. 1367 s.<br />

104


pertanto non si vede per quali ragioni dovrebbe derogarsi al fondamentale principio per cui pacta<br />

sunt servanda ( 39<br />

).<br />

In questo contesto varrebbe la pena chiedersi se, ferma restando la personale responsabilità<br />

del minore per il contratto dallo stesso stipulato e non impugnato, non possa trovare applicazione il<br />

principio espresso dagli artt. 2047 e 2048 c.c., intendendo i concetti <strong>di</strong> «danno» e <strong>di</strong> «illecito»<br />

contenuti nelle norme citate come riferiti non solo all’illecito aquiliano, ma anche a quello costituito<br />

dall’inadempimento <strong>di</strong> un rapporto obbligatorio. Un’apertura verso un’interpretazione dell’art. 2048<br />

c.c. che ritenga questa norma estensibile all’ipotesi del danno da illecito contrattuale compiuto dal<br />

minore potrebbe cogliersi in quella giurisprudenza che <strong>di</strong> tale articolo ha <strong>fatto</strong> uso per affermare la<br />

responsabilità del genitore del minorenne che aveva danneggiato un’autovettura presa a noleggio<br />

40<br />

dal minore stesso ( ). È evidente che la regola in oggetto, dettata dalla Corte Suprema per<br />

l’inadempimento costituito dalla mancata riconsegna della cosa locata nello stato in cui si trovava<br />

all’inizio del rapporto, ben potrebbe valere per quell’altra forma <strong>di</strong> inadempimento rappresentata<br />

dal mancato pagamento del prezzo pattuito per un acquisto operato dal minore.<br />

Conseguenza <strong>di</strong> tale premessa non sarebbe tanto l’estensione del rapporto obbligatorio sul lato<br />

passivo e in via solidale anche ai genitori, ma il riconoscimento dell’esistenza <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong><br />

responsabilità per <strong>fatto</strong> altrui, che troverebbe il suo fondamento nelle norme citate e<br />

nell’inadempimento del minore. Ciò significa, in pratica, che il terzo non potrebbe convenire in<br />

41<br />

giu<strong>di</strong>zio, oltre al minore, anche i genitori, se non allegando l’inadempimento del figlio ( ).<br />

Non <strong>di</strong>versa da quella sin qui illustrata, nelle sue conseguenze rispetto ai genitori, è l’ipotesi<br />

in cui il minore abbia «con raggiri occultato la sua età», secondo quanto previsto dall’art. 1426 c.c.<br />

42<br />

Qui, invero, il contratto non è annullabile ed al riguardo si è osservato ( ) che la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

buona fede del terzo contraente renderebbe legittima la sua richiesta <strong>di</strong> tutela. La conclusione,<br />

peraltro, non sembra desumibile tanto dall’applicazione delle regole in tema <strong>di</strong> responsabilità<br />

precontrattuale, posto che in tale caso, non essendo il contratto annullabile, non sarebbe neppure<br />

ipotizzabile un danno legato ad una culpa in contrahendo per invali<strong>di</strong>tà del negozio ( 43<br />

). Ancora<br />

una volta, invece, appare opportuno riferirsi ai principi ex artt. 2047 e 2048 c.c., da ritenersi, per le<br />

ragioni sopra illustrate, estensibili al danno da responsabilità contrattuale per inadempimento delle<br />

obbligazioni (in questo caso, validamente) contratte dal minore.<br />

Passando ora all’esame del problema <strong>di</strong> una ipotetica responsabilità dei genitori per le<br />

obbligazioni assunte in proprio dai figli maggiorenni, ma non autosufficienti, vi è da <strong>di</strong>re che, in tali<br />

fattispecie, il contratto concluso è perfettamente valido e vincolante per i figli medesimi, ed<br />

estendere ai genitori questo tipo <strong>di</strong> obbligazioni appare, de iure con<strong>di</strong>to, impossibile.<br />

Come si è rilevato in dottrina, il principio <strong>di</strong> un’ipotetica responsabilità solidale (non prevista,<br />

come noto, da alcuna specifica <strong>di</strong>sposizione) non può essere <strong>fatto</strong> <strong>di</strong>scendere dall’obbligo <strong>di</strong><br />

mantenimento imposto ai genitori, anche nei confronti dei figli già maggiorenni ma non ancora in<br />

grado <strong>di</strong> provvedere alle proprie esigenze, in quanto tale obbligo riguarda solo il dovere, da parte<br />

dei genitori, <strong>di</strong> fornire l’assistenza materiale necessaria per le normali esigenza <strong>di</strong> vita del figlio. Il<br />

( 39 ) Cfr. già OBERTO, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 120 s.<br />

( 40 ) Cfr. Cass., 3 luglio 1968, n. 2240, secondo cui «Colui che ha dato in locazione un’autovettura ad un minore,<br />

munito <strong>di</strong> patente, conoscendo la sua minore età, può agire a’ termini dell’art. 2048 c.c. nei confronti del <strong>di</strong> lui genitore,<br />

che non abbia prestato il proprio consenso al contratto, qualora l’autovettura sia rimasta danneggiata nell’uso <strong>fatto</strong>ne dal<br />

minore. Infatti non può ritenersi esente dalla responsabilità, prevista dall’art. 2048 cod. civ., il genitore per il solo <strong>fatto</strong><br />

che il danno sia stato cagionato a seguito della volontaria consegna dell’autovettura, fatta dal danneggiato al minore in<br />

attuazione del contratto <strong>di</strong> locazione, giacché l’attività del minore, consistente nell’uso dell’altrui autoveicolo, rientra<br />

nella sfera del dovere <strong>di</strong> sorveglianza del genitore» (cfr. inoltre, nello stesso senso, Cass., 27 maggio 1975, n. 2139).<br />

( 41 ) Cfr. già OBERTO, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 120 s.<br />

( 42 ) Cfr. VACCA, op. cit., p. 1368 s.<br />

( 43 ) Sul tema cfr. anche BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 1987, p. 181, che, ponendosi il problema <strong>di</strong><br />

una responsabilità precontrattuale dell’incapace, rileva che tale questione potrebbe porsi «quando si è al <strong>di</strong> fuori<br />

dell’ipotesi <strong>di</strong> annullamento del contratto per incapacità. In tal caso non vi è una lesione (invali<strong>di</strong>tà del contratto) che<br />

consegue alla tutela dell’incapace. La lesione alla libertà negoziale che il contraente subisce ad opera dell’incapace non<br />

è allora <strong>di</strong>versa dalla lesione che può essere arrecata da un qualsiasi soggetto. In applicazione della regola sull’illecito<br />

extracontrattuale la responsabilità dell’incapace legale può per altro ammettersi solo in quanto risulti concretamente<br />

accertata la sua capacità <strong>di</strong> intendere e volere. Accanto alla posizione dell’incapace può poi rilevare la responsabilità dei<br />

genitori e <strong>di</strong> altri soggetti tenuti alla sua vigilanza».<br />

105


contenuto <strong>di</strong> tale obbligo non può, dunque, essere <strong>di</strong>latato fino al punto <strong>di</strong> comprendere anche<br />

eventuali inadempimenti contrattuali dei figli ( 44<br />

).<br />

D’altro canto è più che chiaro che i principi sopra invocati, espressi dagli artt. 2047 e 2048<br />

c.c., non possono in alcun modo venire qui in considerazione, avendo gli stessi tratto a persone<br />

incapaci e come tali essendo inestensibili ai maggiorenni capaci <strong>di</strong> intendere e <strong>di</strong> volere, avuto<br />

45<br />

riguardo alla tassatività delle ipotesi <strong>di</strong> responsabilità per <strong>fatto</strong> altrui ( ).<br />

Per concludere si potrà poi ricordare che a ben <strong>di</strong>verse conclusioni potrà pervenirsi nel caso in<br />

cui dovesse accertarsi che il figlio ha agito quale rappresentante (se maggiorenne) o nuncius (se<br />

46<br />

minorenne) ( ) dei genitori o <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> essi. In tal caso, infatti, è evidente che i genitori si<br />

troverebbero ad esser obbligati non già in via solidale con il figlio, ma quali esclusivi soggetti<br />

passivi del rapporto obbligatorio.<br />

Legato a questo tema è poi quello dell’assenza o dell’eccesso <strong>di</strong> potere rappresentativo in<br />

capo al figlio agente.<br />

In tal ultimo caso, il terzo cre<strong>di</strong>tore potrà avvalersi, ricorrendone tutti i presupposti (apparente<br />

esistenza <strong>di</strong> un potere <strong>di</strong> rappresentanza, comportamento colposo dell’apparente rappresentato nel<br />

determinare l’insorgere dell’apparenza, assenza <strong>di</strong> colpa del terzo nell’apprezzare il comportamento<br />

colposo dell’apparente rappresentato), del principio <strong>di</strong> tutela della apparenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto ed agire, per<br />

ottenere il rispetto delle pattuizioni contrattuali, facendo valere, dunque, la responsabilità<br />

contrattuale dei genitori, ma non in quanto tali, bensì come soggetti «rappresentati» dall’agire del<br />

figlio, e quin<strong>di</strong> in forza delle <strong>di</strong>sposizioni dettate in tema <strong>di</strong> rappresentanza (art. 1387-1399 c.c.)<br />

47<br />

( ).<br />

( 44 ) VACCA, op. cit., p. 1370 s. L’Autrice nota in proposito che il terzo contraente non può inoltre, invocare la<br />

responsabilità dei genitori dell’altro contraente e fare affidamento sulla loro solvibilità, ove la loro presenza e adesione,<br />

seppur tacita, al contratto non sia stata mai neppure ipotizzata. Peraltro, una «obbligazione» dei genitori potrebbe essere<br />

ravvisata sul piano morale, sociale o degli affetti, atteso che il legame <strong>di</strong> parentela e affettivo potrebbe spingere il<br />

genitore, pur in assenza <strong>di</strong> un preciso obbligo giuri<strong>di</strong>co in tal senso, ad assumersi la responsabilità, sotto il profilo<br />

risarcitorio, per gli inadempimenti dei propri figli. Conseguentemente, nel caso i genitori spontaneamente<br />

provvedessero ad assumersi l’obbligazione <strong>di</strong> adempiere all’obbligazione del figlio, ci si troverebbe <strong>di</strong> fronte ad<br />

un’obbligazione naturale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2034 c.c.<br />

( 45 ) Sulla tassatività delle ipotesi <strong>di</strong> responsabilità civile per <strong>fatto</strong> altrui v. Cass., 9 <strong>di</strong>cembre 1992, n. 13015, in<br />

Giust. civ., 1993, I, p. 932; in Foro it., 1994, I, c. 556, con nota <strong>di</strong> DE MARZO.<br />

( 46 ) Sul tema della capacità del nuncius v. per tutti BETTI, op. cit., p. 129 ss. Cfr. inoltre BARBERO, Sistema<br />

istituzionale del <strong>di</strong>ritto privato italiano, I, Torino, 1955, p. 363, secondo cui, se è vero che il nuncius non emette una<br />

<strong>di</strong>chiarazione propria, la riesprime con propria autonomia e perciò, se certamente non occorre nel messo la capacità <strong>di</strong><br />

agire in or<strong>di</strong>ne al contenuto della <strong>di</strong>chiarazione, occorre almeno, affinché la comunicazione sia valida, la capacità <strong>di</strong><br />

comunicare, che si concreta nella capacità <strong>di</strong> intendere il contenuto espressogli e <strong>di</strong> riesprimerlo. Pertanto una<br />

comunicazione fatta per mezzo d’un messo privo <strong>di</strong> tale capacità (un bambino senza l’uso della ragione o un<br />

mentecatto) deve ritenersi come non fatta, se l’incapacità è apparente, <strong>di</strong> guisa che il destinatario non possa invocare la<br />

buona fede del suo affidamento e addossare al mittente la responsabilità della scelta del messo inidoneo; ma se il messo<br />

è capace, le eventuali <strong>di</strong>vergenze fra la <strong>di</strong>chiarazione affidatagli e la riespressione da lui fattane vanno imputate al<br />

<strong>di</strong>chiarante, che ha scelto quel mezzo (art. 1433 c.c.).<br />

( 47 ) VACCA, op. cit., p. 1371. In giurisprudenza v. Cass., 29 aprile 1999, n. 4299, in Corr. giur., 1999, p 1501: «Il<br />

principio dell’apparenza del <strong>di</strong>ritto, riconducibile a quello più generale della tutela dell’affidamento incolpevole, può<br />

essere invocato in tema <strong>di</strong> rappresentanza, nei confronti dell’apparente rappresentato, dal terzo che abbia in buona fede<br />

contratto con persona sfornita <strong>di</strong> procura, allorché l’apparente rappresentato abbia tenuto un comportamento, colposo,<br />

tale da giustificare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere <strong>di</strong> rappresentanza sia stato effettivamente e<br />

validamente conferito, al rappresentante apparente».<br />

106


CAPITOLO VIII<br />

LA CESSAZIONE DELLA CONVIVENZA<br />

PER ROTTURA DEL RAPPORTO<br />

SOMMARIO: 1. Le pattuizioni del contratto <strong>di</strong> convivenza in vista <strong>di</strong> un’eventuale rottura del<br />

rapporto. – 2. Scioglimento del contratto <strong>di</strong> convivenza e cessazione del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. –<br />

3. La rottura in assenza <strong>di</strong> contratto. Esclusione <strong>di</strong> pretese risarcitorie per la cessazione della<br />

convivenza. – 4. Le conseguenze della rottura sul <strong>di</strong>ritto all’abitazione nei rapporti con il<br />

locatore (e con il comodante «terzo» rispetto alla coppia). – 5. Le conseguenze della rottura<br />

in presenza <strong>di</strong> figli minorenni. Generalità. Gli accor<strong>di</strong> tra i conviventi. – 6. Segue. La sorte<br />

della casa familiare in presenza <strong>di</strong> prole (ed in assenza <strong>di</strong> accor<strong>di</strong>). – 7. Cessazione della<br />

convivenza e questioni possessorie nei rapporti tra i conviventi.<br />

1. Le pattuizioni del contratto <strong>di</strong> convivenza in vista <strong>di</strong> un’eventuale rottura del rapporto.<br />

Anche per la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, così come per la famiglia fondata sul matrimonio, il momento<br />

della rottura è sovente quello del redde rationem, in cui risentimenti sopiti e pretese accantonate<br />

tornano imperiosamente d’attualità, facendo emergere rapporti personali e patrimoniali che<br />

l’affectio prima esistente sembrava ammantare d’un apparente velo <strong>di</strong> agiuri<strong>di</strong>cità. È dunque in tale<br />

fase terminale che l’operatività <strong>di</strong> determinate regole <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto viene in rilievo, poiché fino ad allora<br />

<strong>di</strong>fficilmente i membri della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> (o i loro possibili ere<strong>di</strong>) avranno invocato la tutela<br />

dell’or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co al fine <strong>di</strong> veder accolte le proprie pretese.<br />

Ancora una volta, la presenza <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> convivenza può porre rime<strong>di</strong>o a talune <strong>di</strong><br />

queste situazioni, se non altro portando certezza, esattamente come avviene tra coniugi che abbiano<br />

avuto l’accortezza <strong>di</strong> programmare le conseguenze <strong>di</strong> una crisi della loro unione. Proprio in questo<br />

settore, tra l’altro, si manifesta, ancora una volta, la rispondenza al vero del rilievo per cui famiglia<br />

<strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e famiglia fondata sul matrimonio costituiscono null’altro se non due facce <strong>di</strong> una stessa<br />

medaglia: «pile et face d’une même contractualisation des rapports privés» ( 1 ). Non per nulla<br />

l’esperienza degli or<strong>di</strong>namenti più avanzati in questo settore mostra come sovente la previsione<br />

legislativa della possibilità <strong>di</strong> stipulare patti <strong>di</strong> convivenza in vista <strong>di</strong> una possibile rottura si traduca<br />

poi anche nell’adozione <strong>di</strong> normative in materia <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> prematrimoniali ( 2<br />

).<br />

Venendo dunque al contenuto in contemplation of separation <strong>di</strong> un possibile contratto <strong>di</strong><br />

convivenza, andrà ricordato che la promessa dell’effettuazione <strong>di</strong> prestazioni <strong>di</strong> carattere economico<br />

3<br />

per il periodo successivo alla rottura viene generalmente ritenuta valida ( ). Ma, a ben vedere,<br />

( 1 ) «Au fil de ce parcours, on voudrait aussi proposer une hypothèse: aujourd’hui encore et plus que jamais, les<br />

débats sur le <strong>di</strong>vorce sont fondamentalement des débats sur le mariage. Cette idée peut étonner. En effet, après avoir<br />

dans un premier temps dramatisé la montée du concubinage et traqué ses spécificités, on s’accorde aujourd’hui à<br />

souligner la coexistence pacifique du mariage et de l’union libre, deux formes d’union quasi interchangeables, pile et<br />

face d’une même contractualisation des rapports privés» (cfr. THÉRY, Le démariage. Justice et vie privée, Paris, 1993, p.<br />

12).<br />

( 2 ) Cfr. ad es. i casi dell’Australia e della Catalogna, <strong>di</strong> cui si riferisce in OBERTO, Contratti prematrimoniali e<br />

accor<strong>di</strong> preventivi sulla crisi coniugale, in Fam. <strong>di</strong>r., 2012, p. 74 s.<br />

( 3 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 282 ss.; ID., Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e convivenze:<br />

tutela dei soggetti interessati e regolamentazione dei rapporti patrimoniali in vista della successione, cit., p. 661ss.;<br />

BALESTRA, I contratti <strong>di</strong> convivenza, in Fam., pers. succ., 2006, p. 1 ss.; v. inoltre GAZZONI, Dal concubinato alla<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 165; BERNARDINI, La convivenza fuori del matrimonio tra contratto e relazione sentimentale,<br />

cit., p. 205. Per la dottrina straniera cfr. SCHWAB, Zivilrecht und nichteheliche Lebensgemeinschaft, in AA. VV., Die<br />

nichtheliche Lebensgemeinschaft, Herausgegeben im Auftrag der Joachim Jungius-Gesellschaft der Wissenschaften von<br />

Götz Landwehr, Göttingen, 1978, p. 67; ALT-MAES, La situation de la concubine et de la femme mariée dans le droit<br />

français, in Rev. trim. dr. civ., 1983, p. 641 ss.; cfr. inoltre la formula della Direction de la recherche et de l’information<br />

de la Chambre des notaires du Québec (in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p.<br />

519, che prevede non solo la fissazione <strong>di</strong> un vero e proprio «assegno», ma anche la specificazione delle concrete<br />

modalità <strong>di</strong> somministrazione dello stesso, le relative scadenze, nonchè la rivalutabilità secondo in<strong>di</strong>ci prefissati).<br />

107


occorre ancora <strong>di</strong>stinguere due ipotesi. Si profila infatti la necessità <strong>di</strong> evitare che la pattuizione<br />

possa essere qualificata come clausola penale per il caso <strong>di</strong> abbandono (giustificato o ingiustificato:<br />

come si è visto non fa <strong>di</strong>fferenza): ché, in tale fattispecie, la <strong>di</strong>sposizione sarebbe nulla in quanto<br />

eccessivamente limitativa della libertà del contraente ( 4<br />

).<br />

Diverso è il <strong>di</strong>scorso ogni qual volta sia possibile appurare che l’intento delle parti non era<br />

<strong>di</strong>retto a configurare uno strumento <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssuasione per il convivente intenzionato a porre fine al<br />

ménage, bensì a pre<strong>di</strong>sporre una forma <strong>di</strong> «soccorso» per le necessità del soggetto destinato a<br />

trovarsi sprovvisto della fonte <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to su cui prima poteva contare.<br />

Si è da parte <strong>di</strong> taluno suggerito <strong>di</strong> effettuare un richiamo alla normativa in tema <strong>di</strong> assegno <strong>di</strong><br />

5<br />

separazione o <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorzio ( ). Ora, se pure non esistono ostacoli in linea <strong>di</strong> principio a riconoscere la<br />

vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un accordo del genere, va subito precisato che non appaiono riproducibili per via<br />

negoziale tutti quegli strumenti tecnici approntati dal legislatore a tutela dei rapporti giuri<strong>di</strong>ci<br />

sussistenti tra separati o <strong>di</strong>vorziati (obbligo <strong>di</strong> prestare garanzia, sequestro, or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> pagamento al<br />

terzo debitore del coniuge, o ex coniuge, obbligato: cfr. artt. 156, commi quarto e ss. c.c.;<br />

attribuzione degli assegni familiari ex art. 211, l. 19 maggio 1975, n. 151; art. 8, l.<strong>di</strong>v., così come<br />

sostituito dall’art. 13, l. 6 marzo 1987, n. 74) ( 6<br />

). Allo stesso modo, non sarà possibile attribuire<br />

alcun rilievo a un ipotetico «addebito» della rottura, per le già esposte ragioni d’or<strong>di</strong>ne pubblico.<br />

Piuttosto, sarà più opportuno fissare nello stesso contratto <strong>di</strong> convivenza l’an e il quantum<br />

dell’assegno o, quanto meno, parametri certi per la sua determinazione (per esempio, una<br />

percentuale del red<strong>di</strong>to annuo risultante dall’ultima <strong>di</strong>chiarazione ai fini IRPEF), così come la<br />

durata e le cause <strong>di</strong> estinzione dello stesso (per esempio, passaggio a nuova convivenza o<br />

7<br />

celebrazione <strong>di</strong> matrimonio da parte dell’avente <strong>di</strong>ritto e/o dell’obbligato) ( ).<br />

Un’apposita clausola potrebbe concernere l’attribuzione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione sulla casa in<br />

cui si svolgeva la convivenza per il periodo successivo alla rottura del ménage. Al riguardo, occorre<br />

<strong>di</strong>stinguere a seconda che l’immobile sia in proprietà <strong>di</strong> uno dei conviventi (o <strong>di</strong> entrambi), ovvero<br />

formi oggetto <strong>di</strong> un rapporto locatizio. Nella prima ipotesi, la relativa pattuizione potrebbe<br />

configurare, in alternativa, un <strong>di</strong>ritto reale <strong>di</strong> abitazione, ovvero un comodato, in ogni caso sotto<br />

con<strong>di</strong>zione sospensiva della rottura del rapporto.<br />

Inutile <strong>di</strong>re che, delle due possibilità, è la prima a fornire il maggior numero <strong>di</strong> garanzie per il<br />

convivente a favore del quale un simile <strong>di</strong>ritto viene pattuito. Invero, il carattere reale dell’istituto<br />

<strong>di</strong>sciplinato dagli artt. 1022 ss. c.c. ne determina l’opponibilità nei confronti dei terzi, anche se<br />

l’effetto è legato alla trascrizione del relativo titolo (v. art. 2643, n. 4, c.c.). D’altro canto, un<br />

comodato del genere <strong>di</strong> quello descritto, in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> fissazione <strong>di</strong> un termine per la restituzione,<br />

darebbe luogo a notevoli incertezze in or<strong>di</strong>ne all’in<strong>di</strong>viduazione del momento <strong>di</strong> cessazione, ex art.<br />

1809, primo comma, c.c. ed esporrebbe comunque il comodatario al rischio <strong>di</strong> una richiesta <strong>di</strong><br />

restituzione per effetto <strong>di</strong> un urgente ed impreveduto bisogno del comodante, ai sensi dell’art. 1809<br />

8<br />

cpv. c.c. ( ).<br />

Se invece l’immobile fosse semplicemente detenuto in conduzione, l’accordo sortirebbe<br />

l’effetto <strong>di</strong> una cessione con<strong>di</strong>zionata del rapporto locatizio, avente anche un valore «esterno», nei<br />

Consiglia la previsione <strong>di</strong> «termination fees, lump sums or perio<strong>di</strong>c payments provisions for support of partner, children<br />

or parents» anche WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage, cit., p. 1253. Contra TRABUCCHI, Pas par cette voie s’il<br />

vous plaît!, cit., p. 350.<br />

( 4 ) V. supra, Cap. IV, § 5.<br />

( 5 ) SCHWAB, Zivilrecht und nichteheliche Lebensgemeinschaft, cit., p. 67.<br />

( 6 ) Sul carattere eccezionale <strong>di</strong> tali rime<strong>di</strong> v. per tutti VINCENZI AMATO, Gli alimenti, in AA. VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

privato, <strong>di</strong>retto da Rescigno, 4, Torino, 1982, p. 883.<br />

( 7 ) Cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 282 ss. Assolutamente da evitare appaiono<br />

invece tutte quelle clausole <strong>di</strong>rette a rimettere misura e modalità <strong>di</strong> versamento <strong>di</strong> un’eventuale «indennità <strong>di</strong> rottura» al<br />

comune accordo delle parti, come pure suggerito dalla formula della Direction de la recherche et de l’information de la<br />

Chambre des notaires du Québec (in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 519),<br />

atteso che, almeno il più delle volte, al momento della cessazione del ménage deve senz’altro presumersi che i rapporti<br />

tra le parti si siano a tal punto deteriorati da non consentire <strong>di</strong> raggiungere un consenso neppure su tali aspetti.<br />

( 8 ) Sul tema v. anche supra, Cap. IV, § 2.<br />

108


confronti del locatore ( 9 ). Sif<strong>fatto</strong> accordo potrebbe pure essere concluso, ad avviso dello scrivente,<br />

in via preventiva. Un analogo patto, <strong>di</strong>retto ad attribuire il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione sulla ex residenza<br />

comune, <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> uno dei conviventi (o <strong>di</strong> entrambi), per il caso <strong>di</strong> cessazione del rapporto<br />

determinata dalla morte <strong>di</strong> quest’ultimo ( 10 ), se da un lato potrebbe in un certo senso «porre<br />

rime<strong>di</strong>o» al mancato riconoscimento <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto del convivente superstite, verrebbe dall’altro a<br />

scontrarsi irrime<strong>di</strong>abilmente con il <strong>di</strong>vieto dei patti successori ( 11<br />

).<br />

2. Scioglimento del contratto <strong>di</strong> convivenza e cessazione del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

Sin qui si è detto degli effetti che il contratto <strong>di</strong> convivenza può prevedere per il caso <strong>di</strong><br />

rottura della relazione. Si tratta ora <strong>di</strong> vedere quali effetti la rottura può determinare sul contratto, in<br />

presenza, o meno, <strong>di</strong> apposite clausole.<br />

12<br />

In primo luogo, a parte l’ipotesi del mutuo <strong>di</strong>ssenso ( ), v’è da chiedersi se sia opportuno<br />

legare espressamente la cessazione degli effetti dell’accordo anche a situazioni <strong>di</strong>verse, che<br />

avessero a verificarsi durante l’unione e in particolare alla rottura del ménage.<br />

Molti dei modelli stranieri sembrano porre una certa enfasi sul punto, senza peraltro in<strong>di</strong>care<br />

un rime<strong>di</strong>o <strong>di</strong> carattere unitario. Secondo taluni, infatti, la soluzione andrebbe cercata in una<br />

espressa con<strong>di</strong>zione risolutiva, legata al semplice abbandono della vita comune (che comunque<br />

13<br />

deve ritenersi verificabile in qualsiasi momento e senza restrizioni <strong>di</strong> sorta) ( ), mentre per altri<br />

occorrerebbe invece attribuire un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> recesso ad nutum in capo a ciascuno dei contraenti, che<br />

sarebbe così tenuto a informare l’altro secondo modalità stabilite ( 14<br />

).<br />

La risposta a tale interrogativo non può che essere data caso per caso. Invero, se il rapporto è<br />

strutturato come a prestazioni corrispettive (si pensi all’obbligo reciproco <strong>di</strong> contribuzione),<br />

15<br />

un’adeguata soluzione sembra già rinvenibile nell’ambito dei rime<strong>di</strong> sinallagmatici ( ), tra cui, in<br />

particolare, l’exceptio ina<strong>di</strong>mpleti contractus e la facoltà <strong>di</strong> sospensione dell’esecuzione, ex artt.<br />

1460 e 1461 c.c. Nelle altre ipotesi (si pensi a un impegno <strong>di</strong> mantenimento unilaterale, o a un<br />

contratto <strong>di</strong>retto all’instaurazione <strong>di</strong> un regime analogo a quello della comunione legale), appare<br />

invece opportuno legare lo scioglimento del contratto all’esercizio <strong>di</strong> uno ius poeniten<strong>di</strong> rimesso a<br />

ciascun convivente da esercitarsi me<strong>di</strong>ante atto scritto da comunicare alla controparte e con effetto<br />

(per evitare pericolose incertezze) dalla data della comunicazione stessa ( 16<br />

).<br />

Nessuna obiezione sembra possa muoversi alla pattuizione <strong>di</strong> una clausola compromissoria,<br />

ovvero <strong>di</strong> deroga alla competenza territoriale dell’autorità giu<strong>di</strong>ziaria, nonché all’inserimento<br />

(consigliabile laddove il negozio venga perfezionato dopo che si sia già iniziato a convivere) <strong>di</strong> un<br />

( 9 ) «Nel silenzio dell’art. 6 della legge n. 392 del 1978, in caso <strong>di</strong> separazione coniugale ovvero <strong>di</strong> cessazione della<br />

convivenza more uxorio con presenza <strong>di</strong> prole naturale, nell’ipotesi <strong>di</strong> accordo tra i coniugi o tra gli ex-conviventi, il<br />

subingresso nel contratto <strong>di</strong> locazione si verifica in modo del tutto automatico, in<strong>di</strong>pendentemente dalla comunicazione<br />

o comunque dalla conoscenza che <strong>di</strong> tale situazione abbia il locatore» (cfr. Pret. Pordenone, 23 <strong>di</strong>cembre 1998, in Arch.<br />

locaz. cond., 1999, p. 846). Va però subito precisato che la soluzione in<strong>di</strong>cata nel testo non sembra essere quella<br />

prevalente. Sulla questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame della sentenza Corte cost., 7 aprile 1988, n. 404,<br />

cfr. OBERTO, I contratti della crisi coniugale, II, cit., p. 928 ss., nonché infra, § 4, in questo Cap.<br />

( 10 ) Come suggerito dal «modello <strong>di</strong> Leida» (v. art. 7, secondo comma, in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème<br />

congrès des notaires de France, cit., p. 523).<br />

( 11 ) Sul <strong>di</strong>verso tema del legato d’usufrutto v. infra, Cap. IX, § 1.<br />

( 12 ) Per l’esercizio del quale potrebbe prevedersi, a mezzo <strong>di</strong> apposita clausola, il necessario rispetto della forma<br />

scritta (per evidenti fini <strong>di</strong> carattere probatorio).<br />

( 13 ) V. per esempio il «modello <strong>di</strong> Leida», art. 8, c. 1 (in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires<br />

de France, cit., p. 524) e la formula della Direction de la recherche et de l’information de la Chambre des notaires du<br />

Québec (ivi, p. 519).<br />

( 14 ) Cfr. WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage, cit., p. 1249 s.; GRAY, Cohabitation Contract, in New Law<br />

Journal, 1973, p. 591 (che propone la seguente clausola: «Either party may terminate this agreement by notice of three<br />

months, such notice to be in writing in the form set out in the schedule hereto and served on the other party in person»).<br />

( 15 ) Al riguardo si tenga presente che, trattandosi <strong>di</strong> rapporto <strong>di</strong> durata, dovrebbe trovare applicazione l’art. 1458 c.c.<br />

( 16 ) In alternativa, è ipotizzabile l’apposizione <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione risolutiva, legata alla cessazione (per qualunque<br />

causa) della convivenza. Una simile clausola è stata già ritenuta dalla giurisprudenza compatibile con la struttura del<br />

contratto vitalizio (v. Cass., 10 gennaio 1966, n. 186, in Giur. it. 1966, I, 1, c. 1635; cfr. CALÒ, Profili <strong>di</strong> interesse<br />

notarile della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 89).<br />

109


accordo <strong>di</strong> carattere transattivo in relazione ai rapporti pregressi ( 17<br />

).<br />

Nel caso le parti non abbiano previsto l’ipotesi <strong>di</strong> cessazione del ménage c’è da chiedersi se in<br />

qualche modo si possano interrompere gli eventuali rapporti <strong>di</strong> durata a titolo gratuito, specie<br />

qualora il soggetto cui è imputabile la rottura sia nel contempo il beneficiario delle attribuzioni.<br />

L’unico strumento astrattamente ipotizzabile, soprattutto in relazione a quegli impegni <strong>di</strong> lunga<br />

durata (o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> carattere vitalizio) la cui originaria previsione abbia tratto la propria ragion<br />

d’essere da un legame affettivo ormai cessato, sarebbe quello della presupposizione. Ma la<br />

soluzione deve essere scartata, per effetto dell’impossibilità <strong>di</strong> ravvisare il fondamento negoziale<br />

degli atti in oggetto nell’affidamento (fallace) delle parti su <strong>di</strong> un (improbabile) carattere durevole<br />

18<br />

dell’unione ( ).<br />

Sempre nel campo delle donazioni si pone il problema <strong>di</strong> un’eventuale revocabilità per<br />

ingratitu<strong>di</strong>ne nei confronti del partner responsabile del naufragio del rapporto. Con riguardo alle<br />

donazioni tra coniugi, dottrina e giurisprudenza tendono a ravvisare la presenza <strong>di</strong> un’«ingiuria<br />

grave» ex art. 801 c.c. nella violazione <strong>di</strong> quel dovere giuri<strong>di</strong>co <strong>di</strong> fedeltà, che invece, nell’ambito<br />

della relazione more uxorio, non ha (né può avere, nemmeno ex contractu) citta<strong>di</strong>nanza. Ciò<br />

peraltro non esclude ancora che un obbligo <strong>di</strong> tal genere si instauri tra i conviventi sul piano morale.<br />

Ne consegue che – fermo restando il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> por fine in ogni momento all’unione – non può<br />

negarsi rilievo al comportamento del soggetto che durante il ménage intrattenga relazioni con terze<br />

19<br />

persone all’insaputa del partner ( ).<br />

20<br />

Proprio con riguardo a questa peculiare situazione, si è già avuto modo <strong>di</strong> ricordare ( ) che<br />

nel 2011 la Cassazione ha respinto la domanda <strong>di</strong> un ex convivente, il quale, nel corso del rapporto,<br />

aveva donato alla propria compagna un immobile e che, dopo la rottura dell’unione, aveva chiesto<br />

la revoca dell’atto. La Corte ha confermato il rigetto <strong>di</strong> ogni domanda posta dall’uomo,<br />

evidenziando come questi non avesse provveduto a specificare «le ragioni per le quali i<br />

comportamenti attribuiti alla [donna] sarebbero idonei a concretare il presupposto dell’ “ingiuria<br />

grave” richiesto dall’art. 801 c.c.», così dando chiaramente ad intendere che la sola rottura<br />

dell’unione non può considerarsi alla stregua <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> quei comportamenti rilevanti ai fini della<br />

revocazione della donazione ( 21<br />

).<br />

3. La rottura in assenza <strong>di</strong> contratto. Esclusione <strong>di</strong> pretese risarcitorie per la cessazione della<br />

convivenza.<br />

In assenza <strong>di</strong> previsioni contrattuali, nonché <strong>di</strong> alcuno dei possibili rime<strong>di</strong> identificati nel Cap.<br />

22<br />

II <strong>di</strong> questa monografia ( ), non appare possibile riconoscere al convivente abbandonato <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong><br />

sorta sulla base del semplice <strong>fatto</strong> della rottura dell’unione, anche se si dovesse trattare del risultato<br />

<strong>di</strong> una unilaterale ed improvvisa determinazione del partner. Ed infatti, la tesi della responsabilità<br />

extracontrattuale da rottura (ingiustificata) della convivenza, che pure ha ricevuto una qualche<br />

( 17 ) Secondo le proposte del «modello <strong>di</strong> Leida» (v. art. 9, in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des<br />

notaires de France, cit., p. 524, che in<strong>di</strong>vidua la persona dell’arbitro nello stesso notaio rogante, o nel suo successore) e<br />

<strong>di</strong> WEITZMAN, Legal Regulation of Marriage, cit., p. 1253.<br />

( 18 ) Per una più approfon<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>samina della questione cfr. già OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>,<br />

cit., p. 139 ss. In senso conforme cfr. DERLEDER, Vermögenskonflikte zwischen Lebensgefährten bei Auflösung ihrer<br />

Gemeinschaft, in NJW, 1980, p. 548, il quale nota come «mit der Auflösung der ehelosen Verbindung sehr viel eher<br />

gerechnet werden muß, als Ehegatten mit der Eheauflösung rechnen müssen». Anche DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza,<br />

cit., p. 978, sembra voler contestare l’applicabilità del rime<strong>di</strong>o in esame alla convivenza more uxorio. Contra Trib.<br />

Savona, 7 marzo 2001, cit., che, in relazione ad un contratto <strong>di</strong> usufrutto vitalizio su <strong>di</strong> un immobile, esclusa la natura<br />

donativa dell’attribuzione, ha ammesso (peraltro solo in obiter) la possibilità per il nudo proprietario <strong>di</strong> far valere la<br />

presupposizione, con conseguente risoluzione del contratto, una volta venuta meno la convivenza. Per una critica della<br />

decisione cfr. OBERTO, Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 83 ss.<br />

( 19 ) Per una <strong>di</strong>samina della questione e per i necessari rinvii cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 290 ss.<br />

( 20 ) V. supra, Cap. II, § 2.<br />

( 21 ) Cfr. Cass., 24 novembre 2011, n. 24843.<br />

( 22 ) V. in particolare i rime<strong>di</strong> legati all’arricchimento ingiustificato e alla ripetizione dell’indebito, su cui cfr. supra,<br />

Cap. II, §§ 3-6 e Cap. III, §§ 1-3.<br />

110


accoglienza all’estero ( 23<br />

), è destinata a infrangersi contro la scriminante dell’esercizio <strong>di</strong> quel droit<br />

de rupture che è inerente alla struttura stessa del legame more uxorio.<br />

La conclusione, prevalente nel pensiero giuri<strong>di</strong>co straniero (<br />

24),<br />

è stata accolta pure dalla<br />

maggioritaria dottrina italiana ( 25 ), sebbene non abbiano <strong>fatto</strong> <strong>di</strong>fetto isolate voci, che hanno<br />

ipotizzato una responsabilità civile del convivente che abbia cagionato l’interruzione del rapporto <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, peraltro fondando tale affermazione non sulla circostanza della rottura in sé e per sé<br />

considerata, ma sulla violazione del dovere generale <strong>di</strong> solidarietà sociale sancito dall’art. 2 Cost., la<br />

quale si produrrebbe, appunto, con la rottura del rapporto, con possibili conseguenze pregiu<strong>di</strong>zievoli<br />

<strong>di</strong> carattere non patrimoniale. Tale ultimo principio, posto a fondamento <strong>di</strong> tutta la comunità,<br />

sarebbe applicabile anche alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> per equilibrare le pretese e i comportamenti reciproci<br />

dei conviventi. In particolare, secondo un’opinione, l’ipotizzabilità dell’applicazione dei principi<br />

risarcitori da illecito aquiliano alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> farebbe sorgere la pretesa <strong>di</strong> ciascun convivente<br />

nei confronti dell’altro «a tenere un comportamento non dominato dalla logica dell’in<strong>di</strong>vidualismo,<br />

bensì attento ai bisogni dell’altro convivente più debole, così da condannare quei comportamenti<br />

dolosi semplicemente sleali, o reticenti, <strong>di</strong> chi, approfittando della buona fede altrui, abbia<br />

ingenerato nell’altra convivente un affidamento ragionevole circa la stabilità e durata della<br />

relazione» ( 26<br />

).<br />

Ma la relazione fra i conviventi è fondata su <strong>di</strong> un libero e spontaneo impegno e nessuna<br />

norma impone la prosecuzione del rapporto, cosicché non è ipotizzabile alcun tipo <strong>di</strong> danno contra<br />

jus, anche in caso <strong>di</strong> rottura ingiustificata della relazione, per il principio per cui volenti non fit<br />

injuria. Peraltro non si può neppure negare che, in talune situazioni eccezionali, la rottura della<br />

relazione si accompagni a circostanze idonee a costituire illecito ex art. 2043 c.c. Tra questi casi si<br />

