I prodotti DOP, IGP e STG - Agromed Quality
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I <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>,<br />
<strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong><br />
L’evoluzione della normativa, i dati economici,<br />
e le tendenze di mercato in alcuni paesi Ue<br />
ISMEA<br />
dicembre 2006<br />
STUUDI DDOOPP -- IIGGP -- S<strong>STG</strong><br />
SS
2<br />
Realizzazione a cura di Ismea<br />
Responsabile della ricerca: Ezio Castiglione<br />
Responsabile scientifico: Raffaele Borriello<br />
Lo studio è stato curato da: Enrico De Ruvo<br />
Redazione: Giovanni Buonpensiero, Enrico De Ruvo, Carmela Franzese, Maria Chiara Gazza,<br />
Giovanni Luppi, Ilaria Mazzoli, Paolina Notaro, Stefano Rosini, Veronica Zaccaroni<br />
ed inoltre Kees de Roest e Claudio Montanari per il capitolo 6.<br />
Coordinamento editoriale: Palmira Blasi<br />
Art Director: Massimo Cerasi<br />
Grafici: Donatella Quaranta e Carlo Alberto Torlai<br />
La ricerca è stata eseguita con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Indice<br />
1. L’evoluzione della normativa 7<br />
1.1 I nuovi regolamenti per il riconoscimento dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> 7<br />
1.2 Il Regolamento CE n. 510/2006 8<br />
L’iter di registrazione 8<br />
Il periodo di adattamento e la protezione transitoria 9<br />
L’abrogazione del “principio di reciprocità” 10<br />
La procedura d’opposizione 11<br />
L’etichettatura 11<br />
Le modifiche al disciplinare 11<br />
I controlli ufficiali 12<br />
1.3 Il Regolamento CE n. 509/2006 15<br />
Definizioni e restrizioni all’uso dei nomi 15<br />
L’iter di registrazione 16<br />
Esame da parte della Commissione 16<br />
La procedura d’opposizione 17<br />
Le modifiche al disciplinare 17<br />
L’etichettatura 17<br />
Modalità relative al nome registrato 18<br />
Controlli ufficiali e verifica del rispetto del disciplinare 18<br />
Abrogazione del principio di reciprocità 18<br />
1.4 Le deroghe del “pacchetto igiene” in materia di <strong>prodotti</strong> tradizionali 18<br />
1.5 La struttura di controllo 20<br />
1.5.1 Produzioni <strong>DOP</strong> - <strong>IGP</strong> 21<br />
1.5.2 Produzioni <strong>STG</strong> 25<br />
1.6 I Consorzi di tutela 26<br />
2. I <strong>prodotti</strong> di qualità registrati 29<br />
2.1 Le denominazioni registrate in ambito comunitario 29<br />
2.2 I <strong>prodotti</strong> italiani registrati 31<br />
2.3 L’analisi territoriale delle denominazioni italiane registrate 33<br />
2.4 Le denominazioni italiane in attesa di registrazione 36<br />
2.5 Le Specialità Tradizionali Garantite 37<br />
3. La dimensione territoriale ed economica dei <strong>prodotti</strong> registrati 38<br />
3.1 Introduzione 38<br />
3.2 L’impatto produttivo ed economico delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 39<br />
3.3 Aspetti generali 42<br />
3.4 I formaggi 46<br />
3.5 I <strong>prodotti</strong> a base di carne 51<br />
3.6 Gli ortofrutticoli e i cereali 56<br />
3.7 I grassi e gli oli di oliva 60<br />
3.8 Le carni fresche 64<br />
3.9 Gli altri <strong>prodotti</strong> italiani riconosciuti 64<br />
3
4<br />
4. Il mercato nazionale, l’export e i canali distributivi 66<br />
4.1 Il mercato nazionale dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 66<br />
4.1.1 Aspetti generali 66<br />
4.2 I flussi di export 69<br />
4.2.1 Introduzione 69<br />
4.3 I canali distributivi 73<br />
4.3.1 I formaggi 75<br />
4.3.2 I <strong>prodotti</strong> a base di carne 77<br />
4.3.3 Gli ortofrutticoli e i cereali 80<br />
4.3.4 I grassi e oli di oliva 82<br />
4.3.5 Gli altri <strong>prodotti</strong> 83<br />
5. I Consumi domestici di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 86<br />
5.1 Il quadro complessivo 86<br />
5.2 I consumi domestici di formaggi <strong>DOP</strong> 90<br />
5.3 I consumi domestici di <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> 94<br />
5.4 I consumi domestici di oli extravergini <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> 97<br />
6. Le politiche e le denominazioni tutelate in alcuni paesi europei 100<br />
6.1 La Spagna 100<br />
6.1.1 Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 100<br />
6.1.2 I formaggi 103<br />
6.1.3 Le carni fresche e i <strong>prodotti</strong> a base di carne 105<br />
6.1.4 Gli oli di oliva 108<br />
6.1.5 Gli ortofrutticoli e i cereali 109<br />
6.2 La Francia 111<br />
6.2.1 Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Francia 111<br />
6.2.2 I formaggi 112<br />
6.2.3 Le carni fresche 116<br />
6.2.4 I <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli e i cereali 118<br />
6.2.5 Gli oli di oliva e le olive da tavola 120<br />
6.3 La Germania 121<br />
6.3.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità<br />
dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari 121<br />
6.3.2 I <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> in Germania 122<br />
6.3.3 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche:<br />
le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e i marchi regionali 125<br />
6.3.4 Le prospettive per il mercato dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 126<br />
6.4 La Gran Bretagna 126<br />
6.4.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità<br />
dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari 126<br />
6.4.2 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche:<br />
le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e i marchi regionali 127<br />
6.4.3 I <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> in Gran Bretagna 128<br />
6.4.4 La percezione dei consumatori e le prospettive per il mercato<br />
dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 129<br />
6.5 L’Austria 131<br />
6.5.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei <strong>prodotti</strong><br />
agroalimentari 131
6.5.2 Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Austria 132<br />
6.5.3 Gli altri marchi di qualità istituzionali 136<br />
6.5.4 La percezione dei consumatori 137<br />
6.5.5 Le prospettive per il mercato dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 138<br />
6.6 L’Olanda 139<br />
6.6.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei <strong>prodotti</strong><br />
agroalimentari 139<br />
6.6.2 Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Olanda 140<br />
6.6.3 Il comparto dei formaggi 140<br />
6.6.4 Il comparto ortofrutticolo 143<br />
6.6.5 I marchi di qualità non istituzionali 145<br />
6.6.6 L’attitudine dell’Olanda verso la protezione delle IG 146<br />
6.6.7 La percezione dei consumatori 147<br />
6.6.8 Le prospettive per il mercato dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 147<br />
7. Case study: politiche distributive e consumo nei comparti<br />
della carne fresca e dell’ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> 150<br />
7.1 Obiettivi e metodologia 150<br />
7.2 Principali evidenze emerse 150<br />
7.3 Il settore delle carni fresche: analisi dei risultati 156<br />
7.3.1 La domanda di carne fresca: composizione e criteri di acquisto 156<br />
7.3.2 Le caratteristiche dell’assortimento di carne fresca:<br />
tipologie, origine e marchi 158<br />
7.3.3 Il vissuto delle carni fresche a marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 160<br />
7.3.4 Le carni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> dal punto di vista del trade 165<br />
7.3.5 L’etichettatura obbligatoria e il sistema di rintracciabilità 168<br />
7.4 Il settore ortofrutta: analisi dei risultati 170<br />
7.4.1 La domanda di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli 170<br />
7.4.2 L’offerta di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli 173<br />
7.4.3 I <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine 175<br />
7.4.4 L’evoluzione del mercato dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli<br />
a Denominazione di Origine 183<br />
7.5 Sintesi e conclusioni 186<br />
8. Conclusioni 191<br />
Appendice statistica 195<br />
Allegato 215<br />
Procedure da seguire da parte di produttori e cittadini di paesi terzi per la registrazione<br />
e per sollevare obiezioni<br />
Riferimenti bibliografici 230<br />
CD Rom allegato: schede dei <strong>prodotti</strong> Dop e Igp<br />
5
1. L’evoluzione della normativa<br />
1.1 I nuovi regolamenti per il riconoscimento dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong><br />
P<br />
er le Denominazioni di origine protetta1 , le Indicazioni geografiche protette2 e le Specialità tradizionali garantite3 , l’anno 2006 si è aperto con l’adozione<br />
da parte della Commissione Europea del Reg Ce n. 510/20064 e del Reg Ce n.<br />
509/20065 .<br />
I due Regolamenti riscrivono e abrogano rispettivamente i Regolamenti CEE<br />
n. 2081/92 e n. 2082/92.<br />
L’obiettivo principale della riforma adottata è, innanzitutto, quello di semplificare<br />
e rendere più efficiente l’iter di registrazione e, come richiesto dal Panel<br />
WTO6 , di adottare un regolamento compatibile con le regole del commercio internazionale,<br />
che abroghi il requisito della reciprocità e dell’equivalenza, introdotto<br />
con il Reg CEE 2081/92 e sue successive modifiche7 .<br />
In particolare, una delle novità è rappresentata dall’introduzione di un “documento<br />
unico”per la presentazione delle domande, contenente tutti i dati necessari<br />
ai fini della registrazione, dell’informazione e dei controlli.<br />
Lo scopo di tale documento è quello di assicurare che le informazioni chiave<br />
siano ufficialmente pubblicate prima della registrazione, così da consentire a ogni<br />
operatore di esercitare il diritto all’opposizione e alle autorità pubbliche preposte<br />
di garantire la protezione della denominazione registrata in ogni Stato membro.<br />
La procedura introdotta esprime, inoltre, la volontà della Commissione di migliorare<br />
la tutela dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari registrati su scala internazionale.<br />
I nuovi Regolamenti, inoltre, come accennato, garantiscono la conformità del<br />
regime comunitario con le regole del WTO: innanzitutto, viene abrogato il requisito,<br />
precedentemente imposto ai Paesi terzi, della reciprocità ed equivalenza della<br />
protezione e, in secondo luogo, gli operatori dei Paesi extra Ue hanno la possibilità<br />
di presentare domande ed eventualmente opposizioni direttamente alla Commissione<br />
e non più per il tramite dei loro governi.<br />
Tale riforma, abrogando il requisito della “reciprocità ed equivalenza”, dovrebbe<br />
porre fine alle controversie nate fra l’Europa e alcuni Paesi terzi, come<br />
Stati Uniti e Australia.<br />
I Regolamenti introdotti, inoltre, esprimono la volontà della Commissione di<br />
garantire una maggiore protezione del consumatore, attraverso, una più ampia visibilità<br />
dell’etichettatura e la diffusione dell’uso dei simboli comunitari.<br />
Nei paragrafi seguenti si riporta un’analisi più dettagliata delle novità introdotte<br />
dai Regolamenti CE n. 510/2006 e n. 509/2006.<br />
7
8<br />
1.2 Il Regolamento CE n. 510/2006<br />
L’adozione del Reg. CE n°510/2006 nasce dall’esigenza, fortemente sentita a<br />
livello comunitario, di disciplinare con un approccio più uniforme le denominazioni<br />
d’origine e le indicazioni geografiche dei <strong>prodotti</strong> agricoli e alimentari.<br />
Tale esigenza risponde alla volontà del legislatore comunitario di creare condizioni<br />
di concorrenza uguali tra i produttori che beneficiano delle diciture <strong>DOP</strong> e<br />
<strong>IGP</strong>, sia di migliorare la riconoscibilità dei <strong>prodotti</strong> agli occhi dei consumatori, attraverso<br />
una maggiore chiarezza e trasparenza dei segni e delle informazioni sui<br />
<strong>prodotti</strong>.<br />
È proprio la combinazione di queste esigenze che ha portato l’Unione Europea<br />
a rivedere la normativa sulle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e quindi all’adozione del Reg CE<br />
n°510/2006 che abroga e sostituisce il Reg CEE n°2081/92.<br />
Le principali novità introdotte dal Reg n°510/2006 riguardano i seguenti<br />
aspetti:<br />
• domanda di registrazione e modalità di esame da parte della Commissione;<br />
• modalità di opposizione e decisione sulla registrazione;<br />
• denominazioni, diciture e simboli;<br />
• modifiche al disciplinare;<br />
• controlli ufficiali;<br />
• modalità di verifica del rispetto del disciplinare;<br />
• protezione delle denominazioni registrate;<br />
• tasse;<br />
• allegato II – “Prodotti agricoli di cui all’art.1, § 1”.<br />
L’iter di registrazione<br />
In generale, le modifiche introdotte per l’iter di registrazione (art. 5) di nuove<br />
denominazioni, tendono a semplificare le procedure e a chiarire le responsabilità<br />
delle diverse autorità chiamate ad intervenire nell’esame delle domande, allo scopo<br />
di migliorare il loro iter di presentazione, di garantire la parità di trattamento<br />
fra i vari richiedenti ed anche la trasparenza e chiarezza della documentazione richiesta<br />
e del processo amministrativo.<br />
Innanzitutto, si specifica che possono presentare domanda di registrazione<br />
esclusivamente le associazioni, ossia esclusivamente le organizzazioni di produttori<br />
o di trasformatori che trattano il medesimo prodotto agricolo o alimentare.<br />
Tuttavia, subito dopo aver introdotto tale esclusività, la norma prevede un’attenuazione<br />
della stessa, consentendo l’equiparazione delle persone fisiche o giuridiche<br />
che soddisfano determinate condizioni 8 ad un’associazione.<br />
Si specificano, inoltre, gli elementi minimi che deve comprendere la domanda<br />
di registrazione presentata dalle associazioni, prevedendo che essa debba contenere,<br />
oltre al Disciplinare, anche il nome e l’indirizzo dell’associazione richiedente e<br />
un “documento unico”.
Proprio quest’ultimo rappresenta l’elemento innovativo che dovrebbe consentire<br />
una semplificazione e una maggiore efficienza dell’iter di registrazione; il documento<br />
unico, infatti, deve contenere sia gli elementi principali del disciplinare,<br />
ossia la denominazione, la descrizione del prodotto e la delimitazione della zona<br />
geografica, sia la dimostrazione del legame del prodotto con l’ambiente geografico<br />
o con l’origine geografica, inclusi eventualmente gli elementi specifici del prodotto<br />
o del metodo di ottenimento che giustifica tale legame.<br />
Sempre con riferimento alla domanda di registrazione è introdotta la possibilità<br />
di presentare domanda comune, da parte di diverse associazioni, qualora una<br />
denominazione designi una zona geografica transfrontaliera o una denominazione<br />
tradizionale connessa ad una zona geografica transfrontaliera.<br />
L’iter di registrazione si arricchisce anche di una nuova fase: nel corso dell’esame<br />
della domanda, lo Stato membro interessato avvia una procedura nazionale<br />
di opposizione al fine di garantire l’adeguata pubblicazione della domanda e consentire<br />
un tempo ragionevole nel corso del quale, ogni persona fisica o giuridica,<br />
avente un interesse legittimo e stabilita o residente sul suo territorio, possa fare<br />
opposizione.<br />
Coerentemente all’obiettivo di garantire maggiore chiarezza e trasparenza, per<br />
ogni decisione favorevole adottata dalla Commissione, lo Stato membro deve inviare<br />
alla stessa, oltre ai documenti presentati dall’associazione richiedente durante<br />
l’iter di registrazione, una dichiarazione che attesti l’esito positivo della richiesta<br />
e il riferimento della pubblicazione del Disciplinare oggetto della decisione favorevole.<br />
Lo Stato membro, infatti, ha l’obbligo di rendere pubblico il Disciplinare<br />
oggetto della decisione favorevole e di assicurarne l’accesso per via elettronica.<br />
La presentazione standardizzata e sintetica di questi elementi mira ad assicurare<br />
una maggiore omogeneità e parità di trattamento tra le domande, garantendo<br />
che vengano menzionate tutte quelle informazioni necessarie a favorire la massima<br />
trasparenza nei confronti degli operatori interessati.<br />
Un’altra novità riguarda la possibilità per gli operatori dei Paesi terzi di presentare<br />
direttamente alla Commissione la domanda di registrazione, senza dover<br />
necessariamente ricorrere all’intermediazione dei propri governi. A tal proposito,<br />
si stabilisce che i documenti devono essere redatti in una delle lingue ufficiali delle<br />
Istituzioni dell’UE o comunque accompagnati da una traduzione certificata in<br />
una delle lingue ufficiali.<br />
Per quanto riguarda l’esame delle domande da parte della Commissione (art.<br />
6), si allunga il termine entro il quale esso deve essere effettuato, passando dai<br />
vecchi 6 mesi agli attuali 12. Inoltre, si introduce l’impegno per la Commissione<br />
di rendere pubblico, ogni mese, l’elenco delle denominazioni oggetto di una domanda<br />
di registrazione, nonché la data di presentazione alla Commissione.<br />
Il periodo di adattamento e la protezione transitoria<br />
Il nuovo Regolamento, conferma la possibilità, per ciascun Stato membro, di<br />
9
10<br />
accordare alla denominazione, a decorrere dalla data di presentazione della domanda<br />
di registrazione alla Commissione, una protezione transitoria nazionale e<br />
ove necessario, un periodo di adattamento (art 5, §6).<br />
Il periodo di adattamento consiste nella possibilità, per le imprese, di utilizzare<br />
la denominazione qualora venga accordata la protezione transitoria.<br />
Il periodo di adattamento può essere concesso a condizione che le imprese interessate,<br />
e questo è l’elemento di novità, abbiano sollevato opposizione nel corso<br />
della procedura nazionale e che abbiano legalmente commercializzato i <strong>prodotti</strong>,<br />
utilizzando in modo continuativo la denominazioni, per almeno i 5 anni precedenti.<br />
Allo stesso modo, l’art. 13 § 3, prevede che la Commissione può accordare<br />
alla denominazione un periodo transitorio non superiore a cinque anni, solo nel<br />
caso in cui un’opposizione sia stata dichiarata ricevibile in quanto la registrazione<br />
danneggerebbe l’esistenza di una denominazione omonima o parzialmente omonima<br />
o l’esistenza di <strong>prodotti</strong> che si trovano legalmente sul mercato da almeno 5 anni<br />
prima della data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea<br />
(d’ora in avanti GUCE) del documento unico e del riferimento della pubblicazione<br />
del disciplinare.<br />
Tale previsione normativa, nel nuovo Regolamento viene integrata 9 con la<br />
possibilità di accordare un periodo transitorio, non superiore a cinque anni, alle<br />
imprese stabilite nello Stato membro o nel Paese terzo dove si trova la zona geografica,<br />
a condizione che le stesse abbiano commercializzato i <strong>prodotti</strong> in modo<br />
continuativo per almeno i 5 anni che precedono la data di pubblicazione sulla GU-<br />
CE e che abbiano sollevato il problema durante la procedura di opposizione, nazionale<br />
o comunitaria.<br />
Tale periodo transitorio, dovrebbe consentire di evitare danni ai produttori che<br />
utilizzano siffatte denominazioni da lungo tempo, pur tutelando nel contempo i<br />
consumatori e garantendo una concorrenza leale.<br />
Tuttavia la durata complessiva del periodo transitorio di cui all’art 13, §3 e<br />
del periodo di adattamento concesso dallo Stato membro (art 5, §6) non può superare<br />
5 anni e, qualora il periodo d’adattamento fosse superiore ai 5 anni, il periodo<br />
transitorio non può essere concesso.<br />
L’abrogazione del “principio di reciprocità”<br />
Il nuovo regolamento, ha comportato l’abbandono delle disposizioni contenute<br />
nel Reg CEE 2081/92 (ex art 12) relative al “principio di reciprocità”.<br />
Il Reg CEE 2081/92 si applicava “ai <strong>prodotti</strong> agricoli o alimentari provenienti<br />
da un paese terzo a condizione che il paese terzo fosse disposto ad accordare ai<br />
corrispondenti <strong>prodotti</strong> agricoli o alimentari provenienti dalla Comunità una protezione<br />
analoga a quella esistente nella Comunità”.<br />
L’abrogazione di tale principio risponde all’obiettivo dell’internazionalizzazione<br />
del sistema europeo di tutela delle denominazioni e all’effettiva partecipazione<br />
ad esso di produttori di Paesi Terzi.
Tale obiettivo, oltre ad adempiere alle richieste del Panel del WTO, potrebbe<br />
condurre alla diffusione di quella cultura di conoscenza e rispetto delle <strong>DOP</strong> e<br />
<strong>IGP</strong>, che non può non essere alla base anche di un’effettiva tutela dei <strong>prodotti</strong> comunitari<br />
su mercati internazionali, a condizione che l’impianto comunitario previsto<br />
dal nuovo Regolamento trovi “momenti” di validazione e attuazione anche<br />
nell’ambito delle decisioni WTO.<br />
La procedura d’opposizione<br />
Come anticipato (§1), il Regomanento introduce, per i Paesi terzi, la possibilità<br />
di presentare direttamente, senza l’intervento dei loro governi, oltre che la domanda<br />
di registrazione, l’opposizione alla registrazione di una denominazione<br />
d’origine 10 .<br />
L’opposizione, deve essere presentata alla Commissione, entro 6 mesi dalla<br />
pubblicazione sulla GUCE, attraverso una dichiarazione debitamente motivata.<br />
Stessa possibilità è prevista per le persone fisiche o giuridiche stabilite o residenti<br />
in un Paese terzo, le quali possono inviare la dichiarazione di opposizione<br />
alla Commissione direttamente o tramite le autorità del Paese di appartenenza.<br />
Infine, si introduce l’obbligo per la Commissione di pubblicare, sulla GUCE,<br />
la decisione adottata in seguito alla conclusione delle consultazioni relative alla<br />
procedura d’opposizione.<br />
L’etichettatura<br />
In relazione alla finalità di garantire una sempre maggiore protezione del consumatore,<br />
il nuovo Regolamento impone, per i <strong>prodotti</strong> agricoli e alimentari originari<br />
della Comunità e commercializzati con una denominazione registrata, l’utilizzo<br />
delle diciture <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> o dei simboli comunitari ad essi associati sull’etichettatura<br />
degli stessi (art. 8).<br />
Tale obbligo si traduce, invece soltanto in una possibilità per i <strong>prodotti</strong> agricoli<br />
e alimentari originari dei Paesi Terzi, commercializzati con una denominazione<br />
registrata.<br />
Le modifiche al disciplinare<br />
Riguardo alle modifiche al disciplinare (art. 9), il nuovo Regolamento specifica<br />
che la richiesta deve descrivere le modifiche per le quali si richiede l’approvazione<br />
e le relative motivazioni.<br />
Inoltre, introduce la distinzione tra le modifiche che incidono sul documento<br />
unico e quelle che non vanno a modificarlo.<br />
Nel primo caso, la domanda di approvazione di una modifica è sottoposta all’iter<br />
classico previsto per la presentazione della domanda di registrazione e quindi<br />
all’esame da parte della Commissione con la possibilità, da parte di ogni Stato<br />
membro o Paese terzo, di sollevare opposizione alla modifica del disciplinare.<br />
Tuttavia, all’interno di questa procedura non si includono le “modifiche mino-<br />
11
12<br />
ri” 11 al disciplinare, le quali, pur avendo un’incidenza sul documento unico sono<br />
sottoposte ad un iter più semplificato. Per queste modifiche, infatti, l’iter non prevede<br />
nè la pubblicazione sulla GUCE del documento unico e del riferimento della<br />
pubblicazione del disciplinare oggetto di richiesta di modifica, né la possibilità di<br />
sollevare la procedura d’opposizione.<br />
Per le “modifiche minori” approvate, la Commissione ha però l’obbligo di<br />
pubblicare sulla GUCE il documento unico e il riferimento della pubblicazione<br />
del disciplinare modificato da parte dello Stato membro.<br />
Nel secondo caso, ossia quello relativo a modifiche che non incidono sul documento<br />
unico, se la zona geografica è situata in uno Stato membro, è competenza<br />
dello Stato membro interessato pronunciarsi sull’approvazione della modifica<br />
e, in caso di parere positivo, provvedere a pubblicare il disciplinare modificato e<br />
ad informare la Commissione delle modifiche approvate.<br />
Diversamente, se la zona geografica è situata in un Paese terzo, è competenza<br />
della Commissione pronunciarsi sull’approvazione della modifica proposta.<br />
Tali procedure si applicano anche nel caso in cui le modifiche siano inerenti a<br />
modifiche temporanee del disciplinare facenti seguito all’imposizione, da parte<br />
delle autorità pubbliche, di misure sanitarie o fitosanitarie obbligatorie.<br />
I controlli ufficiali<br />
Per poter funzionare, il sistema delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> deve poter contare su un regime<br />
di controlli affidabile in grado di garantire, soprattutto ai consumatori, che i<br />
<strong>prodotti</strong> acquistati rispettano le disposizioni dei disciplinari di produzione.<br />
Accanto a tale esigenza, il nuovo Regolamento (art. 10, § 1) pone anche l’obbligo<br />
generale a carico degli Stati membri di “designare le autorità competenti incaricate<br />
dei controlli in relazione agli obblighi fissati dal Reg. CE 510 a norma<br />
del Reg. CE 882/2004 12 .<br />
La versione definitiva del Regolamento, ha in qualche modo contenuto l’allarmismo<br />
creato, da una prima proposta di Bruxelles, tra i rappresentanti delle delegazioni<br />
nazionali, tra cui quella italiana. Il timore era quello che l’inserimento di<br />
un riferimento alla normativa in materia di controlli ufficiali di mangimi, alimenti<br />
e salute e benessere animale, potesse generare “sovrapposizione” di competenze<br />
in materia di controllo fra organismi deputati ai controlli sulle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e quelli<br />
che invece verificano il rispetto delle norme “igienico – sanitarie”.<br />
La formulazione adottata nella versione definitiva del Regolamento dovrebbe,<br />
tuttavia, essere in grado di evitare tali dubbi interpretativi, in quanto, come meglio<br />
specificato anche nei considerando del Regolamento, il sistema di monitoraggio<br />
delle <strong>DOP</strong> e delle <strong>IGP</strong> deve essere cositituito da un sistema di controlli ufficiali in<br />
linea con il Reg. CE 882/04, nonché diretto ad assicurare il rispetto dei relativi<br />
disciplinari di produzione.<br />
Successivamente l’art.11, §1, prevede che la verifica del rispetto del disciplinare<br />
sia effettuata da una o più Autorità e/o da uno o più organismi di controllo ai
sensi dell’art 2 del Reg CE 882/2004 che opera come organismo di certificazione<br />
dei <strong>prodotti</strong>.<br />
Inoltre, l’art. 10 §3, prevede che la Commissione pubblichi il nome e l’indirizzo<br />
delle Autorità designate e degli Organismi di certificazione e aggiorni periodicamente<br />
l’elenco.<br />
Per quanto riguarda la verifica del rispetto del disciplinare (art. 11) di <strong>DOP</strong> e<br />
<strong>IGP</strong> relative a zone geografiche di un Paese terzo, la stessa è effettuata da una o<br />
più autorità pubbliche designate dal Paese in cui si trova la zona geografica interessata<br />
e/o da uno o più organismi di certificazione dei <strong>prodotti</strong>.<br />
Inoltre, il Regolamento prevede che i costi di verifica del rispetto del disciplinare<br />
sono a carico degli operatori interessati.<br />
Ancora, altro aspetto innovativo, è l’introduzione dell’obbligo per tutti gli Organismi<br />
di certificazione, a partire dal 1°maggio 2010, di accreditamento in base<br />
alla normativa EN 45011, che assicura il rispetto dei requisiti di terzietà, competenza<br />
e organizzazione da parte di coloro che si occupano della certificazione del<br />
prodotto.<br />
L’attività di accreditamento degli Organismi di certificazione e ispezione in<br />
Italia è svolta dal SINCERT - Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi<br />
di Certificazione e Ispezione, Associazione privata senza fini di lucro<br />
fondata nel 1991 e legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano con D.M. del 16<br />
giugno 1995.<br />
In particolare la norma EN 45011 disciplina i requisiti che un organismo di<br />
certificazione di prodotto deve soddisfare per poter essere accreditato. I principali<br />
aspetti disciplinati riguardano l’organizzazione della struttura, il Sistema Qualità,<br />
l’indipendenza e la terzietà rispetto agli interessi oggetto di certificazione, la competenza<br />
del personale, la gestione delle attività ispettive e certificative, la gestione<br />
dei rapporti con le aziende certificate e l’uso dei marchi e dei certificati.<br />
Modalità d’applicazione<br />
L’art 16 prevede che la Commissione adotta, in conformità alla procedura di<br />
regolamentazione prevista dagli artt 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, le modalità<br />
di applicazione necessarie all’attuazione del Regolamento. Tra queste,<br />
• l’elenco delle materie prime dei <strong>prodotti</strong> designati dalle designazioni geografiche<br />
equiparate a denominazioni d’origine (art°2, §3);<br />
• le condizioni alle quali una persona fisica o giuridica può essere equiparata<br />
ad una associazione;<br />
• le modalità di presentazione della domanda di registrazione di una denominazione<br />
che designa una zona geografica transfrontaliera (art 5, § 1);<br />
• le modalità relative al contenuto e alla trasmissione alla Commissione dei<br />
documenti (art 5, § 7 e 9);<br />
• modalità relative alle modifiche minori (art 7, § 5 e art 9, § 2);<br />
• modalità relative alle condizioni di controllo del rispetto del disciplinare.<br />
13
14<br />
Altre novità<br />
Altra novità introdotta è relativa alle tasse: ai sensi dell’art 18, gli Stati membri<br />
possono esigere il pagamento di una tassa destinata a coprire le loro spese.<br />
Considerazioni generali<br />
L’analisi del recente Regolamento evidenzia che il nuovo impianto normativo<br />
costituisce una revisione significativa delle politiche agricole della qualità.<br />
Le modifiche introdotte sono state motivate principalmente dalle richieste del<br />
Panel WTO: il Regolamento, con l’abrogazione del requisito della reciprocità e<br />
dell’equivalenza, si è allineato alle richieste avanzate dal WTO in tema di commercio<br />
internazionale, anche se, a tutt’oggi, il WTO non ha ancora espresso parere<br />
formale sul testo normativo adottato.<br />
In risposta alle modifiche richieste dal panel WTO, il nuovo Regolamento<br />
consente l’accesso ai registri anche da parte dei singoli produttori dei Paesi terzi,<br />
senza il tramite quindi degli Stati, anche nel caso in cui gli stessi Paesi d’origine<br />
non garantiscano una reciprocità di trattamento. Vincolo quest’ultimo richiesto invece<br />
dal precedente Regolamento UE.<br />
Ancora, e sempre in risposta alle richieste del panel WTO, il nuovo Regolamento<br />
garantisce la coesistenza fra marchi industriali e denominazioni d’origine e<br />
fra denominazioni d’origine omonime. Il sistema precedente, al contrario, prevedeva<br />
che dopo un periodo di cinque anni di coesistenza, il marchio industriale doveva<br />
cedere il passo alla denominazione d’origine.<br />
L’adeguamento della politica comunitaria alle regole del commercio internazionale<br />
è stato comunque, l’occasione per apportare ulteriori modifiche al testo<br />
del precedente regolamento.<br />
Dal nuovo regolamento esce rafforzato il ruolo degli Stati membri sia nelle<br />
procedure di istruttoria delle domande di riconoscimento di nuove denominazioni<br />
e sia, soprattutto, in caso di modifica del disciplinare di produzione di denominazioni<br />
già riconosciute.<br />
In sostanza, con le nuove regole gli Stati membri si fanno carico di esaurire<br />
l’istruttoria, e di procedere alla composizione delle eventuali controversie, all’interno<br />
dei confini nazionali. Dopo la fase di istruttoria nazionale, infatti, ogni Stato<br />
membro dovrà inviare a Bruxelles solo il “documento unico”.<br />
L’elemento critico di tale procedura, potrebbe essere rappresentato sia dal grado<br />
di completezza degli elementi indicati nel documento unico, sia dal grado di<br />
omogeneità dei criteri adottati da ciascun Stato membro nell’iter di registrazione.<br />
Altra modifica significativa riguarda l’estensione a 12 mesi del tempo a disposizione<br />
della Commissione per l’esame delle domande. Fino ad oggi, la Commissione<br />
ha evidenziato “tempi di risposta” più lunghi dei 6 mesi previsti dal sistema<br />
previgente: tale previsione appare dunque in contrasto con l’obiettivo di snellire e<br />
ridurre i tempi di registrazione delle nuove denominazioni. Obiettivo peraltro palesato<br />
dalle modifiche introdotte all’iter di registrazione.
Altra novità di una certa portata è relativa alle norme igienico – sanitarie. In<br />
particolare, il nuovo Regolamento prevede che potranno avere accesso alla certificazione<br />
<strong>DOP</strong> solo i <strong>prodotti</strong> in grado di soddisfare le norme igienico – sanitarie<br />
fissate dal pacchetto igiene.<br />
In ultimo, altra novità introdotta e portatrice di cambiamenti importanti, riguarda<br />
l’obbligo previsto per gli Organismi di controllo: a partire dal 2010, dovranno,<br />
infatti, essere accreditati in base alla norma EN 45011.<br />
Ad oggi, in Italia, risultano accreditati solo 14 su 23 (60,9%) Organismi di<br />
controllo privati autorizzati. In particolare, il panorama italiano si contraddistingue<br />
per la presenza di:<br />
• Organismi nati come “espressione” dei Consorzi;<br />
• Organismi volontari preesistenti al Reg. CEE 2081/92;<br />
• Organismi nati con la creazione del “nuovo” mercato relativo alla certificazione<br />
delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
In tale contesto, e in relazione all’obbligo di accreditamento, gli Organismi di<br />
controllo italiani sono chiamati pertanto a riesaminare le loro politiche aziendali,<br />
sia in termini di portafoglio attività, sia in funzione dei “nuovi” costi legati all’accreditamento<br />
EN 45011.<br />
1.3 Il Regolamento CE n. 509/2006<br />
L’attività di revisione normativa a livello europeo, ha riguardato anche i <strong>prodotti</strong><br />
agricoli e alimentari con marchio <strong>STG</strong> e ha portato all’emanazione del Reg.<br />
CE n°509/2006 “relativo alle specialità tradizionali garantite dei <strong>prodotti</strong> agricoli<br />
e alimentari”, che abroga e sostituisce il Reg. CEE n°2082/92.<br />
Sostanzialmente le novità introdotte ricalcano quelle introdotte dal Reg. CE<br />
n°510/2006 per le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e riguardano i seguenti aspetti:<br />
- definizioni e restrizioni all’uso dei nomi;<br />
- domanda di registrazione e modalità di esame da parte della Commissione;<br />
- modalità di opposizione;<br />
- modifiche al disciplinare;<br />
- denominazioni, diciture e simboli;<br />
- modalità relative al nome registrato;<br />
- controlli ufficiali;<br />
- modalità di verifica del rispetto del disciplinare.<br />
Definizioni e restrizioni all’uso dei nomi<br />
La prima novità introdotta riguarda la definizione del termine “tradizionale”<br />
(art 2), inteso come “un uso sul mercato tradizionale attestato da un periodo di<br />
tempo che denoti un passaggio generazionale”.<br />
Inoltre, rispetto al precedente Regolamento, si definisce che la specificità (art.<br />
15
16<br />
1, lettera a), intesa come l’elemento o gli elementi che distinguono nettamente un<br />
prodotto agricolo o alimentare dagli altri <strong>prodotti</strong> o alimenti analoghi appartenenti<br />
alla stessa categoria possono riferirsi alle caratteristiche intrinseche del prodotto<br />
(fisiche, chimiche, microbiologiche od organolettiche) o al metodo di produzione<br />
del prodotto, oppure a condizioni specifiche che prevalgono nel corso della produzione.<br />
È, dunque, sulla base della specificità così definità che la “specialità tradizionale<br />
garantita” è riconosciuta dalla Comunità attraverso la registrazione.<br />
Agaranzia sia dei produttori che dei consumatori, si stabiliscono delle restrizioni<br />
all’uso dei nomi (art. 5), precisando, da un lato che, il Regolamento si applica<br />
nel rispetto delle disposizioni comunitarie o degli Stati membri che disciplinano<br />
la proprietà intellettuale, e dall’altro, che il nome di una varietà vegetale o di<br />
una razza animale può essere utilizzato nella denominazione di una <strong>STG</strong> solo se<br />
non induce in errore sulla natura del prodotto.<br />
L’iter di registrazione<br />
Così come per le <strong>DOP</strong> e le <strong>IGP</strong>, anche per le <strong>STG</strong> sono state introdotte novità<br />
di rilievo nell’iter di registrazione (art. 7). Innanzitutto si specifica che un’associazione<br />
può presentare domanda di registrazione per una <strong>STG</strong>, esclusivamente<br />
per i <strong>prodotti</strong> agricoli o alimentari che essa produce o elabora.<br />
Si specificano gli elementi minimi che la domanda di registrazione deve contenere:<br />
oltre al Disciplinare, essa deve contenere il nome e l’indirizzo dell’associazione<br />
richiedente, il nome e l’indirizzo dell’autorità o degli organismi che verificano<br />
il rispetto delle disposizioni del disciplinare e i relativi compiti specifici e i<br />
documenti che comprovano la specificità e la tradizionalità del prodotto.<br />
Come per le <strong>DOP</strong> e le <strong>IGP</strong> viene introdotto, contestualmente all’esame della<br />
domanda di registrazione da parte dello Stato membro, l’avvio di una procedura<br />
nazionale d’opposizione avente la finalità di garantire un’adeguata pubblicazione<br />
della domanda e di concedere un tempo ragionevole durante il quale, ogni persona<br />
fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilita o residente sul su territorio,<br />
possa fare opposizione alla domanda.<br />
Inoltre, si introduce la disciplina delle domande provenienti da un’associazione<br />
di un Paese terzo: esse devono contenere gli stessi elementi previsti per le<br />
domande provenienti dalle associazioni degli Stati membri e possono essere<br />
presentate alla Commissione direttamente o tramite le autorità del Paese di appartenenza.<br />
Tutti i documenti presentati per la registrazione da parte di associazioni<br />
appartenenti a Paesi terzi devono essere redatti in una lingua ufficiale delle<br />
istituzioni UE o accompagnati da una traduzione certificata in una delle lingue<br />
ufficiali dell’UE.<br />
Esame da parte della Commissione<br />
Riguardo all’esame della domanda da parte della Commissione (art. 8) si in-
troduce, come per le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, il termine di 12 mesi entro il quale esso deve essere<br />
effettuato. Si introduce anche l’obbligo per la Commissione di rendere pubblico<br />
ogni mese l’elenco delle denominazioni oggetto di una domanda di registrazione<br />
e la data di presentazione alla Commissione.<br />
La procedura d’opposizione<br />
Riguardo alla procedura d’opposizione (art. 9), si modifica il termine entro il<br />
quale ogni Stato membro o Paese terzo può opporsi alla registrazione: a partire<br />
dalla data di pubblicazione sulla GUCE, si passa dai precedenti 5 mesi agli attuali<br />
6. Si specifica, inoltre, che sono ricevibili soltanto le dichiarazioni d’opposizione,<br />
pervenute alla Commissione nel termine di 6 mesi dalla pubblicazione sulla GU-<br />
CE, che dimostrano o la mancata osservanza delle disposizioni contenute negli<br />
artt. 2, 4 e 5 del Reg CE n°509/2006, oppure che il nome è utilizzato legittimamente,<br />
notoriamente e in modo economicamente significativo, per <strong>prodotti</strong> agricoli<br />
o alimentari analoghi.<br />
Le modifiche al disciplinare<br />
L’art. 11 prevede che la richiesta di modifica al Disciplinare può essere presentata<br />
dallo Stato membro, su richiesta dell’associazione stabilita sul suo territorio,<br />
oppure da un’associazione stabilita in un Paese terzo.<br />
Per quest’ultima, lo stesso articolo prevede che la domanda può essere presentata<br />
alla Commissione o direttamente o tramite le autorità del Paese.<br />
Il nuovo Regolamento, precisa che tutte le richieste di modifica, devono comprovare<br />
un interesse economico legittimo e descrivere le modifiche richieste e i<br />
motivi pertinenti.<br />
Per quanto riguarda l’iter procedurale, la richiesta di approvazione di una modifica<br />
al disciplinare è sottoposta all’iter classico previsto per la presentazione<br />
della domanda di registrazione.<br />
Tuttavia, all’interno di tale iter si prevede una semplificazione per le “modifiche<br />
minori”.<br />
Per quest’ultime, infatti, l’iter non prevede né la pubblicazione sulla GUCE di<br />
tutti gli elementi identificativi della richiesta di modifica, 13 né la possibilità di<br />
sollevare la procedura di opposizione.<br />
Tale semplificazione procedurale è la stessa prevista dal Reg CE°510/2006<br />
per le modifiche minori al disciplinare.<br />
L’etichettatura<br />
Anche per le <strong>STG</strong>, si introduce l’obbligo di apporre sull’etichetta di un prodotto<br />
agricolo o alimentare prodotto nel territorio comunitario, il nome registrato<br />
accompagnato o dal simbolo comunitario o dall’indicazione “specialità tradizionale<br />
garantita”. Tale indicazione, invece è facoltativa per le <strong>STG</strong> prodotte al di<br />
fuori del territorio comunitario.<br />
17
18<br />
Modalità relative al nome registrato<br />
Con riferimento alle modalità relative al nome registrato (art. 13), si introduce<br />
la possibilità per l’associazione che ha richiesto la registrazione di un nome in una<br />
sola lingua, di prevedere nel disciplinare che all’atto della commercializzazione,<br />
l’etichetta contenga oltre al nome del prodotto in lingua originale anche un’indicazione<br />
nelle altre lingue ufficiali.<br />
Controlli ufficiali e verifica del rispetto del disciplinare<br />
Altre novità di rilievo riguardano i controlli ufficiali (art. 14) e la verifica del<br />
rispetto del disciplinare (art. 15).<br />
Per quanto riguarda i primi, così come previsto per le <strong>DOP</strong> e le <strong>IGP</strong>, si stabilisce<br />
che gli Stati membri designino l’autorità o le autorità competenti incaricate<br />
dei controlli sulla base del Reg. CE n°882/2004, relativo ai controlli ufficiali intesi<br />
a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e<br />
alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.<br />
Anche per le <strong>STG</strong>, inoltre si introduce l’obbligo per tutti gli organismi di certificazione,<br />
a partire dal 1°maggio 2010, di accreditamento in base alla normativa EN 45011.<br />
Abrogazione del principio di reciprocità<br />
Ultimo aspetto da evidenziare, ma non per questo meno rilevante, è l’abrogazione<br />
del “principio di reciprocità” (ex art. 16 Reg. CEE n°2082/92), coerentemente all’obiettivo<br />
di chiarire e migliorare anche la tutela delle <strong>STG</strong> su scala internazionale.<br />
Modalità d’applicazione<br />
Ai sensi dell’art 19 del Regolamento, la Commissione adotta, in conformità<br />
alla procedura di regolamentazione prevista dagli artt. 5 e 7 della decisione<br />
1999/468/CE, le modalità di applicazione necessarie all’attuazione del Regolamento.<br />
Tra queste vi sono:<br />
• le informazioni che devono essere incluse nel disciplinare (art 6, §2);<br />
• la modalità di presentazione di una domanda di registrazione (art 7, §1) da<br />
parte di associazioni stabilite negli Stati membri o in paesi terzi distinti;<br />
• la modalità di trasmissione alla Commissione delle domande di cui all’art 7<br />
§ 3, 6, e 7 e delle domande di modifica (art 7, § 11);<br />
• le modalità di opposizioni (art. 9), comprese le modalità relative alle idonee<br />
consultazioni tra le parti interessate;<br />
• le condizioni di controllo del rispetto del disciplinare.<br />
1.4 Le deroghe del “pacchetto igiene” in materia di <strong>prodotti</strong> tradizionali<br />
Nei primi anni Novanta, la Comunità europea ha emanato una serie di normative<br />
inerenti l’igiene degli alimenti, con lo scopo principale di assicurare un alto
livello di sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle piante<br />
nell’ambito dell’UE.<br />
A tale iniziativa, hanno fatto seguito le richieste da parte dei Paesi con il maggior<br />
numero di produzioni tradizionali, di derogare ad alcune disposizioni igienico<br />
- sanitarie considerate incompatibili con le metodiche di lavorazione, ritenute indispensabili,<br />
dei <strong>prodotti</strong> tradizionali e legate a metodiche di tipo artigianale.<br />
L’emanazione della nuova normativa comunitaria in materia di igiene degli<br />
alimenti (Pacchetto igiene) che dà attuazione ai principi ed ai requisiti generali in<br />
materia di sicurezza alimentare fissati dal Regolamento CE 178/2002 14 , può essere<br />
in parte considerata una risposta alle esigenze palesate.<br />
Il “Pacchetto igiene” infatti, rivede in modo complessivo l’approccio normativo<br />
alla produzione, lavorazione e commercializzazione degli alimenti e dei mangimi,<br />
introducendo numerose e rilevanti innovazioni.<br />
In particolare, con il Reg. CE 852/2004 15 , in materia di igiene dei <strong>prodotti</strong><br />
alimentari o destinati ad operatori del settore alimentare, e il Reg. CE<br />
853/2004 16 in materia di igiene dei <strong>prodotti</strong> di origine animale, viene previsto anche<br />
il principio della flessibilità.<br />
Sulla base di questo principio, ogni Stato membro, mediante provvedimenti<br />
nazionali, può permettere di continuare a utilizzare metodi tradizionali, adattando<br />
i requisiti igienico sanitari previsti dai due regolamenti. Ciò è consentito a condizione<br />
che non venga compromesso il raggiungimento degli obiettivi di igiene alimentare<br />
dei regolamenti.<br />
Il concetto della flessibilità è relativo all’ampia libertà degli operatori di adattare<br />
le proprie tecniche di lavorazione e le relative strutture al tipo di produzione,<br />
purchè vengano sempre garantiti i requisiti di sicurezza dei <strong>prodotti</strong>.<br />
Infine, con il Regolamento CE 2074/2005 17 della Commissione, si stabiliscono<br />
(art. 7) le deroghe per i <strong>prodotti</strong> alimentari che presentano caratteristiche tradizionali<br />
e le relative modalità di gestione. In particolare, vengono definiti:<br />
• i <strong>prodotti</strong> alimentari che presentano caratteristiche tradizionali;<br />
• le deroghe concesse;<br />
• le modalità di comunicazione delle deroghe alla Commissione ed agli Stati<br />
membri.<br />
I <strong>prodotti</strong> alimentari che presentano caratteristiche tradizionali<br />
I <strong>prodotti</strong> per essere annoverati nella categoria dei <strong>prodotti</strong> alimentari che<br />
presentano caratteristiche tradizionali devono rispondere ad uno dei seguenti requisiti:<br />
• storicamente riconosciuti come <strong>prodotti</strong> tradizionali;<br />
• fabbricati secondo riferimenti tecnici codificati o registrati come processi<br />
tradizionali o secondo metodi di produzione tradizionale;<br />
• protetti come <strong>prodotti</strong> alimentari tradizionali dalla legislazione comunitaria,<br />
nazionale, regionale, ecc.<br />
19
20<br />
Le deroghe concesse<br />
Agli stabilimenti che fabbricano <strong>prodotti</strong> alimentari che presentano caratteristiche<br />
tradizionali, possono essere concesse deroghe individuali o generali in relazione<br />
ai seguenti requisiti:<br />
• caratteristiche dei locali in cui i <strong>prodotti</strong> sono esposti ad un ambiente che<br />
contribuisce parzialmente allo sviluppo delle loro caratteristiche. I locali possono<br />
in particolare comprendere pareti, soffitti e porte non costituiti da materiali lisci,<br />
impermeabili non assorbenti o resistenti alla corrosione e pareti, pavimenti e soffitti<br />
geologici naturali;<br />
• caratteristiche degli strumenti ed attrezzature utilizzati in fase di preparazione,<br />
imballaggio e confezionamento, introducendo la possibilità di utilizzare legno,<br />
tessuti, ecc., ma che comunque devono garantire il mantenimento di uno stato di<br />
igiene soddisfacente;<br />
• tecniche di pulizia e disinfezione dei locali, che devono essere adatte all’attività<br />
tenendo conto della specifica flora ambientale.<br />
Le modalità di comunicazione delle deroghe alla Commissione ed agli altri<br />
Stati membri<br />
Al fine di consentire un’adeguata gestione di tale sistema, gli Stati membri che<br />
concedono le deroghe, sia individuali sia generali, entro dodici mesi dalla concessione<br />
delle stesse devono informarne la Commissione e gli altri Stati membri.<br />
In fase di notifica, lo Stato membro deve:<br />
• descrivere brevemente le disposizioni che sono state adottate;<br />
• precisare i <strong>prodotti</strong> alimentari e gli stabilimenti interessati;<br />
• fornire ogni altra informazione pertinente.<br />
La nuova normativa comunitaria permette dunque un’applicazione meno rigida<br />
delle prescrizioni igieniche che potevano di fatto snaturare le qualità tipiche<br />
degli alimenti.<br />
È compito dei produttori e di conseguenza dei paesi membri dimostrare nella<br />
pratica, mediante le procedure di autocontrollo, di essere effettivamente in grado<br />
di mantenere un adeguato livello igienico delle produzioni e di garantire un<br />
alto livello di sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle<br />
piante.<br />
1.5 La struttura di controllo<br />
I Reg CE 510/2006 e 509/2006 introducono, come evidenziato nei paragrafi<br />
precedenti, nuove regole anche per quanto riguarda la struttura di controllo delle<br />
<strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong>.<br />
In particolare, i due Regolamenti impongono, a decorrere dal 1° maggio 2010,<br />
l’accreditamento degli Organismi di controllo (art 11, comma 3, Reg 510/2006 e<br />
art 15, comma 3, Reg. 509/2006).
1.5.1 Produzioni <strong>DOP</strong> - <strong>IGP</strong><br />
Le autorità pubbliche di controllo designate<br />
Nel corso dell’ultimo anno 18 , la situazione relativa alle autorità pubbliche ha<br />
visto crescere del 43,8% la quota dei <strong>prodotti</strong> controllati, passando dalle 15 produzioni<br />
del luglio 2005, alle attuali 23. A tale situazione è corrisposto anche un<br />
aumento dei soggetti designati che sono passati da 15 unità a 19.<br />
Analizzando i dati relativi alle Autorità pubbliche* designate si può notare come<br />
delle 23 denominazioni controllate il 61% (14 denominazioni) è costituito da<br />
produzioni appartenenti alla categoria dei grassi e oli, il 17% è costituito da quelle<br />
appartenenti alla categoria degli ortofrutticoli e cereali(4), il 13% da 3 <strong>prodotti</strong> appartenenti<br />
alla categoria dei formaggi ed il rimanente 9% da produzioni appartenenti<br />
alla categoria delle spezie (1) e degli oli essenziali (1).<br />
Tabella 1.1 - Autorità pubbliche di controllo designate dal MiPAF alla fine di aprile 2006<br />
Autorità pubblica di controllo Nr. <strong>prodotti</strong> Prodotti DM GURI<br />
controllati controllati<br />
ARSIAM - Agenzia Regionale per lo Sviluppo e<br />
l'Innovazione dell'Agricoltura nel Molise "G. Sedati" 1 Molise (olio) 15-11-05 n. 78 del 29/11/2005<br />
Assam 1 Casciotta di Urbino 01-09-05 n. 212 del 12/09/2005<br />
CCIAA Bari 1 Terra di Bari (olio) 28-07-03 n. 203 del 2/9/03<br />
CCIAA Chieti 1 Colline Teatine (olio) 13-07-00 n. 178 del 1/08/00<br />
CCIAA dell'Aquila 1 Zafferano dell'Aquila 15-02-05 n. 51 del 03/03/05<br />
CCIAA di Lecce 1 Terra d'Otranto (olio) 06-05-04 n. 171 del 23/07/04<br />
CCIAA Firenze 1 Chianti Classico (olio) 16-10-03 n. 273 del 24/11/2003<br />
CCIAA GE-SV-IM-SP 2 • Riviera Ligure (olio) 08-09-05 n. 219 del 20/09/2005<br />
• Basilico genovese 14-02-06 n. 50 del 01/03/2006<br />
CCIAA Latina 1 Kiwi di Latina 10-03-05 n. 76 del 02/04/05<br />
CCIAA Pescara 1 Aprutino Pescarese (olio) 21-07-05 n. 181 del 05/08/2005<br />
CCIAA Roma 1 Sabina (olio) 29-11-05 n. 290 del 14/12/2005<br />
CCIAA Taranto 1 Terre Tarentine (olio) 12-12-05 n. 5 del 07/01/2006<br />
CCIAA Teramo 1 Pretuziano delle Colline Teramane (olio) 15-06-05 n. 153 del 04/07/2005<br />
CCIAA Trapani 2 • Valli Trapanesi (olio) 10-10-05 n. 248 del 24/10/2005<br />
• Cappero di Pantelleria 10-06-03 n. 149 del 30/06/03<br />
CCIAA Trieste 1 Tergeste (olio) 25-07-05 n. 181 del 05/08/2005<br />
CCIAA Viterbo 2 • Canino (olio) 08-10-99 n. 248 del 21/10/99<br />
• Tuscia (olio) 04-11-05 n. 269 del 18/11/2005<br />
Consorzio Ricerca Filiera lattiero-caseario 2 • Pecorino Siciliano 13-06-01 n. 147 del 27/6/01<br />
• Ragusano 13-06-00 n. 144 del 22/6/00<br />
Ente Nazionale Risi 1 Riso Vialone Nano Veronese 08-06-05 n. 142 del 21/06/2005<br />
Stazione Sper. per le Ind. delle Essenze 1 Bergamotto di Reggio Calabria 15-11-05 n. 278 del 29/11/2005<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati MiPAAF.<br />
21
22<br />
Gli organismi privati di controllo autorizzati per le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
La situazione relativa agli Organismi privati nel corso dell’ultimo anno ha visto<br />
crescere la quota dei <strong>prodotti</strong> controllati del 4,0% (5 nuove produzioni per un<br />
totale di 130); di contro, il numero di soggetti riconosciuti è rimasto fermo a 23.<br />
Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006<br />
Organismi di controllo Prodotti Denominazione<br />
controllati<br />
3A Parco Tecnologico agroalimentare dell'Umbria Soc. Cons. a r.l 5 Alto Crotonese (olio)<br />
Lenticchia di Castelluccio di Norcia<br />
Prosciutto di Norcia<br />
Umbria (olio)<br />
Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale<br />
Agroqualità 14 Carciofo romanesco del lazio<br />
Cartoceto (olio)<br />
Clementine di Calabria<br />
Dauno (olio)<br />
Fagiolo di Sarconi<br />
La Bella della Daunia (oliva da tavola)<br />
Lametia (olio)<br />
Lardo di Colonnata<br />
Monte Etna (olio)<br />
Monti Iblei (olio)<br />
Nocellara del Belice (oliva da tavola)<br />
Val di Mazara (olio)<br />
Valle del Belice (olio)<br />
Zafferano di San Gimignano<br />
AIAB 4 Fagiolo di Sorana<br />
Farina di Neccio della Garfagnana<br />
Marrone del Mugello<br />
Pane casareccio di Genzano<br />
AQA 1 Spressa delle Giudicarie (formaggio)<br />
Bioagricoop 5 Canestrato pugliese<br />
Collina di Brindisi (olio)<br />
Farro della Garfagnana<br />
Miele della Lunigiana<br />
Pane di Altamura<br />
CERMET - Certificazione e Ricerca per la Qualità 3 Aceto balsamico tradizionale di Modena<br />
Brisighella (olio)<br />
Colline di Romagna (olio)<br />
Certiprodop 5 Formai de Mut dell'alta Val Brembana<br />
Pecorino Toscano<br />
Quartirolo Lombardo<br />
Ricotta Romana<br />
Taleggio
Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006<br />
Organismi di controllo Prodotti Denominazione<br />
controllati<br />
Certiquality 5 Laghi Lombardi (olio)<br />
Lucca (olio)<br />
Salame d'oca di Mortara<br />
Toscano (olio)<br />
Uva da tavola di Mazzarone<br />
Check Fruit Srl 8 Arancia Rossa di Sicilia<br />
Asparago verde di Altedo<br />
Ficodindia dell'Etna<br />
Marrone di Castel del Rio<br />
Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel<br />
Pera dell'Emilia Romagna<br />
Pesca e Nettarina di Romagna<br />
Scalogno di Romagna<br />
CSQA 24 Asiago<br />
Asparago bianco di Cimadolmo<br />
Bitto<br />
Bresaola della Valtellina<br />
Ciliegia di Marostica<br />
Fagiolo di Lamon dell'Alta Vallata Bellunese<br />
Fontina<br />
Garda (olio)<br />
Gorgonzola<br />
Grana Padano<br />
Marrone di San Zeno<br />
Mela Val di Non<br />
Montasio<br />
Monte Veronese<br />
Mozzarella di Bufala Campana<br />
Pera Mantovana<br />
Provolone Valpadana<br />
Radicchio Rosso di Treviso<br />
Radicchio Variegato di Castelfranco<br />
Soprèssa Vicentina<br />
Uva da tavola di Canicattì<br />
Valle d’Aosta Fromadzo<br />
Valtellina Casera<br />
Veneto Valpolicella, Veneto Euganeo<br />
e Berici, Veneto del Grappa (olio)<br />
Dipartimento Controllo Qualità Parmigiano Reggiano Scarl 1 Parmigiano Reggiano<br />
ECEPA 3 Coppa Piacentina<br />
Pancetta Piacentina<br />
Salame Piacentino<br />
23
24<br />
Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006<br />
Organismi di controllo Prodotti Denominazione<br />
controllati<br />
I.M.C. Istituto mediterraneo di Certificazione S.r.l. 1 Castagna del Monte Amiata<br />
INEQ (Istituto Nord Est Qualità) 12 Cotechino Modena<br />
Mortadella Bologna<br />
Prosciutto di Carpegna<br />
Prosciutto di San Daniele<br />
Prosciutto Toscano<br />
Prosciutto Veneto Berico-euganeo<br />
Salame Brianza<br />
Salamini italiani alla cacciatora<br />
Speck dell'Alto Adige<br />
Valle d’Aosta Jambon de Bosses<br />
Valle d’Aosta Lard d’Arnard<br />
Zampone Modena<br />
INOQ (Istituto Nord Ovest Qualità) Scarl 7 Bra<br />
Castelmagno<br />
Murazzano<br />
Nocciola del Piemonte<br />
Raschera<br />
Robiola di Roccaverano<br />
Toma Piemontese<br />
Ismecert (Istituto mediterraneo di certificazione agroalimentare) 14 Caciocavallo silano<br />
Carciofo di Paestum<br />
Castagna di Montella<br />
Cilento (olio)<br />
Clementine del Golfo di Taranto<br />
Colline Salernitane (olio)<br />
Fico bianco del Cilento<br />
Limone Costa d'Amalfi<br />
Limone di Sorrento<br />
Melannurca Campana<br />
Nocciola di Giffoni<br />
Penisola Sorrentina (olio)<br />
Peperone di Senise<br />
Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese<br />
Nocerino<br />
Istituto Calabria Qualità 5 Bruzio (olio)<br />
Capocollo di Calabria<br />
Pancetta di Calabria<br />
Salsiccia di Calabria<br />
Soppressata di Calabria<br />
Istituto Parma Qualità 4 Culatello di Zibello<br />
Prosciutto di Modena<br />
Prosciutto di Parma<br />
Salame di Varzi
Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006<br />
Organismi di controllo Prodotti Denominazione<br />
controllati<br />
OCPA (Organismo di controllo delle produzioni animali) 4 Agnello di Sardegna<br />
Fiore Sardo<br />
Pecorino Romano<br />
Pecorino Sardo<br />
PAI - Products Authentication Inspectorate Italia s.r.l. 1 Fungo di Borgotaro<br />
pH 1 Terre di Siena<br />
SoCert 1 Pomodoro di Pachino<br />
Suolo e Salute 2 Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia<br />
Valdemone (olio)<br />
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.<br />
Inoltre, risultano ancora<br />
2 denominazioni che, se pur<br />
già riconosciute, ancora non<br />
dispongono di Organismo di<br />
controllo specificatamente<br />
autorizzato.<br />
Analizzando i dati relativi<br />
agli organismi di controllo<br />
privati autorizzati, si può<br />
Tabella 1.3 - Denominazioni in attesa di Organismo<br />
di controllo autorizzato alla fine di aprile 2006<br />
Denominazione Riconoscimento<br />
Coppia Ferrarese <strong>IGP</strong><br />
Oliva ascolana del Piceno <strong>DOP</strong><br />
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.<br />
notare come delle 130 denominazioni controllate, il 32% è costituito da produzioni<br />
appartenenti alla categoria degli ortofrutticoli e cereali (42 denominazioni), il<br />
22,3% è costituito da 29 formaggi, il 21,5% da 28 preparazioni di carni, il 17% da<br />
produzioni appartenenti alla categoria dei grassi e oli (23) e il rimanente 6% dalle<br />
altre denominazioni (8).<br />
1.5.2 Produzioni <strong>STG</strong><br />
Il paniere italiano conta ancora ad oggi quale prodotto <strong>STG</strong> soltanto la Mozzarella.<br />
Per tale prodotto, alla fine dell’aprile 2006, risultano autorizzati 8 Organismi<br />
di controllo privati autorizzati e 1 Autorità pubblica di controllo designata.<br />
La situazione relativa agli Organismi deputati al controllo della mozzarella<br />
<strong>STG</strong> si può considerare stabile: rispetto al 30 aprile 2005, non risultano, infatti, riconosciuti<br />
nuovi Organismi di controllo.<br />
Nel 2004, dai dati forniti da 3 Organismi di controllo, si evidenzia che sono<br />
state certificate 1.153,45 tonnellate, con un incremento del 16,7% rispetto al<br />
2003.<br />
Dei rimanenti 6 Organismi di controllo, 2 non hanno fornito alcun tipo di dato,<br />
25
26<br />
Tabella 1.4 - Mozzarella <strong>STG</strong>: Organismi di controllo autorizzati alla fine di aprile 2006<br />
Organismi di controllo Decreto di autorizzazione GURI di pubblicazione Tipologia di Organismo<br />
SGS ICS 27-07-2001 n. 214 del 14/9/01 Privato<br />
Certiquality 27-07-2001 n. 214 del 14/9/01 Privato<br />
Agroqualità 27-07-2001 n. 214 del 14/9/01 Privato<br />
CSQA 27-07-2001 n. 214 del 14/9/01 Privato<br />
Socert Società di certificazione 9-01-2002 n. 17 del 21/1/02 Privato<br />
INOQ 28-02-2002 n. 75 del 29/3/02 Privato<br />
Ismecert 28-02-2002 n. 75 del 29/3/02 Privato<br />
A.Q.A. 23-10-2002 n. 263 del 09/11/2002 Privato<br />
ASSAM 23-10-2002 n. 263 del 09/11/2002 Autorità Pubblica<br />
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.<br />
1.6 I Consorzi di tutela<br />
mentre 4 dichiarano che per l’anno in questione nessuna azienda è stata immessa<br />
nel sistema di controllo.<br />
Alla fine di aprile 2006, risultano riconosciuti 55 Consorzi di tutela (+17,0%<br />
rispetto alla fine di aprile 2005) su un totale di 155 <strong>prodotti</strong> a marchio comunitario.<br />
Ai 55 Consorzi di tutela riconosciuti se ne aggiungono 57 attualmente in corso<br />
di riconoscimento.<br />
L’analisi per comparto,<br />
evidenzia che quello dei formaggi<br />
è il comparto con il<br />
maggior numero di Consorzi<br />
di tutela riconosciuti (21<br />
Consorzi di Tutela su 31 denominazioni<br />
riconosciute,<br />
pari al 68%), seguito da<br />
quello dei <strong>prodotti</strong> a base di<br />
carne (36%) e degli oli extravergini<br />
di oliva (35%).<br />
Diversa la situazione per<br />
il comparto degli ortofrutticoli<br />
e cereali: su un totale di<br />
Tabella 1.5 - Numero di Consorzi di Tutela riconosciuti<br />
alla fine di aprile 2006<br />
Formaggi 21<br />
Grassi (oli) 13<br />
Preparazioni di carni 10<br />
Ortofrutticoli e cereali non trasformati 8<br />
Carni fresche 2<br />
Altri <strong>prodotti</strong> 1<br />
Aceti diversi dagli aceti di vino 0<br />
Oli essenziali 0<br />
Caffè tè e spezie escluso il matè 0<br />
Totale 55<br />
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.<br />
47 denominazioni, soltanto 8 Consorzi risultano ad oggi riconosciuti (17%). A tale<br />
comparto segue quello delle carni fresche, con entrambi i Consorzi di tutela<br />
delle 2 carni a marchio europeo riconosciuti, e dei <strong>prodotti</strong> della panetteria, pasticceria,<br />
confetteria e biscotteria (1).