( 23 ) Ciò è avvenuto soprattutto in Francia, ove sono molti a propendere per una risposta positiva, agevolati in ciò<br />

dalla mancanza nell’art. 1382 del Code <strong>di</strong> qualsiasi espresso riferimento all’antigiuri<strong>di</strong>cità del comportamento fonte <strong>di</strong><br />

danno. Così la giurisprudenza, mossa più che altro da ragioni d’equità, ha riconosciuto più volte a carico del convivente<br />

resosi responsabile dell’abbandono l’esistenza <strong>di</strong> una faute (v. LABROUSSE-RIOU, op. cit., p. 243), con particolare<br />

riguardo al caso della «séduction dolosive», caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong> una promessa <strong>di</strong> matrimonio non adempiuta<br />

(cfr. JEANMART, Les effets civils de la vie commune en dehors du mariage, cit., p. 225 ss.; MULLER, L’indemnisation du<br />

concubin abandonné sans ressources, in D., 1980, Chr., p. 328; RUBELLIN-DEVICHI, L’évolution du statut civil de la<br />

famille depuis 1945, cit., p. 64 s.; HUET-WEILLER, Le couple non marié en droit français, in AA. VV., Una legislazione<br />

per la famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>?, cit. p. 89; VERHEYDEN-JEANMART, Le developpement de la famille de fait - Aspectes sociojuri<strong>di</strong>ques<br />

- La situation en droit belge, cit., p. 66 s.; Cass. Civ., 12 juillet 1955, in D., 1955, p. 736; Cass. Civ., 3 mars<br />

1964, in Gaz. Pal., 1964, II, p. 83; Cass. Civ., 29 novembre 1977, in D., 1978, I.R., p. 185, con nota <strong>di</strong> HUET-WEILLER).<br />

Non <strong>di</strong> rado, però, i giu<strong>di</strong>ci si sono spinti ad accordare il risarcimento anche per la sola ipotesi <strong>di</strong> semplice rottura<br />

«ingiustificata», giungendo persino a scaricare sull’autore dell’abbandono l’onere <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che lo stesso era invece<br />

avvenuto giustificatamente (cfr. JEANMART, Les effets civils de la vie commune en dehors du mariage, cit., p. 230 ss.;<br />

RUBELLIN-DEVICHI, op. ult. cit., p. 65; MALAURIE e AYNÈS, op. cit., p. 128; del resto, già ESMEIN, Le problème de<br />

l’union libre, cit., p. 776, affermava che l’abbandono ingiustificato costituiva in sè una faute morale, idonea a dar luogo<br />

al risarcimento).<br />

( 24 ) Cfr. NAST, Vers l’union libre, ou le crépuscule du mariage légal, in D. Chron., 1938, p. 41 ss.; PIRET, Le<br />

ménage de fait en droit civil belge, cit., p. 80; AMZALAC, Le procès entre concubins à la suite de la rupture de leurs<br />

relations, in La Semaine Juri<strong>di</strong>que, 1969, I, p. 2216; LABROUSSE-RIOU, op. cit., p. 243; JEANMART, Les effets civils de<br />

la vie commune en dehors du mariage, cit., p. 222 s.; MALAURIE e AYNÈS, op. cit., p. 128; AA. VV., Couple et<br />

modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 474 ss.; Cass. Civ., 29 juillet 1935, in D., 1935, p. 444; Cass.<br />

Civ., 17 juin 1953, in Gaz. Pal., 1953, II, p. 23; Cass. Civ., 3 marzo 1964, ivi, 1964, II, p. 83; Cass. Civ., 24 novembre<br />

1976, in D., 1977, p. 99; App. Lyon, 18 janvier 1929, in D., 1929, 2, p. 37; App. Aix, 28 décembre 1933, in Gaz. Pal.,<br />

1934, 2, p. 83; App. Lyon, 18 décembre 1973, in D., 1974, I.R., p. 73; App. Paris, 28 mars 1985, in D., 1985, I.R., p.<br />

481; Trib. Seine, 4 mars 1935, in Gaz. Pal., 1935, I, p. 84. Anche in Germania viene escluso ogni risarcimento sulla<br />

base del semplice abbandono unilaterale della convivenza (cfr. STEINERT, op. cit., p. 689; STRÄTZ, Rechtsfragen des<br />

Konkubinats, cit., p. 434).<br />

( 25 ) Cfr. G. STELLA RICHTER, Aspetti civilistici del concubinato, cit., p. 1127 s.; GAZZONI, Dal concubinato alla<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 132 ss.; FURGIUELE, Libertà e famiglia, cit., p. 289; D’ANGELI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 457<br />

ss.; PARADISO, I rapporti personali tra coniugi, cit., p. 101; OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit.,<br />

p. 282 ss.; BALESTRA, Gli effetti della <strong>di</strong>ssoluzione della convivenza, cit., p. 468.<br />

( 26 ) V. i riferimenti in M. SGROI, op. cit., p. 1095. In precedenza v. anche BILE, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>; profili<br />

patrimoniali, in AA.VV., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Atti del convegno nazionale <strong>di</strong> Pontremoli (27-30 maggio 1976), cit., p.<br />

95 s.; BUSNELLI, Sui criteri <strong>di</strong> determinazione della <strong>di</strong>sciplina normativa, cit., p. 141; DOGLIOTTI, voce Famiglia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong>, cit., p. 196.<br />

111


poteva senz’altro annoverare un tempo la seduzione con promessa <strong>di</strong> matrimonio ( 27 ), quanto meno<br />

fin tanto che l’istituto ebbe citta<strong>di</strong>nanza nel nostro or<strong>di</strong>namento ( 28 ). Ora potrà pensarsi soltanto a<br />

situazioni quali truffe, percosse, lesioni, etc., laddove la fattispecie generatrice della responsabilità<br />

ex lege Aquilia non risiede, evidentemente, nell’abbandono, bensì nelle circostanze, per così <strong>di</strong>re,<br />

«<strong>di</strong> contorno», che quest’ultimo hanno caratterizzato ( 29<br />

).<br />

Per questi motivi appare del tutto con<strong>di</strong>visibile la posizione della nostra giurisprudenza, che<br />

esclude il risarcimento del danno da rottura della convivenza, basandosi per lo più sul principio<br />

30<br />

volenti non fit iniuria, secondo un risalente insegnamento dei giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> legittimità ( ) <strong>di</strong> cui hanno<br />

<strong>fatto</strong> applicazione, in tempi assai meno remoti, anche i giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> merito ( 31<br />

).<br />

4. Le conseguenze della rottura sul <strong>di</strong>ritto all’abitazione nei rapporti con il locatore (e con il<br />

comodante «terzo» rispetto alla coppia).<br />

32<br />

Al <strong>di</strong> là dell’ipotesi del decesso del conduttore ( ), è noto che, con la già citata decisione n.<br />

404 del 1988, la Consulta ebbe a <strong>di</strong>chiarare incostituzionale l’art. 6, l. n. 392/78 «nella parte in cui<br />

non prevede la successione nel contratto <strong>di</strong> locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza,<br />

quando vi sia prole naturale». La regola ha ricevuto applicazione in almeno due decisioni <strong>di</strong><br />

legittimità ( 33 ), in casi in cui la convivente, non titolare del rapporto <strong>di</strong> conduzione, era purtuttavia<br />

rimasta nell’immobile con la prole minorenne che le era stata affidata ( 34 ). La questione della<br />

costituzionalità, invece, dell’art. 6 cit., con riguardo all’ipotesi <strong>di</strong> «separazione consensuale» dei<br />

conviventi, in assenza <strong>di</strong> prole, ha formato oggetto <strong>di</strong> svariate or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> rimessione, rimaste però<br />

senza esito, avendo dato luogo ad oggi a decisioni <strong>di</strong> manifesta inammissibilità o infondatezza ( 35<br />

).<br />

36<br />

Ora, come correttamente posto in luce in dottrina ( ), nella decisione del 1988, la Consulta<br />

aveva ritenuto «irragionevole che nell’elencazione dei successori nel contratto <strong>di</strong> locazione non<br />

compaia chi al titolare originario del contratto era nella stabile convivenza more uxorio»,<br />

premurandosi poi <strong>di</strong> specificare che «l’art. 3 della Costituzione va qui invocato non per la sua<br />

portata uguagliatrice, restando comunque <strong>di</strong>versificata la con<strong>di</strong>zione del coniuge da quella del<br />

convivente more uxorio, ma per la contrad<strong>di</strong>ttorietà logica della esclusione <strong>di</strong> un convivente<br />

convivente dalla previsione <strong>di</strong> una norma che intende tutelare l’abituale convivenza».<br />

( 27 ) Cfr. DE CUPIS, Il concubinato nel <strong>di</strong>ritto privato, cit., p. 76; CAFERRA, Il dovere <strong>di</strong> solidarietà tra i coniugi, in<br />

Foro it., 1976, V, c. 309, nota 79; A. TRABUCCHI, Morte della famiglia o <strong>famiglie</strong> senza famiglia?, in Riv. <strong>di</strong>r. civ.,<br />

1988, I, p. 35 s.; OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 284, nota 87.<br />

( 28 ) Sul tema e sull’abrogazione dell’art. 526 c.p. per effetto dell’art. 1, l. 15 febbraio 1996, n. 66, cfr. OBERTO, La<br />

seduzione con promessa <strong>di</strong> matrimonio al capolinea, in <strong>Danno</strong> e resp., 1996, 416 ss.<br />

( 29 ) Più in generale, in tema <strong>di</strong> responsabilità contrattuale nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, OBERTO, La responsabilità<br />

contrattuale nei rapporti familiari, cit., p. 64 ss.<br />

( 30 ) V. Cass., 17 gennaio 1958, n. 84, in Foro it., 1959, I, c. 470; Cass., 25 gennaio 1960, n. 68, ivi, 1961, I, c. 2017;<br />

Cass., 15 gennaio 1969, n. 60, ivi, 1969, I, c. 1517; Cass., 29 novembre 1986, n. 7064, cit.<br />

( 31 ) Cfr. Trib. Milano, 13 marzo 2009, citata da M. SGROI, op. cit., p. 1095: «La domanda <strong>di</strong> risarcimento danni, ex<br />

art. 2043 c.c., avanzata da parte attrice nei confronti del proprio compagno al termine della convivenza more uxorio<br />

durata <strong>di</strong>versi anni e condotta nel lusso e nell’agiatezza da entrambe le parti, deve <strong>di</strong>chiararsi infondata. L’interruzione<br />

della convivenza more uxorio, <strong>di</strong>fatti, non rappresenta una fattispecie ascrivibile all’illecito aquiliano con conseguente<br />

inconfigurabilità del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> alcuna delle parti ad avanzare pretese risarcitorie. Del resto, neppure la separazione<br />

personale dei coniugi rappresenta nell’ambito dell’or<strong>di</strong>namento, un illecito dal quale derivino lesioni del <strong>di</strong>ritto alla<br />

persona costituzionalmente garantito. Le circostanze in forza delle quali parte attrice fonda la pretesa risarcitoria sulla<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> chance per aver interrotto la prestigiosa carriera <strong>di</strong> modella ed indossatrice e sulla delusione delle mille<br />

aspettative <strong>di</strong> coronamento della vita coniugale, non integrano alcun illecito non solo nei riguar<strong>di</strong> della compagna <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> ma neppure nei riguar<strong>di</strong> della moglie, potendo costituire, al più, nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> quest’ultima, causa <strong>di</strong> addebito<br />

della pronuncianda separazione». V. inoltre App. Firenze, 4 novembre 2010, cit.<br />

( 32 ) Su cui v. infra, Cap. IX, § 1.<br />

( 33 ) Cfr. Cass., 25 maggio 1989, n. 2524; Cass., 10 ottobre 1997, n. 9868, in Fam. <strong>di</strong>r., 1998, p. 175.<br />

( 34 ) V. anche Pret. Pordenone, 23 <strong>di</strong>cembre 1998, in Arc. locaz. cond., 1999, p. 846.<br />

( 35 ) Corte cost., 15 marzo 2002, n. 61; Corte cost., 11 giugno 2003, n. 204; Corte cost., 7 gennaio 2010, n. 7, in Fam.<br />

<strong>di</strong>r., 2011, p. 113, con nota <strong>di</strong> ALVISI.<br />

( 36 ) ALVISI, Fine della convivenza e successione nel contratto <strong>di</strong> locazione: l’onda lunga <strong>di</strong> una <strong>di</strong>menticata <strong>di</strong>stonia<br />

tra motivazione e <strong>di</strong>spositivo, Nota a Corte cost., 7 gennaio 2010, n. 7, in Fam. <strong>di</strong>r., 2011, p. 117.<br />

112


È quin<strong>di</strong> evidente che il parametro usato per ad<strong>di</strong>venire alla declaratoria <strong>di</strong> accoglimento delle<br />

questioni <strong>di</strong> illegittimità fu, non già il principio <strong>di</strong> uguaglianza, bensì quello <strong>di</strong> ragionevolezza. Con<br />

specifico riferimento alla questione, sollevata dal tribunale <strong>di</strong> Firenze (che aveva rimesso la<br />

questione alla Corte costituzionale), della possibile inclusione del convivente more uxorio tra gli<br />

aventi <strong>di</strong>ritto a succedere nel contratto ai sensi del terzo comma, la Consulta affermò espressamente,<br />

in motivazione, che «essendo la separazione tra i conviventi more uxorio soltanto un’espressione<br />

metaforica che in<strong>di</strong>ca in realtà l’estinzione del rapporto more uxorio, l’esistenza <strong>di</strong> prole naturale<br />

“valorizza ulteriormente” la ratio deciden<strong>di</strong> per la conservazione dell’abitazione alla residua<br />

comunità familiare».<br />

La Corte, quin<strong>di</strong>, riconobbe la spettanza del <strong>di</strong>ritto a succedere nel contratto <strong>di</strong> locazione nel<br />

momento della crisi della coppia in caso <strong>di</strong> accordo tra i partner al convivente in sé considerato, la<br />

presenza <strong>di</strong> prole comune convivente altro non essendo che un accidentale argomento a fortiori del<br />

ragionamento svolto. Sennonché <strong>di</strong> tale fondamentale sfumatura si perse traccia in <strong>di</strong>spositivo,<br />

poiché la Corte <strong>di</strong>chiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, terzo comma, della legge sull’equo<br />

canone «nella parte in cui non prevede la successione nel contratto <strong>di</strong> locazione al conduttore che<br />

abbia cessato la convivenza a favore del convivente “quando vi sia prole naturale”» ( 37<br />

).<br />

Quanto sopra non esclude, ad avviso dello scrivente e secondo quanto già preconizzato da<br />

almeno una decisione <strong>di</strong> merito, che del sistema possa fornirsi una lettura costituzionalmente<br />

orientata, così evitando <strong>di</strong> sollevare l’ennesima questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale, destinata ad<br />

38<br />

essere nuovamente fraintesa – o aggirata – dalla Consulta ( ).<br />

Le questioni sin qui <strong>di</strong>scusse attengono alla tutela del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione sulla casa della<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> nell’ipotesi in cui si tratti <strong>di</strong> «casa in affitto». Problematiche <strong>di</strong>verse si pongono<br />

nella fattispecie <strong>di</strong> abitazione in proprietà <strong>di</strong> uno dei partners, laddove la convivenza cessi per<br />

morte del proprietario, ovvero per rottura dell’unione. Le varie situazioni saranno esaminate a<br />

39<br />

tempo debito ( ).<br />

Un tema, invece, per più versi simile a quello sin qui <strong>di</strong>battuto attiene all’ipotesi in cui<br />

l’immobile sia nella <strong>di</strong>sponibilità abitativa dei conviventi (o <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> essi), non già in forza <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>ritto reale o <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> conduzione, bensì per via <strong>di</strong> un comodato concesso da un terzo<br />

(solitamente si tratterà dei genitori, o <strong>di</strong> altri stretti parenti, <strong>di</strong> uno dei membri della coppia).<br />

40<br />

Al riguardo dovrà osservarsi che una decisione <strong>di</strong> legittimità del 2011 ( ) è venuta a stabilire<br />

che un comodato, stipulato senza prefissione <strong>di</strong> termine, <strong>di</strong> un immobile successivamente a<strong>di</strong>bito,<br />

per inequivoca e comune volontà delle parti contraenti, ad abitazione <strong>di</strong> un nucleo familiare <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>,<br />

costituito dai conviventi e da un figlio minore, non può essere risolto in virtù della mera<br />

manifestazione <strong>di</strong> volontà ad nutum espressa dal comodante ai sensi dell’art. 1810, primo comma,<br />

ultima parte, c.c., «dal momento che deve ritenersi impresso al contratto un vincolo <strong>di</strong> destinazione<br />

alle esigenze abitative familiari idoneo a conferire all’uso cui la cosa è destinata il carattere<br />

implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi familiare tra i conviventi». Da tali premesse<br />

la Corte ha <strong>fatto</strong> derivare che il rilascio dell’immobile, finché non cessano le esigenze abitative<br />

( 37 ) Che la ragione dell’evidenziata <strong>di</strong>stonia tra motivazione e <strong>di</strong>spositivo sia da ricercarsi nelle peculiarità del caso<br />

<strong>di</strong> specie sottoposto all’attenzione dei giu<strong>di</strong>ci costituzionali dal tribunale <strong>di</strong> Firenze, è reso evidente dalla lettura<br />

dell’or<strong>di</strong>nanza <strong>di</strong> remissione (cfr. Trib. Firenze, 6 ottobre 1982, in G.U., 14 settembre 1983, I, n. 253). In essa, con<br />

riferimento all’art. 6, comma 3, legge sull’equo canone, si legge che «la mancata previsione <strong>di</strong> applicabilità dell’ultimo<br />

comma ai coniugi <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, impe<strong>di</strong>sce al conduttore che abbia procreato figli <strong>di</strong> garantire loro un’abitazione e, quin<strong>di</strong>,<br />

quella sicurezza che – invece – è concessa ai genitori legittimi con l’esercitare appieno il loro <strong>di</strong>ritto-dovere che viene<br />

sancito dai richiamati precetti costituzionali. Quello <strong>di</strong> evitare il grave <strong>di</strong>sagio <strong>di</strong> una sistemazione precaria, con la<br />

conseguenza <strong>di</strong> non poter offrire al figlio il conforto <strong>di</strong> un alloggio, sembra costituire una grave menomazione del <strong>di</strong>ritto<br />

dell’uomo che ha procreato e che, in questo modo, in quanto genitore, rimane privo, nei confronti della prole, del libero<br />

assolvimento del <strong>di</strong>ritto-dovere <strong>di</strong> una civile assistenza».<br />

( 38 ) Secondo quanto illustrato supra, § 1, in questo Cap., la portata della più volte citata decisione n. 404 del 1988<br />

della Consulta potrebbe forse essere estesa, in via ermeneutica, senza necessità <strong>di</strong> ulteriori interventi da parte della<br />

Corte costituzionale, anche alla successione dell’ex convivente nel rapporto locatizio in caso <strong>di</strong> «separazione<br />

consensuale» della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. In questo senso va infatti letta Pret. Pordenone, 23 <strong>di</strong>cembre 1998, cit., la quale,<br />

pur in presenza <strong>di</strong> prole naturale, sembra porre l’accento sull’accordo dei partners.<br />

( 39 ) V., quanto alla posizione del convivente superstite, infra, Cap. IX, § 1; per i <strong>di</strong>ritti in caso <strong>di</strong> rottura inter vivos<br />

della convivenza v. infra, §§ 6 e 7, in questo Cap.<br />

( 40 ) Cass., 21 giugno 2011, n. 13592.<br />

113


familiari cui esso è stato destinato, può essere richiesto, ai sensi dell’art. 1809, secondo comma,<br />

c.c., solo nell’ipotesi <strong>di</strong> un bisogno contrassegnato dall’urgenza e dall’impreve<strong>di</strong>bilità.<br />

Non sarà così sfuggito all’attento lettore che la Suprema Corte ha qui <strong>fatto</strong> applicazione della<br />

regola dettata (non senza contrasti!) dalle Sezioni Unite nel 2004 per il c.d. «comodato familiare»<br />

nell’ambito della crisi coniugale ( 41<br />

).<br />

La situazione qui descritta va, a sua volta, tenuta ben <strong>di</strong>stinta da quella del comodato tra i<br />

42 43<br />

conviventi, <strong>di</strong> cui già si è detto ( ) e sulla quale comunque si tornerà ancora ( ).<br />

5. Le conseguenze della rottura in presenza <strong>di</strong> figli minorenni. Generalità. Gli accor<strong>di</strong> tra i<br />

conviventi.<br />

44<br />

Si è esattamente rilevato in dottrina ( ) che la <strong>di</strong>ssoluzione della convivenza, con riguardo ai<br />

figli, pone praticamente gli stessi problemi che si prospettano in occasione della separazione o del<br />

<strong>di</strong>vorzio. Proprio in ragione <strong>di</strong> tali considerazioni, la l. 8 febbraio 2006, n. 54 – che ha introdotto la<br />

<strong>di</strong>sciplina sull’affidamento con<strong>di</strong>viso – ha statuito che le relative <strong>di</strong>sposizioni si applicano anche ai<br />

proce<strong>di</strong>menti relativi ai figli <strong>di</strong> genitori non coniugati (art. 4 cpv.) ( 45<br />

).<br />

L’applicazione della legge sull’affidamento con<strong>di</strong>viso anche ai proce<strong>di</strong>menti concernenti i<br />

figli naturali non ha però comportato la tacita abrogazione dell’art. 317-bis cpv. c.c., posto che<br />

l’applicazione della nuova <strong>di</strong>sciplina presuppone l’attivazione <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento, mentre ex art.<br />

317-bis c.c. il ricorso al giu<strong>di</strong>ce non è necessario. Infatti, mentre nel caso <strong>di</strong> separazione o <strong>di</strong>vorzio<br />

è il giu<strong>di</strong>ce che provvede ovvero, trattandosi <strong>di</strong> separazione consensuale o <strong>di</strong>vorzio su domanda<br />

congiunta, controlla la rispondenza all’interesse del minore dell’accordo raggiunto dai genitori,<br />

nell’ipotesi <strong>di</strong> cessazione della convivenza more uxorio l’intervento del giu<strong>di</strong>ce è previsto dall’art.<br />

46<br />

317-bis, secondo comma, c.c., come meramente eventuale e successivo ( ).<br />

Si è peraltro correttamente rilevato che la conflittualità che sovente caratterizza la<br />

47<br />

<strong>di</strong>ssoluzione della coppia imporrà il più delle volte ricorso al giu<strong>di</strong>ce ( ). I tribunali per i<br />

minorenni, <strong>di</strong> fronte al contenzioso in <strong>di</strong>scorso, hanno sempre seguito i criteri elaborati dai tribunali<br />

or<strong>di</strong>nari nei casi <strong>di</strong> separazione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorzio. Così, ad es., una decisione del 1997 ( 48<br />

) ha stabilito<br />

che «Poiché la norma costituzionale non <strong>di</strong>stingue tra la potestà del genitore naturale e quella del<br />

( 41 ) Cfr. Cass., Sez. Un., 21 luglio 2004, n. 13603, in Corr. giur., 2004, p. 1439, con nota <strong>di</strong> E. QUADRI. In senso<br />

contrario v. però, ad es., Cass., 7 luglio 2010, n. 15986, la quale ha stabilito che i suoceri possono chiedere alla nuora la<br />

restituzione della casa concessa in comodato a lei e al figlio, e a<strong>di</strong>bita ad abitazione familiare, anche se dopo la<br />

separazione l’immobile è stato assegnato alla donna affidataria dei figli. Secondo la decisione la fattispecie integra il<br />

cosiddetto comodato precario, caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine <strong>di</strong> efficacia del vincolo<br />

è rimesso in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà <strong>di</strong> manifestarla con la semplice richiesta <strong>di</strong><br />

restituzione del bene, senza che assuma rilievo «la circostanza che l’immobile sia stato a<strong>di</strong>bito a uso familiare e sia stato<br />

assegnato, in sede <strong>di</strong> separazione tra coniugi, all’affidatario dei figli». Cfr. poi anche Cass., 14 febbraio 2012, n. 2103.<br />

( 42 ) V. supra, Cap. IV, § 2; Cap. V, § 3; Cap. VIII, § 1. Come già detto, la S.C. ha escluso la nullità del contratto <strong>di</strong><br />

comodato <strong>di</strong> un appartamento concesso da un uomo in favore della convivente e soggetto alla con<strong>di</strong>zione risolutiva <strong>di</strong><br />

cessazione della convivenza per volontà della donna in virtù del principio per cui «la convivenza more uxorio tra<br />

persone in stato libero non costituisce causa <strong>di</strong> illiceità e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> nullità <strong>di</strong> un contratto attributivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti<br />

patrimoniali collegato a detta relazione, in quanto tale convivenza, ancorché non <strong>di</strong>sciplinata dalla legge, non contrasta<br />

né con norme imperative, non esistendo norme <strong>di</strong> tale natura che la vietino, né con l’or<strong>di</strong>ne pubblico, che comprende i<br />

principi fondamentali informatori dell’or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co, né con il buon costume, inteso, a norma delle <strong>di</strong>sposizioni<br />

del co<strong>di</strong>ce civile, come il complesso dei principi etici costituenti la morale sociale <strong>di</strong> un determinato momento storico,<br />

bensì ha rilevanza nel vigente or<strong>di</strong>namento» (cfr. Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, cit.).<br />

( 43 ) V. infra, § 7, in questo Cap.<br />

( 44 ) Cfr. per tutti BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3787.<br />

( 45 ) Sull’impatto della riforma del 2006 sulla materia della filiazione naturale nell’ambito della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> v.<br />

per tutti FALLETTI, La fine della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>: gli aspetti patrimoniali, cit., p. 856 ss.; M. SGROI, op. cit., p. 1069 ss.<br />

( 46 ) Cfr. Cass., 3 aprile 2007, n. 8362, in Fam. <strong>di</strong>r., 2007, p. 446, ove si legge che «l’art. 317-bis cod. civ., resta il<br />

referente normativo della potestà e dell’affidamento nella filiazione naturale, con finalità essenzialmente correttive dei<br />

criteri previsti dalla stessa norma» (sul punto cfr. anche OBERTO, Accor<strong>di</strong> tra conviventi e <strong>di</strong>ritti del minore, alla luce<br />

della riforma sull’affidamento con<strong>di</strong>viso, in AA. VV., Il nuovo rito del contenzioso familiare e l’affidamento con<strong>di</strong>viso,<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Oberto</strong>, Padova, 2007, p. 271 ss.).<br />

( 47 ) Cfr. PALADINI, La filiazione nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 612.<br />

( 48 ) Trib. Min. Perugia, 25 agosto 1997, in Rass. giur. umbra, 1998, p. 349.<br />

114


genitore legittimo, deve essere analogicamente estesa alle norme che attribuiscono un controllo del<br />

giu<strong>di</strong>ce sulla potestà dei genitori naturali in caso <strong>di</strong> cessata convivenza, la <strong>di</strong>sciplina prevista per il<br />

controllo del giu<strong>di</strong>ce sulla potestà dei genitori <strong>di</strong>vorziati (al <strong>di</strong>vorzio infatti, più che alla<br />

separazione, consegue una situazione analoga a quella dei genitori non conviventi rispetto al residuo<br />

rapporto <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> essi con la prole). Rientra <strong>di</strong> conseguenza nella competenza del tribunale per<br />

i minorenni il potere <strong>di</strong> prendere tutti i provve<strong>di</strong>menti in or<strong>di</strong>ne alla potestà sui figli naturali,<br />

adottando gli omologhi provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> competenza del giu<strong>di</strong>ce del <strong>di</strong>vorzio, fermo restando che,<br />

in caso <strong>di</strong> accordo – sopravvenuto al ricorso <strong>di</strong> uno dei genitori – sulle con<strong>di</strong>zioni inerenti<br />

all’affidamento e al mantenimento della prole, il giu<strong>di</strong>ce “deve tener conto” <strong>di</strong> esso anche se i suoi<br />

provve<strong>di</strong>menti possono essere <strong>di</strong>versi rispetto all’accordo medesimo».<br />

D’altro canto, già da epoca precedente alla riforma del 2006 sull’affidamento con<strong>di</strong>viso, si era<br />

riconosciuta la possibilità <strong>di</strong> estendere istituti che, come nel caso dell’affidamento congiunto, erano<br />

esplicitamente previsti solo dalla <strong>di</strong>sciplina sul <strong>di</strong>vorzio ( 49 ), anche nel caso <strong>di</strong> conflittualità tra i<br />

genitori ( 50<br />

).<br />

In tema <strong>di</strong> competenza si tende a ritenere che questa spetti al tribunale per i minorenni, mentre<br />

51<br />

permane la competenza del tribunale or<strong>di</strong>nario per le decisioni in tema <strong>di</strong> mantenimento ( ). La<br />

questione è peraltro animatamente <strong>di</strong>scussa in dottrina e giurisprudenza a partire dall’entrata in<br />

vigore della riforma sull’affidamento con<strong>di</strong>viso ( 52 ). Ad avviso della Cassazione ( 53<br />

), dunque, L’art.<br />

317-bis c.c. continua a rappresentare lo statuto normativo della potestà del genitore e<br />

dell’affidamento del figlio nella crisi dell’unione <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e il richiamo ad esso contenuto nell’art.<br />

38, primo comma, <strong>di</strong>sp. att. c.c. deve ritenersi tuttora vigente. Di conseguenza, la competenza a<br />

emanare i provve<strong>di</strong>menti nell’interesse del figlio naturale spetta al tribunale per i minorenni.<br />

Peraltro, una volta confermata la competenza del giu<strong>di</strong>ce minorile per l’emanazione dei<br />

provve<strong>di</strong>menti relativi all’esercizio della potestà e all’affidamento dei figli naturali, ne deriva<br />

l’attrazione, in capo allo stesso giu<strong>di</strong>ce specializzato, della competenza a provvedere, altresì, sulla<br />

misura e sul modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento del figlio, con la<br />

conseguenza che, in caso <strong>di</strong> contestualità della domanda <strong>di</strong> natura patrimoniale con quella relativa<br />

all’affidamento, il tribunale per i minorenni è competente a provvedere anche sul contributo al<br />

mantenimento dei figli naturali stessi. Nel caso invece <strong>di</strong> controversia tra genitori naturali<br />

conviventi o ex conviventi more uxorio sul (solo) mantenimento dei figli è esclusivamente<br />

54<br />

competente il tribunale or<strong>di</strong>nario ( ).<br />

( 49 ) V. Trib. Min. L’Aquila, 22 aprile 1998, in Giust. civ., 1999, I, p. 596.<br />

( 50 ) Trib. Min. Perugia, 16 gennaio 1998, in Fam. <strong>di</strong>r., 1998, p. 376.<br />

( 51 ) PALADINI, La filiazione nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 612; SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 409, il quale<br />

evidenzia che in tal modo si determina un <strong>di</strong>fferente trattamento processuale tra figli legittimi e figli naturali, che<br />

tuttavia è rimasto privo <strong>di</strong> censure <strong>di</strong> legittimità costituzionale in due <strong>di</strong>verse pronunce del giu<strong>di</strong>ce delle leggi aventi ad<br />

oggetto la conformità a Costituzione del combinato <strong>di</strong>sposto <strong>di</strong> cui agli artt. 317-bis e 38 <strong>di</strong>sp. att. c.c.: Corte cost., 5<br />

febbraio 1996, n. 23, in Dir. fam. pers., 1996, I, p. 1327; Corte cost., 30 <strong>di</strong>cembre 1997, n. 451, in Foro it., 1998, I, c.<br />

1377, con nota <strong>di</strong> CONSENTINO.<br />

( 52 ) Per alcuni commenti al riguardo cfr. FACCHINI, Quale giu<strong>di</strong>ce e quale rito per i figli naturali?, in AA. Vv., Il<br />

nuovo rito del contenzioso familiare e l’affidamento con<strong>di</strong>viso – Le riforme del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia viste dagli avvocati –<br />

Commenti, formulari e documenti, a cura <strong>di</strong> <strong>Oberto</strong>, cit., p. 237 ss.; CENICCOLA e SARRACINO, L’affidamento con<strong>di</strong>viso<br />

alla luce della Legge n. 54/2006, Matelica, 2007, p. 235 ss.; GIUNTI, La competenza in materia <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti sui<br />

figli naturali prima e dopo la legge sull’affidamento con<strong>di</strong>viso, Nota a Trib. Pescara, 16 novembre 2008, in Giur.<br />

merito, 2009, p. 2116 ss.<br />

( 53 ) Cass., 3 aprile 2007, n. 8362 cit.<br />

( 54 ) Cfr. Cass., 27 ottobre 2010, n. 22001, secondo cui «La competenza a decidere sulle controversie inerenti il<br />

mantenimento dei figli spetta sempre al tribunale or<strong>di</strong>nario, anche qualora la misura riguar<strong>di</strong> il contributo necessario per<br />

i figli <strong>di</strong> conviventi». La ratio deciden<strong>di</strong> riposa sulla constatazione per cui la domanda è introdotta da uno dei genitori in<br />

nome proprio e non in rappresentanza del figlio minore sul quale esercità la potestà. La lite, quin<strong>di</strong>, è tra due soggetti<br />

maggiorenni e «ha come causa peten<strong>di</strong> la comune qualità <strong>di</strong> genitori e come petitum il contributo che l’uno deve versare<br />

all’altro in adempimento dell’obbligo <strong>di</strong> mantenimento del figlio». La riforma introdotta dalla legge n. 54/2006 non<br />

lascia spazio all’ipotesi <strong>di</strong> un principio generale <strong>di</strong> unificazione delle competenze in materia <strong>di</strong> conflitti familiari che<br />

«sia pure invocato dalla dottrina – scrivono i giu<strong>di</strong>ci i legittimità – non ha finora trovato il consenso del legislatore».<br />

Cfr. inoltre Cass., 13 gennaio 2011, n. 674, secondo cui «Spetta al Tribunale or<strong>di</strong>nario (e non al Tribunale per i<br />

minorenni) giu<strong>di</strong>care sulla domanda <strong>di</strong> regresso proposta da uno dei genitori, (nella specie a seguito della conclusione<br />

della convivenza tra genitori naturali) in nome proprio, nei confronti dell’altro, al fine <strong>di</strong> ottenere, ai sensi dell’art. 1299<br />

115


Per il resto, nel caso <strong>di</strong> cessazione della convivenza more uxorio in presenza <strong>di</strong> figli, è dato<br />

riscontrare il frequente ricorso all’applicazione analogica delle norme previste in tema <strong>di</strong><br />

separazione e <strong>di</strong>vorzio, proprio per assicurare una più completa tutela ai figli nati al <strong>di</strong> fuori dal<br />

matrimonio in assenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina ad hoc prevista. L’accordo dei conviventi, quando vi sia,<br />

considerata l’imme<strong>di</strong>ata operatività dei criteri <strong>di</strong> legge, è produttivo <strong>di</strong> effetti senza la necessità <strong>di</strong><br />

un preventivo vaglio giu<strong>di</strong>ziario ( 55<br />

).<br />

56<br />

Tuttavia, come si è già avuto modo <strong>di</strong> chiarire ( ), l’esigenza <strong>di</strong> attribuire a siffatti accor<strong>di</strong><br />

efficacia vincolante, spinge sovente i conviventi a richiederne la «ratifica», <strong>di</strong> modo che si è posto il<br />

problema in merito all’accoglimento del ricorso presentato dai coniugi congiuntamente e volto ad<br />

ottenere una sorta <strong>di</strong> omologa o ratifica dell’accordo già raggiunto. Si è dunque instaurata una prassi<br />

presso i tribunali per i minorenni che prevede l’emissione <strong>di</strong> un provve<strong>di</strong>mento che, pur non<br />

essendo un’omologazione in senso formale, è volto ad assolvere la medesima funzione. Si osserva,<br />

in particolare, che sussiste un interesse all’adozione <strong>di</strong> un provve<strong>di</strong>mento che recepisca l’accordo<br />

raggiunto da ravvisarsi, essenzialmente, nella prevenzione <strong>di</strong> future conflittualità ( 57<br />

).<br />

I provve<strong>di</strong>menti del tribunale per i minorenni vengono assunti mutuando gli istituti previsti<br />

per la separazione ed il <strong>di</strong>vorzio, così da assicurare ai figli naturali un trattamento paritario rispetto<br />

58<br />

a quello dei figli legittimi ( ). Si realizza così quanto dallo scrivente preconizzato in merito ad una<br />

sostanziale estensione analogica dell’art. 158 c.c. alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> ( 59<br />

).<br />

6. Segue. La sorte della casa familiare in presenza <strong>di</strong> prole (ed in assenza <strong>di</strong> accor<strong>di</strong>).<br />

Prima della riforma del 2006 sull’affidamento con<strong>di</strong>viso la giurisprudenza si era invece <strong>di</strong>visa<br />

sull’applicabilità analogica dell’istituto dell’assegnazione della casa coniugale. Secondo un primo<br />

orientamento si era ritenuto che «in applicazione analogica dell’art. 155, quarto comma, c.c., in caso<br />

<strong>di</strong> cessazione della convivenza more uxorio la casa familiare <strong>di</strong> proprietà comune dei genitori può<br />

60<br />

essere assegnata a quello che sia affidatario dei figli minori» ( ). In senso contrario, escludendo<br />

cod. civ., il rimborso pro-quota delle spese sostenute per sé, nel periodo anteriore alla nascita dei figli, e per la prole,<br />

trattandosi <strong>di</strong> lite tra due soggetti maggiorenni, che ha come causa peten<strong>di</strong> la comune qualità <strong>di</strong> genitori, e non essendo<br />

la domanda assimilabile a (né connessa con) quelle contemplate dall’art. 38 <strong>di</strong>sp. att. cod. civ. riguardanti l’affidamento<br />

e il mantenimento dei figli minorenni». V. poi anche Cass., 20 giugno 2011, n. 13508, secondo cui «L’attrazione al<br />

giu<strong>di</strong>zio del Tribunale per i minorenni della domanda <strong>di</strong> corresponsione <strong>di</strong> un contributo per il mantenimento del figlio<br />

minore può giustificarsi esclusivamente in caso <strong>di</strong> contestualità fra la stessa e la domanda principale, proposta ai sensi<br />

dell’art. 155 cod. civ., riguardante l’affidamento dei figli e l’esercizio della potestà genitoriale».<br />

( 55 ) BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3787; cfr. inoltre OBERTO, Accor<strong>di</strong> tra conviventi e <strong>di</strong>ritti del minore,<br />

alla luce della riforma sull’affidamento con<strong>di</strong>viso, cit., p. 271 ss.<br />

( 56 ) V. supra, Cap. V, § 2.<br />

( 57 ) Così Trib. Min. Reggio Calabria, 17 ottobre 1994, cit., secondo cui: «allorché i partners <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong><br />

cessino dal convivere e, nell’interesse della prole da essi concepita e generata, raggiungano un accordo extragiu<strong>di</strong>ziale<br />

sull’affidamento della prole stessa [...] è ammissibile e legittimo l’intervento, a richiesta dei genitori, del tribunale per i<br />

minorenni che, constatata la conformità dell’accordo agli interessi della prole, ne omologhi il contenuto»;<br />

analogamente, si è sostenuto che «poiché la norma costituzionale non <strong>di</strong>stingue tra la potestà del genitore naturale e<br />

quella del genitore legittimo, deve essere analogicamente estesa alle norme che attribuiscono un controllo del giu<strong>di</strong>ce<br />

sulla potestà dei genitori naturali in caso <strong>di</strong> cessata convivenza, la <strong>di</strong>sciplina prevista per il controllo del giu<strong>di</strong>ce sulla<br />

potestà dei genitori <strong>di</strong>vorziati del tribunale per i minorenni, che, nell’interesse della prole, potrebbe adottare<br />

provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong>versi»: in tal senso Trib. Min. Perugia, 25 agosto 1997, cit.; in precedenza v. Trib. Min. L’Aquila, 31<br />

gennaio 1994, cit.; App. Milano, 4 <strong>di</strong>cembre 1995, in Fam. <strong>di</strong>r., 1996, p. 247, con nota <strong>di</strong> MORETTI; favorevole in<br />

dottrina FERRANDO, Convivere senza matrimonio: rapporti personali e patrimoniali nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 188;<br />

per una critica, cfr. GALIZIA DANOVI, Sui limiti dell’intervento del giu<strong>di</strong>ce nella soluzione dei conflitti familiari, in Dir.<br />

fam. pers., 1995, p. 1044; sul tema v. anche FIORINI, Autonomia privata e affidamento con<strong>di</strong>viso, in Riv. notar., 2007, p.<br />

47 ss.<br />

( 58 ) Sul tema cfr. PALADINI, La filiazione nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 612; per una critica dell’ammissibilità <strong>di</strong><br />

un’omologazione <strong>di</strong> tali accor<strong>di</strong> da parte del tribunale dei minorenni cfr. SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 413 s.; in<br />

argomento v. anche OBERTO, Contratti <strong>di</strong> convivenza e <strong>di</strong>ritti del minore, cit., p. 240 ss.<br />

( 59 ) Cfr. OBERTO, Contratti <strong>di</strong> convivenza e <strong>di</strong>ritti del minore, cit., p. 240 ss. V. anche supra, Cap. V, § 2.<br />

( 60 ) Trib. Palermo, 20 luglio 1993, in Foro it., 1996, I, c. 122; Trib. Milano, 23 gennaio 1997, in Fam. <strong>di</strong>r., 1997, p.<br />

560; Trib. Bari, 11 giugno 1982, in Foro it., 1982, I, c. 2032.<br />

116


implicitamente che la <strong>di</strong>sposizione in questione fosse applicabile alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> – neppure in<br />

forza <strong>di</strong> interpretazione analogica o estensiva – si era invece affermato che «non è manifestamente<br />

infondata la q.l.c. dell’art. 155, quarto comma, c.c., nella parte in cui non prevede la possibilità <strong>di</strong><br />

assegnazione in go<strong>di</strong>mento della casa familiare al genitore naturale affidatario <strong>di</strong> un figlio minore<br />

nato da un rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio cessato» ( 61<br />

).<br />

Al riguardo il giu<strong>di</strong>ce delle leggi, con sentenza interpretativa <strong>di</strong> rigetto, aveva ritenuto che,<br />

considerato il <strong>fatto</strong> «che l’obbligo <strong>di</strong> mantenimento della prole, sancito dall’art. 147 c.c., comprende<br />

in via primaria il sod<strong>di</strong>sfacimento delle esigenze materiali, connesse inscin<strong>di</strong>bilmente alla<br />

prestazione dei mezzi necessari per garantire un corretto sviluppo psicologico e fisico del figlio, e<br />

segnatamente, tra queste, la pre<strong>di</strong>sposizione e la conservazione dell’ambiente domestico,<br />

considerato quale centro <strong>di</strong> affetti, <strong>di</strong> interessi e <strong>di</strong> consuetu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vita, che contribuisce in misura<br />

fondamentale alla formazione armonica della personalità del figlio – l’interpretazione sistematica<br />

dell’art. 30 Cost. in correlazione agli artt. 261, 146 e 148 c.c. impone che l’assegnazione della casa<br />

familiare nell’ipotesi <strong>di</strong> cessazione <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio, allorché vi siano figli<br />

minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, deve regolarsi me<strong>di</strong>ante l’applicazione<br />

del principio <strong>di</strong> responsabilità genitoriale, il quale postula che sia data tempestiva ed efficace<br />

sod<strong>di</strong>sfazione alle esigenze <strong>di</strong> mantenimento del figlio, a prescindere dalla qualificazione dello<br />

62<br />

status» ( ). La decisione della Consulta aveva ricevuto applicazione da una decisione del 2004<br />

della Corte <strong>di</strong> Cassazione ( 63<br />

).<br />

La questione è stata però legislativamente risolta dal già citato art. 4, l. 8 febbraio 2006, n. 54,<br />

che ha reso applicabile anche ai genitori non coniugati le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui all’art. 155-quater c.c.<br />

7. Cessazione della convivenza e questioni possessorie nei rapporti tra i conviventi.<br />

Assai <strong>di</strong>battuta è la questione della tutela possessoria del convivente in merito ad una<br />

possibile estromissione, operata dal partner, dalla casa in cui si svolge(va) il ménage. Più<br />

64<br />

esattamente, si è posto in luce ( ) che occorre <strong>di</strong>stinguere: a) il caso in cui ad invocare la tutela<br />

possessoria sia il partner estromesso dall’abitazione che, pur non vantando alcun <strong>di</strong>ritto reale od<br />

obbligatorio, voglia recuperarne la <strong>di</strong>sponibilità e continuare a goderne; b) il caso in cui il partner<br />

titolare del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> proprietà, o <strong>di</strong> altro <strong>di</strong>ritto reale o personale <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento sull’immobile,<br />

intenda allontanare l’altro in ragione degli intervenuti <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>.<br />

Per quanto attiene alla prima delle due ipotesi appena in<strong>di</strong>cate, cioè allorquando ad invocare<br />

la tutela possessoria sia il partner estromesso dall’abitazione, secondo un orientamento che può<br />

<strong>di</strong>rsi in fase <strong>di</strong> consolidamento, il convivente more uxorio è da qualificare detentore autonomo, in<br />

quanto tale legittimato all’azione <strong>di</strong> spoglio nei confronti del partner che lo abbia cacciato <strong>di</strong> casa<br />

65<br />

( ). L’orientamento evidenziato non è univoco, in quanto si registrano pronunce <strong>di</strong> segno opposto<br />

( 61 ) Trib. Cagliari, 24 febbraio 1998, in Rass. giur. sarda, 1999, p. 137.<br />

( 62 ) Corte cost., 13 maggio 1998, n. 166, cit.; in dottrina SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 412 ss.; PALADINI, La<br />

filiazione nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 609 ss.<br />

( 63 ) Cfr. Cass., 26 maggio 2004, n. 10102, in Foro it., 2004, I, c. 2742; in Fam. <strong>di</strong>r., 2005, p. 23, con nota <strong>di</strong><br />

DOLCINI; v. inoltre Trib. Foggia, 9 agosto 2002, in Foro it., 2002, I, c. 303; in Familia, 2003, p. 244, con nota <strong>di</strong><br />

CUBEDDU; nello stesso senso cfr. inoltre Trib. Genova, 15 ottobre 2003, in Dir. fam. pers., 2004, p. 477. Prima della<br />

decisione della Corte cost., Trib. Palermo, 20 luglio 1993, in Foro it., 1996, I, c. 122 ss., aveva <strong>di</strong>chiarato<br />

analogicamente applicabile alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> l’art. 155, quarto comma, c.c., nella formulazione vigente prima della<br />

riforma sull’affidamento con<strong>di</strong>viso.<br />

( 64 ) BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 253 ss.; ID., Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3785 ss.<br />

( 65 ) Pret. Roma, 22 novembre 1975, riportata da BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2004, cit., p. 448, ove, tra l’altro, si<br />

afferma che «la mancanza <strong>di</strong> un vincolo coniugale e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto a detenere, non può in alcun modo incidere sul<br />

contenuto e sulla essenza stessa della detenzione»; Pret. Perugia, 29 settembre 1994, in Rass. giur. umbra, 1994, p. 725;<br />

Pret. Firenze, 27 febbraio 1992, in Foro it., 1993, I, c. 1712; Trib. Perugia, 22 settembre 1997, in Foro it., 1997, I, c.<br />

3686; Trib. Milano, 7 maggio 2008, in Fam. <strong>di</strong>r., 2009, p. 40, con nota <strong>di</strong> CAMPAGNOLI («La convivenza more uxorio<br />

determina un potere <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> sulla casa <strong>di</strong> abitazione basato su un interesse proprio ben <strong>di</strong>verso da quello derivante da<br />

ragioni <strong>di</strong> mera ospitalità. Conseguentemente, l’estromissione violenta del convivente dall’unità abitativa giustifica il<br />

ricorso ai mezzi <strong>di</strong> tutela forniti dalla legge, anche in via d’urgenza»). V. anche, per altri riferimenti giurisprudenziali,<br />

SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 407.<br />

117


).<br />

In una prospettiva contrapposta – secondo l’ipotesi sopra in<strong>di</strong>viduata sub b) – occorre poi<br />

analizzare l’ipotesi in cui sia l’effettivo titolare <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto sull’immobile ad agire in reintegrazione<br />

contro il convivente more uxorio che pretenda <strong>di</strong> continuare ad occuparlo, nonostante il venir meno<br />

dell’unione.<br />

Ora, se si considera la posizione del convivente, non titolare <strong>di</strong> alcun <strong>di</strong>ritto, in termini <strong>di</strong><br />

detenzione qualificata, appare <strong>di</strong>fficile concedere al proprietario l’azione possessoria nell’ipotesi in<br />

cui il partner, nonostante il venir meno dell’unione, rifiuti <strong>di</strong> lasciare l’immobile. Nello specifico,<br />

67<br />

ha invece concesso l’azione possessoria una ormai remota decisione <strong>di</strong> merito ( ), anche in<br />

considerazione delle seguenti concrete circostanze: a) la convivenza era durata non più <strong>di</strong> due anni;<br />

b) l’appartamento era stato concesso al ricorrente quale corrispettivo <strong>di</strong> un contratto d’opera<br />

stipulato con terzi; c) il resistente aveva inizialmente lasciato l’immobile, ma poi vi si era<br />

reintrodotto con violenza ( 68<br />

).<br />

Si è peraltro esattamente rimarcato che la negazione della tutela possessoria non comporta la<br />

privazione <strong>di</strong> qualsivoglia tutela e, dunque, l’impossibilità <strong>di</strong> recuperare la <strong>di</strong>sponibilità esclusiva<br />

69<br />

dell’immobile a seguito della rottura della convivenza more uxorio ( ). Al fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>rimere le<br />

controversie insorte al momento della <strong>di</strong>ssoluzione dell’unione ed aventi ad oggetto il go<strong>di</strong>mento in<br />

comune dell’immobile, può essere avviato un giu<strong>di</strong>zio or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> accertamento del venir meno del<br />

titolo giustificativo con conseguente richiesta <strong>di</strong> condanna al rilascio. Ciò in quanto il convivente<br />

titolare del <strong>di</strong>ritto sull’immobile, mettendo a <strong>di</strong>sposizione dell’altro la propria abitazione, darebbe<br />

vita ad un rapporto negoziale <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> rientrante nello schema della causa comodati ( 70<br />

).<br />

Andrà però subito ricordato che la possibilità stessa <strong>di</strong> ricondurre la situazione, nelle relazioni<br />

inter partes, allo schema del comodato non trova certo tutti concor<strong>di</strong>. Così, una decisione <strong>di</strong> merito<br />

del 2008 ha stabilito che nel rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio il go<strong>di</strong>mento dell’immobile a<strong>di</strong>bito<br />

ad abitazione comune da parte del convivente che non ne è proprietario «non si fonda su un<br />

71<br />

contratto <strong>di</strong> comodato» ( ). Di conseguenza, anche se il termine è indeterminato e non viene<br />

( 66<br />

( 66 ) Cfr. ad es. Pret. Pietrasanta, 19 aprile 1988, in Foro it., 1989, I, c. 1662, ove, pur rifiutando la qualifica <strong>di</strong> ospite<br />

al convivente more uxorio, piuttosto da considerare alla stregua <strong>di</strong> un detentore qualificato, si è giunti comunque a<br />

negare il rime<strong>di</strong>o possessorio al convivente, poiché riconoscere la legittimazione attiva ex art. 1168 c.c. «contrasterebbe<br />

con l’impossibilità <strong>di</strong> configurare situazioni <strong>di</strong> vantaggio da farsi valere dopo la fine del rapporto e, prima ancora, con<br />

l’assenza, nel nostro or<strong>di</strong>namento, <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>ce della <strong>di</strong>ssoluzione del ménage <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>»; Pret. Vigevano, 10 giugno<br />

1996, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, p. 240; in dottrina cfr. MONTEVERDE, op. cit., p. 961 ss.<br />

( 67 ) Pret. Firenze, 26 ottobre 1990, in Giur. mer., 1992, p. 861.<br />

( 68 ) Contra Pret. Pordenone, 9 maggio 1995, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, p. 240; sul tema in dottrina cfr.<br />

BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3785 s.<br />

( 69 ) BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3785 s.<br />

( 70 ) Pret. Monza, 30 aprile 1988, in Giur. merito, 1990, p. 74; Pret. Pordenone, 9 maggio 1995, cit.; Pret. Pordenone,<br />

18 marzo 1997, in Arch. loc. cond., 1997, p. 664; Trib. Napoli, 8 marzo 2004, in Giur. nap., 2004, p. 321; osserva<br />

tuttavia LEPRE, Abitazione «parafamiliare» e problemi possessori, Nota a Pret. Vigevano, 10 giugno 1996, in Nuova<br />

giur. civ. comm., 1997, I, p. 247, che «la riportata ricostruzione, pur nel lodevole sforzo <strong>di</strong> razionalizzare un fenomeno<br />

così sfuggente, quale quello della convivenza more uxorio, sembra, però, peccare <strong>di</strong> un’eccessiva artificiosità, laddove<br />

attribuisce alla coppia la volontà <strong>di</strong> stipulare un contratto che, nella sostanza, altro non sarebbe se non un negozio<br />

riconducibile a quello regolato dalle <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui agli artt. 1803 ss., c.c.». In quest’ottica, ad es., Trib. Bologna, 12<br />

marzo 2008, in Fam. pers. succ., 2008, p. 756, ha stabilito che il rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio «soprattutto se<br />

caratterizzato da stabilità, rappresenta il <strong>di</strong>ritto inviolabile <strong>di</strong> esprimere la propria personalità in una formazione sociale<br />

(art. 2 Cost.) e gode <strong>di</strong> una rilevanza giuri<strong>di</strong>ca che incide sul titolo in virtù del quale uno dei conviventi ha <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

go<strong>di</strong>mento sull’abitazione <strong>di</strong> cui l’altro convivente è proprietario. Pertanto, nel caso in cui la coabitazione si svolga<br />

nella casa <strong>di</strong> cui è proprietario uno dei conviventi, all’altro convivente l’immobile non viene conferito a titolo <strong>di</strong><br />

comodato, ma affinché ne possa godere e se ne possa servire in con<strong>di</strong>visione col convivente stesso (art. 1803 c.c.).<br />

Conseguentemente non deve essere accolta la domanda <strong>di</strong> rilascio che si fon<strong>di</strong> sul comodato nel caso in cui il<br />

go<strong>di</strong>mento sia avvenuto in costanza <strong>di</strong> convivenza more uxorio. Nel caso concreto la domanda è stata accolta in base ad<br />

una causa peten<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente, basata sulla cessazione del legame affettivo-solidaristico tra i partners».<br />

( 71 ) Cfr. Trib. Bologna, 14 maggio 2008, in Obbl. e contr., 2008, p. 750, con nota <strong>di</strong> SCHIAVONE. In motivazione si<br />

può leggere quanto segue: «Qualificare detto titolo come comodato a tempo indeterminato (in tal senso si era espresso<br />

Trib. Napoli, 8 marzo 2004) invece appare pretermettere l’esistenza del rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio, negandogli<br />

il rilievo giuri<strong>di</strong>co ed “estrapolandone” soltanto, scisso dagli altri elementi che compongono la fattispecie, il dato <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> dell’abitazione nella casa dell’altro convivente, e giungendo così ad affermare, in effetti, che l’inizio <strong>di</strong> una<br />

coabitazione more uxorio rappresenta per facta concludentia la stipulazione <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> comodato tra il<br />

118


corrisposto alcun corrispettivo, la domanda <strong>di</strong> rilascio da parte del proprietario non potrebbe essere<br />

fondata sull’art. 1810 c.c.<br />

In ogni caso, il convivente titolare <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto reale o personale <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento può agire in via<br />

d’urgenza, al fine <strong>di</strong> ottenere un or<strong>di</strong>ne a carico dell’altro <strong>di</strong> abbandono dell’immobile,<br />

ogniqualvolta la situazione, così come determinatasi a seguito della crisi dell’unione, sia <strong>di</strong>venuta<br />

insopportabile ( 72 ). Da segnalare poi anche quella decisione <strong>di</strong> merito ( 73<br />

) che ha riconosciuto il<br />

<strong>di</strong>ritto al risarcimento del danno, in base all’art. 2043 c.c., alla ex convivente e ai suoi genitori nei<br />

confronti dell’ex partner che aveva continuato ad abitare nell’appartamento anche dopo l’or<strong>di</strong>ne<br />

giu<strong>di</strong>ziale <strong>di</strong> allontanamento; il tribunale ha in particolare riconosciuto il <strong>di</strong>ritto al risarcimento del<br />

danno non patrimoniale, per la violazione del <strong>di</strong>ritto al riserbo dell’intimità della vita domestica<br />

privata delle parti attrici.<br />

In relazione, infine, al caso della morte <strong>di</strong> uno dei membri della coppia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, si è affermato<br />

che non sussistono gli estremi dello spoglio e quin<strong>di</strong> non si può ricorrere alla tutela possessoria nel<br />

caso in cui il convivente more uxorio, dopo la morte del partner, impe<strong>di</strong>sca all’erede l’accesso<br />

74<br />

nell’immobile già abitazione della coppia ( ).<br />

proprietario della casa dove la coabitazione si verifica e la persona che viene ad abitarvi. Si tratta <strong>di</strong> una palese forzatura<br />

del concetto <strong>di</strong> facta concludentia, che inoltre omette <strong>di</strong> valutare la caratteristica che connota il conferimento del<br />

go<strong>di</strong>mento nel caso in questione: è vero, infatti, che il proprietario (o chi è in posizione equivalente quanto a dominio<br />

sul bene) conferisce a controparte l’immobile perché “se ne serva” (cfr. art. 1803 c.c.), ma perché se ne serva insieme a<br />

lui e finché appunto il go<strong>di</strong>mento del bene è con<strong>di</strong>viso. Come si è già accennato, invero il conferimento dell’abitazione<br />

è solo un elemento <strong>di</strong> un rapporto composito, che gli aspetti materiali (ovvero patrimoniali) congiunge e conforma a una<br />

base non patrimoniale, costituita dal legame affettivo-solidaristico che si instaura tra i conviventi. L’immobile è quin<strong>di</strong><br />

conferito per la convivenza: non, si ripete, perché il convivente se ne serva, ma perché ne con<strong>di</strong>vida il go<strong>di</strong>mento, cioè<br />

se ne serva insieme all’altra parte».<br />

( 72 ) Pret. Milano, 31 marzo 1990, in Foro pad., 1990, I, c. 363; Trib. Messina, 10 settembre 1997, in Fam. <strong>di</strong>r.,<br />

1998, p. 255; Pret. Pisa, 30 marzo 1990, in Foro it., 1991, I, c. 329.<br />

( 73 ) Trib. Bologna, 12 ottobre 2005, in Resp. civ. prev., 2006, p. 913.<br />

( 74 ) Pret. Venezia, 16 aprile 1996, in Giur. it., 1997, I, 2, c. 330; sempre in tema <strong>di</strong> tutela possessoria a favore del<br />

convivente cfr. ASPREA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 289 ss.; FERRANDO, Convivere senza<br />

matrimonio: rapporti personali e patrimoniali nella famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 188.<br />

119


CAPITOLO IX<br />

LA CESSAZIONE DELLA CONVIVENZA<br />

PER MORTE<br />

SOMMARIO: 1. La morte del convivente more uxorio: <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione, tutela del convivente e<br />

problemi <strong>di</strong> carattere successorio. – 2. Contratti <strong>di</strong> convivenza ed effetti post mortem.<br />

Possibili negozi post mortem. Generalità. – 3. Segue. Il contratto a favore <strong>di</strong> terzo. Ren<strong>di</strong>ta<br />

vitalizia e mantenimento vitalizio (rinvio). – 4. Segue. Acquisto en tontine, acquisto<br />

«incrociato», riconoscimenti <strong>di</strong> debito. – 5. Conclusioni sui possibili negozi post mortem. –<br />

6. La morte del convivente more uxorio a seguito dell’illecito compiuto da un terzo.<br />

1. La morte del convivente more uxorio: <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione, tutela del convivente e problemi<br />

<strong>di</strong> carattere successorio.<br />

In caso <strong>di</strong> morte <strong>di</strong> uno dei membri della coppia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> l’or<strong>di</strong>namento non prevede alcuna<br />

tutela per il partner superstite: come già rilevato in altra sede da chi scrive ( 1 ), l’o<strong>di</strong>erna con<strong>di</strong>zione<br />

della coppia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> italiana non è sostanzialmente <strong>di</strong>versa da quella descritta da Filippo Decio<br />

cinque secoli or sono, allorquando l’illustre maestro del Guicciar<strong>di</strong>ni osservava che «Concubina<br />

non succe<strong>di</strong>t ab intestato ejus concubinario, nec e contra, quia in ista successione requiritur justum<br />

matrimonium et hoc non verificatur in concubina; legatum tamen concubinae fieri potest a privato»<br />

( 2<br />

).<br />

La situazione appare vieppiù paradossale ove si ponga mente al raffronto tra la protezione del<br />

<strong>di</strong>ritto all’abitazione offerta al convivente superstite <strong>di</strong> soggetto titolare <strong>di</strong> rapporto <strong>di</strong> conduzione<br />

sulla casa familiare, con quella dell’ex partner <strong>di</strong> un defunto titolare del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> proprietà<br />

sull’immobile: mentre nel primo caso la già più volte citata decisione n. 404 del 1988 della<br />

Consulta fornisce al supersite una qualche forma <strong>di</strong> tutela, facendolo subentrare automaticamente<br />

(ed anche invito domino) nel rapporto locatizio ex latere conductoris, il secondo soggetto sopra<br />

3<br />

in<strong>di</strong>viduato dovrà senz’altro (in assenza <strong>di</strong> apposite <strong>di</strong>sposizioni del defunto) «fare le valigie» ( )!<br />

4<br />

Per la casa in affitto, si <strong>di</strong>ceva, è stato lo stesso giu<strong>di</strong>ce delle leggi ( ) a <strong>di</strong>chiarare<br />

l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della l. c.d. sull’«equo canone», nella parte in cui non<br />

prevedeva che, in caso <strong>di</strong> morte del conduttore <strong>di</strong> un immobile a<strong>di</strong>bito ad uso abitativo, gli<br />

succedesse nel contratto il convivente superstite ( 5<br />

).<br />

La giurisprudenza successiva ha rilevato che la convivenza, ai fini dell’applicazione della<br />

citata norma, deve essere accertata alla data del decesso del conduttore, a nulla rilevando che gli<br />

aventi <strong>di</strong>ritto alla successione nel contratto siano o meno rimasti nell’alloggio locato dopo la morte<br />

del dante causa, giacché la successione mortis causa nel contratto <strong>di</strong> locazione è <strong>fatto</strong> giuri<strong>di</strong>co<br />

istantaneo, che si realizza all’atto stesso della morte del conduttore, restando insensibile agli<br />

( 1 ) Cfr. OBERTO, Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e convivenze: tutela dei soggetti interessati e regolamentazione dei rapporti<br />

patrimoniali in vista della successione, cit., p. 661 ss.<br />

( 2 ) DECIO, In Primam Secundamque Digesti Veteris. Item in Primam ac Secundam Co<strong>di</strong>cis Partem Commentaria,<br />

Lugduni, 1547, f. 251. L’insigne umanista rispondeva in tal modo negativamente al quesito se il passo del Codex <strong>di</strong><br />

Giustiniano relativo ai (pur modestissimi, in allora) <strong>di</strong>ritti successori del coniuge superstite (cfr. l. maritus, C., de<br />

carboniano e<strong>di</strong>cto: C. 6. 18. 1.) fosse estensibile ai concubinarii.<br />

( 3 ) V. Corte cost., 26 maggio 1989, n. 310, che respinge la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale degli artt. 565 e<br />

582 c.c., nella parte in cui non parificano il convivente non unito in matrimonio al coniuge; in tema <strong>di</strong> trattamento<br />

successorio della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> cfr. anche Corte cost., 12 maggio 1977, n. 76; Corte cost., 8 maggio 1976, n. 71.<br />

( 4 ) Corte cost., 7 aprile 1988, n. 404, cit.<br />

( 5 ) Sul tema, amplius, COPPOLA, La successione del convivente more uxorio, cit., p. 981 ss.; BUSNELLI e SANTILLI,<br />

op. cit., p. 789 s.; per l’ipotesi della successione nel contratto del convivente in caso <strong>di</strong> allontanamento del partner<br />

dall’alloggio comune ponendo termine alla convivenza: Corte cost., 7 aprile 1988, n. 423, in Foro it., 1988, I, c. 2514;<br />

principio esteso da Cass., 10 ottobre 1997, n. 9868, cit., quand’anche lo stato <strong>di</strong> convivenza non sia conosciuto dal<br />

locatore.<br />

120


acca<strong>di</strong>menti successivi ( 6<br />

).<br />

I giu<strong>di</strong>ci, nel sottolineare la necessità <strong>di</strong> un accertamento circa l’effettività della convivenza,<br />

hanno peraltro posto significativamente in luce come la speciale norma <strong>di</strong> cui all’art. 6 cit. precluda<br />

l’applicabilità della <strong>di</strong>sciplina generale (art. 1614 c.c.), da ritenersi implicitamente abrogata, e<br />

7<br />

dunque la successione nel contratto degli ere<strong>di</strong> ( ). Il convivente more uxorio, dunque, in virtù della<br />

<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> cui all’art. 6, cit., così come risultante dall’intervento del giu<strong>di</strong>ce delle leggi, succede<br />

nel contratto in<strong>di</strong>pendentemente dalla circostanza che manchino ere<strong>di</strong> del conduttore e dunque<br />

anche in presenza <strong>di</strong> figli legittimi del conduttore convivente ( 8<br />

).<br />

Potrà aggiungersi che, in tema <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia residenziale pubblica, l’art. 17, l. 17 febbraio 1992,<br />

n. 179, dopo aver <strong>di</strong>sposto che, in caso <strong>di</strong> decesso del socio <strong>di</strong> una cooperativa e<strong>di</strong>lizia, assegnatario<br />

<strong>di</strong> un alloggio <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia economica e popolare, gli succedono il coniuge e i figli, prevede che «in<br />

mancanza del coniuge e dei figli minorenni, uguale <strong>di</strong>ritto è riservato ai conviventi more uxorio e<br />

agli altri componenti del nucleo familiare, purché conviventi alla data del decesso e purché in<br />

possesso dei requisiti in vigore per l’assegnazione degli alloggi. La convivenza, alla data del<br />

decesso, deve essere instaurata da almeno due anni ed essere documentata da apposita certificazione<br />

anagrafica od essere <strong>di</strong>chiarata in forma pubblica con atto <strong>di</strong> notorietà da parte della persona<br />

convivente con il socio defunto».<br />

Al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>sposizioni appena citate, appare evidente che soltanto gli strumenti<br />

dell’autonomia privata potranno venire incontro alle esigenze (abitative e non) del soggetto<br />

9<br />

superstite nel rapporto more uxorio ( ).<br />

Al riguardo, la prima soluzione immaginabile è, ovviamente, quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre tramite<br />

10<br />

testamento o donazione ( ).<br />

11<br />

Potrà dunque citarsi una decisione <strong>di</strong> legittimità del 2011 ( ), in relazione alla domanda<br />

proposta dalla ex convivente more uxorio nei confronti degli ere<strong>di</strong> del defunto partner, per sentir<br />

accertare il suo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> usufrutto vitalizio sull’abitazione <strong>di</strong> proprietà del de cuius, riconosciutole<br />

dallo stesso con testamento olografo. Considerato che l’uomo aveva venduto la casa, espressamente<br />

menzionata nel testamento, per trasferirsi con la convivente in altra abitazione, mentre la<br />

<strong>di</strong>sposizione testamentaria non era stata altrettanto mo<strong>di</strong>ficata, il tribunale e la corte d’appello<br />

avevano rigettato l’istanza della convivente, ritenendo che il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione si riferisse<br />

esclusivamente all’immobile menzionato nell’atto <strong>di</strong> ultima volontà e che al momento della morte<br />

non si trovava più nella <strong>di</strong>sponibilità della parte.<br />

La Cassazione, per contro, ha ribaltato il ragionamento, rinviando ad altra sezione della corte<br />

d’appello, al fine dell’accertamento <strong>di</strong> una volontà del testatore, sulla base del complesso della<br />

scheda testamentaria e della mancata revoca della <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> usufrutto, eventualmente <strong>di</strong>retta<br />

non tanto all’attribuzione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione con riguardo a un determinato bene, quanto<br />

piuttosto all’apprestamento <strong>di</strong> una tutela nei confronti <strong>di</strong> colei che era stata sempre al fianco del<br />

testatore, riservandole quin<strong>di</strong> in concreto un usufrutto sull’abitazione nella quale i conviventi<br />

avevano convissuto, in<strong>di</strong>pendentemente dall’in<strong>di</strong>viduazione specifica del bene. Si può dunque<br />

concludere sul punto rimarcando che, come osservato in dottrina, la riconosciuta «ambulatorietà»<br />

( 6 ) Cass., 1° agosto 2000, n. 10034, in Giur. it., 2001, p. 902.<br />

( 7 ) Cass., 23 novembre 1990, n. 11328, in Giur. it., 1992, I, 1, c. 341; Cass., 22 luglio 1991, n. 8155, in Arch. civ.,<br />

1992, p. 94; Cass., 21 aprile 1992, n. 4767, ibidem, p. 778; App. Roma, 14 marzo 1990, ivi, 1991, p. 573; Trib. Roma, 8<br />

giugno 1992, in Giust. civ., 1982, I, p. 2195; Pret. Genova, 24 settembre 1994, in Arch. civ., 1994, p. 845; Pret. Capri,<br />

31 <strong>di</strong>cembre 1990, ivi, 1991, p. 350; contra G. GABRIELLI e PADOVINI, La locazione <strong>di</strong> immobili urbani, Padova, 1994,<br />

p. 753 s.<br />

( 8 ) Cfr. Cass. 8 giugno 1994, n. 5544, in Foro it., 1994, I, c. 3438.<br />

( 9 ) In dottrina cfr., ex multis, OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 295 ss.; ID., Famiglia e<br />

rapporti patrimoniali. Questioni <strong>di</strong> attualità, cit., p. 1004 ss.; ID., Famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> e convivenze: tutela dei soggetti<br />

interessati e regolamentazione dei rapporti patrimoniali in vista della successione, cit., p. 661 ss.; v. inoltre ASPREA, La<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 172 ss.; ID., La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 210 ss.; MOSCATI, Rapporti <strong>di</strong><br />

convivenza e <strong>di</strong>ritto successorio, in AA. VV., I contratti <strong>di</strong> convivenza, a cura <strong>di</strong> Moscati e Zoppini, cit., p. 140 ss.;<br />

COPPOLA, La successione del convivente more uxorio, in AA. VV., Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, Trattato <strong>di</strong>retto da Bonilini e<br />

Cattaneo, I. Famiglia e matrimonio, 2, cit., p. 990 ss.; FRANZONI, Le convenzioni patrimoniali tra conviventi more<br />

uxorio, cit., p. 485 ss.<br />

( 10 ) SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 407; COPPOLA, La successione del convivente more uxorio, cit., p. 990 ss.<br />

( 11 ) Cass., 20 <strong>di</strong>cembre 2011, n. 27773, in Fam. <strong>di</strong>r., 2012, p. 125, con nota <strong>di</strong> CALVO.<br />

121


del legato d’usufrutto vita natural durante aiuta a vedere nella <strong>di</strong>sposizione testamentaria in esame<br />

uno dei mo<strong>di</strong> con cui l’autonomia privata viene in soccorso alla tutela pro convivente ( 12<br />

).<br />

2. Contratti <strong>di</strong> convivenza ed effetti post mortem. Possibili negozi post mortem. Generalità.<br />

Venendo ora alla <strong>di</strong>samina dei possibili rime<strong>di</strong> «preventivi» <strong>di</strong> fonte contrattuale, va osservato<br />

che una delle clausole <strong>di</strong> cui all’estero viene con maggior frequenza raccomandato l’inserimento nei<br />

contratti <strong>di</strong> convivenza concerne proprio la previsione <strong>di</strong> effetti giuri<strong>di</strong>ci destinati a prodursi dopo la<br />

morte <strong>di</strong> uno dei contraenti e a beneficio dell’altro, quale strumento al fine <strong>di</strong> assicurare la<br />

13<br />

tranquillità economica del partner superstite ( ).<br />

Nel nostro or<strong>di</strong>namento, però, la proposta viene inevitabilmente a scontrarsi con il <strong>di</strong>vieto dei<br />

14<br />

patti successori ( ), il quale, come noto, investe non soltanto i negozi con cui un soggetto <strong>di</strong>spone<br />

della propria successione, bensì anche quelli con i quali ci si obbliga a istituire erede taluno ( 15 ),<br />

come in quei casi, su cui la giurisprudenza ha già avuto modo <strong>di</strong> pronunziarsi, che vedevano la<br />

promessa <strong>di</strong> istituzione <strong>di</strong> erede scambiarsi con l’impegno della controparte <strong>di</strong> accu<strong>di</strong>re alle<br />

faccende domestiche del de cuius ( 16 ), ovvero <strong>di</strong> fornire a quest’ultimo alloggio e assistenza per il<br />

resto dei suoi giorni ( 17<br />

).<br />

Ma non basta. La dottrina e la giurisprudenza dominanti vanno da tempo affermando la nullità<br />

non solo del patto successorio, ma anche del testamento che vi abbia dato esecuzione, dal momento<br />

che la presenza <strong>di</strong> un impegno a testare in un determinato modo escluderebbe la spontaneità<br />

dell’atto <strong>di</strong> ultima volontà, pur restando salva la possibilità (per il vero assai remota) <strong>di</strong> una<br />

18<br />

convalida ex art. 590 c.c. ( ). La gravità <strong>di</strong> tali conseguenze deve indurre dunque alla massima<br />

attenzione circa l’eventuale pre<strong>di</strong>sposizione nel contratto in esame <strong>di</strong> effetti destinati a operare sul<br />

patrimonio <strong>di</strong> uno dei conviventi dopo la sua morte. Al riguardo, c’è da chiedersi quale sia<br />

l’interesse dei partners a concludere un patto successorio e in quale modo lo stesso possa essere<br />

sod<strong>di</strong>s<strong>fatto</strong> me<strong>di</strong>ante negozi che non siano vietati, né <strong>di</strong>rettamente, né me<strong>di</strong>ante la regola della frode<br />

alla legge.<br />

Sul primo interrogativo va detto che l’interesse in <strong>di</strong>scorso sembra essere quello <strong>di</strong> operare<br />

trasferimenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti che godano, a un tempo, delle due caratteristiche dell’irrevocabilità, da un<br />

19<br />

lato, e della operatività dal momento della morte del dante causa dall’altro ( ). È chiaro che il<br />

( 12 ) Così CALVO, Il legato <strong>di</strong> usufrutto “ambulatorio” pro convivente, Nota a Cass., 20 <strong>di</strong>cembre 2011, n. 27773, in<br />

Fam. <strong>di</strong>r., 2012, p. 130.<br />

( 13 ) Suggerisce, tra gli altri, l’inclusione <strong>di</strong> un Erbvertrag nel contratto tra i conviventi KUNIGK, Die<br />

Lebensgemeinschaft, Rechtliche Gestaltung von ehelichem und eheähnlichem Zusammenleben, cit., p. 128. Per i sistemi<br />

<strong>di</strong> common law cfr. WEITZMAN, Legal regulation of marriage, cit., p. 1253. Per una più approfon<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>samina della<br />

questione e per i necessari rinvii cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 295 ss.; per la dottrina<br />

successiva cfr. DEL PRATO, Patti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 986 s.; COPPOLA, La successione del convivente more uxorio,<br />

cit., p. 695 ss.<br />

( 14 ) GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 165. È chiaro che ci si intende qui riferire ai soli patti<br />

successori istitutivi (detti anche confermativi), ex art. 458, prima parte, c.c.<br />

( 15 ) Cfr. per tutti FERRI, Successioni in generale, nel Commentario del co<strong>di</strong>ce civile a cura <strong>di</strong> Scialoja e Branca,<br />

Bologna-Roma, 1964, p. 83 ss.; GROSSO e BURDESE, Le successioni. Parte generale, Torino, 1977, p. 94; DE GIORGI,<br />

voce Patto successorio, in Enc. <strong>di</strong>r., XXXII, Milano, 1982, p. 535. Nello stesso senso è orientata la giurisprudenza: v.<br />

Cass., 10 aprile 1964, n. 835, in Giust. civ., 1964, I, p. 1604; Cass., 24 luglio 1971, n. 2477, in Rep. Foro it., 1971, voce<br />

«Successione ere<strong>di</strong>taria», n. 31; Cass., 21 aprile 1979, n. 2228, in Rep. Foro it., 1979, voce «Successione ere<strong>di</strong>taria», n.<br />

55.<br />

( 16 ) Cass., 10 aprile 1964, n. 835, cit.; cfr. anche Cass., 8 marzo 1985, n. 1896, in Rep. Foro it., 1985, voce «Lavoro<br />

(rapporto)», n. 496. Nello stesso senso v. in dottrina DE GIORGI, voce Patto successorio, cit., 542 s.; PALAZZO, I negozi<br />

trans-morte nell’ambito familiare, in AA. VV., I trasferimenti patrimoniali nell’ambito della famiglia. Aspetti civili e<br />

tributari. Convegno organizzato dal comitato Regionale Notarile della Sicilia Taormina 20 e 21 novembre 1987,<br />

Palermo, 1987, p. 95 s.<br />

( 17 ) Cass., 6 gennaio 1981, n. 63, in Rep. Foro it., 1981, voce «Successione ere<strong>di</strong>taria», n. 20.<br />

( 18 ) DE GIORGI, voce Patto successorio, cit., p. 547. In giurisprudenza v. Cass., 22 febbraio 1974, n. 527, in Rep.<br />

Foro it., 1974, voce «Successione ere<strong>di</strong>taria», n. 20.<br />

( 19 ) Diversa è la posizione <strong>di</strong> PALAZZO, Autonomia contrattuale e successioni anomale, Napoli, 1983, p. 3 e passim,<br />

secondo cui l’interesse che giustificherebbe la conclusione dei patti successori sarebbe rivolto a realizzare trasferimenti<br />

122


primo dei due obiettivi potrebbe essere agevolmente raggiunto mercé il contratto (si pensi<br />

soprattutto alla donazione), che presenta però anche l’«inconveniente» <strong>di</strong> determinare la per<strong>di</strong>ta<br />

imme<strong>di</strong>ata dei <strong>di</strong>ritti trasferiti, mentre il secondo potrebbe essere conseguito con il testamento, che<br />

peraltro è un atto per sua natura revocabile usque ad vitae supremum exitum.<br />

I requisiti comunemente in<strong>di</strong>cati come caratteristici dei patti successori istitutivi (o<br />

confermativi) sono, come noto, i seguenti: a) che la convenzione sia stipulata prima dell’apertura<br />

della successione; b) che con essa il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte alla<br />

propria successione, privandosi così dello ius poeniten<strong>di</strong>; c) che l’acquirente abbia contrattato o<br />

stipulato come avente <strong>di</strong>ritto alla successione stessa; d) che i <strong>di</strong>ritti oggetto del patto facciano parte<br />