I restanti comparti non<br />
presentano alcun Consorzio<br />
di Tutela riconosciuto.<br />
Per quanto concerne i<br />
Consorzi di tutela in attesa<br />
del decreto di riconoscimento<br />
del MiPAAF, la graduatoria<br />
è quello degli oli extravergini<br />
di oliva il comparto<br />
più rappresentato con 18<br />
Consorzi. A questo seguono<br />
quello degli ortofrutticoli e<br />
cereali (17), dei <strong>prodotti</strong> a<br />
base di carne (9), dei formaggi<br />
e degli aceti diversi<br />
Tabella 1.6 - Numero di Consorzi di Tutela in corso<br />
di riconoscimento alla fine di aprile 2006<br />
Grassi (oli) 18<br />
Ortofrutticoli e cereali non trasformati 17<br />
Preparazioni di carni 9<br />
Formaggi 4<br />
Aceti diversi dagli aceti di vino 3<br />
Carni fresche 2<br />
Altri <strong>prodotti</strong> 2<br />
Oli essenziali 1<br />
Caffè tè e spezie escluso il matè 1<br />
Totale 57<br />
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.<br />
dagli aceti di vino con rispettivamente 4 e 3 Consorzi in istruttoria.<br />
Per i restanti comparti, sono complessivamente 6 i Consorzi in attesa di riconoscimento.<br />
1) D’ora in avanti <strong>DOP</strong>.<br />
2) D’ora in avanti <strong>IGP</strong>.<br />
3) D’ora in avanti <strong>STG</strong>.<br />
4) Reg (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006 “relativo alla protezione delle indicazioni<br />
geografiche e delle denominazioni d’origine dei <strong>prodotti</strong> agricoli e alimentari”, pubblicato<br />
sulla GUCE L 93 del 31.03.2006.<br />
5) Reg (CE) n. 509/2006 del 20 marzo 2006 “relativo alle specialità tradizionali garantite<br />
dei <strong>prodotti</strong> agricoli e alimentari”, pubblicato sulla GUCE L 93 del 31.03.2006.<br />
6) Nell’ambito dell’Organo di Appello del WTO, il Panel è il collegio giudicante composto<br />
da tre esperti indipendenti, che viene nominato dall’Organo per la risoluzione delle<br />
dispute al fine di esaminare la controversia ed emettere un “verdetto”. Nel testo si fa riferimento<br />
al Panel che si è pronunciato sulle denunce mosse da USA e Australia all’UE<br />
sulla validità del sistema europeo per le indicazioni geografiche.<br />
7) In ultimo il Reg Ce n°692/2003 del Consiglio dell’8 aprile 2003, “relativo alla protezione<br />
delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei <strong>prodotti</strong> agricolil<br />
ed alimentari”, pubblicato sulla GUCE L 99 del 17/04/2003.<br />
8) Le condizioni in base alle quali una persona fisica o giuridica può essere equiparata<br />
ad un’associazione, saranno definite dalla Commissione, ai sensi dell’art.16 del Reg CE<br />
510/2006, nelle modalità di applicazione del Regolamento stesso.<br />
9) Cfr art 13, § 4 Reg Ce 692/2003.<br />
27
28<br />
10) Per maggiori approfondimenti su questa tematica si rimanda all’Allegato al presente<br />
volume.<br />
11) “…una modifica minore non può riguardare né le caratteristiche essenziali del prodotto<br />
né alterare il legame” (art 16, lettera h).<br />
12) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai<br />
controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi<br />
e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.<br />
13) La richiesta di modifica al Disciplinare deve comprendere almento i seguenti elementi:<br />
il nome e l’indirizzo dell’associazione richiedente, il disciplinare e il nome e l’indirizzo<br />
delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del<br />
disciplinare, e i relativi compiti specifici.<br />
14) Regolamento (Ce) 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 28 gennaio<br />
2002, “che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare,<br />
istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa le procedure nel campo<br />
della sicurezza alimentare”, pubblicato su GUCE n. L31 del 01 febbraio 2002.<br />
15) Regolamento (Ce) 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 aprile<br />
2004, “sull’igiene dei <strong>prodotti</strong> alimentari”, pubblicato su GUCE n. L 139/1 del 30 aprile<br />
2004.<br />
16) Regolamento (Ce) 853/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 aprile<br />
2004, “che stabilisce norme specifiche in materia di igiene dei <strong>prodotti</strong> di origine animale”,<br />
pubblicato su GUCE n. L 139/1 del 30 aprile 2004.<br />
17) Regolamento (Ce) 2074/2005 della Commissione, del 5 dicembre 2005, “recante le<br />
modalità di attuazione relative a taluni <strong>prodotti</strong> di cui al regolamento (CE) n. 853/2004<br />
del Parlamento europeo e del Consiglio e all’organizzazione di controlli ufficiali a norma<br />
dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 854/2004 e (CE)<br />
882/2004, deroga al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio<br />
e modifica dei regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004”, pubblicato su<br />
GUCE n. L 338/27 del 22 dicembre 2005.<br />
18) Dati aggiornati alla fine di aprile 2006 di fonte Ministero delle Politiche Agricole,<br />
Alimentari e Forestali.<br />
*) Per un dettaglio relativo agli estremi dei decreti che attribuiscono il riconoscimento<br />
agli organismi di controllo, si veda l’appendice statistica (tabelle 1/A - 1/B)
2. I <strong>prodotti</strong> di qualità registrati 19<br />
2.1 Le denominazioni registrate in ambito comunitario<br />
n poco meno di un anno20 , al paniere europeo dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari di<br />
qualità si sono aggiunte 16 nuove denominazioni (+2,3%), per un totale di<br />
709 <strong>prodotti</strong> riconosciuti.<br />
Il 58,3% delle denominazioni registrate è rappresentato da <strong>DOP</strong> (413) e il restante<br />
41,7% da 296 <strong>IGP</strong>.<br />
Figura 2.1 - Denominazioni registrate in ambito europeo ad aprile 2006 e confronto con i dati<br />
aggiornati alla fine di luglio 2005<br />
160<br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
Austria<br />
Belgio<br />
I<br />
Danimarca<br />
Finlandia<br />
Francia<br />
Germania<br />
Grecia<br />
Fonte: Elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
Irlanda<br />
Italia<br />
Lussemburgo<br />
Olanda<br />
Portogallo<br />
Regno Unito<br />
Repubblica<br />
Ceca<br />
Spagna<br />
Ancora una volta l’Italia si conferma leader in Europa per numero di denominazioni<br />
protette: nel corso degli ultimi mesi, ai 149 <strong>prodotti</strong> già registrati, si sono<br />
aggiunti 6 nuovi riconoscimenti, per un totale di 155 denominazioni, che rappresentano<br />
il 21,9% del paniere comunitario tutelato.<br />
Seguono la Francia, che vanta 5 nuovi riconoscimenti per un totale di 147 denominazioni<br />
(20,7%) e la Spagna, che con 5 nuovi <strong>prodotti</strong> è giunta quota 96 denominazioni<br />
(13,5%) e supera il Portogallo fermo a 93.<br />
È da rilevare negli ultimi anni la performance registrata dalla Spagna che è<br />
stata la nazione con il maggior incremento di riconoscimenti e che è riuscita a<br />
guadagnare la terza posizione in graduatoria scavalcando il Portogallo.<br />
Svezia<br />
Dop/Igp riconosciute<br />
aprile 2006<br />
Dop/Igp riconosciute<br />
luglio 2005<br />
29
30<br />
Figura 2.2 - Ripartizione del numero di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> europee riconosciute ad aprile 2006 (In %)<br />
Altri<br />
Germania<br />
Grecia<br />
Portogallo<br />
Spagna<br />
Francia<br />
Italia<br />
0 5<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
9,4%<br />
9,4%<br />
11,8%<br />
13,1%<br />
13,5%<br />
20,7%<br />
21,9%<br />
10 15 20 25<br />
%<br />
I restanti Paesi UE non annoverano, al contrario, nuovi riconoscimenti e complessivamente<br />
vantano 218 riconoscimenti (30,7%).<br />
Il 23,1% delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è rappresentato dal comparto degli ortofrutticoli e<br />
cereali (164 riconoscimenti), subito seguito da quello dei formaggi, con 155 denominazioni<br />
(21,9%). Appena dopo, le carni fresche (14,1%), gli oli e i grassi<br />
(13,3%) e i <strong>prodotti</strong> a base di carne (10,9%).<br />
A distanza seguono le acque minerali (31 riconoscimenti), gli altri <strong>prodotti</strong> di<br />
origine animale (23), le birre e i <strong>prodotti</strong> della panetteria, pasticceria, confetteria e<br />
biscotteria, rispettivamente 18 e 17 riconoscimenti.<br />
Figura 2.3 - Ripartizione percentuale delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> europee per comparto<br />
merceologico (aggiornamento ad aprile 2006)<br />
Preparazione<br />
di carni<br />
10,9%<br />
Grassi<br />
(burro, margarina,<br />
oli, ecc.)<br />
13,3%<br />
Altri<br />
16,8%<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
Carni fresche<br />
14,1%<br />
Ortofrutticoli<br />
e cereali 23,1%<br />
Formaggi<br />
21,9%
Gli altri comparti rappresentano complessivamente il 4,2% del totale.<br />
Nel comparto degli ortofrutticoli e cereali, l’Italia, con 47 riconoscimenti (+5<br />
rispetto alla precedente indagine), conferma la sua posizione di leader, seguita<br />
dalla Grecia e dalla Spagna, rispettivamente con 32 e 29 denominazioni.<br />
Nel comparto dei formaggi, continua a dominare la Francia con 43 riconoscimenti,<br />
mentre l’Italia è a quota 31.<br />
La Francia, con 49 denominazioni afferma la propria leadership nel settore<br />
delle carni fresche, mentre nel comparto degli oli di oliva le protagoniste sono l’I-<br />
talia e la Grecia con, rispettivamente, 37 e 25 <strong>prodotti</strong> riconosciuti.<br />
Per quanto riguarda le preparazioni a base di carne, ancora una volta è l’Italia<br />
che detiene il primato (28), seguita dal Portogallo (21).<br />
Per quanto concerne gli altri comparti, la Germania fa la parte del leone nel<br />
comparto delle acque minerali (100% dei riconoscimenti) e delle birre (12 ricono-<br />
scimenti), mentre la Spagna, con 6 riconoscimenti, primeggia nel comparto della<br />
panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria.<br />
A conclusione dell’analisi, si evidenzia, ancora una volta, il ruolo di capofila<br />
dei Paesi del Sud Europa e dell’area mediterranea nella classifica delle denominazioni<br />
registrate: Italia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna contano complessivamente<br />
575 denominazioni, pari all’81,1% del totale. Per quanto riguarda il Centro<br />
– Nord Europa, al contrario, solo la Germania con 67 denominazioni, presenta un<br />
paniere consistente, anche se ben il 46% di esso è riconducibile alle acque minerali.<br />
Alle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, si aggiungono le Specialità tradizionali garantite, ferme a<br />
quota 15. Di queste, il 40% è rappresentato da birre e il 20% da <strong>prodotti</strong> della panetteria,<br />
pasticceria, confetteria e biscotteria.<br />
Capofila nella graduatoria della <strong>STG</strong> è il Belgio con 5 birre, seguito dalla Finlandia<br />
e dalla Spagna, rispettivamente con 3 riconoscimenti.<br />
2.2 I <strong>prodotti</strong> italiani registrati<br />
Alla fine di aprile 2006 il paniere tutelato italiano conta complessivamente<br />
155 riconoscimenti, rappresentati da 105 <strong>DOP</strong> (67,7%) e 50 <strong>IGP</strong> (32,3%). Rispetto<br />
alla precedente indagine, si rileva la registrazione di 6 nuove denominazioni riconducibili<br />
a 5 ortofrutticoli e 1 olio extravergine di oliva.<br />
Con questi numeri, l’Italia afferma nuovamente il suo primato nel panorama<br />
agroalimentare europeo per la qualità e la notorietà delle sue produzioni.<br />
Risulta interessante, tuttavia, rilevare il diverso andamento del numero di riconoscimenti<br />
ottenuti negli anni che vanno dal 1996 al 2006.<br />
La figura 2.4 evidenzia che i riconoscimenti italiani sono più che raddoppiati<br />
dal 1996 ad oggi e che nel 1997, 1998 e nel 2003 si sono registrati i maggiori incrementi<br />
da un anno all’altro.<br />
31
32<br />
Figura 2.4 - Evoluzione del numero di riconoscimenti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Italia<br />
160<br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
n° <strong>DOP</strong> <strong>IGP</strong> per anno<br />
n° <strong>DOP</strong> <strong>IGP</strong> totali<br />
Il 30,3% del paniere nazionale è rappresentato dalla categoria degli ortofrutticoli<br />
(47 riconoscimenti), seguita dagli oli di oliva (37), dai formaggi (31) e dai<br />
<strong>prodotti</strong> a base di carne (28).<br />
A questi si aggiungono 3 <strong>prodotti</strong> della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria,<br />
2 aceti balsamici, 2 zafferani, 2 carni fresche, un miele, la ricotta romana<br />
e l’essenza di bergamotto.<br />
La seguente tabella riepiloga, per comparto merceologico, le 155 denominazioni<br />
registrate. Il dettaglio è riportato nelle tabelle da 2-b a 2-f in allegato.<br />
Tabella 2.1 - I <strong>prodotti</strong> italiani <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> riconosciuti alla fine di aprile 2006<br />
(n° riconoscimenti)<br />
Comparti n° riconoscimenti di cui <strong>DOP</strong> di cui <strong>IGP</strong><br />
Formaggi 31 31 -<br />
Grassi (oli) 37 36 1<br />
Ortofrutticoli e cereali non trasformati 47 10 37<br />
Preparazioni di carni 28 20 8<br />
Aceti diversi dagli aceti di vino 2 2 -<br />
Altri <strong>prodotti</strong> di origine animale 2 2 -<br />
Caffè tè e spezie escluso il matè 2 2 -<br />
Carni fresche 2 - 2<br />
Oli essenziali 1 1 -<br />
Prodotti panetteria 3 1 2<br />
Totale 155 105 50<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
2.3 L’analisi territoriale 21 delle denominazioni italiane registrate<br />
I nuovi riconoscimenti hanno determinato una redistribuzione territoriale delle<br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
Coma mostra la figura 2.5, il 34,3% delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è concentrato nel Nord<br />
Italia e il 33,8% nel Centro.<br />
Il restante 31,9% delle denominazioni si ripartisce tra il Sud e le Isole che rappresentano<br />
rispettivamente il 22,9% e il 9% del totale.<br />
Rispetto alla precedente rilevazione, cresce in modo particolare il peso del<br />
Centro ed in misura minore del Sud, a discapito soprattutto del Nord, mentre le<br />
Isole rimangono pressoché stazionarie.<br />
Figura 2.6 - Le prime 10 Regioni per <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> riconosciute<br />
(aggiornamento ad aprile 2006, in n° di denominazioni)<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
11<br />
Emilia<br />
Romagna<br />
Figura 2.5 - Ripartizione territoriale <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Italia<br />
(aggiornamento ad aprile 2006)<br />
Veneto<br />
Lombardia<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
9<br />
6<br />
14<br />
12<br />
14<br />
Sud<br />
22,9%<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
9<br />
Toscana<br />
Isole<br />
9,0%<br />
5<br />
Sicilia<br />
7<br />
Campania<br />
5 2<br />
10 10<br />
7 8<br />
10<br />
Lazio<br />
Nord<br />
34,3%<br />
Centro<br />
33,8%<br />
Piemonte<br />
Calabria<br />
<strong>DOP</strong><br />
<strong>IGP</strong><br />
1 1<br />
9 9<br />
Puglia<br />
33
34<br />
Per quanto riguarda la localizzazione territoriale degli areali di produzione<br />
l’Emilia-Romagna, con 25 denominazioni registrate, si conferma nuovamente la<br />
prima regione italiana per produzioni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>. Seguono nella classifica, senza<br />
evidenziare variazioni rispetto all’anno precedente, il Veneto fermo a 21 riconoscimenti,<br />
la Lombardia e la Toscana, rispettivamente a quota 20 e 19.<br />
Fanalino di coda ancora una volta la Liguria che grazie al riconoscimento<br />
<strong>DOP</strong> del “Basilico genovese” conta 2 denominazioni.<br />
Rispetto alla precedente indagine contano 1 nuova denominazione ciascuna, il<br />
Lazio (13), il Trentino Alto-Adige (9), le Marche (8) e l’Abruzzo (7).<br />
Figura 2.7 - La mappa dei <strong>prodotti</strong> italiani <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
(aggiornamento ad aprile 2006, in n° di denominazioni)<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
Passando ad analizzare la composizione del paniere <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> delle prime tre<br />
Regioni in testa alla graduatoria, si rileva che l’Emilia Romagna, oltre che contare<br />
il paniere più numeroso, presenta anche il maggior assortimento di <strong>prodotti</strong> tipici<br />
di qualità.<br />
Nel dettaglio, il 40% delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> emiliano-romagnole è rappresentato da<br />
<strong>prodotti</strong> a base di carne (10) e il 24% da <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli (6). Il restante<br />
36,0% è rappresentato da 3 formaggi, 2 oli, 2 aceti balsamici, 1 carne fresca e 1<br />
prodotto della panetteria.
Figura 2.8 - La ripartizione per comparto merceologico delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> delle prime tre regioni<br />
italiane (aggiornamento ad aprile 2006)<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
16,7%<br />
50,0%<br />
33,3% 33,3%<br />
Formaggi<br />
Grassi (oli)<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
33,3% 42,9% 41,7%<br />
33,3%<br />
7,1%<br />
50,0%<br />
Ortofrutticoli<br />
e cereali non<br />
trasformati<br />
33,3%<br />
25,0%<br />
Preparazioni<br />
di carni<br />
100,0% 100,0% 100,0%<br />
Aceti diversi<br />
dagli<br />
aceti di vino<br />
Il Veneto, con 12 <strong>DOP</strong> e 9 <strong>IGP</strong>, primeggia, con 7 riconoscimenti nel comparto dell’ortofrutta,<br />
seguito da quello dei formaggi e delle preparazioni a base di carne (ciascuno<br />
6 denominazioni registrate). A questi si aggiungono 2 oli extravergini di oliva.<br />
Le 20 denominazioni registrate della Lombardia, sono rappresentate da 9 formaggi<br />
e 8 <strong>prodotti</strong> a base di carne. A questi si aggiungono 2 oli extravergini di oliva<br />
e la Pera mantovana.<br />
A livello provinciale, l’analisi della ripartizione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> evidenzia il<br />
dominio dei “distretti” di Bologna e Bergamo, con 13 denominazioni ciascuno,<br />
Figura 2.9 - La ripartizione provinciale delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
(aggiornamento ad aprile 2006, numero di Dop e Igp)<br />
LC-RM-RC-KR-CS-<br />
AL-NO-MS-PI-TN-VE<br />
GR-FI-VA-VT-CZ-LU<br />
MO-PR-RE-VI-FE<br />
SA-FC-PC-CO-CR-<br />
MN-MI-CN-SI-PD-TV<br />
RA-PV-VR<br />
BS<br />
BO-BG<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
Carni fresche<br />
Prodotti<br />
panetteria<br />
Emilia<br />
Romagna<br />
Lombardia<br />
Veneto<br />
0 3 6 9 12<br />
15<br />
7<br />
8<br />
9<br />
10<br />
11<br />
12<br />
13<br />
35
36<br />
seguiti da Brescia con 12 riconoscimenti e Ravenna, Pavia e Verona con 11 riconoscimenti.<br />
Aqueste ne seguono altre undici (Como, Cremona, Cuneo, Forli-Cesenza,<br />
Mantova, Milano, Padova, Piacenza, Salerno, Siena, e Treviso) a quota 10. La<br />
graduatoria prosegue con altre 5 province a quota 9 (Ferrara, Modena, Prato, Reggio<br />
Emilia e Vicenza).<br />
Solo due province (Barletta-Andria-Trani e Lecce) contano 1 solo prodotto registrato.<br />
2.4 Le denominazioni italiane in attesa di registrazione<br />
Accanto agli attuali 155 riconoscimenti, l’Italia presenta ad aprile 2006 ben<br />
276 produzioni in attesa del riconoscimento comunitario, con un aumento, rispetto<br />
al luglio 2005, di 4 richieste.<br />
In particolare, delle 276 produzioni, 52 sono all’esame presso gli Uffici della<br />
Commissione UE. I restanti 224, invece, sono in fase di istruttoria nazionale presso<br />
il MIPAAF.<br />
Tabella 2.2 - I <strong>prodotti</strong> italiani in attesa di riconoscimento<br />
(aggiornamento a maggio 2006, n° <strong>prodotti</strong>)<br />
Comparto Nazionale Comunitario Totale<br />
Aceti diversi dagli aceti di vino - 1 1<br />
Carni fresche 15 2 17<br />
Formaggi 30 7 37<br />
Grassi (olio) 17 9 26<br />
Ortofrutticoli e cereali 89 27 116<br />
Prodotti a base di carne 27 4 31<br />
Prodotti della panetteria 26 1 27<br />
Altri <strong>prodotti</strong> di origine animale 4 - 4<br />
Caffè tè e spezie escluso il matè 1 1 2<br />
Oli essenziali 1 - 1<br />
Fiori e piante ornamentali 5 - 5<br />
Prodotti ittici 7 - 7<br />
Paste alimentari 2 - 2<br />
Totale 224 52 276<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.<br />
I dati riportati in tabella, confermano il ruolo di capofila del comparto degli<br />
ortofrutticoli e cereali nella graduatoria dei <strong>prodotti</strong> in attesa di riconoscimento.<br />
Tale comparto conta infatti 116 domande di riconoscimento, di cui ben 27 già all’esame<br />
di Bruxelles.
Agli ortofrutticoli, seguono i formaggi, fermi a 37 richieste, e i <strong>prodotti</strong> a base<br />
di carne con 31 domande, di cui 4 presso la Commissione Europea.<br />
Seguono ancora nella graduatoria, i <strong>prodotti</strong> della panetteria, pasticceria, confetteria<br />
e biscotteria con 27 richieste di riconoscimento, di cui una sola in fase di<br />
istruttoria comunitaria, e gli oli extravergini di oliva, con 26 richieste, di cui 9<br />
presso Bruxelles.<br />
A distanza, segue il comparto delle carni fresche, con 17 richieste, 4 in più rispetto<br />
al luglio 2005.<br />
Inoltre, risultano già all’esame di Bruxelles le domande di riconoscimento di 1<br />
aceto e di una spezia.<br />
Sono, infine, in fase di istruttoria nazionale, 7 <strong>prodotti</strong> ittici, 5 fiori e piante<br />
ornamentali, 4 <strong>prodotti</strong> di origine animale, 2 paste alimentari e 1 olio essenziale.<br />
2.5 Le Specialità Tradizionali Garantite<br />
Il nuovo Regolamento comunitario, definendo con maggior chiarezza l’espressione<br />
“Specialità Tradizionale Garantita”, intende rendere più esplicito l’oggetto<br />
di tale riconoscimento agli occhi dei produttori e dei consumatori.<br />
Attualmente, come già rilevato, in Italia la Mozzarella è ancora l’unica Specialità<br />
Tradizionale Garantita protetta in sede comunitaria ai sensi del Reg. CE<br />
509/2006.<br />
Tuttavia, attualmente risultano 3 <strong>prodotti</strong> in attesa di riconoscimento <strong>STG</strong>. Di<br />
questi, 2 (1 appartenente alla categoria dei “Prodotti della panetteria” ed 1 a quella<br />
della “Cioccolata e altre preparazioni alimentari contenente cacao”) sono già all’esame<br />
della Commissione europea, mentre il terzo prodotto, appartenente alla<br />
categoria dei “Condimenti” risulta ancora in fase di istruttoria nazionale.<br />
Rispetto alla precedente indagine, i <strong>prodotti</strong> in attesa del riconoscimento <strong>STG</strong><br />
sono passati dai 5 ai 3 attuali. Nel dettaglio, si è passati dai 3 <strong>prodotti</strong> in attesa di<br />
riconoscimento a livello comunitario agli attuali 2 e dai 2 a livello nazionale all’attuale<br />
1.<br />
I <strong>prodotti</strong> esclusi dall’iter di riconoscimento appartengono al comparto delle<br />
“Carni fresche” e delle “Paste alimentari”.<br />
19) Dati aggiornati alla fine di aprile 2006 di fonte Commissione Europea.<br />
20) Da luglio 2006 ad aprile 2006.<br />
21) Ai fini dell’analisi, per territorio geografico si è inteso l’areale nel quale è possibile<br />
ottenere/elaborare il prodotto finito certificato secondo quanto previsto dal disciplinare<br />
di produzione<br />
37
38<br />
3. La dimensione territoriale ed economica dei <strong>prodotti</strong><br />
registrati 22<br />
3.1 Introduzione<br />
N<br />
el 2004, il settore primario (agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca) ha<br />
espresso un Valore Aggiunto (d’ora in avanti VA) ai prezzi base pari<br />
all’3,8% del PIL (1.351 miliardi di euro).<br />
Negli ultimi anni, l’incidenza del settore agricolo sul totale dell’economia si è avvicinata<br />
a quella degli altri paesi dell’Europa centro-settentrionale, anche se permane una<br />
forte differenziazione territoriale tra le regioni del Centro – Nord e quelle del Sud.<br />
In questo contesto le produzioni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, oltre a rappresentare la punta di<br />
diamante dal punto di vista qualitativo nel panorama agroalimentare europeo,<br />
hanno un discreto ruolo anche nell’economia del nostro Paese.<br />
Figura 3.1 - Confronto tra il fatturato dell’industria alimentare e dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Italia<br />
dal 2002 al 2004 (dati in milioni di euro)<br />
120.000<br />
100.000<br />
80.000<br />
60.000<br />
40.000<br />
99.540<br />
103.037 101.660<br />
20.000<br />
3,8%<br />
4,1% 4,4%<br />
3.807<br />
4.227<br />
4.453<br />
0 0<br />
2002 2003 2004<br />
Fatturato industria alimentare Fatturato alla produzione <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
Incidenza <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> su ind alimentare<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT.<br />
Infatti il valore alla produzione dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, stimato nel 2004 in<br />
4,4 miliardi di euro, rappresenta il 4,4% del valore ai prezzi correnti generato dall’industria<br />
alimentare. Tuttavia, il livello raggiunto attualmente risulta sottodimensionato<br />
rispetto alle reali potenzialità del settore, che sono notevoli soprattutto<br />
nei comparti dei grassi e degli oli di oliva e dell’ortofrutta e cereali.<br />
15<br />
10<br />
5<br />
%
I segnali che giungono dal mercato inoltre, sembrano evidenziare comunque<br />
favorevoli prospettive di crescita: nonostante la crisi dei consumi, l’apprezzamento<br />
e l’attenzione verso i <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> resta alto.<br />
Inoltre, il valore di tali produzioni si apprezza maggiormente se, dal livello<br />
nazionale si passa ad analizzare il ruolo svolto a livello locale: in alcuni contesti,<br />
infatti, la spinta economica impressa dai <strong>prodotti</strong> tutelati al sistema<br />
agroalimentare è maggiore di quanto evidenziato per l’ambito produttivo nazionale.<br />
Infine, non bisogna sottovalutare il ruolo svolto dalle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sui mercati<br />
esteri: tali <strong>prodotti</strong>, infatti, sono gli ambasciatori del mix di qualità, cultura, valori<br />
e “saper fare” che da sempre contraddistingue il made in Italy sul mercato mondiale.<br />
Ai fini della completezza, nei due paragrafi successivi l’analisi si sofferma ad<br />
evidenziare l’impatto produttivo ed economico delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sull’intera produzione<br />
agroalimentare e il valore della produzione lorda vendibile (d’ora in avanti<br />
PLV) del latte e della carne suina impiegati nella produzione dei formaggi <strong>DOP</strong> e<br />
dei <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
L’analisi, articolata per comparto, dei quantitativi certificati e dei fatturati delle<br />
145 produzioni che nel 2004 23 possedevano la protezione comunitaria è riportata<br />
invece nei paragrafi 3.3 - 3.9.<br />
3.2 L’impatto produttivo ed economico delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
Obiettivo di tale paragrafo è quello di valutare l’impatto produttivo ed economico<br />
dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sul settore agroalimentare nel 2004.<br />
In particolare, oggetto dell’analisi è il confronto tra la produzione e il relativo<br />
fatturato delle aziende operanti nella filiera di qualità rispetto alla produzione e al<br />
fatturato complessivo.<br />
Nel 2004, la produzione certificata delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> che erano state effettivamente<br />
immesse sul mercato ha oltrepassato le 741.000 tonnellate, con un’incremento<br />
del 26% rispetto all’anno precedente e un fatturato franco azienda pari a<br />
4,4 miliardi di euro.<br />
Tale produzione è stata ottenuta da oltre 6.000 operatori appartenenti alle diverse<br />
fasi della filiera.<br />
Al contrario degli anni precedenti, per i quali si osservava una crescita costante<br />
della produzione certificata che era sostanzialmente attribuibile all’aumento<br />
produttivo di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> storiche e già da tempo presenti sul mercato, la variazione<br />
registrata nel 2004 è riferibile al notevole incremento registrato dal comparto<br />
ortofrutticolo.<br />
La produzione certificata relativa a quest’ultimo comparto passa infatti dalle<br />
12.146 tonnellate del 2003 alle attuali 134.430 tonnellate; i quantitativi del 2003<br />
39
40<br />
Figura 3.2 - La produzione certificata dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Italia dal 2001 al 2004<br />
(dati in migliaia di tonnellate)<br />
800<br />
700<br />
600<br />
500<br />
400<br />
300<br />
200<br />
100<br />
0<br />
499,5<br />
539,1<br />
2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT.<br />
588,1<br />
741,4<br />
evidenziavano inoltre una contrazione produttiva del 17,5% rispetto all’anno precedente.<br />
L’incremento registrato è riconducibile alla commercializzazione di notevoli<br />
quantitativi di una relativamente nuova denominazione registrata (Mela Val di<br />
Non <strong>DOP</strong>) e alla crescita di alcune produzioni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> già presenti (Nocciola<br />
del Piemonte e Pomodoro San Marzano dell’Agro – Sarnese Nocerino).<br />
Figura 3.3 - Confronto tra il comparto a marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e i corrispondenti<br />
comparti del settore agrolimentare nel 2004 (dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
1,0%<br />
2,4%<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT.<br />
17,5%<br />
Aziende Quantità Fattturato alla<br />
produzione<br />
Corrispondenti comparti settore agroalim. Comparto <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0
Nello stesso anno, la produzione nazionale complessiva, di qualità e non, relativa<br />
ai soli comparti in cui ricadono le Dop e le Igp, si è attestata sui 31 milioni di<br />
tonnellate, per un controvalore superiore ai 25 miliardi di euro 24 .<br />
Tale produzione è stata ottenuta da 615.492 operatori. Per misurare l’incidenza<br />
delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> rispetto a tali valori, occorreva però effettuare un confronto<br />
omogeneo. Rapportando quindi la sola produzione <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> relativa ai comparti<br />
dei formaggi, dei <strong>prodotti</strong> a base di carne e dell’ortofrutta (circa 736 mila tonnellate)<br />
ai valori sopra riportati si ha un’idea del peso complessivo delle <strong>DOP</strong> e<br />
<strong>IGP</strong> sui corrispondenti comparti.<br />
In questo caso le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> rappresentano il 2,4% della produzione nazionale,<br />
mentre il fatturato delle stesse incide per il 17,5% sul totale nazionale, percentuale<br />
quindi ben più elevata di quella vista poco sopra nel raffronto con il valore<br />
totale dell’industria alimentare nel complesso. Tali risultati sono principalmente<br />
attribuibili ai comparti dei formaggi e dei <strong>prodotti</strong> a base di carne.<br />
Scendendo nel dettaglio dei singoli comparti, i 1.434 caseifici coinvolti nella<br />
produzione dei 31 formaggi <strong>DOP</strong>, hanno certificato 415.709 tonnellate, pari al<br />
38,2% della produzione complessiva.<br />
Figura 3.4 - Incidenza della produzione di formaggi <strong>DOP</strong> sulla produzione di formaggi<br />
complessiva in Italia nel 2004 (dati in %)<br />
Altri formaggi<br />
62%<br />
Fonte: elaborazione su dati Ismea e Organismi di controllo.<br />
Formaggi <strong>DOP</strong><br />
38%<br />
Il fatturato alla produzione registrato dai formaggi a denominazione d’origine<br />
supera inoltre i 2,7 miliardi di euro e rappresenta ben il 38,7% del fatturato dell’intero<br />
comparto (pari a 7 miliardi di euro).<br />
È per tale settore che si rileva la maggior incidenza dei quantitativi certificati e<br />
dei relativi fatturati sui valori complessivi.<br />
Per quanto riguarda il comparto dei <strong>prodotti</strong> a base di carne, in esso operano<br />
671 aziende che concorrono alla produzione di 27 <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e che pesano sul totale<br />
per il 16% circa.<br />
Nel 2004, tali aziende hanno certificato 180.847 tonnellate, con un’incidenza<br />
sulla produzione complessiva del 15,7%.<br />
Il relativo valore alla produzione si è attestato su 1,5 miliardi di euro, a<br />
fronte di 7,1 miliardi di euro registrati dall’intero settore, con un peso sul totale<br />
del 21,6%.<br />
41
42<br />
3.3 Aspetti generali<br />
Figura 3.5 - Incidenza della produzione di <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
sulla produzione complessiva in Italia nel 2004 (dati in %)<br />
Altri <strong>prodotti</strong><br />
a base di carne<br />
84%<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo.<br />
Prodotti a base<br />
di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
16%<br />
Residuale al contrario il peso sul totale nazionale dei quantitativi e dei relativi<br />
valori dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> appartenenti ai comparti degli ortofrutticoli e dei<br />
cereali e dei grassi e degli oli di oliva (valori compresi tra lo 0,5% e l’1%).<br />
Tale dato sottolinea ancora una volta le difficoltà delle produzioni di qualità di<br />
tali comparti ad affermare le proprie potenzialità.<br />
Nel 2004, le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> hanno certificato quantitativi superiori alle 741 mila<br />
tonnellate, registrando un incremento del 26,1% rispetto all’anno precedente; a tali<br />
quantitativi, si aggiungono inoltre i circa 10 mila litri dell’Aceto balsamico tradizionale<br />
di Modena, che ha raddoppiato la produzione dell’anno precedente.<br />
L’incremento della produzione certificata ha interessato tutti i comparti.<br />
Tabella 3.1 - I quantitativi certificati di <strong>prodotti</strong> Dop e Igp per comparto merceologico<br />
(dati in tonnellate)<br />
Comparto 2004 2003 Var. % 04/03<br />
Formaggi 415.708,56 395.301,73 5,2%<br />
Grassi e oli 5.005,45 4.298,71 17,2%<br />
Ortofrutta 134.426,61 12.146,06 1006,8%<br />
Prodotti a base di carne 180.847,67 172.160,69 5,0%<br />
Carni fresche 5.416,67 4.264,00 27,0%<br />
Totale 741.404,96 588.171,19 26,1%<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di Controllo.
In particolare, assume rilievo l’aumento della produzione certificata registrata<br />
dal comparto degli ortofrutticoli e cereali che raggiunge le 134.430 tonnellate<br />
(+1006,8%) ed inizia così ad assumere un peso significativo nell’ambito delle<br />
produzioni di qualità.<br />
L’incremento registrato è riconducibile principalmente come già sottolineato<br />
alla new entry Mela val di Non, che rappresenta l’82% della produzione ortofrutticola<br />
totale; tuttavia, anche i restanti <strong>prodotti</strong> vegetali evidenziano un tasso di crescita<br />
apprezzabile, il 99,4% in più rispetto al 2003.<br />
Figura 3.6 - Incidenza sul totale della produzione certificata per comparto merceologico<br />
in Italia nel 2004 (dati in %)<br />
Prodotti a<br />
base di carne<br />
24%<br />
Ortofrutta<br />
18%<br />
Grassi e oli<br />
1%<br />
Carni fresche<br />
1%<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo.<br />
Formaggi<br />
56%<br />
Ben l’80,5% della produzione certificata è riconducibile al comparto dei formaggi<br />
e dei <strong>prodotti</strong> di carne. A tali comparti, segue quello dell’ortofrutta con un<br />
peso pari al 18,1%.<br />
Figura 3.7 - Ripartizione territoriale della produzione certificata in Italia nel 2004 (dati in %)<br />
Centro<br />
22,8%<br />
Sud<br />
4,0%<br />
Isole<br />
5,7%<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo.<br />
Nord<br />
67,5%<br />
43
44<br />
Residuale l’incidenza dei comparti dei grassi e degli oli e delle carni fresche<br />
(0,7% ciascuno).<br />
L’analisi della ripartizione territoriale dei quantitativi certificati 25 , mostra che<br />
il 67,5% delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è concentrato nel Nord Italia e il 22,8% nel Centro. Le<br />
Isole e il Sud rappresentano rispettivamente il 5,7% e il 4,0%.<br />
Nel corso del 2004, i <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> hanno registrato un valore alla produzione<br />
superiore ai 4,4 miliardi di euro (+5,4% rispetto all’anno precedente) ed<br />
un fatturato al consumo di circa 7,7 miliardi (+ 6,7%).<br />
Tabella 3.2 - I fatturati delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 in Italia e confronto con il 2003<br />
(dati in milioni di euro)<br />
Fatturato alla produzione Fatturato al consumo<br />
Comparto 2004 2003 Var % 04/03 2004 2003 Var % 04/03<br />
Formaggi 2.715,82 2.670,12 1,7% 4.160,21 3.992,52 4,2%<br />
Grassi e oli 50,82 44,29 14,8% 63,56 57,78 10,0%<br />
Ortofrutta 112,99 14,17 697,6% 188,05 31,57 495,7%<br />
Prodotti a base di carne 1.540,38 1.474,12 4,5% 3.219,92 3.097,36 4,0%<br />
Carni fresche 29,79 24,21 23,0% 78,94 54,05 46,1%<br />
Aceti diversi dagli aceti di vino 3,48 0,12 2755,9% 7,40 0,27 2647,3%<br />
Totale 4.453,28 4.227,03 5,4% 7.718,08 7.233,55 6,7%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.<br />
In particolare, è per i comparti dell’ortofrutta e cereali, degli oli e delle carni fresche<br />
che si evidenzia un tasso di crescita del fatturato (alla produzione e al consumo)<br />
superiore all’incremento medio complessivo, sebbene associato a valori ancora<br />
contenuti.<br />
Coerentemente a quanto evidenziato sopra, l’analisi territoriale dei fatturati alla<br />
produzione conferma il ruolo di leadership delle regioni del Nord Italia.<br />
Figura 3.8 - Ripartizione territoriale del fatturato alla produzione in Italia nel 2004<br />
(dati in %)<br />
Centro<br />
30,0%<br />
Sud<br />
3,8%<br />
Isole<br />
4,4%<br />
Nord<br />
61,8%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione<br />
Ismea.
Il Nord concorre infatti alla<br />
formazione del 61,8% del fatturato<br />
alla produzione, mentre le regioni<br />
del Centro detengono una<br />
quota pari al 30%.<br />
Il restante 8,2% del fatturato<br />
alla produzione è rappresentato<br />
dalle produzioni delle Isole e del<br />
Sud, rispettivamente il 4,4% e il<br />
3,8%.<br />
Inoltre, l’analisi evidenzia<br />
che ben l’88,1% del fatturato alla<br />
produzione è riconducibile alle<br />
produzioni ottenute in 6 Regioni<br />
(Emilia Romagna, Lombardia,<br />
Friuli Venezia Giulia, Veneto,<br />
Trentino Alto Adige e Sardegna).<br />
L’analisi territoriale condotta,<br />
nella determinazione del quantitativo<br />
certificato e del relativo<br />
fatturato attribuibile alla singola<br />
area territoriale e regione ha tenuto<br />
conto della presenza di <strong>DOP</strong> e<br />
<strong>IGP</strong> con areale di produzione<br />
multiregionale 26 .<br />
Tabella 3.3 - Il fatturato alla produzione<br />
delle Dop e Igp per regione<br />
nel 2004 (dati in milioni di euro)<br />
Regione Fatturato alla produzione<br />
Emilia Romagna 2.005,4<br />
Lombardia 1.017,2<br />
Friuli V.G. 261,7<br />
Veneto 250,7<br />
Trentino A.A. 198,6<br />
Sardegna 191,0<br />
Campania 150,4<br />
Piemonte 133,4<br />
Lazio 82,7<br />
Toscana 67,6<br />
Valle d'Aosta 33,3<br />
Umbria 19,7<br />
Marche 13,8<br />
Puglia 7,8<br />
Liguria 5,5<br />
Sicilia 4,7<br />
Abruzzo 3,5<br />
Basilicata 3,0<br />
Calabria 2,3<br />
Molise 0,9<br />
Totale 4.453,3<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di<br />
Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione<br />
Ismea.<br />
Figura 3.9 - Ripartizione regionale del fatturato alla produzione delle Dop-Igp nel 2004<br />
(dati in %)<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
60<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
45,0%<br />
Emilia<br />
Romagna<br />
22,8%<br />
Lombardia<br />
5,9% 5,6% 4,5% 4,3%<br />
Friuli V.G.<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione<br />
Ismea.<br />
Veneto<br />
Trentino A.A.<br />
Sardegna<br />
11,9%<br />
Restanti<br />
13 regioni<br />
45
46<br />
3.4 I formaggi<br />
Il comparto dei formaggi con le sue 31 denominazioni registrate, rappresenta in termini<br />
di quantitativi certificati, quello più importante nell’ambito delle produzioni di qualità.<br />
Negli ultimi tre anni, a parità di denominazioni registrate, la produzione di formaggi<br />
<strong>DOP</strong> è cresciuta in media del 6,9% ogni 12 mesi, soprattutto in relazione<br />
alla crescita produttiva delle <strong>DOP</strong> più conosciute sia sul mercato nazionale che<br />
estero.<br />
Rispetto al 2001, nel corso del quale risultano certificate circa 341 mila tonnellate<br />
di formaggio a marchio, si rileva un incremento del 21,9%.<br />
Figura 3.10 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di formaggi <strong>DOP</strong><br />
negli anni 2001 - 2004 (dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni)<br />
450<br />
400<br />
350<br />
300<br />
250<br />
200<br />
150<br />
100<br />
50<br />
0<br />
30 30 31 31<br />
401,4 386,8<br />
395,3<br />
2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue.<br />
415,7<br />
Produzione certificata Denominazioni<br />
Figura 3.11 - Incidenza delle diverse tipologie di latte sulla PLV del latte destinata<br />
alla produzione di formaggi <strong>DOP</strong> nel 2004 (dati in %)<br />
Ovino<br />
7,7%<br />
Bufalino<br />
10,9%<br />
Misto<br />
0,3%<br />
Vaccino<br />
81,1%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo e Consorzi di Tutela.<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0
Tabella 3.4 - PLV del latte destinato alla produzione dei formaggi <strong>DOP</strong> nel 2004<br />
(dati in tonnellate e milioni di euro)<br />
Denominazione Quantità di latte PLV latte<br />
impiegato<br />
Asiago 213.928,79 5,9% 74,88 2,9%<br />
Bitto 2.548,22 1,0% 0,88 -18,0%<br />
Bra 5.822,48 -36,6% 2,15 -36,6%<br />
Caciocavallo silano 9.637,86 -6,2% 3,66 -6,2%<br />
Canestrato pugliese 718,27 26,1% 0,43 8,1%<br />
Casciotta d' Urbino 2.043,54 13,2% 1,91 13,2%<br />
Castelmagno 1.340,51 -29,2% 0,80 -29,2%<br />
Fiore Sardo 4.000,60 83,6% 2,52 34,5%<br />
Fontina 35.229,69 -3,0% 16,21 -3,0%<br />
Formai de Mut dell'alta Val Brembana 570,10 -7,4% 0,22 -7,4%<br />
Gorgonzola 363.637,96 2,3% 122,07 -1,9%<br />
Grana Padano 1.791.036,83 5,2% 605,91 4,6%<br />
Montasio 74.073,82 -5,4% 27,41 0,0%<br />
Monte Veronese 4.705,94 -3,2% 1,58 -27,9%<br />
Mozzarella di Bufala Campana 132.634,24 -2,2% 232,11 42,6%<br />
Murazzano 274,51 77,5% 0,17 77,5%<br />
Parmigiano Reggiano 1.780.820,62 5,6% 801,37 0,7%<br />
Pecorino Romano 232.920,23 22,4% 146,74 13,4%<br />
Pecorino Sardo 9.759,41 12,0% 5,86 34,4%<br />
Pecorino Siciliano 74,17 31,6% 0,05 26,3%<br />
Pecorino Toscano 12.058,52 43,2% 9,04 37,7%<br />
Provolone Valpadana 64.983,86 45,2% 23,39 46,0%<br />
Quartirolo Lombardo 28.906,37 2,7% 10,12 2,7%<br />
Ragusano 1.397,38 81,9% 0,48 84,0%<br />
Raschera 4.214,16 -49,7% 2,62 -31,4%<br />
Robiola di Roccaverano 535,46 38,2% 0,30 -2,9%<br />
Spressa delle Giudicarie 954,98 n.d. 0,34 n.d.<br />
Taleggio 80.893,53 -1,5% 28,31 -1,5%<br />
Toma Piemontese 11.656,55 -21,2% 4,31 -21,2%<br />
Valle d’Aosta Fromadzo 32,99 -16,5% 0,01 -16,5%<br />
Valtellina Casera 18.367,40 15,9% 7,07 23,9%<br />
Totale 4.889.778,99 5,5% 2.132,93 6,3%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo e Consorzi di Tutela.<br />
Nel 2004, la PLV del latte impiegato nella produzione dei formaggi <strong>DOP</strong> si è<br />
attestata intorno ai 2,1 miliardi di euro, con un incremento di oltre il 6% rispetto<br />
all’anno precedente.<br />
La crescita registrata è riconducibile all’aumento delle quantità di latte impiegato<br />
(+5,5%) sostenuta, in alcuni casi anche dall’incremento dei prezzi<br />
unitari del latte.<br />
Scendendo nel dettaglio, l’81,1% della PLV del latte è rappresentato dai<br />
47
48<br />
formaggi a base di latte vaccino; a questi seguono, quelli a base di latte di bufala<br />
e di pecora, con un peso rispettivamente pari al 10,9% e al 7,7%.<br />
La produzione a marchio <strong>DOP</strong>, nel 2004, è stata di 415.708 tonnellate, con un<br />
incremento del 5,2% rispetto all’anno precedente.<br />
L’incremento registrato, seppure significativo, è insieme a quello evidenziatosi<br />
per i <strong>prodotti</strong> a base di carne (+5,2%) il più esiguo rispetto agli altri comparti a<br />
marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>. Tale andamento, più basso rispetto a quello evidenziato negli<br />
anni precedenti, non mette comunque in discussione il peso consolidato del com-<br />
parto dei formaggi nell’ambito delle produzioni di qualità.<br />
Tabella 3.5 - I quantitativi certificati dei principali formaggi <strong>DOP</strong> nel 2004 e confronto<br />
con il 2003 (dati in tonnellate)<br />
Denominazione Quantità totale certificata<br />
2004 2003 Var. % 04/03<br />
Grana Padano 127.839,89 121.551,0 5,2%<br />
Parmigiano Reggiano 114.891,65 108.828,5 5,6%<br />
Gorgonzola 43.654,02 42.661,7 2,3%<br />
Pecorino Romano 38.183,64 31.206,2 22,4%<br />
Mozzarella di Bufala Campana 27.632,13 28.250,8 -2,2%<br />
Asiago (pressato) 19.577,53 19.770,3 -1,0%<br />
Taleggio 9.539,33 9.682,8 -1,5%<br />
Montasio 7.821,95 8.267,8 -5,4%<br />
Provolone Valpadana 6.236,46 4.295,8 45,2%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
Figura 3.12 - L’incidenza produttiva dei più importanti formaggi <strong>DOP</strong> sull’intero comparto nel 2004<br />
(dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
30,8% 27,6%<br />
Grana<br />
Padano<br />
Parmigiano<br />
Reggiano<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo.<br />
10,5% 9,2% 6,6%<br />
Gorgonzola Pecorino<br />
Romano<br />
Mozzarella<br />
di Bufala<br />
Campana<br />
15,3%<br />
Restanti<br />
26 <strong>DOP</strong>
L’analisi dei quantitativi certificati evidenzia una forte concentrazione della<br />
produzione. Quasi l’85% della produzione certificata è, infatti, rappresentata da 5<br />
formaggi: Grana Padano (30,8%), Parmigiano Reggiano (27,6%), Gorgonzola<br />
(10,5%), Pecorino Romano (9,2%) e Mozzarella di Bufala Campana (6,6%).<br />
Complessivamente, la crescita della produzione certificata è in larga misura<br />
legata agli incrementi delle <strong>DOP</strong> Parmigiano Reggiano (5,6%), Grano Padano<br />
(5,2%), Pecorino Romano (22,4%), i quali concentrano il 78,1% della produzione<br />
complessiva di formaggi <strong>DOP</strong>. Di contro, la Mozzarella di Bufala Campana ha subito<br />
una contrazione del 2,2% rispetto al 2003.<br />
Figura 3.13 - I quantitativi certificati dei principali formaggi <strong>DOP</strong> nel 2004<br />
(dati in migliaia di tonnellate)<br />
Pecorino Sardo<br />
Pecorino Toscano<br />
Quartirolo Lombardo<br />
Provolone Valpadana<br />
Pecorino Romano<br />
Gorgonzola<br />
Parmigiano Reggiano<br />
Grana Padano<br />
1,6<br />
2,1<br />
3,5<br />
6,2<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo.<br />
38,2<br />
43,7<br />
114,9<br />
127,8<br />
0 20 40 60 80 100 120 140<br />
Figura 3.14 - Le variazioni della produzione certificata dei principali formaggi <strong>DOP</strong><br />
nel 2004 rispetto al 2003<br />
25 +22,4%<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
-0,5<br />
Pecorino<br />
Romano<br />
+5,6% +5,2%<br />
Parmigiano<br />
Reggiano<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo.<br />
Grana<br />
Padano<br />
-2,2%<br />
Mozzarella di<br />
Bufala<br />
Campana<br />
49
50<br />
Tabella 3.6 - I fatturati dei principali formaggi <strong>DOP</strong> nel 2004 e confronto con il 2003<br />
(dati milioni di euro)<br />
Denominazione Fatturati all'Azienda Fatturati al Consumo<br />
2004 2003 Var. %04/03 2004 2003 Var. %04/03<br />
Parmigiano Reggiano 1.054,7 1.044,8 1,0% 1.499,3 1.425,7 5,2%<br />
Grana Padano 772,2 773,1 -0,1% 1.154,4 1.118,3 3,2%<br />
Mozzarella di Bufala Campana 209,7 199,5 5,2% 278,0 281,9 -1,4%<br />
Pecorino Romano 179,8 169,4 6,1% 328,0 279,9 17,2%<br />
Gorgonzola 156,3 155,7 0,4% 378,9 371,2 2,1%<br />
Asiago 91,8 81,7 12,5% 138,6 138,8 -0,1%<br />
Montasio 48,7 52,5 -7,3% 59,0 61,8 -4,5%<br />
Taleggio 40,6 40,3 0,9% 79,7 80,2 -0,5%<br />
Fontina 29,7 30,3 -1,9% 25,7 26,5 -2,9%<br />
Provolone Valpadana 28,8 20,5 40,6% 48,0 45,4 5,6%<br />
Asiago 15,9 19,4 -17,7% 18,8 25,0 -24,8%<br />
Pecorino Toscano 15,6 12,1 28,5% 35,3 15,3 130,3%<br />
Quartirolo Lombardo 14,4 13,6 5,8% 28,4 27,4 3,8%<br />
Valtellina Casera 12,6 9,2 0,37 17,4 20,9 -16,6%<br />
Pecorino Sardo 10,8 10,7 1,3% 17,2 15,4 12,0%<br />
Caciocavallo silano 6,6 7,6 -13,0% 8,1 10,8 -25,0%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.<br />
Il controvalore alla produzione dei formaggi <strong>DOP</strong> si attesta sui 2,7 miliardi di<br />
euro, mentre quello al consumo raggiunge i 4,2 miliardi di euro. Per tali valori si<br />
rileva un incremento, rispetto all’anno precedente rispettivamente dell’1,7% e del<br />
4,2%.<br />
Le prime 5 <strong>DOP</strong> per produzione certificata rappresentano inoltre l’87,5% del<br />
fatturato al consumo, confermando la forte concentrazione che caratterizza il<br />
comparto.<br />
A livello territoriale, l’analisi della ripartizione regionale del fatturato alla produzione,<br />
evidenzia il peso che assumono l’Emilia Romagna e la Lombardia rispetto<br />
alle altre regioni: insieme sommano infatti il 67,6% del fatturato dei formaggi<br />
<strong>DOP</strong>.<br />
L’analisi del potenziale produttivo dichiarato da 17 Consorzi di Tutela su 32 27 ,<br />
rappresentativi del 51,3% dell’intera produzione certificata, evidenzia che alcune<br />
produzioni, a fronte dei quantitativi certificati, presentano tuttavia un notevole ulteriore<br />
quantitativo potenzialmente certificabile.<br />
In particolare, mostrano un potenziale produttivo “importante” il Pecorino<br />
Sardo, l’Asiago, il Canestrato Pugliese, il Formai de Mut dell’Alta Val Brembana<br />
e il Valle d’Aosta Fromadzo.<br />
Diversamente per 8 produzioni (Bitto, Bra, Fiore Sardo, Gorgonzola, Grana,
Figura 3.15 - Formaggi <strong>DOP</strong>: ripartizione regionale del fatturato alla produzione<br />
nel 2004 (dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
37,9%<br />
Emilia<br />
Romagna<br />
29,7%<br />
Lombardia<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.<br />
Quartirolo Lombardo, Taleggio e Toma Piemontese), si rileva che tutta la produzione<br />
potenzialmente ottenibile è attualmente certificata.<br />
3.5 I <strong>prodotti</strong> a base di carne<br />
Veneto<br />
8,8% 7,0% 5,4% 4,2% 2,5% 4,5%<br />
Sardegna<br />
Campania<br />
Nel corso del 2004 alle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> esistenti si sono aggiunte le <strong>IGP</strong> “Lardo di<br />
Colonnata” e “Salame d’oca di Mortara”, per un totale di 28 denominazioni registrate.<br />
Piemonte<br />
Lazio<br />
Altre<br />
regioni<br />
Figura 3.16 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di denominazioni<br />
dei <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> negli anni 2001 - 2004<br />
(dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni)<br />
200<br />
180<br />
160<br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
149,3<br />
25 25<br />
159,9<br />
172,2<br />
2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue.<br />
26 28<br />
180,8<br />
Produzione certificata Denominazioni<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
51
52<br />
Tabella 3.7 - I quantitativi certificati dei principali <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
nel 2004 (dati in tonnellate)<br />
Denominazione Quantità totale certificata<br />
2004 2003 Var. % 04/03<br />
Prosciutto di Parma 90.051,9 87.899,9 2,4%<br />
Mortadella Bologna 30.088,0 29.922,5 0,6%<br />
Prosciutto di San Daniele 23.004,6 22.070,1 4,2%<br />
Bresaola della Valtellina 13.129,3 10.401,9 26,2%<br />
Speck dell'Alto Adige 9.998,3 10.535,2 -5,1%<br />
Cotechino Modena 2.750,7 2.370,0 16,1%<br />
Zampone Modena 2620,02 2384,197 9,9%<br />
Prosciutto Toscano 1.998,4 1.566,0 27,6%<br />
Prosciutto di Modena 1.642,6 1.580,4 3,9%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
Tale comparto negli ultimi tre anni è stato interessato da una considerevole<br />
crescita della produzione certificata, passata dalle 142.892 tonnellate del 2001 alle<br />
180.848 del 2004 ed evidenziando un tasso di crescita medio annuo dell’8,2%.<br />
Beneficiando di tali quantitativi, quello dei <strong>prodotti</strong> a base di carne si conferma<br />
il secondo comparto a marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, preceduto solo da quello dei formaggi.<br />
Il 49,8% della produzione certificata è rappresentato dal solo Prosciutto di<br />
Parma (90.052 tonnellate), mentre il 42,1% è costituito da 4 <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>: Mortadella<br />
Bologna (30.088 tonnellate), Prosciutto San Daniele (23.055 tonnellate),<br />
Bresaola della Valtellina (13.129 tonnellate) e Speck dell’Alto Adige (9.998 tonnellate).<br />
Figura 3.17 - L’incidenza sul totale dei principali <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
(dati in % della produzione certificata)<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
60<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
49,8%<br />
Prosciutto<br />
di Parma<br />
16,6% 12,7%<br />
Mortadella<br />
Bologna<br />
Prosciutto di<br />
San Daniele<br />
Bresaola<br />
della<br />
Valtellina<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
7,3% 5,5% 8,1%<br />
Speck Restanti<br />
dell'Alto Adige <strong>prodotti</strong><br />
a base di carne
Rispetto al 2003, la Bresaola della Valtellina evidenzia il maggior incremento<br />
produttivo, pari al 26,2%. Apprezzabile anche la crescita registrata dal Prosciutto<br />
San Daniele (+4,2%) e del Prosciutto di Parma (+2,4%).<br />
Diversamente, per lo Speck dell’Alto Adige si rileva una contrazione dei<br />
quantitativi certificati del 5,1%.<br />
Con riferimento al valore della produzione lorda vendibile della carne suina<br />
utilizzata per ottenere sette prosciutti a marchio <strong>DOP</strong>, si rileva che nel 2004 tale<br />
valore ha superato gli 1,2 miliardi di euro, con una crescita del 2% rispetto all’anno<br />
precedente e un’incidenza del 2,4% sul valore della produzione ai prezzi di base<br />
dell’agricoltura (comprese silvicoltura e pesca).<br />
All’incremento di valore è corrisposto un aumento dei quantitativi certificati:<br />
Figura 3.18 - I quantitativi certificati dei principali <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
(dati in migliaia di tonnellate)<br />
Speck<br />
dell'Alto Adige<br />
Bresaola<br />
della Valtellina<br />
Prosciutto di<br />
San Daniele<br />
Mortadella<br />
Bologna<br />
Prosciutto<br />
di Parma<br />
10,0<br />
13,1<br />
23,0<br />
30,09<br />
0 10 20 30 40 50<br />
%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
90,01<br />
60 70 80 90 100<br />
Figura 3.19 - Le variazioni della produzione certificata dei principali <strong>prodotti</strong> a base<br />
di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> rispetto al 2003 (dati in %)<br />
30 +26,2<br />
25<br />
20<br />
15<br />
%<br />
10<br />
5<br />
0<br />
-5<br />
-10<br />
Bresaola<br />
della<br />
Valtellina<br />
+4,2 +2,4<br />
Prosciuttodi<br />
San Daniele<br />
Prosciutto di<br />
Parma<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
-5,1<br />
Speck<br />
dell'Alto<br />
Adige<br />
53
54<br />
Tabella 3.8 - PLV della carne suina destinata alla produzione dei <strong>prodotti</strong> a base<br />
di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
2000 2001 2002 2003 2004<br />
numero cosce certificato 11.342.117,0 11.448.253,0 11.283.526,0 11.842.401,0 12.252.493,0<br />
numero suini 5.671.058,5 5.724.126,5 5.641.763,0 5.921.200,5 6.126.246,5<br />
Prezzo medio del suino per kg (Euro) 1,2 1,5 1,2 1,3 1,2<br />
prezzo medio del suino (160 kg) (Euro) 199,1 245,5 199,7 201,1 198,3<br />
PLV (Milioni di Euro) 1.128,8 1.405,4 1.126,8 1.190,9 1.214,9<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
la produzione di carne destinata alla <strong>DOP</strong> ha coinvolto 6,1 milioni di suini, con un<br />
aumento di 205.000 capi rispetto all’anno precedente.<br />
La produzione dei prosciutti e dei salumi a marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> si basa sul circuito<br />
del suino pesante. Un maggiore impulso all’intero comparto dovrebbe derivare<br />
inoltre dal riconoscimento comunitario del Gran suino padano che già a livello<br />
nazionale ha ricevuto la protezione transitoria come <strong>DOP</strong>.<br />
L’obiettivo del riconoscimento di tale denominazione è duplice: da un lato<br />
abbattere il prezzo di vendita della coscia e dall’altro valorizzare l’intera carcassa.<br />
Ad oggi, infatti, è la coscia l’elemento che maggiormente valorizza l’intera<br />
carcassa.<br />
La nuova <strong>DOP</strong>, inoltre, potrà rappresentare un plus anche per gli altri salumi<br />
che non si fregiano del marchio comunitario ma che utilizzano come materia prima<br />
i tagli del Gran suino padano.<br />
Nel 2004, gli allevamenti riconosciuti ai fini della produzione <strong>DOP</strong> sono risultati<br />
pari a 5.332, a cui se ne aggiungono 28 relativi alla produzione di materia prima<br />
destinata all’ottenimento delle quattro <strong>DOP</strong> calabresi (Capocollo, Pancetta,<br />
Salsiccia e Soppressata). Inoltre, la produzione di <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e<br />
<strong>IGP</strong> è certificata da 671 aziende tra trasformatori, stagionatori e confezionatori; è<br />
da sottolineare inoltre che il 91,9% della produzione proviene da 312 imprese che<br />
rappresentano il 46,5% del totale.<br />
Quanto al giro d’affari delle carni trasformate <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, il fatturato alla<br />
produzione ha raggiunto nel 2004 gli 1,5 miliardi di euro (+4,5% rispetto al<br />
2003) e quello al consumo supera i 3,2 miliardi di euro, evidenziando una crescita<br />
del 4%.<br />
Analogamente a quanto sottolineato per il comparto dei formaggi, anche in tale<br />
comparto si rileva una forte concentrazione territoriale, sia produttiva (come<br />
appena visto) che economica.<br />
Il 92,8% del fatturato alla produzione e il 93,1% di quello al consumo sono infatti<br />
riconducibili alle prime 5 <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> che rappresentano anche il 91,9% delle<br />
quantità certificate.
Tabella 3.9 - I fatturati dei principali <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 e confronto<br />
con il 2003 (dati in milioni di euro)<br />
Denominazione Fatturato all'Azienda Fatturato al Consumo<br />
2004 2003 Var. %04/03 2004 2003 Var. %04/03<br />
Prosciutto di Parma 797,9 773,5 3,1% 1.776,7 1.743,9 1,9%<br />
Prosciutto di San Daniele 230,0 242,8 -5,2% 481,7 462,6 4,1%<br />
Bresaola della Valtellina 170,7 135,2 26,2% 315,1 249,6 26,2%<br />
Mortadella Bologna 150,4 149,6 0,6% 204,3 269,3 -24,1%<br />
Speck dell'Alto Adige 80,0 84,3 -5,1% 219,5 219,6 0,0%<br />
Cotechino Modena 16,9 13,6 23,8% 22,0 17,8 23,8%<br />
Prosciutto Toscano 15,0 12,2 22,7% 40,0 19,6 104,2%<br />
Prosciutto di Modena 11,5 13,0 -11,8% 32,9 31,6 3,9%<br />
Zampone Modena 11,3 13,7 -17,6% 19,7 23,8 -17,6%<br />
Salamini italiani alla cacciatora 10,1 0,0 - 18,6 0,0 -<br />
Prosciutto di Norcia 8,3 11,9 -30,6% 21,6 14,3 51,1%<br />
Culatello di Zibello 7,8 5,6 39,6% 9,9 8,9 11,6%<br />
Prosciutto di Carpegna 6,7 0,0 - 10,2 0,0 -<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.<br />
Alivello territoriale, la prima prima regione per fatturato alla produzione è<br />
l’Emilia Romagna, che concentra il 62,6% del giro d’affari dell’intero comparto;<br />
seguono il Friuli Venezia Giulia (14,9%) e la Lombardia (13,5%).<br />
Figura 3.20 - Prodotti a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>: ripartizione regionale del fatturato<br />
alla produzione nel 2004 (dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
62,6%<br />
Emilia<br />
Romagna<br />
14,9% 13,5%<br />
Friuli<br />
Venezia<br />
Giulia<br />
Lombardia Trentino<br />
Alto Adige<br />
5,2% 3,7%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
Altre<br />
regioni<br />
Significativi anche i dati sui quantitativi potenzialmente certificabili dichiarati<br />
da 11 Consorzi su 28, rappresentativi del 73% della produzione certificata dell’intero<br />
comparto.<br />
In particolare, si rileva che per produzioni “storiche” quali Bresaola della Valtellina,<br />
Prosciutto San Daniele, Prosciutto Toscano, quasi tutta la produzione è<br />
55
56<br />
certificata. Di contro, tra le produzioni di “nicchia” mostra un elevato potenziale<br />
produttivo il Prosciutto di Norcia che attualmente conta una produzione certificata<br />
pari a 998 tonnellate.<br />
3.6 Gli ortofrutticoli e i cereali<br />
Il comparto dell’ortofrutta e dei cereali è quello che presenta il maggior numero<br />
di denominazioni registrate.<br />
Nel corso del 2004, alle 39 denominazioni registrate si sono aggiunti 3 nuovi<br />
<strong>prodotti</strong>: due <strong>IGP</strong> (Carciofo di Paestum e Kiwi di Latina) e una <strong>DOP</strong> (Farina di<br />
Neccio della Garfagnana).<br />
Figura 3.21 - Evoluzione del numero di denominazioni e della produzione certificata<br />
dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli e dei cereali <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> negli anni 2001 - 2004<br />
(dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni)<br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
28<br />
32<br />
11,7 13,0 12,1<br />
2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e MIPAAF.<br />
134,4<br />
Rispetto agli anni precedenti si rileva una crescita produttiva molto forte, essendo<br />
i quantitativi certificati passati dalle circa 12 mila tonnellate del 2003 alle<br />
attuali 134.427 (+1006,8%), che collocano il comparto dopo quello dei formaggi<br />
e dei <strong>prodotti</strong> a base di carne.<br />
Il notevole incremento, come già sottolineato, è relativo in particolare alla<br />
certificazione di rilevanti quantitativi della <strong>DOP</strong> Mela Val di Non: al primo<br />
anno di certificazione, con 110.209 tonnellate, essa rappresenta l’82% dell’intera<br />
produzione certificata.<br />
A tale denominazione seguono la Nocciola del Piemonte e il Pomodoro San<br />
Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino, rappresentativi del 6,9% e del 3,6% del totale.<br />
Il trend positivo evidenziatosi in tale comparto, sembrerebbe lasciare intendere<br />
un superamento di quelle difficoltà 28 che ostacolavano l’affermarsi, sul mercato<br />
39<br />
42<br />
Produzione certificata Denominazioni<br />
45<br />
40<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0
Tabella 3.10 - I quantitativi certificati dei principali <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
nel 2004 (dati in tonnellate)<br />
Denominazione Quantità totale certificata<br />
2004 2003 Var. % 04/03<br />
Mela Val di Non 110.208,9 - -<br />
Nocciola del Piemonte 9.332,8 3.624,8 157,5%<br />
Pomodoro di San Marzano 4.862,7 1.461,0 232,8%<br />
dell'Agro Sarnese Nocerino<br />
Arancia Rossa di Sicilia 2.008,1 1.646,4 22,0%<br />
Limone di Sorrento 1.843,4 795,2 131,8%<br />
Nettarina di Romagna 1.803,3 826,6 -100,0%<br />
Pesca di Romagna 1.341,0 432,6 210,0%<br />
Pera dell'Emilia Romagna 1.136,2 2.213,0 -48,7%<br />
Limone Costa d'Amalfi 339,9 171,5 98,2%<br />
Lenticchia di Castelluccio di Norcia 268,1 228,8 17,2%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
Figura 3.22 - L’incidenza delle maggiori produzioni di ortofrutticoli e cereali <strong>DOP</strong><br />
e <strong>IGP</strong> sul totale ortofrutta a marchio di origine nel 2004 (dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
82,0%<br />
Mela<br />
Val di Non<br />
Nocciola del<br />
Piemonte<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
6,9% 3,6% 7,5%<br />
Pomodoro<br />
di San Marzano<br />
dell'Agro Sarnese Nocerino<br />
Restanti<br />
<strong>prodotti</strong><br />
delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, di uno dei settori più importanti dell’agricoltura italiana; tale risultato<br />
potrebbe quindi segnare l’inizio dell’affermarsi delle grandi potenzialità<br />
del settore.<br />
Tuttavia, i <strong>prodotti</strong> che segnano gli incrementi che hanno contribuito alla forte<br />
crescita del 2004 sono ancora pochi, mentre per molti permangono le difficoltà che<br />
ostacolano l’effettiva immissione sul mercato di adeguati quantitativi certificati.<br />
Alla crescita della produzione certificata ha contribuito anche l’incremento del<br />
233% registrato dal Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (4.863<br />
57
58<br />
Figura 3.23 - I quantitativi certificati delle principali produzioni ortofrutticole <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
(dati in tonnellate)<br />
Arancia Rossa<br />
di Sicilia<br />
Pomodoro di San<br />
Marzano dell'Agro<br />
Sarnese Nocerino<br />
Nocciola del<br />
Piemonte<br />
Mela Val<br />
di Non<br />
2.008<br />
4.863<br />
9.333<br />
0 20 40 60 80 100 120<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
110.209<br />
Figura 3.24 - Le variazioni della produzione certificata dei principali <strong>prodotti</strong><br />
ortofrutticoli e cereali <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> rispetto al 2003 (dati in %)<br />
Arancia Rossa<br />
di Sicilia<br />
Limone di<br />
Sorrento<br />
Nocciola del<br />
Piemonte<br />
Pomodoro<br />
di San Marzano<br />
dell'Agro<br />
Sarnese Nocerino<br />
22,0%<br />
0 0,5 1<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
tonnellate) e quello del 157% della Nocciola del Piemonte (9.333 tonnellate).<br />
Inoltre, si evidenzia che le potenzialità di sviluppo, rispetto ai quantitativi effettivamente<br />
certificati, sono state in parte sfruttate anche da alcune <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
“minori”. È il caso dell’Arancia Rossa di Sicilia, la cui produzione è cresciuta del<br />
22% (2.008 tonnellate) e il Limone di Sorrento che registra un + 131,8% (1.843<br />
tonnellate).<br />
%<br />
131,8%<br />
157,5%<br />
232,8%<br />
1,5 2 2,5
Tabella 3.11 - Il valore della produzione dei principali <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
e confronto con il 2003 (dati in milioni di euro e %)<br />
Denominazione Fatturato Azienda Fatturato al Consumo<br />
2004 2003 Var. %04/03 2004 2003 Var. %04/03<br />
Mela Val di Non 83,8 - - 132,3 - -<br />
Nocciola del Piemonte 19,1 6,8 180,6% - - -<br />
Limone di Sorrento 1,8 1,0 77,9% 3,3 1,7 97,2%<br />
Lenticchia di Castelluccio di Norcia 1,3 1,4 -1,4% 2,7 2,2 19,6%<br />
Pesca e Nettarina di Romagna 1,0 0,9 17,8% 2,5 1,5 63,4%<br />
(sottotipologia nettarina)<br />
Pomodoro di San Marzano dell'Agro 0,9 0,4 134,2% 1,9 1,2 66,4%<br />
Sarnese Nocerino<br />
Radicchio Rosso di Treviso (tardivo) 0,7 0,1 387,2% 1,1 0,2 375,2%<br />
Pesca e Nettarina di Romagna 0,6 0,3 67,4% 1,9 0,8 132,2%<br />
(sottotipologia pesca)<br />
Pera dell'Emilia Romagna 0,6 1,2 -52,8% 2,0 4,1 -52,8%<br />
Arancia Rossa di Sicilia 0,5 0,5 7,3% 1,9 1,6 18,4%<br />
Marrone di Castel del Rio 0,5 0,5 -11,9% 0,7 1,2 -44,7%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.<br />
Riguardo al giro d’affari del comparto, il valore alla produzione dei <strong>prodotti</strong><br />
ortofrutticoli <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> ha raggiunto i 112,9 milioni di euro, mentre quello al<br />
consumo è pari a 188,1 milioni di euro.<br />
In testa alla graduatoria dei fatturati vi è la Mela Val di Non, con un’incidenza<br />
sul fatturato al consumo pari al 70,3%. Segue a larga distanza la Nocciola del Piemonte,<br />
con una quota pari al 18%.<br />
Alla concentrazione economica corrisponde anche un’elevata concentrazione<br />
Figura 3.25 - Ortofrutticoli e cereali <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>: ripartizione regionale del fatturato<br />
alla produzione (dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
74,1%<br />
Trentino<br />
Alto Adige<br />
16,9%<br />
2,8% 2,5% 3,6%<br />
Piemonte Campania Emilia<br />
Romagna<br />
Altre<br />
regioni<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
59
60<br />
territoriale: il 74,1% del fatturato alla produzione è infatti attribuibile al Trentino<br />
Alto Adige.<br />
Le ulteriori potenzialità produttive di tale comparto sono, inoltre, confermate<br />
dai dati relativi alle quantità potenzialmente certificabili relativi a 22 su 42 Consorzi,<br />
rappresentativi di circa l’86,8% dell’intera produzione ortofrutticola certificata.<br />
Diversi, infatti, i <strong>prodotti</strong> con un elevato potenziale produttivo: tra questi spicca<br />
la Castagna di Montella, la cui produzione potrebbe svilupparsi per ulteriori 9<br />
mila tonnellate rispetto alle 60 tonnellate attualmente certificate.<br />
Al contrario, 7 denominazioni (Ciliegia di Marostica, Fagiolo di Lamon dell’Alta<br />
Vallata Bellunese, Lenticchia di Castelluccio di Norcia, Marrone di Castel<br />
del Rio, Pera Mantovana, Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino e<br />
Radicchio rosso di Treviso), dichiarano di certificare pressoché tutta la produzione<br />
ottenibile.<br />
3.7 I grassi e gli oli di oliva<br />
Il comparto dei grassi e degli oli di oliva, benché conti complessivamente 35<br />
denominazioni registrate (5 in più rispetto al 2003), rappresenta ancora una realtà<br />
di nicchia sul piano della produzione certificata.<br />
Tra le varie cause che ostacolano l’affermarsi delle piene potenzialità dell’olio<br />
di qualità, accanto alla frammentazione della filiera, un ruolo importante è anche<br />
svolto dalla concorrenza di <strong>prodotti</strong> esteri, spesso di qualità minore e offerti ad un<br />
prezzo più basso o notevolmente più contenuto.<br />
La disaggregazione della filiera dipende dalla forte polverizzazione che contraddistingue<br />
la realtà produttiva: si tratta infatti di piccole e piccolissime aziende<br />
che solitamente, sul mercato locale, effettuano vendita diretta dell’olio sfuso, dopo<br />
aver accantonanto quello per autoconsumo.<br />
Questi fenomeni si verificano soprattutto nel Sud Italia, che presenta grandi<br />
potenzialità ma che allo stato attuale è di fatto marginalmente presente sul mercato<br />
dell’olio certificato.<br />
Con una produzione pari a 5.040 tonnellate (+17,3%), tale comparto continua<br />
nel 2004 ad avere un peso marginale sul settore agroalimentare di qualità: rappresenta<br />
infatti appena lo 0,7% dell’intera produzione <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
Il relativo fatturato franco azienda si attesta sui 5,2 milioni di euro, pari al<br />
10,2% del giro d’affari alla produzione dell’intero comparto degli oli.<br />
La denominazione più importante è il Toscano, la cui produzione certificata è<br />
pari a 1.571 tonnellate, pari al 31,4% del totale.<br />
Aquesta seguono le <strong>DOP</strong>Terra di Bari con 942 tonnellate (18,8%) e Umbria<br />
con 557 tonnellate (11,1%).<br />
Il Terra di Bari è inoltre la <strong>DOP</strong> che rileva la maggiore crescita produttiva
Figura 3.26 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di denominazioni<br />
dei grassi e degli oli di oliva <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> negli anni 2001 - 2004<br />
(dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni)<br />
6<br />
5<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
25 25<br />
3,8<br />
4,9<br />
2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue.<br />
(+281,7%) rispetto all’anno precedente. Tuttavia, nel corso del 2003 la denominazione<br />
ha cambiato l’Organismo di controllo, e quindi i dati a disposizione<br />
si riferiscono alla produzione certificata nel solo periodo luglio-dicembre<br />
4,3<br />
5,0<br />
Produzione certificata Denominazioni<br />
Tabella 3.12 - I quantitativi certificati dei principali oli di oliva <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
(dati in tonnellate)<br />
Denominazione Quantità totale certificata<br />
2004 2003 Var. % 04/03<br />
Toscano 1.571,2 1.797,4 -13%<br />
Terra di Bari 942,1 246,8 282%<br />
Umbria 557,0 585,5 -5%<br />
Riviera Ligure 411,2 615,8 -33%<br />
Valli Trapanesi 163,2 - -<br />
Garda 149,7 141,9 5%<br />
Dauno 146,9 111,5 32%<br />
Canino 141,7 82,4 72%<br />
Monti Iblei 133,4 29,0 359%<br />
Sabina 128,9 83,8 54%<br />
Bruzio 107,2 19,6 447%<br />
Chianti Classico 105,1 105,4 0%<br />
Val di Mazara 103,1 65,6 57%<br />
Aprutino Pescarese 83,5 33,9 146%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
30<br />
35<br />
40<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
61
62<br />
Figura 3.27 - L’incidenza delle principali produzioni di oli d’oliva <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
sull’intero comparto degli oli a marchio di origine (dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
31,2%<br />
18,7%<br />
Toscano Terra<br />
di Bari<br />
11,1% 8,2%<br />
Umbria Riviera<br />
Ligure<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
Figura 3.28 - I quantitativi certificati dei principali oli d’oliva <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
(dati in tonnellate)<br />
Riviera Ligure<br />
Umbria<br />
Terra di Bari<br />
Toscano<br />
411,2<br />
557,0<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.<br />
942,1<br />
30,9%<br />
Restanti<br />
<strong>prodotti</strong><br />
1.571,2<br />
0 200 400 600 800 1.000 1.200 1400 1.600 1.800<br />
2003; di qui il forte incremento.<br />
Al contrario, mostrano una contrazione produttiva rispetto al 2003 il Toscano<br />
e l’Umbria, rispettivamente del 12,6% e 4,9%.<br />
Il valore del fatturato alla produzione del comparto è pari a 50,8 milioni di euro,<br />
mentre quello al consumo a 63,6 milioni di euro. Tali fatturati presentano, rispetto<br />
all’anno precedente, un incremento rispettivamente pari al 14,8% e al<br />
10,0%.<br />
La ripartizione regionale del fatturato alla produzione evidenzia il ruolo di capofila<br />
della Toscana, le cui produzioni oleicole rappresentano ben il 50,2% del<br />
fatturato totale.
Tabella 3.13 - Il valore della produzione dei principali oli di oliva <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
(dati in milioni di euro)<br />
Denominazione Fatturato all’Azienda Fatturato al Consumo<br />
2004 2003 Var. %04/03 2004 2003 Var. %04/03<br />
Toscano 23,4 23,5 -0,6% 23,4 23,5 -0,6%<br />
Riviera Ligure 5,5 4,6 19,4% 7,1 11,1 -35,8%<br />
Umbria 4,5 5,4 -17,5% 7,2 7,4 -1,4%<br />
Terra di Bari 3,7 1,1 229,5% 6,4 1,3 412,5%<br />
Garda 2,4 1,8 30,0% 3,1 2,8 9,3%<br />
Chianti Classico 1,9 1,1 71,9% 2,3 2,3 -2,0%<br />
Canino 1,3 0,9 46,8% 1,5 0,9 80,2%<br />
Valli Trapanesi 1,1 0,4 184,0% 1,2 0,5 116,1%<br />
Monti Iblei 0,9 0,2 381,1% 1,9 0,5 255,7%<br />
Sabina 0,9 0,7 30,4% 1,2 0,7 59,4%<br />
Bruzio 0,8 0,1 513,0% 1,2 0,2 467,0%<br />
Colline Teatine 0,8 0,5 41,4% 0,8 0,6 38,7%<br />
Aprutino Pescarese 0,6 0,2 175,7% 0,7 0,3 155,0%<br />
Dauno 0,6 0,4 56,6% 1,5 0,9 75,7%<br />
Val di Mazara 0,5 1,0 -43,4% 0,9 1,0 -10,0%<br />
Collina di Brindisi 0,3 0,1 144,1% 0,6 0,3 115,3%<br />
Terra d'Otranto 0,3 0,6 -51,8% 0,4 0,6 -38,4%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.<br />
Seguono la Liguria (10,8%), la Puglia (9,6%) e l’Umbria (8,8%).<br />
Risultano interessanti, inoltre, i dati relativi al potenziale produttivo forniti da<br />
14 Consorzi e rappresentativi del 17% dell’intera produzione di olio certificata.<br />
Figura 3.29 - Grassi e oli di oliva <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>: ripartizione regionale del fatturato<br />
alla produzione (in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
50,2%<br />
10,8% 9,6% 8,8% 5,2% 4,9% 4,2% 6,2%<br />
Toscana Liguria Puglia Umbria Sicilia Lombardia Lazio Altre<br />
regioni<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
63
64<br />
3.8 Le carni fresche<br />
Nel dettaglio, presentano un potenziale produttivo elevato le denominazioni<br />
Canino e Colline Teatine, mentre più contenuto risulta per le <strong>DOP</strong> Laghi Lombardi<br />
e Dauno.<br />
Viceversa, per l’olio Terre di Siena il potenziale produttivo è pari all’1% in più<br />
rispetto a quello attualmente certificato (pari a 14,5 tonnellate).<br />
Il comparto delle carni fresche presenta due denominazioni registrate, il Vitellone<br />
Bianco dell’Appennino Centrale e l’Agnello di Sardegna.<br />
Per quest’ultimo nel 2004 non è stata certificata alcuna produzione.<br />
Al contrario, per il Vitellone bianco dell’Appennino Centrale, si rileva una<br />
produzione certificata pari a circa 5.416 tonnellate e un incremento del 27%, rispetto<br />
al dato 2003.<br />
Tabella 3.14 - I quantitativi certificati e il valore della produzione del Vitellone bianco<br />
dell’Appennino Centrale <strong>IGP</strong> nel 2004 (dati in tonnellate, milioni di euro)<br />
2004 2003 Var. % 04/03<br />
Quantità totale certificata (tonnellate) 5.416,7 4.264,0 27,0%<br />
Fatturato all'Azienda 29,8 24,2 23,0%<br />
Fatturato al Consumo 78,9 54,0 46,1%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione<br />
Ismea.<br />
Il Vitellone bianco dell’Appennino Centrale presentava, nel 2004, un fatturato<br />
alla produzione pari a 29,8 milioni di euro ed uno al consumo di 78,9 milioni di<br />
euro. Rispetto all’anno precedente, si evidenzia una crescita rispettivamente pari<br />
al 23% e al 46,1%.<br />
Inoltre, il Consorzio di Tutela evidenzia che la produzione potenzialmente certificabile<br />
è pari ad un ulteriore 145% in più di quella attuale.<br />
3.9 Gli altri <strong>prodotti</strong> italiani riconosciuti<br />
Accanto alle denominazioni finora analizzate, il paniere agroalimentare tutelato<br />
conta ulteriori 7 <strong>prodotti</strong> 29 appartenenti a diverse categorie: <strong>prodotti</strong> della panetteria,<br />
della pasticceria, della confetteria e della biscotteria, aceti diversi dagli<br />
aceti di vino 30 , oli essenziali e altri <strong>prodotti</strong> di origine animale.<br />
Nel 2004, l’Aceto balsamico tradizionale di Modena ha certificato 9.801<br />
litri, con un incremento del 165,7% rispetto all’anno precedente. Inoltre, si rileva<br />
che tale denominazione presenta un forte potenziale produttivo rispetto
alla produzione certificata ad oggi.<br />
A tale produzione è corrisposto un fatturato alla produzione pari a 3,5 milioni<br />
di euro, mentre quello al consumo si attesta sui 7,4 milioni di euro.<br />
22) Le fonti utilizzate per il presente capitolo della pubblicazione si riferiscono a:<br />
- per le quantità prodotte: Organismi di controllo autorizzati e Autorità designate. Per gli anni<br />
antecedenti alla loro autorizzazione (1998-2000), ai Consorzi di Tutela incaricati;<br />
- per i prezzi: rete di rilevazione Ismea e Ismea/AC-Nielsen. Per quelli non rilevati direttamente<br />
da Ismea: dichiarazioni fornite dagli Organismi di riferimento; ove tali Organismi non<br />
sono presenti i prezzi sono stati forniti da Coldiretti e in mancanza ottenuti da stime Ismea.<br />
23) Ultimo anno oggetto d’indagine.<br />
24) Tale valore non considera il fatturato alla produzione registrato dal comparto degli oli di<br />
oliva, in quanto non disponibile, come anche quello di altri comparti come le carni fresche,<br />
quello del miele e dei <strong>prodotti</strong> della panetteria.<br />
25) L’analisi della ripartizione territoriale si riferisce ai quantitativi certificati dei formaggi,<br />
dei <strong>prodotti</strong> a base di carne, dei grassi e oli, degli ortofrutticoli e cereali e delle carni fresche.<br />
Ai fini dell’analisi per territorio geografico si è considerato l’areale nel quale è possibile ottenere/elaborare<br />
il prodotto finito certificato come previsto dal disciplinare di produzione.<br />
26) I <strong>prodotti</strong> con areale di produzione multiregionale sono i seguenti: Asiago, Caciocavallo<br />
Silano, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Montasio, Parmigiano<br />
Reggiano, Pecorino Romano, Pecorino Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Garda, Cotechino<br />
di Modena, Mortadella Bologna, Salamini italiani alla Cacciatora, Zampone di Modena<br />
e Vitellone bianco dell’Appennino Centrale.<br />
27) Nel questionario somministrato ai Consorzi di tutela è stato richiesto agli stessi di indicare<br />
la percentuale di produzione che è potenzialmente certificabile, oltre a quella certificata,<br />
ma che per motivi economici, amministrativi, ecc. non è stata sottoposta al controllo per la<br />
certificazione.<br />
28) Cfr “I <strong>prodotti</strong> agroalimentari protetti in Italia”, dicembre 2005, Ismea.<br />
29) Vedi § 2.2<br />
30) L’organismo di controllo dell’Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia non ha fornito<br />
il dato relativo alla produzione certificata nel 2004.<br />
31) La produzione destinata al mercato nazionale è stata determinata applicando, ai quantitativi.<br />
65
66<br />
4. Il mercato nazionale, l’export e i canali distributivi<br />
4.1 Il mercato nazionale dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
4.1.1 Aspetti generali<br />
L<br />
a produzione certificata destinata al mercato nazionale31 sfiora le 600 mila<br />
tonnellate, con un’incidenza sul totale pari all’80,9%. Tale stima è stata determinata<br />
a partire dai dati forniti da 94 Consorzi di tutela che rappresentano il<br />
99,9% della produzione complessiva.<br />
Tabella 4.1 - I quantitativi certificati di <strong>prodotti</strong> Dop e Igp destinati al mercato nazionale<br />
nel 2004 (dati in tonnellate)<br />
Comparto Quantità certificata % incidenza su totale<br />
destinata al mercato nazionale<br />
mercato nazionale<br />
Formaggi 330.430,85 55,1%<br />
Grassi e oli 3.506,56 0,6%<br />
Ortofrutta 105.702,27 17,6%<br />
Prodotti a base di carne 154.739,49 25,8%<br />
Carni fresche 5.416,67 0,9%<br />
Totale 599.795,84 100,0%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Consorzi di tutela.<br />
A tali quantitativi, si aggiungono i 4 mila litri di Aceto balsamico tradizionale<br />
di Modena.<br />
L’80,9% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale è rappresentato<br />
dai comparti dei formaggi e dei <strong>prodotti</strong> a base di carne (rispettivamente<br />
55,1% e il 25,8%). I <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli rappresentano invece il 17,6% della<br />
produzione certificata.<br />
Il restante 1,5% della produzione è rappresentato dalle carni fresche (Vitellone<br />
Bianco dell’Appennino Centrale con lo 0,9%) e dai grassi e gli oli di oliva<br />
(0,6%).<br />
Scendendo nel dettaglio, si nota che il comparto che riserva la percentuale<br />
maggiore di produzione certificata al mercato nazionale è quello dei <strong>prodotti</strong> a base<br />
di carne: tale quota 32 rappresenta l’85,6% della produzione del comparto complessiva<br />
e sfiora le 155 mila tonnellate.<br />
In particolare, le percentuali di produzione destinata al mercato nazionale si
Figura 4.1 - I quantitativi certificati di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> destinati al mercato<br />
nazionale e all’export nel 2004 (dati in %)<br />
Carni fresche<br />
Aceti diversi<br />
dagli aceti<br />
di vino<br />
Prodotti a<br />
base di carne<br />
Ortofrutta<br />
Grassi e oli<br />
Formaggi<br />
100,0%<br />
41,7% 58,3%<br />
85,5%<br />
78,6%<br />
69,6%<br />
79,5%<br />
0 10 20 30 40 50<br />
%<br />
14,4%<br />
21,4%<br />
30,4%<br />
20,5%<br />
60 70 80 90 100<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
Mercato<br />
nazionale<br />
Export<br />
collocano in un intervallo compreso tra il 70% e il 100%. Si rileva inoltre che la<br />
quota di produzione destinata al mercato nazionale scende sotto la soglia del 90%<br />
solo per le produzioni “maggiori”: Prosciutto di Parma (83%), il Prosciutto San<br />
Daniele (82%) e lo Speck dell’Alto – Adige (70%).<br />
Figura 4.2 - La quota di produzione certificata destinata al mercato nazionale<br />
delle principali <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 (dati in %)<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
79,5%<br />
Totale formaggi<br />
Grana Padano<br />
Parmigiano<br />
Reggiano<br />
85,6%<br />
Totale <strong>prodotti</strong><br />
a base di carne<br />
Prosciutto<br />
di Parma<br />
Prosciutto<br />
San Daniele<br />
Speck<br />
dell'Alto-Adige<br />
78,6%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
Al comparto dei <strong>prodotti</strong> a base di carne segue quello dei formaggi con 330<br />
mila tonnellate 33 , pari al 79,5% della relativa produzione certificata. Nella totalità<br />
dei casi infatti, eccezion fatta per il Pecorino Romano, la quota di produzione certificata,<br />
destinata al territorio nazionale, è largamente superiore a quella esportata.<br />
Totale ortofrutta<br />
Mela Val di Non<br />
Nocciola del<br />
Piemonte<br />
69,6%<br />
Totale olio<br />
Toscano<br />
Chianti<br />
Classico<br />
67
68<br />
Tale trend si riscontra anche per denominazioni storiche e rappresentative del<br />
made in Italy all’estero: Grana Padano e Parmigiano Reggiano, destinano al mercato<br />
interno, rispettivamente il 77,8% e l’87,0% del totale.<br />
Seguono ancora il comparto dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli e quello degli oli, rispettivamente<br />
con il 78,6% 34 e il 69,6% 35 della produzione complessiva.<br />
È interessante notare che tra i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli la Bella della Daunia è il<br />
prodotto che destina la quota minore di produzione al mercato nazionale, appena<br />
il 14%, mentre nel comparto degli oli, solo tre Consorzi si collocano su quantitativi<br />
inferiori al 50% della produzione complessiva.<br />
La produzione certificata delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> destinata al mercato nazionale vanta<br />
un fatturato alla produzione superiore ai 3,7 miliardi di euro e un fatturato al<br />
consumo pari ai 6,3 miliardi di euro.<br />
Tabella 4.2 - I fatturati delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sul mercato nazionale nel 2004<br />
(dati in .000 di euro)<br />
Comparto Fatturato % incidenza Fatturato % incidenza<br />
all'Azienda sul fatturato al Consumo sul fatturato<br />
all'azienda totale al consumo totale<br />
Formaggi 2.210.068,95 60,1% 3.343.047,83 52,75%<br />
Grassi e oli 30.369,46 0,8% 41.449,61 0,7%<br />
Ortofrutta 90.872,72 2,5% 152.273,15 2,4%<br />
Prodotti a base di carne 1.312.954,79 35,7% 2.719.187,35 42,90%<br />
Carni fresche 29.791,67 0,8% 78.935,98 1,2%<br />
Aceti diversi dagli aceti di vino 1.450,06 0,0% 3.083,21 0,0%<br />
Totale 3.675.507,65 100,0% 6.337.977,13 100,0%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
Figura 4.3 - L’incidenza del fatturato alla produzione registrato sul mercato nazionale<br />
rispetto a quello totale nel 2004 (dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
100,0%<br />
Carni<br />
fresche<br />
85,2%<br />
Prodotti a<br />
base di<br />
carne<br />
81,4% 80,4%<br />
Formaggi<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
Ortofrutta<br />
59,8%<br />
Grassi<br />
e oli<br />
41,7%<br />
Aceti<br />
diversi<br />
dagli aceti<br />
di vino
4.2 I flussi di export<br />
Il 95,7% del fatturato al consumo relativo al mercato nazionale è riconducibile<br />
ai comparti dei formaggi e dei <strong>prodotti</strong> a base di carne; tali comparti rappresentano,<br />
rispettivamente, il 60,1% e il 35,7% del fatturato totale alla produzione e il<br />
52,7% e il 42,9% del fatturato al consumo.<br />
4.2.1 Introduzione<br />
Nel 2004 l’industria alimentare nazionale ha esportato, secondo i dati Istat,<br />
circa 18 milioni di tonnellate (-1,1% rispetto al 2003) a cui è corrisposto un fatturato<br />
di 15,7 milioni di euro, in crescita del 5,3% rispetto all’anno precedente.<br />
La presenza dei <strong>prodotti</strong> alimentari italiani sui mercati esteri risulta largamente<br />
inferiore alle potenzialità. Le principali cause alla base di questo sotto-dimensionamento<br />
vanno ricercate nell’eccessiva polverizzazione produttiva, nella scarsità<br />
e frammentazione delle risorse economiche necessarie alle attività promozionali e<br />
soprattutto nella limitata presenza e organizzazione della grande distribuzione italiana<br />
all’estero, diversamente dalla concorrenza comunitaria che dispone di una<br />
filiera più organica.<br />
Accanto a tali cause “strutturali”, si aggiunge anche il fenomeno dell’agropirateria<br />
internazionale che, secondo stime della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori),<br />
ogni anno provoca all’agricoltura italiana un danno stimato intorno ai 2,5<br />
miliardi di euro.<br />
Il più imitato tra i <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è il Parmigiano Reggiano: il suo “falso”<br />
lo troviamo in Argentina, in Brasile, in Giappone, ma anche in Germania e nel<br />
Regno Unito.<br />
Seguono il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele, il Grana Padano, la<br />
Mozzarella di bufala, l’Asiago e, negli ultimi tempi, il Gorgonzola. Il mercato dei<br />
“falsi” è maggiore in Usa e Canada (70%) e minore nell’Unione Europea (5%).<br />
Il danno economico diventa ancora più elevato se dalla pura contraffazione si<br />
passa al cosiddetto “Italian sounding”, minaccia più complessa e più recente che<br />
è costituita dall’utilizzo di nomi, immagini, forme che si richiamano alla tradizione<br />
alimentare del nostro Paese, confondendo il consumatore e spingendolo, indirettamente,<br />
all’acquisto di un prodotto “non originale”. Un business che, secondo<br />
stime della Federalimentare, raggiunge i 52,6 miliardi di euro.<br />
Ancora più preoccupante è il dato secondo cui tale fenomeno è maggiormente<br />
diffuso sul territorio europeo: in Europa il fatturato relativo ai <strong>prodotti</strong> “Italian<br />
sounding tocca i 25 miliardi di euro a fronte dei 21 del mercato degli USA e del<br />
Canada e i 6,6 miliardi degli altri Paesi.<br />
In tale contesto assume importanza la ripartizione dell’export tra i Paesi dell’UE<br />
e quelli extra UE.<br />
In particolare, l’analisi condotta evidenzia che, anche per i <strong>prodotti</strong> agroali-<br />
69
70<br />
mentari di qualità, così come per gli altri settori, è in atto lo spostamento del baricentro<br />
commerciale italiano al di fuori dell’Europa. Tuttavia, se tale trend rappresenta<br />
un’opportunità per alcuni <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, per le denominazioni caratterizzate<br />
da elevati volumi di produzioni è una scelta obbligata dettata dalla maturità<br />
dei principali mercati europei.<br />
I dati analizzati mostrano che ben il 40% dei quantitativi esportati di <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> raggiunge mercati non appartenti all’Unione Europea, con incidenze<br />
superiori a tale media nel caso degli oli di oliva (il 56,7% dei quantitativi certificati<br />
esportati), dei formaggi (48,5%) e degli aceti diversi dagli aceti di vino<br />
(42,9%).<br />
Figura 4.4 - Le esportazioni dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nei mercati UE ed extra UE nel 2004<br />
(dati in % dei volumi)<br />
Aceti<br />
Prodotti a<br />
base di carne<br />
Ortofrutta<br />
Grassi e oli<br />
Formaggi<br />
57,1% 42,9%<br />
71,9% 28,1%<br />
79,2% 20,8%<br />
43,3% 56,7%<br />
51,1% 48,5%<br />
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />
UE<br />
%<br />
Extra UE<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
Di contro, si evidenzia che i Paesi dell’Unione Europea sono le destinazioni<br />
principali per gli ortofrutticoli (79,2%) e per i <strong>prodotti</strong> a base di carne (71,9%).<br />
Nel dettaglio, si rileva che i Paesi extra UE più importanti sono rappresentati<br />
da Stati Uniti, Giappone, Cina, Russia e Svizzera. Tra le principali “destinazioni“dell’area<br />
euro predominano invece la Germania e la Francia.<br />
Nel 2004 sono state esportate 142 mila tonnellate 36 di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> con<br />
un incremento, rispetto al 2003, superiore al 34,4% 37 .<br />
A tali quantitativi è corrisposto un valore di poco superiore ai 900 milioni di<br />
euro, pari all’8,4% in più rispetto all’anno precedente e rappresentativo di ben il<br />
5,8% del valore totale delle esportazioni alimentari.<br />
L’incremento del fatturato, minore rispetto all’aumento delle quantità esportate,<br />
è da attribuire al calo nei prezzi all’export che se da un lato ha permesso di incrementare<br />
le vendite all’estero, dall’altro ha comunque ridotto il margine di profitto<br />
ottenibile.<br />
Nonostante ciò, le esportazioni dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> hanno comunque consentito<br />
di contenere il calo dei consumi nazionali: la quota di mercato di tali pro-
Figura 4.5 - I quantitativi esportati nel 2004 e nel 2003 nei principali comparti <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
(dati in tonnellate)<br />
90.000<br />
80.000<br />
70.000<br />
60.000<br />
50.000<br />
75.091,2 85.277,7<br />
40.000<br />
30.000<br />
20.000<br />
28.727,6 27.716,1 26.108,2<br />
10.000<br />
0<br />
1.192,4 1.533,7 1.365,9<br />
Formaggi Grassi e oli Ortofrutta Prodotti a<br />
base di carne<br />
2003 2004<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
Tabella 4.3 - Le esportazioni di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> italiani nel 2004 (dati in tonnellate, .000 di euro)<br />
Quantità esportate Valore export<br />
Comparto 2004 2003 Var. % 04/03 2004 2003 Var. % 04/03<br />
Formaggi 85.277,7 75.091,2 13,6% 618.331,1 559.895,1 10,4%<br />
Grassi e oli 1.533,7 1.192,4 28,6% 20.179,9 13.978,3 44,4%<br />
Ortofrutta 28.727,6 1.365,9 2003,1% 19.158,4 1.142,2 1577,3%<br />
Prodotti a base di carne 26.108,2 27.716,1 -5,8% 243.851,0 259.292,7 -6,0%<br />
Aceti diversi dagli aceti di vino 5.718,4 n.d. n.d. 2.640,2 n.d. n.d.<br />
Totale 147.365,6 105.365,6 34,4% 904.160,7 834.308,3 8,4%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
dotti è in aumento soprattutto nei Paesi dove la capacità di acquisto dei consumatori<br />
è in crescita.<br />
La quota maggiore di export è detenuta dai formaggi <strong>DOP</strong>: il 60,2%, corrispondenti<br />
a circa 85.278 tonnellate, con un incremento, rispetto al 2003, del<br />
13,6%. Il controvalore di tali quantità è stimato superiore ai 618 milioni di euro.<br />
Inoltre, le quantità esportate di formaggi <strong>DOP</strong> rappresentano il 38,8% delle<br />
vendite all’estero dell’intero comparto a livello nazionale, dimostrando ancora<br />
una volta che tra i principali <strong>prodotti</strong> del made in Italy conosciuti all’estero figurano<br />
proprio le denominazioni d’origine.<br />
Tra i formaggi <strong>DOP</strong> quelli maggiormenti export oriented sono il Grana Padano,<br />
che esporta il 22,2% della produzione certificata (pari a 28.351 tonnellate) e il<br />
Pecorino Romano con il 55,6% (pari a 21.237 tonnellate).<br />
Seguono il Parmigiano Reggiano (17,6%), il Gorgonzola (14,5%) e a lunga distanza<br />
la Mozzarella di Bufala Campana (4,9%).<br />
I <strong>prodotti</strong> a base di carne hanno esportato 26.108 tonnellate, il 5,8% in meno<br />
71
72<br />
Figura 4.6 - La suddivisione per comparto delle esportazioni di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
nel 2004 (in % dei volumi)<br />
Prodotti a base<br />
di carne<br />
18,4%<br />
Ortofrutta<br />
20,3%<br />
Grassi e oli<br />
1,1%<br />
Formaggi<br />
60,2%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
rispetto al 2003, per un valore pari a circa 244 milioni di euro (-6,0%).<br />
Tra i <strong>prodotti</strong> a base di carne, il primato per i quantitativi esportati spetta allo<br />
Speck dell’Alto Adige (30%), al Prosciutto San Daniele (18%) e al Prosciutto di<br />
Parma (17%).<br />
Un altro 20,3% dell’export dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è rappresentato dagli ortofrutticoli<br />
(28.728 tonnellate) che rilevano l’incremento più consistente rispetto al<br />
2003, e registrano un fatturato alla dogana superiore ai 19 milioni di euro.<br />
Tra i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli, quelli che mostrano la maggiore incidenza dei<br />
quantitativi esportati sul totale sono la Bella della Daunia (86%) e il Pomodoro<br />
San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%).<br />
Una quota marginale (pari all’1,1%) interessa invece gli oli extravergini di oliva<br />
che, rispetto al 2003, registrano un incremento di circa il 28,6%.<br />
Figura 4.7 - I principali <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> export-oriented nel 2004<br />
(incidenza export sul totale vendite, dati in % dei volumi)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
83,3%<br />
Valli<br />
Trapanesi<br />
Toscano<br />
65,0%<br />
60,0% 58,3% 55,6%<br />
Pomodoro di<br />
San Marzano<br />
dell'Agro<br />
Sarnese<br />
Nocerino<br />
Aceto Balsamico<br />
Tradizionale<br />
di Modena<br />
Pecorino<br />
Romano<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.<br />
30,0%<br />
Speck<br />
dell'Alto Adige
4.3 I canali distributivi<br />
In tale comparto, i principali <strong>prodotti</strong> export oriented sono la <strong>DOP</strong> Valli Trapanesi<br />
e l’<strong>IGP</strong> Toscano, rispettivamente l’83,3% e il 65% della produzione certificata;<br />
a questi segue il Chianti Classico con il 57%.<br />
Per quanto concerne gli altri comparti, si rileva che l’Aceto balsamico tradizionale<br />
di Modena ha esportato poco più di 5.700 litri, per un controvalore poco<br />
superiore ai 2,6 milioni di euro.<br />
L’analisi condotta evidenzia dunque che i <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> che mostrano<br />
una maggiore vocazionalità all’export sono il Toscano (65%), il Pomodoro San<br />
Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%), il Pecorino Romano (55,6%) e lo<br />
Speck dell’Alto Adige (30%).<br />
La scelta dei canali di vendita da parte dei produttori di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> si differenzia<br />
a seconda delle dimensione delle aziende e della tipologia di <strong>prodotti</strong> offerti:<br />
se per le produzioni caratterizzate da elevati quantitativi <strong>prodotti</strong> la distribuzione<br />
moderna è una via obbligata, per le altre produzioni la scelta del canale di vendita<br />
è indicata dal target di consumatore da raggiungere.<br />
La diffusione della conoscenza e l’apprezzamento dei <strong>prodotti</strong> tipici da parte<br />
dei consumatori ha avuto importanti riflessi sia sulla struttura distributiva, con la<br />
creazione di negozi specializzati e siti Internet dedicati, sia sulle politiche di offerta<br />
della stessa.<br />
In riferimento a quest’ultimo aspetto, una nota di rilievo è il successo raggiunto<br />
dalle linee di <strong>prodotti</strong> tipici lanciate dalle principali insegne della GDO, attive<br />
nell’organizzazione di eventi promozionali diretti a presentare agli acquirenti il<br />
plus dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e “tipici”.<br />
In tal modo, l’acquisto di tali <strong>prodotti</strong> non è più solo una prerogativa del consumatore<br />
che vive nella zona di produzione o del turista che vi si reca ma la GDO<br />
Figura 4.8 - Destinazione delle vendite sul territorio nazionale dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
nel 2004 (dati in %)<br />
Mercato locale<br />
1%<br />
Mercato regionale<br />
12%<br />
Altre regioni<br />
87%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
73
74<br />
diventa, per il consumatore, il principale referente per i <strong>prodotti</strong> tipici.<br />
Anche l’analisi dei dati comunicati dai Consorzi di tutela 38 sulla diffusione<br />
territoriale delle produzioni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> evidenzia che ben l’87% dei <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è presente su tutto il territorio nazionale, mentre solo il 12,3% è disponibile<br />
nella regione di produzione o nelle aree strettamente contigue. Il restante<br />
0,7% trova diffusione limitatamente al mercato locale di produzione; quest’ultimo<br />
dato si riferisce a produzioni di nicchia strettamente legate al territorio, anche se<br />
di grande qualità.<br />
Altro aspetto da rilevare riguarda le numerose e differenti attività di valorizzazione<br />
e riconoscibilità dei <strong>prodotti</strong> tipici adottate dai Consorzi di Tutela, dirette da<br />
un lato a consolidare la presenza nei tradizionali canali di vendita e dall’altro ad<br />
ampliare la quota in altri, quali l’Horeca.<br />
In tal senso, si moltiplicano le attività di promozione svolte in partnership con altri<br />
<strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e le azioni di co-marketing con altri comparti economici (turismo,<br />
artigianato e commercio). In particolare, negli ultimi tempi si è individuato nel<br />
turismo “verde” ed “enogastronomico” il volano per “acquisire”, sia in riferimento al<br />
mercato nazionale che estero, nuovi segmenti di mercato e canali di vendita.<br />
Figura 4.9 - I canali di vendita di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
43,9<br />
36,4<br />
6,4<br />
GDO Grossisti Dettaglio<br />
trad.<br />
4,2<br />
Dettaglio<br />
spec.<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
0,8<br />
Vendita<br />
in azienda<br />
HoReCa Altro<br />
Totale<br />
Dop e Igp<br />
Formaggi<br />
Grassi e oli<br />
Ortofrutta<br />
Prodotti a<br />
base di carne<br />
Aceti<br />
Carne fresca<br />
I dati rilevati presso i Consorzi di Tutela, confermano quanto evidenziato nell’indagine<br />
relativa all’anno precedente: la GDO con il 43,9% dei quantitativi certificati,<br />
è il principale canale a cui le aziende che commercializzano <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
ricorrono per veicolare i loro <strong>prodotti</strong>, anche se con una diversa incidenza tra i diversi<br />
comparti.<br />
Atale canale segue quello dei grossisti con il 36,4% e il dettaglio tradizio-<br />
2,7<br />
4,4
Figura 4.10 - I canali di vendita di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 - mercato estero (dati in % dei volumi)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
GDO Grossisti Dettaglio<br />
trad<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
.<br />
Dettaglio<br />
spec.<br />
Altro<br />
Totale<br />
<strong>DOP</strong> <strong>IGP</strong><br />
Formaggi<br />
Grassi e oli<br />
Ortofrutta<br />
Prodotti a<br />
base di carne<br />
nale e specializzato, che rappresenta il 10,6%.<br />
Situazione evidentemente differente si rileva per i canali distributivi utilizzati<br />
per commercializzare i <strong>prodotti</strong> tipici sui mercati esteri.<br />
Dai dati dei Consorzi di Tutela 39 emerge che ben il 56,6% dei <strong>prodotti</strong> a denominazione<br />
d’origine arriva sui mercati esteri attraverso i grossisti, mentre la GDO<br />
veicola il 41,6% dei quantitativi esportati.<br />
Il restante 1,7% è commercializzato attraverso gli altri canali di vendita (come<br />
quelli del dettaglio tradizionale e specializzato).<br />
4.3.1 I formaggi40 Il 46,3% della produzione di formaggi <strong>DOP</strong> destinati nel 2004 al mercato nazionale<br />
è commercializzato dalla GDO e il 30,7% dai grossisti.<br />
Il restante 23% della produzione è commercializzata dagli altri canali tra i<br />
quali assumono una maggiore incidenza la vendita diretta con il 7% e il dettaglio<br />
specializzato con il 5,2% dei quantitativi certificati.<br />
In particolare, l’analisi condotta evidenzia che sono le <strong>DOP</strong>, quantitativamente<br />
più importanti, a rivolgersi prevalentemente alla GDO e ai grossisti; di contro, le<br />
produzioni caratterizzate da minori quantitativi certificati si rivolgono ai punti<br />
vendita del dettaglio (tradizionale e specializzato) e agli altri intermediari commerciali.<br />
A livello di singola denominazione, si nota che la GDO è l’interlocutore privilegiato<br />
di Pecorino Sardo (80% della produzione certificata destinata al mercato<br />
nazionale), Gorgonzola (69%), Fontina e Valtellina Casera (il 60% in entrambi i<br />
casi).<br />
75
76<br />
Figura 4.11 - I canali di vendita dei formaggi <strong>DOP</strong> nel 2004 - mercato nazionale<br />
(dati in % dei volumi)<br />
HoReCa<br />
3,7%<br />
Ambulanti<br />
mercati rionali 1,4%<br />
Dettaglio<br />
specializzato 5,2%<br />
Dettaglio<br />
tradizionale 3,9%<br />
Vendita in<br />
azienda 7,0%<br />
Grossisti<br />
30,7%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
Autoconsumo<br />
0,1%<br />
Altro<br />
1,8%<br />
GDO<br />
46,3%<br />
Importante anche la quota di Parmigiano Reggiano commercializzata attraverso<br />
la GDO, pari al 56%, mentre il 17% è veicolato attraverso i grossisti. Il restante<br />
27% della produzione è venduta attraverso gli altri canali, tra i quali prevalgono il<br />
dettaglio tradizionale con il 9% e la vendita in azienda con l’8%.<br />
Del tutto ribaltata la politica distributiva del Grana Padano che affida il 57% della<br />
produzione certificata al canale dei grossisti e il 32% alla GDO. Il restante 11%<br />
della produzione è suddivisa tra la vendita in azienda (9%) e l’HORECA (2%).<br />
I grossisti prevalgono sulla GDO anche nella commercializzazione di Fiore<br />
Sardo (95%), Formai de Mut dell’Alta Val Brembana (70%) e Castelmagno<br />
(60%).<br />
Figura 4.12 - I canali di vendita dei principali formaggi <strong>DOP</strong> nel 2004 - mercato nazionale<br />
(dati in % dei volumi)<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
Gorgonzola Grana Padano Mozzarella<br />
di Bufala<br />
Campana<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
Parmigiano<br />
Reggiano<br />
Pecorino<br />
Romano<br />
GDO<br />
Grossisti<br />
Dettaglio<br />
tradizionale<br />
Dettaglio<br />
specializzato<br />
Altri
Figura 4.13 - I canali di vendita dei formaggi <strong>DOP</strong> nel 2004 - export<br />
(dati in % dei volumi)<br />
Grossisti<br />
80,1%<br />
Dettaglio<br />
specializzato<br />
0,1%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
Dettaglio<br />
tradizionale<br />
0,1%<br />
GDO<br />
19,6%<br />
Per quanto concerne gli altri canali distributivi, si evidenzia che i punti vendita<br />
al dettaglio assumono un peso rilevante nella commercializzazione del Bitto (60%<br />
in totale tra dettaglio tradizionale e specializzato), del Valle d’Aosta Fromadzo<br />
(50% al dettaglio specializzato), del Canestrato Pugliese (30% rispettivamente al<br />
dettaglio tradizionale e al dettaglio specializzato) e Formai de Mut dell’Alta Val<br />
Brembana (30% al dettaglio specializzato).<br />
Tra i restanti canali di vendita, si evidenzia il ruolo relativamente più importante<br />
assunto dagli ambulanti e i mercati rionali per il Castelmagno, il Murazzano<br />
(rispettivamente il 20%), dal canale HORECA per il Monte Veronese (20%) e dalla<br />
vendita in azienda per la Mozzarella di Bufala Campana (12%).<br />
Per quanto riguarda la politica distributiva adottata per veicolare i formaggi<br />
<strong>DOP</strong> sui mercati esteri, l’analisi dei dati 41 evidenzia la concentrazione del 99,8%<br />
dei quantitativi esportati nelle mani dei grossisti e della GDO, rispettivamente con<br />
l’80,1% e il 19,6% dei quantitativi esportati.<br />
In particolare, i grossisti commercializzano il 100% dei quantitativi esportati<br />
di Asiago, Canestrato Pugliese, Castelmagno e Pecorino Romano, il 65% di quelli<br />
del Grana Padano e il 60% del Raschera.<br />
Privilegiano la GDO il Monte Veronese (90%) e la Fontina (60%).<br />
Per quanto concerne i punti vendita del dettaglio (tradizionale e specializzato),<br />
questi sono utilizzati dalle <strong>DOP</strong> Bra e Toma Piemontese (nell’80% dei casi per<br />
entrambi).<br />
4.3.2 I <strong>prodotti</strong> a base di carne<br />
L’analisi dei dati 42 evidenzia il ruolo dominante della GDO nella commercializzazione<br />
dei <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>: ben il 59,1% dei quantitativi<br />
certificati destinati al mercato nazionale è infatti veicolato attraverso tale canale.<br />
Accanto a tale risultato, si evidenzia comunque la concentrazione del restante<br />
77
78<br />
Figura 4.14 - I canali di vendita dei <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 - mercato<br />
nazionale (dati in % dei volumi)<br />
Grossisti<br />
18,5%<br />
Dettaglio<br />
specializzato 2%<br />
Dettaglio<br />
tradizionale 18,5%<br />
HoReCa<br />
1,9%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
Vendita in azienda<br />
0,1%<br />
GDO<br />
59,1%<br />
36,9% presso i grossisti e il dettaglio tradizionale, con il 18,5% ciascuno dei<br />
quantitativi commercializzati.<br />
L’analisi della quota detenuta dal dettaglio tradizionale, conferma quanto già<br />
evidenziato nella precedente indagine: per alcuni <strong>prodotti</strong>, soprattutto di nicchia o<br />
ottenuti da piccole imprese artigianali, il ruolo della distribuzione moderna è più<br />
ridimensionato e i negozi indipendenti coprono una quota delle vendite decisamente<br />
superiore alla media.<br />
A livello di singola denominazione si evidenzia che la GDO assume un peso<br />
rilevante nella commercializzazione del Salame Brianza (90%), del Salame di<br />
Varzi (78%), del Prosciutto di Modena, del Prosciutto Toscano e della Soprèssa<br />
Figura 4.15 - I canali di vendita dei principali <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 - mercato<br />
nazionale (dati in % dei volumi)<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
59,1%<br />
18,5%<br />
18,5%<br />
2,0%<br />
Prodotti a base<br />
di carne<br />
2,0%<br />
60,0%<br />
20,0%<br />
20,0%<br />
Prosciutto<br />
di Parma<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
60,0%<br />
20,0%<br />
10,0%<br />
Prosciutto di<br />
San Daniele<br />
10,0%<br />
GDO<br />
Grossisti<br />
Dettaglio<br />
tradizionale<br />
Dettaglio<br />
specializzato<br />
Altri
Vicentina, con un peso per questi ultimi tre <strong>prodotti</strong> del 70%.<br />
In misura relativamente minore, privilegiano il canale della distribuzione moderna<br />
la Coppa Piacentina (61%), il Prosciutto di Norcia, il Prosciutto di Parma e<br />
il Prosciutto San Daniele (60%) e il Salame e la Pancetta Piacentina (il 58% ciascuno).<br />
Di contro, è limitato il peso dei grossisti con alcune eccezioni come il Valle<br />
d’Aosta Jambon de Bosses che riserva a tale canale il 60% dei quantitativi certificati<br />
destinati al mercato nazionale e la Bresaola della Valtellina (40%).<br />
Il dettaglio tradizionale, inoltre, assume un peso importante nella commercializzazione<br />
del Prosciutto Veneto Berico-Euganeo, con una quota pari al 40% dei<br />
quantitativi certificati, per il Lardo di Colonnata (26%) e per il Prosciutto di Norcia,<br />
il Prosciutto di Parma e il Prosciutto San Daniele con il 20% ciascuno.<br />
Il dettaglio specializzato e l’HORECA assumono, come era lecito attendersi,<br />
un peso relativamente maggiore nella commercializzazione del Culatello di Zibello,<br />
ciascuno con il 25% dei quantitativi certificati; residuale la quota degli altri<br />
<strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> che si rivolgono a tale canale.<br />
L’analisi dei dati 43 relativi ai canali distributivi utilizzati per l’export, evidenzia<br />
risultati in linea con la “politica” di distribuzione adottata a livello nazionale:<br />
ben il 50,3% della produzione dei salumi <strong>DOP</strong> “arriva” sui mercati esteri attraverso<br />
la GDO, il 20,7% attraverso i grossisti e il 14,9% attraverso i punti vendita del<br />
dettaglio tradizionale.<br />
Figura 4.16 - I canali di vendita dei <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 - export<br />
(dati in % dei volumi)<br />
Dettaglio<br />
specializzato<br />
4,7%<br />
Dettaglio<br />
tradizionale<br />
14,9%<br />
Grossisti<br />
20,7%<br />
Altro<br />
9,3%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
GDO<br />
50,3%<br />
Il restante 14% si suddivide sostanzialmente tra altri canali (9,3%), rappresentati<br />
principalmente da quello HORECA, e il dettaglio specializzato (4,7%).<br />
Tali risultati evidenziano una politica distributiva estera differente da quella<br />
adottata nel comparto dei formaggi, dove, come visto sopra, è il canale dei grossisti<br />
importatori ad accentrare la quota maggiore di quantità esportate.<br />
79
80<br />
Nel dettaglio, la GDO è attiva nella commercializzazione del 100% della produzione<br />
destinata all’export dal Prosciutto di Modena e del 52% del Prosciutto<br />
San Daniele. Mentre si “affidano” ai grossisti il Prosciutto di Norcia e il Salame<br />
Brianza (ciascuno il 100% dei quantitativi esportati), il Lardo di Colonnata (90%)<br />
e il Prosciutto Toscano (80%).<br />
4.3.3 Gli ortofrutticoli e i cereali<br />
L’analisi dei dati comunicati dai Consorzi 44 evidenzia che i grossisti svolgono<br />
un ruolo importante nella commercializzazione dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a marchio<br />
europeo. Ben l’80,3% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale<br />
è infatti commercializzato da questo tipo di intermediari commerciali, mentre la<br />
distribuzione moderna detiene una quota del 17,9%.<br />
I restanti canali di vendita rappresentano complessivamente l’1,8% dei quantitavi<br />
certificati destinati al mercato nazionale.<br />
Figura 4.17 - I canali di vendita dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli e cereali <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004<br />
- mercato nazionale (dati in % dei volumi)<br />
Dettaglio<br />
tradizionale 0,9%<br />
Dettaglio<br />
specializzato 0,7%<br />
Grossisti<br />
80,4%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
Vendite in azienda<br />
0,1%<br />
Ambulanti<br />
mercati rionali<br />
0,1%<br />
GDO<br />
17,9%<br />
Tale distribuzione percentuale, tuttavia, è da attribuire sostanzialmente alla<br />
quota detenuta nella commercializzazione dalla mela Val di Non: se si escludesse<br />
tale denominazione si evidenzierebbe che il peso detenuto dalla GDO in tale comparto<br />
sarebbe pari al 69,3% e quello dei grossisti al 10,7%. Tale scenario, sarebbe<br />
peraltro in linea con quello che emerge dal settore dell’ortofrutta nel suo complesso:<br />
la distribuzione moderna ha assunto ormai un ruolo centrale in tale settore con<br />
il conseguente ridimensionamento degli altri canali di vendita.<br />
Scendendo nel dettaglio dell’analisi, a livello di singola denominazione si evidenzia<br />
che la GDO è l’unico referente commerciale per il Limone di Sorrento<br />
(100%).<br />
Inoltre, assume un peso rilevante per la Pesca e Nettarina di Romagna (70%) e<br />
il Pomodoro di San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%).
Figura 4.18 - I canali di vendita dei principali <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 - mercato<br />
nazionale (dati in % dei volumi)<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
100,0% 87,2%<br />
Limone<br />
di Sorrento<br />
12,8%<br />
Mela<br />
Val di Non<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
Per quanto riguarda i grossisti, se si esclude la Mela Val di Non (87% dei<br />
quantitativi), l’analisi evidenzia che tale canale detiene quote importanti nella<br />
commercializzazione delle sole produzioni che presentano un peso produttivo<br />
marginale rispetto al totale.<br />
Si evidenzia inoltre che la quota più importante detenuta dal dettaglio tradizionale<br />
è il 90% della Farina di Neccio della Garfagnana, mentre l’HORECA commercializza<br />
l’80% dei quantitativi del Fungo di Borgotaro. Differente la scelta del<br />
Marrone di San Zeno che, anche in relazione agli esigui quantitativi certificati,<br />
commercializza il 90% della produzione tramite la vendita diretta presso le aziende<br />
di produzione e il restante 10% attraverso l’HORECA.<br />
Del tutto ribaltata la situazione che rileva l’analisi dei canali distributivi 45 uti-<br />
Figura 4.19 - I canali di vendita dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli e cereali <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 -<br />
export (dati in % dei volumi)<br />
Grossisti<br />
18,8%<br />
70,0%<br />
30,0%<br />
Pesca e Nettarina<br />
di Romagna<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
60,0%<br />
20,0% 20,0%<br />
Pomodoro di<br />
San Marzano dell'agro<br />
sarnese nocerino<br />
GDO<br />
81,2%<br />
GDO<br />
Grossisti<br />
Dettaglio<br />
tradizionale<br />
Altri<br />
81
82<br />
lizzati per collocare i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sui mercati esteri. Ben<br />
l’81,2% dei quantitativi certificati è commercializzato dalla GDO e il restante<br />
18,8% dai grossisti.<br />
Nel dettaglio, come rilevato per il mercato nazionale, la GDO estera si conferma<br />
l’unico referente per il Limone di Sorrento e veicola, inoltre, il 91% dei quantitativi<br />
oltrefrontiera della Mela Val di Non, a fronte di una quota di appena il<br />
13% detenuta sul mercato nazionale.<br />
I grossisti commercializzano l’intera produzione destinata all’export della Ciliegia<br />
di Marostica, della Nocellara del Belice, della Pera Mantovana, del Pomodoro<br />
San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino, del Radicchio Rosso di Treviso<br />
e del Radicchio Variegato di Castelfranco.<br />
4.3.4 I grassi e oli di oliva<br />
La distribuzione moderna assume una quota importante nel comparto degli oli<br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>: dai dati dei Consorzi di Tutela 46 si evidenzia infatti che la GDO veicola<br />
ben il 56,9% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale. Tale<br />
comparto, per il peso assunto dalla GDO, è secondo solo a quello dei <strong>prodotti</strong> a<br />
base di carne.<br />
A distanza dalla GDO, solo il dettaglio specializzato assume una quota apprezzabile,<br />
pari al 13,1%, mentre l’incidenza degli altri canali è residuale.<br />
Figura 4.20 - I canali di vendita dei grassi e oli di oliva <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 - mercato<br />
nazionale (dati in % dei volumi)<br />
Ambulanti/mercati<br />
rionali 0,2%<br />
Dettaglio<br />
specializzato 13,1%<br />
Dettaglio<br />
tradizionale 4,7%<br />
Vendita in azienda<br />
13,6%<br />
HoReCa<br />
4,7%<br />
Grossisti 2,6%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
Autoconsumo<br />
0,2%<br />
Altro<br />
4,1%<br />
GDO<br />
56,9%<br />
È opportuno comunque evidenziare che il 98,2% dei quantitativi veicolati dalla<br />
distribuzione moderna è riconducibile alla produzione ad essa destinata da 4<br />
denominazioni che rappresentano complessivamente il 61,3% della produzione<br />
complessiva di olio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>. Tali produzioni sono il Terra di Bari, con l’80%<br />
dei quantitativi certificati, il Toscano e il Valli Trapanesi, entrambi con il 60% e il<br />
Riviera Ligure con il 50%.
I punti vendita del dettaglio specializzato sono la “via” preferenziale della<br />
<strong>DOP</strong> Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa (70% dei<br />
quantitativi certificati) e del Colline di Romagna (50%). Il restante 50% di quest’ultima<br />
<strong>DOP</strong> è veicolato attraverso il canale HORECA.<br />
Tra le denominazioni che si rivolgono ai grossisti, le quote più importanti sono<br />
quelle relative alle <strong>DOP</strong> Colline Teatine e Brisighella, rispettivamente il 60% e il<br />
50%.<br />
La vendita diretta in azienda è invece il canale cui destinano la maggior parte<br />
di quantitativi certificati le <strong>DOP</strong> Laghi Lombardi (80%), Canino (60%) e Cartoceto<br />
(55%).<br />
Per quanto concerne i quantitativi esportati 47 , il 95,9% dell’offerta è concentrata<br />
presso i grossisti e la GDO, rispettivamente il 50,8% e il 45,1%.<br />
Tra gli altri canali, prevale il dettaglio specializzato con il 2,3%.<br />
Figura 4.21 - I canali di vendita dei grassi e oli di oliva <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 - export<br />
(dati in % dei volumi)<br />
Dettaglio<br />
tradizionale 0,9%<br />
Grossisti<br />
50,8%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
Nel dettaglio, le <strong>DOP</strong> Colline Teatine, Val di Mazara e Valli Trapanesi, collocano<br />
il 100% dei quantitativi esportati attraverso i grossisti; tale canale è anche<br />
utilizzato per collocare l’80% della produzione esportata rispettivamente del Riviera<br />
Ligure e del Terre di Siena.<br />
L’<strong>IGP</strong> Toscano, colloca il 60% dei quantitativi esportati attraverso la GDO,<br />
mentre il restante 40% è veicolato attraverso i grossisti.<br />
I punti vendita al dettaglio (tradizionale e specializzato) sono la destinazione<br />
dell’80% delle vendite all’estero della <strong>DOP</strong> Collina di Brindisi e del 70% di quel-<br />
le del Terra d’Otranto.<br />
Dettaglio<br />
specializzato 2,3%<br />
Altro<br />
1,0%<br />
GDO<br />
45,1%<br />
4.3.5 Gli altri <strong>prodotti</strong><br />
L’analisi dei dati comunicati dal Consorzio del Vitellone bianco dell’Appennino<br />
Centrale evidenzia che ben il 64% della produzione destinata al mercato nazio-<br />
83
84<br />
nale è veicolato dalla distribuzione moderna.<br />
Il 32% è commercializzato dai negozi del dettaglio specializzato, mentre il restante<br />
4% alimenta il canale HORECA.<br />
Figura 4.22 - I canali di vendita del Vitellone bianco dell’Appennino Centrale <strong>IGP</strong> e dell’Aceto balsamico<br />
tradizionale di Modena nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi)<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
64,0%<br />
32,0%<br />
4,0%<br />
Vitellone bianco Aceto balsamico<br />
tradizionale di Modena<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.<br />
5,0%<br />
30,0%<br />
10,0%<br />
25,0%<br />
10,0%<br />
20,0%<br />
GDO<br />
Grossisti<br />
Dettaglio<br />
tradizionale<br />
Dettaglio<br />
specializzato<br />
HoReCa<br />
Vendita<br />
in azienda<br />
Del tutto differente la politica distributiva del Consorzio dell’aceto balsamico<br />
tradizionale di Modena che colloca ben il 75% della produzione attraverso i grossisti<br />
(30%), i punti vendita del dettaglio specializzato (25%) e la vendita in azienda<br />
(20%). Il restante 25% della produzione è veicolata attraverso il dettaglio tradizionale<br />
e l’HORECA (rispettivamente il 10%) e la GDO (il 5%).<br />
Mentre per quanto concerne le esportazioni dell’Aceto balsamico tradizionale<br />
di Modena, si evidenzia che l’intera produzione venduta all’estero presenta come<br />
sbocco i punti vendita al dettaglio (70% specializzato e 30% tradizionale).<br />
31) La produzione destinata al mercato nazionale è stata determinata applicando, ai quantitativi<br />
certificati dichiarati dagli Organismi di controllo, la percentuale della produzione certificata<br />
destinata al mercato nazionale desunta dai questionari somministrati ai Consorzi di tutela.<br />
32) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata<br />
da 19 su 27 Consorzi, che rappresentano il 99,2% della produzione certificata complessiva.<br />
Per i restanti Consorzi si è assunto, poiché si trattava comunque di produzioni “minori”,<br />
che tutta la produzione certificata sia destinata al mercato nazionale.<br />
33) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata<br />
da 26 su 31 Consorzi, che rappresentano il 99,7% della produzione certificata complessiva.<br />
Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al<br />
mercato nazionale.
34) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata<br />
da 28 su 34 Consorzi, che rappresentano il 97,5% della produzione certificata complessiva.<br />
Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al<br />
mercato nazionale.<br />
35) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata<br />
da 18 su 29 Consorzi, che rappresentano il 69,9% della produzione certificata complessiva.<br />
Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al<br />
mercato nazionale.<br />
36) I quantitativi destinati all’export sono stati determinati applicando, ai quantitativi certificati<br />
dichiarati dagli Organismi di Controllo, la percentuale della produzione certificata destinata<br />
all’export dichiarata da 68 Consorzi di Tutela, che rappresentano il 97,4% della produzione<br />
certificata complessiva.<br />
37) Tali quantitativi non comprendono i 5.718 litri esportati di Aceto balsamico tradizionale<br />
di Modena.<br />
38) I dati utilizzati per l’analisi territoriale e i canali di vendita utilizzati sul mercato nazionale<br />
sono quelli rilevati presso 87 Consorzi di Tutela che rappresentano il 90,9% della produzione<br />
certificata complessiva.<br />
39) Nel questionario si è chiesto ai Consorzi di tutela di indicare i canali di vendita utilizzati<br />
per la commercializzazione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e i relativi quantitativi espressi in percentuale. È<br />
opportuno evidenziare che l’analisi riportata in questo paragrafo evidenzia risultati differenti<br />
da quelli rilevati dal Panel Ismea/ACNielsen, illustrati nel capitolo Errore. L'origine riferimento<br />
non è stata trovata., sia per il diverso orizzonte temporale considerato in esso (anno<br />
2005) sia in relazione al fatto che il Panel non considera i consumi extradomestici.<br />
40) I dati sui canali di vendita utilizzati per commercializzare i <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sui mercati<br />
esteri sono quelli dichiarati da 36 Consorzi di Tutela che rappresentano 44,1% della produzione<br />
certificata.<br />
41) Al quesito hanno fornito risposta 24 Consorzi di Tutela che rappresentano il 98,5% della<br />
produzione certificata del comparto.<br />
42) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 11 Consorzi<br />
di Tutela che rappresentano il 47% della produzione certificata del comparto.<br />
43) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta<br />
16 Consorzi di Tutela che rappresentano il 73,6% della produzione certificata del comparto.<br />
44) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 7 Consorzi<br />
di Tutela che rappresentano il 15,7% della produzione certificata del comparto.<br />
45) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta<br />
28 Consorzi di Tutela che rappresentano il 88,2% della produzione certificata del comparto.<br />
46) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 9 Consorzi<br />
di Tutela che rappresentano il 92,3% della produzione certificata del comparto.<br />
47) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta<br />
16 Consorzi di Tutela che rappresentano il 72,9% della produzione certificata del comparto.<br />
48) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 9 Consorzi<br />
di Tutela che rappresentano il 74,5% della produzione certificata del comparto.<br />
85
86<br />
5. I consumi domestici di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
5.1 Il quadro complessivo<br />
L’<br />
analisi dei consumi di <strong>prodotti</strong> Dop-Igp è stata realizzata utilizzando, come<br />
di consueto, i dati del Panel continuativo Ismea/ACNielsen relativo agli acquisti<br />
domestici effettuati dalle famiglie nelle prime case. Sono esclusi quindi i<br />
consumi extradomestici, quelli delle collettività e gli acquisti effettuati nelle seconde<br />
case e nei periodi di ferie.<br />
I comparti rilevati dalla banca dati Ismea/AcNielsen relativamente ai <strong>prodotti</strong><br />
a marchio sono soltanto come negli scorsi anni i formaggi, le carni trasformate e<br />
gli oli extravergini, che costituiscono comunque la stragrande maggioranza dei<br />
consumi di <strong>prodotti</strong> Dop-Igp in Italia.<br />
Nel 2005 la spesa degli italiani per consumi domestici di <strong>prodotti</strong> Dop-Igp è<br />
risultata sostanzialmente stabile e appena superiore ai 2 miliardi di euro, corrispondenti<br />
in quantità a 199.499 tonnellate. Prosegue, dunque anche nel 2005 la<br />
stabilità degli acquisti monetari (+0,3%) che si era registrata nell’anno precedente<br />
(-0,04%) e che si configura come un risultato apprezzabile, se si considera il momento<br />
difficile per i consumi del nostro paese. Osservando, invece, il dato aggregato<br />
in tonnellate si riscontra per i Dop-Igp nel complesso una dinamica degli acquisti<br />
leggermente più favorevole rispetto alla spesa monetaria sia nel 2005<br />
(+2,3%) che nel 2004 (+0,7%).<br />
Scendendo nel dettaglio dei singoli comparti, i formaggi Dop che rappresentano<br />
in valore il 78,4% e in quantità l’86,4% degli alimenti marchiati rilevati, hanno<br />
mostrato una lieve discesa negli acquisti monetari (-1,7%) nel 2005 dopo la crescita<br />
registrata nel 2004 (+1,1%). In termini quantitativi, invece, prosegue nel<br />
2005 (+1,7%) l’incremento dei consumi già presente nel 2004 (+1,5%).<br />
I <strong>prodotti</strong> a base di carne Dop-Igp costituiscono il 20,8% in valore e il 12,5%<br />
in quantità degli acquisti di alimenti a denominazione d’origine presenti in banca<br />
dati. Questo comparto presenta una marcata inversione di tendenza nella spesa<br />
monetaria, evidenziando una crescita del 6,8% nel 2005 a seguito della contrazione<br />
del 2004 (-4,1%). Considerando inoltre gli acquisti in quantità si registra un fenomeno<br />
analogo (+4,2% nel 2005 e -3,2% nel 2004).<br />
Infine gli oli extravergini Dop-Igp che rappresentano circa l’1% dei consumi in<br />
quantità e valore dei <strong>prodotti</strong> marchiati monitorati, presentano una forte variabilità<br />
degli acquisti a causa dei volumi di vendita ancora molto bassi . In particolare dopo il<br />
calo delle vendite del 2004 (-11,5% in valore e -14,6% in quantità) i consumi sono<br />
tornati a crescere nel 2005 sia in termini monetari (+48,5%) che reali (+36,6%).