<strong>di</strong> una successione ancora da aprirsi; e) che l’acquisto avvenga successionis causa, e non ad altro<br />

titolo ( 20<br />

). Di particolare importanza appare dunque quest’ultimo elemento, posto che i contratti <strong>di</strong><br />

cui si <strong>di</strong>scute sono sicuramente stipulati prima dell’apertura della successione e (almeno<br />

generalmente) su <strong>di</strong>ritti destinati a far parte della stessa. Occorre perciò chiedersi se vi siano atti<br />

destinati a produrre effetti (o, quanto meno, taluni effetti) solo dopo la morte del titolare dei <strong>di</strong>ritti<br />

alienati, ma che possano ciò non <strong>di</strong> meno qualificarsi come inter vivos.<br />

È noto che ormai da <strong>di</strong>versi anni è stata in<strong>di</strong>viduata una nuova categoria <strong>di</strong> negozi tra vivi,<br />

definiti post mortem, nei quali l’evento del decesso <strong>di</strong> uno dei contraenti non è considerato o elevato<br />

dalle parti a causa dell’attribuzione, bensì è ritenuto un mero requisito con<strong>di</strong>zionante la produzione<br />

degli effetti definitivi propri del negozio, senza escludere la produzione <strong>di</strong> effetti limitati o<br />

prodromici, peculiari al contratto sottoposto a con<strong>di</strong>zione sospensiva, consistenti nell’aspettativa<br />

21<br />

tutelata dalla legge (art. 1356 c.c.) dell’acquisto del <strong>di</strong>ritto ( ). Non è questa la sede per una<br />

<strong>di</strong>samina dei singoli istituti: sarà sufficiente, ai fini della presente indagine, un richiamo a quelli che<br />

maggiormente si prestano a sod<strong>di</strong>sfare le esigenze <strong>di</strong> tipo successorio proprie della coppia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

Si è già avuto modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che la donazione pura e semplice è (problemi <strong>di</strong> riduzione a parte)<br />

l’istituto destinato a realizzare nel migliore dei mo<strong>di</strong> l’interesse del beneficiario, in quanto atto, a<br />

<strong>di</strong>fferenza del testamento, essenzialmente irrevocabile (se non nelle circoscritte ipotesi<br />

dell’ingratitu<strong>di</strong>ne e della sopravvenienza <strong>di</strong> figli); essa presenta peraltro la già segnalata<br />

controin<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> privare imme<strong>di</strong>atamente il donante della <strong>di</strong>sponibilità dei beni donati, cui il<br />

<strong>di</strong>sponente in vita non intende invece rinunziare. Quest’effetto indesiderato può essere, almeno in<br />

parte, evitato per mezzo della donazione con riserva <strong>di</strong> usufrutto a vantaggio del donante (art. 796<br />

c.c.), la cui vali<strong>di</strong>tà è fuori <strong>di</strong>scussione, in quanto in essa il trasferimento della proprietà è<br />

22<br />

imme<strong>di</strong>ato ( ). Dibattuta è invece la possibilità <strong>di</strong> sottoporre gli effetti <strong>di</strong> una donazione alla morte<br />

del <strong>di</strong>sponente: tale eventualità va però negata, tanto con riguardo alla cosiddetta donatio mortis<br />

causa, la quale non si <strong>di</strong>stingue da un patto successorio istitutivo a titolo gratuito ( 23 ), quanto con<br />

riferimento alla liberalità sottoposta alla con<strong>di</strong>zione della morte (si moriar) o della premorienza (si<br />

praemoriar) del donante ( 24 ), la cui invali<strong>di</strong>tà andrebbe comunque affermata sotto il profilo della<br />

frode alla legge ( 25<br />

).<br />

soggetti ad una qualche forma <strong>di</strong> revoca da parte del <strong>di</strong>sponente. Sembra invece che, almeno nella maggior parte dei<br />

casi, il desiderio <strong>di</strong> colui che intende <strong>di</strong>sciplinare la propria successione con un atto inter vivos – specie se in favore <strong>di</strong><br />

una persona cui il <strong>di</strong>sponente è legato da speciali vincoli <strong>di</strong> carattere affettivo – sia quello non già <strong>di</strong> lasciarsi aperto uno<br />

spiraglio per un eventuale pentimento, bensì <strong>di</strong> operare un trasferimento dotato della definitività, anche se non<br />

imme<strong>di</strong>atamente efficace.<br />

( 20 ) Cfr. GIANNATTASIO, Delle successioni. Disposizioni generali. Successioni legittime, nel Commentario del<br />

co<strong>di</strong>ce civile, a cura <strong>di</strong> magistrati e docenti, Torino, 1971, p. 2821; DE GIORGI, voce Patto successorio, cit., p. 535; cfr.<br />

anche Cass., 22 luglio 1971, n. 2404, in Foro it., 1972, I, c. 700.<br />

( 21 ) Cfr. i richiami in OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 300.<br />

( 22 ) Cfr. DE GIORGI, voce Patto successorio, cit., p. 536; PALAZZO, Autonomia contrattuale e successioni anomale,<br />

cit., p. 50 ss.; ID., I negozi trans-morte nell’ambito familiare, cit., p. 79 ss.<br />

( 23 ) DE GIORGI, voce Patto successorio, cit., p. 536 s.; Cass., 9 aprile 1947, n. 526, in Mon. trib., 1947, p. 143; Cass.,<br />

27 settembre 1954, n. 3136, in Giust. civ., 1955, I, p. 244. Suggerisce un’applicazione della donazione con riserva <strong>di</strong><br />

usufrutto al campo dei rapporti tra conviventi more uxorio MAZZOCCA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>. Realtà attuale e<br />

prospettive, cit., p. 114 ss.<br />

( 24 ) TORRENTE, Variazioni sul tema della donazione «mortis causa», in Foro it., 1959, I, c. 580; DE GIORGI, voce<br />

Patto successorio, cit., p. 536 ss.<br />

( 25 ) Invero, la semplice costituzione <strong>di</strong> un’aspettativa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto a beneficio del donatario non sembra <strong>di</strong>scostarsi <strong>di</strong><br />

123


Un espe<strong>di</strong>ente ugualmente poco produttivo al fine <strong>di</strong> eludere in qualche modo le aspettative<br />

dei legittimari potrebbe essere costituito dalla… trasformazione del convivente in legittimario<br />

me<strong>di</strong>ante adozione, ovviamente a con<strong>di</strong>zione che <strong>di</strong> tale atto sussistano i presupposti. Il rime<strong>di</strong>o è<br />

però sconsigliabile per il suo carattere intimamente irreversibile: in caso <strong>di</strong> rottura, invero, i<br />

partners si vedrebbero condannati, paradossalmente, a restare uniti per il futuro da un rapporto (a<br />

<strong>di</strong>fferenza del matrimonio, ad<strong>di</strong>rittura) in<strong>di</strong>ssolubile ( 26<br />

).<br />

3. Segue. Il contratto a favore <strong>di</strong> terzo. Ren<strong>di</strong>ta vitalizia e mantenimento vitalizio (rinvio).<br />

Uno strumento che può consentire <strong>di</strong> raggiungere lecitamente risultati sostanzialmente<br />

analoghi a quelli <strong>di</strong> un patto successorio è costituito dal contratto a favore <strong>di</strong> terzo con prestazione<br />

da effettuarsi dopo la morte dello stipulante (art. 1412 c.c.), e – in particolare – dall’assicurazione<br />

sulla vita a favore <strong>di</strong> un terzo (art. 1920 ss. c.c.). In entrambi i casi, infatti, la causa dell’acquisto da<br />

parte del terzo (cioè il convivente superstite) è rappresentata non già dalla morte dello stipulante,<br />

ma dal contratto. Inoltre, ogni dubbio in punto frode alla legge è eliminato dall’evidente <strong>di</strong>versità <strong>di</strong><br />

«risultati giuri<strong>di</strong>ci» rispetto al patto successorio, posto che il rapporto contrattuale intercorre non già<br />

fra il beneficiario e lo stipulante, ma tra quest’ultimo e il promittente. Per giunta, il <strong>di</strong>ritto<br />

acquistato, stando almeno all’opinione prevalente, non proviene dal patrimonio dello stipulante, ma<br />

è un rapporto autonomo che trae la sua origine dal contratto e che si trasmette al terzo inter vivos<br />

(<br />

27<br />

).<br />

La tranquillità del convivente «debole» ben potrà, dunque, essere garantita anche per il<br />

periodo successivo alla morte del partner per mezzo <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> assicurazione sulla vita <strong>di</strong><br />

quest’ultimo, l’impegno a sottoscrivere (magari reciprocamente) il quale può essere assunto nel<br />

contratto stesso <strong>di</strong> convivenza (<br />

28<br />

). Con riferimento a quest’ultima clausola andrà osservato che un<br />

eventuale inadempimento rispetto a tale obbligo esporrebbe gli ere<strong>di</strong> del soggetto inadempiente al<br />

risarcimento dei danni verso il superstite, che potrebbe così richiedere a essi il pagamento della<br />

somma che avrebbe ottenuto qualora il de cuius avesse concluso l’assicurazione.<br />

Sempre in relazione al contratto a favore <strong>di</strong> terzi e a quello <strong>di</strong> assicurazione sulla vita, si<br />

potrebbe suggerire <strong>di</strong> inserire nello stesso contratto <strong>di</strong> convivenza (per iscritto) quella rinunzia al<br />

potere <strong>di</strong> revoca del beneficio attribuito al terzo prevista dagli artt. 1412 e 1921 cpv. c.c., per il caso<br />

la prestazione debba essere effettuata dopo la morte dello stipulante, e che, secondo taluni,<br />

29<br />

costituirebbe un’eccezione al <strong>di</strong>vieto dei patti successori ( ); ad essa dovrebbe accompagnarsi,<br />

nell’atto medesimo, la <strong>di</strong>chiarazione del beneficiario <strong>di</strong> voler profittare del beneficio, <strong>di</strong>chiarazione<br />

che, ai sensi delle <strong>di</strong>sposizioni testé citate, produce l’effetto <strong>di</strong> paralizzare un’eventuale revoca ( 30<br />

).<br />

Ancora nell’ambito delle <strong>di</strong>sposizioni a favore <strong>di</strong> terzo potrebbe suggerirsi la costituzione <strong>di</strong><br />

un deposito bancario con intestazione del libretto <strong>di</strong> risparmio nominativo al terzo, ma con riserva<br />

molto da quello che è l’effetto tipico del fenomeno successorio, vale a <strong>di</strong>re il trasferimento <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto per effetto del<br />

decesso <strong>di</strong> un soggetto: risulterebbe così evidente quell’identità <strong>di</strong> «risultati giuri<strong>di</strong>ci» che (a <strong>di</strong>fferenza della semplice<br />

identità <strong>di</strong> «risultati economici») determina l’illiceità della causa ex art. 1344 c.c. (cfr. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in<br />

generale, nel Commentario del co<strong>di</strong>ce civile, a cura <strong>di</strong> Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 345; nel senso della<br />

nullità per fraus legi sembrano orientati anche DE GIORGI, voce Patto successorio, cit., p. 536 ss. e IEVA, I fenomeni c.d.<br />

parasuccessori, in Riv. notar., 1988, I, p. 1190 s.).<br />

( 26 ) Per un approfon<strong>di</strong>mento delle questioni legate all’adozione del convivente e per gli ulteriori rinvii cfr. OBERTO,<br />

I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 316 ss.<br />

( 27 ) DE GIORGI, voce Patto successorio, cit., p. 538 ss.; PALAZZO, Autonomia contrattuale e successioni anomale,<br />

cit., p. 76 ss; ID., I negozi trans-morte nell’ambito familiare, cit., p. 92 ss.; IEVA, I fenomeni c.d. parasuccessori, cit., p.<br />

1149 ss.; cfr. inoltre MAJELLO, L’interesse dello stipulante nel contratto a favore <strong>di</strong> terzi, Napoli, 1962, p. 201 s.;<br />

MOSCARINI, I negozi a favore <strong>di</strong> terzo, Milano, 1970, p. 219 s.<br />

( 28 ) In questo senso v. KUNIGK, Die Lebensgemeinschaft, Rechtliche Gestaltung von ehelichem und eheähnlichem<br />

Zusammenleben, cit., p. 128.<br />

( 29 ) Sull’argomento cfr. PALAZZO, I negozi trans-morte nell’ambito familiare, cit., p. 93; IEVA, I fenomeni c.d.<br />

parasuccessori, cit., p. 1155.<br />

( 30 ) Nel caso <strong>di</strong> assicurazione sulla vita a favore del convivente superstite, poi, la rinunzia del contraente e la<br />

<strong>di</strong>chiarazione del beneficiario vanno comunicate all’assicuratore: cfr. art. 1921, secondo comma, c.c.<br />

124


in capo al solo costituente della facoltà <strong>di</strong> effettuare prelevamenti, e con conferimento del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

prelievo all’intestatario sospensivamente subor<strong>di</strong>nato alla morte del primo: il marchingegno è già<br />

uscito indenne da almeno un vaglio giurisprudenziale ( 31 ). Un’ulteriore applicazione del contratto a<br />

favore <strong>di</strong> terzi può poi essere ravvisata nella costituzione <strong>di</strong> una ren<strong>di</strong>ta vitalizia a vantaggio del<br />

convivente, oppure <strong>di</strong> un vitalizio alimentare, in relazione ai quali occorrerà però avere l’accortezza<br />

<strong>di</strong> pattuire espressamente l’intrasmissibilità del potere <strong>di</strong> revoca agli ere<strong>di</strong> dello stipulante ( 32<br />

).<br />

Non va però trascurato che tutti i negozi in questione – come del resto ogni <strong>di</strong>sposizione a<br />

favore <strong>di</strong> terzi compiuta animo donan<strong>di</strong> – assumono il carattere <strong>di</strong> donazioni in<strong>di</strong>rette e sono quin<strong>di</strong><br />

assoggettabili a riduzione.<br />

4. Segue. Acquisto en tontine, acquisto «incrociato», riconoscimenti <strong>di</strong> debito.<br />

Abbandonando le figure negoziali tendenti ad assicurare forme <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta o comunque <strong>di</strong>ritti<br />

<strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento (obbligatori o reali) a favore del convivente superstite e tornando al problema<br />

dell’in<strong>di</strong>viduazione dei mo<strong>di</strong> in cui sia eventualmente possibile pre<strong>di</strong>sporre forme <strong>di</strong> acquisto della<br />

proprietà <strong>di</strong> beni in capo al partner, ci si imbatte subito in due rime<strong>di</strong> suggeriti in Francia, ma che<br />

non sembrano avere ancora suscitato interesse da noi.<br />

Il primo concerne il cosiddetto acquisto en tontine, con cui si pattuisce, all’atto della stipula <strong>di</strong><br />

un contratto <strong>di</strong> acquisto da parte <strong>di</strong> entrambi i conviventi, che il primo <strong>di</strong> essi a morire si<br />

considererà come non fosse mai stato titolare del <strong>di</strong>ritto, che si riterrà invece come sin ab initio<br />

trasferito in capo al solo superstite. Un medesimo avvenimento, cioè la morte <strong>di</strong> uno dei due<br />

partners, fungerebbe così, al contempo, da con<strong>di</strong>zione risolutiva dell’acquisto in capo al premorto e<br />

sospensiva del trasferimento in capo all’altro. La clausola, non prevedendo (a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quella<br />

detta d’accroissement, colpita da nullità), un trasferimento mortis causa, sfugge al <strong>di</strong>vieto dei patti<br />

33<br />

successori ( ).<br />

In Italia l’unico precedente in termini sembra costituito da un’ormai remota pronunzia <strong>di</strong><br />

legittimità (<br />

34<br />

), che ha ricondotto alla figura del patto successorio vietato «l’atto con il quale due<br />

soggetti comprino in comune la proprietà <strong>di</strong> un immobile, contestualmente pattuendo che la quota<br />

ideale <strong>di</strong> comproprietà da ciascuno acquistata debba successivamente pervenire a chi <strong>di</strong> essi<br />

sopravviva, in quanto quest’ultimo acquista l’altra quota non dall’originario ven<strong>di</strong>tore che l’aveva<br />

già alienata al soggetto premorto, ma <strong>di</strong>rettamente dal medesimo, al <strong>di</strong> fuori delle prescritte forme<br />

<strong>di</strong> successione mortis causa». Dalla lettura della massima non è dato evincere se il trasferimento<br />

post mortem della quota fosse o meno dotato <strong>di</strong> carattere retroattivo. La motivazione, del resto,<br />

( 31 ) Cfr. Trib. Catania, 5 marzo 1958, in Banca, borsa, tit. cred., 1961, II, p. 311, con nota <strong>di</strong> MAJELLO, che ha<br />

negato che l’espe<strong>di</strong>ente possa ritenersi in violazione del <strong>di</strong>vieto dei patti successori; sull’argomento cfr. anche NICOLÒ,<br />

Disposizioni <strong>di</strong> beni «mortis causa» in forma «in<strong>di</strong>retta», in Riv. notar., 1967, I, p. 641 ss., secondo cui invece la<br />

pattuizione in esame sarebbe nulla per frode alla legge.<br />

( 32 ) PALAZZO, Autonomia contrattuale e successioni anomale, cit., p. 95; ID., I negozi trans-morte nell’ambito<br />

familiare, cit., p. 96 ss.<br />

( 33 ) Cfr. Cass., ch. mixte, 27 novembre 1970, in D., 1971, p. 81; Cass. Civ., 11 janvier 1983, ivi, 1983, p. 501; AA.<br />

VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 403 ss.; MORIN, La clause d’accroissement, in<br />

D., 1971, Chron., p. 55 ss.; CHAPPERT, Droit d’usage et d’habitation et pacte tontinier, in Defrénois, 1999, n. 6, p. 330<br />

ss. Per avere un’idea del successo che Oltralpe ha avuto questa clausola basterà <strong>di</strong>gitare l’espressione «achat en tontine»<br />

o quella «pacte tontinier» in qualsiasi motore <strong>di</strong> ricerca su Internet. La terminologia deriva, come noto, dalla «tontina»,<br />

contratto <strong>di</strong> investimento <strong>di</strong> tipo assicurativo proposto dal banchiere italiano Lorenzo de Tonti alla Corte <strong>di</strong> Francia<br />

nella seconda metà del Seicento. L’idea era anche legata all’emissione <strong>di</strong> un prestito nazionale basato su questo<br />

meccanismo finanziario-assicurativo. Il contraente del prestito avrebbe corrisposto allo stato francese un capitale ed in<br />

cambio quest’ultimo avrebbe pagato al contraente una ren<strong>di</strong>ta vitalizia. I contraenti del prestito venivano <strong>di</strong>visi in<br />

«classi <strong>di</strong> età» ed alla morte <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> essi, le sue quote <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta ancora dovute sarebbero state sud<strong>di</strong>vise fra i<br />

rimanenti, fino alla morte dell’ultimo appartenente alla classe <strong>di</strong> età ed alla emissione del prestito, quando lo stato<br />

avrebbe cessato i pagamenti. La tontina è oggi vietata, sebbene non manchino tentativi, in questi tempi <strong>di</strong>sperati, <strong>di</strong><br />

riesumazioni <strong>di</strong> istituti tutto sommato analoghi, pur se sotto le attraenti e menzognere vesti <strong>di</strong> «nuovi prodotti<br />

finanziari» (cfr. ad es. RODOTÀ, Se le banche lanciano i bond della morte, in Repubblica, 8 febbraio 2012, p. 1).<br />

Nell’espressione «pacte tontinier» qui in <strong>di</strong>scussione, invece, il richiamo alla tontina sta solo ad in<strong>di</strong>care il riferimento<br />

ad un principio del genere: «tutto il patrimonio va all’ultimo sopravvissuto».<br />

( 34 ) Cfr. Cass., 18 agosto 1986, n. 5079, in Rep. Foro it., 1986, voce «Successione ere<strong>di</strong>taria», n. 33.<br />

125


contiene un unico fugace accenno (si tratta, in particolare, dell’uso del verbo «ritrasferire») dal<br />

quale si può comprendere che le parti avevano previsto un trasferimento successivo della quota del<br />

premoriente al superstite ( 35<br />

).<br />

L’altro espe<strong>di</strong>ente suggerito dalla pratica d’Oltralpe è costituito dall’acquisto «incrociato» in<br />

capo, rispettivamente, all’uno e all’altro dei conviventi, della nuda proprietà su <strong>di</strong> una metà del bene<br />

e dell’usufrutto sulla rimanente metà. Ne consegue che, alla morte del primo degli acquirenti, il<br />

superstite acquista la proprietà piena della quota <strong>di</strong> cui era nudo proprietario, mentre rimane<br />

36<br />

usufruttuario dell’altra quota, così evitando <strong>di</strong> perdere la <strong>di</strong>sponibilità del bene stesso ( ).<br />

Con notevole cautela deve poi essere accolto l’ulteriore suggerimento, conosciuto da tempo<br />

dalla prassi francese, relativo al rilascio <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> debito da parte <strong>di</strong> un convivente a<br />

37<br />

vantaggio dell’altro ( ), così che, al momento dell’apertura della successione, quest’ultimo «possa<br />

assumere la posizione <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>tore nei confronti <strong>di</strong> quel compen<strong>di</strong>o dal quale è escluso come erede»<br />

( 38<br />

).<br />

Di tutta evidenza appare infatti la necessità <strong>di</strong> evitare che le predette <strong>di</strong>chiarazioni si<br />

trasformino in facile strumento <strong>di</strong> ricatto ai danni del partner che le ha rilasciate. Così, se ne<br />

potrebbe ipotizzare un’emissione vicendevole e su identiche somme, <strong>di</strong> modo che gli atti ricognitivi<br />

finirebbero con l’«annullarsi» reciprocamente qualora uno dei due intendesse farne uso in vita<br />

dell’altro. In tal caso occorrerebbe però anche adottare accorgimenti idonei a evitare che le<br />

«contro<strong>di</strong>chiarazioni» confessorie in possesso del convivente deceduto per primo cadessero in mani<br />

estranee (si pensi a eventuali altri ere<strong>di</strong>). La soluzione migliore sembra quella <strong>di</strong> affidare le stesse a<br />

un depositario (per esempio a un notaio) scelto <strong>di</strong> comune accordo, con l’impegno da parte <strong>di</strong><br />

quest’ultimo <strong>di</strong> farne consegna al convivente superstite oppure, durante la vita <strong>di</strong> entrambi, soltanto<br />

sulla base <strong>di</strong> una richiesta congiunta.<br />

5. Conclusioni sui possibili negozi post mortem.<br />

Al fine <strong>di</strong> giungere a qualche conclusione utile anche dal punto vista pratico per la coppia <strong>di</strong><br />

<strong>fatto</strong> che intenda assicurare la tranquillità economica del convivente superstite con strumenti che si<br />

pongano nell’ottica dei negozi inter vivos, e volgendo innanzi tutto l’attenzione all’istituto <strong>di</strong> cui<br />

39<br />

all’art. 2645-ter c.c. ( ), andrà tenuto presente che, in base a quanto sopra illustrato, rimane<br />

un’importante ragione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione della fattispecie descritta dall’art. cit. rispetto al trust, nel<br />

quale, come già ricordato ( 40 ), il fenomeno del ritrasferimento al settlor o del trasferimento ad un<br />

soggetto <strong>di</strong>stinto dal trustee costituisce un elemento naturale del trust non auto<strong>di</strong>chiarato ( 41<br />

). Un<br />

elemento che peraltro viene sovente a porre, con riguardo alla nostra legislazione, seri problemi <strong>di</strong><br />

compatibilità con taluni istituti del <strong>di</strong>ritto successorio (e <strong>di</strong> ammissibilità stessa del trust, ai sensi<br />

dell’art. 15 della Convenzione dell’Aja): la clausola <strong>di</strong> ritrasferimento, se legata alla morte del<br />

trustee, potrebbe invero incorrere in nullità per violazione del <strong>di</strong>vieto dei patti successori e, se<br />

contenuta in una <strong>di</strong>sposizione mortis causa, per violazione del principio che fa <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> creare<br />

nelle successioni un ordo successivus.<br />

Deve dunque darsi per confermato che, in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizioni normative che<br />

espressamente si occupino della successione del convivente, il testamento costituisce l’unico modo<br />

( 35 ) Per uno stu<strong>di</strong>o italiano sul tema cfr. CALOGERO, «Tontine» e «achat tontinier». Ovvero, <strong>di</strong> una interessante<br />

vicenda francese, in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 2000, II, p. 743 ss.<br />

( 36 ) AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France, cit., p. 408.<br />

( 37 ) La giurisprudenza d’Oltralpe suole riconoscere in tali atti delle donazioni <strong>di</strong>ssimulate: v. Cass. Civ., 2 février<br />

1966, in Bull. civ., 1966, I, n. 84, p. 63; Cass. Civ., 8 julliet 1975, ivi, 1975, I, n. 225, p. 190; Cass. Civ., 22 octobre<br />

1975, ivi, 1975, I, n. 291, p. 243; cfr. inoltre in AA. VV., Couple et modernité, 84 ème congrès des notaires de France,<br />

cit., p. 433.<br />

( 38 ) Cfr. MAZZOCCA, op. cit., p. 113.<br />

( 39 ) Su cui v. supra, Cap. VI, per totum.<br />

( 40 ) V. supra, Cap. V, §§ 7 e 8; Cap. VI, § 2.<br />

( 41 ) Sul <strong>fatto</strong> che nel trust vi possano essere, rispetto ad un medesimo vincolo <strong>di</strong> destinazione, beneficiari imme<strong>di</strong>ati<br />

e beneficiari finali, cfr. LUPOI, L’atto istitutivo <strong>di</strong> trust, Milano, 2005, p. 94 ss.; PETRELLI, Formulario notarile<br />

commentato, III, 1, Milano, p. 1024, 1036; ID., La trascrizione degli atti destinazione, cit., p. 13.<br />

126


per operare il trasferimento mortis causa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti dall’uno all’altro dei partners, mentre il ricorso ai<br />

negozi post mortem sopra enucleati ( 42<br />

) potrà valere, per lo più, per assicurare la tranquillità<br />

economica della parte «debole», mercé negozi a favore <strong>di</strong> terzo che il convivente «forte» avrà<br />

dovuto avere l’accortezza <strong>di</strong> stipulare in vita.<br />

Tanto il trust (sempre, beninteso, che si ritenga l’istituto ammissibile, pur in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong><br />

elementi <strong>di</strong> internazionalità della fattispecie), quanto il vincolo ex art. 2645-ter c.c., infine, paiono<br />

adatti ad assicurare quella sicurezza economica cui si è appena <strong>fatto</strong> riferimento più attraverso<br />

l’erogazione <strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti (derivanti dal capitale vincolato) o la messa a <strong>di</strong>sposizione dei beni vincolati<br />

(si pensi alla casa d’abitazione), che non attraverso la traslazione post mortem della proprietà su<br />

cespiti determinati.<br />

Così ad esempio, il già più volte menzionato «fondo patrimoniale tra conviventi», grazie<br />

all’elevato livello <strong>di</strong> «duttilità» dello strumento ex art. 2645-ter c.c. rispetto a quello delineato dagli<br />

43<br />

artt. 167 ss. c.c. ( ) (ecco, finalmente, una conseguenza positiva della tecnica legislativa da paese<br />

del Terzo Mondo che sembra caratterizzare il legislatore italiano del terzo millennio!), ben potrebbe<br />

spingersi a prevedere l’erogazione del mantenimento <strong>di</strong> uno dei membri del ménage de fait, anche<br />

dopo la rottura <strong>di</strong> quest’ultimo, o dopo la morte del compagno, per tutta la vita del superstite.<br />

6. La morte del convivente more uxorio a seguito dell’illecito compiuto da un terzo.<br />

Diverso da quelli sin qui affrontati è il tema della configurabilità <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto al risarcimento<br />

44<br />

del danno subito dal convivente a seguito dell’uccisione del partner ( ). È noto che qui, se<br />

inizialmente la giurisprudenza escludeva siffatta possibilità ( 45<br />

), in un secondo momento è stato<br />

riconosciuto il risarcimento, dapprima del danno morale e poi del danno patrimoniale.<br />

46<br />

Come rilevato in dottrina ( ), i primi segnali verso tale cambiamento <strong>di</strong> prospettiva vennero<br />

avviati da parte della giurisprudenza <strong>di</strong> merito, la quale, traendo spunto dal ra<strong>di</strong>cale mutamento dei<br />

valori e dagli sconvolgimenti politici e culturali che ne seguirono, anche a seguito della riforma del<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia del 1975, segnalò il riconoscimento <strong>di</strong> alcune poste <strong>di</strong> danno in capo al partner<br />

superstite, a causa della <strong>di</strong>partita del congiunto cagionata dal terzo sulla base <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio<br />

connotato da equità e giustizia sostanziale ( 47<br />

).<br />

La giurisprudenza formatasi a partire dagli anni Novanta dello scorso secolo ritiene dunque<br />

che «il <strong>di</strong>ritto al risarcimento da <strong>fatto</strong> illecito concretatosi in un evento mortale va riconosciuto –<br />

con riguardo sia al danno morale, sia a quello patrimoniale, che presuppone, peraltro, la prova <strong>di</strong><br />

uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato – anche al<br />

convivente more uxorio del defunto stesso, quando risulti concretamente <strong>di</strong>mostrata siffatta<br />

48<br />

relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale» ( ).<br />

( 42 ) Cfr. supra, §§ 2 – 4.<br />

( 43 ) Che è, ovviamente, comunque inapplicabile alla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>.<br />

( 44 ) Per un’esaustiva analisi al riguardo cfr. BARDARO, Il convivente della vittima, in AA. VV., Trattato dei nuovi<br />

danni, <strong>di</strong>retto Cendon, III, Uccisione del congiunto. Responsabilità familiare. Affido, Adozione, Padova, 2011, p. 215<br />

ss.<br />

( 45 ) Cfr., ex multis, Cass. pen., 21 settembre 1981, n. 8209, in Dir. e prat. ass., 1982, p. 716; Cass. pen., 5 novembre<br />

1982, n. 5410; Cass. pen., 7 luglio 1992, in Giur. it., 1993, II, c. 659. Come osservato da BARDARO, Il convivente della<br />

vittima, cit., p. 216, «la ragione <strong>di</strong> tale presa <strong>di</strong> posizione veniva motivata sulla base della valutazione che, mancando<br />

una famiglia legittima, la pretesa in parola si risolveva in una aspettativa <strong>di</strong> mero <strong>fatto</strong>, come tale non tutelata, poiché<br />

nel nostro or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co non vi sono norme che estendono al rapporto <strong>di</strong> convivenza gli stessi <strong>di</strong>ritti e obblighi<br />

previsti per la famiglia fondata sul matrimonio».<br />

( 46 ) Cfr. BARDARO, Il convivente della vittima, cit., p. 216 s.<br />

( 47 ) Cfr. Assise Genova, 18 marzo 1982, in Giur. merito, 1983, p. 433; Trib. Verona, 3 <strong>di</strong>cembre 1980, in Resp. civ.<br />

prev., 1981, p. 74, che ammette l’azione ex art. 2059 c.c., mentre viene negato il risarcimento dei danni patrimoniali, sul<br />

presupposto che in base al <strong>di</strong>ritto positivo il coniuge <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> non vanta, verso il partner, alcuna pretesa patrimoniale<br />

quantificabile in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto soggettivo. Cfr. poi anche Cass. pen., 4 febbraio 1994, in Riv. it. <strong>di</strong>r. proc. pen., 1996,<br />

371, con nota <strong>di</strong> PEYRON.<br />

( 48 ) Cass., 28 marzo 1994, n. 2988, in Giust. civ., 1994, I, p. 1849; in Giur. it., 1995, p. 1366; dell’avvenuta<br />

equiparazione me<strong>di</strong>ante tale pronuncia della posizione del convivente a quella dei congiunti della vittima dà atto Cass.<br />

31 maggio 2003, n. 8828, in Foro it., 2003, I, c. 2272. Sul tema, per i richiami alla dottrina, cfr. altresì ASPREA, La<br />

127


Sarà opportuno considerare che, per ciò che attiene alla dottrina, quest’ultima, sin dagli anni<br />

Sessanta dello scorso secolo aveva posto in luce la contrad<strong>di</strong>ttorietà della posizione dell’«antica»<br />

giurisprudenza nella misura in cui altre decisioni, per contro, ritenevano ammissibile il risarcimento<br />

del danno patrimoniale sofferto per effetto della morte <strong>di</strong> un congiunto nella forma del danno<br />

potenziale, consistendo il danno, pur nell’assenza <strong>di</strong> un obbligo alimentare attuale, nell’aspettativa<br />

<strong>di</strong> una futura prestazione alimentare ( 49<br />

).<br />

50<br />

Come rilevato dagli Autori più recenti ( ), nel revirement del 1994 i giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> legittimità<br />

hanno affermato che, sussistendo un rapporto <strong>di</strong>retto fra il danno e il <strong>fatto</strong> lesivo, tutti coloro che<br />

abbiano subito un danno, siano essi legati al soggetto leso da un rapporto <strong>di</strong> natura familiare o<br />

parafamiliare, hanno <strong>di</strong>ritto al risarcimento. Invero, per quanto attiene al danno morale, anche il<br />

convivente more uxorio patisce una sofferenza a seguito della per<strong>di</strong>ta del partner in termini<br />

analoghi a quanto accade nella famiglia legittima; con riferimento invece al danno patrimoniale,<br />

questo non <strong>di</strong>scende automaticamente dalla morte del convivente, né può identificarsi nel venir<br />

meno <strong>di</strong> elargizioni occasionali, né con una mera aspettativa: sarà dunque l’attore a dover fornire la<br />

prova del carattere stabile del contributo patrimoniale e personale che il partner deceduto<br />

apportava. Del resto, sostiene la Suprema Corte, anche il decesso <strong>di</strong> un coniuge comporta un danno<br />

patrimoniale solo nei limiti in cui esso determini il venire meno <strong>di</strong> un contributo al sod<strong>di</strong>sfacimento<br />

dei bisogni della famiglia.<br />

51<br />

Osserva poi anche la dottrina ( ) che la giurisprudenza successiva al revirement del 1994 in<br />

senso favorevole non si è attestata su posizioni univoche, posto che a fronte <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> decisioni<br />

<strong>di</strong> merito che hanno riconosciuto il <strong>di</strong>ritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale<br />

( 52 ), si sono contrapposte altre pronunce che, facendo leva sul tra<strong>di</strong>zionale orientamento che<br />

ravvisava l’ingiustizia del danno unicamente nella violazione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto soggettivo, hanno negato<br />

qualsiasi tutela al convivente della vittima <strong>di</strong> un altrui <strong>fatto</strong> illecito ( 53<br />

).<br />

Peraltro andrà aggiunto che la giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità ha invece ritenuto <strong>di</strong> dover<br />

confermare nel 2008 il precedente del 1994, stabilendo che «Il <strong>di</strong>ritto al risarcimento del danno da<br />

<strong>fatto</strong> illecito concretatosi in un evento mortale va riconosciuto – con riguardo sia al danno morale,<br />

sia a quello patrimoniale, che presuppone, peraltro, la prova <strong>di</strong> uno stabile contributo economico<br />

apportato, in vita, dal defunto al danneggiato – anche al convivente more uxorio del defunto stesso,<br />

quando risulti <strong>di</strong>mostrata tale relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza<br />

morale e materiale; a tal fine non sono sufficienti né le <strong>di</strong>chiarazioni rese dagli interessati per la<br />

formazione <strong>di</strong> un atto <strong>di</strong> notorietà, né le in<strong>di</strong>cazioni dai medesimi fornite alla P.A. per fini<br />

anagrafici. (Nella specie la S.C. ha confermato sul punto la sentenza impugnata nella parte in cui<br />

aveva, appunto, escluso che la ricorrente, che aveva contratto matrimonio canonico privo <strong>di</strong> effetti<br />

civili con la vittima, potesse vantare <strong>di</strong>ritti risarcitori per la morte dell’uomo, essendo mancata la<br />

prova dell’esistenza <strong>di</strong> una relazione tendenzialmente stabile e <strong>di</strong> una mutua assistenza morale e<br />

54<br />

materiale tra i due)» ( ).<br />

Tre anni dopo, la Corte ha riba<strong>di</strong>to che «Il risarcimento del danno da uccisione <strong>di</strong> un prossimo<br />

famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> in Italia e in Europa, cit., p. 311 ss., mentre FRACCON, Relazioni familiari e responsabilità civile,<br />

Milano, 2003, p. 397, ricollega le aperture della giurisprudenza ai «cambiamenti paralleli del costume sociale e della<br />

dogmatica della responsabilità civile»; su questo argomento, in generale, v. anche AMBANELLI, Il risarcimento del<br />

danno stradale in favore del convivente, in Fam. pers. succ., 2006, p. 251 ss.<br />

( 49 ) SBISÀ, Risarcimento <strong>di</strong> danni in seguito a morte <strong>di</strong> un familiare <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, in Riv. trim. <strong>di</strong>r. proc. civ., 1965, p.<br />

1256.<br />

( 50 ) BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3790; v. anche MONTEVERDE, op. cit., p. 968 ss., BARDARO, Il<br />

convivente della vittima, cit., p. 217 ss.<br />

( 51 ) BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3790.<br />

( 52 ) App. Perugia, 15 maggio 1998, in Rass. giur. umbra, 1998, p. 473; Trib. Milano, 21 luglio 1998, in Resp. civ.<br />

prev., 2000, p. 763; App. Milano, 14 agosto 1998, ivi; Ass. app. Ancona, 31 maggio 2002, in Giur. mer., 2002, p. 1351,<br />

ove il riferimento è al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> libertà, nascente <strong>di</strong>rettamente dalla Costituzione, alla continuazione del rapporto.<br />

( 53 ) Ass. Milano, 20 maggio 1998, in Resp. civ. prev., 2000, p. 764. In particolare Trib. Perugia, 30 ottobre 1996, in<br />

Rass. giur. umbra, 1997, p. 747, ha esplicitamente preso posizione contro la decisione della S.C. (Cass., 28 marzo 1994,<br />

n. 2988, cit.), alla luce delle <strong>di</strong>sposizioni che prevedono e <strong>di</strong>sciplinano la risarcibilità del danno e dei principi generali<br />

dell’or<strong>di</strong>namento, anche costituzionale (la pronuncia è stata riformata da App. Perugia, 15 maggio 1998, cit.).<br />

( 54 ) Cass., 16 settembre 2008, n. 23725, in Nuova giur. civ. comm., 2009, p. 446, con nota <strong>di</strong> BARBANERA.<br />

128


congiunto spetta non soltanto ai membri della famiglia legittima della vittima, ma anche a quelli<br />

della famiglia naturale, come il convivente more uxorio ed il figlio naturale non riconosciuto, a<br />

con<strong>di</strong>zione che gli interessati <strong>di</strong>mostrino la sussistenza <strong>di</strong> un saldo e duraturo legame affettivo tra<br />

essi e la vittima assimilabile al rapporto coniugale» ( 55<br />

).<br />

56<br />

La dottrina più attenta ( ) rileva del resto correttamente come non possa in alcun modo<br />

dubitarsi che la tendenza attualmente in atto sia nel senso <strong>di</strong> attribuire rilevanza, ai fini risarcitori,<br />

anche ai legami <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, naturalmente a prescindere dal gender del convivente ( 57<br />

).<br />

58<br />

Si riporta al riguardo il caso risolto dal tribunale <strong>di</strong> Milano nel 2007 ( ), ove il riferimento è<br />

alla convivenza in<strong>di</strong>pendentemente dal <strong>fatto</strong> che essa sia more uxorio: il <strong>di</strong>ritto al risarcimento del<br />

danno non patrimoniale «è già stato riconosciuto dalla giurisprudenza, in casi analoghi, al<br />

convivente more uxorio a seguito del decesso dell’altro convivente, e non vi è astrattamente alcun<br />

motivo per negare il <strong>di</strong>ritto, a determinate con<strong>di</strong>zioni, al risarcimento del danno non patrimoniale<br />

allorché la convivenza riguarda, oltre alla coppia, anche il figlio <strong>di</strong> uno dei conviventi, con il quale<br />

il convivente non genitore abbia instaurato un solido legame affettivo» ( 59<br />