L’incidenza degli acquisti di alimenti Dop-Igp su quelli dei rispettivi comparti<br />
totali varia passando dal 32,4% dei formaggi, al 12,8% delle carni trasformate , al<br />
2,8% degli oli extravergini. Queste percentuali mostrano come esistano ampi margini<br />
di crescita delle produzioni marchiate soprattutto tra i salumi e gli oli.<br />
Un fenomeno abbastanza evidente nell’ambito delle produzioni marchiate è il<br />
forte grado di concentrazione dei consumi su pochi <strong>prodotti</strong> leader. Infatti i primi<br />
quattro <strong>prodotti</strong> per consumi in valore (Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto<br />
di Parma , Mozzarella di Bufala Campana) costituiscono il 67,7% del mercato<br />
dei Dop-Igp rilevati. Come era facile aspettarsi, inoltre, l’andamento nel 2005 dei<br />
loro consumi monetari (+0,1% nel complesso) non si discosta molto da quello dei<br />
marchiati in generale (+0,3%).Riguardo alla suddivisione per macroarea geografica<br />
Tabella 5.1 - Ripartizione per comparto dei consumi domestici di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
in Italia (tonnellate)<br />
2004 2005 Var. 05/04 % su totale<br />
Formaggi 169.573 172.407 1,7% 86,4%<br />
Prodotti a base di carne 23.855 24.848 4,2% 12,5%<br />
Oli extravergini di oliva 1642 2244 36,6% 1,1%<br />
Totale 195.070 199.499 2,3% 100,0%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
Tabella 5.2 - Ripartizione per comparto dei consumi domestici di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
in Italia (migliaia di euro)<br />
2004 2005 Var. 05/04 % su totale<br />
Formaggi 1.653.239 1.625.908 -1,7% 78,4%<br />
Prodotti a base di carne 402.956 430.539 6,8% 20,8%<br />
Oli extravergini di oliva 11.911 17.686 48,5% 0,9%<br />
Totale 2.068.106 2.074.133 0,3% 100,0%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
Tabella 5.3 - Confronto tra gli acquisti di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> rispetto a quelli dei rispettivi<br />
comparti in Italia nel 2005 (migliaia di euro)<br />
Totali Dop-Igp<br />
Formaggi 5.017.001 1.625.908<br />
Prodotti a base di carne 3.361.338 430.539<br />
Oli extravergini di oliva 633.480 17.686<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
dei consumi monetari di Dop-Igp si registra una certa uniformità delle vendite su<br />
tutto il territorio nazionale. In particolare gli acquisti si concentrano per il 29,8% nel<br />
Nord Ovest e per il 27,5% nel Sud+Sicilia, mentre percentuali leggermente più basse<br />
si registrano nel Nord Est (22,2%) e nel Centro+Sardegna (20,4%).<br />
87
88<br />
Sebbene le principali denominazioni in termini di produzione si collochino in<br />
prevalenza nelle aree settentrionali, il consumo di questi <strong>prodotti</strong> risulta diffuso,<br />
come abbiamo visto, in tutto il paese il che dimostra, almeno per i <strong>prodotti</strong> più importanti,<br />
l’esistenza di una domanda nazionale di alimenti marchiati. Occorre tuttavia<br />
sottolineare che tra i <strong>prodotti</strong> più importanti rientrano formaggi e <strong>prodotti</strong> a<br />
base di carne che vengono consumati in notevoli quantità a prescindere dalla denominazione<br />
in virtù della loro notorietà già presente prima dell’introduzione della<br />
normativa sulle Dop e le Igp.<br />
Relativamente all’andamento nel 2005 delle vendite si riscontra come la stabilità<br />
degli acquisti a livello nazionale (+0,3%) sia il risultato di tendenze contrapposte.<br />
Se infatti il Nord Ovest (-0,7%) e il Sud+Sicilia (-1,4%) mostrano una tendenza<br />
al ribasso, segnali di ripresa vengono dal Nord Est (+2,8%) e dal<br />
Centro+Sardegna (+1,6%).<br />
Quanto alla suddivisione degli acquisti per canale di distribuzione, il principale<br />
per gli alimenti Dop-Igp risulta nel 2005 quello dei Super e Ipermercati che detengono<br />
una rilevante quota di mercato (64,2%), mentre gli altri canali di commercializzazione<br />
non superano ciascuno il 10% . In particolare i negozi tradizionali<br />
veicolano l’ 8,5% degli acquisti monetari per Dop-Igp, le Superette il 7,5%, i<br />
negozi specializzati il 7,4%, i Discount il 6,6% mentre gli ambulanti e i mercati<br />
rionali si fermano al 4,3%.<br />
Riguardo all’andamento delle vendite nel 2005 si può notare che Super e Ipermercati<br />
mostrano una stabilità (+0,02%) che già caratterizzava gli acquisti del<br />
2004 (-0,3%) e del 2003 (-0,4%). Tra i restanti canali crescono nel 2005 le Superette<br />
(+7,0%), i Discount (+1,2%), restano stabili i negozi tradizionali (+0,1%)<br />
mentre in discesa risultano gli acquisti nei negozi specializzati (-0,8%) e negli<br />
ambulanti/mercati rionali (-8,2%). Nell’ambito dei negozi specializzati, le gastronomie,<br />
contrariamente alla tendenza del canale di appartenenza, hanno mostrato<br />
nel 2005 un tasso di crescita del +19,7% che, sebbene legato a volumi ancora modesti<br />
lascia intravedere come questi esercizi possano essere uno strumento interessante<br />
di veicolazione di tali <strong>prodotti</strong>.<br />
Per quanto concerne la suddivisione degli acquisti per numerosità delle famiglie<br />
acquirenti si può notare che nei nuclei con due (29,1%) , tre (24,2%) e quattro<br />
(23,8%) componenti si concentri maggiormente la spesa monetaria per Dop-<br />
Igp, mentre in secondo piano appaiono gli acquisti in quelli con uno (12,4%) e<br />
cinque o più membri (10,4%).<br />
Dall’andamento delle vendite nel 2005 emerge una forte crescita per i nuclei<br />
monocomponenti (+18,4%) e con due componenti (+7,1%), mentre si riducono<br />
gli acquisti per le famiglie con tre (-3,2%), quattro (-3,0%) e soprattutto con cinque<br />
o più membri (-16,5%). Da queste tendenze sembra emergere come a fronte<br />
di una stabilità dei consumi di Dop-Igp (0,3%) nel 2005 ai consumi delle famiglie<br />
più numerose si siano sostituiti quelli dei nuclei più ristretti probabilmente perché<br />
capaci maggiormente di sostenere i prezzi più elevati delle denominazioni, visto il
numero più contenuto dei componenti la famiglia.<br />
Riguardo infine alla ripartizione dei consumi per età del responsabile d’acquisto,<br />
si nota come al crescere di questa aumenti la quota di consumi detenuti. Questo dato<br />
mette in evidenza come gli alimenti marchiati non siano un fenomeno giovanilistico,<br />
ma risultino ben radicati nelle tradizioni gastronomiche del nostro paese.<br />
L’andamento delle vendite nel 2005 appare in calo per i responsabili d’acquisto<br />
fino a 34 anni (-5,1%), sostanzialmente stabile nelle classi 35-44 anni (+0,3%)<br />
e 45-54 anni (-0,9%) e in crescita per le fasce 55-64 anni (+2,5%) e oltre 64 anni<br />
(+1,9%). Anche in questo caso si può notare come nel 2005 ai consumi dei più<br />
giovani sembrano sostituirsi quelli delle fasce di età più avanzate.<br />
Volendo trarre un quadro sintetico delle variabili socioeconomiche trattate si<br />
può ipotizzare che il consumatore di Dop-Igp nel 2005 abbia risentito del trasferimento<br />
di reddito dalle generazioni più giovani a quelle più anziane che può essere<br />
attribuito all’attuale sistema previdenziale presente in Italia. Nel 2005 rispetto all’anno<br />
precedente l’acquirente tipo è meno giovane, vive in nuclei più ristretti e si<br />
rifornisce, oltre che nei supermercati, maggiormente nelle Superette, tralasciando<br />
i mercati rionali.<br />
Tabella 5.4 - Gli acquisti domestici di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> in Italia nel 2004 e 2005<br />
(tonnellate)<br />
2004 2005 Var. 05/04<br />
Totale Italia 195.070 199.499 2,3%<br />
Nord Ovest 57.627 58.146 0,9%<br />
Nord Est 43.196 45.264 4,8%<br />
Centro + Sardegna 37.878 39.471 4,2%<br />
Sud + Sicilia 56.366 56.623 0,5%<br />
Super+ipermercati 123.890 126.671 2,2%<br />
Superette 12.453 13.635 9,5%<br />
Discount 17.053 17.722 3,9%<br />
Negozi tradizionali 15.553 15.848 1,9%<br />
Negozi specializzati 13.451 13.137 -2,3%<br />
di cui Gastronomie 186 192 3,2%<br />
Ambulanti/Mercato rionale 9.856 9.224 -6,4%<br />
Famiglie monocomponenti 19.464 22.502 15,6%<br />
Famiglie con 2 componenti 52.018 57.207 10,0%<br />
Famiglie con 3 componenti 48.722 48.475 -0,5%<br />
Famiglie con 4 componenti 49.334 49.297 -0,1%<br />
Famiglie con 5 o più componenti 25.527 22.016 -13,8%<br />
Responsabile acquisti fino a 34 anni 25.123 23.213 -7,6%<br />
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni 36.973 38.433 3,9%<br />
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni 39.992 39.961 -0,1%<br />
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni 40.087 42.524 6,1%<br />
Responsabile acquisti oltre 64 anni 52.901 55.365 4,7%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
89
90<br />
Tabella 5.5 - Gli acquisti domestici di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> in Italia nel 2004 e 2005<br />
(migliaia di euro)<br />
2004 2005 Var. 05/04<br />
Totale Italia 2.068.106 2.074.133 0,3%<br />
Nord Ovest 623.572 618.933 -0,7%<br />
Nord Est 448.832 461.213 2,8%<br />
Centro + Sardegna 416.504 423.138 1,6%<br />
Sud + Sicilia 579.198 570.844 -1,4%<br />
Super+ipermercati 1.332.221 1.332.467 0,0%<br />
Superette 146.232 156.444 7,0%<br />
Discount 134.590 136.243 1,2%<br />
Negozi tradizionali 176.398 176.644 0,1%<br />
Negozi specializzati 154.331 153.106 -0,8%<br />
di cui Gastronomie 2.564 3.069 19,7%<br />
Ambulanti/Mercato rionale 96.302 88.424 -8,2%<br />
Famiglie monocomponenti 217.666 257.676 18,4%<br />
Famiglie con 2 componenti 564.326 604.575 7,1%<br />
Famiglie con 3 componenti 518.339 501.978 -3,2%<br />
Famiglie con 4 componenti 509.284 494.169 -3,0%<br />
Famiglie con 5 o più componenti 258.490 215.733 -16,5%<br />
Responsabile acquisti fino a 34 anni 255.875 242.807 -5,1%<br />
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni 395.304 396.613 0,3%<br />
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni 412.800 408.902 -0,9%<br />
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni 419.960 430.419 2,5%<br />
Responsabile acquisti oltre 64 anni 584.162 595.391 1,9%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
Dunque la sostanziale stabilità degli acquisti del 2005 nasconde al suo interno<br />
fenomeni che, sebbene ad effetto nullo, non vanno trascurati nella comprensione<br />
del mercato degli alimenti marchiati.<br />
5.2 I consumi domestici di formaggi <strong>DOP</strong><br />
Nel 2005 i consumi domestici di formaggi Dop in Italia si sono attestati oltre i<br />
1.625 milioni di euro, per un ammontare in quantità pari a 172.407 tonnellate. Come<br />
già espresso, questo comparto ha mostrato una lieve discesa negli acquisti monetari<br />
(-1,7%) nel 2005 dopo la crescita registrata nel 2004 (+1,1%). In volume,<br />
invece, persiste nel 2005 (+1,7%) l’incremento dei consumi già presente nel 2004<br />
(+1,5%).<br />
I formaggi Dop che rappresentano il 32,4% della spesa monetaria per formaggi<br />
in generale, hanno mostrato rispetto a questi ultimi, sempre nel 2005, una dinamica<br />
delle vendite peggiore in termini di valore (formaggi Dop -1,7%; totale formaggi<br />
+0,1%) e sostanzialmente simile in termini di quantità (formaggi Dop
+1,7%; formaggi totali +2,0%). Questi alimenti a marchio sembrano dunque crescere<br />
in termini reali in modo omogeneo al rispettivo comparto totale, ma risentono<br />
probabilmente in modo maggiore di un ridimensionamento della spesa monetaria<br />
che non traspare, invece, negli altri comparti Dop-Igp.<br />
Il fenomeno di concentrazione degli acquisti intorno a poche denominazioni<br />
leader è presente in forma abbastanza evidente anche nel comparto dei formaggi.<br />
In particolare i primi due <strong>prodotti</strong> per consumi in valore (Parmigiano Reggiano,<br />
Grana Padano) rappresentano il 53,1% del mercato dei formaggi Dop e hanno<br />
mostrato nel complesso una dinamica delle vendite (-4,7%) peggiore rispetto a<br />
questi ultimi (-1,7%). Sembra riscontrarsi, dunque una tendenza al ridimensionarento<br />
della spesa per i <strong>prodotti</strong> più importanti (soprattutto il Grana) a beneficio<br />
delle denominazioni relativamente meno importanti.<br />
Infatti è soprattutto il Grana Padano, che rappresenta il 26,1% della spesa monetaria<br />
per formaggi Dop, ad influenzare questo comparto con le sue difficoltà<br />
nelle vendite del 2005 (-8,3% in valore; -4,1% in quantità). Questo prodotto presenta<br />
da alcuni anni un andamento altalenante dei consumi in valore facendo registrare<br />
un -1,2% nel 2003, un +4,3% nel 2004 fino al -8,3% del 2005.<br />
Il Parmigiano Reggiano, che costituisce il 27,0% degli acquisti in valore dei formaggi<br />
Dop, ha mostrato nel 2005 un lieve calo dei consumi monetari (-0,8%) al<br />
quale corrisponde però una decisa crescita dei volumi venduti (+9,0%). Anche per<br />
questo prodotto si registrano negli ultimi anni oscillazioni dei consumi monetari che<br />
fanno segnare un -8,5% nel 2003, un +2,2% nel 2004 e un -0,8% nel 2005.<br />
I due Grana sembrano dunque aver saturato il mercato a loro disposizione,<br />
connotandosi come <strong>prodotti</strong> più maturi le cui performance di vendita sono influenzate<br />
più da fenomeni congiunturali che da tendenze strutturali.<br />
Dopo i due grana nella graduatoria dei Dop più consumati figura la Mozzarella<br />
di Bufala Campana, che rappresenta il15,9% degli acquisti in valore di formaggi<br />
marchiati e che ha fatto registrare nel 2005 una decisa crescita delle vendite<br />
monetarie (+7,9%) e reali (+5,9%). Dopo il calo dei consumi in valore del<br />
2003 (-5,3%) gli acquisti sono quindi cresciuti sia nel 2004 (+2,1%) che nel 2005<br />
(+7,9%).<br />
Anche le vendite del Gorgonzola, che costituisce in valore l’ 8,4% dei formaggi<br />
Dop sembrano aver sostenuto nel 2005 sia in termini monetari (+7,0%) che reali<br />
(+8,3%) questo comparto. Appare dunque interrotta la tendenza al ribasso degli<br />
acquisti in valore (-4,1% nel 2003 e -6,2% nel 2004) che aveva caratterizzato questo<br />
prodotto in passato.<br />
I restanti formaggi marchiati detengono ciascuno una quota di mercato inferiore<br />
al 6% e presentano nel 2005 variazioni nei consumi non uniformi.<br />
Se infatti l’Asiago cresce in valore delle vendite del 2,1%, il Pecorino Sardo<br />
del 3,0% e il Quartirolo del 2,2% gli acquisti monetari si contraggono per il Pecorino<br />
Romano (-10,2%) e Toscano (-8,2%), per la Fontina (-8,0%), il Taleggio<br />
(-5,0%) e il Montasio (-4,8%).<br />
91
92<br />
Tabella 5.6 - Gli acquisti domestici dei principali formaggi <strong>DOP</strong> in Italia nel 2004 e 2005<br />
Quantità (tonnellate) Valore (migliaia di euro)<br />
2004 2005 Var. % 05/04 2004 2005 Var. % 05/04<br />
Totale Formaggi <strong>DOP</strong> 169.573 172.407 1,7% 1.653.239 1.625.908 -1,7%<br />
Grana Padano 51.204 49.080 -4,1% 462.544 424.074 -8,3%<br />
Parmigiano Reggiano 33.892 36.956 9,0% 442.412 438.733 -0,8%<br />
Gorgonzola 14.791 16.012 8,3% 128.320 137.324 7,0%<br />
Pecorino Romano 5.553 5.335 -3,9% 47.713 42.846 -10,2%<br />
Pecorino Toscano 4.336 3.941 -9,1% 46.554 42.718 -8,2%<br />
Pecorino Sardo 5.482 5.784 5,5% 59.842 61.646 3,0%<br />
Asiago 12.303 12.654 2,9% 87.058 88.866 2,1%<br />
Fontina 8.487 7.918 -6,7% 61.923 56.996 -8,0%<br />
Taleggio 3.818 3.771 -1,2% 31.936 30.342 -5,0%<br />
Quartirolo 1.403 1.484 5,8% 11.521 11.775 2,2%<br />
Montasio 4.514 4.269 -5,4% 34.025 32.403 -4,8%<br />
Mozzarella di Bufala Campana 23.790 25.200 5,9% 239.339 258.183 7,9%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
Tabella 5.7 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004<br />
in Italia<br />
Formaggi Var. % 05/04 Var.% 04/03<br />
Formaggi nel complesso -1,8% -1,2%<br />
Formaggi Dop -3,3% -0,4%<br />
Grana Padano -4,3% -1,8%<br />
Parmigiano Reggiano -9,0% -0,4%<br />
Gorgonzola -1,2% -0,7%<br />
Pecorino Romano -6,5% -4,1%<br />
Pecorino Toscano 0,9% 1,0%<br />
Pecorino Sardo -2,4% -0,2%<br />
Asiago -0,8% 0,7%<br />
Fontina -1,4% -0,4%<br />
Taleggio -3,7% 0,8%<br />
Quartirolo -3,4% 1,9%<br />
Montasio 0,7% 0,7%<br />
Mozzarella di Bufala Campana 1,9% 1,1%<br />
*i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità.<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
Riguardo alle dinamiche dei prezzi medi annui è continuata nel 2005 (-3,3%)<br />
la flessione dei listini al consumo dei formaggi Dop già presente in forma lieve<br />
nel 2004 (-0,4%). Questa tendenza si inquadra nell’ambito di un calo delle quotazioni<br />
dei formaggi in generale sia nel 2005 (-1,8%) che nel 2004 (-1,2%). In effetti<br />
i soli marchi che si presentano in crescita nei due anni considerati sono la Moz-
zarella di Bufala Campana, il Pecorino Toscano e il Montasio. Tutte le altre denominazioni<br />
vedono nel 2005 un ribasso delle variazioni dei prezzi al consumo che<br />
già in gran parte si presentavano negative nel 2004. Ciò ha probabilmente favorito<br />
la ripresa dei consumi in quantitàdei formaggi Dop sopra descritta. Tra i cali più<br />
importanti spicca il Parmigiano Reggiano che nel 2005 mostra una diminuzione<br />
del listino al consumo del 9%, ma contrazioni cospicue si registrano anche nel<br />
Grana Padano (4,3%) nel Pecorino Romano (-6,5%) nel Taleggio (-3,7%) e Quartirolo<br />
(-3,4%).<br />
Tornando all’aggregato dei formaggi Dop si può notare una certa uniformità<br />
nella distribuzione dei consumi in valore sul territorio nazionale. In particolare il<br />
Nord Ovest (28,8%) e il Sud+Sicilia (28,2%) nel 2005 prevalgono leggermente<br />
sul Nord Est (22,1%) e il Centro+Sardegna (20,9%).<br />
Riguardo alle dinamiche delle vendite nel 2005 si registra una crescita degli acquisti<br />
in valore solo nel Nord Est (+1,5%), mentre le vendite calano soprattutto nel Nord<br />
Ovest (-4,3%) ma anche nel Sud+Sicilia (-2,3%) e nel Centro+Sardegna (-0,3%).<br />
Riguardo ai canali distributivi i Super e Ipermercati commercializzano il<br />
Tabella 5.8 - Gli acquisti domestici di formaggi <strong>DOP</strong> in Italia nel 2004 e 2005<br />
Quantità (tonnellate) Valore (migliaia di euro)<br />
2004 2005 Var. 05/04 2004 2005 Var. 05/04<br />
Totale Italia 169.573 172.407 1,7% 1.653.239 1.625.908 -1,7%<br />
Nord Ovest 50.349 49.913 -0,9% 488.571 467.462 -4,3%<br />
Nord Est 36.868 38.567 4,6% 353.350 358.798 1,5%<br />
Centro + Sardegna 32.897 34.142 3,8% 341.379 340.345 -0,3%<br />
Sud + Sicilia 49.458 49.788 0,7% 469.940 459.302 -2,3%<br />
Super+ipermercati 105.621 107.646 1,9% 1.047.948 1.028.810 -1,8%<br />
Superette 10.437 11.430 9,5% 106.775 112.171 5,1%<br />
Discount 15.903 16.294 2,5% 122.038 121.183 -0,7%<br />
Negozi tradizionali 13.590 13.762 1,3% 140.726 139.934 -0,6%<br />
Negozi specializzati 11.959 11.386 -4,8% 121.895 114.360 -6,2%<br />
di cui Gastronomie 151 135 -10,6% 1.654 1.632 -1,3%<br />
Ambulanti/Mercato rionale 9.408 8.793 -6,5% 87.836 80.391 -8,5%<br />
Famiglie monocomponenti 16.548 18.589 12,3% 169.783 187.088 10,2%<br />
Famiglie con 2 componenti 44.842 49.479 10,3% 447.363 477.367 6,7%<br />
Famiglie con 3 componenti 42.574 41.907 -1,6% 415.552 393.278 -5,4%<br />
Famiglie con 4 componenti 42.805 42.882 0,2% 404.779 391.099 -3,4%<br />
Famiglie con 5 o più componenti 22.799 19.547 -14,3% 215.764 177.077 -17,9%<br />
Responsabile acquisti fino a 34 anni 21.894 19.490 -11,0% 209.047 180.609 -13,6%<br />
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni 31.521 33.154 5,2% 306.538 311.114 1,5%<br />
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni 35.030 34.801 -0,7% 331.150 321.739 -2,8%<br />
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni 34.979 37.149 6,2% 338.306 344.750 1,9%<br />
Responsabile acquisti oltre 64 anni 46.150 47.807 3,6% 468.197 467.692 -0,1%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
93
94<br />
63,3% dei formaggi Dop in valore, mentre i restanti canali non superano ciascuno<br />
la quota del 10% del mercato. In particolare i Negozi tradizionali veicolano<br />
l’8,6% degli acquisti monetari, i Discount il 7,5%, i Negozi specializzati il 7,0%,<br />
le Superette il 6,9% e gli ambulanti/mercati rionali il 4,9%.<br />
Riguardo alle variazioni della spesa monetaria nel 2005 per formaggi Dop<br />
si nota che i Super e Ipermercati registrano un calo (-1,8%) cosi come tutti gli<br />
altri canali con l’eccezione delle Superette che crescono in maniera abbastanza<br />
decisa (+5,1%). Le contrazioni più forti risultano tra gli ambulanti/mercati rionali<br />
(-8,5%) e i Negozi specializzati (-6,2%), mentre appaiono inferiori all’unità<br />
per Discount (-0,7%) e Negozi tradizionali (-0,6%).<br />
5.3 I consumi domestici di <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
Nel 2005 i consumi domestici di <strong>prodotti</strong> a base di carne Dop-Igp in Italia<br />
hanno superato i 430 milioni di euro per un ammontare in quantità di 24.848 tonnellate<br />
facendo registrare una crescita, sia in termini monetari (+6,8%) che reali<br />
(+4,2%). Come gia descritto, questo comparto ha invertito cosi la tendenza al ribasso<br />
che si era manifestata nel 2004 (-4,1% in valore, -3,2% in quantità) e nel<br />
2003 (-1,9% in valore e -2,6% in quantità) e ha controbilanciato le perdite monetarie<br />
del comparto dei formaggi a marchio.<br />
L’andamento delle vendite in valore delle carni trasformate Dop-Igp, che rappresentano<br />
ancora solo il 12,8% dei salumi in generale, ha mostrato nel 2005 una<br />
crescita (+6,8%) superiore a quella delle carni trasformate nel complesso (+2,1%)<br />
dimostrando cosi le potenzialità ancora inespresse dei <strong>prodotti</strong> marchiati in questo<br />
comparto.<br />
Anche nei salumi a marchio si riscontra una forte concentrazione del mercato<br />
intorno a poche denominazioni leader. Considerando solo i primi due <strong>prodotti</strong> per<br />
consumi in valore (Prosciutto di Parma e San Daniele) si raggiunge quasi il 90%<br />
degli acquisti di carni trasformate Dop-Igp. Questi due salumi insieme hanno evidenziato<br />
nel 2005 una crescita (+9,1%) delle vendite superiore a quella delle carni<br />
trasformate Dop-Igp (+6,8%) nel complesso.<br />
In particolare il Prosciutto di Parma che costituisce il 65,6% del mercato dei<br />
salumi a marchio ha presentato nel 2005 una forte crescita delle vendite sia in termini<br />
monetari (+9,3%) che reali (+10,1%).<br />
Per questa denominazione, dunque, sembra interrotta la tendenza al ribasso<br />
della spesa monetaria registrata nel 2003 (-5,5%) e nel 2004 (-5,8%).<br />
Anche l’altro principale prosciutto, il San Daniele, che detiene una quota di<br />
mercato pari al 24% ha visto crescere nella stestessa misura nel 2005 le sue vendite<br />
sia in termini monetari che reali (+8,3%; +8,2%). Questo prodotto negli ultimi<br />
anni ha presentato un andamento altalenante dei consumi in valore, facendo registrare<br />
tassi di variazione degli acquisti positivi nel 2003 (+6,9%), negativi nel
2004 (-3,2%) e quindi di nuovo positivi nel 2005 (+8,3%).<br />
La Mortadella di Bologna rappresenta invece il 7,5% delle vendite di carni trasformate<br />
Dop-Igp e ha presentato nel 2005 una marcata contrazione nei consumi<br />
sia in termini monetari (-16,9%) che reali (-13,2%). In passato questo salume aveva<br />
invece presentato una sostanziale stabilità negli acquisti in valore (+1,3% nel<br />
2003 e +0,7% nel 2004).<br />
Lo Speck dell’Alto Adige costituisce infine il 2,8% dei salumi a marchio e<br />
presenta nel 2005 tassi elevati di crescita delle vendite monetarie (+20,5%) e reali<br />
(+11,1%), sebbene legati a volumi ancora esigui.<br />
Prosegue dunque la forte crescita dei consumi in valore di questo salume che<br />
aveva fatto registrare variazioni decisamente positive sia nel 2003 (+13,3%) che<br />
nel 2004 (+17,7%).<br />
Tabella 5.9 - Gli acquisti domestici dei principali <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> in Italia nel 2004<br />
e 2005<br />
Quantità (tonnellate) Valore (migliaia di euro)<br />
2004 2005 Var. % 05/04 2004 2005 Var. % 05/04<br />
Totale carni trasformate Dop-Igp 23.855 24.848 4,2% 402.956 430.539 6,8%<br />
Prosciutto di Parma 13.092 14.409 10,1% 258.256 282.373 9,3%<br />
Prosciutto San Daniele 4.567 4.940 8,2% 95.632 103.542 8,3%<br />
Mortadella Bologna 5.739 4.982 -13,2% 38.969 32.375 -16,9%<br />
Salame Brianza 1 4 300,0% 28 94 235,7%<br />
Speck dell'Alto Adige 459 510 11,1% 10.074 12.144 20,5%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
Riguardo alle variazioni dei prezzi medi annui al consumo, si registra una<br />
inversione di tendenza verso il rialzo per i listini dei salumi Dop-Igp che presentavano<br />
nel 2004 un tasso negativo (-0,9%), mentre nel 2005 le quotazioni<br />
crescono del 2,6%. Questa inversione di tendenza si ritrova anche, in forma più<br />
lieve, a livello dei salumi nel complesso (nel 2004 -0,3%; nel 2005 1,3%) ed<br />
appare come il risultato di movimenti differenti dei prezzi delle singole denominazioni.<br />
Escludendo il Salame Brianza che ha consumi limitatissimi, si può<br />
notare infatti che al lieve calo dei prezzi nei due anni del Parma (-0,7% nel<br />
2005 ; -0,2% nel 2004) e a quello più sostenuto della Mortadella di Bologna (-<br />
4,3% nel 2005 e -1,5% nel 2004) si contrappone la forte crescita dello Speck<br />
dell’Alto Adige sia nel 2005 (8,5%) che nel 2004 (4,6%). Il San Daniele invece<br />
nei due anni ha mostrato una sostanziale stabilità dei prezzi (0,1% nel 2005 e<br />
0,8% nel 2004).<br />
Considerando di nuovo l’aggregato salumi Dop-Igp, si nota una certa uniformità<br />
delle vendite in valore sul territorio nazionale. In particolare il Nord<br />
Ovest (33,3%) e il Sud+Sicilia (25,8%) detengono le quote maggiori, mentre<br />
leggermente minori risultano quelle del Nord Est (22,3%) e del Centro+Sarde-<br />
95
96<br />
Tabella 5.10 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004<br />
in Italia<br />
Carni trasformate Var. % 05/04 Var.% 04/03<br />
Carni trasformate nel complesso 1,3% -0,3%<br />
Carni trasformate Dop-Igp 2,6% -0,9%<br />
Prosciutto di Parma -0,7% -0,2%<br />
Prosciutto San Daniele 0,1% 0,8%<br />
Mortadella Bologna -4,3% -1,5%<br />
Salame Brianza -16,1% 20,4%<br />
Speck dell'Alto Adige 8,5% 4,6%<br />
*i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità.<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
gna (18,6%). Riguardo alle variazioni delle vendite monetarie nel 2005 si riscontrano<br />
tassi decisamente positivi in tutte le macroaree (Nord Ovest +9,4%;<br />
Nord Est +7,2%; Centro+Sardegna +8,7%) con l’eccezione del Sud+Sicilia<br />
(+2,2%) dove la crescità è stata più contenuta.<br />
Tabella 5.11 - Gli acquisti domestici di <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> in Italia nel 2004 e 2005<br />
Quantità (tonnellate) Valore (migliaia di euro)<br />
2004 2005 Var. 05/04 2004 2005 Var. 05/04<br />
Totale Italia 23.855 24.848 4,2% 402.956 430.539 6,8%<br />
Nord Ovest 6.873 7.477 8,8% 130.981 143.340 9,4%<br />
Nord Est 5.262 5.689 8,1% 89.453 95.929 7,2%<br />
Centro + Sardegna 4.856 4.906 1,0% 73.699 80.074 8,7%<br />
Sud + Sicilia 6.863 6.776 -1,3% 108.823 111.195 2,2%<br />
Super+ipermercati 16.871 17.111 1,4% 273.543 287.936 5,3%<br />
Superette 1.941 2.103 8,3% 39.202 43.627 11,3%<br />
Discount 1.068 1.261 18,1% 12.174 14.172 16,4%<br />
Negozi tradizionali 1.877 2.046 9,0% 35.135 36.474 3,8%<br />
Negozi specializzati 1.492 1.751 17,4% 32.436 38.746 19,5%<br />
di cui Gastronomie 35 57 62,9% 910 1.437 57,9%<br />
Ambulanti/Mercato rionale 448 430 -4,0% 8.466 7.994 -5,6%<br />
Famiglie monocomponenti 2.632 3.504 33,1% 45.586 66.594 46,1%<br />
Famiglie con 2 componenti 6.433 6.758 5,1% 111.718 120.442 7,8%<br />
Famiglie con 3 componenti 5.782 6.036 4,4% 100.415 104.283 3,9%<br />
Famiglie con 4 componenti 6.330 6.167 -2,6% 102.955 101.321 -1,6%<br />
Famiglie con 5 o più componenti 2.679 2.384 -11,0% 42.282 37.897 -10,4%<br />
Responsabile acquisti fino a 34 anni 3.104 3.483 12,2% 45.893 59.879 30,5%<br />
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni 5.192 5.023 -3,3% 86.800 83.515 -3,8%<br />
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni 4.673 4.814 3,0% 79.287 83.947 5,9%<br />
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni 4.688 4.884 4,2% 79.137 81.918 3,5%<br />
Responsabile acquisti oltre 64 anni 6.200 6.646 7,2% 111.839 121.280 8,4%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Anche per i salumi Dop-Igp il canale di commercializzazione più importante è<br />
quello dei Super e Ipermercati che veicolano il 66,9% delle vendite in valore<br />
mentre gli altri canali si collocano a notevele distanza. Tra i principali le superette<br />
detengono una quota degli acquisti pari al 10,1%, i negozi specializzati al 9,0% e<br />
gli esercizi tradizionali all’8,5%.<br />
Per quanto riguarda le dinamiche delle vendite nel 2005 tutti i canali con<br />
l’eccezione degli ambulanti/mercati rionali (-5,6%) mostrano tassi di crescita<br />
positivi e di discreto livello. Il canale principale, quello dei Super e Ipermercati,<br />
fa registrare uno sviluppo discreto (+5,3%) ma inferiore a quello di altre forme<br />
di distribuzione quali i Negozi specializzati (+19,5%), i Discount (+16,4%) e le<br />
Superette (+11,3%), mentre gli esercizi tradizionali si fermano a +3,8%. Osservando<br />
il 2004 alla ricerca di tendenze strutturali si nota che solo i Discount<br />
(+7,6% nel 2004; +16,4% nel 2005) continuano a presentare nel 2005 elevati<br />
margini di crescita, controbilanciati dal perdurare delle difficoltà degli ambulanti/mercati<br />
rionali (-22,9% nel 2004 e -5,6% nel 2005). Tutti gli altri canali, invece,<br />
escludendo i negozi tradizionali che si sviluppano lievemente (+1,3% nel<br />
2004; 3,8% nel 2005), presentano nel 2005 un’inversione di tendenza al rialzo<br />
rispetto alle contrazioni registrate nel 2004 (Super e Iper -3,9%, Superette -<br />
3,1%, negozi specializzati -10,8%). Infine nell’ambito dei negozi specializzati<br />
le gastronomie presentano in questo comparto gli incrementi più forti (+57,9%)<br />
dimostrandosi un valido canale sia pur di nicchia nel futuro della distribuzione<br />
di salumi Dop-Igp.<br />
5.4 I consumi domestici di oli extravergini <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
Nel 2005 i consumi domestici di oli extravergine Dop-Igp in Italia si sono attestati<br />
sui 17 milioni di euro, corrispondenti ad un’ammontare in quantità di 2244<br />
tonnellate. Questo comparto è caratterizzato da una forte variabilità dei consumi<br />
dovuta al non ancora avvenuto decollo di un settore in cui soltanto poche denominazioni<br />
hanno immesso sul mercato quantitativi accettabili di prodotto a marchio.<br />
In particolare nel 2005 i consumi domestici sono cresciuti del +48,5% in valore e<br />
del +36,6% in quantità. In passato invece questi alimenti avevano descritto dinamiche<br />
degli acquisti in valore negative nel 2004 (-11,5%) e positive nel 2003<br />
(+19,4%). La crescita degli oli Dop-Igp in Italia nel 2005 (+48,5%) si contrappone<br />
alla lieve flessione degli extravergine nel complesso (-1,4%) senza tuttavia essere<br />
capace di influenzarne il mercato. Infatti analizzando il peso degli acquisti in<br />
valore degli oli marchiati su quello degli extravergini nel complesso si notano a<br />
partire dal 2002 valori limitati che oscillano intorno al 2% fino al 2004, per poi<br />
crescere al 2,8% nel 2005.<br />
Passando ad analizzare l’andamento dei listini si nota che il prezzo medio annuo<br />
degli oli extravergine Dop-Igp è cresciuto del +8,7% nel 2005 accentuando<br />
97
98<br />
l’incremento già registrato nel 2004 (+3,6%). Questo aumento sembra inquadrarsi<br />
(in misura anche più decisa) nella tendenza alla crescita delle quotazioni degli extravergine<br />
nel complesso, che hanno fatto segnare un +3,7% nel 2005 e un +2,1%<br />
nel 2004.<br />
Tabella 5.12 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004<br />
in Italia<br />
Oli extra vergine Var. % 05/04 Var.% 04/03<br />
Olio extravergine nel complesso 3,7% 2,1%<br />
Olio extravergine Dop-Igp 8,7% 3,6%<br />
*i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità.<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
Tabella 5.13 - Gli acquisti domestici di oli extra vergini <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> in Italia nel 2004 e 2005<br />
Quantità (tonnellate) Valore (migliaia di euro)<br />
2004 2005 Var. 05/04 2004 2005 Var. 05/04<br />
Totale Italia 1642 2244 36,6% 11.911 17.686 48,5%<br />
Nord Ovest 405 756 86,7% 4.020 8.131 102,3%<br />
Nord Est 1066 1008 -5,5% 6.029 6.486 7,6%<br />
Centro + Sardegna 125 423 237,2% 1.426 2.719 90,7%<br />
Sud + Sicilia 45 59 30,6% 435 347 -20,2%<br />
Super+ipermercati 1398 1914 37,0% 10.730 15.721 46,5%<br />
Superette 75 102 35,4% 255 646 153,3%<br />
Discount 82 167 102,2% 378 888 134,9%<br />
Negozi tradizionali 86 40 -53,2% 537 236 -56,1%<br />
Negozi specializzati n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.<br />
di cui Gastronomie n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.<br />
Ambulanti/Mercato rionale n.d. 1 n.d. n.d. 39 n.d.<br />
Famiglie monocomponenti 284 409 44,2% 2.297 3.994 73,9%<br />
Famiglie con 2 componenti 743 970 30,6% 5.245 6.766 29,0%<br />
Famiglie con 3 componenti 366 532 45,3% 2.372 4.417 86,2%<br />
Famiglie con 4 componenti 199 248 24,9% 1.550 1.749 12,8%<br />
Famiglie con 5 o più componenti 49 85 72,2% 444 759 70,9%<br />
Responsabile acquisti fino a 34 anni 125 240 92,6% 935 2.319 148,0%<br />
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni 260 256 -1,8% 1.966 1.984 0,9%<br />
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni 289 346 19,6% 2.363 3.216 36,1%<br />
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni 420 491 16,8% 2.517 3.751 49,0%<br />
Responsabile acquisti oltre 64 anni 551 912 65,7% 4.126 6.419 55,6%<br />
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.<br />
Riguardo alla distribuzione degli acquisti monetari tra le varie aree geografiche<br />
si osserva una maggiore concentrazione dei consumi nel settentrione d’Italia<br />
differentemente da quanto avveniva negli altri comparti Dop-Igp caratterizzati da<br />
una certa omogeneità territoriale della spesa.
Nel Nord Ovest (46,0%) e nel Nord Est (36,7%) si effettua l’ 82,7% degli acquisti<br />
monetari di oli marchiati, mentre il Centro+Sardegna (15,4%) e il Sud+Sicilia<br />
(2,0%) si suddividono la restante quota.<br />
Riguardo alle dinamiche delle vendite monetarie nel 2005 nelle quattro macroaree<br />
si nota una decisa crescita nel Nord Ovest (+102,3%) e nel Centro+Sardegna<br />
(+90,7%), un lieve sviluppo nel Nord Est (+7,6%) e un forte calo nel Sud+Sicilia<br />
(-20,2%).<br />
Per quanto concerne i canali distributivi di questo comparto un ruolo dominante<br />
è da attribuire ai Super e Ipermercati che commercializzano l’88,9% degli<br />
oli a marchio in valore, mentre negli altri comparti Dop-Igp (formaggi 63,3% e<br />
salumi 66,9%) l’incidenza risulta decisamente minore.<br />
Gli oli a denominazione trovano nella GDO uno sbocco preferito per la sua<br />
capacità sia di contenere i prezzi più alti sia di tutelare l’immagine del prodotto<br />
con un’adeguata esposizione.<br />
Tra le altre forme di distribuzione, a distanza si collocano i Discount (5,0%),<br />
le Superette (3,7%) e i negozi tradizionali (1,3%) con quote di mercato molto limitate.<br />
Per quanto concerne le variazioni nel 2005 degli acquisti monetari si nota una<br />
crescita per i Super e Ipermercati(+46,5%) cosi come per le Superette (+153,3%)<br />
e i Discount (+134,9%) mentre i negozi tradizionali subiscono un calo delle vendite<br />
(-56,1%).<br />
49) Occorre però ricordare che i <strong>prodotti</strong> a base di carne a marchio comunitario monitorati<br />
dal Panel Ismea/ACNielsen sono soltanto pochi anche se tra di essi rientrano quelli che hanno<br />
un forte peso sul totale del mercato.<br />
99
100<br />
6. Le politiche e le denominazioni tutelate<br />
in alcuni paesi europei<br />
I<br />
6.1 La Spagna 48<br />
l presente capitolo si sofferma ad analizzare le politiche adottate per i <strong>prodotti</strong><br />
a marchio comunitario in alcuni Paesi europei e l’andamento del mercato<br />
negli stessi.<br />
In particolare, la ricerca rappresenta, da un lato, l’aggiornamento dei dati economici<br />
presentati nella precedente pubblicazione relativamente a Spagna e Francia<br />
e dall’altro, l’estensione della stessa indagine ad altri 4 nuovi Paesi. Quest’ultimi<br />
sono Germania, Gran Bretagna, Austria e Olanda.<br />
6.1.1 Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
La Spagna alla fine di giugno 2006 vantava un totale di 99 denominazioni tutelate<br />
a livello comunitario. Di queste 55 sono <strong>DOP</strong>, 41 <strong>IGP</strong> e 3 <strong>STG</strong>.<br />
In poco meno di un anno 49 , alle denominazioni esistenti se ne sono aggiunte 7<br />
e in futuro il numero delle denominazione crescerà ulteriormente considerando<br />
che risultano avviate le procedure per ottenere il riconoscimento di altri 26 <strong>prodotti</strong>,<br />
tra cui 5 oli di oliva, 4 formaggi e altrettanti tipi di frutta.<br />
I <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli, i cereali e i legumi, rappresentati da 29 registrazioni,<br />
costituiscono la categoria merceologica più numerosa, seguita da quella dei for-<br />
Figura 6.1 - Le <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> spagnole per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni)<br />
Prodotti a base<br />
di carne<br />
10<br />
Carni fresche<br />
13<br />
Prodotti della<br />
panetteria<br />
6<br />
Oli di oliva<br />
16<br />
Fonte: Elaborazione Ismea su dati UE.<br />
Altri<br />
6<br />
Ortofrutticoli<br />
e cereali<br />
29<br />
Formaggi<br />
19
maggi con 19 denominazioni. Il riconoscimento di 3 nuove denominazioni ha portato<br />
a 16 le <strong>DOP</strong> relative agli oli di oliva, mentre, con l’iscrizione di un nuovo<br />
prodotto della salumeria, i <strong>prodotti</strong> a base di carne contano 10 riconoscimenti.<br />
Il paniere della Spagna è completato da 13 denominazioni relative a carni fresche,<br />
6 <strong>prodotti</strong> della pasticceria ed altrettanti <strong>prodotti</strong> di diversa natura, quali spezie,<br />
miele e bevande.<br />
Dal 1999 al 2004 le denominazioni di origine - comprese quelle in attesa del<br />
riconoscimento comunitario - sono quasi raddoppiate, passando da 58 a complessive<br />
126. Nello stesso periodo il fatturato franco azienda è salito da 355 a 629 milioni<br />
di euro con un tasso di incremento annuo pari mediamente al 10%.<br />
Figura 6.2 - Il fatturato alla produzione e l’evoluzione dei riconoscimenti dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
in Spagna dal 1999 al 2004<br />
(dati in milioni di euro e n° denominazioni, relativi anche a Dop e Igp in attesa di riconoscimento)<br />
700<br />
600<br />
500<br />
400<br />
300<br />
200<br />
100<br />
0<br />
355<br />
58<br />
452<br />
79<br />
501<br />
88<br />
1999 2000 2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de<br />
Sistemas de Calidad Diferenciada.<br />
542<br />
101<br />
628<br />
121<br />
629<br />
126<br />
Fatturato alla produzione Denominazioni<br />
Tabella 6.1 - Fatturato alla produzione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Spagna - 2002-2004 (dati in milioni di euro)<br />
2002 Peso % 2003 Peso % 2004 Peso %<br />
Formaggi 109,40 21,1% 133,77 22,6% 131,85 21,8%<br />
Carne fresca 90,08 17,4% 102,12 17,2% 109,97 18,2%<br />
Prodotti a base di carne 62,59 12,1% 81,10 13,7% 98,88 16,3%<br />
Prodotti della panetteria 83,63 16,1% 109,07 18,4% 81,34 13,4%<br />
Frutta 55,19 10,6% 64,52 10,9% 66,81 11,0%<br />
Olio di oliva 55,47 10,7% 47,35 8,0% 65,89 10,9%<br />
Ortaggi, legumi e cerali 57,88 11,2% 51,07 8,6% 44,24 7,3%<br />
Altri 4,25 0,8% 3,83 0,6% 6,38 1,1%<br />
Totale 518,49 100,0% 592,83 100,0% 605,36 100,0%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de<br />
Sistemas de Calidad Diferenciada.<br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
101
102<br />
Dai dati pubblicati dal Ministero spagnolo dell’agricoltura 50 si evince che, nel<br />
2004, il mercato dei <strong>prodotti</strong> con riconoscimento comunitario ha sviluppato fatturato<br />
alla produzione di 605 milioni di euro (questa volta riferito ai soli <strong>prodotti</strong> già<br />
riconosciuti), di cui circa 81 milioni - pari al 13% del fatturato totale - dovuto alla<br />
vendita sui mercati esteri.<br />
Sul totale del fatturato alla produzione, i formaggi (132 milioni di euro nel<br />
2004) hanno il peso più elevato, pari al 22%. La quota delle carni fresche, che ha<br />
conosciuto negli ultimi anni un sensibile aumento, si aggira intorno al 18%, corrispondente<br />
a circa 110 milioni di euro, mentre quella dei <strong>prodotti</strong> a base di carne -<br />
anch’essa in crescita rispetto ai due anni precedenti - è pari al 16% (99 milioni di<br />
euro).<br />
I <strong>prodotti</strong> della pasticceria, con un fatturato di 81 milioni di euro, rappresentano<br />
il 13% dell’economia del circuito tutelato; seguono la frutta e gli oli di oliva, rispettivamente<br />
l’11%, corrispondenti ad un fatturato alla produzione compreso tra i 66,8<br />
e i 65,9 milioni di euro. Al contrario si è ridotta l’incidenza degli ortaggi (7%).<br />
Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Spagna, seppure non sia così sviluppato come<br />
quello consolidatosi in Italia o in Francia, si è caratterizzato negli ultimi anni per un<br />
notevole dinamismo, come dimostra l’evoluzione del numero di denominazioni riconosciute,<br />
dei volumi dei <strong>prodotti</strong> certificati e del relativo fatturato all’origine.<br />
Afronte di un aumento del 2% del fatturato dell’intera produzione <strong>DOP</strong>e <strong>IGP</strong>, il<br />
valore delle esportazioni nel 2004 è cresciuto del 4% rispetto all’anno precedente.<br />
Tabella 6.2 - Le esportazioni delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> spagnole - 2002-2004 (dati in milioni di euro)<br />
2002 Peso % 2003 Peso % 2004 Peso %<br />
Formaggi 22,21 31,0% 28,85 37,0% 30,77 38,0%<br />
Carne fresca 0,45 0,6% 0,56 0,7% 0,59 0,7%<br />
Prodotti a base di carne 0,43 0,6% 1,07 1,4% 1,43 1,8%<br />
Prodotti della panetteria 9,83 13,7% 12,90 16,6% 8,25 10,2%<br />
Frutta 21,50 30,0% 27,50 35,3% 28,43 35,1%<br />
Olio di oliva 16,03 22,3% 6,37 8,2% 10,69 13,2%<br />
Ortaggi, legumi e cereali 1,12 1,6% 0,51 0,7% 0,63 0,8%<br />
Altri 0,18 0,3% 0,18 0,2% 0,17 0,2%<br />
Totale generale 71,75 100,0% 77,94 100,0% 80,96 100,0%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de<br />
Sistemas de Calidad Diferenciada.<br />
Tra le differenti categorie merceologiche, i <strong>prodotti</strong> che incidono maggiormente<br />
sul totale dell’export sono i formaggi, gli oli di oliva, e la frutta fresca: complessivamente<br />
tali <strong>prodotti</strong> rappresentano l’86% del fatturato all’export dei <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
Invece, i <strong>prodotti</strong> il cui peso dell’export risulta più elevato sul valore della produzione<br />
sono la frutta fresca, per la quale le esportazioni rappresentano il 42% del<br />
fatturato all’origine, e gli oli di oliva (23%).
6.1.2 I formaggi<br />
Negli ultimi anni i volumi commercializzati con il marchio di origine sono<br />
cresciuti sia per l’aumento del numero delle denominazioni registrate sia per la<br />
crescita produttiva delle <strong>DOP</strong> già riconosciute.<br />
Figura 6.3 - La destinazione della produzione dei formaggi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Spagna dal 1999 al 2004<br />
(dati in tonnellate)<br />
16.000<br />
14.000<br />
12.000<br />
10.000<br />
8.000<br />
6.000<br />
4.000<br />
2.000<br />
0<br />
9.449,6<br />
1.253,5<br />
10.918,1<br />
1.776,9<br />
10.667,3<br />
2.243,2<br />
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004<br />
Mercato interno<br />
10.807,2<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de<br />
Sistemas de Calidad Diferenciada.<br />
2.425,4<br />
11.645,2<br />
2.720,2<br />
13.349,0<br />
Esportazioni<br />
3.371,0<br />
12.936,0<br />
3.518,0<br />
Rispetto al 1999, durante il quale erano state commercializzate 12.700 tonnellate<br />
a marchio <strong>DOP</strong>, si rileva un aumento produttivo del 30%, mentre i flussi verso<br />
i mercati esteri nello stesso arco di tempo, sono più che raddoppiati.<br />
Nel 2004, la produzione di formaggi a marchio <strong>DOP</strong> è stata di 16.445 tonnellate,<br />
pari a poco più del 5% della produzione totale del Paese, che nello stesso anno<br />
si è attestata sulle 304 mila tonnellate.<br />
Complessivamente i volumi certificati nel 2004 registrano una contrazione<br />
dell’1,6% che è in larga misura legata al calo del Queso Manchego (-10%) il quale<br />
concentra il 44% della produzione e la metà del fatturato dell’intero comparto<br />
dei formaggi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
Il calo produttivo del 2004 è seguito alla sensibile crescita evidenziatasi nel<br />
2003 che aveva interessato la gran parte delle denominazioni.<br />
Il 60% dei volumi a marchio di origine è costituito da 6 <strong>DOP</strong> ottenute da latte<br />
ovino, le quali hanno raggiunto un fatturato di 95 milioni di euro, pari ad oltre il<br />
70% dell’intero valore delle produzioni certificate. Le <strong>DOP</strong> ovine rappresentano<br />
inoltre in quantità un quarto della produzione nazionale di formaggi da latte ovino,<br />
pari a 37 mila tonnellate.<br />
Il peso delle quattro <strong>DOP</strong> di latte vaccino sulla produzione spagnola di que-<br />
103
104<br />
Tabella 6.3 - La produzione dei formaggi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in tonnellate)<br />
2002 2003 2004 Var. % 04/03<br />
Queso Manchego 6.408 8.095 7.276 -10,1%<br />
Idiazabal 1.090 1.223 1.298 6,1%<br />
Roncal 491 459 437 -4,8%<br />
Queso Zamorano 302 281 313 11,4%<br />
Torta del Casar 158 236 290 22,9%<br />
Queso de La Serena 175 186 190 2,2%<br />
Formaggi di latte ovino <strong>DOP</strong> 8.625 10.480 9.804 -6,5%<br />
Mahon 2.224 2.198 2.256 2,6%<br />
Queso Tetilla 1.819 2.110 2.520 19,4%<br />
Queso de Cantabria 285 275 293 6,5%<br />
Queso d l’Alt Urgell 168 170 165 -2,9%<br />
Formaggi di latte vaccino <strong>DOP</strong> 4.496 4.753 5.234 10,1%<br />
Queso Majorero 337 342 232 -32,2%<br />
Queso de Murcia al vino 203 261 306 17,2%<br />
Queso de Murcia 14 16 14 -12,5%<br />
Queso Ibores 86 97 103 6,2%<br />
Queso Palmero 6 15 22 46,7%<br />
Formaggi di latte caprino <strong>DOP</strong> 647 731 677 -7,4%<br />
Cabrales 516 520 486 -6,5%<br />
Picon Bejes-Tresviso 35 25 27 8,0%<br />
Quesucos de Liebana 48 94 134 42,6%<br />
Queso de Valdeon 0 116 83 -28,4%<br />
Formaggi misti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>* 598 755 730 -3,3%<br />
Totale formaggi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 14.365 16.719 16.445 -1,6%<br />
*soltanto la denominazione Queso de Valdeon è registrata come <strong>IGP</strong>, le altre sono tutte <strong>DOP</strong>.<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de<br />
Sistemas de Calidad Diferenciada.<br />
sti tipi di formaggio (130 mila tonnellate) è invece notevolmente inferiore, attestandosi<br />
attorno al 4%. Nell’ambito dei circuiti tutelati esse rappresentano il<br />
30% in volume, a cui corrisponde un fatturato di 26,7 milioni di euro (20% del<br />
totale).<br />
La rimanente quota (1.400 tonnellate) si ripartisce pressoché ugualmente tra i<br />
formaggi di latte caprino e quelli misti, rappresentativi di circa l’1% della relativa<br />
produzione nazionale.<br />
Al contrario della produzione, le esportazioni nel 2004 hanno continuato a crescere<br />
attestandosi sulle 3.500 tonnellate (+4,3%), di cui 2.700 costituite dal solo<br />
Queso Manchego. Anche se è questa <strong>DOP</strong> a rappresentare in termini assoluti gran<br />
parte del flusso delle esportazioni, l’orientamento verso i mercati esteri interessa<br />
in realtà gran parte delle denominazioni.
Tabella 6.4 - Il fatturato alla produzione dei formaggi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Spagna dal 2002 al 2004<br />
(dati in milioni di euro)<br />
2002 2003 2004 Var. % 04/03<br />
Queso Manchego 53,89 72,86 65,48 -10,1%<br />
Idiazabal 11,99 13,76 14,93 8,5%<br />
Roncal 4,67 4,68 4,46 -4,7%<br />
Queso Zamorano 3,00 2,86 3,25 13,6%<br />
Torta del Casar 2,40 3,59 4,61 28,4%<br />
Queso de La Serena 1,84 1,95 2,09 7,2%<br />
Formaggi di latte ovino <strong>DOP</strong> 77,79 99,70 94,82 -4,9%<br />
Mahon 12,77 12,61 13,40 6,3%<br />
Queso Tetilla 7,97 9,24 11,04 19,5%<br />
Queso de Cantabria 1,27 1,20 1,31 9,2%<br />
Queso d l’Alt Urgell 0,96 0,97 0,95 -2,1%<br />
Formaggi di latte vaccino <strong>DOP</strong> 22,96 24,02 26,70 11,2%<br />
Queso Majorero 1,82 1,85 1,25 -32,4%<br />
Queso de Murcia al vino 1,64 2,04 2,45 20,1%<br />
Queso de Murcia 0,12 0,14 0,13 -7,1%<br />
Queso Ibores 0,67 0,85 0,81 -4,7%<br />
Queso Palmero 0,04 0,11 0,16 45,5%<br />
Formaggi di latte caprino <strong>DOP</strong> 4,29 4,99 4,80 -3,8%<br />
Cabrales 3,66 3,75 3,88 3,5%<br />
Picon Bejes-Tresviso 0,36 0,20 0,22 10,0%<br />
Quesucos de Liebana 0,32 0,62 0,91 46,8%<br />
Queso de Valdeon n.d. 0,49 0,51 4,1%<br />
Formaggi misti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 4,34 5,06 5,52 9,1%<br />
Totale formaggi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 109,39 133,77 131,84 -1,4%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de<br />
Sistemas de Calidad Diferenciada.<br />
6.1.3 Le carni fresche e i <strong>prodotti</strong> a base di carne<br />
Rispetto agli altri comparti merceologici, le denominazioni relative a carni fresche<br />
e ai <strong>prodotti</strong> a base di carne hanno conosciuto negli ultimi anni lo sviluppo<br />
più sostenuto in termini di volumi commercializzati e di fatturato.<br />
Relativamente alle carni fresche, le 9 <strong>IGP</strong> di carni bovine, sulle 13 denominazioni<br />
fino ad oggi riconosciute, hanno registrato nel 2004 un incremento in volume<br />
del 30% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di oltre 28 mila<br />
tonnellate.<br />
Il notevole incremento è legato in particolare alla commercializzazione di<br />
quantitativi certificati di alcune carni per le quali in precedenza non si era utilizzato<br />
il marchio <strong>IGP</strong>. E’ il caso ad esempio della Carne Vacuno de Pais Vasco,<br />
prodotta nella comunità autonoma dei Paesi Baschi, che al primo anno di<br />
certificazione ha occupato, con oltre 4.400 tonnellate, una quota di mercato<br />
105
106<br />
inferiore solo a quella della Ternera de Gallega.<br />
La produzione di quest’ultima denominazione, la prima per volumi produttivi,<br />
nello stesso anno è aumentata dell’8,6% attestandosi a 14.540 tonnellate.<br />
Le ampie potenzialità di sviluppo, rispetto ai volumi effettivamente marchiati<br />
negli anni precedenti, sono state in parte sfruttate anche da alcune <strong>IGP</strong> minori, come<br />
la Ternera Asturiana, i cui volumi sono cresciuti del 37% (per un totale di<br />
3.720 tonnellate) e la Carne de Extremadura (+95%).<br />
Le tre <strong>IGP</strong> relative a carni di agnello diversamente hanno accusato una contrazione<br />
in volume pari al 2,7% a cui tuttavia è corrisposta una tenuta in termini di<br />
fatturato che si è attestato sui 14,5 milioni di euro.<br />
La principale <strong>IGP</strong> per volumi produttivi è il Ternasco de Aragon il cui fatturato<br />
alla produzione nel 2004 è sceso a 6,9 milioni di euro (-8,1%) a causa della diminuzione<br />
dei volumi marchiati. Nel 2004 si è assistito invece alla notevole crescita<br />
dell’<strong>IGP</strong> Cordero Manchego, rispetto ai volumi a marchio commercializzati<br />
nei due anni precedenti.<br />
Tabella 6.5 - Produzione e fatturato alla produzione delle carni fresche <strong>IGP</strong> in Spagna dal 2002 al 2004<br />
(dati in tonnellate, milioni di euro)<br />
Produzione Var. % Fatturato alla produzione Var. %<br />
2002 2003 2004 2004/2003 2002 2003 2004 2004/2003<br />
Ternera Gallega 10.979 13.386 14.540 8,6% 44,47 56,22 59,61 6,0%<br />
Ternera Asturiana 3.425 2.717 3.722 37,0% 16,65 13,07 17,20 31,6%<br />
Ternera de Navarra 2.198 2.473 2.370 -4,2% 7,56 8,63 8,08 -6,4%<br />
Carne de la Sierra de Guadarrama 1.853 1.852 1.714 -7,5% 6,24 6,11 5,14 -15,9%<br />
Carne de Avila 645 662 682 3,0% 1,9 1,91 1,92 0,5%<br />
Carne de Morucha de Salamanca 276 261 295 13,0% 0,83 0,76 0,86 13,2%<br />
Carne de Exteremadura 19 374 727 94,4% 0,06 1,13 2,16 91,2%<br />
Carne de Cantabria 0 0 71 - 0 0 0,28 -<br />
Carne de Vacuno del Pais 0 0 4.426 - 0 0 n.d. -<br />
Totale carni bovine <strong>IGP</strong> 19.395 21.725 28.547 31,4% 77,71 87,83 95,25 8,4%<br />
Ternasco de Aragon 1.335 1.252 1.046 -16,5% 6,67 7,51 6,90 -8,1%<br />
Lechazo de Castilla y Leon 477 531 532 0,2% 2,86 3,35 3,36 0,3%<br />
Cordero Manchego 442 588 729 24,0% 2,79 3,27 4,25 30,0%<br />
Totale carni ovine <strong>IGP</strong> 2.254 2.371 2.307 -2,7% 12,32 14,13 14,51 2,7%<br />
Polo y Capon del Prat 10 24 30 25,0% 0,05 0,16 0,23 43,8%<br />
Totale carni fresche <strong>IGP</strong> 21.659 24.120 30.884 28,0% 90,08 102,12 109,99 7,7%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de<br />
Calidad Diferenciada.<br />
Riguardo ai <strong>prodotti</strong> a base di carne, i prosciutti e le spalle stagionate rappresentano<br />
la quota più rilevante del mercato: nel 2004, il valore alla produzione si è<br />
attestato a 94,45 milioni di euro, in aumento del 51% rispetto all’anno precedente.<br />
In volume il numero dei pezzi marchiati, pari 916 mila, è cresciuto invece del<br />
42,6%.
Nel 2004 alle quattro <strong>DOP</strong> già esistenti si è aggiunta l’<strong>IGP</strong> Jamon de Trevelez,<br />
di cui nello stesso anno sono stati commercializzati 63.700 pezzi.<br />
La <strong>DOP</strong> più importante è il Jamon de Teruel del quale sono stati commercializzati<br />
380 mila pezzi, l’11% in più rispetto al 2003.<br />
La produzione di Guijelo, che si è attestata sui 256 mila prosciutti marchiati, è<br />
invece cresciuta di oltre 110 mila pezzi, realizzando un aumento del 78,5%. Solo<br />
nel 2002 la produzione certificata di questa <strong>DOP</strong> si aggirava a poco più di 83 mila<br />
pezzi, corrispondenti a meno del 12% del potenziale delle aziende del circuito.<br />
Il Jamon de Huelva è la denominazione che in termini relativi ha conosciuto la<br />
crescita più consistente: la produzione a marchio di origine è infatti raddoppiata,<br />
mentre il fatturato è passato da 6,4 a circa 17 milioni di euro. La <strong>DOP</strong> Dehesa de<br />
Extremadura, con un incremento del 6,5% in quantità (pari a 120 mila pezzi), ha<br />
confermato infine la tendenza già mostrata nei due anni precedenti.<br />
Tabella 6.6 - Produzione e fatturato alla produzione dei prosciutti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Spagna dal 2002 al 2004<br />
(dati in n°pezzi, milioni di euro)<br />
Produzione Var. % Fatturato alla produzione Var. %<br />
2002 2003 2004 2004/2003 2002 2003 2004 2004/2003<br />
Jamón de Teruel 293.242 341.678 379.832 11,2% 17,62 20,53 22,82 11,2%<br />
Guijuelo 83.625 143.456 256.081 78,5% 11,32 16,74 30,90 84,6%<br />
Dehesa de Extremadura 107.053 112.650 119.966 6,5% 14,35 18,94 20,38 7,6%<br />
Jamón de Huelva 59.851 45.326 97.225 114,5% 6,20 6,38 16,98 166,1%<br />
Jamoòn de Trevelez 0 0 63.720 - 0 0 3,37 -<br />
Totale prosciutti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 543.771 643.110 916.824 42,6% 49,49 62,59 94,45 50,9%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de<br />
Calidad Diferenciada.<br />
Il paniere spagnolo dei <strong>prodotti</strong> tipici a base di carne è completato da 5 <strong>prodotti</strong><br />
<strong>IGP</strong>, tre dei quali si riferiscono a insaccati di carni suine e i rimanenti a preparati<br />
stagionati o affumicati ottenuti rispettivamente da carne suina (Lacon Gallego) e<br />
bovina (Cecina de Leon).<br />
Tabella 6.7 - Produzione e fatturato alla produzione dei <strong>prodotti</strong> a base di carne <strong>IGP</strong> in Spagna dal 2002 al 2004<br />
(dati in tonnellate, milioni di euro)<br />
Produzione Var. % Fatturato alla produzione Var. %<br />
2002 2003 2004 2004/2003 2002 2003 2004 2004/2003<br />
Sobrasada de Mallorca 2.641 2.415 2.494 3,3% 8,79 8,55 9,08 6,2%<br />
Cecina de León 169 418 472 12,9% 2,03 7,31 8,50 16,3%<br />
Salchichón de Vic o Llonganissa de Vic 103 128 124 -3,1% 1,47 1,82 1,77 -2,7%<br />
Botillo del Bierzo 247 231 250 8,2% 0,72 0,69 0,80 15,9%<br />
Lacón Gallego 24 32 18 -43,8% 0,09 0,13 0,08 -38,5%<br />
Totale preparati a base di carne <strong>IGP</strong> 3.182,4 3.224 3.358 4,2% 13,10 18,50 20,23 9,4%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de<br />
Calidad Diferenciada.<br />
107
108<br />
Nello stesso anno il valore alla produzione di questi <strong>prodotti</strong> è cresciuto del<br />
9,4% raggiungendo i 20,2 milioni di euro. Tra tutte le denominazioni la principale<br />
è la Sobrasada de Mallorca, con una produzione pari a 2.494 tonnellate e un giro<br />
di affari alla produzione di 9,1 milioni di euro, corrispondente a circa tre quarti<br />
del fatturato alla produzione dei salumi <strong>IGP</strong> (esclusi i prosciutti).<br />
6.1.4 Gli oli di oliva<br />
In Spagna i comprensori di produzione delle <strong>DOP</strong> di oli di oliva vantano un<br />
potenziale produttivo di oltre 310 mila ettari, su una superficie totale di 2,2 milioni<br />
di ettari, che tuttavia solo parzialmente sono dedicati alla produzione di oli<br />
commercializzati con il marchio di origine.<br />
Complessivamente nel 2004 sono state distribuite 19 mila tonnellate di olio<br />
d’oliva con il marchio <strong>DOP</strong> relativo a 13 denominazioni registrate.<br />
Rispetto alla produzione totale di olio di oliva della Spagna, che nel 2004 è<br />
stata di 950 mila tonnellate, la produzione tutelata ha rappresentato quindi una<br />
quota pari al 2%.<br />
Figura 6.4 - La produzione degli oli di oliva <strong>DOP</strong> in Spagna dal 1999 al 2004 (dati in tonnellate)<br />
18.000<br />
16.000<br />
14.000<br />
12.000<br />
10.000<br />
8.000<br />
6.000<br />
4.000<br />
2.000<br />
0<br />
1.646<br />
8.421<br />
4.084<br />
10.612<br />
2.767<br />
10.640<br />
1999 2000 2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de<br />
Sistemas de Calidad Diferenciada.<br />
5.742<br />
12.020<br />
I quantitativi certificati hanno registrato un aumento del 30% (+4.380 tonnellate)<br />
che è seguito al sensibile calo subito nel 2003 da alcune delle principali denominazioni.<br />
Il crollo accusato dai quantitativi certificati della <strong>DOP</strong> Les Garrigues, non pienamente<br />
recuperato nel 2004, ha determinato una ridistribuzione delle quote di<br />
mercato a favore di altre denominazioni quali Siurana, Baena e Sierra de Cazorla.<br />
Queste rappresentano il 43% dei quantitativi <strong>DOP</strong> e circa il 48% del fatturato al-<br />
1.906<br />
12.658<br />
2.895<br />
Esportazioni Mercato interno<br />
16.054
Tabella 6.8 - Produzione e fatturato alla produzione degli oli di oliva <strong>DOP</strong> in Spagna dal 2002 al 2004<br />
(dati in tonnellate, milioni di euro)<br />
Produzione Var. % Fatturato alla produzione Var. %<br />
2002 2003 2004 2004/2003 2002 2003 2004 2004/2003<br />
Siurana 2.740 2571 3.233 25,7% 12,03 10,66 14,11 32,4%<br />
Baena 2.846 2628 2.945 12,1% 9,76 10,04 12,40 23,5%<br />
Sierra de Cazorla 750 1500 2.000 33,3% 1,80 3,60 4,80 33,3%<br />
Sierra Mágina 1.700 1616 1.833 13,4% 3,72 4,85 5,60 15,5%<br />
Les Garrigues 5.020 941 1.624 72,6% 14,99 3,91 6,74 72,4%<br />
Priego de Córdoba 1.606 1580 1.601 1,3% 4,19 4,74 6,40 35,0%<br />
Montes de Granada 0 0 1.596 - 0,00 0,00 4,39 -<br />
Aceite del Bajo Aragón 950 1200 1.500 25,0% 3,14 3,63 5,07 39,7%<br />
Montes de Toledo 1.114 600 750 25,0% 3,06 1,98 2,63 32,8%<br />
Sierra de Segura 645 610 720 18,0% 1,55 n.d. n.d. -<br />
Aceite de Terra/Oli de Terra Alta 313 709 635 -10,4% 0,88 2,06 2,03 -1,5%<br />
Sierra de Cádiz 78 609 491 -19,4% 0,35 1,83 1,47 -19,7%<br />
Aceite de Mallorca 0 0 21 - 0,00 0,00 0,24 -<br />
Antequera 0 0 0 - 0,00 0,00 0,00 -<br />
Aceite de La Rioja 0 0 0 - 0,00 0,00 0,00 -<br />
Totale oli di oliva <strong>DOP</strong> 17.762 14.564 18.949 30,1% 55,47 47,30 65,88 39,3%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de<br />
Calidad Diferenciada.<br />
l’origine, passato da 47,3 a poco meno di 66 milioni di euro (+39%).<br />
Nel 2004 i volumi destinati ai mercati esteri hanno rappresentato il 15% della<br />
produzione certificata.<br />
Fino al 2002 l’aumento della produzione era stata accompagnata da un sensibile<br />
incremento delle esportazioni, arrivate a rappresentare fino al 30% della produzione<br />
a marchio. Nel biennio successivo si è verificata una battuta di arresto,<br />
con una riduzione dell’export a 2.900 tonnellate, che è dovuta però esclusivamente<br />
al calo dei quantitativi certificati della <strong>DOP</strong> Les Garrigues.<br />
6.1.5 Gli ortofrutticoli e i cereali<br />
Il circuito delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel settore ortofrutticolo della Spagna è per volumi<br />
produttivi e fatturato uno dei più sviluppati in ambito comunitario.<br />
Nel 2004 il giro di affari alla produzione risultava complessivamente di circa<br />
110 milioni di euro, di cui 67 milioni attribuibili al solo comparto della frutta fresca.<br />
La produzione di frutta commercializzata con il marchio comunitario è aumentata<br />
del 6,4%, attestandosi intorno alle 83 mila tonnellate, mentre il fatturato è<br />
cresciuto del 3,5%.<br />
Le <strong>DOP</strong> più importanti sono la Nisperos de Callosa (nespola), il cui valore al-<br />
109
110<br />
l’origine è stimato in 20,6 milioni di euro (+11,5%) e la Manzana de Girona (mela),<br />
che ha fatturato 17,3 milioni di euro (-0,9%).<br />
Nello stesso anno, soltanto per due delle 11 denominazioni riconosciute, non è<br />
stato commercializzato alcun quantitativo con il marchio di origine.<br />
Tabella 6.9 - Produzione e fatturato alla produzione della frutta <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Spagna dal 2002 al 2004<br />
(dati in tonnellate, milioni di euro)<br />
Tipo Produzione Var. % Fatturato alla produzione Var. %<br />
di prodotto 2002 2003 2004 2004/2003 2002 2003 2004 2004/2003<br />
Nísperos Callosa d’En Sarriá (<strong>DOP</strong>) Nespola 14.102 12.341 17.634 42,9% 15,52 18,51 20,63 11,5%<br />
Manzana de Girona (<strong>IGP</strong>) Mela 19.500 34.200 32.600 -4,7% 9,36 17,44 17,28 -0,9%<br />
Kaki Ribera del Xuquer (<strong>DOP</strong>) Cachi 1.879 6.815 6.159 -9,6% 2,26 7,5 7,08 -5,6%<br />
Uva embolsada "Vinalopó" (<strong>DOP</strong>) Uva 13.759 13.082 12.647 -3,3% 13,45 5,76 6,45 12,0%<br />
Cítricos Valencianos (<strong>IGP</strong>) Agrumi 3.868 5.848 8.883 51,9% 1,99 3,87 6,32 63,3%<br />
Melocotón de Calanda (<strong>DOP</strong>) Pesca 4.319 3.635 3.070 -15,5% 4,66 7,27 6,14 -15,5%<br />
Peras de Rincón de Soto (<strong>DOP</strong>) Pera 0 800 1.100 37,5% 0,00 0,88 1,32 50,0%<br />
Cerezas de la Montaña de Alicante (<strong>IGP</strong>) Ciliegia 1.179 1.004 605 -39,7% 3,99 3,21 1,47 -54,2%<br />
Manzana Reineta del Bierzo (<strong>DOP</strong>) Mela 560 121 162 33,9% 0,42 0,08 0,12 50,0%<br />
Clementinas de las Tierras del Ebro (<strong>IGP</strong>) Clementina 0 0 0 - 0 0 0 -<br />
Pera de Jumilla (<strong>DOP</strong>) Pera 0 0 0 - 0 0 0 -<br />
Totale Frutta <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 59.166 77.846 82.860 6,4% 51,65 64,52 66,81 3,5%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de<br />
Calidad Diferenciada.<br />
Il biennio 2003-2004 si è caratterizzato per una decisa ripresa della produzione<br />
sottoposta a certificazione. Nei due anni precedenti infatti, nonostante<br />
l’aumento delle denominazioni riconosciute, la crescita dei quantitativi a marchio<br />
aveva accusato una battuta di arresto, dovuta alle difficoltà di molte filiere<br />
ad implementare il sistema di certificazione imposto dal regime comunitario.<br />
Sul mercato della frutta <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> le esportazioni hanno un’incidenza superiore<br />
a quella di qualsiasi altro comparto, pari al 37% dell’intera produzione a<br />
marchio. Per alcune denominazioni i volumi destinati direttamente ai mercati<br />
esteri sono addirittura superiori a quelli distribuiti sul territorio nazionale come<br />
nel caso delle <strong>DOP</strong> Nisperos Callosa e Kaki Ribera del Xuquer e dell’<strong>IGP</strong> Citricos<br />
Valencianos.<br />
La produzione di ortaggi, cereali e legumi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> nel 2004 si è attestata<br />
sulle 29.920 tonnellate per un valore all’origine di 44,3 milioni di euro.<br />
Rispetto all’anno precedente si registra un calo del fatturato complessivo del<br />
13,4% che si è distribuito equamente tra tutte le tre categorie merceologiche.<br />
Per i soli ortaggi il valore all’origine, pari a 31,2 milioni di euro è diminui-
Tabella 6.10 - Produzione e fatturato alla produzione degli ortaggi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Spagna dal 2003 al 2004<br />
(dati in tonnellate, milioni di euro)<br />
Tipo Produzione Var. % Fatturato alla produzione Var. %<br />
di prodotto 2003 2004 2004/2003 2003 2004 2004/2003<br />
Espárrago de Navarra (<strong>IGP</strong>) Asparago 4.874 3.279 -32,7% 21,93 13,07 -40,4%<br />
Berenjena de Almagro (<strong>IGP</strong>) Melanzana 1.091 1.342 23,0% 3,14 5,23 66,6%<br />
Chufa de Valencia (<strong>DOP</strong>) Nocciola 3.935 3.046 -22,6% 5,90 5,21 -11,7%<br />
Pimientos del Piquillo de Lodosa (<strong>DOP</strong>) Peperone 1.035 1.041 0,6% 3,11 3,12 0,3%<br />
Alcachofa de Tudela (<strong>IGP</strong>) Carciofo 247 483 95,5% 0,94 1,64 74,5%<br />
Alcachofa de Benicarló (<strong>DOP</strong>) Carciofo 1.302 1.494 14,7% 1,02 1,02 0,0%<br />
Pimiento Asado del Bierzo (<strong>IGP</strong>) Peperone 36 91 152,8% 0,22 0,57 159,1%<br />
Espárrago de Huétor-Tájar (<strong>IGP</strong>) Asparago 172 142 -17,4% 0,72 0,56 -22,2%<br />
Calçot de Valls (<strong>IGP</strong>) Cipolla 315 273 -13,3% 0,50 0,43 -14,0%<br />
Pimiento Riojano (<strong>IGP</strong>) Peperone 0 234 - 0,00 0,31 -<br />
Totale ortaggi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 13.007 11.425 -12,2% 37,48 31,16 -16,9%<br />
Arroz del Delta del Ebro (<strong>IGP</strong>) Riso 13056 13014 -0,3% 6,27 6,12 -2,4%<br />
Arroz de Valencia (<strong>DOP</strong>) Riso 3521 3758 6,7% 3,78 3,74 -1,1%<br />
Calasparra (<strong>DOP</strong>) Riso 1380 1347 -2,4% 1,79 1,68 -6,1%<br />
Totale cereali <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 17.957 18.119 0,9% 11,84 11,54 -2,5%<br />
Faba Astruriana (<strong>IGP</strong>) Fava 75 67 -10,7% 0,75 0,68 -9,3%<br />
Judías de El Barco de Ávila (<strong>IGP</strong>) Fagiolo 52 74 42,3% 0,29 0,44 51,7%<br />
Lenteja de La Armuña (<strong>IGP</strong>) Lenticchia 400 235 -41,3% 0,72 0,42 -41,7%<br />
Totale legumi <strong>IGP</strong> 527 376 -28,7% 1,76 1,54 -12,5%<br />
Totale ortaggi, legumi e cereali <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> 31.491 29.920 -5,0% 51,08 44,24 -13,4%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de<br />
Calidad Diferenciada.<br />
6.2 La Francia 51<br />
to del 17% a causa principalmente della forte contrazione dei quantitativi certificati<br />
della <strong>DOP</strong> Esparrago de Navarra che concentra quasi il 60% dell’intero<br />
fatturato.<br />
6.2.1 Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Francia<br />
Il paniere dei <strong>prodotti</strong> tipici della Francia, a fine luglio 2006, contava 148 denominazioni<br />
riconosciute a livello comunitario.<br />
Di queste, 69 sono state registrate come <strong>DOP</strong>, mentre, allo stato attuale non figurano<br />
tra i <strong>prodotti</strong> tutelati denominazioni riconosciute come <strong>STG</strong>.<br />
Il comparto merceologico maggiormente rappresentato è quello delle carni<br />
111
112<br />
Figura 6.5 - Le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> francesi per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni)<br />
Prodotti a base<br />
di carne<br />
4<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ue.<br />
fresche di cui, in assoluto, il Paese detiene il primato comunitario per numero di<br />
registrazioni; tale comparto somma 50 denominazioni (il 50% del totale), di cui la<br />
maggior parte registrate come <strong>IGP</strong> e ben 40 relative a carni avicole.<br />
La Francia vanta in ambito Ue il maggior numero di riconoscimenti anche nel<br />
comparto dei formaggi, sebbene lo scarto rispetto ad altri Paesi europei a più forte<br />
vocazione sia inferiore. Le denominazioni tutelate relative ai formaggi sono in totale<br />
43, di cui 39 iscritte come <strong>DOP</strong>.<br />
Seguono i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli e i cereali con 22 denominazioni registrate, di<br />
cui 14 come <strong>IGP</strong>.<br />
Compongono ancora il paniere dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> francesi 5 oli di oliva, i<br />
<strong>prodotti</strong> trasformati a base di carne (4 denominazioni) e 4 varietà di olive da tavola.<br />
Nei seguenti paragrafi si analizzano, per i principali comparti merceologici i<br />
dati economici (produzione, fatturato ed export) relativi al 2004.<br />
Tuttavia, al momento della stesura della pubblicazione non erano ancora state<br />
divulgate dall’INAO le statistiche aggiornate al 2004 relative alle <strong>IGP</strong> francesi.<br />
Per questo motivo i dati di seguito analizzati si riferiscono ai soli <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>.<br />
Gli ultimi dati disponibili per i <strong>prodotti</strong> <strong>IGP</strong>, riferiti al 2003, sono riportati nella<br />
precedente pubblicazione ISMEA 52 .<br />
6.2.2 I formaggi<br />
Oli di oliva<br />
5<br />
Altri<br />
24<br />
Ortofrutticoli<br />
e cereali<br />
22<br />
Formaggi<br />
43<br />
Carni fresche<br />
50<br />
I formaggi <strong>DOP</strong> in Francia rappresentano il comparto di maggior peso nell’economia<br />
complessiva dei circuiti tutelati del Paese e il più sviluppato a livello comunitario<br />
dopo quello italiano. La loro produzione muove mediamente un fatturato all’origine<br />
di due miliardi di euro all’anno e corrisponde all’11% della produzione nazionale<br />
di formaggi freschi e stagionati, pari nel 2004 a 1,84 milioni di tonnellate.<br />
Le filiere certificate contano complessivamente circa 24.000 produttori di lat-
te, 1.400 caseifici aziendali, 250 caseifici privati, 227 caseifici di tipo cooperativo<br />
e 154 imprese specializzate nella sola fase di stagionatura dei formaggi.<br />
L’evoluzione delle quantità certificate degli ultimi 5 anni mostra complessivamente<br />
una generale tendenza alla crescita, interrotta solo in occasione del 2003<br />
per ragioni di natura congiunturale.<br />
Inoltre, per i prossimi anni è prevedibile un’ulteriore crescita dei volumi certificati<br />
<strong>DOP</strong> dovuta anche al riconoscimento di tre nuove denominazioni la cui<br />
istruttoria è attualmente in corso, e che testimonia la continua attenzione degli<br />
operatori francesi alla valorizzazione del legame tra prodotto e territorio.<br />
Figura 6.6 - La produzione dei formaggi <strong>DOP</strong> in Francia dal 1999 al 2004 (tonnellate)<br />
200.000<br />
180.000<br />
160.000<br />
140.000<br />
120.000<br />
100.000<br />
80.000<br />
60.000<br />
40.000<br />
20.000<br />
0<br />
155.692<br />
20.820<br />
5.016<br />
159.954<br />
21.202<br />
5.390<br />
163.396<br />
22.236<br />
5.844<br />
1999 2000 2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.<br />
Nel 2004 la produzione <strong>DOP</strong> di formaggi si è attestata intorno alle 193.810<br />
tonnellate, in crescita dell’1,7% rispetto all’anno precedente e corrispondente<br />
all’11% della produzione nazionale di formaggi freschi e stagionati (pari a 1,84<br />
milioni di tonnellate).<br />
L’incremento produttivo registratosi è dovuto in particolare alla forte progres-<br />
sione del Rocamadour (+21,8%) e alla crescita, seppure più contenuta (+3,6%),<br />
del Saint-Maure de Touraine.<br />
165.835<br />
21.819<br />
6.304<br />
162.521<br />
22.063<br />
Tra le <strong>DOP</strong> interessate da incrementi produttivi rientra anche il Picodon Dro-<br />
me-Ardèche, originario degli omonimi dipartimenti della regione Rhone-Alpes, la<br />
cui produzione nel 2004 è salita a 577 tonnellate (+15,4%). Il Crottin de Chavi-<br />
gnol, invece, è stato interessato da un calo dell’1,9% che si aggiunge a quello più<br />
sostenuto conosciuto nel 2003.<br />
L’85,2% del totale della produzione certificata (pari a 165 mila tonnellate) è<br />
rappresentata dai formaggi di latte vaccino che rilevano un incremento dell’1,6%.<br />
Tali formaggi, oltre ad assumere il peso maggiore per numero di denominazioni e<br />
per volumi produttivi, rappresentano anche il 9,5% del totale della produzione nazionale,<br />
percentuale che arriva al 16% se si considerano i soli formaggi stagionati.<br />
5.965<br />
165.174<br />
22.564<br />
6.071<br />
Formaggi di<br />
latte vaccino Dop<br />
Formaggi di<br />
latte ovino Dop<br />
Formaggi di<br />
latte caprino Dop<br />
113
114<br />
Tabella 6.11 - La produzione di formaggi <strong>DOP</strong> in Francia dal 2002 al 2004 (tonnellate)<br />
Denominazioni 2002 2003 2004 Var. % 04/03<br />
Comte 46.640 44.717 43.555 -2,6<br />
Cantal 17.996 17.974 18.828 4,8<br />
Reblochon 17.404 16.987 16.636 -2,1<br />
Saint-Nectaire 12.462 12.715 13.369 5,1<br />
Camembert Normadie 13.079 12.541 12.747 1,6<br />
Munster 7.800 7.239 7.625 5,3<br />
Brie de Meaux 7.218 6.774 6.965 2,8<br />
Blue d'Auvergne 6.869 6.434 6.541 1,7<br />
Morbier 4.989 5.519 6.459 17<br />
Altri 31.378 31.621 32.449 2,6<br />
Formaggi di latte vaccino <strong>DOP</strong> 165.835 162.521 165.174 1,6<br />
Roquefort 18.430 18.510 18.719 1,1<br />
Ossau-Iraty 2.953 3.067 3.352 9,3<br />
Brocciu Corse ou Brocciu 436 486 493 1,4<br />
Formaggi di latte ovino <strong>DOP</strong> 21.819 22.063 22.564 2,3<br />
Crottin de Chavignol ou Chavignol 1.635 1.160 1.138 -1,9<br />
Sainte-Maure de Touraine 1.220 1.065 1.103 3,6<br />
Rocamadour 700 808 984 21,8<br />
Selles-sur-Cher 762 788 747 -5,2<br />
Chabichou du Poitou 534 555 553 -0,4<br />
Picodon 443 500 577 15,4<br />
Altri 1.010 1.080 969 -10,3<br />
Formaggi di latte caprino <strong>DOP</strong> 6.304 5.956 6.071 1,9<br />
Totale formaggi <strong>DOP</strong> 193.958 190.540 193.809 1,7<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.<br />
Gli allevamenti bovini che conferiscono latte per produzioni <strong>DOP</strong> sono circa<br />
16 mila, mentre le strutture di trasformazione sono oltre 1.200 tra cui rientrano<br />
una grande quantità di piccoli caseifici aziendali.<br />
La crescita produttiva rilevata dai formaggi di latte vaccino (+1,6%) è stata<br />
determinata dall’espansione produttiva di tutte le denominazioni, ad eccezione del<br />
Reblochon (-2,1%) e del Comté, il cui calo del 2,6% segue quello già registrato<br />
nell’anno precedente.<br />
Nel caso del Comté la contrazione della produzione è stata accompagnata da<br />
una battuta di arresto di pari entità delle esportazioni. Negli anni precedenti, al<br />
contrario, l’export di Comtè aveva conosciuto un’espansione del tutto simile a<br />
quello del Roquefort.<br />
I 3 formaggi di latte ovino <strong>DOP</strong> con 22.564 tonnellate rappresentano l’11,6% della<br />
produzione totale di formaggi <strong>DOP</strong> e registrano un aumento del 2,3% rispetto al 2003.<br />
Tra queste denominazioni, quella più importante è il Roquefort, che da solo<br />
concorre alla produzione di più dell’80% del totale e rappresenta inoltre poco meno<br />
del 10% dell’intera produzione francese di formaggi <strong>DOP</strong>.<br />
Tuttavia la crescita produttiva registrata è il risultato non solo dell’evoluzione
del Roquefort, il cui aumento nel 2004 è stato dell’1,1%, ma anche della forte ascesa<br />
dell’Ossau-Iraty, pecorino stagionato originario della zona dei Pirenei Atlantici la<br />
cui produzione nel 2004 è aumentata del 9,3%, portandosi a 3.350 tonnellate. Questa<br />
<strong>DOP</strong> rientra però tra le denominazioni francesi che negli ultimi anni hanno conosciuto<br />
gli incrementi produttivi più elevati.<br />
Inoltre, si rileva che l’incidenza dei formaggi ovini <strong>DOP</strong> sulla produzione nazionale<br />
di tale tipologia di formaggi, pari nel 2004 a 56.600 tonnellate, è particolarmente elevata<br />
aggirandosi intorno al 40%, mentre il solo Roquefort ne rappresenta circa un terzo.<br />
Il restante 3,1% (6.071 tonnellate) della produzione di formaggi <strong>DOP</strong> è rappresentato<br />
dalle 10 <strong>DOP</strong> di formaggi caprini, la cui produzione nel 2004 è cresciuta<br />
dell’1,9%. Tale crescita è risultata in linea con quella realizzata dai formaggi<br />
<strong>DOP</strong> di latte bovino e ovino, cresciuti, come già sottolineato, rispettivamente<br />
dell’1,6% e del 2,3%.<br />
I formaggi caprini <strong>DOP</strong> rappresentano, inoltre, l’8% delle 78.270 tonnellate di<br />
formaggi caprini prodotte nel 2004 in Francia.<br />
In generale, la <strong>DOP</strong> più importante in termini di volumi di produzione è il<br />
Comté, formaggio di latte vaccino a pasta pressata la cui stagionatura non è inferiore<br />
ai 4 mesi.<br />
Nel 2004 ne sono state prodotte 43.555 tonnellate, pari al 22% di tutta la produzione<br />
francese di formaggi <strong>DOP</strong>. La filiera del Comté è costituita da 3.200 allevamenti<br />
di bovini da latte, da 184 strutture di trasformazione, in gran parte cooperative,<br />
e da 20 magazzini di stagionatura.<br />
Al Comtè seguono il Cantal e il Roquefort, rispettivamente con 18.828 e<br />
18.719 tonnellate.<br />
In particolare, per il Roquefort si evidenzia il trend di crescita regolare della<br />
produzione, iniziato dal 1999, interrotto solo da un sensibile calo nel 2002, mentre<br />
nello stesso periodo le esportazioni sono costantemente aumentate salendo, nel<br />
2004, da 2.900 tonnellate ad oltre 3.600 tonnellate.<br />
Tabella 6.12 - Le esportazioni dei principali formaggi <strong>DOP</strong> francesi dal 2002 al 2004<br />
(tonnellate)<br />
Denominazioni 2002 2003 2004 Var. % 04/03<br />
Roquefort 3.148 3.509 3.601 2,6<br />
Comté 2.579 2.683 2.613 -2,6<br />
Bleu d’Auvergne 1.719 1.418 1.663 17,3<br />
Brie de Meaux 619 714 1.014 42<br />
Munster ou Munster-Géromé 461 340 455 33,8<br />
Epoisses de Bourgogne 162 207 249 20,3<br />
Cantal 230 187 188 0,5<br />
Crottin de Chavignol 57 66 93 40,9<br />
Camembert de Normandie 62 74 53 -28,4<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.<br />
115
116<br />
Tra tutte le <strong>DOP</strong> francesi infatti il Roquefort è quello maggiormente richiesto<br />
sui mercati esteri, ai quali mediamente viene destinata una quota che si aggira<br />
intorno al 20% della produzione annua.<br />
Negli ultimi dieci anni le esportazioni di questo formaggio sono cresciute ininterrottamente<br />
fino a raggiungere nel 2004 un totale di 3.600 tonnellate, il 2,6% in<br />
più rispetto ai volumi dell’anno precedente. L’incidenza sul totale dell’export di<br />
formaggi <strong>DOP</strong> del prodotto in questione nello stesso anno è salita dal 34 al 36%,<br />
in ragione anche del calo subito dalla vendite all’estero del Comtè.<br />
Tra i formaggi di latte caprino, le due principali denominazioni sono il Crottin<br />
de Chavignol e il Sainte-Maure de Touraine: nel 2004 contano rispettivamente<br />
una produzione certificata pari a 1.100 tonnellate.<br />
Su volumi di non molto inferiori rispetto a tali produzioni, si posiziona il Rocamadour,<br />
di cui nel 2004 sono state prodotte 984 tonnellate.<br />
La <strong>DOP</strong> Crottin de Chavignol concentra, inoltre, la quasi totalità delle esportazioni<br />
realizzate dal comparto, pari nel 2004 a 109 tonnellate.<br />
Figura 6.7 - Le esportazioni francesi di formaggi <strong>DOP</strong> dal 1999 al 2004 (tonnellate)<br />
8.000<br />
7.000<br />
6.000<br />
5.000<br />
4.000<br />
3.000<br />
2.000<br />
1.000<br />
0<br />
5.280<br />
2.902<br />
71<br />
5.229<br />
2.993<br />
59<br />
7.046<br />
2.959<br />
122<br />
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.<br />
6.2.3 Le carni fresche<br />
5.550<br />
3.133<br />
124<br />
6.461<br />
3.148<br />
129<br />
Per numero di denominazioni e fatturato, le <strong>DOP</strong> e le <strong>IGP</strong> di carni avicole sono<br />
le più importanti tra quelle relative alle carni fresche. Queste contano infatti 34<br />
designazioni, di cui 32 sono state registrate come <strong>IGP</strong>.<br />
La Francia, inoltre attualmente è il solo Paese della Ue che ha ottenuto il riconoscimento<br />
di <strong>DOP</strong> relative a carni avicole.<br />
Nel 2003 le sole carni avicole <strong>IGP</strong> hanno realizzato un fatturato alla produzione<br />
di circa 492,59 milioni di euro, corrispondenti all’84% dell’intero giro di affari<br />
del mercato delle carni fresche francesi a marchio <strong>IGP</strong>, che si è attestato sui<br />
588,61 milioni di euro.<br />
6.753<br />
3.526<br />
110<br />
6.312<br />
3.601<br />
109<br />
Formaggi di<br />
latte vaccino Dop<br />
Formaggi di<br />
latte ovino Dop<br />
Formaggi di<br />
latte caprino Dop
Tabella 6.13 - Produzione e valore all’origine delle carni fresche <strong>IGP</strong> in Francia (2003)<br />
Allevamenti Capi macellati Produzione Fatturato %<br />
(n.) (n.) (ton) (mil.di euro)<br />
Canard à foie gras du Sud-Ouest 1.255 16.234.757 n.d. 254,57 43,2<br />
Altre carni avicole 5.199 95.494.929 115.985 238,02 40,4<br />
Totale carni avicole Igp 6.454 111.729.686 115.985 492,59 83,7<br />
Veau de l'Aveyron 831 15.710 3.300 20,36 3,5<br />
Veau du Limousin 3.177 19.750 2.548 15,42 2,6<br />
Boeuf du Maine 1.270 4.679 2.210 9,86 1,7<br />
Boeuf du Bourbonnais 113 2.356 1.018 3,45 0,6<br />
Boeuf de Chalosse 371 2.162 841 4,49 0,8<br />
Totale carni bovine Igp 5.762 44.657 9.917 53,58 9,1<br />
Agneau du Limousin 1.122 150.000 2.700 16,46 2,8<br />
Agneau de l'Aveyron 437 48.982 833 5,25 0,9<br />
Agneau du Quercy 408 44.997 765 4,82 0,8<br />
Agneau du Bourbonnais 58 6.045 112 0,65 0,1<br />
Totale carni ovine Igp 2.025 250.024 4.410 27,18 4,6<br />
Porc de la Sarthe 52 40.088 3.610 6,82 1,2<br />
Porc du Limousin 132 39.133 3.326 6,15 1<br />
Porc de Normandie 183 8.000 600 1,08 0,2<br />
Porc de Vendée 83 5.324 550 1,21 0,2<br />
Totale carni suine Igp 450 92.545 8.086 15,26 2,6<br />
Totale carni Igp 14.691 112.116.912 138.398 588,61 100<br />
Fonte: INAO - Institut National des Appellations d'Origine.<br />
Nello stesso anno il fatturato alla produzione realizzato dalle 5 <strong>IGP</strong> relative a<br />
carni bovine è stato di 54 milioni di euro, pari al 9% dell’intero comparto delle<br />
carni fresche ad indicazione geografica protetta.<br />
Le principali sono le <strong>IGP</strong> Veau de l’Aveyron e Veau du Limousin relative a<br />
carni di vitello che concentrano i due terzi del fatturato alla produzione del comparto<br />
bovino <strong>IGP</strong>.<br />
Tra le carni ovine (27 milioni di euro di fatturato nel 2003) è da rilevare che<br />
l’<strong>IGP</strong> Agneau de Limousin rappresenta circa il 60% del valore alla produzione di<br />
dello stesso comparto ovino <strong>IGP</strong> e che il peso complessivo di quest’ultimo sul totale<br />
carni fresche <strong>IGP</strong> supera di poco il 4%.<br />
Infine il peso delle 4 designazioni di carni suine con 15,3 milioni di euro è<br />
complessivamente più basso, rappresentando meno del 3% del fatturato delle carni<br />
fresche a marchio <strong>IGP</strong>.<br />
Tra le carni fresche dotate di marchio Dop, tra i principali <strong>prodotti</strong> del segmento<br />
più importante delle carni fresche che è quello avicolo, la stima della produzione<br />
della denominazione Volaille de Bresse per il 2004 è di 1.171 tonnellate,<br />
corrispondenti ad oltre 932 mila capi macellati. Si tratta di volumi che corrispondono<br />
all’1% circa della produzione annua di carni di pollo di cui la Francia è tra i<br />
117
118<br />
primissimi produttori a livello comunitario. Rispetto all’anno precedente si registra<br />
una crescita dei volumi a marchio intorno all’1%. Nella stessa area di origine,<br />
situata lungo i confini di tre regioni (Bourgogne, Franche-Comtè e Rhone-Alpes),<br />
viene allevato il Dinde de Bresse, da cui nel 2004 sono state prodotte 87 tonnellate<br />
di carni (25 mila capi circa), un quantitativo che è inferiore all’1% della produzione<br />
francese di carni di tacchino.<br />
Tabella 6.14 - La produzione di carni fresche <strong>DOP</strong> in Francia dal 2003 al 2004<br />
Allevamenti Capi macellati Produzione <strong>DOP</strong> (ton) Var. %<br />
(n.) (n.) 2003 2004 04/03<br />
Volaille de Bresse 281 932.461 1.161 1.171 0,9<br />
Dinde de Bresse 35 24.730 84 87 3,6<br />
Taureau de Camargue 92 - 260 310 19,2<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.<br />
Tra i circuiti <strong>DOP</strong> di carni fresche è compresa infine anche la denominazione<br />
Taureau de Camargue, istituita allo scopo di valorizzare le carni dei tori da combattimento<br />
selezionati per le tradizionali corride (course à la cocarde) che costituiscono<br />
una tipica attrazione turistica della regione. Si tratta anche per questo motivo<br />
di una produzione molto limitata, pari nel 2004 a 310 tonnellate, distribuita<br />
prevalentemente presso i circuiti locali della ristorazione.<br />
6.2.4 I <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli e i cereali<br />
La Francia conta un totale di 22 denominazioni di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli, 14<br />
delle quali registrate come <strong>IGP</strong>.<br />
Come evidenziato nella precedente pubblicazione ISMEA 53 , nel 2003, ultimo<br />
anno disponibile, il valore all’origine della sola produzione commercializzata con<br />
marchio <strong>IGP</strong> è stato di 131,2 milioni di euro; di questo, il 61,5% è stato realizzato<br />
Tabella 6.15 - Produzione e valore all’origine degli ortofrutticoli e dei cereali <strong>IGP</strong> in Francia nel 2003<br />
Tipo di prodotto Produttori (n.) Produzione (t.) % Fatturato (mil. €) %<br />
Pruneau d'Agen Prugna secca 1.666 38.887 59 80,74 61,5<br />
Melon du Hau-Poitou Melone 19 6.500 9,8 36,26 27,6<br />
Pomme et Poire de Savoie Mela e pera 56 3.500 5 4,2 3,2<br />
Mirabelle de Lorraine Prugna 97 5.300 8 4 3<br />
Riz de Camargue Riso 185 10.000 15,1 2,46 1,9<br />
Mâche de Nantes Lattuga 30 489 0,7 0,48 0,4<br />
Altri 299 1.381 2,1 3,04 2,3<br />
Totale ortofrutticoli 2.352 66.057 100 131,18 100<br />
e cereali Igp<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
dalla Pruneau d’Agen (81,7 milioni di euro).<br />
Alla Pruneau d’Agen segue, per fatturato, l’<strong>IGP</strong> Melon du Haut-Poitou, di cui<br />
sono state commercializzate nello stesso anno circa 6.500 tonnellate per un fatturato<br />
di 36,6 milioni di euro.<br />
Nel 2004, le 8 <strong>DOP</strong> che completano il paniere dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a marchio<br />
di origine hanno interessato una superficie produttiva di 18.800 ettari e coinvolto<br />
oltre 5.000 produttori agricoli, esclusi i trasformatori/confezionatori.<br />
Tra tali <strong>DOP</strong>, va ricordata la <strong>DOP</strong> Noix de Grenoble, tra i primissimi <strong>prodotti</strong><br />
diversi da quelli lattiero - caseari, ad avere ottenuto in Francia il marchio AOC.<br />
Tale denominazione nel 2004 contava una produzione certificata pari a 5.455<br />
tonnellate (+21% rispetto all’anno precedente) e rappresenta ben il 21% della produzione<br />
nazionale di noci. Viene coltivata in un’area compresa in tre dipartimenti<br />
(Isère, Drome e Savoie) della regione Rhone – Alpes e trova un importante sbocco<br />
commerciale sui mercati esteri: il 60% della produzione è esportato principalmente<br />
sul mercato tedesco, spagnolo ed italiano.<br />
Tabella 6.16 - Produzione degli ortofrutticoli e dei legumi <strong>DOP</strong> in Francia dal 2003 al 2004<br />
Tipo di prodotto Sup.(Ha) Produttori (n.) Produzione (t.) Var. % 04/03<br />
2003 2004<br />
Coco de Paimpol Fagiolo 1.395 547 7.143 8.392 17,5<br />
Noix de Grenoble Noce 6.950 1.576 4.508 5.455 21<br />
Chasselas de Moissac Uva 1.047 468 4.000 5.298 32,5<br />
Lentille Verte du Puy Lenticchia 4.735 1.078 3.908 1.919 -50,9<br />
Pomme de Terre de l'Ile de Ré Patata 159 30 2.923 2.734 -6,5<br />
Muscat du Ventoux Uva 450 110 1.700 1.658 -2,5<br />
Noix du Périgord Noce 4.020 1.248 1.622 2.204 35,9<br />
Piment d'Espelette Peperoncino 66 88 120 - -100<br />
Totale ortofrutticoli <strong>DOP</strong> 18.822 5.145 25.924 27.660 6,7<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.<br />
Su volumi inferiori, corrispondenti all’8% della produzione nazionale, si posiziona<br />
la Noix du Perigord di cui nella campagna 2004 - 2005 sono state commercializzate<br />
2.200 tonnellate; rispetto ai quantitativi della campagna precedente<br />
l’incremento produttivo è stato del 36% mentre le esportazioni, che assorbono circa<br />
metà della produzione, si sono mantenute pressoché sui medesimi volumi, intorno<br />
alle 1.250 tonnellate.<br />
Le due <strong>DOP</strong> che fanno riferimento ad altrettante varietà di uva, una a bacca<br />
bianca, Chasselas de Moissac, l’altra a bacca rossa, Muscat du Ventoux, rappresentano<br />
poco più del 9% della produzione francese di uva da tavola.<br />
La più importante per volumi produttivi è la Chasselas de Moissac, coltivata<br />
in un’area situata nella regione dei Pirenei Centrali divisa tra i dipartimenti Lot,<br />
Tarn e Garonne su cui si distribuiscono i 1.047 ettari di vigneto ammessi alla<br />
<strong>DOP</strong>. La produzione certificata nel 2004 è salita a 5.298 tonnellate, registrando un<br />
119
120<br />
incremento del 32,5% rispetto all’anno precedente.<br />
Il Muscat de Ventoux viene prodotto all’interno della Provenza, in una area<br />
più limitata posta alle pendici dell’omonimo monte che comprende 450 ettari di<br />
vigneti <strong>DOP</strong>. La sua produzione nel 2004 è stata di 1.658 tonnellate, di poco inferiore<br />
a quella realizzata nella vendemmia precedente (-2,5%).<br />
Per quanto riguarda le denominazioni francesi relative ai legumi, la Lentille<br />
Verte du Puy, una particolare varietà di lenticchia originaria dell’Alta Loira, ha<br />
subito nel 2004 un drastico calo nei volumi commercializzati con marchio <strong>DOP</strong> (-<br />
50,9%). Al contrario, il Coco de Paimpol, varietà di fagioli che prende il nome da<br />
un paese della Bretagna, ha conosciuto un deciso incremento confermandosi la<br />
prima <strong>DOP</strong> per volumi produttivi (8.392 tonnellate) nel comparto dell’ortofrutta<br />
(+17,5% rispetto al 2003).<br />
6.2.5 Gli oli di oliva e le olive da tavola<br />
L’olivicoltura in Francia si concentra prevalentemente nei dipartimenti meridionali<br />
che si affacciano sul Mediterraneo ed in particolare nella regione della Provenza,<br />
da cui proviene quasi il 60% della produzione nazionale di olio di oliva.<br />
In questa regione sono comprese anche le aree di produzione di quattro <strong>DOP</strong><br />
relative ad oli di oliva, sul totale delle cinque fino ad oggi riconosciute a livello<br />
comunitario (Aix-en-Provence, Haute-Provence, Vallèe des Beaux-de-Provence e<br />
Nice). A queste, nel prossimo futuro si aggiungeranno altre due denominazioni<br />
che già possono fregiarsi del marchio AOC, tutelato entro i confini nazionali, e<br />
per le quali sono state avviate le procedure per l’iscrizione nel registro comunitario:<br />
si tratta dell’huile d’olive de Corse e dell’Huile d‘olive de Nimes, quest’ultimo<br />
prodotto anch’esso in Provenza.<br />
Nel 2004, la produzione degli oli di oliva <strong>DOP</strong>, pari a 556 tonnellate, ha rappresentato<br />
circa l’11% della produzione nazionale.<br />
Il calo produttivo (-11%) registratosi rispetto all’anno precedente è dovuto<br />
principalmente alla contrazione della maggiore denominazione, l’Huile d’olive de<br />
la Vallèe des Baux-de-Provence, di cui nel 2004 sono state prodotte 369 tonnellate<br />
Tabella 6.17 - Produzione degli oli di oliva <strong>DOP</strong> in Francia nel 2004<br />
Sup.(Ha) Produzione <strong>DOP</strong> (t.) Var. % 04/03<br />
2003 2004<br />
Huile d'olive de la Vallée des Baux-de-Provence 1.810 394 369 -6,3<br />
Huile d'olive d'Aix-en-Provence 700 105 113 7,6<br />
Huile d'olive de Haute-Provence 482 102 49 -52<br />
Huile d’olive de Nice 481 23 25 8,7<br />
Huile d'olive de Nyons 968 - - -<br />
Totale oli di oliva <strong>DOP</strong> 4.441 624 556 -10,9<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
6.3 La Germania 54<br />
Tabella 6.18 - Produzione di olive da tavola <strong>DOP</strong> in Francia nel 2004<br />
Sup.(Ha) Produzione <strong>DOP</strong> (t.) Var. % 04/03<br />
2003 2004<br />
Olive noires e Olives cassèes 1.810 157 142 -9,5<br />
de la Vallée des Baux-de-Provence<br />
Olive noires de Nyons 968 430 285 -33,7<br />
Olive e pate d’olive de Nice 481 31 43 38,7<br />
Totale olive da tavola <strong>DOP</strong> 3.259 618 470 -23,9<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.<br />
e alla riduzione della produzione dell’Huile de Haute-Provence, scesa a 49 tonnellate.<br />
Con le denominazioni Baux-de-Provence, Nice e Nyons utilizzate per gli oli<br />
di oliva, vengono commercializzate anche olive da tavola e paste di oliva provenienti<br />
dalle medesime aree di origine. La loro produzione, pari nel 2004 a 470<br />
tonnellate, assume un peso in volume non trascurabile se confrontata con quella<br />
dei rispettivi oli di oliva.<br />
6.3.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari<br />
In Germania, l’autorità competente per l’esame delle richieste di registrazione<br />
e per la gestione delle procedure di riconoscimento delle denominazioni di origine<br />
è l’Ufficio per le licenze e i marchi commerciali (Deutsches Patent - und Markenamt<br />
-d’ora in avanti DPMA).<br />
Dopo il primo esame formale da parte del DPMA, la domanda con la relativa<br />
documentazione viene trasmessa al Ministero dell’Agricoltura per la pubblicazione<br />
e il successivo invio alla Commissione Europea.<br />
L’Ufficio per le licenze e i marchi commerciali ha predisposto un modulo per<br />
la compilazione delle richieste di riconoscimento e ha fissato una tariffa per lo<br />
svolgimento della procedura pari a 900 € per domanda.<br />
Presso la DPMA è depositata anche la lista completa degli organismi autorizzati<br />
al controllo sulla produzione delle denominazioni registrate. Tra questi sono<br />
comprese diverse istituzioni pubbliche che operano all’interno di ciascuno dei 16<br />
Länder tedeschi mentre, attualmente, è stato accreditato un solo ente di certificazione<br />
privato.<br />
Gli organismi pubblici di controllo hanno natura diversa a seconda che si tratta<br />
di uffici dell’amministrazione centrale dei Lander, o organi delle amministrazioni<br />
locali. Ad esempio, in Baviera, Baden-Württemberg, Brema, Turingia, Sassonia,<br />
Schleswig-Holstein e Nord Reno-Westfalia i controlli sono eseguiti rispettivamen-<br />
121
122<br />
te da un unico ente che fa capo al singolo Land, mentre nella Bassa Sassonia e<br />
nella Sassonia-Anhalt i controlli vengono eseguiti da diversi organismi che operano<br />
a livello di distretto rurale.<br />
6.3.2 I <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> in Germania<br />
Il paniere <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> della Germania somma un totale di 67 denominazioni.<br />
Di queste, ben 31 sono relative ad acque minerali che ai sensi del Reg. CEE<br />
692/03 verranno eliminate dall’elenco dei <strong>prodotti</strong> registrabili a partire dal 31 dicembre<br />
2013.<br />
Dopo le acque minerali, i comparti che vantano il maggior numero di registrazioni<br />
sono quelli della birra, con 12 <strong>IGP</strong>, e dei <strong>prodotti</strong> a base di carne, che conta<br />
8 <strong>IGP</strong>. Nel paniere tedesco compaiono inoltre 4 <strong>DOP</strong> relative a formaggi e 3 denominazioni<br />
relative a carni fresche. L’elenco è completato da 4 <strong>IGP</strong> di <strong>prodotti</strong><br />
della panetteria, pasticceria e biscotteria, 2 denominazioni relative al comparto<br />
degli ortofrutticoli e cereali e altrettante relativi al comparto della pesca.<br />
Figura 6.8 - Le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> tedesche per comparto - luglio 2006 (dati in n° denominazioni)<br />
Prodotti a base<br />
di carne 8<br />
Carni fresche<br />
Formaggi<br />
3<br />
4<br />
Altri <strong>prodotti</strong><br />
7<br />
Birre<br />
12<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
Ortofrutticoli<br />
e cereali<br />
2<br />
Acque<br />
minerali<br />
31<br />
Poiché in Germania non sono disponibili statistiche, i dati relativi al fatturato<br />
delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sono stati raccolti tramite un’indagine diretta presso i Consorzi<br />
di tutela condotta dall’Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktle<br />
dell’Università di Hohenheim. Dalla ricerca sono escluse le acque minerali per<br />
mancanza di dati relativi a questo comparto, che tra l’altro sarà tra qualche anno<br />
soppresso del regime di tutela comunitario.<br />
Il fatturato alla produzione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> tedesche nel 2005 è stimato pari a<br />
4,4 milioni di euro. Di questo il 62,4% è rappresentato dalle birre.<br />
La birra <strong>IGP</strong> più importante per volumi di affari è la “Bayerisches Bier”, origi-
Tabella 6.19 - Fatturato alla produzione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> tedesche (2005)<br />
n. Fatturato alla produzione %<br />
Birre 12 2.771,50 62,4<br />
Prodotti a base di carne 8 952,2 21,4<br />
Prodotti della panetteria 4 500,1 11,3<br />
Formaggi 4 93,5 2,1<br />
Carne fresca 3 82 1,8<br />
Ortofrutticoli e cereali 2 33,2 0,7<br />
Pesci 2 6 0,1<br />
Grassi e oli 1 1 0<br />
Totale* 36 4.439,50 100<br />
*escluse le acque minerali.<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati 'Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktle -<br />
Università di Hohenheim , 2006.<br />
naria della Baviera ottenuta esclusivamente da malto, luppolo e acqua, senza l’aggiunta<br />
di alcun tipo di additivo.<br />
La Baviera, con oltre 660 impianti che producono circa 23 milioni di ettolitri<br />
all’anno, è la regione con la più elevata densità di fabbriche di birra (breweries) al<br />
mondo.<br />
Il fatturato complessivo di questa industria è di circa 4,3 miliardi di euro di cui<br />
si stima che 2,7 miliardi derivino dal prodotto conforme al disciplinare di produzione.<br />
Tra i produttori esistono forti differenze in termini di dimensione, tecnologia<br />
degli impianti e accesso al mercato.<br />
Oltre a marchi conosciuti e diffusi in tutti il mondo (Lowenbrau, Spatenbrau,<br />
Paulaner, Erdinger e EKU) esiste una molteplicità di piccole aziende strettamente<br />
legate al mercato locale. I marchi utilizzati per le diverse linee di prodotto sono<br />
centinaia ed è piuttosto raro che in aggiunta a questi compaia sulle etichette anche<br />
il logo comunitario. Il riferimento esplicito all’indicazione geografica, al contrario,<br />
è presente sulle etichette della maggior parte dei produttori. La richiesta di registrazione<br />
è stata promossa dall’associazione di produttori della Baviera (Bayerischer<br />
Brauerbund) principalmente su pressione delle grandi case produttrici locali<br />
per impedire l’utilizzo della denominazione ai competitors danesi e olandesi, sui<br />
mercati di esportazione comunitari.<br />
I <strong>prodotti</strong> a base di carne che, con fatturato alla produzione pari a 952 milioni<br />
di euro, rappresentano il 21,4% del volume d’affari delle <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> tedesche.<br />
Tra i <strong>prodotti</strong> a base di carne, la denominazione più rilevante in termini di fatturato<br />
alla produzione è l’<strong>IGP</strong> “Nürnberger Bratwürste”, un tipo di salsiccia prodotta<br />
nei dintorni di Norimberga ottenuta da carne magra di suino e lardo, insaporita<br />
con maggiorana, zenzero, cardamomo o polvere di limone, secondo le differenti<br />
ricette utilizzate.<br />
L’<strong>IGP</strong> “Nürnberger Bratwürste/Nürnberger Rostbratwürste” è stata registrata<br />
nel 2003, dopo una lunga controversia legale con gruppi di produttori concorrenti<br />
123
124<br />
sulla genericità del nome. Stando alle informazioni fornite dal Consorzio, i produttori<br />
sono circa 80, ciascuno dei quali utilizza sia la denominazione che il marchio<br />
comunitario.<br />
Ai <strong>prodotti</strong> a base di carne, seguono i <strong>prodotti</strong> della panetteria che con un fatturato<br />
stimato pari a 500 milioni di euro, rappresentano l’11,4% del volume d’affari<br />
del paniere a marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
Le denominazioni relative a carni fresche, cosi come quelle dei formaggi costituiscono<br />
ciascuna circa il 2% del valore dell’intero paniere.<br />
Tra le quattro <strong>DOP</strong> relative a formaggi la più importante è l’ “Allgäuer Emmentaler”<br />
prodotto nel distretto di montagna dell’ Oberallgau nella Baviera meridionale,<br />
secondo procedimenti molto simili a quelli utilizzati per il più conosciuto<br />
Emmental svizzero.<br />
Si tratta di un formaggio ottenuto da latte vaccino intero e stagionato non meno<br />
di quattro mesi, dal colore giallo intenso la cui pasta presenta i buchi tipici dei<br />
formaggi emmental. Il formaggio viene prodotto da circa 10 caseifici che realizzano<br />
un fatturato di circa 80 milioni di euro.<br />
Nella stessa zona viene prodotto un altro formaggio registrato con la medesima<br />
indicazione di origine, l’“Allgäuer Bergkäse”. Il giro di affari alla produzione<br />
per questa <strong>IGP</strong> è di 10 milioni di euro. I produttori in totale sono 15 e di questi,<br />
così come avviene tra i produttori dell’Allgäuer Emmentaler, pochissimi utilizzano<br />
il marchio comunitario o fanno esplicito riferimento allo status di <strong>DOP</strong> sulle<br />
etichette del prodotto.<br />
Il valore alla produzione del comparto delle carni fresche è pari a 82 milioni<br />
di euro. Tra le 3 denominazioni registrate, il contributo più rilevante è portato dalla<br />
<strong>DOP</strong> Lüneburger Heidschnucke, una razza ovina allevata nei dintorni dell’omonima<br />
città della regione della Bassa Sassonia. Circa il 90% della produzione viene<br />
venduta direttamente da 70 allevatori ad alcune macellerie della regione che non<br />
usano la denominazione di origine, né il logo comunitario.<br />
In graduatoria segue per fatturato l’<strong>IGP</strong> Schwäbisch-Hällische Landrasse.<br />
Tale denominazione si riferisce ad un’antica razza suina allevata nei distretti rurali<br />
Rems-Murr, Hohenlohe, Ansbach, Ostalb e Tauberbischofsheim, che si trovano<br />
nella parte meridionale della Germania, nel Baden - Württemberg. Il circuito<br />
di distribuzione di questa carne, che realizza un giro di affari alla produzione<br />
di 30 milioni di euro, è rappresentato dai migliori ristoranti della regione,<br />
dalle macellerie, molte delle quali sono anche membri del consorzio, e da aziende<br />
di catering.<br />
Il comparto degli ortofrutticoli e dei cereali realizza una valore alla produzione<br />
pari a 33 milioni di euro. Tale valore è riconducibile principalmente all’<strong>IGP</strong><br />
Spreewälder Gurken, il cui prezzo medio è superiore del 30% rispetto a quello di<br />
altri tipi di cetrioli sott’aceto. Tale <strong>IGP</strong> è prodotta e confezionata nella regione<br />
dello Spreewald, nella parte meridionale del Brandeburgo e la maggior parte dei<br />
produttori utilizzano l’indicazione geografica insieme al logo comunitario.
6.3.3 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche: le <strong>DOP</strong><br />
e <strong>IGP</strong> e i marchi regionali<br />
In Germania l’Istituto per il marketing dei <strong>prodotti</strong> agricoli (d’ora in avanti<br />
CMA) è l’autorità centrale che ha il compito di promuovere lo sviluppo del mercato<br />
dei <strong>prodotti</strong> alimentari di qualità attraverso strumenti di intervento diretto.<br />
A livello regionale molti Länder tedeschi hanno creato proprie istituzioni che<br />
svolgono la medesima attività sul proprio territorio. I fondi impegnati da questi<br />
enti per sostenere il marketing dei <strong>prodotti</strong> regionali ammontano complessivamente<br />
a circa 30 milioni di euro l’anno, ma solo una quota del 3% è investita in<br />
interventi specifici e mirati alla promozione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
La stessa CMA, per molto tempo, ha mostrato uno scarso interesse nei confronti<br />
del sistema comunitario delle denominazioni di origine, disinteressandosi<br />
alla realizzazione di interventi volti a favorire le iniziative dei produttori. Solo recentemente,<br />
grazie anche alle sovvenzioni erogate dall’UE, sono state condotte<br />
delle campagne informative rivolte a produttori e consumatori sulle opportunità<br />
offerte dalla certificazione <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong>.<br />
Inoltre, a livello dei singoli Lander esistono notevoli differenze nell’intensità e<br />
nell’efficacia delle politiche di promozione delle <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong>.<br />
Ad esempio, nei due lander della Baviera e del Baden-Württemberg, si sono<br />
compiuti notevoli sforzi per incoraggiare le richieste di riconoscimento da parte<br />
dei produttori mediante la collaborazione dei Ministeri Federali dell’Agricoltura e<br />
delle Università locali.<br />
Anche negli Stati della Germania orientale c’è stato un forte impegno per promuovere<br />
la registrazione dei <strong>prodotti</strong> dopo la riunificazione; al contrario, in altre<br />
regioni l’interesse delle amministrazioni federali verso organizzazioni di marketing<br />
collettivo è molto scarso.<br />
In realtà, la protezione dell’origine geografica del prodotto in Germania ha una<br />
lunga tradizione, anche se bisogna precisare che prima dell’avvento della disciplina<br />
comunitaria, le indicazioni geografiche dei <strong>prodotti</strong> tedeschi facevano riferimento<br />
prevalentemente ai singoli Lander e non ad aree più ristrette all’interno di questi.<br />
Inoltre, anche dopo l’implementazione del Reg. CEE 2081/92, l’interesse delle<br />
istituzioni è rimasto focalizzato sulla certificazione di origine di tipo regionale<br />
o statale. 55<br />
La Commissione Europea ha recentemente contestato l’ammissibilità dell’utilizzo<br />
di questi marchi perché ritenuti in contrasto con la disciplina comunitaria<br />
sulle denominazioni di origine.<br />
In particolare, la questione sollevata riguarda il riferimento esplicito alla qualità<br />
del prodotto e alla loro origine (per esempio “Qualità dalla Germania”; “Qualità<br />
dalla Baviera”) in essi riportato. L’UE li ha ritenuti inammissibili perché utilizzati<br />
anche per <strong>prodotti</strong> non riconosciuti come <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong>.<br />
Con decisione del 5 novembre 2002 (causa C-325/00) la Corte di Giustizia<br />
125
126<br />
6.4 La Gran Bretagna 57<br />
Europea ha censurato la Repubblica Federale di Germania, per aver violato l’art.<br />
28 del Trattato con la concessione del marchio di qualità “Markenqualität aus<br />
deutschen Landen” (qualità di marca della campagna tedesca), in quanto il messaggio<br />
pubblicitario, sottolineando la provenienza tedesca dei <strong>prodotti</strong> interessati,<br />
“può indurre i consumatori ad acquistare i <strong>prodotti</strong> che portano il marchio (…)<br />
escludendo i <strong>prodotti</strong> importati”.<br />
Per questo motivo negli ultimi anni le diciture riportate nei marchi di qualità<br />
regionali sono state modificate 56 . Ad esempio, “Markenqualität aus deutschen<br />
Landen” è stato cambiato in “Geprüfte Markenqualität” (prodotto di qualità certificato),<br />
il marchio di qualità del Baden-Württemberg, con decisione dei produttori<br />
è stato trasformato da “Herkunft und Qualität aus Baden-Württemberg” (Origine<br />
e qualità dal Baden-Württemberg) in “Gesicherte Qualität” (qualità certificata).<br />
I marchi così modificati sono tuttavia rimasti e continuano a svolgere un ruolo<br />
importante nel mercato dei <strong>prodotti</strong> alimentari tedeschi di qualità certificata.<br />
6.3.4 Le prospettive per il mercato dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
L’autonomia di cui godono le amministrazioni dei Lander tedeschi, ha creato<br />
una situazione di disomogeneità sul territorio rispetto allo sviluppo delle produzione<br />
a marchio di origine.<br />
La maggior parte dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> sono originari della Baviera anche se<br />
negli ultimi anni a questi si sono aggiunti molte specialità provenienti dal Baden-<br />
Württemberg, dalla Turingia, e dalla Sassonia, ovvero da Lander nei quali lo schema<br />
comunitario delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è stato recepito come un’opportunità e dove si sono<br />
adottate misure volte a favorire la registrazione delle denominazioni <strong>prodotti</strong>.<br />
Nei prossimi anni altri <strong>prodotti</strong> verranno inclusi nel registro dell’Unione Europea,<br />
quasi tutti provenienti da queste regioni, anche se difficilmente la certificazione<br />
<strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> acquisterà più importanza del sistema dei marchi di qualità statali. Tale sistema,<br />
preesistente a quello comunitario, gode, infatti, di una più lunga tradizione.<br />
In tale contesto, è prevedibile che dovranno passare ancora molti anni prima<br />
che le istituzioni e gli stessi produttori possano apprezzare appieno le opportunità<br />
offerte dai marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> più adatti, rispetto ai marchi statali, per valorizzare<br />
i <strong>prodotti</strong> regionali.<br />
6.4.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari<br />
In Gran Bretagna le procedure di registrazione delle <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> sono coordinate<br />
dal Dipartimento per le politiche ambientali, alimentari e rurali (DEFRA)<br />
attraverso l’Agenzia governativa “Food from Britain” (d’ora in poi FFB).