).<br />

Particolare menzione, in questo contesto, merita anche una decisione del tribunale <strong>di</strong> Venezia<br />

60<br />

( ), che ha riconosciuto il <strong>di</strong>ritto al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, alla<br />

sorella della vittima <strong>di</strong> un altrui illecito sul presupposto che tra l’ucciso e l’anzidetta sorella esisteva<br />

una convivenza more uxorio. In proposito si è affermato ( 61<br />

) che la decisione in questione<br />

rappresenta per l’osservatore attento un documento interessante poiché testimonia la sensibilità<br />

ormai maturata dalla magistratura in or<strong>di</strong>ne al rilievo che, nell’o<strong>di</strong>erno contesto sociale, rivestono i<br />

rapporti affettivi, e ciò a prescindere da ogni atto formale che ne sancisca la rilevanza esplicita al<br />

cospetto dell’or<strong>di</strong>namento e, anzi, come nel caso <strong>di</strong> specie, anche quando l’or<strong>di</strong>namento esprima<br />

una valutazione <strong>di</strong> contrarietà.<br />

Circa la <strong>di</strong>mostrazione del legame <strong>di</strong> convivenza si è esattamente rimarcato che questa può<br />

62<br />

essere fornita con qualsiasi mezzo ( ), mentre, per quanto attiene al quantum, va rilevato che il<br />

danno non patrimoniale non deve essere liquidato facendo ricorso a una serie <strong>di</strong> voci <strong>di</strong> danno<br />

puntualmente «etichettate», ma può essere determinato, una volta accertata la lesione dell’interesse<br />

( 55 ) Cass., 7 giugno 2011, n. 12278.<br />

( 56 ) Cfr. sempre BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3790; v. inoltre BARBANERA, Ancora sulla tutela<br />

aquiliana dei rapporti <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, Nota Cass., 16 settembre 2008, n. 23725, in Nuova giur. civ. comm., 2009, p. 450 ss.<br />

( 57 ) Cfr. BARDARO, Il convivente della vittima, cit., p. 219 ss.<br />

( 58 ) Trib. Milano, 21 febbraio 2007, in Fam. <strong>di</strong>r., 2007, p. 938.<br />

( 59 ) Da notare che, peraltro, la decisione richiede, in motivazione, «una comunanza <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> affetti con<br />

vicendevole assistenza materiale e morale». Per Trib. Milano, 9 marzo 2004, in Nuova giur. civ. comm., 2005, II, p. 213<br />

«per la sussistenza della cd famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, non è sufficiente la semplice coabitazione, dovendosi fare riferimento ad<br />

una situazione interpersonale, con carattere <strong>di</strong> tendenziale stabilità, <strong>di</strong> natura affettiva che, analogamente ai rapporti<br />

familiari, si esplichi in una comunanza <strong>di</strong> vita e d’interessi e nella reciproca assitenza morale e materiale». Continua tale<br />

decisione osservando che non rileva «l’intenzione <strong>di</strong> non avere (…) figli in quanto, per il riconoscimento del rapporto <strong>di</strong><br />

convivenza more uxorio, non è necessaria la procreazione, dato che la filiazione è solo una delle estrinsecazioni del<br />

rapporto coniugale. Se il progetto della coppia <strong>di</strong> avere dei figli può costituire un forte in<strong>di</strong>ce probatorio della stabilità<br />

del vincolo della convivenza more uxorio, non ne rappresenta tuttavia un elemento cssenziale ai fini della tutela<br />

giuri<strong>di</strong>ca nei confronti dei terzi ex artt. 2 Cost. e 2043 c.c. in quanto ciò che rileva è la prova <strong>di</strong> una situazione<br />

interpersonale, con carattere <strong>di</strong> tendenziale stabilità, <strong>di</strong> natura affettiva che, analogamente ai rapporti fmiliari, si esplichi<br />

in una comunanza <strong>di</strong> interessi e nella reciproca assistenza morale e materiale (Cass., 28 marzo 1994, n. 2988)».<br />

( 60 ) Trib. Venezia, 31 luglio 2006, in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, p. 864.<br />

( 61 ) BALESTRA, Rapporti <strong>di</strong> convivenza, cit., p. 3792.<br />

( 62 ) Cfr. BARDARO, Il convivente della vittima, cit., p. 220 s. In giurisprudenza è stato stabilito che «il carattere<br />

stesso della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, che prescinde da un particolare crisma giuri<strong>di</strong>co (e ne è anzi aliena), pone, in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong><br />

particolari, specifiche registrazioni, il problema della prova della sua esistenza, che può essere data con ogni mezzo<br />

previsto dalla legge, e, normalmente, attraverso testimoni: il relativo onere incombe, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi<br />

nell’esistenza <strong>di</strong> un tale rapporto fonda un proprio <strong>di</strong>ritto» (Cass., 28 marzo 1994, n. 2988, cit.). In or<strong>di</strong>ne al certificato<br />

anagrafico è stato evidenziato che esso possa «tutt’al più provare la coabitazione, insufficiente a provare altresì la<br />

con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> pesi e oneri <strong>di</strong> assistenza personale e <strong>di</strong> contribuzione e collaborazione domestica analoga a quella<br />

matrimoniale» (Cass., 29 aprile 2005, n. 8976). Si è peraltro sottolineato che non risultano sufficienti «le <strong>di</strong>chiarazioni<br />

rese dagli interessati a fine <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> un atto <strong>di</strong> notorietà» (così Cass., 28 marzo 1994, n. 2988, cit.), posto che il<br />

suo valore <strong>di</strong> atto pubblico facente fede fino a querela <strong>di</strong> falso è infatti, per costante in<strong>di</strong>rizzo esegetico, circoscritto<br />

«all’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, <strong>di</strong> aver ricevuto le <strong>di</strong>chiarazioni in esso contenute, previa<br />

identificazione dei loro autori» (Cass., 28 marzo 1994, n. 2988, cit.).<br />

129


costituzionalmente garantito, in modo complessivo e onnicomprensivo ( 63 ), tenendo conto <strong>di</strong> tutta<br />

una serie <strong>di</strong> parametri: tipo <strong>di</strong> illecito (eventuale rilevanza penale, con ulteriore rilevanza delle<br />

circostanze aggravanti, se presenti); tipo <strong>di</strong> elemento soggettivo dell’illecito (colpa o dolo); età del<br />

danneggiato, etc. ( 64<br />

).<br />

Una parte della dottrina osserva peraltro che il danneggiato potrà domandare giu<strong>di</strong>zialmente<br />

altresì il risarcimento del c.d. «danno esistenziale», voce <strong>di</strong> danno che, seppur superata come<br />

autonoma sottocategoria, potrà assumere rilevanza laddove emerga un pregiu<strong>di</strong>zio causato dal<br />

peggioramento della qualità della vita, rispetto all’andamento della quoti<strong>di</strong>anità anteriore al <strong>fatto</strong><br />

65<br />

illecito ( ).<br />

Per il danno patrimoniale, poi, il relativo risarcimento non può essere escluso per il <strong>fatto</strong> che<br />

le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente configurano l’adempimento <strong>di</strong> un’obbligazione<br />

66 67<br />

naturale ( ). Naturalmente, vale al riguardo il monito <strong>di</strong> cui al lea<strong>di</strong>ng case del 1994 ( ), secondo<br />

cui, a <strong>di</strong>fferenza del danno non patrimoniale, l’esistenza del pregiu<strong>di</strong>zio in questione non <strong>di</strong>scende<br />

ipso iure dalla morte del convivente «e non può farsi coincidere con la sopravvenuta mancanza <strong>di</strong><br />

elargizioni meramente episo<strong>di</strong>che o graziose, né con una mera ed eventuale aspettativa» ( 68<br />

).<br />

( 63 ) La giurisprudenza <strong>di</strong> merito precisa che il danno da morte del convivente costituisce una voce <strong>di</strong> danno unitario<br />

«al cui interno si collocano il danno morale tra<strong>di</strong>zionalmente inteso, il danno esistenziale e da lesione del rapporto<br />

parentale ed il danno biologico alla sfera psichica» (così Trib. Milano, 14 gennaio 2009, n. 449, in De Jure Banca Dati).<br />

( 64 ) Così M. SGROI, op. cit., p. 1104. In giurisprudenza cfr. ad es. Trib. Milano, 9 marzo 2004, cit., secondo cui «nel<br />

risarcimento dei danni da uccisione del convivente more uxorio la liquidazione del danno non patrimoniale include il<br />

danno da per<strong>di</strong>ta del rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio e il danno morale da reato, senza che sia proficuo ritagliare<br />

all’interno della categoria del danno non patrimoniale specifiche figure <strong>di</strong> danno etichettate in vario modo, fra cui quella<br />

del cd. danno esistenziale».<br />

( 65 ) Cfr., anche per gli ulteriori richiami, BARDARO, Il convivente della vittima, cit., p. 224. Giova a tal fine ricordare<br />

che un giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> merito ha, ad esempio, riconosciuto il risarcimento del danno esistenziale per la per<strong>di</strong>ta del convivente<br />

more uxorio (Trib. Arezzo, 2 febbraio 2005, n. 127, in www.altalex.com). In tale fattispecie il giu<strong>di</strong>ce a<strong>di</strong>to,<br />

nell’equiparare il <strong>di</strong>ritto del coniuge a chiedere il risarcimento del danno esistenziale a quello del convivente, ha<br />

precisato che il convivente more uxorio che chiede iure proprio il risarcimento del danno subito in conseguenza<br />

dell’uccisione del proprio partner, lamenta un pregiu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>verso sia «dal bene salute del quale è titolare, la cui tutela<br />

ex art. 32 Cost. si esprime me<strong>di</strong>ante il risarcimento del danno biologico, sia dall’interesse all’integrità morale, che trova<br />

riparazione me<strong>di</strong>ante il risarcimento del danno morale soggettivo». In tale decisione viene altresì specificato che<br />

l’interesse <strong>fatto</strong> valere nel caso <strong>di</strong> uccisione del congiunto è quello «alla intangibilità della sfera degli affetti e della<br />

reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività<br />

realizzatrici della persona umana nell’ambito <strong>di</strong> quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui<br />

tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost.».<br />

( 66 ) Trib. Milano, 9 marzo 2004, cit.: «Il carattere <strong>di</strong> obbligazione naturale, infatti, rileva nell’ambito del rapporto<br />

interno, nel senso che il convivente more uxorio non ha azione per ottenere l’adempimento della prestazione<br />

patrimoniale ed è tutelato solo con la soluti retentio ex art. 2034 c.c.; tuttavia ciò non implica che i terzi possano<br />

pregiu<strong>di</strong>care senza conseguenze la legittima aspettativa <strong>di</strong> uno dei conviventi all’attribuzione patrimoniale dell’altro,<br />

dato che la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> chances <strong>di</strong> un incremento del patrimonio per il <strong>fatto</strong> illecito del terzo obbliga quest’ultimo al<br />

risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.».<br />

( 67 ) Cass., 28 marzo 1994, n. 2988, cit.<br />

( 68 ) Sul tema v. amplius BARDARO, Il convivente della vittima, cit., p. 225 ss.<br />

130


CAPITOLO X<br />

LA TUTELA DELLE CONVIVENZE OMOSESSUALI<br />

SOMMARIO: 1. Le convivenze omosessuali nella dottrina e nella giurisprudenza italiane. I rapporti<br />

civilistici. – 2. Segue. I problemi legati al ricongiungimento familiare. – 3. La questione del<br />

matrimonio tra persone del medesimo sesso nel <strong>di</strong>ritto italiano. Impostazione del problema.<br />

– 4. Segue. La posizione della giurisprudenza italiana. – 5. Le convivenze omosessuali nella<br />

giurisprudenza sovranazionale. Generalità. La posizione del Parlamento europeo e gli effetti<br />

della Carta <strong>di</strong> Nizza. – 6. Segue. La posizione della Corte <strong>di</strong> giustizia dell’Unione europea. –<br />

7. Segue. La posizione della Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo. – 8. Convivenze<br />

omosessuali e questioni legate all’omogenitorialità. Ininfluenza dell’orientamento sessuale<br />

del genitore sull’affidamento della prole. – 9. Crisi della coppia omosessuale e conseguenze<br />

per la prole: impostazione del problema. – 10. Segue. il rilievo degli accor<strong>di</strong> sui profili<br />

patrimoniali. – 11. Segue. il rilievo degli accor<strong>di</strong> sui profili personali ed i rime<strong>di</strong> in caso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>saccordo. – 12. Cenni su alcuni problemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto internazionale privato relativi alle<br />

obbligazioni alimentari nelle convivenze omosessuali.<br />

1. Le convivenze omosessuali nella dottrina e nella giurisprudenza italiane. I rapporti<br />

civilistici.<br />

La necessità <strong>di</strong> ricorrere, de italico iure con<strong>di</strong>to, agli strumenti del <strong>di</strong>ritto comune (ed in<br />

particolare <strong>di</strong> quello contrattuale) per la soluzione dei problemi posti dalla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> consente<br />

il superamento <strong>di</strong> taluni dei limiti talora imposti alla convivenza more uxorio, primo tra i quali<br />

quello della <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> sesso tra i suoi componenti ( 1<br />

). Naturalmente, chi scrive ha già chiarito che,<br />

secondo l’opinione preferibile, l’identità <strong>di</strong> sesso tra i partners, come non dovrebbe essere più<br />

d’ostacolo alla celebrazione delle nozze, così non dovrebbe opporsi alla possibilità <strong>di</strong> ravvisare la<br />

presenza, a tutti gli effetti, <strong>di</strong> una convivenza more uxorio.<br />

È noto peraltro che, sino a non molti anni fa, tanto la dottrina che la giurisprudenza <strong>di</strong><br />

legittimità apparivano compattamente schierate nel senso che per convivenza more uxorio potesse<br />

2<br />

intendersi soltanto quella tra persone <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso ( ). Così, per esempio, in una pronunzia <strong>di</strong><br />

legittimità ormai risalente, si legge che la fattispecie in esame «si concreta in quella consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

vita fra due persone <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso, che abbia il requisito subiettivo del trattamento reciproco delle<br />

persone analogo, per contenuto e forma, a quella normalmente nascente dal vincolo coniugale e che<br />

abbia, altresì, il requisito oggettivo della notorietà esterna del rapporto stesso quale rapporto<br />

coniugale, inteso non in senso assoluto, ma in relazione alle con<strong>di</strong>zioni sociali e al cerchio <strong>di</strong><br />

relazioni dei conviventi, anche se sempre con un certo carattere <strong>di</strong> stabilità» ( 3 ). Ancora, il non così<br />

risalente lea<strong>di</strong>ng case già ricordato in materia <strong>di</strong> risarcimento del danno da uccisione del convivente<br />

( 4 ) contiene l’affermazione secondo cui «il <strong>di</strong>ritto non può ignorare l’esistenza e la (ancora relativa)<br />

<strong>di</strong>ffusione della cosiddetta famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, derivante dalla convivenza <strong>di</strong> due soggetti <strong>di</strong> sesso<br />

<strong>di</strong>verso al <strong>di</strong> fuori del matrimonio» ( 5<br />

).<br />

Peraltro, già prima che iniziasse in gran parte del nostro continente la «stagione della<br />

contrattualità» della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> (e, segnatamente, <strong>di</strong> quella omosessuale), che <strong>di</strong>versi segnali<br />

( 1 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 8, nota 9; E. QUADRI, Problemi giuri<strong>di</strong>ci attuali<br />

della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 502 ss.; CALÒ, Le convivenze registrate in Europa, cit., passim; CARICATO, La legge<br />

tedesca sulle convivenze registrate, cit., p. 501 ss.; AA.VV., Matrimonio, Matrimonii, cit., passim; SESTA, Diritto <strong>di</strong><br />

famiglia, cit., p. 417 ss.; BALESTRA, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, 2008, cit., p. 1040 ss.; PESCARA, op. cit., p. 979 ss.<br />

( 2 ) D’ANGELI, La famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 250.<br />

( 3 ) Cass., 23 aprile 1966, n. 1041, in Giur. it., 1967, I, 1, c. 67.<br />

( 4 ) Cass., 28 marzo 1994, n. 2988, cit.<br />

( 5 ) All’incirca negli stessi termini cfr. anche Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, cit., che parla <strong>di</strong> «convivenza more<br />

uxorio tra un uomo ed una donna in stato libero».<br />

131


d’apertura comincia a registrare anche al <strong>di</strong> qua delle Alpi ( 6<br />

), qualche voce isolata si era levata da<br />

parte <strong>di</strong> alcuni giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> merito.<br />

Così, il tribunale <strong>di</strong> Roma (<br />

7)<br />

aveva ritenuto la convivenza – espressamente qualificata come<br />

more uxorio – tra persone dello stesso sesso idonea a escludere la presunzione <strong>di</strong> sublocazione <strong>di</strong><br />

cui all’art. 59, l. 27 luglio 1978, n. 392 e comunque non costituente abuso della cosa locata. Il<br />

tribunale <strong>di</strong> Firenze ( 8<br />

), dal canto suo, dopo aver qualificato senz’altro come more uxorio una<br />

convivenza omosessuale, aveva rigettato la domanda proposta da uno dei conviventi avverso gli<br />

ere<strong>di</strong> dell’altro e avente ad oggetto il pagamento delle spese sopportate dall’attore per l’ospitalità<br />

offerta al defunto per un periodo <strong>di</strong> circa tre anni, nonché quelle me<strong>di</strong>che e per l’assistenza del<br />

defunto stesso durante tutta la durata della malattia, ritenendo tali prestazioni rientranti nella<br />

obbligazione naturale tra i partners.<br />

Già <strong>di</strong>versi anni fa si rimarcava come l’abbandono della via del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia<br />

costringesse l’interprete a concentrare la propria attenzione sui singoli atti posti in essere dai<br />

conviventi, a prescindere dal loro compimento nell’ambito, o meno, <strong>di</strong> una cornice para-<br />

9<br />

matrimoniale ( ). In quest’ottica il problema viene inevitabilmente a spostarsi sulla possibilità del<br />

riconoscimento <strong>di</strong> un’obbligazione naturale tra conviventi omosessuali, argomento sul quale si<br />

registra già da tempo la segnalata presa <strong>di</strong> posizione del tribunale <strong>di</strong> Firenze. A favore <strong>di</strong> una simile<br />

soluzione può anche invocarsi l’evoluzione nel concetto <strong>di</strong> obbligazione naturale che è intervenuta a<br />

livello sia dottrinale che giurisprudenziale, per cui il dovere morale e sociale <strong>di</strong> assistenza e <strong>di</strong><br />

contribuzione reciproca viene oggi a poggiare, più che altro, sull’«affidamento» ingenerato nella<br />

controparte.<br />

Si noti peraltro che, ancora in tempi non troppo remoti, la Corte Suprema ha ritenuto<br />

congruamente motivata una decisione d’appello che aveva qualificato come donazioni<br />

remuneratorie (e non come atti <strong>di</strong> adempimento <strong>di</strong> obbligazioni naturali) alcune compraven<strong>di</strong>te<br />

simulate con le quali, nell’ambito <strong>di</strong> una convivenza omosessuale, uno dei partners aveva trasferito<br />

10<br />

all’altro la titolarità <strong>di</strong> beni immobili, con conseguente declaratoria <strong>di</strong> nullità dei trasferimenti ( ).<br />

La lettura della motivazione <strong>di</strong>mostra come, in quell’occasione, la Corte abbia<br />

sostanzialmente eluso il problema posto alla base del motivo <strong>di</strong> ricorso, vale a <strong>di</strong>re, non già il<br />

carattere remuneratorio o meno della donazione (irrilevante nel caso <strong>di</strong> specie, posto che la forma<br />

solenne non era stata rispettata), bensì la presenza – in forza del rapporto <strong>di</strong> convivenza more uxorio<br />

– <strong>di</strong> quel dovere morale e sociale più elevato della gratitu<strong>di</strong>ne, che induce ad ascrivere l’attribuzione<br />

alla categoria degli atti <strong>di</strong> adempimento <strong>di</strong> un’obbligazione morale, come tale esente dai requisiti <strong>di</strong><br />

11<br />

forma imposti alla donazione, «semplice» o remuneratoria che sia ( ).<br />

Ma, ben al <strong>di</strong> là dei dati surriferiti, s’impone la considerazione per cui ogni <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

trattamento tra convivenza eterosessuale e convivenza omosessuale si tradurrebbe in una illegittima<br />

<strong>di</strong>scriminazione fondata sull’orientamento sessuale, vietata dall’art. 21 della Carta dei <strong>di</strong>ritti<br />

12<br />

fondamentali dell’Unione Europea ( ), nonché – prima ancora – in modo implicito, ma sicuro,<br />

dall’art. 3 Cost. ( 13<br />

).<br />

Nessun dubbio può del resto sorgere sull’ammissibilità <strong>di</strong> contratti <strong>di</strong> convivenza tra<br />

omosessuali, negli stessi limiti valevoli per le coppie eterosessuali, tanto più che proprio nella<br />

<strong>di</strong>rezione della negozialità, e non certo in quella dell’imposizione <strong>di</strong> effetti giuri<strong>di</strong>ci conseguenti<br />

alla sola sussistenza del rapporto <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, si muovono le soluzioni normative che in vari paesi<br />

( 6 ) Sul tema cfr. per tutti BONINI BARALDI, Le nuove convivenze tra <strong>di</strong>scipline straniere e <strong>di</strong>ritto interno, cit., p. 1<br />

ss.; ID., Le nuove convivenze: profili internazional-privatistici, in AA. VV., Il nuovo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, Trattato <strong>di</strong>retto<br />

da Ferrando, II, Rapporti personali e patrimoniali, cit., p. 1109 ss.<br />

( 7 ) Trib. Roma, 20 novembre 1982, Riv. giur. e<strong>di</strong>l., 1983, I, p. 959.<br />

( 8 ) Trib. Firenze, 11 agosto 1986, in Nuovo <strong>di</strong>r., 1988, p. 321.<br />

( 9 ) OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 6, nota 9.<br />

( 10 ) Cass., 22 febbraio 1995, n. 1989, in Arch. civ., 1996, I, p. 484.<br />

( 11 ) Cfr. su tali argomenti OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 90 ss.<br />

( 12 ) Sul punto cfr. SESTA, Diritto <strong>di</strong> famiglia, cit., p. 417 ss.<br />

( 13 ) Cfr. OBERTO, Le prestazioni lavorative del convivente more uxorio, cit., p. 125 ss.; sul tema v. inoltre, in senso<br />

adesivo, CORDIANO, Tutela delle coppie omosessuali ed esigenza <strong>di</strong> regolamentazione, in Familia, 2004, p. 107; LONG,<br />

Il <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, cit., p. 226.<br />

132


europei si sono prefissate <strong>di</strong> affrontare e risolvere i problemi in esame ( 14<br />

).<br />

2. Segue. I problemi legati al ricongiungimento familiare.<br />

Alle aperture sul piano dei rapporti civilistici, specie se legati all’utilizzo <strong>di</strong> rime<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

comune, fanno riscontro persistenti e preoccupanti chiusure nella nostra giurisprudenza in settori in<br />

cui la <strong>di</strong>scriminazione rispetto alle coppie eterosessuali appare più o<strong>di</strong>osa.<br />

Sul punto sarà utile evocare la vicenda risolta dalla corte d’appello <strong>di</strong> Firenze nel 2006,<br />

secondo cui, poiché il nostro or<strong>di</strong>namento subor<strong>di</strong>na il rilascio del permesso <strong>di</strong> soggiorno per motivi<br />

familiari alla qualità <strong>di</strong> «familiare» del soggetto richiedente, il provve<strong>di</strong>mento dell’autorità<br />

neozelandese che riconosce a due persone del medesimo sesso la qualifica <strong>di</strong> partners <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cioè<br />

<strong>di</strong> conviventi, e non <strong>di</strong> familiari, non costituisce titolo idoneo perché possa essere rilasciato il<br />

15<br />

permesso <strong>di</strong> soggiorno ai sensi del d.lgs. n. 286/1998 ( ). La predetta decisione è stata confermata<br />

dalla Suprema Corte ( 16<br />

).<br />

La soluzione è stata da chi scrive ritenuta deludente (<br />

Del tutto ignorato è rimasto, invece, l’art. 21 della predetta Carta, che, come noto, fonda un<br />

chiaro <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> trattamenti <strong>di</strong>scriminatori, a ragione, tra l’altro, delle «tendenze sessuali».<br />

Quest’ultimo profilo viene, invece, velocemente sfiorato dalla Cassazione con riguardo agli artt. 8 e<br />

14 della Convenzione europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, in relazione alla (dai ricorrenti) lamentata<br />

«arbitraria ingerenza nelle scelte del modello familiare, avente anche portata <strong>di</strong>scriminatoria sulla<br />

base degli orientamenti sessuali». Ma sif<strong>fatto</strong> peculiare aspetto viene invece espressamente scartato<br />

dalla Corte, «in quanto la mancata equiparazione al coniuge è prevista in relazione a qualsiasi tipo<br />

<strong>di</strong> convivenza non matrimoniale, e non soltanto per quelle tra persone dello stesso sesso». Peraltro,<br />

133<br />

17<br />

), con riguardo al contenuto ed agli<br />

effetti della Carta <strong>di</strong> Nizza. Secondo la Cassazione, infatti, al fine <strong>di</strong> accedere ad una nozione <strong>di</strong><br />

«familiare» comprensiva anche del convivente omosessuale, non varrebbero le <strong>di</strong>sposizioni dell’art.<br />

9 del predetto documento sovranazionale («Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi e il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> costituire una famiglia<br />

sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne <strong>di</strong>sciplinano l’esercizio»), posto che, «Se è vero che<br />

la formulazione del citato art. 9 da un lato conferma l’apertura verso forme <strong>di</strong> relazioni affettive <strong>di</strong><br />

tipo familiare <strong>di</strong>verse da quelle fondate sul matrimonio e, dall’altro, non richiede più come requisito<br />

necessario per invocare la garanzia dalla norma stessa prevista la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> sesso dei soggetti del<br />

rapporto, resta fermo che anche tale <strong>di</strong>sposizione, così come l’art. 12 CEDU, rinvia alle leggi<br />

nazionali per la determinazione delle con<strong>di</strong>zioni per l’esercizio del <strong>di</strong>ritto, con ciò escludendo sia il<br />

riconoscimento automatico <strong>di</strong> unioni <strong>di</strong> tipo familiare <strong>di</strong>verse da quelle previste dagli or<strong>di</strong>namenti<br />

interni che l’obbligo degli stati membri <strong>di</strong> adeguarsi al pluralismo delle relazioni familiari, non<br />

necessariamente eterosessuali».<br />

( 14 ) V. supra, Cap. IV, § 1.<br />

( 15 ) Cfr. App. Firenze, 6 <strong>di</strong>cembre 2006, in Fam. <strong>di</strong>r., 2007, p. 1040, con nota <strong>di</strong> PASCUCCI.<br />

( 16 ) Cass., 17 marzo 2009, n. 6441, in Fam. <strong>di</strong>r., 2009, p. 454, con nota <strong>di</strong> ACIERNO; in Giur. it., 2009, p. 2664, con<br />

nota <strong>di</strong> DE MEO e MANCINELLI; in Nuova giur. civ. comm., 2009, p. 829, con nota <strong>di</strong> PASCUCCI; in Foro it., 2009, I, c.<br />

2076, con nota <strong>di</strong> CALÒ. Secondo, invero, la Cassazione, «In tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto dello straniero al ricongiungimento<br />

familiare, il citta<strong>di</strong>no extracomunitario legato ad un citta<strong>di</strong>no italiano ivi <strong>di</strong>morante da un’unione <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> debitamente<br />

attestata nel paese d’origine del richiedente, non può essere qualificato come “familiare” ai sensi dell’ art. 30, primo<br />

comma, lettera c), del d.lgs. n. 286 del 1998, in quanto tale nozione, delineata dal legislatore in via autonoma, agli<br />

specifici fini della <strong>di</strong>sciplina del fenomeno migratorio, non è suscettibile <strong>di</strong> estensione in via analogica a situazioni<br />

<strong>di</strong>verse da quelle contemplate, non essendo tale interpretazione imposta da alcuna norma costituzionale. Nè tale più<br />

ampia nozione può desumersi dagli artt. 8 e 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo o dall’art. 9 della<br />

Carta <strong>di</strong> Nizza (…) in quanto tali <strong>di</strong>sposizioni escludono il riconoscimento automatico <strong>di</strong> unioni <strong>di</strong>verse da quelle<br />

previste dagli or<strong>di</strong>namenti interni, salvaguardando l’autonomia dei singoli Stati nell’ambito dei modelli familiari.<br />

Infine, non può trovare applicazione la più recente normativa <strong>di</strong> derivazione comunitaria, in quanto il d.lgs. n. 5 del<br />

2007 si applica soltanto ai familiari <strong>di</strong> soggiornanti provenienti da paesi terzi e il d.lgs. n. 30 del 2007 tutela la libertà <strong>di</strong><br />

circolazione e <strong>di</strong> soggiorno dei citta<strong>di</strong>ni UE e dei loro familiari nel territorio <strong>di</strong> uno stato membro <strong>di</strong>verso da quello <strong>di</strong><br />

appartenenza, e non il <strong>di</strong>ritto al ricongiungimento familiare con un citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> uno Stato membro regolarmente<br />

residente e <strong>di</strong>morante nel suo paese d’origine».<br />

( 17 ) OBERTO, Modelli educativi ideologici, culturali e religiosi rispetto al minore <strong>di</strong> genitori in crisi, in Fam. <strong>di</strong>r.,<br />

2010, p. 511.


che la via del matrimonio sia (da noi) irrime<strong>di</strong>abilmente sbarrata agli omosessuali non sembra<br />

sfiorare neppure per un attimo le menti dei Supremi Giu<strong>di</strong>ci.<br />

Eppure, proprio questo appare essere il terreno sul quale anche la nostra Corte Suprema e,<br />

prima ancora, la Corte costituzionale, potrebbero inaugurare sulle rive del Tevere una lettura<br />

dell’art. 3 Cost. alla luce del principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione espresso dalla Carta <strong>di</strong> Nizza, ad<br />

instar <strong>di</strong> quel «<strong>di</strong>alogo tra Carte» che, sulle rive dell’Ill, la Corte <strong>di</strong> Strasburgo, come si <strong>di</strong>rà tra<br />

breve ( 18 ), ha già <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> voler intessere. Non per nulla, ben <strong>di</strong>versa sensibilità al problema ha<br />

mostrato una successiva decisione <strong>di</strong> merito che, sempre con riguardo al tema del ricongiungimento<br />

familiare, non ha esitato a considerare coniuge ai sensi dell’art. 7, primo comma, lett. b) del d.lgs. n.<br />

30 del 2007, in collegamento con l’art. 2, lett. b), n. 1 del citato d.lgs.***, il citta<strong>di</strong>no uruguayano<br />

coniugato in Spagna con citta<strong>di</strong>no italiano del medesimo sesso ( 19 ). La decisone, ben consapevole<br />

dell’o<strong>di</strong>erna nozione europea <strong>di</strong> matrimonio e <strong>di</strong> famiglia, facendo applicazione del rationale della<br />

decisione nella causa Schalk ***, supera la limitazione <strong>di</strong> cui all’art. 9 della Carta <strong>di</strong> Nizza<br />

derivante dal riconoscimento del <strong>di</strong>ritto al matrimonio «secondo le leggi nazionali che ne<br />

<strong>di</strong>sciplinano l’esercizio», osservando esattamente come» con tale espressione si debba intendere che<br />

il legislatore europeo ha inteso evitare <strong>di</strong> imporre formule predeterminate ai legislatori, nazionali,<br />

scongiurando qualsiasi incursione nella sfera <strong>di</strong> esclusiva competenza dei medesimi; «cosa ben<br />

<strong>di</strong>versa quando sia in questione la libertà dì circolazione dei citta<strong>di</strong>ni europei nell’ambito<br />

dell’Unione; in questo caso (…) entrano in gioco specifici interessi dell’Unione in materia alla<br />

stessa riservata, nel cui ambito deve trovare applicazione il <strong>di</strong>ritto sovranazionale o, comunque, <strong>di</strong><br />

derivazione europea ( 20<br />

).<br />

In senso contrario all’invocabilità del principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione (sub specie, però,<br />

21<br />

dell’art. 3 Cost.) si esprime parte della dottrina ( ), pervenendo alla non con<strong>di</strong>visibile conclusione<br />

per cui la convivenza omosessuale, pur se formazione sociale rilevante ex art. 2 Cost., non potrebbe<br />

assurgere al rango <strong>di</strong> «famiglia». Ora, se si pone mente al <strong>fatto</strong> che il termine «famiglia» non può<br />

ormai essere negato alla convivenza more uxorio tra persone <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso ( 22<br />

), appare più che<br />

lampante come la negazione della medesima qualifica alla stabile unione affettiva tra persone del<br />

medesimo sesso non tragga altra origine se non da una (preconcetta e gratuita) <strong>di</strong>scriminazione non<br />

basata su altra «ragione», che non sia proprio l’orientamento sessuale.<br />

Negare la presenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scriminazione rilevante ai sensi dell’art. 21 della Carta <strong>di</strong> Nizza<br />

23<br />

(ma, quasi altrettanto certamente, anche ex art. 3 Cost.) significa, dunque, negare l’evidenza ( ).<br />

3. La questione del matrimonio tra persone del medesimo sesso nel <strong>di</strong>ritto italiano.<br />

( 18 ) V. infra, § 7, in questo Cap.<br />

( 19 ) Cfr. Trib. Reggio Emilia, 13 febbraio 2012, in ***.<br />

( 20 ) Sul punto cfr. anche Cass., ***<br />

***<br />

della S.C. che interpretando il <strong>di</strong>sposto de quo., contenuto nel n. 1 della lettera 2 del D.Lgs. il 30 del 2007, ha<br />

affermato che in.relazione ad un matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto in Spagna la sentenza impugnata ha<br />

<strong>di</strong>sconosciuto il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> libera circolazione soggiorno dell’U. nel territorio dello Stato italiano in sostanza qualificando<br />

lo stesso come partner <strong>di</strong> una situazione non riconoscibile in Italia, mancando però <strong>di</strong> verificare se, sulla base della<br />

legislazione interna dello Stato membro, l’unione in parala sia qualificabile - o equiparabile - a rapporto <strong>di</strong> coniugio.,<br />

quale è stato prospettato, con relativa documentazione, dall’imputato. In tal senso e parimenti evidente che lo status <strong>di</strong><br />

coniuge esime dalla documentazione sulla citta<strong>di</strong>nanza, trattandosi <strong>di</strong> due con<strong>di</strong>zioni equiparate ex lege" (Corte <strong>di</strong><br />

Cassazione n. 1328 del 19/1/2011; la S..C, ha rinviato al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> merito perché verifichi se la <strong>di</strong>sciplina spagnola<br />

equipari il. matrimonio tra persone dello stesso sesso al matrimonio tra persone <strong>di</strong> d!verso sesso, circostanza che<br />

tuttavia, può darsi per acquisita - a prescindere dal principio iura novil curia, non conferente nella specie ~ essendo<br />

notorio, anche per il clamore anche fuori, dall’ambito scientifico, che a norma della legge n. 13/2005 in vigore dal 3<br />

luglio 2005 è stato mo<strong>di</strong>ficato l’articolo 44 del co<strong>di</strong>ce civile spagnolo, specificando che il matrimonio richiede gli stessi<br />

requisiti e produce gli stessi effetti quando a contrarlo sonò due persone dello stesso o <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso sesso).***<br />

( 21 ) D’ANGELI, Il fenomeno delle convivenze omosessuali: quale tutela giuri<strong>di</strong>ca?, cit., p. 18 ss.<br />

( 22 ) Sul tema v. per tutti OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, cit., p. 21 ss.<br />

( 23 ) Ed infatti cfr. Trib. Venezia, 3 aprile 2009 (su cui v. il § seguente, anche per l’in<strong>di</strong>cazione della decisione della<br />

Consulta che ha respinto la questione). Sui temi collocati al crocevia tra convivenza more uxorio, immigrazione,<br />

espulsione e ricongiungimento familiare v. anche Corte cost., 22 <strong>di</strong>cembre 2006, n. 444, in Corr. giur., 2007, p. 253;<br />

Cass. pen., 22 maggio 2008, n. 240596, in Fam. <strong>di</strong>r., 2009, p. 407.<br />

134


Impostazione del problema.<br />

Al tema svolto nei paragrafi che precedono non può non affiancarsi, quello dell’impossibilità,<br />

nel nostro or<strong>di</strong>namento, per le coppie conviventi composte da soggetti del medesimo sesso <strong>di</strong><br />

accedere al matrimonio. La materia ha, come noto, scatenato appassionati <strong>di</strong>battiti e registrato<br />

l’intervento <strong>di</strong> non poche autorità giuris<strong>di</strong>zionali, sulla scorta delle esperienze maturate in altri<br />

sistemi.<br />

È noto che ormai svariati or<strong>di</strong>namenti hanno sic et simpliciter abrogato il requisito della<br />

<strong>di</strong>versità <strong>di</strong> sesso, quale presupposto per la celebrazione delle nozze ( 24<br />

), laddove altri, oltre ad aver<br />

introdotto forme negoziali <strong>di</strong> convivenza registrata, si stanno interrogando sugli eventuali ulteriori<br />

passi da compiere, in vista del definitivo superamento <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione.<br />

Così, ad esempio, in Francia, il 25 novembre 2008, è stata presentata una proposta <strong>di</strong> legge<br />

tesa a «permettre la reconnaissance des unions conclues dans un autre État de l’Union européenne<br />

25<br />

par tous les couples quelle que soit leur orientation sexuelle» ( ). Al momento, ammettendo solo il<br />

PACS francese, le coppie gay unite in un vincolo (matrimoniale o para-matrimoniale) secondo<br />

l’or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> un altro stato europeo, si trovano in «une situation kafkaïenne : l’administration<br />

leur demandait de rompre leur union civile pour pouvoir se pacser» ( 26<br />

). Qualora questa proposta<br />

<strong>di</strong>ventasse legge, la Francia renderebbe legittimi anche gli effetti del vincolo matrimoniale contratto<br />

in un altro stato UE tra due persone dello stesso sesso residenti sul territorio francese (la questione<br />

principale riguarderebbe alcuni aspetti del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> successione). Sempre secondo la presentazione<br />

della proposta, la legge così envisagée consentirebbe «une solution plus adéquate qui s’inspire en<br />

partie du <strong>di</strong>spositif adopté en Grande-Bretagne en 2004 (Civil Partnership Act). D’une part, elle<br />

pose le principe selon lequel les mariages, les partenariats et les unions régulièrement conclus dans<br />

un autre État de l’Union européenne doivent produire des effets de droit en France. D’autre part,<br />

elle autorise les couples auxquels est refusée la reconnaissance de leur mariage, partenariat ou union<br />

à conclure un pacte civil de solidarité s’ils résident en France».<br />

27<br />

Proprio il Civil Partnership Act britannico ( ) al quale fa riferimento la proposta <strong>di</strong> legge<br />

francese riconosce le unioni legittimamente contratte in un or<strong>di</strong>namento straniero, secondo il <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> quello stato. Un capitolo intitolato «Overseas relationships treated as civil partnerships» (par.<br />

212-218) <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong>rettamente la questione, offrendo definizioni, le con<strong>di</strong>zioni e regole generali,<br />

( 24 ) CANATA, La legalizzazione della vita <strong>di</strong> coppia: panorama europeo e prospettive <strong>di</strong> riforma in Italia, in Fam.<br />

pers. succ., 2010, p. 198 ss.; GATTUSO, Il matrimonio tra persone dello stesso sesso, cit., p. 810 ss. In generale, per<br />

un’analisi critica della questione del matrimonio tra persone dello stesso sesso cfr. ESKRIDGE, Gay Marriage. For Better<br />

or for Worse?, Oxford, 2006; TINCANI, Le nozze <strong>di</strong> Sodoma. La morale e il <strong>di</strong>ritto del matrimonio omosessuale, Milano,<br />