Da aprile 2006 il DEFRA ha infatti attribuito al FFB il ruolo di interlocutore<br />
istituzionale dei produttori che richiedono il riconoscimento delle denominazioni<br />
di origine. L’agenzia non solo presiede tutte le fasi di istruttoria della domanda,<br />
ma svolge anche attività di consulenza e promozione rivolta alle associazioni di<br />
produttori, alle autorità locali e a tutti i soggetti potenzialmente interessati alla registrazione<br />
delle denominazioni.<br />
Durante la consultazione con il gruppo di produttori, la FFB fornisce l’assistenza<br />
necessaria all’adempimento delle procedure e alla redazione della domanda.<br />
Prima del passaggio al DEFRA per la pubblicazione, la richiesta viene sottoposta<br />
alla valutazione di tutte le parti interessate che hanno così l’opportunità di<br />
sollevare obiezioni in merito alla legittimità della domanda. Durante questa fase,<br />
l’opposizione di chiunque abbia un interesse legittimo viene presa in dovuta considerazione<br />
nel tentativo di trovare una composizione preventiva dei conflitti.<br />
Quando non è possibile trovare una soluzione, la FFB richiede la consulenza e il<br />
supporto specializzato del DEFRA. Al DEFRA spetta comunque la decisione finale<br />
di sottoporre la richiesta all’esame della Commissione Europea.<br />
La funzione di vigilanza è svolta dalla Trading Standards, istituzione pubblica<br />
incaricata di garantire la protezione dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> ed <strong>IGP</strong> dalle imitazioni e<br />
dalle usurpazioni delle denominazioni. Attraverso gli uffici regionali essa svolge<br />
temporaneamente anche il controllo sulla produzione di alcune delle denominazioni<br />
di più recente registrazione, in attesa del definitivo passaggio ad un sistema<br />
di certificazione gestito da enti privati. La certificazione della produzione delle altre<br />
denominazioni è, invece, svolta dalle strutture di controllo, sia pubbliche che<br />
private, tra le quali ad esempio, “Ian Millward Cheese Services” (alcuni formaggi),<br />
“Scottish Food <strong>Quality</strong> Certification Ltd” (tutte le carni fresche oltre che formaggi),<br />
“Product Authentication Inspectorate Ltd” (birre) e “Food Certification<br />
Scotland Ltd” (<strong>prodotti</strong> ittici).<br />
6.4.2 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche: le <strong>DOP</strong><br />
e <strong>IGP</strong> e i marchi regionali<br />
Una delle più importante iniziativa di valorizzazione delle produzioni alimentari<br />
di qualità è stata la creazione, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, di<br />
una rete di associazioni regionali denominate “regional food groups”.<br />
Le attività di queste associazioni, finanziati dal DEFRA tramite il Food from<br />
Britain, hanno l’obiettivo di fornire opportunità di sviluppo al mercato dei <strong>prodotti</strong><br />
tipici regionali, favorendone la diffusione e la conoscenza nel resto del territorio.<br />
Perseguendo questo scopo, i “regional food groups”svolgono campagne di<br />
sensibilizzazione in tutto il Regno Unito, organizzano eventi e fiere, forniscono<br />
servizi di marketing alle imprese e creano occasioni di contatto tra commercianti,<br />
dettaglianti e produttori. I gruppi attualmente attivi sono 9 e svolgono la propria<br />
attività in altrettante regioni britanniche:<br />
127
128<br />
• The Taste of the West (www.tasteofthewest.co.uk);<br />
• North West Fine Foods (www.nwff.co.uk);<br />
• Heart of England Fine Foods (www.heff.co.uk);<br />
• East Midlands Fine Foods;<br />
• Northumbria Larder (www.northumbria-larder.co.uk);<br />
• Tastes of Anglia (www.tastesofanglia.com);<br />
• Regional Food Group for Yorkshire and Humber (www.rfgyh.co.uk);<br />
• South East Food Group Partnership;<br />
• Scottish Food and Drink (www.scottishfoodanddrink.com).<br />
Nessuna di queste associazioni ha promosso propri sistemi di certificazione legate<br />
ad etichette regionali, per cui ad oggi i marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sono le uniche attestazioni<br />
di origine certificata presenti in Gran Bretagna.<br />
Nel 2006, il DEFRA ha investito l’agenzia Food From Britain del ruolo di interlocutore<br />
esclusivo dei produttori nella fase di istruttoria delle domande. Oltre a fornire<br />
consulenza ai produttori, l’agenzia svolge anche attività di divulgazione e promozione<br />
allo scopo di incoraggiare il riconoscimento di nuove <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong>.<br />
Il DEFRA, ai fini della promozione delle richieste di riconoscimento di <strong>DOP</strong>,<br />
<strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> ha avviato inoltre, nel 1999, la campagna di informazione denominata<br />
“Safeguarding Britain’s Food Heritage” (Salvaguardia del patrimonio alimentare<br />
britannico). Tale attività è stata mirata a diffondere la conoscenza dei marchi comunitari<br />
presso consumatori e produttori.<br />
Tale iniziativa è stata nuovamente intrapresa nel 2002, dopo che la Commissione<br />
per le politiche sul Futuro dell’agro-alimentare britannico aveva sollecitato<br />
nel suo rapporto annuale un maggiore impegno governativo per incoraggiare l’adesione<br />
ai sistemi di certificazione di origine. Nel testo si sottolineava il crescente<br />
interesse dei consumatori per i <strong>prodotti</strong> di qualità con una chiara identità territoriale,<br />
e si enfatizzavano le opportunità offerte dal riconoscimento comunitario delle<br />
denominazioni di origine.<br />
Nel corso di quest’ultima campagna, il DEFRA ha prodotto e diffuso un esaustivo<br />
manuale informativo che costituisce il vademecum per la compilazione di<br />
una richiesta di riconoscimento <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> o <strong>STG</strong>.<br />
6.4.3 I <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> in Gran Bretagna<br />
A giugno 2006 risultavano riconosciute 30 denominazioni, rappresentate da 13<br />
<strong>DOP</strong>, 16 <strong>IGP</strong> e 1 <strong>STG</strong>.<br />
Con 11 denominazioni i formaggi costituiscono la categoria maggiormente<br />
rappresentata, seguita da quella delle carni fresche con un totale di 8 registrazioni,<br />
tra le quali rientra anche l’unica <strong>STG</strong> (Traditional Farmfresh Turkey).<br />
Nella categoria dei sidri, che conta 3 denominazioni, compaiono complessivamente<br />
tre indicazioni geografiche ciascuna delle quali (Gloucestershire; Herefordshire<br />
e Woorcestershire) fa riferimento a due tipi di <strong>prodotti</strong> differenti, l’uno
Figura 6.9 - Distribuzione per comparto delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> della Gran Bretagna<br />
a giugno 2006 (dati in numero di denominazioni)<br />
Birre<br />
3<br />
Sidro<br />
3<br />
Altri<br />
5<br />
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.<br />
Carni fresche<br />
8<br />
Formaggi<br />
11<br />
ricavato dalla fermentazione di mele (cider) l’altro ottenuto da pere (perry).<br />
Chiudono l’elenco 6 <strong>IGP</strong> relative a 3 birre e 3 pesci e molluschi (eglefino; salmone<br />
e ostrica) e 2 <strong>DOP</strong> relative ai comparti degli altri <strong>prodotti</strong> di origine animale<br />
e agli ortofrutticoli.<br />
I volumi e valori di produzione dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> ed <strong>IGP</strong> britannici variano in<br />
maniera significativa, ma complessivamente hanno uno scarso impatto sul settore<br />
alimentare. Esistono tuttavia alcune eccezioni rappresentate, nel comparto dei formaggi,<br />
dal West Country Farmhouse Cheddar e dallo Stilton Cheese.<br />
Relativamente a quest’ultimo, solo sei caseifici che si servono della ricetta originale<br />
sono certificati per l’utilizzo della <strong>DOP</strong> Stilton, attribuita a due versioni di<br />
formaggio: lo Stilton Blue e lo Stilton White. Il volume annuo di produzione è di<br />
circa 10.000 tonnellate di cui il 10% è esportato in tutto il mondo.<br />
La produzione del Cheddar <strong>DOP</strong> si aggira intorno alle 4.000 tonnellate annue,<br />
mentre il volume di produzione di formaggi generici “tipo Cheddar” corrisponde<br />
a circa 190.000 tonnellate.<br />
Tra i <strong>prodotti</strong> diversi dai formaggi ha un certo rilievo la Jersey Royal Potato<br />
l’unica denominazione di origine del comparto degli ortofrutticoli. Secondo le<br />
condizioni atmosferiche, il raccolto della Jersey Royal può variare dalle 36.000<br />
alle 50.000 tonnellate annue. La produzione stagionale media è pari a circa 45.000<br />
tonnellate, di cui il 99% viene esportato.<br />
6.4.4 La percezione dei consumatori e le prospettive per il mercato dei <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
L’utilizzo di indicazioni geografiche nelle denominazioni dei <strong>prodotti</strong> alimentari<br />
è un fenomeno relativamente nuovo nel Regno Unito. Questo è in parte dovu-<br />
129
130<br />
to alla diffusione di stili alimentari che prediligono la facilità di preparazione, la<br />
velocità e il prezzo contenuto, piuttosto che la qualità degli alimenti legata alla loro<br />
provenienza.<br />
Inoltre, a differenza di quanto avviene nel Sud Europa, la percezione della<br />
qualità da parte degli acquirenti britannici è legata ad aspetti che non vengono immediatamente<br />
associati all’origine (Morris et al., 2001).<br />
Da alcuni studi condotti in passato sulle preferenze dei consumatori britannici<br />
(Ilbery et al., 2000; Morris et al, 2001) emerge che la provenienza geografica è un<br />
criterio di scelta meno rilevante rispetto ad altri fattori (marca, prezzo, sapore, salubrità)<br />
e di conseguenza anche il livello di comprensione del significato dei marchi<br />
<strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> è piuttosto basso.<br />
Un altro motivo di questa scarsa consapevolezza, denunciato in alcune ricerche<br />
di mercato, è la proliferazione di marchi e di loghi sulle confezioni dei <strong>prodotti</strong><br />
alimentari.<br />
Una ricerca svolta dal Consiglio nazionale dei consumatori (National Consumers<br />
Council, 2003) ha mostrato che i consumatori britannici si sentono disorientati<br />
dalla quantità di informazioni presenti sulle confezioni dei prodotto, e trovano<br />
difficoltà nel distinguere tra i marchi di certificazione e i semplici slogan e marchi<br />
aziendali. La conseguenza è il mancato riconoscimento del reale significato della<br />
certificazione di origine del prodotto.<br />
Fino ad ora il motivo principale che ha spinto i produttori ad aderire allo schema<br />
comunitario è stata la protezione legale delle denominazioni dalle possibili<br />
usurpazioni, mentre diverse ricerche di mercato mostrano che esistono ancora perplessità<br />
sui vantaggi derivanti dall’utilizzo dei marchi <strong>DOP</strong> ed <strong>IGP</strong> per attrarre<br />
nuovi acquirenti.<br />
La scarsa conoscenza dei consumatori sul loro reale significato è la ragione<br />
principale che porta i produttori a non richiedere il riconoscimento o a non utilizzare<br />
i loghi comunitari (Brian Ilbery e Moya Kneafsey, 1999).<br />
Indagini più recenti hanno però evidenziato che qualcosa sta cambiando nel<br />
comportamento dei consumatori (Institute of Grocery Distribution 2005; ADAS<br />
2003). Nonostante il basso livello di conoscenza, un numero sempre maggiore di<br />
acquirenti comincia a considerare tra i criteri di scelta anche l’origine degli alimenti,<br />
auspicando un più ampio assortimento di <strong>prodotti</strong> regionali nei supermercati<br />
britannici. Molto spesso, tuttavia, il riferimento generico è al prodotto tipico<br />
regionale indipendentemente dal fatto che goda o meno della certificazione di origine.<br />
Per cavalcare questo interesse crescente, favorendo lo sviluppo del sistema<br />
delle <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong>, il DEFRA ha investito in campagne di sensibilizzazione rivolte ai<br />
consumatori per diffondere il significato del marchio di origine comunitario e si è<br />
attivata per facilitare l’accesso dei produttori allo schema comunitario, delegando<br />
la gestione delle procedure nazionali di riconoscimento alla FFB.<br />
Diversi consumatori britannici sono in grado di identificare vari <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>
6.5 L’Austria 58<br />
ed <strong>IGP</strong> europei quali il prosciutto di Parma, il formaggio Feta, il Gorgonzola; e<br />
Food from Britain sta usando questi esempi nelle proprie campagne di comunicazione<br />
per aumentare il livello di consapevolezza.<br />
Altro elemento che frena lo sviluppo delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è la scarsa conoscenza<br />
del significato del marchio comunitario e dell’esistenza di <strong>prodotti</strong> britannici che<br />
godono di questo status da parte di una forte percentuale di operatori del trade.<br />
Da una ricerca effettuata dalla società di consulenza sull’ambiente e sullo sviluppo<br />
rurale ADAS, nel 2003 risulta che la maggioranza dei grandi distributori,<br />
nonostante abbia in qualche modo sentito parlare di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, non ha ancora<br />
una chiara percezione del loro significato e di cosa questi marchi comportano per<br />
i produttori. Inoltre tra chi dichiara di conoscerli solo una piccola minoranza ha<br />
preso in considerazione <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> di provenienza nazionale.<br />
È interessante notare tuttavia che la stessa ricerca ha riscontrato da parte dei<br />
commercianti una crescente richiesta di alimenti caratterizzati da particolarità regionali,<br />
che può essere considerato una novità incoraggiante in vista di un futuro<br />
sviluppo del mercato dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> ed <strong>IGP</strong> nel Regno Unito.<br />
Un esempio recente è costituito dalla decisione da parte della catena di supermercati<br />
Sainsbury’s, di vendere il formaggio Beacon Fell Traditional Lancashire<br />
<strong>DOP</strong> invece del formaggio Lancashire non certificato.<br />
La stessa FFB sta attualmente cercando di coinvolgere nel progetto di promozione<br />
delle denominazioni di origine alcune delle più importanti catene di distribuzione<br />
oltre che altri attori influenti nel campo dell’alimentazione (critici gastronomici,<br />
chef e ristoratori).<br />
6.5.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari<br />
In Austria le autorità competenti per le registrazioni delle <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> sono l’Ufficio<br />
brevetti austriaco, che fa capo al Ministero federale per le infrastrutture e la<br />
tecnologia, il Ministero federale per le politiche agricole e le Camere dell’Agricoltura<br />
e dell’Economia.<br />
L’Ufficio brevetti è l’istituzione centrale, responsabile della selezione delle<br />
domande di riconoscimento, mentre le Camere dell’Agricoltura e quelle dell’Economia<br />
sono gli organi decentrati sul territorio, che raccolgono le richieste dei<br />
gruppo di produttori locali e le inviano all’Ufficio brevetti.<br />
Nel 1995, immediatamente dopo l’adesione dell’Austria all’Unione Europea,<br />
le Camere dell’Agricoltura hanno raccolto e trasmesso all’Ufficio brevetti le prime<br />
domande di registrazione <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong>, agendo in vece dei consorzi di produttori<br />
che all’epoca non erano ancora formalmente costituiti.<br />
Negli anni successivi questi compiti sono stati rilevati direttamente dai con-<br />
131
132<br />
sorzi e dalle associazioni di produttori che hanno mantenuto la loro sede all’interno<br />
delle stesse Camere dell’agricoltura.<br />
Analogamente alle Camere dell’Agricoltura, anche le Camere del commercio<br />
sono coinvolte nel processo <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> in qualità di lobby delle aziende coinvolte<br />
nella trasformazione e nel commercio dei <strong>prodotti</strong> certificati.<br />
Attualmente, per quasi tutte le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, esiste una corrispondente associazione<br />
di produttori di cui fanno parte i produttori agricoli, i trasformatori e rappresentanti<br />
delle Camere dell’Agricoltura e dell’Economia.<br />
Il Ministero federale delle politiche agricole non ricopre alcuna funzione specifica<br />
nell’iter nazionale di registrazione ma interviene in tutte le sedi internazionali<br />
nelle quali sorgono questioni inerenti la tutela delle indicazioni di origine.<br />
Inoltre, il Ministero offre assistenza e supporto all‘Ufficio brevetti, cura gli<br />
aspetti relativi alle politiche qualitative e può svolgere mansioni di assistenza e<br />
consulenza a coloro che presentano richieste di registrazione <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong>.<br />
Attualmente i controlli di conformità delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> ai disciplinari di produzione<br />
sono svolti, gratuitamente, da autorità pubbliche.<br />
Inoltre, diversamente da quanto prescritto dal Reg Ce 510/2006, l’Austria ha<br />
deciso di adottare misure più restrittive anticipando il termine ultimo per l’accreditamento<br />
degli organismi di controllo al 2008.<br />
A partire da tale data l’attuale sistema di controllo gestito da enti/autorità pubbliche<br />
sarà definitivamente sostituito da organismi privati accreditati alle norme<br />
EN 45011.<br />
6.5.2 Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Austria<br />
Il paniere di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> austriaco conta 12 denominazioni.<br />
I 6 formaggi <strong>DOP</strong> costituiscono la categoria merceologica più numerosa, se-<br />
Figura 6.10 - Le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> austriache per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni)<br />
Prodotti a<br />
base di carne 2<br />
Oli di oliva 1<br />
Fonte: elaborazione ISMEA su dati Ue.<br />
Ortofrutticoli<br />
e cereali<br />
3<br />
Formaggi<br />
6
guita da quella dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli e cereali con 2 <strong>DOP</strong> e 1 <strong>IGP</strong>.<br />
Completano il paniere due speck <strong>IGP</strong> ed un’indicazione geografica relativa al<br />
comparto dei grassi e degli oli.<br />
La maggior parte dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> proviene da “aree svantaggiate: i 6<br />
formaggi <strong>DOP</strong> e i 2 <strong>prodotti</strong> a base di carne provengono infatti da regioni montane;<br />
in particolare, 3 formaggi e 1 prodotto a base di carne si producono nella regione<br />
del Tirolo.<br />
Rappresentano un’eccezione 2 <strong>prodotti</strong> appartenenti al comparto ortofrutticolo<br />
(gli asparagi “Marchfeldspargel” e le albicocche “Wachauer Marille”) e l’olio di<br />
semi di zucchine “Steirisches Kürbiskernöl“.<br />
Data l’assenza di fonti statistiche ufficiali, al fine di analizzare il mercato delle<br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> austriache, si è effettuata una ricerca ad hoc 59 condotta tramite interviste<br />
con esperti del Ministero delle Politiche Agricole e colloqui telefonici con i<br />
responsabili dei 12 <strong>prodotti</strong> tutelati.<br />
La ricerca condotta, tuttavia, fa riferimento ad 8 <strong>prodotti</strong>, perchè non è stato<br />
possibile raccogliere i dati relativamente al “Tiroler Speck” 60 e a 3 formaggi 61<br />
(Tiroler Bergkäse”, “Tiroler Almkäse” e “Tiroler Graukäse”).<br />
La produzione certificata di questi 8 <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è stimata pari a 8.317<br />
tonnellate; di queste, il 53% è rappresentato da 3 formaggi a marchio <strong>DOP</strong> (Gailtaler<br />
Almkäse, Vorarlberger Alpkäse e Vorarlberger Bergkäse).<br />
Il Vorarlberger Bergkäse è il formaggio <strong>DOP</strong> che presenta i maggiori quantitativi<br />
certificati, pari a 4.000 tonnellate.<br />
Figura 6.11 - L’incidenza di ciascun comparto <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> sulla produzione certificata<br />
complessiva nel 2004 (dati in %)<br />
Ortofrutticoli<br />
e cereali<br />
35% Formaggi<br />
53%<br />
Oli e grassi<br />
12% Prodotti a<br />
base di carne<br />
0,1%<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006.<br />
Seguono gli ortofrutticoli e i cereali, con un peso pari al 34,9%, e i grassi e gli<br />
oli con un peso del 12%.<br />
Il restante 0,1% della produzione certificata è rappresentato dal Gailtaler<br />
Speck <strong>IGP</strong>.<br />
133
134<br />
Tabella 6.20 - La produzione <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Austria nel 2004<br />
Denominazione Descrizione del prodotto Produttori (n.) e/o Trasformatori (n.) Produzione<br />
superficie iscritta <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong><br />
(tonn.)<br />
Vorarlberger Bergkäse<br />
Vorarlberger Alpkäse<br />
Gailtaler Almkäse<br />
Tiroler Almkäse<br />
Tiroler Bergkäse<br />
Tiroler Graukäse<br />
Gailtaler Speck<br />
Tiroler Speck<br />
Steirisches Kürbiskernöl<br />
Wachauer Marille<br />
Waldviertler Graumohn<br />
Marchfeldspargel<br />
L’analisi della dimensione produttiva, rileva la presenza di forti differenze tra<br />
le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> austriache.<br />
Alcune denominazioni, come ad esempio l’asparago “Marchfeldspargel” e il<br />
“Gailtaler Speck”, sono caratterizzate da una piccola realtà produttiva con un esiguo<br />
numero di produttori e di trasformatori che operano prevalentemente per il<br />
mercato locale.<br />
Formaggio a pasta dura da<br />
latte vaccino crudo<br />
Formaggio a pasta dura<br />
da latte vaccino crudo.<br />
Allevamenti su pascolo<br />
alpino<br />
Formaggio misto latte<br />
vaccino e latte di capra crudo<br />
Formaggio a pasta dura da<br />
latte vaccino crudo.<br />
Allevamenti su pascolo<br />
alpino<br />
Formaggio a pasta dura da<br />
latte vaccino crudo.<br />
Formaggio magro di latte<br />
crudo da vacche razza di<br />
Tirolese<br />
Salume affumicato e<br />
stagionato ricavato dalla<br />
cascia, dalla pancia o dal<br />
cosato del suino<br />
Salume affumicato<br />
e stagionato<br />
Olio di semi di zucchine<br />
utilizzato come condimento<br />
Albicocca proveniente dalla<br />
regione Wachau<br />
Semi di papavero<br />
Asparago proveniente dalla<br />
regione Mrarchfele<br />
2.000 allevamenti<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006.<br />
-<br />
350 allevamenti<br />
n.d.<br />
n.d.<br />
n.d.<br />
17 allevamenti<br />
-<br />
1.500 coltivatori/ sup.<br />
di 6.000 ha<br />
400 coltivatori/ sup. di 500 ha<br />
350 coltivator/ sup. di 550 ha<br />
12 coltivatori/ superf.di 310 ha<br />
31 caseifci<br />
140 caseifici alpini<br />
13 caseifici alpini<br />
n.d.<br />
n.d.<br />
n.d.<br />
2 salumifici<br />
-<br />
30 oleifici<br />
-<br />
1 impianto di essiccazione<br />
e confezionamento<br />
-<br />
4.000<br />
350<br />
55<br />
n.d.<br />
n.d.<br />
n.d.<br />
7<br />
-<br />
1.000<br />
2.500<br />
400<br />
5
Altre invece, sono caratterizzate da realtà produttive più significative: è il caso<br />
dell’olio“Steirisches Kürbiskernöl”, del formaggio“Vorarlberger Bergkäse” e del<br />
“Tiroler Speck”.<br />
La produzione di quest’ultime si contraddistingue per la presenza di grandi<br />
aziende di produzione e di trasformazione e per la distribuzione dei quantitativi<br />
certificati sia a livello nazionale che internazionale.<br />
Negli ultimi anni, la quasi totalità dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> è stata interessata da<br />
una crescita dei volumi produttivi, accompagnata da un aumento del numero delle<br />
aziende di produzione e di trasformazione.<br />
L’unica eccezione è rappresentata dal formaggio “Vorarlberger Alpkäse”, la<br />
cui produzione si mantiene stabile, nonostante le difficoltà di mantenimento dei<br />
pascoli alpini ed il calo del numero dei bovini nelle aree montane.<br />
La crescita produttiva è accompagnata inoltre da un incremento dei prezzi<br />
che si attestano su un livello più alto rispetto a quelli per <strong>prodotti</strong> simili non certificati.<br />
Il “Gailtaler Speck”, ad esempio, registra un prezzo all’ingrosso che è<br />
più alto mediamente del 20%, rispetto ad uno speck di media - alta qualità non<br />
certificato.<br />
I produttori di asparagi che rientrano nel circuito del “Marchfeldspargel”<br />
realizzano il 10% in più rispetto ai produttori di asparagi privi di indicazione<br />
di origine. Inoltre, la differenza di prezzo all’ingrosso tra prodotto certificato<br />
e non, sale addiritura al 50% per i semi di papavero “Waldviertler Gramohn”.<br />
In tale contesto si distingue il comparto dei formaggi: per alcuni di essi, infatti,<br />
non si registrano differenze tra il prodotto che rientra nel circuito <strong>DOP</strong> e lo<br />
stesso prodotto non certificato. Ad esempio, il formaggio “Gailtaler Almkäse”<br />
<strong>DOP</strong> è venduto allo stesso prezzo praticato dai tre casefici alpini, della stessa zona<br />
di produzione (versanti delle cime dell’Alto Gailtal), che non aderiscono al sistema<br />
<strong>DOP</strong>.<br />
In generale, il livello dei prezzi è influenzato dal canale distributivo utilizzato,<br />
dal livello di lavorazione e dalla gamma di <strong>prodotti</strong> lavorati.<br />
Passando ad analizzare i canali distributivi utilizzati, si rileva che la vendita<br />
diretta riveste un ruolo importante per le <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> austriache.<br />
Tale canale distributivo è favorito dalla presenza di un’agricoltura su scala ridotta<br />
che consente il mantenimento dei prezzi su livelli soddisfacenti per i produttori.<br />
La percentuale della vendita diretta al dettaglio varia da un massimo del 90%<br />
per il formaggio <strong>DOP</strong> “Gailtaler Almkäse” e per l’albicocca <strong>DOP</strong> “Waldviertler<br />
Graumohn”, fino a raggiungere una quota non inferiore al 30% per gli altri formaggi<br />
<strong>DOP</strong> e per il “Gailtaler Speck”.<br />
Per quanto riguarda la diffusione dei <strong>prodotti</strong> tutelati su scala internazionale, il<br />
formaggio “Vorarlberger Bergkäse” è il principale export oriented: destina ben il<br />
60% della produzione alla Germania.<br />
135
136<br />
6.5.3 Gli altri marchi di qualità istituzionali<br />
In Austria la certificazione di prodotto tramite marchi regionali ha cominciato<br />
a diffondersi a partire dalla fine degli anni ’70.<br />
Oggi l’Austria vanta una gran numero di marchi di qualità istituiti dalle regioni,<br />
legati prevalentemente a metodi di produzione artigianale e biologici.<br />
Particolarmente diffusi sono i loghi che, richiamando nell’immaginario del<br />
consumatore paesaggi montani, garantiscono la conformità a sistemi di produzione<br />
biologica, di produzione integrata, a particolari disciplinari produttivi o compatibili<br />
col rispetto del benessere degli animali.<br />
Nel campo delle produzioni biologiche esistono marchi regionali quali Bio<br />
Hofmarke e Biolandwirtschaft Ennstal, utilizzati rispettivamente nelle regioni<br />
Nordliche Kalkaloen e Ennstal.<br />
Altri esempi di marchi ombrello per <strong>prodotti</strong> biologici tradizionali sono<br />
“Mostviertler spezialitaten” e “Waldland” associati ad alcune specialità alimentari<br />
realizzate, rispettivamente, nelle regioni di Mostviertel e Waldviertel.<br />
Nell’ottica di fornire un ulteriore strumento di valorizzazione delle specialità<br />
regionali, nel 2005 il Ministero Austriaco per le Politiche Agricole ha promosso<br />
un programma di ampio respiro denominato “Genussregion”, concepito come<br />
strumento di promozione dell’economia legata al territorio.<br />
Lo scopo principale di tale programma è quello di rafforzare, mediante la valorizzazione<br />
dei <strong>prodotti</strong> tipici locali, lo sviluppo dell’agricoltura, del turismo e<br />
del commercio regionale e promuovere campagne di informazione rivolte ai consumatori.<br />
Tale programma prevede, per ciascuna regione, l’individuazione dei <strong>prodotti</strong><br />
maggiormente rappresentativi della tradizione e della cultura gastronomica dell’area,<br />
in vista della creazione di un marchio regionale.<br />
Condizione necessaria per poter essere riconosciuto come tale è che la materia<br />
prima e le fasi di trasformazione avvengano all’interno dell’area di riferimento.<br />
Per questo motivo una particolare priorità è riservata alle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> che possono<br />
fregiarsi così anche di un marchio regionale. Inoltre, con il programma “Genussregion”,<br />
indirettamente si pubblicizzano anche le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>: la certificazione<br />
delle <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong>, infatti, viene esplicitamente menzionata all’interno del manifesto<br />
del “Genussregion”.<br />
Attualmente i <strong>prodotti</strong> regionali certificati con il marchio protetto “Genussregion”<br />
sono 28 e tra questi, quattro specialità sono state già registrate come <strong>DOP</strong> o<br />
<strong>IGP</strong> 62 .<br />
Di conseguenza, alcuni Consorzi di produttori hanno suggerito di integrare la<br />
certificazione <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> a quella del marchio “Genussregionen” in modo tale da<br />
realizzare una sinergia tra la politica di sviluppo regionale e di informazione dei<br />
consumatori con quella di tutela internazionale delle denominazioni.
6.5.4 La percezione dei consumatori<br />
In Austria, nonostante le frequenti richieste dei produttori e dei rappresentanti<br />
regionali, non esiste un’attività di informazione sistematica e capillare sui marchi<br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
I deboli segnali di risposta delle Istituzioni e le scarse risorse finanziarie delle<br />
associazioni di produttori regionali, costituiscono un grave limite allo svolgimento<br />
delle attività necessarie ad aumentare la consapevolezza dei consumatori sul significato<br />
dei loghi comunitari.<br />
Tabella 6.21 - Uso dei loghi <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> in Austria<br />
<strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> È utilizzato il logo comunitario? Perché?<br />
Steirisches Kürbiskernöl<br />
Gailtaler Speck<br />
Marchfeldspargel<br />
Gailtaler Almkäse<br />
Vorarlberger Alpkäse<br />
Vorarlberger Bergkäse<br />
Wachauer Marille<br />
Waldviertler Graumohn<br />
Sì; il logo comunitario è inserito<br />
nel logo del consorzio.<br />
Il logo comunitario non viene<br />
utilizzato. Marchio privato.<br />
Sigillo rosso per i trasformatori,<br />
sigillo verde per gli allevatori<br />
Sì; il logo comunitario<br />
è utilizzato<br />
Sì; il logo comunitario è utilizzato<br />
(problema di etichettatura<br />
di pezzi piccoli)<br />
Sì; parzialmente<br />
Sì; parzialmente<br />
No; il logo UE non viene<br />
utilizzato.<br />
Sì; particolarmente per<br />
le materie prime (semi di<br />
papavero);<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006.<br />
Il significato del logo comunitario non è conosciuto dai consumatori.<br />
Ad esempio alcune aree minori di produzione dello Steirisches<br />
Kürbiskernöl si trovano nelle province di Burgenland e dell’Austria<br />
meridionale ma gran parte dei consumatori è convinta che i semi di<br />
zucca provengano esclusivamente dalla Stiria<br />
Il marchio privato è ritenuto più efficace nel richiamare il luogo<br />
di produzione<br />
Gran parte dei consumatori conosce il logo<br />
Il prodotto è famoso nella Carinzia e sta acquisendo notorietà in tutto<br />
il paese. La <strong>DOP</strong> consente conservare i pascoli alpini e di mantenere<br />
la lavorazione tradizionale del prodotto.<br />
Il marchio <strong>DOP</strong> viene richiesto soprattutto dai 2 grandi distributori<br />
(esportazione), ma non da piccoli distributori ed operatori di vendita<br />
diretta<br />
Il marchio <strong>DOP</strong> viene richiesto soprattutto dai 2 grandi distributori<br />
(esportazione), ma non da piccoli distributori ed operatori di vendita<br />
diretta<br />
L’integrazione del logo UE nel logo del consorzio è al momento in<br />
discussione.<br />
Non tutti i membri del consorzio usano il logo UE (per gli operatori<br />
minori il logo è troppo costoso e non necessario per la propria<br />
clientela abituale)<br />
Al contrario, le numerose etichette di <strong>prodotti</strong> biologici sono immediatamente<br />
riconoscibili dai consumatori. Questo grazie all’impegno profuso dalle Istituzioni<br />
nella promozione e diffusione della produzione biologica.<br />
In genere i loghi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sono meno conosciuti al pubblico rispetto ai marchi<br />
regionali e anche per questo motivo non vengono sempre utilizzati.<br />
137
138<br />
In alcuni casi gli stessi produttori preferiscono utilizzare i marchi privati allo<br />
scopo di promuovere la propria attività a livello regionale.<br />
Ad esempio i produttori del Gaitaler Speck ritengono i propri marchi aziendali<br />
più efficaci nell’identificare l’origine del prodotto e per questo motivo i loghi comunitari<br />
non compaiono mai nelle etichette.<br />
Nel caso delle tre <strong>DOP</strong> relative ai formaggi tirolesi (“Tiroler Bergkäse”, “Tiroler<br />
Almkäse” e “Tiroler Graukäse”), i costi di certificazione sono considerati superiori<br />
rispetto ai possibili benefici, e per tale motivo fino ad oggi non è stato<br />
commercializzato alcun quantitativo, né con il marchio di origine comunitario, né<br />
tanto meno con il marchio dell’ente di certificazione.<br />
Per quanto riguarda invece gli altri due formaggi, Voralberger Alpkase e Voralberger<br />
Bergkase, il logo <strong>DOP</strong> viene utilizzato solo su richiesta di alcuni grandi<br />
grossisti che distribuiscono il prodotto marchiato sui mercati esteri.<br />
I piccoli dettaglianti locali, così come i produttori che effettuano la vendita direttamente<br />
nei propri spacci aziendali, non sono interessati all’utilizzo del marchio<br />
comunitario.<br />
Anche per l’albicocca <strong>DOP</strong> Wachauer Marille si utilizza generalmente il logo<br />
del consorzio e la designazione di origine e non il marchio <strong>DOP</strong>. Tuttavia, attualmente<br />
i produttori stanno discutendo sull’opportunità di integrare quest’ultimo nel<br />
marchio del consorzio.<br />
6.5.5 Le prospettive per il mercato dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
Le prospettive del mercato delle <strong>DOP</strong> ed <strong>IGP</strong> austriache sono legate in primo<br />
luogo alla disponibilità delle Istituzioni ad investire risorse in campagne di informazione<br />
e di promozione dei loghi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
Il programma austriaco di sviluppo rurale offrirà inoltre nuove possibilità di<br />
sostegno finanziario ai produttori relativamente all’Asse I, relativo ai <strong>prodotti</strong> di<br />
qualità. Questa fonte di finanziamento nello scorso periodo di programmazione<br />
non è stata utilizzata in modo molto intensivo dai produttori, ma potrebbe, in futuro,<br />
imporre una spinta significativa al comparto delle denominazioni di origine.<br />
Per alcune <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> ulteriori opportunità possono scaturire, come già anticipato,<br />
dalla sinergie con le politiche di valorizzazione del territorio promosse tramite<br />
i marchi “Genussregion”. Il doppio status di denominazione protetta a livello<br />
comunitario e di prodotto riconosciuto come “Genussregion”, può garantire infatti<br />
i vantaggi della maggiore conoscenza da parte dei consumatori dei marchi regionali<br />
e contemporaneamente quelli derivanti da una più efficace tutela della denominazione<br />
sia sul mercato interno sia su quello comunitario.<br />
Tuttavia, per le <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> la cui distribuzione è prevalentemente di tipo locale<br />
non è da escludere che questa opportunità spinga alcune associazioni ad optare<br />
solo per il solo riconoscimento del marchio regionale ed a rinunciare all’utilizzo<br />
del marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.
6.6 L’Olanda 63<br />
Su questa decisione assumerà sicuramente un peso rilevante l’aumento dei costi<br />
di certificazione, che preoccupa soprattutto le piccole aziende, quale conseguenza<br />
del passaggio dal sistema di controllo gratuito gestito da organismi pubblici,<br />
a quello gestito da organismi privati.<br />
Nella regione del Vorarlberg è addirittura in fase di discussione la decisione di<br />
abbandono completo del sistema <strong>DOP</strong> per il ”Vorarlberger Alpkäse” e il “Vorarlberger<br />
Bergkäse”.<br />
Anche i responsabili dell’Associazione della <strong>DOP</strong> “Marchfeldspargel” prevedono<br />
che il cambiamento della gestione dei controlli spingerà molti produttori ad<br />
uscire dal circuito tutelato.<br />
Contrariamente a queste posizioni, alcuni Consorzi sostengono la necessità di<br />
controlli più rigorosi, lamentando una difformità di trattamento da parte delle diverse<br />
autorità provinciali. Il ricorso a un sistema privato accreditato che comporti<br />
un aumento dei costi della certificazione concorrerrà a creare una selezione tra i<br />
produttori veramente intenzionati a investire su una strategia di marketing centrata<br />
sullo status di denominazione di origine.<br />
6.6.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari<br />
In Olanda la procedura di registrazione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> fa capo al Consiglio<br />
per i Prodotti Agricoli - Hoofdproductschap Akkerbouw (d’ora in avanti HPA), a<br />
cui sono indirizzate tutte le domande di riconoscimento.<br />
Tale organo, creato per decreto dallo stesso Ministero olandese dell’Agricoltura,<br />
dell’Ambiente e della Qualità dei <strong>prodotti</strong> alimentari, è strutturato come un’organizzazione<br />
interprofessionale e ricopre la funzione istituzionale di proporre e<br />
applicare le normative in materia di produzione agroalimentare.<br />
L’HPA è suddiviso al suo interno in consigli specifici di prodotto i cui rappresentanti<br />
sono membri anche del Comitato informativo sulle indicazioni geografiche<br />
e denominazioni di origine (d’ora in avanti AGOS), che ha il compito di valutare<br />
tutte le richieste di registrazione.<br />
In particolare, l’AGOS, nel valutare le richieste di registrazione si concentra in<br />
modo particolare sulla verifica del potenziale interesse economico della tutela del<br />
prodotto e sulle eventuali obiezioni presentate da terzi.<br />
Verificati questi ed altri requisiti, la richiesta viene inoltrata al Ministero per<br />
l’Agricoltura con la raccomandazione di avviare la procedura di richiesta formale<br />
a Bruxelles.<br />
Una volta ottenuto il riconoscimento, il gruppo di produttori deve accordarsi<br />
con l’ente incaricato alla certificazione di prodotto e all’attività di controllo della<br />
produzione.<br />
139
140<br />
In Olanda, esistono tre organismi di certificazione pubblici che operano su tutto<br />
il territorio e rispondono ad un unico ente statale di accreditamento, l’Autorità<br />
per la sicurezza dei <strong>prodotti</strong> alimentari.<br />
Nel dettaglio, i controlli sui <strong>prodotti</strong> caseari sono affidati all’Autorità centrale<br />
di controllo del latte e dei derivati (COKZ), quelli sulla patata “Opperdoezer” all’organismo<br />
di controllo ”Autorità nazionale per il controllo delle carni e del bestiame”<br />
e quelli sull’uva “Wesylandse” all’Ispettorato per la qualità dei <strong>prodotti</strong><br />
ortofrutticoli” (Kwaliteits Controle Bureau voor Groenten en Fruit-KCB).<br />
6.6.2 Il mercato delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in Olanda<br />
Alla fine di giugno 2005, il paniere olandese delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> conta 6 denominazioni.<br />
Di queste 4 <strong>DOP</strong> sono relative al comparto dei formaggi e 1 <strong>DOP</strong> e 1 <strong>IGP</strong><br />
a quello degli ortofrutticoli e dei cereali.<br />
Tabella 6.22 - La produzione <strong>DOP</strong> - <strong>IGP</strong> in Olanda nel 2004<br />
Denominazione Tipo di prodotto Produttori (n.) Produzione (t.) Fatturato (Mil. €)<br />
Noord-Hollandse Gouda (<strong>DOP</strong>) Formaggio 2 cooperative 35.000 128,6<br />
Noord-Hollandse Edam (<strong>DOP</strong>) Formaggio 1 cooperativa 900 3,31<br />
Kanterkaas / Kanternagelkaas / Formaggio 1 cooperativa 1.600 6,4<br />
Kanterkomijnekaas (<strong>DOP</strong>)<br />
Boeren-Leidse kaas met sleutels (<strong>DOP</strong>) Formaggio 14 produttori 366 1,74<br />
Opperdoezer Ronde (<strong>DOP</strong>) Patata 20 coltivatori 3.750 1,86<br />
Westlandse Druif(<strong>IGP</strong>) Uva 30 coltivatori 95 0,57<br />
Totale 41.711 142,48<br />
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati H. S. van der Meulen, Università di Wageningen, 2006.<br />
Nel 2004 sono state certificate complessivamente 41.711 tonnellate per un<br />
corrispondente fatturato alla produzione pari a 142,48 milioni di euro.<br />
I formaggi con 37.866 tonnellate (pari al 90,8% del totale) e un fatturato alla<br />
produzione di poco superiore ai 140 milioni di euro (98,3%) rappresentano il<br />
comparto più rilevante.<br />
I <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli, con 3.845 tonnellare, rappresentano l’1,7% (2,43 milioni<br />
di euro) del volume d’affari all’origine del comparto <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
6.6.3 Il comparto dei formaggi<br />
Il comparto dei formaggi, per volumi produttivi e per numero di denominazioni<br />
registrate, è quello più sviluppato.<br />
Nel 2004, il comparto dei formaggi ha certificato 37.866 tonnellate: al suo interno<br />
per volumi produttivi e giro d’affari, spicca la <strong>DOP</strong> Noord - Hollandse<br />
Gouda.
Tale denominazione, con le sue 35.000 tonnellate, rappresenta il 92,4% della<br />
produzione di formaggi <strong>DOP</strong>. Il fatturato alla produzione si attesta intorno ai 129<br />
milioni di euro, pari al 91,8% del fatturato complessivo.<br />
La <strong>DOP</strong> Noord - Hollandse Gouda appartiene alla categoria conosciuta in<br />
tutto il Nord Europa con il nome generico di Gouda, di cui esistono differenti versioni.<br />
In Olanda le caratteristiche del Gouda generico – relative ad esempio alla forma,<br />
al contenuto di grasso e a quello di umidità - sono definite dalla legislazione<br />
vigente in materia di qualità dei formaggi, e differiscono dagli standard seguiti in<br />
altri Paesi.<br />
La regolamentazione olandese è stata recentemente modificata in modo tale da<br />
renderla meno vincolante per i produttori olandesi e più allineata a quella seguita<br />
dagli altri competitors europei, tra i quali il principale è la Germania.<br />
Complessivamente la produzione di Gouda generico in Olanda si attesta sulle<br />
410 mila tonnellate. Rispetto alla versione generica, la <strong>DOP</strong> Noord-Hollandse<br />
Gouda viene preparata esclusivamente con latte proveniente dalla omonima provincia<br />
(Noord-Holland). Il processo produttivo è completamente industrializzato e<br />
prevede la pastorizzazione del latte non scremato.<br />
La richiesta di certificazione è stata inoltrata da Campina, una delle più grandi<br />
cooperative lattiero-casearie olandesi: in uno dei suoi cinque stabilimenti, ogni<br />
anno vengono lavorate circa 300 mila tonnellate di latte, delle quali 30 mila destinate<br />
alla <strong>DOP</strong> Noord-Hollandse.<br />
Campina, inoltre, è attualmente l’unico produttore che riporta esplicitamente il<br />
marchio di origine comunitario sul prodotto, enfatizzando quindi le caratteristiche<br />
del formaggio in relazione al suo stato di <strong>DOP</strong>.<br />
L’altro produttore della <strong>DOP</strong> Noord-Hollandse Gouda è la cooperativa Cono, che<br />
per evitare la concorrenza diretta con Campina ha adottato una strategia basata esclusivamente<br />
sulla promozione dei propri marchi aziendali. Per questo motivo, la cooperativa<br />
non ha ancora utilizzato esplicitamente la denominazione Noord-Hollandse<br />
e il logo comunitario, ma ha puntato su un proprio marchio “Beemster”, che richiama<br />
il nome di una conosciuta località all’interno della provincia del Noord-Holland.<br />
Il 4,2% della produzione certificata (1.600 tonnellate) dei formaggi <strong>DOP</strong> è riconducibile<br />
alle denominazioni Kanterkaas, Kanternagelkaas e Kanterkomijnekaas,<br />
che nel corso del 2004 hanno registrato un fatturato alla produzione di circa<br />
6,4 milioni di euro.<br />
Le diverse denominazioni si riferiscono ad altrettante versioni dello stesso tipo<br />
di formaggio (Kanterkaas) che si differenziano per il tipo di spezie utilizzate per<br />
aromatizzare il prodotto finito.<br />
Accanto alla versione speziata con semi di cumino (Kanterkomijnekaas) ne<br />
esiste infatti una aromatizzata anche con chiodi di garofano (Kanternagelkaas). Il<br />
peso delle forme può variare dai 3 kg fino ad un massimo di 8 kg, mentre la stagionatura<br />
dura al massimo 1 anno.<br />
141
142<br />
La richiesta di certificazione <strong>DOP</strong> è stata avanzata dal gruppo cooperativo<br />
Friesland Coberco Dairy Foods (Friesland Foods). Tale azienda, ha concentrato in<br />
un unico stabilimento tutta la produzione di questo formaggio, che è ottenuto con<br />
procedimenti industriali a partire dal latte pastorizzato.<br />
La situazione di mercato di questa <strong>DOP</strong> è del tutto simile a quella già vista nel<br />
caso del Noord-Hollandse Gouda.<br />
Così come l’azienda Cono, anche la Friesland Food, unica produttrice della<br />
<strong>DOP</strong>, non utilizza il nome e logo comunitario a scopi promozionali, bensì il proprio<br />
marchio privato.<br />
Circa metà della produzione di Kanternagelkaas viene infatti venduta, con la<br />
marca “Fryske Nagelaer”, alle catene di supermercati del Nord del paese; la restante<br />
parte viene ceduta, sprovvista di marchio, ai grossisti che si occupano dell’invecchiamento<br />
del prodotto e della successiva fornitura a negozi specializzati,<br />
gastronomie e supermercati.<br />
Il formaggio Kanterkomijnekaas viene venduto con un proprio marchio privato<br />
(“PanPan”) prevalentemente ai supermercati di tutto il paese.<br />
Il motivo per il quale la Friesland Foods non si serve del logo <strong>DOP</strong> è dovuto<br />
alle caratteristiche del mercato di questo formaggio; il consumo, infatti, è limitato<br />
ad aree relativamente ristrette del Paese, dove la fedeltà dei consumatori ai marchi<br />
privati dell’azienda è molto più elevata rispetto a quella dimostrata per il marchio<br />
di origine. Tale situazione, tra l‘altro, è riconducibilie alla strategia di marketing<br />
adottata dalla stessa Frico Cheese, ossia dalla divisione responsabile della commercializzazione<br />
dei latticini.<br />
Il 2,4% della produzione certificata (900 tonnellate) è rappresentato dal formaggio<br />
<strong>DOP</strong> Noord-Hollandse Edam, che realizza un fatturato alla produzione<br />
pari a 3,31 milioni di euro.<br />
Così come per il Gouda, anche il termine generico Edam viene utilizzato in riferimento<br />
ad un formaggio ottenuto da latte pastorizzato parzialmente scremato e<br />
prodotto da diverse aziende presenti in tutto il paese.<br />
La produzione di Edam in Olanda è di circa 137 mila tonnellate di cui 42 mila<br />
tonnellate realizzate nelle tradizionali forme sferiche, che è lo standard previsto<br />
per la versione <strong>DOP</strong> di questo formaggio.<br />
Per quanto riguarda la produzione della <strong>DOP</strong>, la cooperativa Cono è l’unica<br />
produttrice di Noord-Hollandse Edam: la produzione <strong>DOP</strong> è di circa 900 tonnellate<br />
annue pari al 2% della produzione nazionale di Edam in forme sferiche.<br />
Il disciplinare <strong>DOP</strong> prevede l’utilizzo di latte originario dell’omonima provincia<br />
ed un contenuto di sale lievemente inferiore rispetto all’Edam generico.<br />
La distribuzione del Noord Hollandse è quasi esclusivamente limitata al mercato<br />
interno, a differenza dell’Edam prodotto in altre zone del Paese, la maggior<br />
parte del quale è esportato (Spagna, Regno Unito e Caraibi).<br />
Meno dell’1% della produzione casearia olandese è realizzata da circa trecento<br />
aziende agricole che trasformano latte crudo in modo artigianale. Tra questi tipi di
formaggi rientra la <strong>DOP</strong> Boeren – Leidse. Nel 2004 le 14 aziende produttrici ne<br />
hanno commercializzate circa 366 tonnellate, con un fatturato alla produzione pari<br />
a 1,74 milioni di euro.<br />
La <strong>DOP</strong> Boeren – Leidse è un formaggio a pasta semi-dura ottenuto da latte<br />
crudo parzialmente scremato e aromatizzato con l’aggiunta di semi di cumino. La<br />
zona di origine è compresa nella provincia di Zuid-Holland, nell’area che circonda<br />
la città di Leiden.<br />
Gran parte di questo formaggio è venduto a grossisti dopo due settimane dal<br />
termine della lavorazione, mentre quote inferiori sono vendute direttamente al<br />
consumatore, tramite gli spacci aziendali.<br />
A differenza del Gouda artigianale, che viene esportato in Germania e Belgio,<br />
le esportazione di formaggio Boeren-Leidse sono del tutto trascurabili.<br />
E’ interessante ricordare che, per tale <strong>DOP</strong>, i prezzi di vendita all’ingrosso<br />
vengono stabiliti da una commissione composta da grossisti e produttori prendendo<br />
in considerazione le tendenze generali del mercato e la quantità di formaggio<br />
disponibile nei magazzini.<br />
Inoltre, esiste un sistema di autoregolamentazione dell’offerta, studiato per<br />
evitare crisi da sovrapproduzione, che si basa su un regime di quote individuali<br />
(non più di 40 tonnellate all’anno per azienda) e sull’imposizione di periodi di interruzione<br />
della produzione per un numero variabile di settimane lungo l’arco dell’anno<br />
(da 0 a circa 12 settimane).<br />
All’interno del comparto dei formaggi olandesi, risulta in attesa del riconoscimento<br />
comunitario <strong>STG</strong> l’“Hollandse Boerenkaas” (cfr GUCE n°316 del<br />
13/12/2005).<br />
La richiesta per il riconoscimento è stata inoltrata dalla Dutch Bond van Boerderijzuivelbereiders,<br />
l’associazione alla quale aderiscono un gran numero di produttori<br />
di formaggi artigianali olandesi.<br />
L’iniziativa è dovuta alla prospettiva di un’imminente abrogazione della normativa<br />
nazionale in materia di qualità dei formaggi (Landbouwkwaliteitsregeling),<br />
che avrebbe lasciato i produttori artigianali completamente indifesi dalla<br />
concorrenza dei formaggi ottenuti industrialmente con latte pastorizzato.<br />
La denominazione Boerenkaas, pur in attesa del riconoscimento <strong>STG</strong>, è in<br />
realtà utilizzata per indicare un grande varietà di formaggi la cui caratteristica comune<br />
è quella di essere <strong>prodotti</strong> artigianalmente con latte crudo e per almeno il<br />
50% con latte proveniente dall’allevamento dell’azienda produttrice.<br />
Generalmente, al termine registrato Boerenkas viene aggiunta una seconda denominazione<br />
64 che individua le caratteristiche specifiche del formaggio.<br />
6.6.4 Il comparto ortofrutticolo<br />
In Olanda, la produzione ortofrutticola di qualità (3.845 tonnellate), con due<br />
denominazioni registrate, rappresenta il 9,2% della produzione certificata com-<br />
143
144<br />
plessiva con un’incidenza dell’1,7% (2,43 milioni di euro) sull’intero fatturato alla<br />
produzione.<br />
All’interno del comparto, con 3.750 tonnellate (pari al 97,5% del totale ortofrutta<br />
di qualità) e un fatturato alla produzione di 1,86 milioni di euro (pari al<br />
76,5%) si distingue la <strong>DOP</strong> Opperdoezer Ronde (patata).<br />
La zona di origine di tale <strong>DOP</strong> si estende su una superificie di 1.600 ettari - di<br />
cui 1.100 di superficie agricola - situata attorno al comune di Opperdoes, a pochi<br />
chilometri da Amsterdam.<br />
La produzione totale di questa particolare varietà di patata varia tra le 350 e le<br />
400 mila tonnellate l’anno, in funzione delle condizioni atmosferiche, mentre, la<br />
resa massima per ettaro - di molto inferiore allo standard olandese - non supera<br />
le 35 tonnellate.<br />
Gli stessi produttori hanno creato una cooperativa che ha il diritto esclusivo<br />
sulla distribuzione del materiale da riproduzione; a tale cooperativa, hanno l’obbligo<br />
di aderire tutti i produttori che vogliono operare nel circuito tutelato.<br />
Per quanto riguarda i prezzi, essi subiscono sensibili fluttuazioni durante il periodo<br />
della raccolta, ossia da giugno a settembre.<br />
Il prezzo minimo (0,20 €/kg) viene toccato in agosto quando la disponibilità<br />
sul mercato raggiunge il picco massimo, mentre i prezzi più alti, fino ad alcuni<br />
euro per kg, vengono spuntati nei primi mesi del raccolto sul prodotto novello.<br />
Nel 2004 la quotazione media è stata di 50 centesimi di euro per chilo.<br />
Nel corso degli ultimi dieci anni il valore della produzione si è mantenuto relativamente<br />
stabile; le fluttuazioni del fatturato sono in larga misura da imputare a<br />
variazioni dei prezzi, piuttosto che delle quantità prodotte, a causa della ristrettezza<br />
del mercato al consumo e della rigidità della domanda. Del resto, la disponibilità<br />
di terreno potenzialmente coltivabile potrebbe garantire un aumento della produzione<br />
del 50%.<br />
In passato tutta la vendita all’ingrosso di questo prodotto veniva gestita tramite<br />
un’asta cooperativa (Greenery di Zwaagdijk).<br />
Attualmente, solo le patate novelle, che costituiscono una piccola parte della<br />
produzione, sono ancora messe all’asta, mentre più del 90% del prodotto viene<br />
venduto direttamente a supermercati (Albert Heijn, C1000) sulla base di contratti<br />
di fornitura. Le catene di supermercati utilizzano packaging personalizzati sui<br />
quali frequentemente compare anche il logo <strong>DOP</strong>.<br />
Tuttavia, nonostante la drastica riduzione delle vendite all’asta, i produttori sono<br />
tenuti a versare alla cooperativa un contributo, proporzionale al quantitativo<br />
prodotto, destinato ad attività di promozione (poster, fiere, ecc).<br />
La produzione certificata dell’<strong>IGP</strong> Westlandse Druif (95 tonnellate) incide per<br />
il 2,5% sull’intera produzione ortofrutticola olandese e per il 23,5% sul fatturato<br />
alla produzione complessivo.<br />
La Westlandse Druif è la denominazione di uve di serra di diverse varietà coltivate<br />
nell’area di Westland a sud dell’Aia.
In quest’area, la coltivazione della vite in serra si è sviluppata all’inizio del secolo<br />
scorso, sostituendo gradualmente la tradizionale pratica di piantare le viti a<br />
ridosso dei muri.<br />
Lo sviluppo della viticoltura nei Paesi maggiormente vocati dell’Europa Meridionale,<br />
ha determinato nel corso degli anni successivi un drastico calo della superficie<br />
vitata, che oggi è ridotta a soli 3,3 ettari, e ha contemporaneamente favorito<br />
la specializzazione di quest’area verso le produzioni orticole.<br />
Nel 2004 la produzione di uva nell’area del Westland è stata di circa 95 tonnellate;<br />
la maggiore produttrice è la Fondazione “De Westlandse Druif”, che ha<br />
anche promosso l’iniziativa per il riconoscimento della denominazione.<br />
La stessa fondazione sta cercando di coinvolgere gli agricoltori della zona per<br />
promuovere iniziative di marketing comuni sotto la stessa etichetta Westlandse<br />
Druif.<br />
6.6.5 I marchi di qualità non istituzionali<br />
In Olanda, oltre alla registrazione dei marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, esistono altri strumenti<br />
di tutela e promozione dei <strong>prodotti</strong> tradizionali olandesi.<br />
Per quanto riguarda le iniziative di tipo privato, dal 2002, Slow Food ha avviato,<br />
nell’ambito di un programma denominato Ark of Taste, alcune iniziative a livello<br />
locale (Presidia) coinvolgendo volontari e produttori, allo scopo di creare un<br />
sistema di valorizzazione della produzione di alcuni <strong>prodotti</strong> alimentari tradizionali.<br />
I produttori coinvolti non possono esporre, sul prodotto o sul relativo imballaggio,<br />
alcun marchio che faccia riferimento a Slow Food dato che l’associazione<br />
non registra loghi o i nomi dei <strong>prodotti</strong>.<br />
Tuttavia, queste iniziative possono servire da impulso ai gruppi di produttori<br />
locali, spingendoli a registrare il nome o il logo identificativo della località di origine.<br />
In genere, infatti, il risultato è la creazione di un associazione o di un consorzio<br />
tra produttori che detiene la proprietà del marchio.<br />
In ambito istituzionale, dal 1999 la Stichting Streekeigen Producten Nederland<br />
(d’ora in avnati SPN) rilascia a singoli produttori la licenza all’utilizzo di un marchio<br />
che riporta la dicitura “Erkend Streekproduct” (prodotto regionale riconosciuto).<br />
Ai fini dell’utilizzo di tale marchio è effettuata la valutazione del legame con<br />
il luogo di origine, la quale si basa su un criterio piuttosto generico: la produzione<br />
di almeno il 50% delle materie prime e tutta la lavorazione finale devono avvenire<br />
in una determinata zona geografica.<br />
Molti dei produttori che utilizzano questo marchio aderiscono ad organizzazioni<br />
o consorzi di respiro regionale, create per la promozione, tramite marchi<br />
ombrello, dei <strong>prodotti</strong> agroalimentari che fanno riferimento non ad una singola<br />
145
146<br />
specialità ma ad un ampio assortimento di <strong>prodotti</strong> alimentari provenienti dalla regione.<br />
Alcune delle organizzazioni promotrici dei marchi ombrello regionali sono infatti<br />
le stesse co-fondatrici del SPN.<br />
I marchi più conosciuti che riportano l’indicazione della regione di origine sono<br />
Waddengroep, Waterland, Groene Hart, Zeeuwse Vlegel, Limburgs Land, Gelderse<br />
Poort e Groote Peel Spessp.<br />
6.6.6 L’attitudine dell’Olanda verso la protezione delle IG<br />
L’impostazione anti-protezionistica e favorevole al libero commercio ha spesso<br />
caratterizzato la posizione del governo olandese in contrapposizione alla politica<br />
comunitaria di tutela delle indicazioni geografiche.<br />
Questo orientamento liberale si è manifestato, ad esempio, nei frequenti tentativi<br />
di allargare la lista delle denominazioni considerate come generiche e quindi<br />
non ammissibili ad alcun tipo di tutela.<br />
Basti pensare che la stessa Olanda, ai sensi della Convenzione di Stresa, si è<br />
battuta per la registrazione delle denominazioni Edam e Gouda come nomi di <strong>prodotti</strong><br />
generici piuttosto che pensare ad una strategia di protezione a favore dei propri<br />
produttori.<br />
Tuttavia gli orientamenti di alcuni Consorzi e Associazioni di produttori e di<br />
recente l’industria lattiero casearia olandese hanno sposato una strategia opposta a<br />
quella seguita dal governo olandese.<br />
ABruxelles ad esempio è pendente la richiesta per il riconoscimento delle <strong>IGP</strong><br />
Hollandse Gouda and Hollandse Edam; nella prospettiva dei proponenti, la denominazione<br />
di origine “Hollandse” garantirà, per questi formaggi, una maggiore attrattiva<br />
al prodotto nazionale che, in particolare sui mercati esteri, deve competere<br />
con il Gouda e l’Edam generico.<br />
In generale, da parte dei produttori permane comunque uno scarso interesse alla<br />
tutela delle denominazioni di origine.<br />
Lo scarso interesse è dovuto alle caratteristiche del settore agroalimentare del<br />
Paese, che è particolarmente orientato verso i mercati esteri e la cui competitività,<br />
a livello internazionale, si basa essenzialmente sulle economie derivanti da produzioni<br />
di larga scala e sulla standardizzazione ed innovazione di prodotto.<br />
Questo modello di sviluppo ha rafforzato tra gli operatori una cultura prevalentemente<br />
aziendalista, mirata al sostegno del marchio privato e al miglioramento<br />
delle capacità individuali, e meno attenta a considerare iniziative di<br />
promozione di tipo collettivo. Di conseguenza, molti <strong>prodotti</strong> regionali tipici<br />
o sono scomparsi, o sono del tutto sconosciuti al di fuori dei confini nazionali,<br />
mentre gran parte del mercato delle denominazioni registrate è in mano a<br />
pochi grandi produttori (come nel caso di Noord-Hollandse Edam e Kanterkaas).