2009; BONINI BARALDI, La famiglia de-genere. Matrimonio, omosessualità e Costituzione, Milano-U<strong>di</strong>ne, 2010;<br />

NUSSBAUM, From Disgust to Humanity. Sexual Orientation and the Constitution, Oxford, 2010. Molti contributi recenti<br />

sul tema sono raccolti in AA. VV., La «società naturale» e i suoi «nemici». Sul para<strong>di</strong>gma eterosessuale del<br />

matrimonio. Atti del seminario Ferrara, 26 febbraio 2010, a cura <strong>di</strong> Bin, Brunelli, Guazzarotti, Pugiotto e Veronesi,<br />

Torino, 2010, <strong>di</strong> cui in particolare cfr. PEZZINI, Dentro il mestiere <strong>di</strong> vivere: uguali in natura o uguali in <strong>di</strong>ritto?, p. 1<br />

ss., CRIVELLI, Il <strong>di</strong>ritto al matrimonio riconosciuto dall’art. 12 CEDU alla luce della recente giurisprudenza della<br />

Corte costituzionale e della Corte EDU, p. 91 ss. e RUGGERI, Le unioni tra soggetti dello stesso sesso e la loro<br />

(innaturale ...) pretesa a connotarsi come «<strong>famiglie</strong>», p. 307 ss.. Sulla <strong>di</strong>sciplina delle coppie gay e lesbiche v. AA. VV.,<br />

Le unioni tra persone dello stesso sesso. Profili <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile, comunitario e comparato, a cura <strong>di</strong> Bilotta, Milano-<br />

U<strong>di</strong>ne, 2008, <strong>di</strong> cui cfr. BONINI BARALDI, Lo spazio europeo <strong>di</strong> libertà, sicurezza e giustizia: pluralismo <strong>di</strong> valori e<br />

pregiu<strong>di</strong>zi nazionali a confronto, p. 103 ss.; PASTORE, I modelli <strong>di</strong> tutela delle unioni tra persone dello stesso sesso nel<br />

<strong>di</strong>ritto europeo, p. 129 ss., e DAL CANTO, La nozione costituzionale <strong>di</strong> famiglia e la tutela dei modelli familiari <strong>di</strong>versi<br />

dalla famiglia fondata sul matrimonio, p. 201 ss. In tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione fondata sull’orientamento sessuale negli<br />

Stati Uniti cfr. GERSTMANN, The Constitutional Underclass. Gays, Lesbians, and the Failure of Class-Based Equal<br />

Protection, Chicago, 1999.<br />

( 25 ) «L’article 515-3 du code civil est complété par un alinéa ainsi ré<strong>di</strong>gé : “Les personnes de même sexe ayant<br />

conclu un mariage et les personnes de sexe <strong>di</strong>fférent ou de même sexe ayant conclu un partenariat civil ou une union<br />

civile dans un État membre de l’Union européenne autre que la France sont autorisées à s’en prévaloir lorsqu’elles<br />

résident sur le territoire français ; à défaut, elles ont la possibilité de conclure un pacte civil de solidarité”». Il testo<br />

integrale della proposta <strong>di</strong> legge è consultabile in http://www.senat.fr/leg/ppl08-111.html.<br />

( 26 ) Cfr. l’Exposé des motifs della citata proposta <strong>di</strong> legge.<br />

( 27 ) Il testo del Civil Partnership Act 2004 è consultabile su<br />

http://www.opsi.gov.uk/acts/acts2004/ukpga_20040033_en_1. Per consultare le «equivalenze» tra unioni, si veda<br />

http://www.civilpartnerships.org.uk/RegistrationAndRecognitionOfPartnershipsFormedOverseas.htm.<br />

135


il requisito del sesso identico tra i partner, e le eccezioni ( 28<br />

).<br />

Interessante, ai nostri fini, il raffronto che si può presentare rispetto al <strong>di</strong>ritto spagnolo, nel<br />

quale il tenore letterale dell’art. 32 della Costituzione <strong>di</strong> quel regno abbia in certo modo<br />

«agevolato» il compito del riformatore spagnolo, che ha potuto trarre argomento dalla formulazione<br />

letterale della Carta fondamentale: la norma riconosce piena eguaglianza tra uomo e donna nel<br />

29<br />

<strong>di</strong>ritto a contrarre matrimonio, ma non in<strong>di</strong>ca con quale sesso ci si debba sposare ( ).<br />

Più gravoso, almeno a prima vista, appare il compito del legislatore italiano, poiché l’art. 29<br />

Cost. sconta una certa ambiguità nell’accostare la famiglia naturale ad un negozio giuri<strong>di</strong>co proprio<br />

del <strong>di</strong>ritto positivo, quale è il matrimonio, istituto sul cui significato si sono confrontate due <strong>di</strong>verse<br />

interpretazioni, che a più <strong>di</strong> sessant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione sono ancora un<br />

punto <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>battito concernente l’introduzione <strong>di</strong> una legge sulle unioni civili.<br />

Da un lato, vi è chi, fedele alla tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> stampo giusnaturalistico, la quale considera la<br />

famiglia un prius, vale a <strong>di</strong>re un’entità immutabile, preesistente allo Stato, riferisce la nozione <strong>di</strong><br />

matrimonio all’unione stabile <strong>di</strong> un uomo e <strong>di</strong> una donna, potenzialmente aperta alla procreazione<br />

30<br />

( ); in senso opposto, chi aderisce all’interpretazione storicistica dell’art. 29, lo considera norma a<br />

carattere «recettizio», il cui contenuto viene definito a seconda della concezione <strong>di</strong> famiglia che si<br />

realizza in un determinato contesto sociale e storico ( 31<br />

).<br />

Si rileva correttamente, a sostegno <strong>di</strong> quest’ultima (e preferibile) impostazione, che il modello<br />

tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> matrimonio è profondamente mutato nel corso del tempo, perdendo molti <strong>di</strong> quei<br />

caratteri che, all’epoca della Costituente, ne erano elemento integrante, come il principio <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>ssolubilità, il riconoscimento della posizione <strong>di</strong> supremazia dell’uomo all’interno della famiglia<br />

32<br />

e la finalità procreativa ( ).<br />

Quanto a quest’ultimo profilo, basterà pensare al tema dell’obiettiva rilevanza dell’impotenza,<br />

secondo quanto <strong>di</strong>sposto dall’art. 123 c.c. 1942, così come formulato prima della Riforma del 1975.<br />

Orbene, proprio tale riforma ha chiaramente <strong>di</strong>mostrato che il matrimonio civile non è più<br />

istituzionalmente orientato alla procreazione, poiché l’impotenza è causa d’invali<strong>di</strong>tà del<br />

matrimonio soltanto quando sia anche causa <strong>di</strong> errore, tale da incidere sullo svolgimento della vita<br />

( 28 ) «Overseas relationships treated as civil partnerships: the general rule<br />

(1) Two people are to be treated as having formed a civil partnership as a result of having registered an overseas<br />

relationship if, under the relevant law, they—<br />

(a) had capacity to enter into the relationship, and<br />

(b) met all requirements necessary to ensure the formal vali<strong>di</strong>ty of the relationship.<br />

(2) Subject to subsection (3), the time when they are to be treated as having formed the civil partnership is the time<br />

when the overseas relationship is registered (under the relevant law) as having been entered into.<br />

(3) If the overseas relationship is registered (under the relevant law) as having been entered into before this section<br />

comes into force, the time when they are to be treated as having formed a civil partnership is the time when this section<br />

comes into force.<br />

(4) But if—<br />

(a) before this section comes into force, a <strong>di</strong>ssolution or annulment of the overseas relationship was obtained outside<br />

the United Kingdom, and<br />

(b) the <strong>di</strong>ssolution or annulment would be recognised under Chapter 3 if the overseas relationship had been treated<br />

as a civil partnership at the time of the <strong>di</strong>ssolution or annulment,<br />

subsection (3) does not apply and subsections (1) and (2) have effect subject to subsection (5).<br />

(5) The overseas relationship is not to be treated as having been a civil partnership for the purposes of any<br />

provisions except—<br />

(a) Schedules 7, 11 and 17 (financial relief in United Kingdom after <strong>di</strong>ssolution or annulment obtained outside the<br />

United Kingdom);<br />

(b) such provisions as are specified (with or without mo<strong>di</strong>fications) in an order under section 259;<br />

(c) Chapter 3 (so far as necessary for the purposes of paragraphs (a) and (b)).<br />

(6) This section is subject to sections 216, 217 and 218».<br />

( 29 ) CARRILLO, La Legge spagnola sul matrimonio tra omosessuali e i principi costituzionali, in Foro it., 2005, IV,<br />

c. 264; CANATA, La legalizzazione della vita <strong>di</strong> coppia: panorama europeo e prospettive <strong>di</strong> riforma in Italia, cit., p. 198<br />

ss.<br />

( 30 ) GRASSETTI, voce Famiglia, in Noviss. Dig. it., VII, Torino, 1961, p. 50 ss.; LOMBARDI, La famiglia<br />

nell’or<strong>di</strong>namento italiano, in Iustitia, 1965, p. 3 ss.<br />

( 31 ) MANCINI, Uguaglianza tra coniugi e società naturale nell’art. 29 Cost., in Riv. <strong>di</strong>r. civ., 1963, I, p. 223 ss.<br />

( 32 ) CANATA, La legalizzazione della vita <strong>di</strong> coppia: panorama europeo e prospettive <strong>di</strong> riforma in Italia, cit., p.<br />

198.<br />

136


coniugale ( 33<br />

), oltre tutto, avuto riguardo alle con<strong>di</strong>zioni dell’altro coniuge (il quale potrebbe essere<br />

a sua volta affetto da impotenza); inoltre, possono contrarre matrimonio anche le persone che per<br />

età abbiano perso la capacità <strong>di</strong> generare, oppure siano inidonee alla procreazione a seguito della<br />

rettificazione <strong>di</strong> sesso (l. n. 164/1982).<br />

34<br />

Ora, secondo una parte della dottrina ( ), la soluzione legislativa apparirebbe l’unica in grado<br />

<strong>di</strong> stravolgere una tra<strong>di</strong>zione plurisecolare, aprendo l’istituto del matrimonio alle coppie gay e<br />

lesbiche. In senso contrario, altra dottrina suggerisce un’applicazione estensiva del matrimonio alle<br />

coppie omosessuali, sulla base <strong>di</strong> un’interpretazione adeguatrice della giurisprudenza <strong>di</strong> merito ( 35 ).<br />

Non esistendo nel nostro or<strong>di</strong>namento una nozione <strong>di</strong> matrimonio, né un <strong>di</strong>vieto espresso ( 36<br />

) al<br />

matrimonio tra persone dello stesso sesso, si potrebbe attribuire al giu<strong>di</strong>ce or<strong>di</strong>nario il compito <strong>di</strong><br />

formulare le regole che <strong>di</strong>sciplinano la fattispecie, sulla base <strong>di</strong> un’interpretazione estensiva<br />

costituzionalmente orientata.<br />

4. Segue. La posizione della giurisprudenza italiana.<br />

Tra le poche voci giurisprudenziali che si <strong>di</strong>chiarano de lege ferenda favorevoli all’estensione<br />

del matrimonio alle coppie omosessuali (peraltro negandolo nella specie de lege lata), si segnala la<br />

nota decisione della corte d’appello <strong>di</strong> Roma, relativa ad un caso <strong>di</strong> trascrizione <strong>di</strong> matrimonio tra<br />

37<br />

citta<strong>di</strong>ni italiani dello stesso sesso, celebrato in Olanda ( ).<br />

La corte territoriale, in primo luogo, riporta la questione nell’ambito della valutazione<br />

internazionalprivatistica per mezzo delle vigenti norme <strong>di</strong> conflitto (gli artt. 27 e 28 l. 218/1995) da<br />

cui il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure, il tribunale <strong>di</strong> Latina, sembrava essersi allontanato valutando l’atto<br />

straniero senza tener conto della lex causae richiamata dalle norme <strong>di</strong> conflitto (il <strong>di</strong>ritto italiano).<br />

38<br />

In definitiva, la corte d’appello rileva che l’art. 27, l. 218/1995 ( ) subor<strong>di</strong>na la vali<strong>di</strong>tà sostanziale<br />

del vincolo coniugale al rispetto dei requisiti previsti dalla legge nazionale <strong>di</strong> ciascuno degli<br />

interessati; <strong>di</strong> conseguenza, la citta<strong>di</strong>nanza italiana <strong>di</strong> almeno uno dei protagonisti impe<strong>di</strong>sce il<br />

riconoscimento del matrimonio da essi contratto, dal momento che, in base al <strong>di</strong>ritto materiale<br />

italiano, la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> sesso tra i coniugi è un requisito imprescin<strong>di</strong>bile non solo per la vali<strong>di</strong>tà,<br />

ma ad<strong>di</strong>rittura per l’esistenza del vincolo coniugale.<br />

In effetti la dottrina prevalente considera l’identità <strong>di</strong> sesso tra gli interessati causa <strong>di</strong><br />

( 33 ) FERRANDO, Il matrimonio gay, il giu<strong>di</strong>ce, il legislatore, Nota a App. Firenze, 27 giugno 2008, in Resp. civ.<br />

prev., 2008, p. 2344.<br />

( 34 ) V. per tutti CANATA, La legalizzazione della vita <strong>di</strong> coppia: panorama europeo e prospettive <strong>di</strong> riforma in Italia,<br />

cit., p. 198 ss.<br />

( 35 ) BILOTTA, Matrimonio (gay) all’italiana, Nota a Trib. Latina, 10 giugno 2005, in Nuova giur. civ. comm., 2006,<br />

I, p. 91 ss.<br />

( 36 ) Il <strong>di</strong>vieto compare espressamente soltanto in una circolare del Ministero degli interni, datata 18 ottobre 2007, n.<br />

55, in Dir. fam. pers., 2008, p. 549, ove in riferimento all’applicazione della Convenzione <strong>di</strong> Vienna dell’8 settembre<br />

1976, si rammenta che in mancanza <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fiche legislative in materia, il nostro or<strong>di</strong>namento non ammette il<br />

matrimonio omosessuale: la richiesta <strong>di</strong> un simile atto compiuto all’estero deve essere rifiutata perché in contrasto con<br />

l’or<strong>di</strong>ne pubblico interno.<br />

( 37 ) App. Roma, 13 luglio 2006, in Guida al <strong>di</strong>r., 2006, n. 35, p. 55, che conferma Trib. Latina, 10 giugno 2005, in<br />

Riv. <strong>di</strong>r. int. priv. proc., 2005, p. 1095 ss., su cui cfr. CORBETTA, Trascrizione del matrimonio tra citta<strong>di</strong>ni italiani dello<br />

stesso sesso contratto all’estero e <strong>di</strong>ritto internazionale privato, in Dir. imm. e citt., n. 3-2006, p. 32 ss. V. anche<br />

SCHLESINGER, Matrimonio tra in<strong>di</strong>vidui dello stesso sesso contratto all’estero, in Fam. <strong>di</strong>r., 2005, p. 411 ss.; BONINI<br />

BARALDI, Il matrimonio fra citta<strong>di</strong>ni italiani dello stesso sesso contratto all’estero non è trascrivibile: inesistente,<br />

invalido o contrario all’or<strong>di</strong>ne pubblico?, ibidem, p. 415 ss.; CAVANA, Sulla intrascrivibilità dell’atto <strong>di</strong> matrimonio<br />

validamente contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, in Dir. fam. pers., 2005, p. 1268 ss.; ORLANDI,<br />

Matrimonio contratto all’estero da citta<strong>di</strong>ni italiani dello stesso sesso e sua efficacia giuri<strong>di</strong>ca in Italia, in Giur. merito,<br />

2005, p. 2292 ss.<br />

( 38 ) «Art. 27.<br />

Con<strong>di</strong>zioni per contrarre matrimonio.<br />

1. La capacità matrimoniale e le altre con<strong>di</strong>zioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale <strong>di</strong><br />

ciascun nubendo al momento del matrimonio. Resta salvo lo stato libero che uno dei nuben<strong>di</strong> abbia acquistato per<br />

effetto <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>cato italiano o riconosciuto in Italia».<br />

137


inesistenza del matrimonio ( 39 ) e così pure la giurisprudenza ( 40 ). In senso conforme si esprime<br />

anche la circolare del Ministero dell’interno in materia <strong>di</strong> registri dello stato civile in data 26 marzo<br />

2001, che esclude la possibilità <strong>di</strong> trascrivere il matrimonio «tra omosessuali» (e la circostanza che<br />

non si sia usata l’espressione «tra soggetti del medesimo sesso» sembra <strong>di</strong>rla lunga sul persistente<br />

«marchio d’infamia» che nel nostro arretrato Paese sembra ancora aleggiare su quella che molti<br />

s’ostinano a considerare una vera e propria «categoria a parte») contratto all’estero dal citta<strong>di</strong>no<br />

italiano ( 41<br />

).<br />

La soluzione adottata, a ben vedere, non sembra far leva sulla contrarietà all’or<strong>di</strong>ne pubblico<br />

del rapporto dedotto, bensì sulla conformità del matrimonio tra persone del medesimo sesso al<br />

modello coniugale contemplato dalla lex causae richiamata dalla norma <strong>di</strong> collegamento, e cioè<br />

dalla legge italiana. Il limite dell’or<strong>di</strong>ne pubblico, e tutte le problematiche connesse al suo<br />

intervento, vengono invece in rilievo ogni qual volta si renda necessario valutare gli effetti<br />

dell’applicazione del <strong>di</strong>ritto straniero rispetto ai principi essenziali del foro: è quanto avverrebbe, ad<br />

esempio, nel caso in cui si richiedesse il riconoscimento del matrimonio omosessuale contratto in<br />

Olanda tra citta<strong>di</strong>ni olandesi, e cioè tra soggetti la cui legge nazionale ammette siffatta possibilità.<br />

La corte romana, nella citata decisione, ha osservato che il matrimonio contratto dai due<br />

italiani non poteva essere nella specie trascritto nei registri dello stato civile italiano perché<br />

mancante <strong>di</strong> uno dei «requisiti essenziali» per la sua configurabilità come matrimonio<br />

nell’or<strong>di</strong>namento interno, vale a <strong>di</strong>re la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> sesso tra i coniugi.<br />

I giu<strong>di</strong>ci hanno però lasciato una qualche apertura per il futuro: se da una parte, infatti, la<br />

formula <strong>di</strong> famiglia come «società naturale» rende inattuabile la prospettiva volta a riconoscere in<br />

via pretoria l’unione tra persone dello stesso sesso, dall’altra la medesima formula potrebbe<br />

consentire la ricezione da parte del legislatore <strong>di</strong> nuove figure alle quali sia la società civile ad<br />

attribuire il «senso e il valore» dell’esperienza <strong>di</strong> «famiglia». In altre parole, è al legislatore, e non<br />

al giu<strong>di</strong>ce, che compete dare attuazione alle istanze provenienti dalla società nelle forme che lo<br />

stesso ritenga più opportune, nulla ostando, ad opinione del collegio romano, la Carta costituzionale<br />

42<br />

( ).<br />

Considerazioni analoghe si ritrovano in una decisione successiva della corte d’appello <strong>di</strong><br />

43<br />

Firenze ( ), che si è pronunciata su un ricorso presentato da una coppia omosessuale avverso il<br />

Comune <strong>di</strong> Firenze, il quale aveva negato la pubblicazione del matrimonio, per l’asserita mancanza<br />

<strong>di</strong> previsione nell’or<strong>di</strong>namento dello Stato italiano della possibilità <strong>di</strong> contrarre matrimonio tra<br />

persone dello stesso sesso.<br />

La corte ha nella fattispecie respinto il reclamo, sul rilievo che l’or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co<br />

italiano vieta, allo stato, la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinare attraverso l’istituto pubblicistico del<br />

matrimonio le unioni tra persone dello stesso sesso. Peraltro, osservano i giu<strong>di</strong>ci fiorentini, la<br />

<strong>di</strong>sciplina normativa del matrimonio, se da un lato non viola alcun <strong>di</strong>ritto fondamentale<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo, non essendo vietata la convivenza, dall’altro non esclude che il legislatore possa<br />

farsi interprete dei valori comunemente accettati dal corpo sociale e provveda pertanto alla<br />

regolamentazione delle unioni omosessuali. La corte esclude perciò che il giu<strong>di</strong>ce or<strong>di</strong>nario possa<br />

( 39 ) Cfr. SPALLAROSSA, Le con<strong>di</strong>zioni per contrarre matrimonio, in AA. VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto<br />

da Zatti, I, Famiglia e matrimonio, 1, prima e<strong>di</strong>zione, cit., p. 513 ss.; FERRANDO, Le cause <strong>di</strong> invali<strong>di</strong>tà del matrimonio,<br />

ibidem, p. 615 ss.; secondo JEMOLO, Il matrimonio, in Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto civile, <strong>di</strong>retto da Vassalli, Torino, 1961, p. 48<br />

ss., invece, essa costituirebbe una causa <strong>di</strong> nullità.<br />

( 40 ) Cfr. Trib. Roma, 28 giugno 1980, in Foro it., 1981, I, c. 869 e, incidenter tantum, Cass., 9 giugno 2000, n. 7877,<br />

in Fam. <strong>di</strong>r., 2000, p. 509; Cass., 2 marzo 1999, n. 1739, in Riv. <strong>di</strong>r. int. priv. proc., 1999, p. 613; Cass. 22 febbraio<br />

1990, n. 1304, in Riv. <strong>di</strong>r. int. priv. proc., 1991, p. 726.<br />

( 41 ) La circolare recita testualmente: «È trascrivibile il primo matrimonio celebrato secondo il rito islamico tra un<br />

citta<strong>di</strong>no italiano e un citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> religione islamica; mentre non è trascrivibile il matrimonio celebrato all’estero tra<br />

omosessuali, <strong>di</strong> cui uno italiano, in quanto contrario alle norme <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico».<br />

( 42 ) In senso analogo cfr. anche App. Firenze, 30 giugno 2008, in Foro it., 2008, I, c. 3695, con nota <strong>di</strong> DEL CANTO.<br />

Anche il giu<strong>di</strong>ce fiorentino chiama <strong>di</strong>rettamente in causa il legislatore, al quale, com’è avvenuto per «tutti quei paesi<br />

ove l’unione in matrimonio tra persone dello stesso sesso è prevista nei rispettivi or<strong>di</strong>namenti», nulla potrà impe<strong>di</strong>re in<br />

futuro <strong>di</strong> «farsi interprete del mutato sentire del corpo sociale e legiferare nel senso auspicato dai reclamanti ...».<br />

( 43 ) App. Firenze, 27 giugno 2008, in Resp. civ. prev., 2008, p. 2342, su cui DAL CANTO, Persone dello stesso sesso:<br />

a vent’otto anni dalla prima pronuncia ancora chiuse le porte alle pubblicazioni matrimoniali, in Foro it., 2008, c.<br />

3697.<br />

138


arrogarsi il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> coprire un vuoto normativo, in sostituzione del legislatore.<br />

Sul punto si è osservato che è indubbio che il ruolo della giurisprudenza <strong>di</strong> merito non sia<br />

esclusivamente limitato alla tutela dei <strong>di</strong>ritti esistenti, ma possa estendersi fino a crearne <strong>di</strong> nuovi:<br />

questo perché l’art. 2 Cost. non contiene un elenco tassativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti, ma si pone quale clausola<br />

generale, aperta, che impone al giu<strong>di</strong>ce il rispetto e la tutela integrale della persona umana nelle<br />

<strong>di</strong>verse situazioni in cui si esplica la personalità in<strong>di</strong>viduale. Ciò non<strong>di</strong>meno, appare evidente tutta<br />

la debolezza degli strumenti della giurisprudenza or<strong>di</strong>naria <strong>di</strong> fronte ad un così <strong>di</strong>fficile e travagliato<br />

processo <strong>di</strong> «inclusione» delle coppie omosessuali ( 44 ). Altri ancora osservano che la via più<br />

semplice per mo<strong>di</strong>ficare la regola <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto potrebbe essere quella del ricorso alla Corte<br />

costituzionale ( 45<br />

).<br />

46<br />

Ora, tale via è proprio quella inutilmente tentata da alcuni giu<strong>di</strong>ci rimettenti ( ), che ha<br />

portato ad una pilatesca decisione, in cui la Consulta ( 47<br />

), la quale, sostanzialmente rinviando la<br />

soluzione del problema al legislatore, ha tra l’altro ritenuto il principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione<br />

inapplicabile, in quanto derogato per «specialità» dagli artt. 12 CEDU e 9 della Carta <strong>di</strong> Nizza, che<br />

prevedono il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi e <strong>di</strong> costituire una famiglia (peraltro con rinvio ai limiti propri delle<br />

legislazioni nazionali).<br />

Sul punto sarà appena il caso <strong>di</strong> osservare che la regola <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione non ha nulla a<br />

che vedere con il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi, né quest’ultimo può essere qualificato come «speciale» rispetto<br />

al primo, atteso che il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> contrarre matrimonio non è certo una specificazione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

non essere <strong>di</strong>scriminati. Semmai, è proprio la concreta conformazione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi nel<br />

48<br />

nostro or<strong>di</strong>namento a costituire patente violazione del principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione ( ).<br />

( 44 ) PIGNATELLI, Nozione <strong>di</strong> matrimonio e <strong>di</strong>sciplina delle coppie omosessuali in Europa, in Foro it., 2005, V, c.<br />

263.<br />

( 45 ) FERRANDO, Il matrimonio gay, il giu<strong>di</strong>ce, il legislatore, cit., p. 2342.<br />

( 46 ) Cfr. Trib. Venezia, 3 aprile 2009, in Resp. civ. prev., 2009, p. 1905, con nota <strong>di</strong> FERRANDO, Il matrimonio gay:<br />

il testimone passa alla Consulta; in Nuova giur. civ. comm., 2009, p. 911, con nota BUFFONE; App. Trento, 29 luglio<br />

2009; App. Firenze, 3 <strong>di</strong>cembre 2009; Tribunale Ferrara,14 <strong>di</strong>cembre 2009. A commento delle or<strong>di</strong>nanze v. anche<br />

BONINI BARALDI, “Comizi d’amore” in tempo <strong>di</strong> crisi, in Fam. <strong>di</strong>r., 2009, p. 830 ss.; CRIVELLI, Il matrimonio<br />

omosessuale all’esame della Corte Costituzionale, in Giur. cost., 2009, p. 726; FIORILLO Matrimonio omosessuale: la<br />

lacuna italiana nella tutela dei <strong>di</strong>ritti, alla luce della Costituzione e della normativa europea, in Giur. merito, 2009;<br />

MELANI, Il matrimonio omosessuale davanti alla Corte Costituzionale: azzardo o svolta? in<br />

www.forumcostituzionale.it; PATRONE, Il matrimonio tra persone omosessuali davanti alla Corte Costituzionale, in<br />

Quest. giust., 2009, p. 143; PIGNATELLI, Dubbi <strong>di</strong> legittimità costituzionale sul matrimonio, in Forum <strong>di</strong> Quad. cost.,<br />

2010.<br />

Con particolare riguardo a Trib. Venezia, 3 aprile 2009, cit., nonchè App. Trento, 29 luglio 2009, che per la prima<br />

volta hanno sollecitato l’intervento della Corte Costituzionale sulla questione del matrimonio omosessuale, va detto che,<br />

ad avviso <strong>di</strong> tali provve<strong>di</strong>menti il mancato riconoscimento del matrimonio omosessuale determinerebbe<br />

un’ingiustificata compromissione del <strong>di</strong>ritto inviolabile <strong>di</strong> contrarre matrimonio, in contrasto con l’art. 2 Cost. e una<br />

sostanziale <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> trattamento, in riferimento all’art. 3 Cost., tra i soggetti omosessuali e transessuali, i quali, una<br />

volta ottenuta la rettificazione <strong>di</strong> sesso, ai sensi della l. n. 164 del 1982, possono unirsi in matrimonio con persone del<br />

proprio sesso <strong>di</strong> nascita (cfr. BUFFONE, Riconoscibilità del <strong>di</strong>ritto delle persone omosessuali <strong>di</strong> contrarre matrimonio<br />

con persone del proprio sesso, Nota a Trib. Venezia, 3 aprile 2009, in Nuova giur. civ. comm., 2009, p. 921).<br />

L’or<strong>di</strong>nanza veneziana aderisce poi all’interpretazione storico-sociologica dell’art. 29 Cost., sostenendo che il<br />

riferimento alla famiglia come società naturale fondata sul matrimonio non può esaurirsi nella famiglia tra<strong>di</strong>zionale,<br />

formata dall’unione dell’uomo e della donna, trattandosi invece <strong>di</strong> una nozione <strong>di</strong>namica, aperta alle trasformazioni<br />

sociali e storiche. Tale lettura, che sarebbe confermata sia dai lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, sia<br />

dall’evoluzione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, dal 1948 fino ad oggi, non ostacolerebbe, ma anzi imporrebbe il matrimonio tra<br />

persone dello stesso sesso. In ultimo, il giu<strong>di</strong>ce veneziano assume violato l’art. 117, comma primo, Cost., che impone al<br />

legislatore il rispetto dei vincoli derivanti dall’or<strong>di</strong>namento comunitario e degli obblighi internazionali. Nello specifico,<br />

si richiamano gli atti delle Istituzioni comunitarie, che da tempo invitano gli Stati ad introdurre il matrimonio<br />

omosessuale, o forme <strong>di</strong> tutela analoghe, per le coppie omosessuali e le norme della Convenzione europea dei <strong>di</strong>ritti<br />

dell’uomo che sanciscono il rispetto della vita privata e familiare (art. 8), il <strong>di</strong>ritto al matrimonio (art. 12) e il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scriminazione (art. 14). In termini non <strong>di</strong>ssimili, anche la successiva or<strong>di</strong>nanza della corte d’appello <strong>di</strong> Firenze (App.<br />

Firenze, 3 <strong>di</strong>cembre 2009) aderisce alla concezione naturalistica della famiglia, come realtà che preesiste allo Stato: «il<br />

matrimonio in quanto realtà naturale, non può essere considerato ostacolo ma stimolo ad ammettere il matrimonio<br />

omosessuale».<br />

( 47 ) Corte cost., 15 aprile 2010, cit.<br />

( 48 ) Come osservato da BIANCHI, La Corte chiude le porte al matrimonio tra persone dello stesso sesso, nota a Corte<br />

cost., 15 aprile 2010, n. 138, in Giur. it., 2011, p. 542, «L’ultimo passaggio della motivazione riguarda il richiamo,<br />

139


Desta poi stupore che, in motivazione, la Consulta s’appigli all’art. 30 Cost., rilevando che da<br />

tale norma si desumerebbe la «potenziale finalità procreativa dell’istituto». Ora, a parte la<br />

considerazione per cui anche la coppia omosessuale potrebbe avere figli ( 49 ) e che la stessa Corte <strong>di</strong><br />

cassazione sta operando inaspettate aperture sul tema dell’adozione da parte dei singles ( 50<br />

) va detto<br />

che la Corte costituzionale sembra ignorare quanto sopra riportato circa il definitivo superamento <strong>di</strong><br />

ogni possibile finalità procreativa con l’abrogazione del previgente art. 123 c.c. e l’introduzione nel<br />

1975 della versione attualmente in vigore dell’art. 122 c.c. ***adde riferimento trib. reggio emilia,<br />

già illustrata prima***<br />

5. Le convivenze omosessuali nella giurisprudenza sovranazionale. Generalità. La posizione<br />

del Parlamento europeo e gli effetti della Carta <strong>di</strong> Nizza.<br />

51<br />

Si è esattamente posto in luce in dottrina ( ) che, quando ancora nel <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> origine interna<br />

mancavano riferimenti espliciti all’orientamento sessuale, furono le fonti internazionali a in<strong>di</strong>care<br />

tale con<strong>di</strong>zione personale tra quelle che non possono <strong>di</strong> per sé giustificare un trattamento<br />

<strong>di</strong>fferenziato ( 52 ). Così, nel caso Toonen v Australia, il Comitato O.N.U. per i <strong>di</strong>ritti umani ha<br />

affermato che il termine «sesso» <strong>di</strong> cui agli art. 2, primo comma, e 26 del Patto <strong>di</strong>r. civ. e pol.<br />

comprende anche l’ «orientamento sessuale» ( 53<br />

).<br />

Dal 1999 i testi fondamentali dell’Unione europea e delle Comunità europee prevedono<br />

espressamente che le politiche e le azioni europee debbano mirare a combattere le <strong>di</strong>scriminazioni<br />

54<br />

fondate sull’orientamento sessuale ( ). La Direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000 sulla parità<br />

<strong>di</strong> trattamento in materia <strong>di</strong> occupazione e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro vieta le <strong>di</strong>scriminazioni fondate,<br />

tra l’altro, sull’«orientamento sessuale». L’art. 21 della Carta <strong>di</strong> Nizza, come più volte ricordato,<br />

vieta «qualsiasi forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione fondata», tra l’altro, sulle «tendenze sessuali» ( 55<br />

).<br />

Il Parlamento europeo, dal canto suo, ha in<strong>di</strong>rizzato alcune raccomandazioni e risoluzioni, sia<br />

agli Stati membri, che alla Commissione, in materia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti delle persone omosessuali.<br />

In particolare, già in data 8 febbraio 1994 è stata adottata una risoluzione sulla parità dei <strong>di</strong>ritti<br />

degli omosessuali, con la quale il Parlamento ha chiesto alla Commissione <strong>di</strong> presentare una<br />

proposta <strong>di</strong> raccomandazione nella quale venisse sollecitata la rimozione degli «ostacoli frapposti al<br />

matrimonio <strong>di</strong> coppie omosessuali ovvero a un istituto giuri<strong>di</strong>co equivalente, garantendo<br />

contenuto nelle or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> rimessione, alla sentenza Goodwin, oltre che alle <strong>di</strong>sposizioni della Cedu e della Carta <strong>di</strong><br />

Nizza in materia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto al matrimonio e alla tutela della vita privata e familiare. La Corte si sofferma sulla decisione<br />

della Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo (che aveva ritenuto contrario alla convenzione il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> matrimonio con<br />

persona dello stesso sesso biologico che avesse cambiato sesso), per rilevare che la pretesa apertura alla tutela<br />

dell’orientamento sessuale è contraddetta dalla circostanza che vi fosse stato un cambiamento <strong>di</strong> sesso, non riconosciuto<br />

dal <strong>di</strong>ritto inglese a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quello italiano. Inoltre, si conferma la non comparabilità tra la situazione del<br />

transessuale e quella dell’omosessuale. È appena da notare che è omessa ogni valutazione sul punto chiave <strong>di</strong> Goodwin:<br />

la garanzia del <strong>di</strong>ritto a sposarsi, non con<strong>di</strong>zionato né dal sesso né dall’orientamento sessuale».<br />

( 49 ) Sul tema v. infra, §§ 8-11, in questo Cap.<br />

( 50 ) V. ad es. Cass., 14 febbraio 2011, n. 3572 con cui la Corte ha, tra le righe, auspicato una nuova<br />

regolamentazione della materia dell’adozione da parte <strong>di</strong> soggetti non coniugati, invitando il legislatore ad ampliare<br />

l’ambito <strong>di</strong> possibilità <strong>di</strong> adozione <strong>di</strong> un minore da parte <strong>di</strong> persone singole con effetti legittimanti, laddove tuttavia ne<br />

ricorrano particolari circostanze.<br />

( 51 ) LONG, Le fonti <strong>di</strong> origine extranazionale, in AA. VV., Trattato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong>retto da Zatti, I, Famiglia<br />

e matrimonio, 1, seconda e<strong>di</strong>zione, cit., p. 150.<br />

( 52 ) Sul ruolo delle fonti internazionali nell’affermazione del principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione per ragioni <strong>di</strong><br />

orientamento sessuale cfr. DANISI, Il principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione dalla CEDU alla Carta <strong>di</strong> Nizza: il caso<br />

dell’orientamento sessuale, 2010, in<br />

http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/<strong>pdf</strong>/documenti_forum/paper/0154_danisi.<strong>pdf</strong>; PALLARO, I <strong>di</strong>ritti<br />

degli omosessuali nella Convenzione europea per i <strong>di</strong>ritti umani e nel <strong>di</strong>ritto comunitario, in Riv. int. <strong>di</strong>r. uomo, 2000,<br />

p. 104; WINTEMUTE, Sexual Orientation and Human Rights, Oxford, 1997.<br />

( 53 ) Nicholas Toonen v Australia, 31 marzo 1994.<br />

( 54 ) Cfr. art. 13 Trattato CE, così come inserito dal Trattato <strong>di</strong> Amsterdam nel 1997, e oggi l’art. 10 del TFUE.<br />

( 55 ) Esattamente rimarca LONG, Le fonti <strong>di</strong> origine extranazionale, cit., p. 151, nota 89, che la locuzione<br />

«orientamento sessuale», che compare nelle altre lingue, è stranamente resa in italiano con «tendenze sessuali».<br />

140


pienamente <strong>di</strong>ritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni», nonché la<br />

rimozione <strong>di</strong> «qualsiasi limitazione del <strong>di</strong>ritto degli omosessuali <strong>di</strong> essere genitori ovvero <strong>di</strong><br />

adottare o avere in affidamento dei bambini».<br />

Queste in<strong>di</strong>cazioni sono state riprese dalla risoluzione sul rispetto dei <strong>di</strong>ritti umani<br />

nell’Unione europea in relazione al biennio 1998-1999, adottata il 16 marzo 2000, con la quale,<br />

richiamando l’art. 13 del Trattato istitutivo della Comunità europea, il Parlamento europeo ha<br />

chiesto «agli Stati che non vi abbiano ancora provveduto <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la propria legislazione al<br />

fine <strong>di</strong> riconoscere legalmente la convivenza al <strong>di</strong> fuori del matrimonio in<strong>di</strong>pendentemente dal<br />

sesso» e ha evidenziato «la necessità <strong>di</strong> compiere rapi<strong>di</strong> progressi nell’ambito del riconoscimento<br />

reciproco delle varie forme <strong>di</strong> convivenza legale a carattere non coniugale e dei matrimoni legali tra<br />

persone dello stesso sesso».<br />

Richieste <strong>di</strong> analogo tenore sono state formulate anche nella Risoluzione sulla situazione dei<br />

<strong>di</strong>ritti fondamentali nell’Unione europea, approvata dal Parlamento europeo il 4 settembre 2003.<br />

Con essa, il Parlamento europeo ha auspicato la legittimazione, all’interno degli Stati membri, dei<br />

rapporti <strong>di</strong> coniugio e dell’adozione, anche se richiesti da nuclei familiari composti da persone dello<br />

stesso sesso.<br />

Ancora, si potrà menzionare l’art. 56 della Risoluzione del Parlamento europeo del 16 marzo<br />

2000, in tema <strong>di</strong> rispetto dei <strong>di</strong>ritti umani nell’Unione, volto a garantire alle coppie non sposate ed a<br />

quelle omosessuali i medesimi <strong>di</strong>ritti rispetto alle coppie ed alle <strong>famiglie</strong> tra<strong>di</strong>zionali, in particolare<br />

in materia <strong>di</strong> legislazione fiscale, regime patrimoniale e <strong>di</strong>ritti sociali. In tale atto il Parlamento<br />

europeo aveva in<strong>di</strong>cato la necessità <strong>di</strong> compiere rapi<strong>di</strong> progressi nell’ambito del riconoscimento<br />

delle varie forme <strong>di</strong> convivenza legale a carattere non coniugale e dei matrimoni legali tra persone<br />

del medesimo sesso. Si potrà poi anche citare la Direttiva 2004/38/CE che, in materia <strong>di</strong><br />

ricongiungimenti familiari, ha stabilito che il citta<strong>di</strong>no europeo che prenda la residenza in un altro<br />

Stato membro, possa riunirsi al coniuge ma anche al partner con cui ha registrato l’unione nello<br />

Stato <strong>di</strong> provenienza, purché riconosciuta equivalente al matrimonio dallo Stato ospitante.<br />

Si tratta <strong>di</strong> interventi in tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina delle unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> che il Parlamento europeo fa<br />

rientrare nell’ambito della generale tutela dei <strong>di</strong>ritti umani, essendo la normativa del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

famiglia riservata alla competenza esclusiva dei singoli Stati membri, e costituendo una materia<br />

incisivamente sottoposta ed influenzata da valori, cultura e tra<strong>di</strong>zioni propri <strong>di</strong> una nazione. Le<br />

iniziative del Parlamento europeo, pur incoraggiando l’adozione <strong>di</strong> strumenti atti ad eliminare le<br />

<strong>di</strong>scriminazioni esistenti, non hanno in<strong>di</strong>cato il matrimonio omosessuale quale unica forma <strong>di</strong> tutela,<br />

lasciando gli Stati membri liberi <strong>di</strong> scegliere un altro strumento giuri<strong>di</strong>co equivalente.<br />

Il legislatore europeo ha peraltro rivolto nel 2008 un ulteriore invito alla Commissione perché<br />

intervenisse al fine <strong>di</strong> eliminare gli ostacoli frapposti al matrimonio omosessuale o ad un istituto<br />

giuri<strong>di</strong>co equivalente, garantendo pienamente <strong>di</strong>ritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la<br />

registrazione delle unioni, a mo<strong>di</strong>ficare dunque i propri or<strong>di</strong>namenti in modo da introdurre la<br />

convivenza registrata e riconoscere giuri<strong>di</strong>camente le unioni <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>, senza <strong>di</strong>scriminazioni basate<br />

sul sesso ( 56<br />

).<br />

Successivamente, con la Risoluzione del 14 gennaio 2009 in tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti fondamentali<br />

nell’Unione europea, il detto Parlamento ha nuovamente sollecitato gli Stati membri – che non<br />

abbiano ancora operato in tal senso – ad adottare normative <strong>di</strong> legge al fine <strong>di</strong> eliminare le<br />

<strong>di</strong>scriminazioni cui sono soggette determinate coppie in ragione del proprio orientamento sessuale,<br />

esortando la Commissione a formulare proposte che assicurino il principio del riconoscimento<br />

giuri<strong>di</strong>co delle coppie omosessuali – siano esse sposate o legate da una unione civile registrata.<br />

57<br />

Della Carta <strong>di</strong> Nizza, dei suoi effetti e dei suoi limiti si è già avuto modo <strong>di</strong> trattare ( ),<br />

allorquando si è cercato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le possibili ricadute sulla famiglia <strong>di</strong> <strong>fatto</strong><br />

«tra<strong>di</strong>zionalmente» intesa. Qui potrà riba<strong>di</strong>rsi che, avendo tale documento, all’art. 9, in<strong>di</strong>viduato in<br />

capo ad ogni persona «il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi e <strong>di</strong> costituire una famiglia» (pur «secondo le leggi<br />

nazionali che ne <strong>di</strong>sciplinano l’esercizio»), la Carta ha compiuto una scelta decisiva, poiché ha<br />

( 56 ) Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 febbraio 2008 per la parità dei <strong>di</strong>ritti degli omosessuali nella<br />

Comunità europea.<br />

( 57 ) V. supra, Cap. I, §§ 3 s.<br />

141


consapevolmente optato per un’espressione <strong>di</strong>versa da quella contenuta nell’art. 12 della<br />

Convenzione europea sui <strong>di</strong>ritti dell’uomo e le libertà fondamentali (per cui «uomini e donne in età<br />

adatta hanno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi»), proprio al fine <strong>di</strong> non escludere le coppie omosessuali.<br />

Esattamente la dottrina ha rilevato come «in tal modo si apre la via al riconoscimento delle<br />

coppie omosessuali e dello stesso matrimonio tra omosessuali» ( 58 ), influenzando, a sua volta,<br />

l’interpretazione dello stesso art. 12 della C.E.D.U., atteso che, come si vedrà, anche la Corte <strong>di</strong><br />

Strasburgo, chiamata a verificare la compatibilità dell’esclusione delle coppie omosessuali<br />

dall’istituto matrimoniale, con una decisione resa nel 2010, ha marcato un chiarissimo revirement<br />

<strong>di</strong> portata storica ( 59<br />

).<br />

6. Segue. La posizione della Corte <strong>di</strong> giustizia dell’Unione europea.<br />

Non vi è dubbio che la Corte <strong>di</strong> Giustizia dell’Unione europea abbia manifestato a lungo una<br />

notevole cautela nell’estendere ai conviventi omosessuali i <strong>di</strong>ritti riconosciuti alle coppie<br />

eterosessuali (coniugate o meno). Ad esempio, ancora al finire dello scorso millennio, la Corte del<br />

Lussemburgo affermava che «allo stato attuale del <strong>di</strong>ritto nella Comunità, le relazioni stabili tra due<br />

persone dello stesso sesso non sono equiparate alle relazioni tra persone coniugate o alle relazioni<br />

stabili fuori del matrimonio tra persone <strong>di</strong> sesso opposto» (<br />

Ma, rispettivamente, <strong>di</strong>eci e tre<strong>di</strong>ci anni dopo il precedente da ultimo citato, nei casi Maruko e<br />

Römer, può veramente <strong>di</strong>rsi che l’atteggiamento della Corte sia venuto a mutare in modo ra<strong>di</strong>cale. E<br />

ciò già a partire dal c.d. giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> comparazione, cioè dall’in<strong>di</strong>viduazione del termine <strong>di</strong> paragone<br />

alla luce del quale esaminare la situazione della coppia convivente omosessuale. Nei casi Maruko e<br />

Römer, infatti, la Corte <strong>di</strong> giustizia ha affermato che tale termine non è costituito necessariamente<br />

dagli in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> pari status (cioè i conviventi more uxorio eterosessuali), bensì dalle coppie che si<br />

trovino in una situazione sostanzialmente analoga e quin<strong>di</strong> dalle coppie coniugate eterosessuali,<br />

qualora la situazione della coppia dello stesso sesso appaia, in concreto, assimilabile a quella<br />

61<br />

dell’unione coniugale ( ).<br />

( 58 ) FERRANDO, Il matrimonio gay: il testimone passa alla Consulta, Nota a Trib. Venezia, 3 aprile 2009, in Resp.<br />

civ. prev., 2009, p. 1905. V. inoltre GATTUSO, Il matrimonio tra persone dello stesso sesso, cit., p. 808. Come osservato<br />

dalla Corte <strong>di</strong> Cassazione, l’art. 9 «non richiede più come requisito necessario per invocare la garanzia dalla norma<br />

stessa prevista la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> sesso dei soggetti del rapporto» (Cass., 17 marzo 2009, n. 6441).<br />

( 59 ) Cfr. Schalk and Kopf v Austria, cit. Per una prima analisi della sentenza cfr. GATTUSO, La Corte costituzionale<br />

sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, Nota a Corte cost., 15 aprile 2010, n. 138, in Fam. <strong>di</strong>r., 2010, p. 653 ss.;<br />

DANISI, La Corte <strong>di</strong> Strasburgo e i matrimoni omosessuali: vita familiare e <strong>di</strong>fesa dell’unione tra<strong>di</strong>zionale, in Quad.<br />

cost., 2010, p. 867; SILEONI, La Corte <strong>di</strong> Strasburgo e i matrimoni omosessuali: il consenso europeo, un criterio fragile<br />

ma necessario, ibidem, p. 870; WINKLER, Le <strong>famiglie</strong> omosessuali nuovamente alla prova della Corte <strong>di</strong> Strasburgo, in<br />

Nuova giur. civ. comm., 2010, I, p. 1337.<br />

( 60 ) Corte <strong>di</strong> giustizia, Lisa Jacqueline Grant v South-West Trains Ltd, 17 febbraio 1998, in causa n. C-249/96, par.<br />

38. Sul punto v. anche TONER, Immigration rights of same sex couples in EC Law, in AA. VV., BOELE-WOELKI e<br />

FUCHS, Legal recognition of same sex couple in Europe, cit., p. 178; CANOR, Equality for Lesbians and Gay Men in the<br />

European Community Legal Order — They Shall be Male and Female, in MJ, 7, (2000), p. 273 ss.<br />

( 61 ) Corte <strong>di</strong> giustizia, Grande sezione, Maruko v Versorgungsanstalt der deutschen Bühnen, 10 aprile 2008, in causa<br />

C-267/06, in Fam. e <strong>di</strong>r., 2008, p. 653, con nota <strong>di</strong> BONINI BARALDI (cfr. in particolare par. 67); Corte <strong>di</strong> giustizia,<br />

Grande Sezione, 10 maggio 2011, Römer v Freie und Hansestadt Hamburg, in causa C-147/08, in Fam. <strong>di</strong>r., 2012, p.<br />

113 ss., con nota <strong>di</strong> NUNIN, che ha affermato il principio della parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti pensionistici per gli omosessuali congiunti<br />

con una unione civile registrata; secondo la Corte, il trattamento non può essere inferiore a quello più favorevole<br />

concesso alle persone <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso sesso regolarmente sposate. Ad avviso dei giu<strong>di</strong>ci del Lussemburgo, la <strong>di</strong>rettiva del<br />

Consiglio n. 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità <strong>di</strong> trattamento in materia <strong>di</strong> occupazione e<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro, deve essere interpretata nel senso che non sono escluse dal suo ambito <strong>di</strong> applicazione ratione<br />

materiae – né sulla base del suo art. 3, n. 3, né a norma del suo ventiduesimo considerando – le pensioni complementari<br />

<strong>di</strong> vecchiaia come quelle versate agli ex <strong>di</strong>pendenti della Freie und Hansestadt Hamburg e ai loro superstiti ai sensi<br />

della legge del Land <strong>di</strong> Amburgo del 30 maggio 1995, le quali costituiscono retribuzione ai sensi dell’art. 157 TFUE. Il<br />

combinato <strong>di</strong>sposto degli artt. 1, 2 e 3, n. 1, lett. c), della <strong>di</strong>rettiva 2000/78 osta ad una norma nazionale, come quella <strong>di</strong><br />

cui all’art. 10, n. 6, della succitata legge del Land Amburgo, per cui un beneficiario partner <strong>di</strong> un’unione civile<br />

percepisca una pensione complementare <strong>di</strong> vecchiaia <strong>di</strong> importo inferiore rispetto a quella concessa ad un beneficiario<br />

coniugato non stabilmente separato, qualora nello Stato membro interessato, il matrimonio sia riservato a persone <strong>di</strong><br />

sesso <strong>di</strong>verso e coesista con un’unione civile quale quella prevista dalla legge 16 febbraio 2001, sulle unioni civili<br />

142<br />

60<br />

).


È dunque vero che, nei casi in cui si accerti in concreto che la posizione del partner dello<br />

stesso sesso è analoga a quella del coniuge (pensiamo ai caratteri in<strong>di</strong>viduati dalla giurisprudenza<br />

interna per ammettere il risarcimento del danno patrimoniale da morte del convivente more uxorio),<br />

in applicazione del «metodo Maruko» occorrerà concludere nel senso dell’esistenza <strong>di</strong> un<br />

trattamento <strong>di</strong>scriminatorio: costituisce infatti una <strong>di</strong>scriminazione <strong>di</strong>retta ogni <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

trattamento tra situazioni che risultino in concreto assimilabili ( 62<br />

).<br />

Simili modo, ove si ponga mente al <strong>di</strong>ritto successorio <strong>di</strong> abitazione della casa familiare <strong>di</strong><br />

proprietà del partner defunto che il nostro legislatore riserva al coniuge superstite (art. 540 cpv.<br />

c.c.), il <strong>fatto</strong> che l’esigenza <strong>di</strong> tutela della famiglia «tra<strong>di</strong>zionale» coincida con la protezione dei<br />

<strong>di</strong>ritti dei successori legittimi e legittimari, induce a dubitare della necessarietà dell’esclusione tout<br />

court del convivente dal <strong>di</strong>ritto al mantenimento dell’habitat domestico ai fini della tutela dei<br />

controinteressati stessi. Qualora gli ere<strong>di</strong> legittimi manchino, è evidentemente assente qualsiasi<br />

esigenza <strong>di</strong> tutela. Qualora tali ere<strong>di</strong> esistano, occorre invece effettuare un bilanciamento tra gli<br />

interessi contrapposti: il riconoscimento al convivente del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> abitazione e agli ere<strong>di</strong> della<br />

nuda proprietà dell’immobile e dei mobili consente probabilmente in concreto <strong>di</strong> offrire tutela a<br />

entrambe le posizioni.<br />

Il margine <strong>di</strong> apprezzamento <strong>di</strong> cui gode lo Stato italiano in questa materia, inoltre, deve<br />

ritenersi sensibilmente ridotto in virtù del <strong>fatto</strong> che ai conviventi omosessuali è precluso tout court<br />

il matrimonio (e dunque la sod<strong>di</strong>sfazione del requisito stabilito dalla legge per l’accesso al<br />

beneficio) e non esistono strumenti lato sensu negoziali con cui una coppia non coniugata possa<br />

63<br />

tutelarsi reciprocamente e i cui effetti vadano oltre la loro relazione privata ( ).<br />

7. Segue. La posizione della Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo.<br />

64<br />

Fino a non molti anni or sono era sicuramente corretto affermare ( ) che la consolidata<br />

giurisprudenza della Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo rifiutava <strong>di</strong> riconoscere l’esistenza <strong>di</strong> una<br />

«vita familiare» tra persone del medesimo sesso, ritenendo invece sempre applicabile alle questioni<br />

concernenti gli omosessuali l’art. 8 sotto il profilo del <strong>di</strong>ritto al rispetto della «vita privata» ( 65<br />

). È<br />

però altrettanto innegabile che, nel volgere <strong>di</strong> breve tempo, anche a Strasburgo la musica è<br />

ra<strong>di</strong>calmente mutata.<br />

66<br />

Ed invero, a parte il già segnalato revirement sul <strong>di</strong>ritto dei transessuali al matrimonio ( ), il<br />

«la» a questo nuovo modo <strong>di</strong> guardare alla convivenza omosessuale, sulle rive dell’Ill, era stato dato<br />

dal caso Salgueiro da Silva Mouta v Portugal, in cui la Corte affrontò per la prima volta una<br />

controversia concernente un omosessuale dal punto <strong>di</strong> vista del rispetto della vita familiare; tuttavia<br />

la pronuncia, sebbene interessante, non segna ancora un superamento del tra<strong>di</strong>zionale approccio<br />

della Corte: nel caso <strong>di</strong> specie infatti si <strong>di</strong>scuteva del rispetto della vita familiare del ricorrente<br />

omosessuale e della figlia avuta da questi in una precedente relazione eterosessuale ( 67<br />

). Altro<br />

precedente <strong>di</strong> peso attiene alla vicenda dell’adozione da parte <strong>di</strong> single, che viva però in coppia con<br />

registrate (Gesetz über <strong>di</strong>e Engetragene Lebenspartnerschaft), che è riservata a persone dello stesso sesso, e sussista<br />

una <strong>di</strong>scriminazione <strong>di</strong>retta fondata sulle tendenze sessuali, per il motivo che, nell’or<strong>di</strong>namento nazionale, il suddetto<br />

partner <strong>di</strong> un’unione civile si trova in una situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> paragonabile a quella <strong>di</strong> una persona coniugata<br />

per quanto riguarda la pensione summenzionata. La valutazione della comparabilità ricade nella competenza del giu<strong>di</strong>ce<br />

del rinvio e deve essere incentrata sui rispettivi <strong>di</strong>ritti ed obblighi dei coniugi e delle persone legate in un’unione civile,<br />

quali <strong>di</strong>sciplinati nell’ambito dei corrispondenti istituti e che risultano pertinenti alla luce della finalità e dei presupposti<br />

<strong>di</strong> concessione della prestazione in questione.<br />

( 62 ) LONG, Le fonti <strong>di</strong> origine extranazionale, cit., p. 153.<br />

( 63 ) Così ancora LONG, Le fonti <strong>di</strong> origine extranazionale, cit., p. 153 s.<br />

( 64 ) Cfr. ad es. LONG, Il <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, cit., p. 187.<br />

( 65 ) Sul <strong>di</strong>ritto al rispetto della vita privata quale strumento per la tutela delle coppie omosessuali cfr. <strong>di</strong>ffusamente<br />

LONG, Il <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, cit., p. 198 ss.<br />

( 66 ) V. supra, Cap. I, § 5.<br />

( 67 ) Cfr. Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, Salgueiro da Silva Mouta v Portugal, 21 <strong>di</strong>cembre 1999, su cui v. infra,<br />

§ 8, in questo Cap.<br />

143


un partner del medesimo sesso ( 68<br />

).<br />

69<br />

Tali decisioni, come previsto, tra gli altri da chi scrive ( ), hanno segnato una vistosa svolta,<br />

che ha portato la Corte europea a includere «l’orientamento sessuale» tra le ragioni che non possono<br />

<strong>di</strong> per sé determinare una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> trattamento ai sensi dell’art. 14 ( 70 ), essendo le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong><br />

trattamento fondate sull’orientamento sessuale conformi alla Convenzione, solo se se ne <strong>di</strong>mostra la<br />

necessità per il perseguimento <strong>di</strong> un fine legittimo ( 71<br />

).<br />

E dunque, mentre già nel 2003, nel caso Karner v Austria, lo Stato convenuto era stato<br />

condannato per violazione degli artt. 8 (che garantisce tra l’altro il rispetto al proprio «domicilio») e<br />

14 della Convenzione, poiché non aveva <strong>di</strong>mostrato che l’esclusione dei conviventi more uxorio<br />

omosessuali dalla successione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto nel contratto <strong>di</strong> locazione dopo la morte del convivente<br />

conduttore fosse «necessaria» per raggiungere il fine legittimo della «protezione della famiglia<br />

72<br />

intesa in senso tra<strong>di</strong>zionale» ( ), nella successiva pronuncia Schalk e Kopf v Austria, emanata nel<br />

2010, la Corte <strong>di</strong> Strasburgo ha affermato che l’esclusione delle coppie omosessuali dal matrimonio<br />

non integra un trattamento <strong>di</strong>scriminatorio contrario alla C.E.D.U., ma ciò solo in quanto in Austria<br />

è oggi riconosciuta la possibilità <strong>di</strong> registrare la convivenza, con attribuzione <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong>ritti e<br />

doveri simili, sia pur più limitati, a quelli coniugali ( 73<br />

).<br />

Questa decisione, come non si è mancato <strong>di</strong> notare, costituisce prova <strong>di</strong> un «affascinante<br />

“<strong>di</strong>alogo tra le Carte”», nell’ambito del quale i giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Strasburgo hanno richiamato proprio l’art.<br />

9 della Carta della U.E. per mo<strong>di</strong>ficare la propria interpretazione dell’art. 12 della C.E.D.U.,<br />

annunciando solennemente che «la Corte non considererà più che il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sposarsi ai sensi<br />

74<br />

dell’art. 12 debba essere necessariamente limitato al matrimonio tra persone <strong>di</strong> sesso opposto» ( ).<br />

( 68 ) V. il caso E.B. v France, sui cui v. infra, § 8, in questo Cap.<br />

( 69 ) OBERTO, Problemi <strong>di</strong> coppia, omosessualità e filiazione, cit., in Dir. fam. pers., 2010, p. 802 ss., 809 ss. (lo<br />

stu<strong>di</strong>o è altresì e<strong>di</strong>to in AA. VV., Omogenitorialità. Filiazione, orientamento sessuale e <strong>di</strong>ritto, a cura <strong>di</strong> Schuster,<br />

Milano-U<strong>di</strong>ne, 2011, p. 245 ss.; le citazioni in questo lavoro si riferiscono all’articolo pubblicato su Dir. fam. pers.).<br />

( 70 ) Il cui testo, pur menzionando le <strong>di</strong>scriminazioni «fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le<br />

opinioni politiche o quelle <strong>di</strong> altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la<br />

ricchezza, la nascita od ogni altra con<strong>di</strong>zione» non menziona espressamente l’orientamento sessuale.<br />

( 71 ) Il principio è stato affermato con riferimento alla <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> trattamento nel <strong>di</strong>ritto penale dei rapporti sessuali<br />

tra persone consenzienti dello stesso sesso e <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso (Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, L. and V. v Austria, 9<br />

gennaio 2003, in cause nn. 39392/98 and 39829/98), alla scelta sull’affidamento della prole minorenne a seguito della<br />

rottura della relazione <strong>di</strong> coppia tra i genitori (Salgueiro da Silva Mouta v Portugal, 21 <strong>di</strong>cembre 1999), alla valutazione<br />

dell’idoneità all’adozione <strong>di</strong> minori della persona omosessuale (Fretté v France, 26 febbraio 2002 e E. B. v France, 22<br />

gennaio 2008), al <strong>di</strong>ritto del convivente more uxorio superstite dello stesso sesso a succedere nel contratto <strong>di</strong> locazione<br />

intestato al compagno defunto (Karner v Austria, 24 luglio 2003), al <strong>di</strong>ritto dei partners dello stesso Sesso <strong>di</strong> ottenere il<br />

riconoscimento della loro relazione <strong>di</strong> coppia (Schalk and Kopf v Austria, 24 giugno 2010).<br />

( 72 ) Karner v Austria, cit., par. 41.<br />

( 73 ) Schalk and Kopf v Austria, cit., par. 109. Per il periodo <strong>di</strong> tempo precedente tale riforma legislativa non<br />

sussisteva comunque una violazione, poiché l’Austria non aveva ecceduto il margine <strong>di</strong> apprezzamento che doveva<br />

esserle riconosciuto in ragione della mancanza <strong>di</strong> un consensus sul punto tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa<br />

(ivi, parr. 104 ss.). La Corte ha poi ritenuto all’unanimità l’inesistenza <strong>di</strong> una violazione dell’art. 12 CEDU e ha<br />

respinto, con una maggioranza <strong>di</strong> soli quattro voti contro tre, la tesi del ricorrente <strong>di</strong> esistenza <strong>di</strong> una violazione del<br />

combinato <strong>di</strong>sposto degli artt. 8 e 14 CEDU. Su tale decisione cfr. CONTE, Profili costituzionali del riconoscimento<br />

giuri<strong>di</strong>co delle coppie omosessuali alla luce <strong>di</strong> una pronuncia della Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, Nota a Corte<br />

europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, Schalk and Kopf v Austria, cit., in Corr. giur., 2011, p. 573 ss.; CONTI, Convergenze<br />

(inconsapevoli o…naturali) e contaminazioni tra giu<strong>di</strong>ci nazionali e Corte EDU: a proposito del matrimonio <strong>di</strong> coppie<br />

omosessuali, ibidem, p. 579 ss.; WINKLER, Le <strong>famiglie</strong> omosessuali nuovamente alla prova della Corte <strong>di</strong> Strasburgo,<br />

in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 1148 ss.<br />

( 74 ) «60. Turning to the comparison between Article 12 of the Convention and Article 9 of the Charter of<br />

Fundamental Rights of the European Union (the Charter), the Court has already noted that the latter has deliberately<br />

dropped the reference to men and women (see Christine Goodwin, cited above, § 100). The commentary to the Charter,<br />

which became legally bin<strong>di</strong>ng in December 2009, confirms that Article 9 is meant to be broader in scope than the<br />

correspon<strong>di</strong>ng articles in other human rights instruments (see paragraph 25 above). At the same time the reference to<br />

domestic law reflects the <strong>di</strong>versity of national regulations, which range from allowing same-sex marriage to explicitly<br />

forbid<strong>di</strong>ng it. By referring to national law, Article 9 of the Charter leaves the decision whether or not to allow same-sex<br />

marriage to the States. In the words of the commentary: “... it may be argued that there is no obstacle to recognize samesex<br />

relationships in the context of marriage. There is however, no explicit requirement that domestic laws should<br />

facilitate such marriages.” 61. Regard being had to Article 9 of the Charter, therefore, the Court would no longer<br />

consider that the right to marry enshrined in Article 12 must in all circumstances be limited to marriage between two<br />

144


In motivazione, richiamata la propria pregressa giurisprudenza per cui le <strong>famiglie</strong> de facto<br />

sono da ricondurre nella nozione <strong>di</strong> «vita familiare» e premesso che «le coppie dello stesso sesso<br />

hanno la stessa capacità delle coppie <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> entrare in relazioni stabili e impegnative», i<br />

giu<strong>di</strong>ci europei hanno così ritenuto che sarebbe oramai «artificial» mantenere la pregressa<br />

<strong>di</strong>stinzione tra omosessuali ed eterosessuali, annunciando che le relazioni omosessuali non saranno<br />

più comprese soltanto nella nozione <strong>di</strong> «vita privata», ma nella nozione <strong>di</strong> «vita familiare», pure<br />

contenuta nell’art. 8.<br />

Correttamente si è ritenuto ( 75<br />

) che proprio il rilievo dato dalla Corte nella pronuncia in esame<br />

al consensus che si sta progressivamente formando tra gli Stati europei sull’esigenza <strong>di</strong> riconoscere<br />

alle coppie dello stesso sesso il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> formalizzare in qualche modo la loro unione induce a<br />

ritenere che la perdurante mancanza nell’or<strong>di</strong>namento italiano <strong>di</strong> modalità <strong>di</strong> formalizzazione delle<br />

unioni omosessuali sarà in un prossimo futuro (se non, ad avviso <strong>di</strong> chi scrive, già da ora) da<br />

ritenersi in contrasto con l’interpretazione data dalla Corte <strong>di</strong> Strasburgo alla C.E.D.U.<br />

Su altro versante, sarà <strong>di</strong> particolare interesse verificare nel prossimo periodo gli effetti delle<br />

novità normative ed interpretative nelle materie <strong>di</strong> competenza dell’Unione europea, con particolare<br />

riguardo alla libertà <strong>di</strong> circolazione. La questione si pone sia per i ricongiungimenti familiari sia,<br />

più in generale, per i riflessi dell’eventuale interruzione dello status matrimoniale (conseguente allo<br />

spostamento da un Paese all’altro) sulla stessa nozione <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza europea e sulla salvaguar<strong>di</strong>a<br />

del principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione sancito dall’art. 21 della Carta <strong>di</strong> Nizza e dall’art. 14 C.E.D.U.<br />

I Trattati europei, pur avendo valenza <strong>di</strong>retta soltanto nel loro campo <strong>di</strong> applicazione,<br />

agiscono quali potenti strumenti interpretativi per il giu<strong>di</strong>ce nazionale anche nell’applicazione del<br />

76<br />

<strong>di</strong>ritto statuale ( ): è ragionevole pertanto ritenere che in un futuro ormai prossimo andrà<br />

considerata inaccettabile la posizione <strong>di</strong> chi nel nostro arretrato Paese s’ostina a negare che l’unione<br />

omosessuale possa dar luogo ad una famiglia.<br />

8. Convivenze omosessuali e questioni legate all’omogenitorialità. Ininfluenza<br />

dell’orientamento sessuale del genitore sull’affidamento della prole.<br />

Una serie <strong>di</strong> questioni messe a fuoco nel corso <strong>di</strong> questi ultimi anni da dottrina e<br />

giurisprudenza, anche sulla scorta <strong>di</strong> esperienze straniere e transnazionali, attiene al profilo<br />

dell’omogenitorialità: materia, questa, che a sua volta appare strettamente legata ai temi della<br />

procreazione me<strong>di</strong>calmente assistita, nonché dell’adozione e dell’affido familiare (<br />

Per ciò che attiene, più specificamente, all’incidenza che, nell’ambito della crisi del rapporto<br />

<strong>di</strong> coppia, l’orientamento sessuale dei genitori può <strong>di</strong>spiegare sulle relazioni con i figli minori,<br />

vanno tenuti <strong>di</strong>stinti i due versanti seguenti: (a) quello delle conseguenze per la prole della crisi <strong>di</strong><br />

una coppia eterosessuale, allorquando uno dei due genitori abbia dato vita ad una relazione<br />

omosessuale con un nuovo partner; (b) quello delle conseguenze per la prole della fine un rapporto<br />

<strong>di</strong> coppia omosessuale, nel corso del quale (nei mo<strong>di</strong> più vari) sia sorto un rapporto <strong>di</strong> filiazione, o<br />

si siano sviluppate relazioni privilegiate tra il/la compagno/a e il figlio dell’altro/a.<br />

Il primo caso da prendere in considerazione è dunque quello <strong>di</strong> una coppia eterosessuale –<br />

coniugata o meno, ma convivente e con prole minorenne – la quale si venga a trovare in una<br />

situazione <strong>di</strong> crisi, mentre uno dei suoi componenti inizia un rapporto <strong>di</strong> tipo omosessuale, che<br />

magari sfocia anche in una convivenza con il nuovo/la nuova partner. Al riguardo si dovrà tenere<br />

persons of the opposite sex. Consequently, it cannot be said that Article 12 is inapplicable to the applicants’ complaint.<br />

However, as matters stand, the question whether or not to allow same-sex marriage is left to regulation by the national<br />

law of the Contracting State». La Corte cita in tale decisione il caso Goodwin; va però tenuto conto del <strong>fatto</strong> che il<br />

medesimo rationale, fondato sul <strong>di</strong>alogo tra la Convenzione EDU e la Carta <strong>di</strong> Nizza si rinviene anche in Case of I. v<br />

The United Kingdom, 11 luglio 2002 (in causa n° 25680/94).<br />

( 75 ) LONG, Le fonti <strong>di</strong> origine extranazionale, cit., p. 152.<br />

( 76 ) Così GATTUSO, Il matrimonio tra persone dello stesso sesso, cit., p. 810.<br />

( 77 ) Per i richiami alla letteratura, sterminata in materia, si fa rinvio a AA. VV., Omogenitorialità. Filiazione,<br />

orientamento sessuale e <strong>di</strong>ritto, a cura <strong>di</strong> Schuster, cit., passim; v. inoltre OBERTO, Problemi <strong>di</strong> coppia, omosessualità e<br />

filiazione, cit., p. 802 ss.<br />

145<br />

77<br />

).


presente in primo luogo la regola del <strong>di</strong>vieto, sul piano sovranazionale, <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazioni basate<br />

sull’orientamento sessuale. Sul punto rilievo <strong>di</strong>rimente assumono regole quali quelle <strong>di</strong> non<br />

<strong>di</strong>scriminazione sulla base dell’orientamento sessuale consacrate nella già più volte ricordata Carta<br />

<strong>di</strong> Nizza (art. 21, primo comma) e <strong>di</strong> rispetto della vita privata e familiare <strong>di</strong> cui alla Convenzione<br />

europea per la salvaguar<strong>di</strong>a dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo (art. 8).<br />

Sul punto, a parte i già ricordati interventi del Parlamento europeo, va detto che per quanto<br />

attiene alla Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, se è vero che tale consesso si è (per lo meno sino ad<br />

ora) rifiutato <strong>di</strong> estendere alle coppie omosessuali i principi attinenti alla legislazione matrimoniale,<br />

con le conseguenti norme «<strong>di</strong> favore» verso i nuben<strong>di</strong>, esso ha chiaramente preso posizione in senso<br />

contrario all’applicazione <strong>di</strong> principi «<strong>di</strong> sfavore» (e dunque <strong>di</strong>scriminatori) verso genitori<br />

omosessuali. Potrà citarsi al riguardo, ancora una volta, la sentenza del 21 <strong>di</strong>cembre 1999, nel caso<br />

Salgueiro da Silva Mouta v Portugal. Sul punto la Corte europea ha ritenuto che una decisione della<br />

Corte d’appello <strong>di</strong> Lisbona, la quale aveva negato l’affidamento della figlia minorenne al padre,<br />

motivando sulla base dell’omosessualità <strong>di</strong> quest’ultimo e della sua convivenza con un altro uomo,<br />

costituisse violazione degli artt. 8 e 14 della Convenzione ( 78<br />

).<br />

Sarà interessante notare che il riscontro della medesima violazione dell’art. 14 della<br />

Convenzione cit. «combiné avec l’article 8» si pone alla base del successivo arresto del 22 gennaio<br />

2008, con il quale i giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Strasburgo hanno condannato la Francia nel caso E.B. v France,<br />

<strong>di</strong>chiarando contrario alla Convenzione il <strong>di</strong>niego dell’idoneità all’adozione deciso dalle autorità <strong>di</strong><br />

uno Stato membro che consente per legge al singolo <strong>di</strong> adottare, qualora tale <strong>di</strong>niego sia motivato<br />

con la mancanza <strong>di</strong> un riferimento genitoriale del sesso opposto a quello dell’aspirante genitore<br />

adottivo celibe o nubile. Decisione, quest’ultima, che costituisce un’importante novità, atteso che,<br />

nel precedente caso Fretté v France, la medesima Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo aveva<br />

ritenuto, con una maggioranza <strong>di</strong> soli quattro voti contro tre, che il rifiuto al ricorrente dell’idoneità<br />

79<br />

all’adozione non integrasse un trattamento ingiustificatamente <strong>di</strong>scriminatorio ( ).<br />

Principi analoghi a quelli del caso Salgueiro da Silva Mouta v Portugal sono stati affermati<br />

anche dalla giurisprudenza italiana, che ha in <strong>di</strong>verse occasioni ritenuto <strong>di</strong> per sé irrilevante<br />

l’orientamento sessuale del genitore (e la situazione <strong>di</strong> eventuale convivenza con una persona del<br />

medesimo sesso) ai fini dei provve<strong>di</strong>menti che il giu<strong>di</strong>ce deve assumere relativamente alla concreta<br />

80<br />

gestione del rapporto genitoriale ( ).<br />

9. Crisi della coppia omosessuale e conseguenze per la prole: impostazione del problema.<br />

Potranno ora esaminarsi le conseguenze per la prole della fine un rapporto <strong>di</strong> coppia<br />

omosessuale, nel corso del quale (nei mo<strong>di</strong> più vari) sia sorto un rapporto <strong>di</strong> filiazione, o si siano<br />

sviluppate relazioni privilegiate tra il/la compagno/a e il figlio dell’altro/a.<br />

Al riguardo dovrà subito <strong>di</strong>rsi che un rapporto <strong>di</strong> filiazione bilaterale rispetto ad entrambi i<br />

membri della coppia omosessuale potrebbe darsi soltanto qualora si trattasse <strong>di</strong> prole adottiva <strong>di</strong><br />

entrambi, ovvero <strong>di</strong> prole biologica <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> essi (ovviamente vuoi legittima, in quanto derivante<br />

da precedente unione matrimoniale, vuoi naturale riconosciuta o <strong>di</strong>chiarata), successivamente<br />

adottata dall’altro; ciò sempre a con<strong>di</strong>zione, beninteso, che la creazione <strong>di</strong> questo secondo vincolo<br />

non avesse «cancellato» il preesistente rapporto, ma vi avesse aggiunto, per così <strong>di</strong>re, il secondo al<br />

primo, come avviene, ad es., in base all’art. 44, lett. b), l. n. 184 del 1983: cosa che, peraltro, è da<br />

noi consentita soltanto al coniuge e pertanto non al convivente, tanto dell’opposto, come del<br />

81<br />

medesimo sesso, del genitore ( ).<br />

( 78 ) Per rilievi al riguardo si fa rinvio a OBERTO, Problemi <strong>di</strong> coppia, omosessualità e filiazione, cit., p. 809 ss.<br />

( 79 ) Per i richiami e ulteriori commenti cfr. OBERTO, Problemi <strong>di</strong> coppia, omosessualità e filiazione, cit., p. 811 ss.<br />

( 80 ) Per i richiami e ulteriori commenti cfr. OBERTO, Problemi <strong>di</strong> coppia, omosessualità e filiazione, cit., p. 814 ss.<br />

( 81 ) Rileva LONG, I giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Strasburgo socchiudono le porte dell’adozione agli omosessuali, Nota a Corte europea<br />

dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, 22 gennaio 2008, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, p. 675, che «Tutti i Paesi dell’Europa<br />

occidentale, a eccezione del Lussemburgo e dell’Italia, equiparano la coppia coniugata e il singolo nell’accesso<br />

all’adozione. L’obiettivo è <strong>di</strong> favorire quanto più possibile le adozioni al fine <strong>di</strong> offrire una protezione stabile e<br />

definitiva ai minori abbandonati (…). La Francia, in particolare, consente al singolo sia l’adozione legittimante<br />

146


Le uniche adozioni legittimanti, in relazione ad un minore abbandonato, da parte <strong>di</strong> un single<br />

ammesse oggi dal nostro or<strong>di</strong>namento sono quella della separazione personale tra i coniugi aspiranti<br />

adottanti nel corso dell’affidamento preadottivo (art. 25, quinto comma, l. n. 184/1983) e quella<br />

dell’adozione pronunciata in un Paese straniero che consente al singolo l’adozione, a istanza <strong>di</strong> un<br />

citta<strong>di</strong>no italiano, il quale <strong>di</strong>mostri al momento della pronuncia <strong>di</strong> aver soggiornato<br />

continuativamente e risieduto da almeno due anni in tale Paese, ai sensi dell’art. 36, comma quarto,<br />

l. n. 184/1983 ( 82<br />

). A favore del singolo possono inoltre essere pronunciate, come detto, le adozioni<br />

in casi particolari <strong>di</strong> cui all’art. 44, l. n. 184/1983.<br />

Ben <strong>di</strong>versa la situazione in svariati altri Paesi, anche europei, i quali consentono l’adozione<br />

83<br />

del figlio biologico o adottivo del partner in<strong>di</strong>pendentemente dall’orientamento sessuale ( ). Altri<br />

sistemi ammettono l’esercizio con<strong>di</strong>viso della potestà genitoriale tra i partners. Così, ad esempio, in<br />

Francia la l. 4 marzo 2002, n. 2002-305, relativa all’autorità parentale, consente al genitore la<br />

delega a terzi <strong>di</strong> parte o tutta la potestà genitoriale ( 84<br />

). Proprio tale istituto ha ricevuto applicazione<br />

in taluni casi <strong>di</strong> omogenitorialità: così, ad esempio, la Corte d’appello <strong>di</strong> Montpellier ha confermato<br />

una decisione <strong>di</strong> primo grado, in relazione alla posizione <strong>di</strong> due fratelli minorenni, figli biologici <strong>di</strong><br />

genitori entrambi omosessuali, concepiti «dans le cadre du projet d’enfant» della madre con la sua<br />

convivente. Dopo la morte della madre biologica i figli avevano continuato a vivere con la ex<br />

convivente <strong>di</strong> questa, sulla base <strong>di</strong> un documento redatto dalla madre tre anni prima <strong>di</strong> morire, nel<br />

quale la stessa aveva espresso «sa volonté de voir ses enfants confiés en cas de décès à<br />

(adoption plénière) sia l’adozione non legittimante (adoption simple). Il singolo e i coniugi che desiderino adottare un<br />

minore con adozione plénière devono essere preventivamente <strong>di</strong>chiarati idonei dal président du Conseil général du<br />

Département <strong>di</strong> loro residenza. La <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> idoneità (agrément) è emanata a seguito <strong>di</strong> un’istruttoria svolta<br />

interamente ed esclusivamente dai servizi socio-assistenziali territoriali (in Italia invece, com’è noto, l’istruttoria è<br />

con<strong>di</strong>visa tra i servizi e l’autorità giu<strong>di</strong>ziaria e a quest’ultima spetta la decisione finale). Sebbene la legge non contenga<br />

alcuna norma che regoli espressamente l’adozione da parte della persona omosessuale, i servizi rifiutano quasi<br />

sistematicamente l’agrément ai singoli che si <strong>di</strong>chiarino omosessuali: il loro choix de vie, infatti, sarebbe contrario<br />

all’interesse del minore in quanto lo priverebbe <strong>di</strong> un riferimento genitoriale dell’altro sesso (…). L’operato dei servizi<br />

sociali è confermato dalla giurisprudenza amministrativa consolidata (che decide l’impugnazione contro il<br />

provve<strong>di</strong>mento del président du Conseil général) con l’autorevole avallo del Conseil d’Etat.<br />