6.6.7 La percezione dei consumatori<br />
Acausa della scarsa promozione dei marchi <strong>DOP</strong>ed <strong>IGP</strong>i consumatori<br />
olandesi sono quasi all’oscuro del loro significato e non conoscono i relativi<br />
loghi.<br />
Del resto, il marchio europeo è raramente visibile sui <strong>prodotti</strong> perché i produttori<br />
tendono prevalentemente a promuovere i loro <strong>prodotti</strong> tramite marchi<br />
privati.<br />
Inoltre, ad aumentare il disorientamento dei consumatori, concorre anche la<br />
larga diffusione di denominazioni registrate con marchi privati che fanno fittiziamente<br />
riferimento ad indicazioni di origine, come nel caso dei formaggi Old Amsterdam<br />
e Leerdammer.<br />
Il concetto di attestazione di conformità, o di certificazione di prodotto, è tuttavia<br />
percepito dai consumatori, grazie soprattutto alla crescente importazione di<br />
vini da altri Paesi europei.<br />
Inoltre, l’apprezzamento per i <strong>prodotti</strong> tipici regionali è in decisa crescita presso<br />
i consumatori, grazie alla consuetudine di trascorrere periodi di vacanze nei<br />
paesi dell’Europa meridionale.<br />
6.6.8 Le prospettive per il mercato dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
La prospettive di crescita per il mercato delle <strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong> olandesi già<br />
esistenti e per quelle in via di riconoscimento dipende in larga misura dall’esito<br />
della “battaglia sull’origine” del formaggio di tipo Gouda ed Edam.<br />
Se verranno riconosciute le denominazioni Hollandse Gouda e Hollandse<br />
Edam (in attesa di <strong>IGP</strong>) è probabile che si apriranno nuovi spazi sui mercati esteri<br />
per questi tipi di formaggio le cui denominazione oggi vengono utilizzate da tantissime<br />
altre industrie del Nord Europa.<br />
Questo sviluppo potrebbe inoltre avere effetti positivi sull’immagine delle<br />
<strong>DOP</strong> olandesi, in particolare per i formaggi maggiormente presenti sui mercati<br />
esteri. Ma molto dipenderà anche dalla capacità dei produttori olandesi di rendere<br />
trasparente la differenza tra la versione nazionale del loro formaggio e le restanti<br />
produzioni degli altri Paesi.<br />
Questo aspetto, tra l’altro, tocca un problema di carattere più generale che riguarda<br />
gran parte delle <strong>DOP</strong> ed <strong>IGP</strong> olandesi, o almeno quelle che rivestono un<br />
maggior peso sul mercato.<br />
I vincoli imposti dai disciplinari ai processi di produzione sono in realtà molto<br />
deboli, tanto che la produzione di formaggi come l’N-H Edam e il N-H Gouda<br />
può essere gestita, così come attualmente avviene, in modo completamente industrializzato.<br />
La mancanza di elementi oggettivi di specificità della produzione <strong>DOP</strong> rispetto<br />
quella industriale, limita le possibilità di riconoscimento da parte della UE per-<br />
147
148<br />
ché le peculiarità dei metodi di produzione diventano più difficili da dimostrare e<br />
più semplici da contestare pubblicamente. Inoltre, una volta resa pubblica la debolezza<br />
degli elementi di tipicità attestati dalle certificazioni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, tra i produttori<br />
può sorgere una certa riluttanza al loro utilizzo.<br />
D’altro canto, il fatto che la possibilità di fare pubblicità al prodotto, anche per<br />
il suo status di <strong>DOP</strong> sia stato scarsamente sfruttato nel settore caseario, 65 rende<br />
auspicabile un maggiore uso, nel futuro, dello strumento pubblicitario prima sul<br />
mercato olandese e successivamente anche all’estero.<br />
50) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Luis Miguel Albisu dell’istituto Unidad<br />
Economia Agraria, Gobierno Aragòn di Zaragoza.<br />
51) Da luglio 2005 a giugno 2006.<br />
52) Subdireccion General de Sistemas de Calidad.<br />
53) I dati si riferiscono alle 100 denominazioni attualmente iscritte nel registro comunitario<br />
delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>. Va tenuto presente che al 2004 alcune di queste denominazioni<br />
rientravano solo nel regime di certificazione nazionale poiché la richiesta di riconoscimento<br />
non era stata ancora trasmessa alla Commissione europea o era in fase di esame.<br />
54) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Bernard Lassaut dell’istituto INRA<br />
di Nantes.<br />
55) Cfr “I <strong>prodotti</strong> Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005.<br />
56) Cfr “I <strong>prodotti</strong> Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005, pp 155-<br />
157.<br />
57) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Tilman Becker, Institute for Agricultural<br />
Policy and Marketing, Università Hohenheim di Stuttgart.<br />
58) La ricerca i cui risultati sono di seguito riportati è stata coordinata nel 2006 dal<br />
prof. Tilman Becker docente presso l’Università di Hohenheim. I questionari sono stati<br />
inviati a tutti i Consorzi di tutela delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> tedesche, ad eccezione di quelle relative<br />
ad acque minerali. Al questionario hanno fornito risposta 22 consorzi su un totale<br />
di 36.<br />
59) Becker, T. und E. Benner: Zur Problematik der Herkunftsangabe im regionalen Marketing.<br />
Arbeitsbericht Nr. 1, Hohenheim 2000.<br />
60) Becker, T.: Zur Bedeutung geschützter Herkunftsangaben. Hohenheimer Agrarökonomische<br />
Arbeitsberichte Nr. 12, Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktlehre<br />
der Universität Hohenheim, Dicembre 2005.<br />
61) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Michael Lough, Thought for Food<br />
Marketing Ltd, Preston.<br />
62) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Michael Groier, Bundesanstalt für<br />
Bergbauernfragen, Wien.<br />
63) M. Groier, 2006.<br />
64) Per tale prodotto non è stato possibile raccogliere alcuna informazione poiché il<br />
presidente del Consorzio ha negato la propria disponibilità.<br />
65) La mancanza di statistiche per i tre formaggi <strong>DOP</strong> provenienti dalla regione del Ti-
olo, è dovuta all’assenza delle procedure di certificazione che permetterebbero di quantificare<br />
i volumi a marchio di origine. Infatti, nonostante il riconoscimento di queste denominazioni<br />
risalga al 1995, fino ad ora non è stato commercializzato alcun quantitativo<br />
con il marchio <strong>DOP</strong>.<br />
66) Si tratta delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> Waldviertler Mohn, Gailtaler Speck, Gailtaler Almkäse,<br />
Marchfelder Spargel.<br />
67) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Hielke van der Meulen, Institute for<br />
Rural Sociology, Università Wageningen, Wageningen.<br />
68) Goudse Boerenkaas, Goudse Boerenkaas met kruiden, Edammer Boerenkaas, Leidse<br />
Boerenkaas, Boerenkaas van geitenmelk and Boerenkaas van schapenmelk.<br />
69) Lo strumento pubblicitario è stato utilizzato solo per la <strong>DOP</strong> Noord-Hollandse Gouda,<br />
da parte dell’azienda Campina.<br />
149
150<br />
7. Case study: politiche distributive e consumo nei comparti<br />
della carne fresca e dell’ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
7.1 Obiettivi e metodologia<br />
I<br />
l presente capitolo illustra i principali risultati delle indagini quali-quantitative<br />
realizzate sul consumatore e sul trade, focalizzate sui settori “carne fresca”<br />
ed “ortofrutta” a marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>. Le rilevazioni sono state finalizzate alla<br />
rilevazione del grado di conoscenza e della percezione del consumatore su tali<br />
<strong>prodotti</strong> a Denominazione di Origine e alla comprensione delle strategie di assortimento<br />
e delle problematiche legate alla vendita di queste categorie di <strong>prodotti</strong>.<br />
Per quanto riguarda il consumatore è stata realizzata sia una indagine di tipo<br />
qualitativo che una di tipo quantitativo.<br />
L’indagine qualitativa è stata svolta mediante la conduzione di 4 focus group, 2<br />
inerenti al consumo di carne fresca <strong>IGP</strong> e 2 inerenti a quello di ortofrutta di qualità, nei<br />
punti campione di Milano (2 focus group), Roma e Napoli, nel febbraio 2006. Questa<br />
modalità di analisi, oltre ad assumere una funzione propedeutica alla realizzazione<br />
della fase quantitativa, ha consentito di approfondire alcune tematiche specifiche.<br />
L’indagine quantitativa è stata condotta su un campione complessivo di 1200<br />
consumatori - 600 per l’argomento “carni” e 600 per l’argomento “ortofrutta” - e<br />
stratificato per area geografica. Un’ampiezza campionaria di questo tipo ha permesso<br />
di ottenere risultati statisticamente significativi, a livello generale, con un<br />
margine di errore del 3% e con un livello di fiducia pari al 95%. Per ottenere risultati<br />
più fedeli possibili al vissuto al momento dell’acquisto, si è utilizzato lo<br />
strumento delle interviste face to face in store, realizzate all’interno dei reparti di<br />
vari ipermercati a livello nazionale, nel mese di aprile 2006.<br />
Per quanto riguarda il trade, è stata realizzata un’indagine mediante interviste face<br />
to face, su un campione complessivo di 250 punti vendita stratificato per area geografica:<br />
il 60% delle interviste sono state rivolte a responsabili di reparto della GDO<br />
(ipermercati, supermercati e superettes), mentre il rimanente 40% è stato realizzato<br />
presso il dettaglio tradizionale66 (macellerie e negozi ortofrutticoli), intervistando i titolari<br />
o i responsabili di negozio. La rilevazione si è svolta nella seconda metà del mese<br />
di marzo 2006.<br />
7.2 Principali evidenze emerse<br />
Le indagini svolte consentono di mettere in evidenza numerose affinità, ed alcune<br />
differenze, nel vissuto del consumatore in fatto di carni da un lato e di pro-
Tabella 7.1 - Le principali evidenze emerse dall’indagine qualitativa e quantitativa sul consumatore<br />
Caratteristiche di consumo<br />
in generale<br />
Luogo di acquisto principale<br />
Processo di acquisto<br />
e criteri di selezione<br />
Percezione della qualità<br />
Conoscenza dei <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
Il profilo del consumatore<br />
Ricordo spontaneo<br />
dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
del comparto<br />
Posizionamento dei marchi<br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
Settore carne fresca Settore ortofrutta<br />
- la frequenza di consumo rilevata è di 3-4 volte la settimana<br />
- la carne bovina è considerata irrinunciabile, affidabile<br />
e di qualità, come un "padre di famiglia", mentre la carne<br />
suina è associata ad un vissuto di allegria e simpatia;<br />
per le carni avicole, infine, prevale il vissuto di praticità<br />
e leggerezza<br />
- ipermercato e supermercato: per ragioni legate alla<br />
convenienza (buon rapporto qualità / prezzo), alla comodità,<br />
all'abitudine, all'ampia varietà di offerta e ad una<br />
maggiore controllo dei <strong>prodotti</strong> rispetto alla macelleria<br />
- l'acquisto è meditato (lista della spesa). Possono essere<br />
acquistate di impulso le carni in offerta o alcune specialità<br />
- importanza all'aspetto organolettico, all'origine e alla<br />
sicurezza<br />
- l'origine italiana è importante, anche se può essere<br />
apprezzata la provenienzai da paesi famosi per le carni<br />
di qualità<br />
- il concetto di qualità è complesso, e risulta da una<br />
fusione di elementi polisensoriali, di aspetti legati<br />
all'origine e di aspetti legati in modo diretto alla<br />
sicurezza alimentare<br />
- il 70,7% dei consumatori di carne fresca ha sentito<br />
parlare dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
- la conoscenza delle denominazioni non è approfondita,<br />
nemmeno nella distinzione tra <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
- solo il 19,5% ha dichiarato di conoscere delle carni<br />
fresche <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
- di sesso maschile, di età compresa tra 30-59 anni, in<br />
possesso di un titolo di studio elevato<br />
- il ricordo spontaneo è attinente, ma ciò che viene<br />
ricordato con maggiore facilità è la razza Chianina<br />
- leggemente meno importante, tra i fattori decisionali<br />
al momento dell'acquisto, della rintracciabilità e della<br />
private label<br />
- non si collocano tra i principali fattori che compongono<br />
l'immagine di qualità<br />
- il consumo è quasi sempre giornaliero e riguarda i <strong>prodotti</strong> di<br />
stagione, soprattutto per la frutta<br />
- la frutta è acquistata preferibilmente sfusa, mentre per la<br />
verdura assume rilevanza il prodotto preconfezionato per la sua<br />
praticità<br />
- non emerge, dai focus group, un particolare orientamento all'acquisto<br />
di <strong>prodotti</strong> biologici<br />
- ipermercato e supermercato: per ragioni legate alla maggiore<br />
rotazione e conservazione dei <strong>prodotti</strong>, alla comodità e all'abitudine<br />
a frequentarlo per la spesa<br />
- l'acquisto è programmato, anche se la valutazione visiva<br />
del prodotto sul punto vendita può determinare cambiamenti<br />
di programma ed acquisti d'impulso<br />
- importanza all'aspetto estetico, all'origine e all'aspetto<br />
organolettico<br />
- il concetto di origine è focalizzato sull'origine italiana e/o locale<br />
- anche per l'ortofrutta, il concetto di qualità parte da un<br />
appagamento polisensoriale per estendersi all'origine (italiana,<br />
locale) e alla sicurezza. Anche il prezzo, se non troppo basso,<br />
viene considerato un indicatore di qualità.<br />
- il 73% dei consumatori di ortofrutta ha sentito parlare dei<br />
prodotii <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
- la conoscenza delle denominazioni non è approfondita,<br />
nemmeno nella distinzione tra <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
- solo il 30,8% ha dichiarato di conoscere frutta e/o verdura<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
- di sesso maschile, di età compresa tra 40-49 anni, in possesso<br />
di un titolo di studio elevato<br />
- la maggioranza dimostra un ricordo spontaneo corretto, citando<br />
soprattutto Pomodoro di Pachino, Arance rosse di Sicilia e Mela<br />
Val di Non<br />
- leggermente meno importante, tra le determinanti d'acquisto,<br />
della provenienza italiana, dell'aspetto estetico e della private<br />
label<br />
- non si collocano tra i principali fattori che compongono l'immagine<br />
di qualità<br />
151<br />
(Segue)
Tabella 7.1 - Le principali evidenze emerse dall’indagine qualitative e quantitativa sul consumatore<br />
La diffusione territoriale<br />
dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
I <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
hanno più valore aggiunto<br />
perchè...<br />
I <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> non<br />
hanno più valore aggiunto<br />
perchè...<br />
Prezzo dei <strong>prodotti</strong><br />
a D.O.<br />
Probabilità di acquisto<br />
dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in<br />
futuro attese dei consumatori<br />
Attese dei consumatori<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
152<br />
Settore carne fresca Settore ortofrutta<br />
- conoscenza leggermente più elevata nelle aree di<br />
provenienza delle singole tipologie di carni<br />
- sono carni soggette ad un maggiore controllo<br />
- sono carni 100% italiane<br />
- sono carni di cui si conosce l'esatta provenienza<br />
geografica<br />
- tutte le carni subiscono controlli<br />
- è sufficiente sapere che sono carni italiane<br />
- La carne è giudicata in base al sapore<br />
- non sono emerse particolari indicazioni<br />
- buona propensione all'acquisto futuro<br />
- il grado di conoscenza, circoscritto oppure diffuso, è, naturalmente,<br />
collegato alla diffusione nazionale o locale dei <strong>prodotti</strong><br />
- danno maggiore garanzia di controllo<br />
- sono <strong>prodotti</strong> di cui si conosce l'esatta provenienza geografica<br />
- sono <strong>prodotti</strong> italiani<br />
- tutti i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli subiscono controlli<br />
- è sufficiente sapere che sono <strong>prodotti</strong> italiani<br />
- L'ortofrutta è giudicata in base agli aspetti organolettici<br />
(sapore, freschezza)<br />
- da un lato, il prezzo potrebbe essere leggermente superiore,<br />
viste le maggiori garanzie di qualità, tuttavia, trattandosi di un<br />
vantaggio anche per i produttori, per via della tutela contro<br />
i falsi, il secondo i partecipanti ai focus group il prezzo<br />
dovrebbe risultare invariato<br />
- buona propensione all'acquisto futuro<br />
- emerge, per entrambi i comparti, un forte bisogno informativo, che faccia chiarezza sulle caratteristiche dei singoli<br />
marchi e dei <strong>prodotti</strong> ad essi correlati<br />
- i partecipanti ai focus parlano di una campagna autorevole (Mipaf), con forte orientamento informativo, declinata<br />
sui vari mezzi,<br />
compresa la comunicazione in store, e continuativa nel tempo ("... la fiducia si conquista col tempo")<br />
- esposizione in punto vendita che non "ghettizzi" i <strong>prodotti</strong> in<br />
una zona isolata<br />
dotti ortofrutticoli dall’altro. Si tratta, del resto, di <strong>prodotti</strong> entrambi appartenenti<br />
al comparto del fresco, per i quali assumono particolare rilevanza le caratteristiche<br />
(come l’aspetto estetico) che consentono di valutare in modo rapido la buona<br />
conservazione del prodotto.<br />
Nel caso dell’ortofrutta, ad esempio, emerge dai focus group come la pianificazione<br />
di acquisto possa essere modificata qualora lo specifico prodotto desiderato<br />
non evidenzi, sul punto vendita, un aspetto compatibile con lo standard<br />
atteso.<br />
In linea generale, il consumatore riconosce un valore al marchio, ma vuole<br />
comunque essere giudice ultimo di ciò che acquista, attribuendo, quindi, particolare<br />
importanza agli aspetti valutabili autonomamente (es: colore, freschezza,<br />
sapore…). Nello stesso tempo, tuttavia, le crisi alimentari più recenti hanno pro-
Tabella 7.2 - Le principali evidenze emerse dall’indagine sul trade<br />
Presenza di <strong>prodotti</strong> italiani<br />
Presenza di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong><br />
e <strong>IGP</strong><br />
Modalità di esposizione dei<br />
<strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
Ostacoli alla vendita<br />
di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>: percezione<br />
Altri <strong>prodotti</strong> di qualità<br />
presenti nel punto vendita<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade.<br />
Carne fresca Ortofrutta Iper+Super Tradizionali e Superette<br />
- i <strong>prodotti</strong> a filiera 100%<br />
italiana costituiscono metà<br />
dell'assortimento<br />
- la carne di provenienza<br />
100% estera svolge invece<br />
un ruolo minore<br />
- il 56,8% dei punti vendita<br />
ha in assortimento almeno<br />
una delle due carni <strong>IGP</strong><br />
italiane<br />
- esposizione in etichetta<br />
del marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
- price premium troppo<br />
elevato<br />
- scarsa conoscenza del<br />
prodotto da parte del<br />
consumatore<br />
- 24% aumento, 14%<br />
diminuzione, 54% stabiltà,<br />
8% non so<br />
- 34% aumento, 3%<br />
diminuzione, 55% stabilità,<br />
8% non so<br />
- carne fresca a marchio<br />
regionale<br />
- carne fresca private label<br />
- carne di provenienza locale<br />
- prevalenza di <strong>prodotti</strong><br />
italiani nell'assortimento<br />
- dall'estero proviene<br />
soprattutto l'ortofrutta<br />
tropicale<br />
- l'85% dei punti vendita ha<br />
in assortimento almeno un<br />
prodotto ortofrutticolo <strong>DOP</strong>-<br />
<strong>IGP</strong><br />
- scarso ricorso a<br />
differenziazioni espositive, a<br />
volte marchio sul contenitore<br />
(cesta o cassetta)<br />
- price premium troppo<br />
elevato<br />
- scarsa conoscenza del<br />
prodotto da parte del<br />
consumatore<br />
- 25% aumento, 17%<br />
diminuzione, 53 stabilità,<br />
5 non so<br />
- 30% aumento, 12%<br />
diminuzione, 48% stabilità,<br />
10% non so<br />
- altra ortofrutta "di qualità"<br />
- ortofrutta a private label<br />
- ortofrutta biologica<br />
- canale più orientato della<br />
media all'offerta di <strong>prodotti</strong><br />
di provenienza estera<br />
- la maggioranza dei punti<br />
vendita ha in assortimento<br />
almeno una delle due carni<br />
<strong>IGP</strong><br />
- l'85% circa dei punti vendita<br />
ha in assortimento ortofrutta<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
- carne: esposizione in<br />
etichetta del marchio <strong>DOP</strong><br />
o <strong>IGP</strong> associata ad altri<br />
strumenti di evidenziazione,<br />
come la cartellonistica<br />
- scarsa notorietà e prezzi<br />
troppo alti<br />
- nel 2005 vendite<br />
tendenzialmente stabili,<br />
in leggera crescita per i<br />
supermercati<br />
- per il 2006 previsioni più<br />
ottimistiche<br />
- carne fresca a private label<br />
- assortimento di ortofrutta<br />
biologica superiode alla<br />
media nel formato<br />
ipermercato<br />
- politica assortimentale<br />
indirizzata soprattutto<br />
ai <strong>prodotti</strong> 100% Italiani<br />
- la maggioranza dei punti<br />
vendita ha in assortimento<br />
almeno una delle due carni<br />
<strong>IGP</strong><br />
- più dell'80% dei punti<br />
vendita ha in assortimento<br />
ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
- carne: esposizione in<br />
etichetta del marchio <strong>DOP</strong> o<br />
<strong>IGP</strong>. Per il dettaglio utilizzo<br />
anche di espositori dedicati<br />
- prezzi troppo alti<br />
- nel 2005 vendite<br />
tendenzialmente stabili, con<br />
più difficoltà per il dettaglio<br />
- per il 2006 previsioni<br />
tendenzialmente stabili<br />
- carne fresca a marchio<br />
regionale e di provenienza<br />
locale<br />
- quota elevata di altra<br />
ortofrutta di qualità<br />
vocato un aumento della sensibilità nei confronti della provenienza italiana dei<br />
<strong>prodotti</strong> e dei controlli igienico-sanitari (cfr. figura 7.1. 67 )<br />
Un altro elemento importante da prendere in considerazione è la relazione tra<br />
i fattori “teorici” che caratterizzano la qualità dei <strong>prodotti</strong> e le concrete determinanti<br />
che innescano la decisione d’acquisto.<br />
Ad esempio, la comodità dell’acquisto può comunque prevalere su alcuni ele-<br />
153
154<br />
menti della “perfezione” attesa del prodotto. Ciò emerge, ad esempio, nel caso<br />
della verdura preconfezionata, per la quale i partecipanti ai focus group hanno<br />
chiaramente indicato la propensione all’acquisto nonostante un vissuto qualitativo<br />
inferiore a quello del prodotto sfuso 68 .<br />
In altri casi, ad esempio in periodi di crisi dei consumi, il prodotto di qualità<br />
può risultare concettualmente rilevante, ma l’importanza attribuita al prezzo tende,<br />
al momento dell’acquisto, a porre gli altri fattori nettamente in secondo piano.<br />
Figura 7.1 - Determinanti di acquisto ed elementi del concetto di qualità a confronto (scala 0-10, media<br />
delle risposte fornite)<br />
Caratteristiche<br />
organolettiche<br />
Origine<br />
Sicurezza<br />
Prezzo<br />
/Promozione<br />
Aspetto<br />
estetico<br />
Marchi<br />
Sicurezza<br />
Caratteristiche<br />
organolettiche<br />
Origine<br />
Aspetto<br />
estetico<br />
Marchi<br />
Determinanti acquisto carne<br />
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
7,140<br />
8,032<br />
7,267<br />
9,190<br />
8,911<br />
8,763<br />
8,591<br />
8,185<br />
8,839<br />
8,620<br />
8,264<br />
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10<br />
Aspetto<br />
estetico<br />
Origine<br />
Caratteristiche<br />
organolettiche<br />
Prezzo<br />
/Promozione<br />
Marchi<br />
Sicurezza n.d.<br />
Caratteristiche<br />
organolettiche<br />
Sicurezza<br />
Aspetto<br />
estetico<br />
Origine<br />
Marchi<br />
Determinanti acquisto ortofrutta<br />
In generale, la mancanza di informazioni e di evidenziazioni sul punto vendita<br />
limita la possibilità per il consumatore di riscontrare l’effettiva presenza dei<br />
parametri qualitativi desiderati al di là di quelli immediatamente percepibili, e lo<br />
porta quindi a delegare, in tutto o in parte, la selezione all’insegna distributiva.<br />
Comodità, controlli-garanzie di qualità e varietà dell’offerta, a cui si aggiunge<br />
naturalmente la convenienza, sono le caratteristiche che concorrono a determinare<br />
la scelta di ipermercati e supermercati come principali punti di acquisto.<br />
6,537<br />
9,183<br />
9,008<br />
8,927<br />
8,543<br />
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10<br />
Elementi del concetto di “carne di qualità” Elementi del concetto di “ortofrutta di qualità”<br />
6,489<br />
9,353<br />
9,336<br />
9,030<br />
8,765<br />
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Per quanto riguarda i <strong>prodotti</strong> a D.O., i risultati dell’indagine (consumatore e<br />
trade) evidenziano ancora una conoscenza dei <strong>prodotti</strong> a marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
piuttosto superficiale: a fronte di un’elevata percentuale di consumatori che dichiara<br />
di avere sentito parlare di tali denominazioni, si riscontra a monte una carenza<br />
informativa sul significato e sul valore delle stesse.<br />
Mediamente, i consumatori più “acculturati” sono di sesso maschile, di età<br />
compresa tra 40 e 49 anni e in possesso di un elevato titolo di studio.<br />
La conoscenza dei <strong>prodotti</strong> a marchio appare relativamente più diffusa, anche<br />
al di là dei confini territoriali di origine, per l’ortofrutta: infatti, la percentuale di<br />
chi ha dichiarato in maniera spontanea di conoscere ortofrutta a marchio è pari al<br />
30,8% del campione, a fronte di un 19,5% rilevato per la carne a D.O. Tuttavia,<br />
proprio per i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli, si riscontra un gap tra la conoscenza dei <strong>prodotti</strong><br />
in quanto tali e la consapevolezza che si tratti di denominazioni di origine.<br />
Sembra, pertanto, a livello generale, che la mancata acquisizione, da parte del<br />
consumatore, di informazioni sufficienti e dettagliate tenda a relegare le denominazioni<br />
di origine ad un ruolo “teorico”, senza calarle organicamente nella realtà<br />
effettiva delle concrete decisioni di acquisto, da un lato, e delle strategie di assortimento,<br />
dall’altro.<br />
Nonostante una consapevolezza piuttosto nebulosa del significato dei marchi,<br />
infatti, nella maggioranza dei casi il consumatore riconosce genericamente ai <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> un maggiore valore aggiunto, che si traduce in termini di maggiori<br />
controlli, rispetto di determinate modalità produttive, garanzie di filiera e di<br />
origine italiana, mantenendo tuttavia una prospettiva “tecnica” che include solo in<br />
misura minore gli altri elementi qualitativi, che caratterizzano in modo altrettanto<br />
rilevante una D.O. (come il legame, anch’esso garantito, con le modalità produttive<br />
tradizionali, i “sapori di un tempo”, ecc.).<br />
Le opinioni del trade confermano la scarsa competenza del consumatore in<br />
fatto di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, aspetto che, insieme al prezzo, genera difficoltà nelle vendite.<br />
Questi elementi si configurano, infatti, come le principali barriere allo sviluppo<br />
del mercato, tanto da determinare in alcuni casi il mancato referenziamento del<br />
prodotto da parte della distribuzione.<br />
Va comunque osservato che, se da un lato i responsabili di negozio e di reparto<br />
rilevano l’importanza dei <strong>prodotti</strong> a D.O. per valorizzare il made in Italy e per rispondere<br />
alle esigenze qualitative del consumatore, dall’altro lato rivelano essi<br />
stessi ampie lacune informative al riguardo, che non possono non tradursi in una<br />
difficoltà a valorizzare i <strong>prodotti</strong> nei confronti del consumatore. E’ indicativo infatti<br />
che, nell’ambito di una specifica domanda rivolta ai responsabili di reparto<br />
della GDO, il 45,3% degli intervistati per le carni, ed il 50% per l’ortofrutta non<br />
abbia saputo rispondere alla domanda sulla rispondenza tra i disciplinari di produzione<br />
delle D.O. ed i criteri di selezione della distribuzione, in buona parte attribuendo<br />
esplicitamente questo fatto alla propria scarsa o nulla conoscenza dei disciplinari.<br />
155
156<br />
La consapevolezza delle proprie carenze informative si traduce, per il consumatore,<br />
nell’esplicitazione di un bisogno di interventi significativi, sia attraverso i media<br />
(soprattutto TV) che in store, volti a fornire indicazioni chiare, dettagliate e, soprattutto,<br />
autorevoli (esigenza particolarmente sentita in un contesto di forte “rumore di fondo”<br />
che rende difficile la selezione dei messaggi effettivamente attendibili).<br />
Tabella 7.3 - Swot analysis<br />
(in base a quanto emerso dai focus-group e dalle indagini quantitative su trade e consumatore)<br />
Punti di forza<br />
- il prodotto <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> è sicuro perché ci sono più controlli<br />
- i marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> garantiscono in merito all'origine 100%<br />
italiana<br />
- i marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> tutelano di più della rintracciabilità perché<br />
garantistcono la provenienza italiana<br />
- il trade ritiene che possa essere utile un riconoscimento di nuove<br />
carni e <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
Opportunità<br />
- il prodotto a marchio <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> è ritenuto utile per valorizzare nel<br />
punto vendita il prodotto italiano rispetto a quello estero<br />
- per la carne, la fornitura di maggiorni informazioni, e in particolare<br />
il fatto di evidenziare il legame con produzioni nazionali di eccellenza<br />
incrementa la propensione di acquisto<br />
- destinare l'ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> al mercato del largo consumo permetterebbe<br />
di rendere il prodotto accessibile a tutti e consentirebbe<br />
una maggiore diffusione nazionale<br />
- destinare l'ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> al mercato di nicchia consentirebbe<br />
di rivolgersi al segmento degli alto-spendenti<br />
Fonte: indagine ISMEA su consumatore e su trade.<br />
MARCHIO <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
7.3 Il settore delle carni fresche: analisi dei risultati<br />
Punti di debolezza<br />
- nel consumatore c'è scarsa conoscenza in merito al significato dei<br />
marchi e alle garanzie da essi offerte<br />
- i consumatori conoscono il prodotto ma non come prodotto<br />
a denominazione di origine (soprattutto nell'ortofrutta)<br />
- i marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> non garantiscono sul sapore del prodotto<br />
- i marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> non svolgono un ruolo prioritario come<br />
determinanti di acquisto o elementi del concetto di qualità<br />
- i prezzi sono troppo elevati e costituiscono una barriera di acquisto<br />
- nei punti vendita non si osserva ancora in modo diffuso una distintività<br />
dell'esposizione per l'ortofrutta a marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
Minacce<br />
- prevalere delle private label e dei singoli marchi aziendali come<br />
"garanti" agli occhi del consumatore<br />
- proliferazione delle garanzie "alternative" relative all'origine e alla<br />
qualità, con il rischio di confondere il consumatore, svuotando i termini<br />
di significato e generando sfiducia<br />
- destinare l'ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> al largo consumo potrebbe<br />
provocare lo svilimento del prodotto<br />
- destinare l'ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> al mercato di nicchia potrebbe provocare<br />
difficoltà di referenziamento nella GDO e vincolare in modo<br />
marcato la crescita dei volumi<br />
7.3.1 La domanda di carne fresca: composizione e criteri di acquisto<br />
I consumatori partecipanti ai focus group hanno dichiarato una frequenza di<br />
consumo di carne pari a 3-4 volte a settimana. Tra le tipologie di carne più consumate,<br />
la preferenza è attribuita alla carne bovina, percepita come affidabile e sicura;<br />
seguono la carne suina, che si caratterizza per il sapore e il gusto intrigante, e
la carne avicola, vissuta positivamente in quanto leggera, ma senza una particolare<br />
personalità.<br />
L’indagine quantitativa conferma questi risultati. Alla domanda su quali tipi di<br />
carne sono appena stati acquistati, si rileva una frequenza di risposte del 66,8%<br />
per la carne bovina, seguita, dal 36,5% della carne suina e dal 29,8% della carne<br />
avicola. In particolare, si rileva una prevalenza della carne bovina al Centro<br />
(79,1%) e al Nord Est (71,4%), e della carne suina al Sud (42,1%).<br />
Figura 7.2 - Le determinanti di acquisto della carne fresca (scala 1 - 7, media delle risposte fornite)<br />
Provenienza italiana<br />
Colore della carne<br />
Avere già assaggiato questo tipo di carne<br />
Conoscenza tipo di allevamento animale<br />
Conoscenza tipo di alimentazione animale<br />
Presenza di offerte<br />
Possibilità di rintracciare il percorso<br />
dalla nascita dell’animale alla vendita<br />
Prezzo<br />
Presenza del marchio dellacatena distributiva<br />
Presenza del marchio aziendale<br />
La presenza del marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
Assenza di grasso<br />
Assenza di sangue<br />
Il fatto che sia biologica<br />
0 1 2 3 4 5 6 7<br />
Base: 600 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
I criteri che guidano la scelta della carne da acquistare fanno riferimento sia<br />
alla provenienza del prodotto che all’aspetto estetico, ma viene data importanza<br />
anche a precedenti esperienze di acquisto positive 69 . Le tre principali determinati<br />
di acquisto emerse sono infatti la provenienza italiana, il colore della carne e il<br />
fatto di avere già assaggiato il tipo di carne acquistato.<br />
L’attenzione all’origine da parte del consumatore è chiaramente percepita anche<br />
dagli operatori del trade, i quali rilevano un’attenzione frequente alla provenienza<br />
non solo nazionale ma anche regionale delle carni fresche da parte dei loro<br />
clienti (32%).<br />
La provenienza della carne offerta influisce anche sulla scelta del luogo di acquisto.<br />
Tra i fattori, emersi dai focus group, che favoriscono la preferenza accordata<br />
al format supermercato per l’acquisto di carni, figurano infatti le maggiori<br />
garanzie offerte dalle GDO in merito alla provenienza del prodotto, esplicitate<br />
nella possibilità di leggere accuratamente l’etichetta e rafforzate dall’idea che la<br />
catena distributiva subisca più controlli del negozio di vicinato.<br />
4,17<br />
5,57<br />
5,52<br />
5,74<br />
5,68<br />
5,93<br />
5,91<br />
5,89<br />
5,86<br />
6,17<br />
6,14<br />
6,61<br />
6,38<br />
6,35<br />
157
158<br />
La rilevanza dell’esperienza di consumo nel determinare la decisione di acquisto<br />
conferisce particolare valore non solo al livello qualitativo dei <strong>prodotti</strong>, ma<br />
anche alla costanza di tale livello nel tempo.<br />
Un’importanza leggermente minore, come determinanti della decisione di acquisto,<br />
rivestono invece i marchi: in particolare, la presenza del marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
appare leggermente più debole sia della presenza del marchio della catena che del<br />
marchio aziendale, specialmente tra i consumatori del Nord Est e del Centro.<br />
Figura 7.3 - Elementi che caratterizzano la carne di qualità (scala 1 – 5)<br />
È sicura dal punto di vista igienico sanitario<br />
Base: 600 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
Ha un buon sapore<br />
Ha un bel colore<br />
È italiana<br />
È una carne tenera<br />
È una carne che non si restringe quando si cuoce<br />
È una carne di cui si conoscono tutti i passaggi della filiera<br />
Possiede il marchio della catena distributiva<br />
È una carne proveniente da un animale allevato allo stato brado/pascolo<br />
Possiede il marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
È una carne compatta con poco grasso<br />
È quella biologica<br />
0 0,5<br />
1 1,5<br />
La carne di qualità:<br />
2 2,5<br />
Chiedendo al consumatore di attribuire un grado di rilevanza numerico ad una<br />
serie di variabili proposte per delineare il concetto “teorico” di qualità per la carne<br />
70 , si ottiene nuovamente la sintesi di tre valori, in ordine d’importanza: sicurezza<br />
(legata soprattutto agli aspetti igienici e ai controlli di routine), aspetti polisensoriali<br />
(sapore, colore, tenerezza) e origine (sia dal punto di vista dell’italianità<br />
che da quello della tracciabilità di filiera). Seguono, in ordine d’importanza, i<br />
marchi.<br />
7.3.2 Le caratteristiche dell’assortimento di carne fresca: tipologie, origine e marchi<br />
L’indagine effettuata sul trade ha, in primo luogo, fotografato la composizione<br />
dell’assortimento di carne fresca per tipi di carni. Si conferma la leadership delle<br />
carni bovine, che mediamente rappresentano (in volume) il 52,9% dell’assortimento,<br />
a fronte del 22,4% osservato per le carni suine e dell’11,9% per le carni<br />
avicole. Questa struttura dell’assortimento risulta simile sia nei punti vendita della<br />
3,23<br />
3 3,5<br />
4,06<br />
4,04<br />
4,40<br />
4,34<br />
4,28<br />
4,24<br />
4 4,5<br />
4,68<br />
4,67<br />
4,57<br />
4,56<br />
4,53<br />
5
distribuzione moderna che nei punti vendita tradizionali.<br />
Secondariamente, è stata valutata la ripartizione (sempre in volume) dell’assortimento<br />
tra carne italiana (carne proveniente da animali nati, allevati e macellati<br />
in Italia) e carne di provenienza estera. In media, più della metà dell’assortimento<br />
(53,2%) è costitutito da carne a filiera 100% italiana, coerentemente con la<br />
richiesta da parte del consumatore di carne nazionale. Il restante 46,8% è costituito<br />
da carne “parzialmente” estera (40,1%), e in particolare da carne proveniente<br />
da animali nati all’estero ma allevati e macellati in Italia (32,1%) e da carne a filiera<br />
100% estera (6,7%).<br />
Figura 7.4 - Presenza di carne italiana e di carne estera in assortimento<br />
(% media su assortimento in volume)<br />
Animali nati e<br />
allevati all'estero<br />
ma macellati in Italia<br />
7,8%<br />
Animali nati all'estero,<br />
ma allevati e<br />
macellati in Italia<br />
32,1%<br />
Base: 125 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade.<br />
Animali nati, allevati e<br />
macellati all'estero<br />
(carni 100% straniere)<br />
6,7%<br />
Animali nati, allevati e<br />
macellati in Italia<br />
(carni 100% italiane)<br />
53,2%<br />
Per quanto riguarda l’origine della carne, emerge una chiara differenza di<br />
orientamento tra la distribuzione “moderna” e la distribuzione “tradizionale”.<br />
Presso gli ipermercati e i supermercati risulta infatti particolarmente significativa<br />
(40,5% negli ipermercati; 43,7% nei supermercati) la quota della carne proveniente<br />
da animali nati all’estero ed allevati e macellati in Italia e di quella a filiera<br />
100% estera (14,2% negli ipermercati e 11,7% nei supermercati). Viceversa, il<br />
dettaglio tradizionale e le piccole superfici di vendita della distribuzione organizzata<br />
(superettes) presentano un assortimento composto prevalentemente da carne<br />
100% italiana (54% per le superettes, 74,5% per le macellerie).<br />
Per quanto riguarda il ruolo dei marchi, si rileva, come prevedibile, un ruolo<br />
significativo, presso la GDO, delle private label (45,3% dei punti vendita), che<br />
capitalizzano la crescente fiducia del consumatore nel trade moderno quale garante<br />
del prodotto, soprattutto fresco.<br />
I negozi specializzati, tradizionalmente veicolo di prodotto unbranded, rivela-<br />
159
160<br />
no una significativa penetrazione delle carni di qualità a marchio regionale (presente<br />
nel 50% dei punti vendita).<br />
7.3.3 Il vissuto delle carni fresche a marchio <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
Il 70,7% del campione di consumatori intervistati ha dichiarato di avere sentito<br />
parlare, in linea generale, dei marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>. La percentuale si ridimensiona<br />
se si focalizza l’attenzione sulla specifica categoria della carne: infatti, la carne<br />
a Denominazione di Origine è conosciuta solo dal 19,5% del campione, percentuale<br />
che sale al 27,6% se si assume come base il totale di coloro che hanno dichiarato<br />
di avere sentito parlare dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
Restringendo ulteriormente l’analisi ed esaminando il ricordo spontaneo di<br />
specifici <strong>prodotti</strong> tra coloro che dichiarano di conoscere le carni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>,<br />
emerge che la maggioranza (63,2%) dimostra di possedere un ricordo attinente.<br />
Figura 7.5 - Ricordo sollecitato di carni fresche <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> (dati in %)<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
% 50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
2,8%<br />
77,3%<br />
19,8%<br />
Vitellone Bianco<br />
dell'Appennino<br />
Centrale <strong>IGP</strong><br />
Base: 600 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
2,2%<br />
61,5%<br />
36,3%<br />
Agnello di<br />
Sardegna <strong>IGP</strong><br />
2,8%<br />
72,7%<br />
24,5%<br />
Gran Suino<br />
Padano <strong>DOP</strong><br />
(in via di riconoscimento)<br />
Non so<br />
Tuttavia, gran parte delle citazioni pertinenti fanno riferimento alla razza<br />
Chianina più che alla Denominazione di Origine a cui questa razza fa riferimento.<br />
La particolare notorietà della razza Chianina è confermata anche dai focus group.<br />
Anche valutando la notorietà assistita, si rileva una scarsa diffusione della<br />
conoscenza delle carni a Denominazione di Origine: l’Agnello di Sardegna <strong>IGP</strong> è<br />
la carne più conosciuta (36,3%) seguita dal Gran Suino Padano <strong>DOP</strong> che tuttavia<br />
presenta soltanto a livello nazionale una tutela transitoria con il 24,5% e dal Vitellone<br />
Bianco dell’Appennino Centrale <strong>IGP</strong> (19,8%).<br />
Alivello territoriale si registra una maggiore conoscenza dell’Agnello di Sardegna<br />
<strong>IGP</strong> al Nord Ovest (49,7%), del Gran Suino Padano <strong>DOP</strong> al Nord Est<br />
No<br />
Si
Figura 7.6 - Conoscenza dei <strong>prodotti</strong> a Denominazione di Origine vs. conoscenza carni<br />
a D.O. (dati in %)<br />
% Conoscenza carni fresche <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
40 50<br />
50<br />
60 70 80 90 100<br />
45<br />
40<br />
consumatori<br />
più acculturati<br />
Lic.elem.<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
c = componenti<br />
>70 anni<br />
>5 c<br />
consumatori<br />
meno acculturati<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
Centro<br />
4 c.<br />
50-59<br />
30-39 Sup<br />
3 c<br />
Inf<br />
N-E<br />
40-49<br />
Sud<br />
2 c N-O<br />
18-29<br />
1 c<br />
M<br />
F<br />
60-69<br />
% Conoscenza <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
Laurea<br />
(35,7%) e del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale <strong>IGP</strong> al Centro (27,0%).<br />
Il target di consumatori con una maggiore conoscenza dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e<br />
<strong>IGP</strong> e delle carni a marchio è costituito da adulti di età compresa tra i 30 e i 59<br />
anni, prevalentemente di sesso maschile, conviventi, con famiglie composte mediamente<br />
da 3 persone, e con un titolo di studio elevato.<br />
In particolare, è proprio il titolo di studio a discriminare maggiormente il livello<br />
di conoscenza: sia in riferimento ai <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> in generale che in riferimento<br />
alle carni a marchio: sono sempre i consumatori in possesso di laurea a<br />
registrare un maggior livello di competenza.<br />
La conoscenza delle denominazioni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, tuttavia, non corrisponde necessariamente<br />
alla consapevolezza delle implicazioni, in termini di garanzie, dei<br />
marchi stessi. Dall’analisi dei focus group, emerge infatti, come evidenziato anche<br />
da precedenti indagini Ismea, poca chiarezza di informazione sia sul significato<br />
degli acronimi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> sia sugli aspetti che tali marchi tutelano.<br />
In linea generale il marchio di origine viene prevalentemente percepito dal<br />
consumatore come una sorta di “carta di identità” dell’animale, di cui si conosce<br />
la provenienza e si presume sia soggetto a particolari controlli.<br />
Nonostante la scarsa conoscenza dei dettagli, la percezione prevalente del consumatore<br />
sulla carne <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> è che questa possegga un maggiore valore aggiunto<br />
rispetto alle altre. Questa, infatti, è l’opinone espressa dal 70% del campione<br />
intervistato nell’indagine quantitativa, di nuovo con una maggiore intensità<br />
presso i consumatori adulti (40-49 anni; 77%) ed i laureati (79,8%).<br />
Si rileva una certa omogeneità, a livello geografico, tra le opinioni rilevate sul-<br />
161
162<br />
Figura 7.7 - Opinione su un eventuale maggiore valore aggiunto offerto delle carni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> (dati in %)<br />
Sono <strong>prodotti</strong> soggetti ad<br />
un maggiore controllo<br />
So che sono 100% italiani<br />
Sono <strong>prodotti</strong> di cui si conosce<br />
l'esatta provenienza geografica<br />
La carne ha un sapore migliore<br />
Sono allevati con maggiore cura<br />
Grazie ai marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> diventano<br />
<strong>prodotti</strong> con una ritracciabilità garantita<br />
Sono di qualità più elevata<br />
So che sono <strong>prodotti</strong> autentici<br />
e non contraffatti<br />
Sono <strong>prodotti</strong> sicuri dal punto di vista<br />
igienico sanitario<br />
So che sono allevati nel rispetto di<br />
un disciplinare di produzione<br />
Altro<br />
Non so/nr<br />
Tutte le carni subiscono controlli indipendentemente<br />
dal fatto che sono a marchio <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> o meno<br />
Mi basta sapere che sono italiani e non mi<br />
interessa conoscere l'esatta provenienza geografica<br />
Giudico la carne in base al sapore e non<br />
in base alla zona geografica di provenienza<br />
Le garanzie efficaci sono quelle offerte<br />
dal produttore e/o dal distributore<br />
I marchi <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> non aggiungono<br />
loro una maggiore qualità<br />
Anche delle altre carni conosco la<br />
zona geografica di provenienza<br />
Sono <strong>prodotti</strong> che giudicavo di qualità anche<br />
prima di sapre che erano <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
Altro<br />
Non so/nr<br />
0,7%<br />
2,2%<br />
3,3%<br />
6,4%<br />
5,7%<br />
5,6%<br />
9,8%<br />
9,3%<br />
14,5%<br />
Base: 420 casi per motivazioni SI; 90 casi per motivazioni NO.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
16,7%<br />
16,4%<br />
0 10 20 30 40 50 60<br />
0 10 20 30 40 50<br />
le determinanti di questo valore aggiunto, sebbene si possa comunque evidenziare<br />
come i consumatori del Centro pongano maggiormente l’accento sull’italianità<br />
del prodotto (63,4%) e sulla conoscenza dell’esatta provenienza geografica<br />
(57,3%), piuttosto che sulla presenza di maggiori controlli (31,7%).<br />
Solo un 15% degli intervistati non associa il marchio <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> ad un maggiore<br />
valore aggiunto. Tra questi prevalgono gli intervistati del Sud, quelli con età superiore<br />
ai 60 anni e quelli con un titolo di studio medio-basso.<br />
Per questi consumatori gli unici parametri di giudizio rilevanti sono la provenienza<br />
italiana, ormai nota per tutte le carni e non solo per quelle a marchio (“mi<br />
basta sapere che sono italiane e non mi interessa conoscere l’esatta provenienza<br />
geografica”: 31,1%) e il sapore (“giudico la carne in base al sapore e non alla<br />
provenienza geografica”: 26,7%), mentre considerano indifferente il fatto che le<br />
carni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> subiscano particolari controlli, dal momento che tutte le carni<br />
sono controllate (opinione espressa dal 46,7% di quest’ultimo raggruppamento di<br />
consumatori).<br />
18,1%<br />
16,7%<br />
23,3%<br />
22,2%<br />
33,3%<br />
26,7%<br />
31,1%<br />
41,4%<br />
Motivazione SI<br />
46,7%<br />
52,6%<br />
Motivazione NO
Figura 7.8 - Probabilità di acquisto futuro di carni fresche <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> (dati in %)<br />
Non sono comunque<br />
interessato<br />
5,5%<br />
Poco probabile<br />
8,2%<br />
Abbastanza probabile<br />
37,3%<br />
Base: 600 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
Non so/nr<br />
5,5%<br />
Certo<br />
17,2%<br />
Molto probabile<br />
26,8%<br />
Figura 7.9 - Probabilità di acquisto futuro carne <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> - analisi per titolo di studio - (dati in %)<br />
Base: 594 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
22,6% 25,0% 38,1%<br />
6,0% 4,8%<br />
19,6% 29,2%<br />
È stato successivamente chiesto ai consumatori con quale probabilità, in futuro,<br />
avrebbero acquistato carni <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>. L’81,3% del campione ha manifestato<br />
una tendenziale propensione all’acquisto 71 . In particolare il 17,2% le acquisterebbe<br />
certamente, il 26,8% le acquisterebbe molto probabilmente e il 37,3% li acquisterebbe<br />
abbastanza probabilmente. Tra i restanti consumatori, l’8,2% manifesta<br />
una bassa propensione all’acquisto, mentre il 5% dichiara che comunque non sarebbe<br />
interessato all’acquisto di queste tipologie di carni.<br />
3,6%<br />
34,7% 8,9%<br />
4,1%<br />
3,7%<br />
14,2% 24,6% 42,6% 8,2% 5,5% 4,9%<br />
7,1% 28,6% 32,1% 10,7%<br />
7,1% 14,3%<br />
163
Figura 7.10 - Effetti della maggiore informazione sulla probabilità di acquisto (dati in %)<br />
Non acquisterà carne<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> perché<br />
non interessato<br />
Base: 600 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
164<br />
Totale<br />
Acquisto futuro carne<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> certo<br />
Acquisto futuro carne<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
molto probabile<br />
Acquisto futuro carne<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
abbastanza probabile<br />
Acquisto futuro carne<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
poco probabile<br />
Effetti informazioni su probabilità acquisto<br />
Vitellone bianco dell’Appennino centrale<br />
49,3% 54,2%<br />
65,0% 34,0%<br />
62,7% 35,4%<br />
53,6% 40,6%<br />
8,2% 89,8%<br />
93,3%<br />
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />
%<br />
Effetti informazioni su probabilità acquisto<br />
Gran suino padano <strong>DOP</strong><br />
52,7% 43,7%<br />
66,0% 33,0%<br />
68,3% 31,1%<br />
55,4% 41,5%<br />
14,3% 83,7%<br />
93,3%<br />
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />
%<br />
Aumenterebbe Rimarrebbe stabile<br />
Sottoponendo ai consumatori l’ipotesi di un’eventuale fornitura di maggiori<br />
informazioni in merito alle carni tutelate si ottiene un incremento della probabilità<br />
di acquisto. Nello specifico, si rileva che:<br />
• la conoscenza delle razze comprese nella denominazione del Vitellone Bianco<br />
dell’Appennino Centrale <strong>IGP</strong> determina un incremento della probabilità di acquisto<br />
del prodotto nel 49,3% dei casi; in particolare questa informazione aumenterebbe<br />
la probabilità di acquisto nell’8,2% dei consumatori che si sono dichiarati<br />
poco propensi all’acquisto futuro delle carni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>;<br />
• sapere che i suini con cui si produce il Gran Suino Padano <strong>DOP</strong> sono gli<br />
stessi le cui cosce sono destinate alla produzione tra gli altri del prosciutto di Parma<br />
e del prosciutto San Daniele determina un incremento della probabilità di acquisto<br />
nel 52,7% dei casi; in particolare questa informazione incrementerebbe la<br />
probabilità di acquisto nel 14,3% di consumatori che si sono dichiarati poco propensi<br />
all’acquisto futuro delle carni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>.<br />
Significativi bisogni informativi sono emersi anche nell’ambito dei focus<br />
group. La comunicazione attuale, secondo il consumatore, non valorizza ancora<br />
appieno le carni a marchio. Si avverte infatti l’esigenza di un processo non solo<br />
informativo, ma anche formativo, secondo un percorso che parte dal significato<br />
dell’acronimo dei singoli marchi sino a giungere all’esplicitazione della loro valenza,<br />
(“al banco carni bisogna scrivere <strong>DOP</strong> e indicare cosa significa”).
7.3.4 Le carni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> dal punto di vista del trade<br />
Dall’indagine sul trade emerge che il 56,8% dei punti vendita ha inserito in<br />
assortimento almeno una delle due carni fresche <strong>IGP</strong> (Vitellone Bianco dell’Appennino<br />
Centrale o Agnello di Sardegna). Nello specifico il 45,6% dei punti vendita<br />
presentava in assortimento l’Agnello di Sardegna <strong>IGP</strong> 72 e il 24% il Vitellone<br />
Bianco.<br />
L’Agnello di Sardegna risulta particolarmente presente nella GDO (48%) e soprattutto<br />
nel format ipermercato (53,8%), mentre il Vitellone Bianco dell’Appennino<br />
Centrale è più diffuso nelle macellerie (30%).<br />
Alivello territoriale, emerge una maggiore diffusione dell’Agnello di Sardegna<br />
nei punti vendita del Nord Ovest (57,6%) e del Vitellone Bianco nell’area<br />
Centrale (40%), dato coerente con il diverso grado di notorietà riscontrata a livello<br />
geografico nell’indagine sul consumatore.<br />
Figura 7.11 - Diffusione della carne fresca <strong>IGP</strong> nel trade (dati in %)<br />
0,8%<br />
75,2%<br />
24,0%<br />
Base: 125 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
54,4%<br />
45,6%<br />
Il 54,9% dei responsabili di reparto che ha dichiarato di avere in assortimento<br />
le carni fresche a DO ha scelto di adottare, per questi <strong>prodotti</strong>, una politica di differenziazione<br />
espositiva rispetto alle altri carni.<br />
Ciò si osserva più di frequente presso i punti vendita della GDO (61%) che nel<br />
dettaglio (46,7%) e si concretizza, tuttavia, soprattutto nell’esposizione in etichetta<br />
del marchio a Denominazione di Origine (82,1%).<br />
La scelta della modalità espositiva varia, comunque, al variare della dimensione<br />
del punto vendita. Negli ipermercati si rileva infatti il ricorso a una pluralità di<br />
modalità espositive (tra cui la cartellonistica), mentre nei negozi al dettaglio è elevata<br />
la quota di chi colloca i <strong>prodotti</strong> in espositori dedicati (50%).<br />
165
166<br />
Ai responsabili di reparto è stato successivamente chiesto se, secondo la loro<br />
esperienza, sarebbe utile promuovere e riconoscere nuove tipologie di carne fresca<br />
italiana a Denominazione di Origine.<br />
Figura 7.12 - Motivazioni a sostegno della valorizzazione di nuovi tipi di carne a denominazione<br />
di origine (dati in %)<br />
%<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
75% 74%<br />
Per valorizzare<br />
al meglio la<br />
carne italiana<br />
Per soddisfare<br />
le esigenze di<br />
qualità del<br />
consumatore<br />
Base: 100 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade.<br />
Per far<br />
conoscere<br />
le carni tipiche<br />
di un territorio<br />
53% 51%<br />
Per rispondere<br />
alle esigenze<br />
di sicurezza<br />
alimentare<br />
Per valorizzare<br />
la tipicità<br />
di alcune<br />
razze più rare<br />
Altre<br />
motivazioni<br />
Non so/nr<br />
L’80% degli operatori del trade intervistati si è dichiarato favorevole a questa<br />
eventualità, in quanto, secondo gli stessi, l’aumento della carne riconosciuta consentirebbe<br />
di valorizzare meglio la carne italiana (75%) e soddisferebbe le crescente<br />
esigenza di qualità del consumatore (74%).<br />
Dopo aver sottoposto all’attenzione degli operatori l’elenco delle carni in<br />
attesa di un riconoscimento, è stato chiesto loro per quali di esse sarebbe più<br />
utile la Denominazione di Origine. Il 47,2% del campione vorrebbe vedere riconosciuto<br />
il bovino bianco e rosso del triveneto e il 44,8% il vitellone della<br />
Maremma. Seguono il Gran Suino Padano (27,2%) e il suino Mora Romagnola<br />
(25,6%).<br />
Come prevedibile, i responsabili dei punti vendita sono maggiormente inclini<br />
a valorizzare e riconoscere le carni fresche locali. Infatti al Nord Ovest gli operatori<br />
del trade promuoverebbero soprattutto il bue grasso di Carrù e Moncalvo<br />
(57,6%), al Nord Est il bovino bianco e rosso del triveneto (70%), al Centro il vitellone<br />
della Maremma (73,3%) e al Sud il suino nero siciliano dei Nebrodi<br />
(46,9%).<br />
Coloro che, al contrario, ritengono che non sia utile il riconoscimento di nuove<br />
carni fresche italiane a Denominazione di Origine (15,2%) forniscono come motivazione<br />
la scarsa disponibilità del consumatore a sostenere prezzi più elevati (57,9%),<br />
la limitata consistenza della domanda (21,1%) e il fatto che il consumatore attribui-<br />
29%<br />
3% 3%
Figura 7.13 - Carni da valorizzare con marchio <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> – analisi per area geografica di insediamento<br />
del punto vendita (dati in %)<br />
%<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
Nord-Ovest 70,0% Nord-Est 73,3% Centro Sud e Isole Totale<br />
57,65<br />
Bue grasso di Carrù<br />
e Moncalvo<br />
Bovino bianco e rosso<br />
del triveneto<br />
39,4%<br />
Vitellone della Maremma<br />
Bovino bianco e rosso<br />
del triveneto<br />
Base: 125 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade.<br />
43,3%<br />
Gran Suino Padano<br />
Suino mora romagnola<br />
40,0%<br />
Vitellone della Maremma<br />
Vitellone della Maremma<br />
50,0%<br />
Bovino bianco e rosso<br />
del triveneto<br />
36,7%<br />
sce importanza solo all’italianità e non alla specifica origine del prodotto (15,8%).<br />
In generale, del resto, il prezzo elevato e la scarsa conoscenza da parte del<br />
consumatore sono anche le principali motivazioni che, secondo gli operatori del<br />
trade intervistati, rendono ancora ristretto il mercato di questi <strong>prodotti</strong> in Italia.<br />
Nonostante siano stati sottolineati tali fattori di difficoltà, il 53,5% degli operatori<br />
intervistati ha rilevato, per il 2005, una stabilità delle vendite di carni fresche<br />
a D.O e tra coloro che hanno riscontrato variazioni prevale chi dichiara un<br />
incremento delle vendite (23,9%). In particolare sono soprattutto i supermercati<br />
ad avere sperimentato un buon andamento delle vendite di carni a marchio<br />
(38,1%), mentre maggiori difficoltà sono state registrate nelle macellerie dove il<br />
23,3% degli operatori ha osservato una diminuzione.<br />
A livello geografico, vanno tuttavia segnalati giudizi piuttosto negativi fra gli<br />
operatori del Sud, che per il 44,4% dichiarano un calo del venduto.<br />
Le previsioni relative all’andamento delle vendite per l’anno 2006 rispecchiano<br />
un atteggiamento prudenziale da parte degli operatori, che nel 54,9% dei casi<br />
prospettano una situazione di sostanziale stabilità.<br />
Appare tuttavia significativa anche la quota di coloro che sono portatori di una<br />
valutazione ottimistica. Infatti, il 33,8% dei punti vendita si aspetta un incremento<br />
nelle vendite di carni fresche a D.O, a fronte di un esiguo 2,8% che prevede un calo.<br />
Ai responsabili di reparto della GDO è stato chiesto, infine, se le regole dei<br />
disciplinari di produzione delle carni a marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong> si rispecchino nei<br />
criteri di selezione della grande distribuzione. Solo il 48% degli intervistati ha ri-<br />
Suino cinto senese<br />
46,9%<br />
Suino nero siciliano -<br />
dei Nebrodi<br />
37,5%<br />
34,4%<br />
Carne bovina della<br />
Murgia pugliese<br />
Carne di bufalo campana<br />
47,2%<br />
44,8%<br />
Bovino bianco e rosso<br />
del triveneto<br />
Vitellone della Maremma<br />
27,2%<br />
Gran Suino Padano<br />
167
168<br />
Figura 7.14 - Andamento delle vendite delle carni a marchio nel 2005 e previsioni di vendita per il 2006<br />
(dati in %)<br />
%<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
Andamento vendite carne fresca <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> nel 2005<br />
8,5%<br />
53,5%<br />
14,1%<br />
23,9%<br />
Base: 71 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade.<br />
22,2%<br />
66,7%<br />
11,1%<br />
9,5%<br />
47,6%<br />
4,8%<br />
33,1%<br />
45,4%<br />
18,2%<br />
27,3%<br />
sposto affermativamente, a fronte di un 6,7% che ha risposto di no. La quota rimanente<br />
è costituita da coloro che dichiarano di non conoscere i disciplinari<br />
(18,7%), da coloro che non hanno un’opinione al riguardo (20%) e da coloro che<br />
non conoscono i criteri di selezione e di scelta della fornitura (6,7%).<br />
7.3.5 L’etichettatura obbligatoria e il sistema di rintracciabilità<br />
Le carni fresche sono soggette ad etichettatura obbligatoria. Tuttavia, dai risultati<br />
emersi nei focus group, emerge che l’etichettatura obbligatoria disciplinata<br />
9,1%<br />
3,3%<br />
56,7%<br />
23,3%<br />
16,7%<br />
Totale Ipermercati Supermercati Superettes Macellerie<br />
Previsioni andamento vendite carne fresca <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> nel 2006<br />
8,5% 11,1% 9,5%<br />
10,0%<br />
54,9%<br />
2,8%<br />
44,4% 57,1% 54,5% 56,7%<br />
9,1%<br />
3,3%<br />
33,8% 44,4%<br />
33,3% 36,4% 30,0%<br />
Totale Ipermercati Supermercati Superettes Macellerie<br />
Non so<br />
Stabili<br />
Diminuite<br />
Aumentate<br />
Non so<br />
Stabili<br />
Diminuite<br />
Aumentate
dai regolamenti comunitari non è ancora conosciuta dal consumatore. I partecipanti<br />
intuiscono che con questo termine si possano intendere le “norme comunitarie<br />
per le etichette dei <strong>prodotti</strong>”, che si abbia ache fare con “il simbolo CE “e ancora<br />
che si tratti di “una norma che impone di indicare in etichetta la provenienza,<br />
la rintracciabilità, l’età dell’animale e l’allevamento in cui è cresciuto”. Nella<br />
mente del consumatore, quindi, il concetto risulta associato all’area della rintracciabilità.<br />
Nella fase quantitativa dell’indagine sono state prese in considerazione le informazioni<br />
che attualmente devono essere apposte per legge in etichetta ed è stato<br />
chiesto a consumatori e operatori del trade quali di quelle finora facoltative vorrebbero<br />
diventassero obbligatorie.<br />
Figura 7.15 - Le informazioni da inserire obbligatoriamente in etichetta secondo le opinioni<br />
dei consumatori e del trade (dati in %)<br />
Il tipo di alimentazione adottata<br />
La tecnica di allevamento<br />
L'azienda di nascita<br />
La razza<br />
La categoria del tipo di carne<br />
Il nome dell'allevamento<br />
Il nome del macello<br />
Non so/nr<br />
Altro<br />
2,3%<br />
0,8%<br />
0,8%<br />
0,8%<br />
13,6% 19,0%<br />
0 10 20 30<br />
Consumatore<br />
40<br />
%<br />
Base: 125 casi per trade; 600 casi per consumatore.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade e sul consumatore.<br />
24,8% 29,3%<br />
32,8% 40,0%<br />
52,8%<br />
49,3%<br />
48,8%<br />
44,5%<br />
44,0%<br />
70,5%<br />
73,6%<br />
64,5%<br />
50 60 70 80<br />
Trade<br />
Sia i consumatori che gli operatori del trade vorrebbero vedere apposte obbligatoriamente<br />
in etichetta soprattutto informazioni sul tipo di alimentazione dell’animale<br />
e sulla tecnica di allevamento.<br />
Anche l’argomento “sistemi di rintracciabilità” trova i consumatori piuttosto<br />
impreparati. In fase di focus group si è indagato infatti sulla conoscenza<br />
del consumatore riguardo alla differenza tra “rintracciabilità” e “tracciabilità”.<br />
I risultati mostrano che, pur rimandando entrambi i concetti all’iter che dà ragione<br />
della vita dell’animale, i consumatori non riescono a percepirne le differenze,<br />
anche se, come emerge sia dai focus group che dall’indagine quantitativa,<br />
questo elemento rientra tra i principali fattori che compongono la percezione<br />
di qualità.<br />
169
170<br />
Figura 7.16 - Gli elementi che tutelano il consumatore (dati in %)<br />
La presenza di un sistema<br />
di rintracciabilità<br />
La presenza di una<br />
etichettatura obbligatoria<br />
I consigli del negoziante<br />
Il marchio di garanzia<br />
della catena distributiva<br />
Altro<br />
L'italianità del prodotto<br />
La conoscenza<br />
dell'alimentazione dell'animale<br />
La presenza del marchio a<br />
Denominazione di Origine<br />
La conoscenza della<br />
metodologia di allevamento<br />
0,8%<br />
2,4%<br />
4%<br />
7,2%<br />
7,2%<br />
0 5 10 15 20<br />
%<br />
Base: 125 casi per trade; 600 casi per consumatore.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade e sul consumatore.<br />
9,6%<br />
Il risultato è coerente con quanto emerso nell’indagine sul trade. Secondo il<br />
37,6% degli operatori intervistati, infatti, il sistema di rintracciabilità costituisce<br />
una tutela prioritaria per i consumatori.<br />
Del resto, l’effetto percepito dell’introduzione dell’etichettatura obbligatoria<br />
delle carni e del sistema di rintracciabilità è stato positivo anche in termini di volumi<br />
di vendita per una quota significativa di responsabili di reparto e di negozio<br />
(etichettatura obbligatoria: 70,4%; rintracciabilità: 72%).<br />
7.4 Il settore ortofrutta: analisi dei risultati<br />
14,4%<br />
7.4.1 La domanda di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli<br />
16,8%<br />
37,6%<br />
25 30 35 40<br />
Dalle indagini effettuate sul settore ortofrutta emerge come il processo di acquisto<br />
di frutta e verdura da parte del consumatore sia in prevalenza di tipo programmato<br />
e guidato principalmente dalle seguenti variabili 73 :<br />
- aspetto estetico (inteso in termini di freschezza, colore, compattezza e pulizia<br />
del prodotto),<br />
- provenienza italiana,<br />
- preesistente conoscenza del prodotto.<br />
Tra questi, l’aspetto estetico di frutta e verdura ricopre un ruolo particolar-
Figura 7.17 - Le determinanti di acquisto di frutta e verdura (scala 1-7)<br />
Determinanti Acquisto Frutta<br />
7<br />
6<br />
5<br />
4<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
marca azienda<br />
pre-confez.<br />
BIO<br />
4 5 6 7<br />
Determinanti Acquisto Verdura<br />
Base: 480 casi per la frutta e 431 casi per la verdura.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
marchio catena<br />
Figura 7.18 - Elementi che caratterizzano l’ortofrutta di qualità (scala 1-5)<br />
È un prodotto fresco<br />
Ha un buon sapore<br />
È sicura dal punto di<br />
vista igienico sanitario<br />
È italiana<br />
Ha un bel colore<br />
Possiede il marchio della<br />
catena distributiva<br />
Possiede un marchio<br />
<strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
È quella biologica<br />
Base: 600 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
L‘ortofrutta di qualità:<br />
conoscenza pulizia<br />
sfuso aspetto estetico<br />
italianità<br />
prezzo<br />
offerta/promoz.<br />
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5<br />
mente significativo anche per la capacità, analoga a quella delle offerte promozionali,<br />
di indurre il consumatore ad integrare o sostituire l’acquisto programmato<br />
con scelte d’impulso.<br />
In quest’ambito assume un ruolo importante anche l’indicazione della data di<br />
3,18<br />
3,82<br />
3,78<br />
4,74<br />
4,73<br />
4,8 5<br />
4,37<br />
4,5 1<br />
171
172<br />
confezionamento, collegata, naturalmente, al concetto di freschezza.<br />
I marchi, invece, complessivamente intesi nella loro triplice accezione di private<br />
label, marchio a D.O. e marchio aziendale, assumono un peso relativamente<br />
meno significativo, sia per la frutta che per la verdura, collocandosi, nella scala<br />
quantitativa rilevata, dopo il prezzo e le offerte promozionali.<br />
In particolare, il marchio a D.O. occupa solo la quart’ultima posizione, in ordine<br />
di rilevanza tra le determinanti di acquisto proposte, con un’importanza relativa attribuita<br />
dai consumatori lievemente inferiore a quella assegnata alla private label.<br />
Analizzando questo dato a livello disaggregato sul territorio, emerge una maggiore<br />
importanza attribuita al marchio a D.O. dai consumatori del Sud e del Nord Est ed in<br />
generale una maggiore attenzione al marchio complessivamente inteso (aziendale,<br />
commerciale, a D.O. ed anche biologico) tra gli intervistati di sesso maschile.<br />
Infine, la provenienza da coltivazione biologica occupa tra le determinanti<br />
di acquisto di ortofrutta la posizione di minore importanza. Questo dato è confermato<br />
da una certa sfiducia nei confronti dell’ortofrutta biologica emersa nell’ambito<br />
dell’indagine qualitativa sul consumatore. Nei focus group infatti è stato<br />
sottolineato come i <strong>prodotti</strong> biologici siano acquistati sporadicamente ed in<br />
occasione delle iniziative promozionali, non solo a causa dei prezzi ritenuti<br />
troppo elevati, ma anche a fronte delle scarse certezze sul rispetto dei disciplinari<br />
di produzione.<br />
7.4.1.1 Le informazioni più richieste agli operatori del commercio<br />
Secondo la percezione degli operatori della distribuzione commerciale riguardo<br />
ai criteri di scelta (informazioni più richieste) del consumatore, al primo posto<br />
si pone l’origine italiana del prodotto, seguita dal prezzo e dal binomio<br />
bontà/freschezza.<br />
Figura 7.19 - Le informazioni maggiormente richieste dal consumatore per l’ortofrutta (dati in %)<br />
%<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