( 82 ) Per un esempio v. App. Torino, 30 ottobre 2000, in Minorigiustizia, 2001, n. 1, p. 162.<br />

( 83 ) Cfr. LONG, I giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Strasburgo socchiudono le porte dell’adozione agli omosessuali, cit., p. 675.<br />

( 84 ) Cfr. artt. 377, 377-1, 377-2, 377-3 del Code Civil:<br />

«Article 377.<br />

Les père et mère, ensemble ou séparément, peuvent, lorsque les circonstances l’exigent, saisir le juge en vue de voir<br />

déléguer tout ou partie de l’exercice de leur autorité parentale à un tiers, membre de la famille, proche <strong>di</strong>gne de<br />

confiance, établissement agréé pour le recueil des enfants ou service départemental de l’aide sociale à l’enfance.<br />

En cas de désintérêt manifeste ou si les parents sont dans l’impossibilité d’exercer tout ou partie de l’autorité<br />

parentale, le particulier, l’établissement ou le service départemental de l’aide sociale à l’enfance qui a recueilli l’enfant<br />

peut également saisir le juge aux fins de se faire déléguer totalement ou partiellement l’exercice de l’autorité parentale.<br />

Dans tous les cas visés au présent article, les deux parents doivent être appelés à l’instance. Lorsque l’enfant<br />

concerné fait l’objet d’une mesure d’assistance éducative, la délégation ne peut intervenir qu’après avis du juge des<br />

enfants.<br />

Article 377-1.<br />

La délégation, totale ou partielle, de l’autorité parentale résultera du jugement rendu par le juge aux affaires<br />

familiales.<br />

Toutefois, le jugement de délégation peut prévoir, pour les besoins d’éducation de l’enfant, que les père et mère, ou<br />

l’un d’eux, partageront tout ou partie de l’exercice de l’autorité parentale avec le tiers délégataire. Le partage nécessite<br />

l’accord du ou des parents en tant qu’ils exercent l’autorité parentale. La présomption de l’article 372-2 est applicable à<br />

l’égard des actes accomplis par le ou les délégants et le délégataire.<br />

Le juge peut être saisi des <strong>di</strong>fficultés que l’exercice partagé de l’autorité parentale pourrait générer par les parents,<br />

l’un d’eux, le délégataire ou le ministère public. Il statue conformément aux <strong>di</strong>spositions de l’article 373-2-11.<br />

Article 377-2.<br />

La délégation pourra, dans tous les cas, prendre fin ou être transférée par un nouveau jugement, s’il est justifié de<br />

circonstances nouvelles.<br />

Dans le cas où la restitution de l’enfant est accordée aux père et mère, le juge aux affaires familiales met à leur<br />

charge, s’ils ne sont in<strong>di</strong>gents, le remboursement de tout ou partie des frais d’entretien.<br />

Article 377-3.<br />

Le droit de consentir à l’adoption du mineur n’est jamais délégué».<br />

147


Mademoiselle Valérie F...[la convivente, per l’appunto, della madre biologica]». In proposito la<br />

Corte d’appello ha rilevato che sebbene tale lettre d’intention della madre non fosse stata<br />

«enregistrée devant un notaire, elle constitue néanmoins un élément devant être pris en<br />

considération», unitamente all’accordo del padre biologico, unico titolare della potestà genitoriale, a<br />

seguito del decesso della madre. Da tali premesse ne ha derivato la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> una delega parziale<br />

«des droits de l’autorité parentale des droits de Monsieur A... à l’égard des enfants Hugo et<br />

Adrien», così respingendo la domanda dei nonni materni dei due ragazzi, che si opponevano a che<br />

costoro vivessero con la ex convivente della madre dei minori ( 85<br />

).<br />

Similmente, in Germania, una sentenza emessa nel 2009 dal Bundesverfassungsgericht<br />

(Corte costituzionale) ha riaffermato che le persone omosessuali hanno il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> adottare la prole<br />

(biologica) del partner, rigettando la questione <strong>di</strong> costituzionalità sollevata da un tribunale sulla<br />

legge che consente tale tipo <strong>di</strong> adozione. La Corte ha spiegato che la genitorialità sociale deve<br />

86<br />

essere considerata alla stregua <strong>di</strong> quella biologica ( ). Si desume, quin<strong>di</strong>, che il ruolo sociale ed<br />

affettivo del partner stabile del genitore costituisce la ratio alla quale fare riferimento, e dà <strong>di</strong>ritto<br />

ad un riconoscimento formale nell’or<strong>di</strong>namento tedesco. In Germania, quin<strong>di</strong>, l’ipotesi <strong>di</strong> bigenitorialità<br />

omosessuale (con conseguente potestà genitoriale esercitata da entrambi i partner)<br />

viene ammessa in quanto si riconosce espressamente che il compagno omosessuale o eterosessuale<br />

del genitore biologico può effettivamente affiancarsi a quello dello stesso, previo accertamento<br />

dell’interesse dal minore.<br />

È chiaro, quin<strong>di</strong>, per tornare all’Italia, che, nell’ipotesi (fantagiuri<strong>di</strong>ca, per quanto attiene al<br />

sistema italiano, nonostante <strong>di</strong>verse e rilevanti esperienze straniere stiano a <strong>di</strong>mostrare l’arretratezza<br />

del nostro Paese) <strong>di</strong> previsione <strong>di</strong> matrimonio tra persone del medesimo sesso, ovvero <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> adozione legittimante aperte alle coppie del medesimo sesso, il caso qui<br />

appena descritto verrebbe a ricadere, in tutto e per tutto, sotto le regole degli artt. 155 ss. c.c. Si<br />

potrebbe allora parlare a pieno titolo <strong>di</strong> «bigenitorialità omosessuale».<br />

Così non stando le cose, è comunque innegabile che un rapporto <strong>di</strong> «genitorialità de facto»<br />

della coppia omosessuale possa darsi: basti pensare al caso dell’unico genitore biologico (o<br />

adottivo, o al genitore biologico o adottivo affidatario a seguito <strong>di</strong> allentamento o scioglimento <strong>di</strong><br />

un precedente legame <strong>di</strong> coppia eterosessuale) che inizi uno stabile rapporto <strong>di</strong> coppia con una<br />

persona del medesimo sesso, la quale <strong>di</strong> <strong>fatto</strong> venga ad assumere, agli occhi della prole, un ruolo<br />

«co-genitoriale» (si usa al riguardo talora il termine «genitore intenzionale» proprio per designare il<br />

convivente del genitore biologico e/o legale). Il tutto con l’ulteriore particolarità costituita dalla<br />

circostanza che il minore in questione (il quale ha il sacrosanto <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> infischiarsi delle etichette<br />

che i giuristi possono voler appiccicare alla situazione in esame) ben può aver sviluppato un<br />

rapporto affettivo verso entrambi i partners omosessuali, assolutamente identico a quello che i suoi<br />

coetanei nutrono verso i propri genitori (biologici o adottivi) eterosessuali.<br />

10. Segue. il rilievo degli accor<strong>di</strong> sui profili patrimoniali.<br />

Il problema è che la crisi della coppia omosessuale, in assenza <strong>di</strong> un idoneo quadro normativo<br />

(rectius: in assenza, da noi, <strong>di</strong> un quadro normativo tout court), rischia <strong>di</strong> essere consegnata a<br />

strumenti <strong>di</strong> tutela (e sovente <strong>di</strong> autotutela) incongrui rispetto alla delicatezza richiesta dalla<br />

situazione in cui sono comunque coinvolti minori.<br />

A ben vedere, il problema non appare così grave nelle ipotesi in cui sussista accordo tra gli ex<br />

( 85 ) Cfr. App. Montpellier, 1 décembre 2006, <strong>di</strong>sponibile al sito web seguente:<br />

http://www.legifrance.gouv.fr/affichJuriJu<strong>di</strong>.do?oldAction=rechExpJuriJu<strong>di</strong>&idTexte=JURITEXT000007633168&fast<br />

ReqId=1865519338&fastPos=1.<br />

( 86 ) Cfr. BverfG, 10 agosto 2009, <strong>di</strong>sponibile al seguente sito web:<br />

http://www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/lk20090810_1bvl001509.html; per il comunicato stampa cfr.<br />

http://www.bundesverfassungsgericht.de/pressemitteilungen/bvg09-098.html; per un’informazione in lingua inglese cfr.<br />

http://www.ilgaeurope.org/europe/guide/country_by_country/germany/important_steps_towards_common_adoption_for_homosexual_<br />

parents_in_germany.<br />

148


partners e questi (come del resto, fortunatamente, sovente accade) siano dotati <strong>di</strong> un adeguato grado<br />

<strong>di</strong> maturità e serietà.<br />

Ancora una volta, infatti, esattamente come succede nel caso della crisi della famiglia fondata<br />

sul matrimonio (così come in quella della coppia convivente eterosessuale), un rilievo decisivo<br />

potrà e dovrà assumere la negozialità. Segnatamente, tutti gli strumenti negoziali a <strong>di</strong>sposizione dei<br />

genitori legittimi e naturali per la tutela della prole minorenne sono anche utilizzabili nel quadro <strong>di</strong><br />

una situazione del genere <strong>di</strong> quella qui supposta.<br />

Nulla esclude, quin<strong>di</strong>, che una coppia omosessuale che intenda separarsi «civilmente»<br />

s’accor<strong>di</strong> pure per i profili attinenti alla gestione del rapporto con la prole, ancorché si tratti <strong>di</strong> figli<br />

(biologicamente e/o giuri<strong>di</strong>camente) <strong>di</strong> uno solo <strong>di</strong> essi. Ciò vale innanzi tutto, ad avviso <strong>di</strong> chi<br />

scrive, per i profili patrimoniali, la cui causa ha natura contrattuale ed è legata al principio <strong>di</strong><br />

autonomia riferibile agli artt. 1321 e 1322 c.c., in una situazione <strong>di</strong> sicura meritevolezza <strong>di</strong><br />

protezione da parte dell’or<strong>di</strong>namento. Ne deriva che l’assunzione <strong>di</strong> eventuali impegni ad<br />

effettuazioni <strong>di</strong> prestazioni pecuniariamente valutabili dovrà ritenersi valida: dall’obbligo <strong>di</strong><br />

corrispondere un assegno, all’impegno a contribuire al mantenimento in natura, all’assunzione del<br />

vincolo ad effettuare trasferimenti <strong>di</strong> beni, alla messa a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> un’unità abitativa, alla<br />

creazione <strong>di</strong> vincoli <strong>di</strong> destinazione nell’interesse della prole, ex art. 2645-ter c.c. ( 87 ), alla<br />

creazione <strong>di</strong> un trust ( 88<br />

).<br />

Potrà qui aggiungersi che attribuzioni, obbligazioni ed esborsi <strong>di</strong> provenienza del «genitore de<br />

facto» (cioè del «non-genitore» biologico e/o giuri<strong>di</strong>co, ma considerato come vero e proprio<br />

genitore dal minore) dovrebbero essere rivestiti della forma solenne, per evitare ogni contestazione<br />

legata ad un loro supposto carattere donativo.<br />

Ma si tratterebbe comunque <strong>di</strong> un consiglio a fini <strong>di</strong> mero tuziorismo. A ben vedere, infatti,<br />

l’interprete potrebbe sovente ravvisare (pur dovendosi modulare la valutazione <strong>di</strong> volta in volta<br />

sulle particolarità del caso concreto) in questi atti i connotati dell’adempimento <strong>di</strong> un’obbligazione<br />

naturale. Ben potrebbe <strong>di</strong>rsi, invero, che, nell’ambito <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> omogenitorialità, le relazioni<br />

tra i membri <strong>di</strong> tale famiglia e l’«affidamento» ingenerato nella prole dalla creazione <strong>di</strong> un rapporto<br />

de facto dotato <strong>di</strong> (quanto meno apparente) soli<strong>di</strong>tà giustificano l’esistenza <strong>di</strong> «doveri» rilevanti ai<br />

sensi dell’art. 2034 c.c., non <strong>di</strong>ssimilmente da quanto avviene nel contesto della procreazione<br />

89<br />

biologica naturale non <strong>di</strong>chiarata né riconosciuta (se non ad<strong>di</strong>rittura non riconoscibile) ( ), o dalla<br />

convivenza more uxorio nei rapporti tra i partners ( 90<br />

).<br />

11. Segue. il rilievo degli accor<strong>di</strong> sui profili personali ed i rime<strong>di</strong> in caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>saccordo.<br />

Per quanto attiene, invece, ai profili personali, è in<strong>di</strong>scutibile che il fondamento normativo<br />

circa l’ammissibilità <strong>di</strong> intese sull’affidamento (con<strong>di</strong>viso o esclusivo) e sulle relative modalità <strong>di</strong><br />

gestione del rapporto genitoriale non appare riferibile al caso in cui la potestà risulti giuri<strong>di</strong>camente<br />

in capo ad una sola persona. Sarà opportuno ricordare che tale fondamento, nel caso <strong>di</strong><br />

bigenitorialità, legittima o naturale che sia, va riscontrato vuoi nella <strong>di</strong>sciplina in materia <strong>di</strong><br />

separazione personale tra coniugi (cfr. art. 711 c.p.c., laddove si fa riferimento alle «con<strong>di</strong>zioni<br />

della separazione consensuale»), vuoi in quella del <strong>di</strong>vorzio (cfr. art. 4, se<strong>di</strong>cesimo comma, l.<strong>di</strong>v.,<br />

laddove si fa riferimento alle «con<strong>di</strong>zioni inerenti alla prole e ai rapporti economici») (<br />

( 87 ) Su cui v. supra, Cap. VI, per totum.<br />

( 88 ) Ovviamente solo se e nella misura in cui si ritenga ammissibile, secondo il nostro <strong>di</strong>ritto interno, il ricorso a tale<br />

figura: v. supra, Cap. V, § 7.<br />

( 89 ) Su tale fenomeno quale causa <strong>di</strong> obbligazioni naturali cfr. per tutti BALESTRA, Le obbligazioni naturali, cit., p.<br />

80 s.<br />

( 90 ) V. supra, Cap. V, § 7.<br />

( 91 ) Sul punto v. per tutti OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, cit., p. 696 ss.<br />

149<br />

91<br />

), vuoi,<br />

infine, nell’estensione del riconoscimento della vali<strong>di</strong>tà ed efficacia delle intese sulla prole anche al<br />

campo della filiazione fuori dal matrimonio (cfr. i riferimenti agli «accor<strong>di</strong>» tra i coniugi, rinvenibili<br />

negli artt. 155, secondo, terzo e quarto comma, 155-quater cpv. e 155-sexies cpv. c.c. e applicabili


alla filiazione naturale per effetto dell’art. 4 cpv., l. n. 54/2006) ( 92<br />

).<br />

Nulla esclude, però, che, nell’ambito dei poteri/doveri che costituiscono l’essenza della<br />

potestà genitoriale, il titolare <strong>di</strong> tale situazione decida <strong>di</strong> riconoscere comunque un ruolo al proprio<br />

ex partner, a con<strong>di</strong>zione che ciò non venga in conflitto (cela va sans <strong>di</strong>re) con il fondamentale e già<br />

richiamato principio della tutela dell’interesse esclusivo del minore. Con l’ulteriore precisazione<br />

che eventuali deleghe della potestà non potrebbero avere effetto verso i terzi, in assenza <strong>di</strong> una<br />

normativa analoga a quella che, come si è ricordato, esiste Oltralpe. Per completezza potrà ancora<br />

aggiungersi che, ad esempio, nel regime del civil partnership britannico, la <strong>di</strong>ssoluzione delle<br />

unioni omosessuali in cui sono sorti rapporti <strong>di</strong> filiazione va accompagnata da uno «Statement of<br />

93<br />

arrangements» ( ). Questo documento, dunque, <strong>di</strong>spone, su accordo dei partner, le conseguenze<br />

per la prole in caso <strong>di</strong> separazione.<br />

Nel caso <strong>di</strong> contrasto tra le parti è invece evidente che il partner non genitore non potrà far<br />

valere alcun <strong>di</strong>ritto (e corrispondentemente, non sarà sottoposto ad alcun dovere giuri<strong>di</strong>co) verso il<br />

minore figlio dell’altro. Non va però <strong>di</strong>menticato che il criterio car<strong>di</strong>ne per la soluzione dei<br />

problemi in cui un minore può essere coinvolto nella crisi della coppia è pur sempre quello del suo<br />

94<br />

esclusivo interesse. In nome <strong>di</strong> tale interesse, ad avviso <strong>di</strong> chi scrive, il giu<strong>di</strong>ce ( ) è legittimato a<br />

<strong>di</strong>sporre un affidamento anche a favore <strong>di</strong> un estraneo e tale «estraneo» ben potrebbe essere proprio<br />

il «genitore <strong>di</strong> <strong>fatto</strong>».<br />

95<br />

Come del resto riconosciuto in dottrina ( ), per quanto paradossale possa sembrare, l’unica<br />

tutela della genitorialità omosessuale è assicurata proprio nel caso <strong>di</strong> contrasto tra i partners o <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ssenso dell’altro genitore del minore ( 96 ): in tali casi, infatti, può essere chiesto al tribunale per i<br />

minorenni un provve<strong>di</strong>mento limitativo della potestà del genitore che con il suo comportamento<br />

pregiu<strong>di</strong>chi l’interesse del figlio minore. A sostegno dell’illustrata soluzione può invocarsi mutatis<br />

mutan<strong>di</strong>s quell’orientamento giurisprudenziale che utilizza l’art. 333 c.c. per consentire i contatti tra<br />

nipoti e nonni cui il genitore esercente la potestà (perché unico genitore vivente o affidatario<br />

esclusivo) o il parente affidatario del minore impe<strong>di</strong>sca <strong>di</strong> frequentare i nipoti ( 97 ). In applicazione<br />

degli amplissimi poteri concessi al tribunale per i minorenni, nel contesto della citata procedura, il<br />

partner potrebbe ad<strong>di</strong>rittura richiedere l’affidamento del minore, posto che, come riconosciuto dalla<br />

stessa giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità, l’intervento ai sensi del ricordato articolo del co<strong>di</strong>ce civile<br />

consente l’eventuale affidamento a terze persone, <strong>di</strong>verse da un genitore biologico ( 98<br />

).<br />

È da notare, infine, che una soluzione del genere rinviene un suo preciso pendant nell’ambito<br />

della <strong>di</strong>sciplina della rottura della coppia eterosessuale (coniugata o meno), in merito ai rapporti<br />

rispetto ai figli <strong>di</strong> entrambi i membri della coppia stessa.<br />

È da ritenere, invero, che la scomparsa del previgente sesto comma dell’art. 155 c.c., decretata<br />

dalla riforma del 2006 (secondo cui «In ogni caso il giu<strong>di</strong>ce può per gravi motivi or<strong>di</strong>nare che la<br />

prole sia collocata presso una terza persona o, nella impossibilità, in un istituto <strong>di</strong> educazione») non<br />

impe<strong>di</strong>sce al giu<strong>di</strong>ce – chiamato comunque ad adottare i provve<strong>di</strong>menti relativi alla prole con<br />

esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale <strong>di</strong> essa (art. 155, comma secondo, prima parte,<br />

( 92 ) Sul punto cfr. per tutti OBERTO, Accor<strong>di</strong> tra conviventi e <strong>di</strong>ritti del minore alla luce della riforma<br />

sull’affidamento con<strong>di</strong>viso, cit., p. 274 ss.<br />

( 93 ) «In a civil partnership where children are involved within the family, a “Statement of Arrangements”, should be<br />

filed. This should include any plans for the children after the <strong>di</strong>ssolution has taken place»: cfr.<br />

http://www.civilpartnershipinfo.co.uk/#Dissolution. La norma <strong>di</strong> riferimento è il Par. 43 del Civil Partnership Act 2004,<br />

su cui v. http://www.opsi.gov.uk/acts/acts2004/ukpga_20040033_en_3#pt2-ch2-pb2-l1g44.<br />

( 94 ) In tal caso si tratterebbe del Tribunale per i minorenni: cfr. Cass., 7 maggio 2009, n. 10569, in Fam. <strong>di</strong>r., 2009,<br />

p. 992, con nota <strong>di</strong> VULLO.<br />

( 95 ) Cfr. LONG, Il <strong>di</strong>ritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, cit., p. 677.<br />

( 96 ) Anche se in tal caso, a ben vedere, non è certo la genitorialità omosessuale ad essere <strong>di</strong> per sé tutelata, quanto,<br />

ancora una volta, l’interesse del minore, mentre l’«omogenitore» si rende mero strumento <strong>di</strong> tale interesse.<br />

( 97 ) Dispongono una limitazione della potestà dei genitori ex art. 333 c.c. per consentire i contatti tra nipoti e nonni<br />

cui il genitore esercente la potestà o l’affidatario del minore impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> frequentare i nipoti minorenni Cass., 24<br />

febbraio 1981, n. 1115, in Foro it., 1982, I, c. 1144 e, nella giurisprudenza <strong>di</strong> merito, Trib. Min. Perugia, 12 giugno<br />

1979, in Giur. merito, 1980, p. 6; Trib. Min. Torino, 11 maggio 1988, in Giur. it., 1989, I, 2, p. 234; Trib. Min. Bari, 10<br />

gennaio 1991, in Giur. merito, 1992, p. 571; Trib. Min. Messina, 19 marzo 2001, in Dir. fam. pers., 2001, p. 1522.<br />

( 98 ) Cfr. ad es. Cass., 13 agosto 1999, n. 8633; v. inoltre Cass., 15 novembre 1989, n. 4862; Cass., 4 maggio 1996, n.<br />

4147; Cass., 29 marzo 1999, n. 2998.<br />

150


c.c.) – <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre il collocamento dei figli minori presso terze persone, per esempio i nonni o altri<br />

parenti nell’eventualità che nessuno dei genitori sia in grado <strong>di</strong> occuparsi adeguatamente dei figli.<br />

Come stabilito in precedenza dalla giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità, si tratta del resto <strong>di</strong> un<br />

affidamento che il giu<strong>di</strong>ce può <strong>di</strong>sporre utilizzando quei larghi poteri che la legge gli attribuisce in<br />

contemplazione dell’esclusivo e superiore interesse del minore ( 99 ). Del resto, nonostante le <strong>di</strong>scor<strong>di</strong><br />

opinioni dottrinali sul punto ( 100 ), la giurisprudenza intervenuta dopo l’entrata in vigore della l.<br />

2006/54, ha <strong>fatto</strong> talvolta applicazione dell’affidamento a terze persone, conformemente, a tacer<br />

d’altro, alla locuzione contenuta nell’art. 155 c.c. che consente al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> adottare «ogni altro<br />

provve<strong>di</strong>mento relativo alla prole». Così, ad esempio, una pronunzia <strong>di</strong> merito ha valorizzato la<br />

costruzione <strong>di</strong> una categoria <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti atipici che il giu<strong>di</strong>ce è abilitato ad assumere<br />

nell’interesse del minore, ai sensi del secondo comma dell’art. 155 c.c., affidando il minore ai nonni<br />

( 101<br />

).<br />

Anche sotto questo profilo, quin<strong>di</strong>, omo- ed etero-genitorialità mostrerebbero <strong>di</strong> essere<br />

null’altro che due facce della stessa medaglia.<br />

12. Cenni su alcuni problemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto internazionale privato relativi alle obbligazioni<br />

alimentari nelle convivenze omosessuali.<br />

Venendo ora ad accennare ad alcuni dei risvolti <strong>di</strong> tipo internazionalprivatistico legati alle<br />

102<br />

convivenze più o meno formalizzate tra persone del medesimo sesso ( ), occorre porre in luce un<br />

profilo, dalle conseguenze pratiche <strong>di</strong> una certa evidenza, legato proprio all’omogenitorialità. È<br />

chiaro, infatti, che, comunque si voglia inquadrare il rapporto omogenitoriale, il riconoscimento <strong>di</strong><br />

siffatta situazione postula l’esistenza <strong>di</strong> doveri <strong>di</strong> mantenimento, istruzione ed educazione della<br />

prole in tutto e per tutto identici a quelli che esistono nell’ambito <strong>di</strong> un rapporto «tra<strong>di</strong>zionale».<br />

Orbene, vi è da chiedersi quale rilievo sia stato attribuito, nelle situazioni considerate, al<br />

profilo dell’obbligazione alimentare dal Regolamento (CE) N. 4/2009 del 18 <strong>di</strong>cembre 2008,<br />

relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e<br />

103<br />

alla cooperazione in materia <strong>di</strong> obbligazioni alimentari ( ), ribadendo, a scanso <strong>di</strong> equivoci, che la<br />

nozione comunitaria <strong>di</strong> «alimenti» è assai più ampia <strong>di</strong> quella da noi tecnicamente desumibile dagli<br />

artt. 433 ss. c.c., abbracciando anche le prestazioni contributive endo-matrimoniali, così come<br />

quelle <strong>di</strong> mantenimento nascenti dalla crisi del rapporto <strong>di</strong> coppia sia tra gli ex partners (coniugati o<br />

meno che siano o fossero), che verso i figli (legittimi o naturali) ( 104<br />

).<br />

Sarà il caso <strong>di</strong> notare che, a <strong>di</strong>fferenza dell’art. 5, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n.<br />

44/2001 (previgente ed abrogato in parte qua dal Regolamento del 2009), il quale parlava<br />

genericamente <strong>di</strong> «obbligazioni alimentari», il Regolamento n. 4/2009 stabilisce, all’art. 1, che esso<br />

«si applica alle obbligazioni alimentari derivanti da rapporti <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong> parentela, <strong>di</strong> matrimonio<br />

o <strong>di</strong> affinità».<br />

Ora, proprio in relazione a questo inciso, va registrato un netto regresso rispetto alla<br />

( 99 ) Cfr. Cass., 7 febbraio 1995, n. 1401, in Giur. it., 1996, I, 1, c. 538 ss., con nota <strong>di</strong> A. GABRIELLI; cfr. inoltre<br />

Cass., 8 maggio 2003, n. 6970, in Fam. <strong>di</strong>r., 2003, p. 319 ss.<br />

( 100 ) Su cui v. per tutti ARCERI, Commento agli artt. 155-155-ter c.c., in AA. VV., Co<strong>di</strong>ce della famiglia, a cura <strong>di</strong><br />

Sesta, I, Milano, 2009, p. 706 s.<br />

( 101 ) Cfr. Trib. Salerno 20 giugno 2006, citata da PAPPALARDO, L’affidamento con<strong>di</strong>viso, <strong>di</strong>sponibile al sito web<br />

seguente: http://www.giustizia.catania.it/formazione/190407/pappalardo.<strong>pdf</strong>, p. 14. V. inoltre Trib. Min. Milano, 12<br />

luglio 2006, in Fam. pers. succ., 2007, p. 82, in una controversia ex art. 317-bis c.c. tra genitori naturali, ha affidato i<br />

minori, collocati presso la madre, ai servizi sociali; Trib. Bologna, l° ottobre 2007, ined. (ma menzionata da ARCERI, op.<br />

loc. ultt. citt.), ha del pari <strong>di</strong>sposto l’affidamento dei minori ai servizi sociali.<br />

( 102 ) Per una panoramica e per gli ulteriori rinvii cfr. BONINI BARALDI, Le nuove convivenze tra <strong>di</strong>scipline straniere<br />

e <strong>di</strong>ritto interno, cit., p. 199 ss., 223 ss.<br />

( 103 ) Tale strumento è applicabile, ai sensi del relativo art. 76, dal 18 giugno 2011. Per alcune informazioni <strong>di</strong><br />

carattere generale si fa rinvio a OBERTO, Gli obblighi <strong>di</strong> mantenimento e il recupero dei cre<strong>di</strong>ti alimentari in <strong>di</strong>ritto<br />

comunitario: la nozione comunitaria <strong>di</strong> «alimenti» e i principi in tema <strong>di</strong> competenza giuris<strong>di</strong>zionale, <strong>di</strong>sponibile al sito<br />

web seguente: http://giacomooberto.com/milano2009/relazione.htm.<br />

( 104 ) Per un’illustrazione si fa rinvio a OBERTO, Gli obblighi <strong>di</strong> mantenimento e il recupero dei cre<strong>di</strong>ti alimentari in<br />

<strong>di</strong>ritto comunitario: la nozione comunitaria <strong>di</strong> «alimenti» e i principi in tema <strong>di</strong> competenza giuris<strong>di</strong>zionale, cit., § 2.<br />

151


precedente Proposta <strong>di</strong> Regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile,<br />

al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia <strong>di</strong> obbligazioni<br />

alimentari recante la data del 15 <strong>di</strong>cembre 2005 (da cui il Regolamento n. 4/2009 è poi scaturito),<br />

nel senso che ne sembrano risultare escluse proprio le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti<br />

<strong>di</strong> coppie non coniugate, esplicitamente compresi, invece, nella citata Proposta ( 105<br />

).<br />

Inutile <strong>di</strong>re al riguardo che l’inciso del considerando n. 9 della Proposta, così formulato: «al<br />

fine <strong>di</strong> garantire la parità <strong>di</strong> trattamento tra tutti i cre<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> alimenti», pateticamente mantenuto nel<br />

considerando n. 11 del nuovo Regolamento, perde oggi qualsiasi significato, nel momento in cui<br />

l’esclusione dei cre<strong>di</strong>tori alimentari sulla base <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> convivenza, ancorché eventualmente<br />

riconosciuta dalla legge nazionale (ed in svariati or<strong>di</strong>namenti europei sostanzialmente equiparata al<br />

matrimonio), viene a privare migliaia <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>tori alimentari del nostro Continente dei vantaggi del<br />

nuovo strumento, così riproponendo sul piano comunitario una <strong>di</strong>scriminazione che <strong>di</strong>versi<br />

legislatori nazionali si sono ormai lasciati da tempo alle spalle.<br />

È vero, in<strong>di</strong>scutibilmente, che l’inciso «rapporti <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong> parentela, <strong>di</strong> matrimonio o <strong>di</strong><br />

affinità» potrebbe prestarsi anche ad una lettura <strong>di</strong>versa e più «liberal»: una lettura in cui al concetto<br />

<strong>di</strong> «famiglia», pur sempre menzionato ed affiancato a quelli <strong>di</strong> «parentela, <strong>di</strong> matrimonio o <strong>di</strong><br />

affinità», viene attribuito un significato più ampio rispetto a questi ultimi, idoneo a comprendere in<br />

sé anche tutti i rapporti derivanti dalla convivenza more uxorio. È però anche vero che, in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong><br />

strumenti comunitari sulla <strong>di</strong>sciplina della convivenza e <strong>di</strong> fronte ad un testo della proposta assai<br />

esplicito sul punto, dal quale il regolamento ha chiaramente inteso <strong>di</strong>scostarsi, sembra assai <strong>di</strong>fficile<br />

poter attribuire al predetto sostantivo «famiglia» una portata più estesa <strong>di</strong> quella semplicemente<br />

riassuntiva delle espressioni che ad essa fanno imme<strong>di</strong>atamente seguito («parentela, matrimonio,<br />

affinità»).<br />

Sin qui, naturalmente, si è <strong>di</strong>scorso in questo § dei soli profili attinenti ai rapporti tra partners.<br />

Quid, allora, delle obbligazioni attinenti alla prole? La risposta più ovvia sembrerebbe quella legata<br />

al riscontro della presenza, comunque, <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> «parentela» tra genitori e figli e non vi è il<br />

minimo dubbio che ciò valga con riguardo a tutti i casi in cui all’estero si sia costituito (vuoi sulla<br />

base della generazione biologica, vuoi per effetto <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> adozione legittimante) un rapporto<br />

definibile come, per l’appunto, <strong>di</strong> genitorialità e, dunque, <strong>di</strong> «parentela». Qualche interrogativo<br />

potrebbe però porsi per una situazione <strong>di</strong> omogenitorialità non rispondente ai «canoni» che<br />

caratterizzano la genitorialità nel nostro sistema: intendo riferirmi al genitore (es.: convivente<br />

omosessuale del genitore biologico) che tale sia in base alle regole dell’or<strong>di</strong>namento straniero, ma<br />

che non potrebbe esserlo secondo l’or<strong>di</strong>namento italiano.<br />

Sul punto non andrà trascurato che l’art. 22 del citato Regolamento n. 4/2009 (e cfr. anche il<br />

considerando n. 25) stabilisce testualmente quanto segue: «Il riconoscimento e l’esecuzione <strong>di</strong> una<br />

decisione in materia <strong>di</strong> obbligazioni alimentari a norma del presente regolamento non implicano in<br />

alcun modo il riconoscimento del rapporto <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong> parentela, <strong>di</strong> matrimonio o <strong>di</strong> affinità alla<br />

base dell’obbligazione alimentare che ha dato luogo alla decisione».<br />

La previsione (assente nella Proposta del 2005) sembra dettata dal timore delle conseguenze<br />

( 105 ) I passi in<strong>di</strong>etro compiuti dal legislatore comunitario sul punto sono resi evidenti dalle seguenti tabelle <strong>di</strong><br />

raffronto:<br />

Proposta <strong>di</strong> regolamento del Consiglio del 2005,<br />

considerando n. 9:<br />

Regolamento n. 4/2009, considerando n. 11:<br />

«L’ambito d’applicazione del regolamento deve «L’ambito <strong>di</strong> applicazione del regolamento dovrebbe<br />

estendersi a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da estendersi a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da<br />

rapporti familiari o rapporti che producono effetti simili, e rapporti <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong> parentela, <strong>di</strong> matrimonio o <strong>di</strong><br />

ciò al fine <strong>di</strong> garantire la parità <strong>di</strong> trattamento tra tutti i affinità, al fine <strong>di</strong> garantire la parità <strong>di</strong> trattamento tra tutti<br />

cre<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> alimenti».<br />

i cre<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> alimenti».<br />

Proposta <strong>di</strong> regolamento del Consiglio del 2005, art. 1,<br />

primo comma:<br />

«Il presente regolamento si applica alle obbligazioni<br />

alimentari derivanti dai rapporti familiari o dai rapporti<br />

che, in forza della legge ad essi applicabile, producono<br />

effetti simili».<br />

152<br />

Regolamento n. 4/2009, art. 1, primo comma:<br />

«1. Il presente regolamento si applica alle obbligazioni<br />

alimentari derivanti da rapporti <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong> parentela,<br />

<strong>di</strong> matrimonio o <strong>di</strong> affinità».


possibili del riconoscimento e dell’esecuzione <strong>di</strong> pronunce su obblighi alimentari nascenti da<br />

rapporti <strong>di</strong> coniugio tra persone dello stesso sesso, ammessi dalle legislazioni <strong>di</strong> Paesi europei<br />

comunitari quali quelle del Belgio, dei Paesi Bassi, del Portogallo, della Spagna e della Svezia ( 106<br />

).<br />

È chiaro infatti che il riconoscimento <strong>di</strong> tali obblighi alimentari non può essere impe<strong>di</strong>to dalla citata<br />

limitazione <strong>di</strong> cui all’art. 1, poiché non vi è dubbio che i cre<strong>di</strong>ti alimentari tra coniugi omosessuali<br />

ai sensi degli or<strong>di</strong>namenti nazionali citati siano a tutti gli effetti «obbligazioni alimentari derivanti<br />

da rapporti <strong>di</strong> famiglia» e «<strong>di</strong> matrimonio».<br />

Il timore che sembra trasparire dalla lettura del Regolamento del 2009 è dunque quello che il<br />

riconoscimento delle prestazioni alimentari tra persone del medesimo sesso possa essere utilizzato<br />

in altri sistemi europei per riconoscere <strong>di</strong>versi ed ulteriori effetti a tali unioni, anche se, a tal fine,<br />

già dovrebbe venire in considerazione la norma relativa all’or<strong>di</strong>ne pubblico (art. 24 Regolamento<br />

cit.).<br />

Sul punto vi è anzi da chiedersi se per caso lo stesso riconoscimento del solo «limitato»<br />

effetto alimentare <strong>di</strong> un’unione omosessuale non possa ritenersi in determinati or<strong>di</strong>namenti europei<br />

(si pensi a quelli più arretrati, quali quelli della Grecia o dell’Italia) come impe<strong>di</strong>to dalla clausola<br />

107<br />

dell’or<strong>di</strong>ne pubblico ( ). Ciò che per altro verso (a sommesso avviso dello scrivente) non<br />

dovrebbe ritenersi possibile, atteso che la nozione <strong>di</strong> «matrimonio» e <strong>di</strong> «famiglia» cui si deve<br />

accedere è, per l’appunto, quella europea, nell’ambito della quale non si può non tenere conto della<br />

presenza <strong>di</strong> numerossimi or<strong>di</strong>namenti che o ammettono il matrimonio tra persone del medesimo<br />

sesso, ovvero prevedono forme <strong>di</strong> unione che del matrimonio producono i medesimi (o pressoché i<br />

medesimi) effetti.<br />

Se quanto sopra è vero, i timori <strong>di</strong> contrarietà rispetto all’or<strong>di</strong>ne pubblico dovrebbero ritenersi<br />

fugati anche con riguardo al caso qui in esame. In altre parole, i provve<strong>di</strong>menti e gli atti relativi alle<br />

obbligazioni alimentari <strong>di</strong> cui si occupa il nuovo Regolamento, <strong>di</strong> provenienza <strong>di</strong> Paesi in cui la<br />

relazione omogenitoriale si è legalmente costituita, dovrebbero liberamente circolare ed essere<br />

eseguibili (oltre tutto, secondo le regole del nuovo strumento, senza necessità <strong>di</strong> exequatur), anche<br />

se, in ipotesi, afferenti ad obbligazioni alimentari gravanti sull’omogenitore che tale non potrebbe<br />

legalmente essere in base al nostro or<strong>di</strong>namento, senza tema <strong>di</strong> incorrere negli strali <strong>di</strong> una possibile<br />

violazione delle regole d’or<strong>di</strong>ne pubblico.<br />

Diverso, probabilmente, il <strong>di</strong>scorso per le obbligazioni tra i partners: ma questa, come detto, è<br />

108<br />

un’altra storia ( ).<br />

( 106 ) Curiosamente, quasi tutte monarchie… A tali or<strong>di</strong>namenti vanno poi aggiunti quelli della Norvegia e<br />

dell’Islanda, Paesi non membri dell’U.E., ma facenti parte del Consiglio d’Europa.<br />

( 107 ) Sulla reiezione, da parte <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> merito, dell’istanza <strong>di</strong> trascrizione dell’adozione <strong>di</strong> un minore<br />

effettuata da una coppia omosessuale coniugata negli Stati Uniti cfr. Trib. Brescia, 26 settembre 2006, citata da<br />

LOLLINI, L’importanza della visibilità, già <strong>di</strong>sponibile al seguente sito web (ora non più reperibile online):<br />

http://zibalblog.wordpress.com/2007/10/02/limportanza-della-visibilita/. Nel senso, invece, della riconoscibilità in<br />

Italia (per assenza <strong>di</strong> contrasto con l’or<strong>di</strong>ne pubblico) <strong>di</strong> un parental order emesso da un giu<strong>di</strong>ce britannico e relativo ad<br />

un caso <strong>di</strong> maternità surrogata realizzato (da una coppia italiana coniugata) all’estero cfr. App. Bari, 13 febbraio 2009,<br />

<strong>di</strong>sponibile al seguente sito web:<br />

http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=29604&catid=120&Itemid=367&mese<br />

=02&anno=2009.<br />

( 108 ) Per un tentativo <strong>di</strong> soluzione cfr. OBERTO, Gli obblighi <strong>di</strong> mantenimento e il recupero dei cre<strong>di</strong>ti alimentari in<br />

<strong>di</strong>ritto comunitario: la nozione comunitaria <strong>di</strong> «alimenti» e i principi in tema <strong>di</strong> competenza giuris<strong>di</strong>zionale, cit., § 3.<br />

153

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