56,0%<br />
52,0%<br />
Se il prodotto<br />
è italiano<br />
14,4%<br />
La regione di<br />
provenienza<br />
del prodotto<br />
Base: 125 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade.<br />
8,8%<br />
6,4%<br />
8,8%<br />
Se sono<br />
utilizzati<br />
pesticidi,<br />
anticrittogamic<br />
, etc.<br />
2,4% 2,4%<br />
0,8% 0,8% 0,8%<br />
Se è un<br />
prodotto<br />
biologico<br />
Se il<br />
prodotto è<br />
OGM FREE<br />
Frutta Verdura<br />
19,2% 23,2%<br />
Altro<br />
Non so/nr<br />
4,0%
Dall’analisi dei dati per area si osserva un maggiore interesse per l’italianità al<br />
Centro, mentre il Sud presenta, in corrispondenza di questo item, un interesse inferiore<br />
alla media del campione, controbilanciandolo con una maggiore attenzione,<br />
rispetto alle altre aree geografiche, verso l’eventuale presenza di OGM, l’utilizzo<br />
di pesticidi e l’adozione del metodo biologico.<br />
7.4.2 L’offerta di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli<br />
7.4.2.1 La risposta alla richiesta di italianità<br />
Afronte della richiesta da parte del consumatore di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli<br />
italiani, i punti vendita intervistati mostrano di adottare una politica assortimentale<br />
fortemente volta all’offerta di frutta (78,5%) e verdura (89,5%) proveniente dal<br />
nostro Paese.<br />
Questo orientamento caratterizza in particolare il dettaglio specializzato, che<br />
presenta un’offerta di frutta e verdura di origine italiana pari in media, rispettivamente,<br />
all’84,9% e al 94,8% dell’assortimento in volume di reparto.<br />
L’offerta di frutta estera è composta per una quota significativa di <strong>prodotti</strong> esotici<br />
e tropicali (banane ed ananas in primis), provenienti principalmente da Equador<br />
e Costarica, seguiti dalla categoria degli agrumi.<br />
Tra gli ortaggi prevale l’importazione di insalata (belga soprattutto ma anche<br />
brasiliana, indivia, “iceberg”), seguita da fagiolini, peperoni e pomodori, provenienti<br />
rispettivamente in prevalenza da Francia e Belgio, Marocco, Spagna.<br />
La Spagna in particolare, per entrambe le categorie merceologiche, si prospetta<br />
come il principale competitor dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli italiani, rappresentando<br />
il Paese estero più citato dagli operatori del settore per frutta e verdura, se si<br />
escludono i Paesi di provenienza dei <strong>prodotti</strong> tropicali. Complessivamente, i <strong>prodotti</strong><br />
maggiormente importati dalla Spagna risultano essere le fragole, le arance, i<br />
peperoni, i pomodori e l’insalata “iceberg”.<br />
La Spagna inoltre si configura come interlocutore estero privilegiato della<br />
GDO, che importa ortofrutta (soprattutto verdura) da questo Paese in misura superiore<br />
alla media del campione, mentre l’assortimento del dettaglio specializzato<br />
per la frutta si concentra principalmente sui Paesi dell’area dell’America Latina e<br />
per la verdura diversifica i mercati esteri di provenienza, comprendendo anche<br />
Marocco ed Egitto e, in Europa, Francia e Olanda.<br />
7.4.2.2 L’assortimento di <strong>prodotti</strong> biologici<br />
Coerentemente con l’interesse relativamente modesto dei consumatori per l’origine<br />
biologica dell’ortofrutta emerso dalle indagini effettuate, i punti vendita che<br />
referenziano <strong>prodotti</strong> biologici risultano essere meno della metà del campione per<br />
quanto riguarda la frutta e un poco più di un terzo per la verdura. Sono le grandi<br />
superfici di vendita che in percentuale maggiore dichiarano di avere un’offerta di<br />
<strong>prodotti</strong> bio (78,6% per la frutta e 71,4% per la verdura), coerentemente con la<br />
173
174<br />
maggiore ampiezza assortimentale di questi esercizi commerciali.<br />
Scendendo nello specifico a considerare l’insieme dei soli punti vendita che<br />
hanno in assortimento ortofrutta biologica, si osserva come il peso medio di questa<br />
categoria di <strong>prodotti</strong> sul fatturato dell’intero reparto sia comunque ancora poco<br />
significativo (8,3% per la frutta e 8,0% per la verdura).<br />
Nonostante il maggiore interesse per i <strong>prodotti</strong> bio da parte del consumatore<br />
del Sud, i punti vendita di quest’area geografica sono quelli che in minor percentuale<br />
dichiarano di avere in assortimento questi <strong>prodotti</strong>.<br />
È invece al Nord Ovest che il biologico sembra rivestire un maggiore peso, rispetto<br />
alla media del campione sul fatturato di reparto (11,8% per la frutta e<br />
13,7% per la verdura).<br />
7.4.2.3 L’assortimento di <strong>prodotti</strong> a Denominazione di Origine<br />
I <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine godono, alla luce dell’indagine<br />
condotta, di una copertura territoriale significativa: l’81% dei responsabili<br />
di reparto o di negozio intervistati dichiara infatti di avere in assortimento frutta<br />
e/o verdura a D.O.<br />
Figura 7.20 - Presenza di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine – analisi per canale<br />
distributivo – (dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
Base: 125 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul trade.<br />
6,7%<br />
18,7%<br />
74,7%<br />
10,0%<br />
90,0%<br />
GDO Dettaglio specializzato<br />
Non so<br />
Questa politica assortimentale è adottata soprattutto dal dettaglio specializzato<br />
(90,0%), probabilmente per l’esigenza di differenziare e qualificare la propria offerta<br />
rispetto alla GDO.<br />
In termini di presenza ponderata 74 , in media i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a D.O.<br />
rappresentano il 25% dell’assortimento di frutta e verdura dei punti vendita che<br />
hanno dichiarato di referenziarli, dato che aumenta nel caso del dettaglio specializzato<br />
con una presenza media di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a D.O. pari al 33,2% dell’assortimento<br />
di reparto.<br />
No<br />
Si
Sotto il profilo territoriale, i punti vendita che dichiarano di avere in assortimento<br />
<strong>prodotti</strong> a D.O. sono soprattutto localizzati al Nord Ovest, mentre il Sud<br />
rappresenta un’eccezione interessante perché, pur registrando la numerica più<br />
bassa di punti vendita trattanti, in questi il peso sull’assortimento di ortofrutta dei<br />
<strong>prodotti</strong> a D.O. è maggiore rispetto al dato medio del campione.<br />
7.4.3 I <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine<br />
7.4.3.1 La conoscenza dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine<br />
La conoscenza “generica” dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> risulta abbastanza diffusa tra i<br />
consumatori, che in una percentuale pari al 73% dichiarano di averne già sentito parlare.<br />
La percentuale risulta massima al Nord Ovest (84,1%), e minima al Centro (59,1%).<br />
Figura 7.21 - Conoscenza dei <strong>prodotti</strong> a Denominazione di Origine ed in particolare di ortofrutta a D.O.<br />
(dati in %)<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
4,3%<br />
22,7%<br />
73,0%<br />
Conoscenza <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
Base: 438 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
9,8%<br />
47,9%<br />
42,2%<br />
Conoscenza ortofrutta<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
Non so<br />
Tuttavia, quando è stata posta a questo 73% dei rispondenti una domanda più<br />
circostanziata relativa alla conoscenza di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione<br />
di Origine, meno della metà degli intervistati (42,2%) ha risposto affermativamente,<br />
con un dato inferiore alla media emerso proprio al Nord Ovest (23,5%). Quest’ultimo<br />
dato potrebbe essere attribuito ad una diffusa conoscenza in queste aree di<br />
<strong>prodotti</strong> a Denominazione di Origine appartenenti a categorie merceologiche diverse<br />
dall’ortofrutta ed in particolare relative al settore salumi e formaggi.<br />
Approfondendo l’analisi, è possibile individuare il profilo di coloro che possono<br />
essere definiti i maggiori conoscitori dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> in generale e contemporaneamente<br />
anche dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine:<br />
analogamente a quanto emerso per le carni, si delinea in questo caso l’immagine<br />
di un consumatore di età compresa tra i 40 e i 49 anni, di sesso maschile e con un<br />
titolo di studio di livello elevato (laurea).<br />
No<br />
Si<br />
175
176<br />
Figura 7.22 - Conoscenza dei <strong>prodotti</strong> a Denominazione di Origine vs conoscenza di ortofrutta a D.O.<br />
(dati in %)<br />
% conoscenza <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
40,0 45,0 50,0 55,0 60,0 65,0 70,0 75,0 80,0 85,0 90,0<br />
45,0<br />
40,0<br />
35,0<br />
30,0<br />
18-29 >70<br />
Centro<br />
N-E<br />
4 c<br />
Sud<br />
>5 c<br />
F<br />
laurea<br />
40-49<br />
consumatori<br />
M<br />
più acculturati<br />
30-39 3<br />
diploma<br />
50-59<br />
25,0<br />
20,0 Licenza Elem.<br />
media 1 c<br />
2 c<br />
60-69<br />
15,0<br />
N-O<br />
10,0<br />
5,0<br />
0,0<br />
consumatori<br />
meno acculturati<br />
c = componenti<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
% conoscenza <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
Tra coloro che dimostrano di conoscere in misura inferiore alla media del<br />
campione i <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>, ed in particolare la categoria ortofrutta, vi sono i<br />
consumatori con licenza elementare o media, le famiglie monocomponenti e i residenti<br />
nell’Italia centrale.<br />
Va comunque sottolineato, come avveniva anche per le carni, che a fungere da<br />
forte discriminante tra i conoscitori e i non conoscitori di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a<br />
D.O. sia il titolo di studio.<br />
Figura 7.23 - Citazioni spontanee corrette dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine (dati in %)<br />
Pomodori di Pachino<br />
Arance Rosse di Sicilia<br />
Mele Val di Non<br />
Limone di Sorrento<br />
Pomodori di San Marzano<br />
Radicchio Trevigiano<br />
Mele Alto Adige<br />
Carciofi Romani<br />
Basilico Genovese<br />
Lenticchie di Castelluccio<br />
Castagna di Montella<br />
Cappero di Pantelleria<br />
Asparagi di Altedo<br />
Pesche di Romagna<br />
Carciofo di Paestum<br />
1,6%<br />
1,1%<br />
1,1%<br />
1,1%<br />
1,1%<br />
0,5%<br />
0,5%<br />
Base: 185 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
3,8%<br />
3,2%<br />
3,2%<br />
2,7%<br />
4,9%<br />
9,2%<br />
8,6%<br />
10,8%<br />
0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,1 0,12
Si è voluto quindi proseguire nell’indagine analizzando il ricordo spontaneo e<br />
successivamente sollecitato da parte dei consumatori di specifici <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>.<br />
Più della metà (55,7%) dei consumatori che avevano affermato di conoscere<br />
frutta e/o verdura a D.O. ha saputo fornire una citazione spontanea corretta di un<br />
prodotto ortofrutticolo a Denominazione di Origine.<br />
In particolare il prodotto più citato è stato il pomodoro di Pachino (10,8%), seguito<br />
da arance Rosse di Sicilia (9,2%) e mela Val di Non (8,6%), <strong>prodotti</strong> che tuttavia godono<br />
di una diffusione nazionale, anche preesistente al riconoscimento comunitario.<br />
Sono in particolare i consumatori del Sud e delle Isole a dimostrare la maggio-<br />
Figura 7.24 - Ricordo sollecitato dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine (dati in %)<br />
Arancia rossa Sicilia<br />
Pomodoro di San Marzano<br />
Radicchio rosso di Treviso<br />
Mela Val di Non<br />
Pomodoro di Pachino<br />
Limone di Sorrento<br />
Basilico Genovese<br />
Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel<br />
Oliva ascolana del piceno<br />
Clementine di Calabria<br />
Carciofo romanesco del Lazio<br />
Cappero di Pantelleria<br />
Limone costa d'Amalfi<br />
Lenticchia di Castelluccio di Norcia<br />
Pesca nettarina di Romagna<br />
Nocciola del Piemonte<br />
Radicchio variegato di Castelfranco<br />
Ciliegia di Marostica<br />
Riso nano vialone Veronese<br />
Fico d'India dell'Etna<br />
Pera dell'Emilia Romagna<br />
Scalogno di Romagna<br />
Kiwi di Latina<br />
Clementine del Golfo di Taranto<br />
Uva da Tavola di Canicattì<br />
Zafferano dell'Aquila<br />
Farro della Garfagnana<br />
Pera Mantovana<br />
Carciofo di Paestum<br />
Castagna di Montella<br />
Asparago verde di Altedo<br />
Fagiolo di lamon della vallata bellunese<br />
Farina di Neccio della Garfagnana<br />
Zafferano di San Geminiano<br />
Uva da tavola di Mazzarrone<br />
Nocciola di Giffoni<br />
Castagna del Monte Amiata<br />
Marrone del Mugello<br />
Peperone di Senise<br />
Fungo di Borgotaro<br />
Fagiolo di Sorana<br />
Asparago bianco di Cimadolmo<br />
Marrone di Castel del Rio<br />
Marrone di San Zeno<br />
Fagiolo di Sarconi<br />
La bella della Daunia<br />
Nocellara del Belice<br />
Base: 591 casi.<br />
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.<br />
48,6%<br />
44,0%<br />
43,3%<br />
43,3%<br />
40,6%<br />
36,7%<br />
33,3%<br />
31,3%<br />
29,3%<br />
27,6%<br />
26,1%<br />
25,0%<br />
23,2%<br />
22,2%<br />
20,6%<br />
20,6%<br />
20,0%<br />
16,9%<br />
16,4%<br />
14,4%<br />
13,9%<br />
12,5%<br />
12,4%<br />
11,5%<br />
10,8%<br />
9,8%<br />
9,6%<br />
9,6%<br />
9,6%<br />
8,1%<br />
7,6%<br />
7,6%<br />
7,3%<br />
6,8%<br />
5,8%<br />
5,1%<br />
4,9%<br />
4,7%<br />
4,2%<br />
0 10 20 30 40 50<br />
%<br />
61,4%<br />
59,2%<br />
77,5%<br />
71,9%<br />
70,4%<br />
68,9%<br />
67,7%<br />
87,3%<br />
60 70 80 90 100<br />
177
178<br />
re padronanza in materia, con un ricordo spontaneo corretto nel 71,8% dei rispondenti<br />
che avevano dichiarato di conoscere ortofrutta a D.O., citando soprattutto<br />
<strong>prodotti</strong> autoctoni come il pomodoro di Pachino e le arance rosse di Sicilia.<br />
Ancora una volta, invece, i consumatori del Nord Ovest evidenziano la minore conoscenza<br />
di questi <strong>prodotti</strong>, registrando la percentuale più alta di citazioni errate o mancanti.<br />
Alivello sollecitato, invece, i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a D.O. più conosciuti<br />
sono risultati l’arancia rossa di Sicilia (87,3%), il pomodoro San Marzano<br />
(77,5%) e il radicchio rosso di Treviso (71,9%), seguito a breve distanza dalla<br />
mela Val di Non (70,4%), mentre tra i <strong>prodotti</strong> meno citati si rilevano la Nocel-<br />
Figura 7.25 - Diffusione territoriale e conoscenza di ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> – analisi per area geografica –<br />
(% di punti vendita; % di consumatori)<br />
%<br />
%<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
Diffusione nel trade<br />
Conoscenza del consumatore<br />
Arancia rossa Sicilia<br />
Basilico Genovese<br />
Cappero di Pantelleria<br />
Mela Alto Adige<br />
Mela Val di Non<br />
Pomodoro di Pachino<br />
Pomodoro di San Marzano<br />
Base: 106 casi per il trade, 591 per il consumatore.<br />
Fonte: indagine Ismea sul consumatore e sul trade.<br />
.<br />
Radicchio rosso di Treviso<br />
Asparago verde di Altedo<br />
Castagna del Monte Amiata<br />
Castagna di Montella<br />
Ciliegia di Marostica<br />
Fagiolo di lamon della<br />
vallata bellunese<br />
Farro della Garfagnana<br />
lenticchia di Castellucchio<br />
di Norcia<br />
Marrone del Mugello<br />
Nocciola di Giffoni<br />
Nord ovest<br />
Nord est<br />
Centro<br />
Sud e isole
lara del Belice, la Bella della Daunia e il fagiolo di Sarconi.<br />
Analizzando più approfonditamente il grado di conoscenza dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli<br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> per ciascuna area geografica, si osserva come vi siano sostanzialmente<br />
due categorie di <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a D.O.<br />
Del primo gruppo fanno parte frutta e verdura a diffusione nazionale, come arance<br />
rosse di Sicilia, pomodoro di Pachino e di San Marzano, mela Val di Non e Alto Adige,<br />
radicchio rosso di Treviso, cappero di Pantelleria, basilico genovese. Nel caso di<br />
questi <strong>prodotti</strong>, il grado di conoscenza del consumatore e la composizione dell’assortimento<br />
dei punti vendita sono pressoché omogenei su tutto il territorio nazionale.<br />
Un discorso a parte vale per i restanti <strong>prodotti</strong>, che sono per lo più conosciuti<br />
dai consumatori residenti nelle aree geografiche di produzione e che sono referenziati<br />
principalmente nei punti vendita “locali”.<br />
Ad esempio, ciliegia di Marostica, asparago verde di Altedo e fagiolo di Lamon<br />
della vallata bellunese sono conosciuti soprattutto dai consumatori del Nord Est e presenti<br />
negli assortimenti della stessa area geografica e la stessa considerazione vale per<br />
il Centro con riferimento a <strong>prodotti</strong> quali il farro della Garfagnana, il marrone del Mugello,<br />
la castagna del Monte Amiata e la lenticchia di Castelluccio di Norcia e per il<br />
Sud riguardo alla castagna di Montella e la nocciola di Giffoni.<br />
In generale, comunque, la conoscenza di questi <strong>prodotti</strong>, non è necessariamente<br />
correlata in modo diretto con la consapevolezza nel consumatore del loro<br />
riconoscimento quali marchi a Denominazione di Origine. Questo dato viene<br />
evidenziato sia dall’indagine quantitativa che da quella qualitativa sui consumatori.<br />
Dall’analisi dei dati incrociati tra la percentuale di coloro che affermano di<br />
non conoscere i <strong>prodotti</strong> a Denominazione di Origine e la quota di coloro che sono<br />
stati in grado di indicare, a livello sollecitato, alcuni dei 47 <strong>prodotti</strong> a D.O., si<br />
osserva come coloro che non avevano sentito parlare di <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> in realtà<br />
conoscevano questi <strong>prodotti</strong>, ma semplicemente non li associavano al concetto<br />
di Denominazione di Origine.<br />
A conferma di ciò, dai focus group, è emersa la difficoltà a collocare geograficamente<br />
questi <strong>prodotti</strong> - laddove manca nella denominazione un esplicito riferimento<br />
al territorio - e la generale scarsa conoscenza del marchio <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> che li<br />
accompagna. Nella percezione dei partecipanti ai focus group, infatti, questi <strong>prodotti</strong><br />
potrebbero essere indistintamente “<strong>prodotti</strong> tipici” o “<strong>prodotti</strong> con un marchio<br />
controllato e protetto, unici…” oppure <strong>prodotti</strong> soltanto identificabili per la<br />
provenienza da un determinato territorio.<br />
Tali evidenze fanno supporre un ruolo non particolarmente significativo della<br />
D.O. nel rafforzare la notorietà e il vissuto positivo relativo a determinate tipologie<br />
di prodotto.<br />
Del resto, i partecipanti ai focus group sembrano risultare abbastanza indifferenti<br />
alla presenza su frutta e verdura di marchi a D.O. – proprio perché ritengono<br />
di non essere sufficientemente informati sul loro significato. Tuttavia, essi presentano<br />
una percezione di prodotto certificato abbastanza corretta e cioè quella di “un<br />
179
180<br />
Figura 7.26 - Opinione su un eventuale maggiore valore aggiunto offerto dall’ortofrutta <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong><br />
(dati in %)<br />
Motivazione SI<br />
Sono <strong>prodotti</strong> più sicuri perché<br />
hanno subito maggiori controlli<br />
Sono <strong>prodotti</strong> di cui si conosce<br />
l'esatta provenienza regionale<br />
Sono <strong>prodotti</strong> 100% italiani<br />
Sono <strong>prodotti</strong> di maggiore qualità<br />
Sono <strong>prodotti</strong> coltivati nel rispetto<br />
del disciplinare di produzione<br />
Sono <strong>prodotti</strong> non<br />
modificati geneticamente<br />
Sono <strong>prodotti</strong> non contraffatti<br />
Altro<br />
Non so/nr<br />
Mi basta sapere che sono italiani e non mi interessa<br />
conoscere l'esatta provenienza geografica<br />
Giudico il prodotto dal sapore e non<br />
dalla zona geografica di provenienza<br />
Tutti i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli subiscono controlli<br />
indipendentemente dal fatto che siano a marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong> o meno<br />
Il marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong> non<br />
aggiunge loro una maggiore qualità<br />
Anche degli altri <strong>prodotti</strong> conosco<br />
la zona geografica di provenienza<br />
Le garanzie efficaci sono quelle offerte<br />
dal produttore e/o dal distributore<br />
Altro<br />
Sono <strong>prodotti</strong> che giudicavo di qualità anche<br />
prima di sapere che erano <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong><br />
Non so/nr<br />
0,7%<br />
2,6%<br />
12,7%<br />
10,8%<br />
0 10 20<br />
18,7%<br />
prodotto controllato e di cui è sicura la provenienza territoriale”.<br />
Un altro fattore rilevante, emerso sempre dai focus group, è quello che attiene<br />
ad un concetto di “qualità a tutto tondo”, fatta di garanzie ma anche di aspetti<br />
piacevoli, percepibili con i sensi. Sempre secondo quanto emerso dai focus group,<br />
infatti, il fatto che il prodotto sia <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>, da solo, non è sufficiente ad indurre<br />
all’acquisto il consumatore, che in ogni caso vuole essere il giudice ultimo, sul<br />
piano organolettico e polisensoriale, della qualità di questi alimenti (“…deve piacermi,<br />
se mi dà fiducia lo prendo anche senza marchio…”). Come per la carne, si<br />
conferma dunque anche in quest’ambito l’importanza di un’esperienza di acquisto<br />
e di consumo positiva e, naturalmente, costante nel tempo.<br />
Sembra quasi che il marchio <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong>, la cui esistenza è pur nota ai consumatori,<br />
rimanga un concetto ancora generico, che non è ancora stato “riempito” di<br />
tutti i suoi significati specifici, tanto più importanti in quanto, in realtà, attinenti<br />
proprio alle categorie che compongono il concetto di qualità dal punto di vista<br />
% 30 40 50<br />
Motivazione NO<br />
0 5 10 15 20<br />
%<br />
Base: 417 casi per motivazioni SI; 124 casi per motivazione NO.<br />
0,8%<br />
9,7%<br />
12,1%<br />
16,1%<br />
18,5%<br />
38,8%<br />
48,4%<br />
44,1%<br />
42,0%<br />
25,0%<br />
24,2%<br />
30,6%<br />
37,9%<br />
25 30 35 40
del consumatore (provenienza, filiera, italianità, qualità organolettica legata al rispetto<br />
dei disciplinari di produzione).<br />
Si è scelto, quindi, di chiedere specificamente al consumatore, nell’ambito<br />
dell’indagine quantitativa, quale tipo di valore egli attribuisse spontaneamente ai<br />
<strong>prodotti</strong> a D.O.<br />
Il 69,5% dei consumatori intervistati ritiene che i <strong>prodotti</strong> a Denominazione<br />
di Origine siano caratterizzati da un maggiore valore aggiunto rispetto<br />
ai <strong>prodotti</strong> che non sono oggetto di tutela.<br />
In particolare – come si è già evidenziato in precedenza - per i consumatori sono<br />
soprattutto la maggiore garanzia di controllo e l’esatta conoscenza della provenienza<br />
del prodotto, in particolare italiana, a determinare il valore delle Denominazioni di Origine,<br />
mentre la presenza di un disciplinare di produzione si colloca in quinta posizione.<br />
Di particolare interesse, inoltre, è il fatto che, mentre i consumatori con un minor<br />
titolo di studio indicano principalmente come caratteristica principale la provenienza<br />
italiana, al crescere del livello di istruzione il valore delle Denominazioni di Origine<br />
viene associato alla conoscenza esatta della provenienza regionale, nel caso dei diplomati,<br />
e alla presenza di maggiori controlli, nel caso dei consumatori laureati.<br />
Analizzando in modo comparato gli item che per il consumatore conferiscono<br />
maggiore valore aggiunto ai <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> e la definizione di<br />
ortofrutta di qualità data dagli intervistati, si ha inoltre una conferma del fatto che<br />
un importante elemento che manca a questi <strong>prodotti</strong> tutelati per essere definiti “di<br />
qualità” è un riconoscimento certo e condiviso da parte del consumatore delle loro<br />
superiori caratteristiche organolettiche.<br />
I consumatori che, al contrario, ritengono che i <strong>prodotti</strong> a D.O. non abbiano<br />
nulla in più dei <strong>prodotti</strong> senza marchio <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> (20,7%) motivano la propria<br />
convinzione sostenendo che il loro interesse va esclusivamente alla provenienza italiana<br />
del prodotto oppure alla valutazione personale degli aspetti organolettici. Una<br />
sottogruppo significativo di questi sostiene inoltre che tutti i <strong>prodotti</strong> subiscono controlli,<br />
indipendentemente dalla presenza del marchio a Denominazione di Origine.<br />
Del resto, secondo la percezione del trade, è genericamente la provenienza,<br />
più del marchio di tutela, che sembra garantire i consumatori sulla qualità del prodotto,<br />
convinzione probabilmente generata anche dall’insistere su questo tema da<br />
parte della GDO per le proprie private label di filiera.<br />
7.4.3.2 Un limite alla valorizzazione: le modalità espositive<br />
Il maggiore valore aggiunto che viene riconosciuto da una quota elevata di<br />
consumatori ai <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> non sembra però trovare, in base<br />
alle risposte ottenute dai responsabili di reparto intervistati, evidenza espositiva<br />
nei punti vendita oggetto di indagine.<br />
Il 71,4% degli operatori del commercio intervistati dichiara di non adottare particolari<br />
evidenziazioni espositive per l’ortofrutta a D.O. e anche tra i punti vendita che<br />
operano una qualche differenziazione la modalità più ricorrente (60%) è la semplice<br />
esposizione del marchio sul contenitore del prodotto (cesta o cassetta).<br />
La differenziazione espositiva appare più frequente nei negozi al dettaglio e,<br />
181
182<br />
all’interno della GDO, nel format ipermercato.<br />
Sul tema si sono confrontati anche i consumatori partecipanti ai focus group,<br />
arrivando alla conclusione che i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine<br />
dovrebbero essere disposti in modo da favorire confronti con i <strong>prodotti</strong> non a<br />
marchio, oppure anche raggruppati in un’isola dedicata, ma in ogni caso non dovrebbero<br />
essere esposti in maniera troppo isolata, per evitare il rischio di generare<br />
quella “ghettizzazione” che a loro parere si è già verificata per i <strong>prodotti</strong> biologici.<br />
Gli stessi consumatori suggeriscono anche che i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a D.O. siano<br />
venduti prevalentemente sfusi, per richiamare l’idea di <strong>prodotti</strong> genuini, naturali, artigianali,<br />
eventualmente con l’evidenziazione di un bollino sul singolo prodotto.<br />
Figura 7.27 - Ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> presente in assortimento (% di punti vendita)<br />
Mela Val di Non<br />
Pomodoro di Pachino<br />
Radicchio rosso di Treviso<br />
Arancia rossa di Sicilia<br />
Pera dell'Emilia Romagna<br />
Radicchio Variegato di Castelfranco<br />
Clementine di Calabria<br />
Pesca nettarina di Romagna<br />
Mela Alto Adige<br />
Pomodoro di San Marzano<br />
Limone di Sorrento<br />
Limone Costa d'Amalfi<br />
Carciofo romanesco del Lazio<br />
Basilico genovese<br />
Fico d'India dell'Etna<br />
Kiwi di Latina<br />
Lenticchia di Castelluccio di Norcia<br />
Scalogno di Romagna<br />
Asparago verde di Altedo<br />
Uva da tavola di Mazzarone<br />
Castagna del Monte Amiata<br />
Marrone di Castel del Rio<br />
Uva da tavola di Canicattì<br />
Fagiolo di lamon della vallata Bellunese<br />
Ciliegia di Marostica<br />
Pera Mantovana<br />
Castagna di Montella<br />
Clementine del golfo di Taranto<br />
Nocciola del Piemonte<br />
Asparago bianco di Cimadolm<br />
Carciofo di Paestum<br />
Nocciola di Giffoni<br />
Marrone del Mugello<br />
Cappero di Pantelleria<br />
Oliva ascolana del piceno<br />
Farro della Garfagnana<br />
Riso Nano Vialone Veronese<br />
Fungo di Borgotaro<br />
Peperone di Senise<br />
Zafferano dell'Aquila<br />
Fagiolo di Sorana<br />
Zafferano di San Giminiano<br />
Nocellara del Belice<br />
Farina di neccio della Garfagnana<br />
Nessuno di questi<br />
Marrone di San Zeno<br />
La Bella della Daunia<br />
Fagiolo di Sarconi<br />
1,9%<br />
1,9%<br />
1,9%<br />
0,9%<br />
0,0%<br />
0,0%<br />
0,0%<br />
2,8%<br />
3,8%<br />
4,7%5,7%<br />
9,4%<br />
8,5%<br />
8,5%<br />
8,5%<br />
7,5%<br />
7,5%<br />
6,6%<br />
10,4%<br />
10,4%<br />
13,2%<br />
15,1%<br />
15,1%<br />
15,1%<br />
14,2%<br />
14,2%<br />
16,0%<br />
30,2%<br />
28,5%<br />
22,6%<br />
17,0%<br />
42,5%<br />
42,5%<br />
41,5%<br />
35,8%<br />
34,0%<br />
33,0%<br />
31,1%<br />
46,2%<br />
0 10 20 30 40 50<br />
Base: 106 casi.<br />
Fonte: indagine Ismea sul trade.<br />
%<br />
58,5%<br />
57,5%<br />
57,5%<br />
52,8%<br />
50,0%<br />
74,5% 75,5%<br />
76,5%<br />
86,8%<br />
60 70 80 90 100
7.4.3.3 L’assortimento di <strong>prodotti</strong> a Denominazione di Origine<br />
La composizione dell’assortimento dei punti vendita che referenziano ortofrutta<br />
a D.O. è coerente con le indicazioni di conoscenza fornite dai consumatori.<br />
A godere della maggiore copertura territoriale sono, infatti, la mela Val di Non<br />
(86,8%), il pomodoro di Pachino (76,4%), il radicchio rosso di Treviso (75,5%) e<br />
le arance rosse di Sicilia (74,5%), mentre rimangono esclusi dagli assortimenti degli<br />
operatori intervistati la Bella della Daunia, il fagiolo di Sorana e il marrone di<br />
San Zeno, che risultano essere anche i <strong>prodotti</strong> meno conosciuti dai consumatori.<br />
I punti vendita che non presentano in assortimento <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione<br />
di Origine (15,2%) motivano tale decisione principalmente sostenendo<br />
che si tratta di <strong>prodotti</strong> troppo cari e poco o per niente richiesti dal consumatore.<br />
7.4.4 L’evoluzione del mercato dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione di Origine<br />
Secondo la maggioranza degli operatori del settore (53%), le vendite di ortofrutta<br />
a D.O. sono rimaste stabili nel corso del 2005 rispetto all’anno precedente.<br />
Considerando il dato disaggregato per tipologia di esercizio, si rileva come il<br />
Figura 7.28 - Andamento delle vendite di ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> nel 2005 (dati in %)<br />
Sono rimaste<br />
stabili<br />
53,3%<br />
Base: 105 casi.<br />
Fonte: indagine Ismea sul trade.<br />
Non so/nr<br />
4,8%<br />
Sono aumentate<br />
24,8%<br />
Sono diminuite<br />
17,1%<br />
dettaglio specializzato abbia riscontrato le maggiori difficoltà nella commercializzazione<br />
di questi <strong>prodotti</strong>, con una percentuale più consistente rispetto alla GDO<br />
di operatori che segnala una diminuzione delle vendite di frutta e verdura <strong>DOP</strong>-<br />
<strong>IGP</strong> (28,9%, vs 8,3% della GDO).<br />
Ancora una volta, tra le difficoltà maggiormente riscontrate dagli operatori<br />
si segnala la presenza di prezzi troppo alti rispetto ai <strong>prodotti</strong> non <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> e<br />
la scarsa conoscenza del prodotto da parte del consumatore. Questi elementi,<br />
183
184<br />
come emerge da varie sezioni dell’indagine, rappresentano quindi i vincoli<br />
maggiori alla crescita di mercato dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a Denominazione<br />
di Origine.<br />
Occorre tuttavia sottolineare il fatto che circa un terzo dei rispondenti abbia<br />
dichiarato di non incontrare alcuna particolare difficoltà nella vendita di questi<br />
<strong>prodotti</strong>.<br />
È inoltre elemento di interesse il fatto che quasi la metà degli operatori della<br />
GDO intervistati non rilevino particolari discrepanze tra le regole imposte dai disciplinari<br />
di produzione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> e i criteri di selezione delle insegne<br />
commerciali, anche se è da sottolineare come un quota significativa dei rispondenti<br />
non abbia saputo prendere in merito una posizione perché per nulla o poco<br />
informato sui contenuti dei disciplinari.<br />
Figura 7.29 - Idoneità dei disciplinari delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> ai criteri di selezione della GDO<br />
(dati in %)<br />
Non conosco i criteri di<br />
selezione della GDA<br />
1%<br />
SI<br />
47%<br />
Base: 75 casi.<br />
Fonte: indagine Ismea sul trade.<br />
A proposito della prospettiva di introduzione di nuove Denominazioni di Origine<br />
nel settore ortofrutta, gli operatori della distribuzione si mostrano favorevoli<br />
(68,8%) per la possibilità di valorizzare al meglio l’ortofrutta italiana rispetto a<br />
quella estera (72,1%) e valorizzare al contempo le produzioni locali e regionali<br />
(47,7%).<br />
In ogni caso, secondo il 49,6% degli operatori del trade, le <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> del settore<br />
ortofrutta dovrebbero essere destinate al mercato del largo consumo.<br />
Una diffusione a livello nazionale permetterebbe infatti a questi <strong>prodotti</strong> di aumentare<br />
la loro penetrazione sul territorio e di divenire accessibili a una fascia<br />
ampia della popolazione.<br />
D’altra parte, occorre considerare come un buon 36% dei rispondenti sostenga<br />
che i <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli a D.O. sono più adatti a un mercato di nicchia, proprio<br />
per la loro natura di <strong>prodotti</strong> ricercati e quindi con un prezzo più alto.<br />
NO<br />
3%<br />
Non so/ nr<br />
24%<br />
Non conosco le regole<br />
dei disciplinari<br />
25%
7.4.4.1 Le aspettative di operatori della distribuzione e consumatori per il 2006<br />
Le previsioni sull’andamento delle vendite per il 2006 degli operatori del settore<br />
sono prevalentemente prudenziali (il 47,6% prospetta infatti stabilità), anche<br />
se una buona quota (29,5%) si rivela ottimista in proposito.<br />
Figura 7.30 - Previsione sull’andamento delle vendite di ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> per il 2006<br />
(dati in %)<br />
Rimarranno<br />
stabili<br />
47,6%<br />
Base: 105 casi.<br />
Fonte: indagine Ismea sul trade.<br />
Non so/nr<br />
10,5%<br />
Diminuiranno<br />
12,4%<br />
Aumenteranno<br />
29,5%<br />
Ancora una volta è il dettaglio specializzato ad assumere l’atteggiamento più pessimistico,<br />
coerentemente con le maggiori difficoltà riscontrate per l’anno 2005, mentre<br />
la GDO e in particolare gli ipermercati mostrano i maggiori segnali di ottimismo.<br />
Figura 7.31 - Probabilità di acquisto futuro di ortofrutta a marchio <strong>DOP</strong> o <strong>IGP</strong> (dati in %)<br />
Totale e campione<br />
Non ha sentito parlare<br />
dei <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
Ha sentito parlare<br />
dei <strong>prodotti</strong><br />
<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong><br />
Base: 600 casi.<br />
Fonte: indagine Ismea sul consumatore.<br />
19,5% 21,8% 26,8% 9,0% 14,7% 6,2% 2,0%<br />
15,4% 16,9% 29,4% 14,0% 11,0% 8,1% 5,1%<br />
21,2% 23,7% 25,6% 6,6% 16,0% 5,7% 1,1%<br />
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />
%<br />
Certamente<br />
Molto probabile<br />
Abbastanza probabile<br />
Poco probabile<br />
Li acquisto già<br />
Non sono comunque interessato<br />
Non so/nr<br />
185
186<br />
7.5 Sintesi e conclusioni<br />
I consumatori, del resto, manifestano per la maggior parte (82,8%) una tendenziale<br />
propensione all’acquisto futuro di ortofrutta <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> 75 ,, che risulta più<br />
elevata tra coloro che avevano dichiarato di aver già sentito parlare dei <strong>prodotti</strong> a<br />
D.O. in generale, nelle aree centro-meridionali, tra gli intervistati di sesso maschile<br />
e tra quelli con un elevato titolo di studio.<br />
Dai focus group emerge chiaramente come questa propensione all’acquisto<br />
possa essere sostenuta da una campagna d’informazione, le cui caratteristiche sono<br />
state delineate dai partecipanti con un grado notevole di dettaglio.<br />
Secondo gli stessi, infatti, l’obiettivo di questa campagna dovrebbe essere<br />
quello di formare la consapevolezza dei consumatori circa il significato dei diversi<br />
marchi, il loro valore e la differenza tra essi. Ad essa dovrebbero essere affiancate<br />
una serie di iniziative che facciano conoscere i <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> di ogni<br />
stagione attraverso assaggi presso i punti vendita, possibilmente con una caratterizzazione<br />
regionale, perché la valorizzazione sia diretta ed efficace, e volti a pubblicizzare<br />
il singolo prodotto piuttosto che il marchio in generale, in modo che il<br />
consumatore possa conoscere – e riconoscere sul punto vendita – uno ad uno i<br />
<strong>prodotti</strong> che godono di una D.O.<br />
Gli strumenti proposti per questa campagna informativa sono stati individuati<br />
da partecipanti in:<br />
- spot tv<br />
- comunicazioni su stampa<br />
- brochure informative da spedire a casa o in distribuzione presso i punti vendita,<br />
alcune più dettagliate, altre più sintetiche,<br />
- pubblicità sui mezzi pubblici.<br />
È stata inoltre sottolineata l’importanza di utilizzare messaggi con un’unica<br />
impostazione organica, in modo che sul punto vendita possano essere ritrovati gli<br />
stessi elementi, anche in termini visivi, presenti nella campagna pubblicitaria sui<br />
media, e impostati con un un linguaggio semplice, chiaro, immediato, informale.<br />
L’esigenza di un maggiore impegno in comunicazione emerge peraltro anche<br />
dalle dichiarazioni degli operatori del trade, che evidenziano come ulteriori diffuse<br />
iniziative di promozione e valorizzazione dei marchi possano rimuovere un<br />
vincolo all’ampliamento del mercato dei <strong>prodotti</strong> ortofrutticoli <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>.<br />
Per mettere a fuoco alcune problematiche relative al consumo e alla commercializzazione<br />
di alcuni comparti a D.O., si è scelto di concentrare l’analisi di mercato<br />
su due segmenti chiave del macrosettore degli alimentari freschi: le carni<br />
fresche e l’ortofrutta.<br />
L’analisi è stata condotta con tre diversi strumenti:<br />
- 4 focus group, per l’approfondimento dei vissuti del consumatore<br />
- 1.200 interviste sul punto vendita al momento dell’acquisto, per la “misura-
zione”, tramite un campione rappresentativo della popolazione, di alcuni elementi<br />
chiave emersi nei focus group,<br />
- 250 interviste a responsabili di reparto (per la GD) o di negozio (per la DO e<br />
il dettaglio specializzato), per rilevare il vissuto, relativo ai <strong>prodotti</strong> a D.O., di<br />
queste figure chiave che gestiscono il momento delicato di incontro del consumatore<br />
con il prodotto.<br />
Ciò che accomuna i due comparti analizzati è soprattutto il ruolo ancora significativo,<br />
per quanto soggetto a progressiva erosione da parte di ipermercati e supermercati,<br />
del dettaglio tradizionale (volumi di vendita modesti e conseguente<br />
difficoltà a differenziare la gamma verticalmente, scelta di posizionamento fortemente<br />
correlata alla localizzazione sul territorio, ...).<br />
Ciò può costituire un vincolo alla visibilità, e quindi alla valorizzazione, delle<br />
Denominazioni di Origine, tranne nei casi in cui il dettagliante tradizionale scelga<br />
per il proprio punto vendita un posizionamento complessivo di fascia alta, mediante<br />
l’introduzione in assortimento, e l’evidenziazione, di <strong>prodotti</strong> di alto profilo<br />
qualitativo.<br />
I risultati ottenuti dall’indagine si possono sintetizzare evidenziando, per i <strong>prodotti</strong><br />
a Denominazione di Origine, una dicotomia tra “teoria” e “realtà”.<br />
A livello teorico, si può affermare che il terreno per una crescente diffusione e<br />
valorizzazione di questi <strong>prodotti</strong> è potenzialmente fertile: si avverte infatti, nel<br />
consumatore, un “bisogno” di qualità da intendersi come somma di diverse componenti,<br />
la maggior parte delle quali (sicurezza, origine, aspetti organolettici)<br />
corrisponde all’articolazione del plus offerto dai <strong>prodotti</strong> a <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong> (legame col<br />
territorio, materia prima, modalità di produzione che si traducono in differenze<br />
percepibili anche con i sensi: sapore, profumo...).<br />
A questi fattori rilevanti per le scelte se ne aggiungono tuttavia alcuni altri:<br />
- la necessità di “verificare” la freschezza del prodotto, che comporta da un<br />
lato l’importanza della valutazione visiva soggettiva sul luogo di acquisto e dall’altro<br />
il ruolo rilevante del punto vendita come garante della rotazione, della freschezza<br />
e della “bellezza” dei <strong>prodotti</strong>;<br />
- l’importanza della comodità, che può implicare, nel passaggio dalle aspettative<br />
teoriche all’atto concreto di acquisto, l’accettazione di <strong>prodotti</strong> “second best”<br />
(ad esempio, per le verdure confezionate);<br />
- il ruolo del prezzo e delle iniziative promozionali, che entrano quali fattori<br />
decisionali al momento della scelta. Il prezzo, se correttamente posizionato, può<br />
comunque svolgere anche il ruolo di indicatore di qualità.<br />
Sempre a livello teorico, inoltre, una quota molto elevata di consumatori “ha<br />
sentito parlare” dei <strong>prodotti</strong> <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>, anche se poi, scendendo in particolare in<br />
relazione ai due comparti d’interesse, risulta assai più contenuta la quota di coloro<br />
che sono in grado di citare casi specifici.<br />
Passando, infatti, dalla teoria alla concretezza delle determinanti d’acquisto,<br />
il quadro è in parte diverso:<br />
187
188<br />
- il consumatore conosce alcune denominazioni, ma spesso non le associa al<br />
concetto di <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>, facendo quindi confusione tra razze, varietà e D.O. ad esse<br />
collegate;<br />
- la conoscenza degli stessi acronimi, e a maggior ragione del loro significato<br />
in termini di garanzie, risulta nebulosa;<br />
- in particolare, manca spesso, nel vissuto del consumatore sul prodotto a<br />
D.O., la consapevolezza delle sue superiori caratteristiche organolettiche.<br />
Questo quadro tende a ridimensionare il ruolo della D.O. come fattore di<br />
scelta, rendendola facilmente sostituibile con altri marchi (private label, marchio<br />
aziendale), con la garanzia offerta dal punto vendita e dall’insegna, con le normali<br />
garanzie di legge (per es. i controlli di routine per le carni) e, per alcuni, con la capacità<br />
soggettiva di valutare la validità del prodotto.<br />
Figura 7.32 - Il fattore informazione<br />
Fonte: indagine Ismea.<br />
QUALITA’<br />
“TEORICA”<br />
- origine<br />
- sicurezza<br />
- sapore<br />
- aspetto estetico<br />
DETERMINANTI<br />
D’ACQUISTO<br />
- origine<br />
- sicurezza<br />
- sapore<br />
- prezzo<br />
- comodità<br />
DENOMINAZIONE<br />
DI ORIGINE<br />
- origine<br />
- sicurezza<br />
- ..............<br />
- ..............<br />
Il fattore chiave per il superamento della dicotomia evidenziata risulta essere<br />
l’informazione. In realtà, gli intervistati del trade citano quali ostacoli all’ampliamento<br />
delle vendite di <strong>prodotti</strong> a D.O. non solo la scarsa competenza del consumatore,<br />
ma anche il differenziale di prezzo rispetto alla media. I due fattori sono<br />
tuttavia necessariamente correlati: è infatti la scarsa conoscenza dei plus associati<br />
ad un prodotto che rende difficile accettarne l’eventuale price premium.<br />
Il fattore “informazione” emerge, del resto, come cruciale in tutti e tre i livelli<br />
d’indagine:<br />
- nei focus group, nei quali i partecipanti sono giunti a delineare le caratteristiche<br />
desiderate di una campagna formativa / informativa ideale (canali: TV, mezzi<br />
classici e comunicazione in store; tono: informativo e autorevole; stile: coordina-
to, in modo che i messaggi si rinforzino tra un canale di comunicazione e l’altro,<br />
ad esempio incontrando sul punto vendita i messaggi visti in televisione);<br />
- nelle interviste face to face rivolte ai consumatori, da cui emerge come la<br />
somministrazione di informazioni possa determinare un aumento significativo<br />
della propensione all’acquisto di specifici <strong>prodotti</strong> a D.O.;<br />
- nelle interviste al trade, perché:<br />
• gli operatori contattati sottolineano come limite alla crescita delle D.O.<br />
la mancanza di cultura specifica da parte del consumatore;<br />
• specie nelle superfici medio-piccole, non risulta particolarmente intensa<br />
e /o creativa l’attivazione di strumenti di evidenziazione attualmente messi<br />
in atto per le D.O.<br />
Chiaramente, in un momento in cui la tipicità è molto utilizzata come fattore<br />
di differenziazione, il consumatore si trova esposto ad una pluralità di messaggi,<br />
riguardanti sia <strong>prodotti</strong> genericamente evidenziati come “di qualità” (per origine,<br />
tracciabilità, ecc.), sia denominazioni effettivamente controllate e certificate secondo<br />
i dettami di normative specifiche. In questo quadro, dato anche il numero<br />
elevato e in continua crescita delle denominazioni esistenti, il rischio di confusione<br />
è molto alto.<br />
Le iniziative di informazione mirate e, soprattutto, coordinate, sul significato,<br />
a tutto tondo, della <strong>DOP</strong> e della <strong>IGP</strong>, potrebbero quindi svolgere un ruolo<br />
fondamentale di chiarificazione e semplificazione, ma anche di arricchimento (ad<br />
esempio, riguardo alle garanzie di qualità organolettica) riportando il processo di<br />
selezione condotto dal consumatore sul binario corretto che va dal “logo” “ombrello”<br />
(<strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>) alle sue molteplici declinazioni (valorizzando, quindi, in profondità<br />
anche le singole denominazioni).<br />
70) Si sottolinea che un’ampiezza campionaria di questo tipo non permette di analizzare<br />
i risultati in base ad una significatività di tipo statistico, ma solo di individuare, con<br />
buona visione critica, i principali orientamenti ed i possibili scenari dei segmenti della<br />
distribuzione indagati.<br />
71) Per la lettura dei risultati emersi dall’indagine sul trade occorre tenere presente che<br />
si è deciso di classificare i punti vendita tra distribuzione moderna (intesa come<br />
iper+super) e distribuzione tradizionale (intesa come negozi tradizionali+superettes)<br />
privilegiando il criterio di aggregazione per affinità gestionali anzichè applicare la definizione<br />
classica di GDO.<br />
72) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza<br />
di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto e di fornire una valutazione, su<br />
una scala “per niente d’accordo - molto d’accordo” per un’altra serie di elementi quali<br />
componenti della definizione di “carne di qualità”.<br />
È quindi stato calcolato, riproporzionandolo su una scala 0-10 (per motivi di confronta-<br />
189
190<br />
bilità), il “voto” medio ottenuto da ciascun driver di acquisto / elemento qualitativo proposto.<br />
punteggio=<br />
1-valutazione<br />
10<br />
valutazione_max-valutazione_min<br />
Successivamente, i fattori sono stati raggruppati in macrocategorie concettuali, così costruite:<br />
a. aspetto estetico = colore, assenza di grasso e di sangue per la carne; aspetto estetico,<br />
colore, pulizia e freschezza per l’ortofrutta<br />
b. aspetto organolettico = conoscere già il prodotto, sapore. Per la carne anche tenerezza<br />
e fatto che non si restringe<br />
c. sicurezza = sicurezza igienica; per la carne anche conoscenza allevamente e alimentazione<br />
animale<br />
d. origine = italianità; per la carne anche rintracciabilità<br />
e. marchi = <strong>DOP</strong>-<strong>IGP</strong>, BIO, marchio aziendale, marchio della catena distributiva<br />
f. prezzo/promozione = prezzo e presenza di promozioni<br />
73) Il prodotto sfuso è vissuto, secondo quanto emerge dai focus group, come più fresco,<br />
più saporito, più profumato, più genuino, più economico. Elemento non irrilevante a favore<br />
della frutta e verdura sfuse è anche la possibilità per l’acquirente di scegliere da<br />
solo, selezionando al momento i <strong>prodotti</strong> migliori.<br />
74) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza<br />
di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto. E’ quindi stato calcolato, mantenendo<br />
la scala 1-7, il “voto” medio ottenuto da ciascuna determinante di acquisto proposta.<br />
75) Al consumatore è stato chiesto di fornire una valutazione, su una scala “per niente<br />
d’accordo - molto d’accordo” composta di 5 livelli, di una serie di elementi quali possibili<br />
componenti della definizione di “carne di qualità”.<br />
È quindi stato calcolato, su una scala 1-5, il “voto” medio ottenuto da ciascun elemento<br />
qualitativo.<br />
76) Per “propensione all’acquisto” viene intesa la somma delle risposte fornite agli<br />
item “acquisto certo”, “acquisto molto probabile” e “acquisto abbastanza probabile”.<br />
77) Il dato potrebbe essere sovrastimato per via della vicinanza della realizzazione dell’indagine<br />
al periodo pasquale.<br />
78) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza<br />
di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto per la frutta e per la verdura. E’<br />
quindi stato calcolato, mantenendo la scala 1-7, il “voto” medio ottenuto da ciascuna<br />
determinante di acquisto.<br />
79) Per presenza ponderata si intende il peso medio di frutta e verdura <strong>DOP</strong>/<strong>IGP</strong> sull’assortimento<br />
di ortofrutta dei punti vendita oggetto di indagine.<br />
80) Per “propensione all’acquisto” si intende la somma delle risposte fornite agli item<br />
“li acquisto già”, “acquisto certo”, “acquisto molto probabile” e “acquisto abbastanza<br />
probabile”.
8. Conclusioni<br />
I<br />
l presente Rapporto dell’Osservatorio <strong>prodotti</strong> tipici, incentrato sui <strong>prodotti</strong><br />
agroalimentari protetti (<strong>DOP</strong>, <strong>IGP</strong> e <strong>STG</strong>), aggiorna ed integra la precedente<br />
pubblicazione Ismea81 , con una disamina dei vincoli e delle opportunità generati<br />
dalla riforma del quadro normativo (Reg CE 510/2006 e Reg CE 509/2006), un’analisi<br />
della situazione di mercato in Italia e in altri sei paesi europei82 , ed una nuova<br />
verifica diretta dell’atteggiamento del consumatore italiano, focalizzata quest’anno<br />
sui comparti delle carni fresche e dell’ortofrutta a marchio comunitario.<br />
L’universo di riferimento è rilevante e in espansione: 709 denominazioni riconosciute<br />
in ambito europeo (+2,3% rispetto al 2005), di cui 155 (68% <strong>DOP</strong> e 32%<br />
<strong>IGP</strong>) sono italiane.<br />
Nel nostro paese nel 2004 le quantità complessive certificate hanno superato<br />
le 741mila tonnellate (+26,1% rispetto al 2003), generando un valore della produzione<br />
di 4,4 miliardi di euro (+5,4% sull’anno precedente), corrispondente al<br />
4,4% circa del valore dell’industria alimentare nel complesso. Il fatturato stimato<br />
al consumo è risultato invece di poco inferiore agli 8 miliardi di euro con un incremento<br />
del 6,7% rispetto al 2003.<br />
Il Nord Italia, che ospita la maggior parte delle denominazioni più consolidate,<br />
detiene una quota prossima al 70% del fatturato complessivo alla produzione,<br />
l’88% del quale è concentrato in sole 6 regioni83 .<br />
I comparti principali (formaggi, 56,1% della produzione totale e <strong>prodotti</strong> a base<br />
di carne, 24,4%) sono caratterizzati da un numero relativamente elevato di denominazioni<br />
(31 e 28 rispettivamente) e in entrambi i casi suddivisibili in un primo<br />
gruppo di 4-5 predominanti e un secondo gruppo caratterizzato da quantitativi<br />
certificati non troppo elevati84 .<br />
Nel suo complesso, l’analisi sviluppata ha fatto emergere le seguenti questioni<br />
principali:<br />
• l’introduzione di nuovi elementi, derivanti dall’evoluzione normativa, che<br />
potrebbero intensificare la competizione a livello nazionale e internazionale;<br />
• la persistenza, in Italia e all’estero, di criticità nel raccordo tra il tessuto produttivo,<br />
i soggetti preposti alla tutela e alla promozione dei marchi, i canali distributivi<br />
e i mercati al consumo;<br />
• la necessità, in particolare in Italia, di un’evoluzione del mondo produttivo<br />
verso un’ottica spiccatamente market oriented, per garantire un solido e rapido<br />
sviluppo non solo ai leader ma anche alle denominazioni “minori”.<br />
Tra le varie novità introdotte dalla riforma normativa in adeguamento ai dettami<br />
WTO, vanno evidenziate l’abrogazione del requisito della reciprocità ed equi-<br />
191
192<br />
valenza della protezione precedentemente imposto ai Paesi terzi e la possibilità,<br />
per gli operatori di tali Paesi, di presentare le domande di riconoscimento ed<br />
eventuali opposizioni direttamente alla Commissione Europea, senza il tramite dei<br />
loro governi.<br />
Altre novità principali sono rappresentate dall’accettazione della coesistenza<br />
tra marchi industriali e denominazioni d’origine, non più limitata, com’era in precedenza,<br />
ad un periodo di 5 anni e dall’introduzione dell’obbligo per tutti gli Organismi<br />
di controllo di essere accreditati in base alla normativa EN 45011 a partire<br />
dal 1°maggio 2010.<br />
Tali novità, pur molto diverse tra loro, concorrono, insieme con il continuo aumento<br />
del numero di denominazioni riconosciute e del numero di paesi europei<br />
impegnati nella valorizzazione dei propri <strong>prodotti</strong>, ad un quadro di potenziale accentuazione<br />
competitiva sia per l’aumento del numero dei <strong>prodotti</strong> “concorrenti”<br />
sia per le conseguenze in termini di costi che potrebbe generare l’accreditamento.<br />
Diviene pertanto indispensabile, ancor più che nel recente passato, definire ed attuare<br />
politiche di valorizzazione delle denominazioni attraverso una maggiore e diffusa<br />
esplicitazione dei plus legati alla loro natura di “marchi collettivi istituzionali”.<br />
Il secondo aspetto principale emerge dal confronto tra le analisi svolte per le<br />
produzioni nazionali e i risultati di quelle delle politiche comunitarie, dal quale<br />
emerge un quadro assai eterogeneo relativamente ai seguenti aspetti:<br />
- il rapporto tra marchi di tutela comunitari e marchi locali tradizionali;<br />
- le modalità adottate per la valorizzazione delle <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>;<br />
- il sistema dei canali distributivi al consumo;<br />
- i parametri di qualità, ed i soggetti garanti, su cui si basano le scelte del consumatore.<br />
Tuttavia, i vari sistemi nazionali hanno in comune, anche se con modalità differenti,<br />
un grado di competenza del consumatore ancora relativamente modesto 80<br />
in merito al mix di garanzie offerte dai <strong>prodotti</strong> a D.O., e quindi al reale valore attribuibile<br />
ai relativi marchi.<br />
Ciò tende a tradursi, naturalmente, in un rilevante elemento di fragilità per i<br />
produttori, sia nella competizione col prodotto “non marchiato”, sia nei rapporti<br />
con i canali distributivi.<br />
Tale fragilità, con i suoi effetti negativi sulla redditività delle aziende produttrici,<br />
rischia da un lato di ridimensionare le risorse disponibili per politiche di valorizzazione,<br />
dall’altro di minare la coesione interna ai singoli consorzi, orientando<br />
le decisioni strategiche degli operatori verso le iniziative individuali e la promozione<br />
dei marchi aziendali, piuttosto che verso le azioni congiunte sotto l’”ombrello”<br />
del marchio istituzionale.<br />
Infine il terzo aspetto meritevole di considerazione è quello della polarizzazione<br />
dell’offerta italiana caratterizzata da una dicotomia tra il comportamento strategico<br />
dei grandi Consorzi di tutela e quello delle realtà medio-piccole.<br />
I primi sono impegnati da tempo in politiche di rafforzamento sul mercato na-
zionale e in iniziative di crescita sui mercati esteri, finalizzate ad assicurare la collocazione<br />
degli elevati volumi <strong>prodotti</strong>.<br />
Per le seconde, al contrario, vincoli culturali (nel passaggio da un’ottica product-oriented<br />
ad una visione market oriented) e dimensionali (per la difficoltà degli<br />
operatori a raggiungere il necessario grado di coordinamento in vista di un<br />
obiettivo comune) ostacolano la crescita, perseguibile solo attraverso un salto di<br />
qualità nell’approccio ai mercati.<br />
Pertanto, a fronte di una proliferazione delle denominazioni (con 276 nuove<br />
denominazioni in attesa di riconoscimento), consumatori ed operatori appaiono in<br />
parte impreparati a coglierne appieno le opportunità.<br />
In conclusione, a oltre 10 anni dall’applicazione della normativa sui <strong>prodotti</strong><br />
tutelati, possiamo ritenere terminata la fase iniziale di promozione di tali denominazioni;<br />
ora è il momento giusto per dare il via ad una fase di “rafforzamento” di<br />
tali produzioni presso il mercato.<br />
Le rilevazioni effettuate evidenziano un’attenzione sempre alta del consumatore<br />
verso le questioni della sicurezza alimentare, dell’origine e della tipicità, oltre<br />
che, naturalmente, un immutato interesse per gli aspetti organolettici degli alimenti.<br />
Le istituzioni possono continuare a svolgere un ruolo determinante nel favorire,<br />
attraverso la diffusione di informazioni autorevoli, l’incrocio tra questi elementi<br />
della domanda e la risposta corrispondente offerta dai <strong>prodotti</strong> a D.O.<br />
Parallelamente, è opportuna un’analisi e una rivisitazione del ruolo delle Istituzioni<br />
e dei Consorzi di tutela nel promuovere e sostenere tutte le iniziative volte da<br />
un lato a tutelare i valori della “piccola dimensione” (artigianalità, originalità, varietà,<br />
tradizione, ecc.) e dall’altro a favorire un orientamento degli operatori all’aggregazione<br />
per migliorare l’approccio ai mercati e le capacità di internazionalizzazione.<br />
81) “I <strong>prodotti</strong> Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005<br />
82) Aggiornamento dei dati economici presentati nella precedente pubblicazione relativamente<br />
a Spagna e Francia ed estensione della stessa indagine a Germania,<br />
Gran Bretagna, Austria e Olanda.<br />
83) Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige,<br />
Sardegna.<br />
84) Per i formaggi, 5 denominazioni (Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Gorgonzola,<br />
Pecorino Romano e Mozzarella di Bufala Campana) costituiscono l’85%<br />
circa della produzione certificata, di cui il 60% circa ascrivibile a Grana Padano e<br />
Parmigiano Reggiano). Nel comparto dei <strong>prodotti</strong> a base di carne le prime 5 denominazioni<br />
(Prosciutto di Parma, Mortadella Bologna, Prosciutto di San Daniele,<br />
Bresaola della Valtellina, Speck Alto Adige) coprono il 92% della produzione totale<br />
(il 50% attribuibile al solo Prosciutto di Parma).<br />
85) In alcuni paesi, come la Francia, la Germania e l’Austria, si rileva una forte<br />
competizione tra il concetto, relativamente recente, di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>, e gli “storici”<br />
marchi nazionali e regionali.<br />
193
Appendice statistica
Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006<br />
Prodotti controllati, decreti ministeriali di autorizzazione o di rinnovo e relativa pubblicazione<br />
Organismi di controllo N. <strong>prodotti</strong> Prodotti controllati DM GURI<br />
privati controllati<br />
3 A Parco Tecnologico 5 Alto Crotonese 4-11-2003 n. 272 del 22/11/03<br />
Agroalimentare Lenticchia di Castelluccio di Norcia 28-01-1999 n. 28 del 04/02/99<br />
dell'Umbria Prosciutto di Norcia 14-12-1998 n. 297 del 21/12/98<br />
Umbria 29-09-2005 n. 247 del 22/10/05<br />
Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale 18-10-1999 n. 250 del 23/10/99<br />
Agroqualità 14 Carciofo romanesco del Lazio 18-12-2002 n. 5 del 8/01/03<br />
Cartoceto 24-02-2005 n. 60 del 14/03/05<br />
Clementine di Calabria 11-07-2005 n. 191 del 18/08/05<br />
Dauno 12-12-2003 n. 298 del 24/12/03<br />
Fagiolo di Sarconi 21-03-2001 n. 85 dell'11/04/01<br />
La Bella della Daunia 8-06-2005 n. 142 del 21/06/05<br />
Lametia 4-02-2004 n. 77 del 01/04/04<br />
Lardo di Colonnata 11-11-2004 n. 305 del 30/12/04<br />
Monte Etna 16-10-2003 n. 265 del 14/11/03<br />
Monti Iblei 29-09-2004 n. 250 del 23/10/04<br />
Nocellara del Belice 6-07-2001 n. 179 del 03/08/01<br />
Val di Ma zara 25-11-2002 n. 290 del 11/12/02<br />
Valle del Belice 29-09-2004 n. 250 del 23/10/04<br />
Zafferano di San Gimignano 15-02-2005 n. 51 del 03/03/05<br />
AIAB 4 Fagiolo di Sorana 4-02-2004 n. 45 del 24/02/04<br />
Farina di neccio della Garfagnana 3-06-2004 n. 139 del 16/06/04<br />
Marrone del Mugello 10-09-1999 n. 231 del 1/10/99<br />
Pane Casereccio di Genzano 12-04-2005 n. 94 del 23/04/05<br />
AQA 1 Spressa delle Giudicarie 12-01-2004 n. 22 del 28/01/04<br />
Bioagricoop 5 Canestrato pugliese 18-11-2005 n. 286 del 09/12/05<br />
Collina di Brindisi 15-11-2005 n. 280 del 01/12/05<br />
Farro della Garfagnana 27-02-2004 n. 127 del 01/06/04<br />
Miele della Lunigiana 24-02-2005 n. 61 del 15/03/05<br />
Pane di Altamura 4-03-2004 n. 77 del 01/04/04<br />
Cermet 3 Aceto Balsamico Tradizionale di Modena 15-01-2001 n. 21 del 26/01/01<br />
Brisighella 30-11-1998 n. 297 del 21/12/98<br />
Colline di Romagna 27-01-2004 n. 34 del 11/02/04<br />
Certiprodop 5 Formai de Mut dell'alta Val Brembana 1-09-2005 n. 212 del 12/09/05<br />
Pecorino Toscano 30-06-2005 n. 163 del 15/07/05<br />
Quartirolo Lombardo 30-06-2005 n. 163 del 15/07/05<br />
Ricotta Romana 21-09-2005 n. 227 del 29/09/05<br />
Taleggio 30-06-2005 n. 163 del 15/07/05<br />
Certiquality 5 Laghi Lombardi 4-10-1999 n. 243 del 15/10/99<br />
Lucca 28-12-2004 n. 14 del 19/01/05<br />
Salame d'oca di Mortara 7-07-2004 n. 171 del 23/07/04<br />
Toscano 30-11-1998 n. 297 del 21/12/98<br />
Uva da tavola di Mazzarone 21-06-2005 n. 161 del 13/07/05<br />
196<br />
(Segue)
Segue Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006<br />
Organismi di controllo Nr <strong>prodotti</strong> Prodotti controllati DM GURI<br />
privati controllati<br />
Check Fruit 8 Arancia Rossa di Sicilia 12-12-2002 n. 302 del 27/12/02<br />
Asparago Verde di Altedo 6-06-2003 n. 150 del 01/07/03<br />
Ficodindia dell'Etna 16-10-2003 n. 265 del 14/11/03<br />
Marrone di Castel del Rio 1-04-2004 n. 197 del 23/08/00<br />
Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel 21-12-2005 n. 1 del 02/01/06<br />
Pera Emilia Romagna 28-01-1999 n. 29 del 05/02/99<br />
Pesca e nettarina di Romagna 28-01-1999 n. 29 del 05/02/99<br />
Scalogno di Romagna 29-09-2004 n. 257 del 02/11/04<br />
CSQA 24 Asiago 29-04-2004 n. 124 del 28/05/04<br />
Asparago bianco di Cimadolmo 1-04-2004 n. 86 del 13/04/04<br />
Bitto 13-12-2002 n. 2 del 03/01/03<br />
Bresaola della Valtellina 30-05-2002 n. 145 del 22/06/02<br />
Ciliegia di Marostica 9-05-2002 n. 129 del 04/06/02<br />
Fagiolo Lamon dell'Alta Vallata Bellunese 19-04-2002 n. 143 del 20/06/02<br />
Fontina 27-12-2001 n. 8 del 10/01/02<br />
Garda 12-12-2005 n. 301 del 28/12/05<br />
Gorgonzola 27-07-1999 n. 187 del 11/08/99<br />
Grana Padano 11-01-2002 n. 25 del 30/01/02<br />
Marrone di San Zeno 29-09-2004 n. 250 del 23/10/04<br />
Mela Val di Non 16-10-2003 n. 272 del 22/11/03<br />
Montasio 29-12-1999 n. 5 del 08/01/00<br />
Monte Veronese 23-06-2004 n. 158 del 08/07/04<br />
Mozzarella di Bufala Campana 14-02-2006 n. 46 del 24/02/06<br />
Pera Mantovana 23-04-2001 n. 106 del 09/05/01<br />
Provolone Valpadana 18-11-2005 n. 286 del 09/12/05<br />
Radicchio Rosso di Treviso 13-06-2003 n. 151 del 02/07/03<br />
Radicchio variegato di Castelfranco 6-06-2003 n. 150 del 01/07/03<br />
Soppressa Vicentina 4-04-2003 n. 86 del 12/04/03<br />
Uva da tavola di Canicattì 1-08-2005 n. 190 del 17/08/05<br />
Valle d’Aosta Fromadzo 27-12-2001 n. 8 del 10/01/02<br />
Valtellina Casera 13-11-2002 n. 297 del 19/12/02<br />
Veneto Valpolicella, Veneto Euganei 1-09-2005 n. 212 del 12/09/05<br />
e Berici, Veneto del Grappa<br />
Dipartimento controllo qualità 1 Parmigiano Reggiano 4-04-2006 n. 88 del 14/04/06<br />
Parmigiano Reggiano<br />
ECEPA Ente di certificazione 3 Coppa piacentina 12-03-1999 n. 68 del 23/03/99<br />
<strong>prodotti</strong> agroalimentari Pancetta piacentina 12-03-1999 n. 68 del 23/03/99<br />
Salame piacentino 12-03-1999 n. 68 del 23/03/99<br />
IMC 1 Castagna del Monte Amiata 31-07-2002 n. 194 del 20/08/02<br />
INEQ Istituto<br />
Nord Est Qualità<br />
12 Cotechino Modena 1-09-2005 n. 212 del 12/09/05<br />
Mortadella Bologna 1-09-2005 n. 212 del 12/09/05<br />
Prosciutto di Carpegna 16-10-2003 n. 265 del 14/11/03<br />
Prosciutto San Daniele 11-03-2002 n. 83 del 09/04/02<br />
Prosciutto Toscano 11-07-2005 n. 191 del 18/08/05<br />
Prosciutto Veneto Berico-Euganeo 19-04-2002 n. 144 del 21/06/02<br />
Salame di Brianza 16-10-2003 n. 265 del 14/11/03<br />
197<br />
(Segue)
Segue Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006<br />
Organismi di controllo N. <strong>prodotti</strong> Prodotti controllati DM GURI<br />
privati controllati<br />
INEQ Istituto<br />
Salamini Italiani alla Cacciatora 29-12-2003 n. 16 del 21/01/04<br />
Nord Est Qualità<br />
Speck dell’Alto Adige 10-09-1999 n. 220 del 18/09/99<br />
Valle d’Aosta Jambon de Bosses 22-01-2003 n. 30 del 07/02/03<br />
Valle d’Aosta Lardo d’Arnad 2-12-2004 n. 28 del 04/02/05<br />
Zampone Modena 1-09-2005 n. 212 del 12/09/05<br />
INOQ - Istituto Nord Ovest Qualità 7 Bra 2-06-1999 n. 139 del 16/06/99<br />
Castelmagno 2-06-1999 n. 136 del 12/06/99<br />
Murazzano 2-06-1999 n. 139 del 16/06/99<br />
Nocciola del Piemonte 26-03-1999 n. 81 del 08/04/99<br />
Raschera 2-06-1999 n. 136 del 12/06/99<br />
Robiola di Roccaverano 2-06-1999 n. 136 del 12/06/99<br />
Toma Piemontese 2-06-1999 n. 139 del 16/06/99<br />
Ismecert - Istituto mediterraneo 14 Caciocavallo Silano 21-12-2005 n. 20 del 25/01/06<br />
di certificazione agroalimentare Carciofo di Paestum 8-07-2004 n. 158 del 08/07/04<br />
Castagna di Montella 1-04-2004 n. 158 del 08/07/04<br />
Cilento 8-06-2005 n. 143 del 22/06/05<br />
Clementine del Golfo di Taranto 16-10-2003 n. 265 del 14/11/03<br />
Colline Salernitane 29-09-2005 n. 240 del 14/10/05<br />
Fico Bianco del Cilento 10-04-2006 n. 97 del 27/04/06<br />
Limone Costa d’Amalfi 28-07-2000 n. 184 del 08/08/00<br />
Limone di Sorrento 28-07-2000 n. 184 del 08/08/00<br />
Melannurca Campana 10-04-2006 n. 97 del 27/04/06<br />
Nocciola di Giffoni 29-04-2004 n. 127 del 01/04/04<br />
Penisola Sorrentina 20-09-2005 n. 227 del 29/09/05<br />
Peperone di Senise 29-12-2003 n. 34 del 11/02/04<br />
Pomodoro San Marzano dell’Agro<br />
Sarnese Nocerino<br />
20-09-2005 n. 229 del 01/10/05<br />
Istituto Calabria Qualità 5 Bruzio 19-09-2003 n. 234 del 08/10/03<br />
Capocollo di Calabria 7-06-2002 n. 144 del 21/06/02<br />
Pancetta di Calabria 7-06-2002 n. 145 del 22/06/02<br />
Salsiccia di Calabria 7-06-2002 n.145 del 22/06/02<br />
Soppressata di Calabria 7-06-2002 n. 145 del 22/06/02<br />
Istituto Parma Qualità 4 Culatello di Zibello 23-04-1999 n. 101 del 03/05/99<br />
Prosciutto di Modena 19-04-2002 n. 143 del 20/06/02<br />
Prosciutto di Parma 11-03-2002 n. 83 del 09/04/02<br />
Salame di Varzi 29-07-2004 n. 196 del 24/08/04<br />
OCPA - Organismo di controllo 4 Agnello di Sardegna 24-02-2005 n. 60 del 14/03/05<br />
delle produzioni animali Fiore Sardo 3-07-2001 n. 161 del 13/07/01<br />
Pecorino Romano 27-07-1999 n. 187 del 11/08/99<br />
Pecorino Sardo 27-07-1999 n. 187 del 11/08/99<br />
P.A.I. Ltd per P.A.I. Italia 1 Fungo di Borgotaro 12-05-2000 n. 125 del 31/05/00<br />
Ph 1 Terre di Siena 29-09-2004 n. 257 del 02/11/04<br />
SoCert 1 Pomodoro di Pachino 8-06-2005 n. 143 del 22/06/05<br />
Suolo e Salute 2 Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia 8-03-2006 n. 71 del 25/03/06<br />
Valdemone 15-02-2005 n. 51 del 03/03/05<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.<br />
198
Tabella 1/b Autorità pubbliche designate ad aprile 2006<br />
Prodotti controllati, decreti ministeriali di autorizzazione o di rinnovo e relativa pubblicazione<br />
Organismi di controllo N. <strong>prodotti</strong> Prodotti controllati DM GURI<br />
privati controllati<br />
ARSIAM - Agenzia Regionale 1 Molise 15-11-2005 n. 78 del 29/11/2005<br />
per lo Sviluppo e l'Innovazione<br />
dell'Agricoltura nel Molise "G. Sedati"<br />
Assam 1 Casciotta d’Urbino 1-09-2005 n. 212 del 12/09/05<br />
CCIAA Bari 1 Terra di Bari 28-07-2003 n. 203 del 2/9/03<br />
CCIAA Chieti 1 Colline Teatine 13-07-2000 n. 178 del 1/08/00<br />
CCIAA dell’Aquila 1 Zafferano dell’Aquila 15-02-2005 n. 51 del 03/03/05<br />
CCIAA di Lecce 1 Terra d’Otranto 6-05-2004 n. 171 del 23/07/04<br />
CCIAA Firenze 1 Chianti Calssico 16-10-2003 n. 273 del 24/11/03<br />
CCIAA GE – SV – IM - SP 2 Basilico genovese 14-02-2006 n. 50 del 01/03/06<br />
Riviera Ligure 8-09-2005 n. 219 del 20/09/05<br />
CCIAA Latina 1 Kiwi di Latina 10-03-2005 n. 76 del 02/04/05<br />
CCIAA Pescara 1 Aprutino Pescarese 21-07-2005 n. 181 del 05/08/05<br />
CCIAA Roma 1 Sabina 29-11-2005 n. 290 del 14/12/05<br />
CCIAA Taranto 1 Terre Tarantine 12-12-2005 n. 5 del 07/01/06<br />
CCIAA Teramo 1 Petruziano delle Colline teramane 15-06-2005 n. 153 del 04/07/05<br />
CCIAA Trapani 2 Cappero di Pantelleria 10-06-2003 n. 149 del 30/06/03<br />
Valli Trapanesi 10-10-2005 n. 248 del 24/10/05<br />
CCIAA Trieste 1 Tergeste 25-07-2005 n. 181 del 05/08/05<br />
CCIAA Viterbo 2 Canino 8-10-1999 n. 248 del 21/10/99<br />
Tuscia 4-11-2005 n. 269 del 18/11/05<br />
Consorzio Ricerca Filiera 2 Pecorino Siciliano 13-06-2001 n. 147 del 27/06/01<br />
lattiero - caseario Ragusano 13-06-2000 n. 144 del 22/06/00<br />
Ente Nazionale Risi 1 Riso Nano Vialone Veronese 8-06-2005 n. 142 del 21/06/05<br />
Stazione Sper. per le Ind. 1 Bergamotto di Reggio Calabria 15-11-2005 n. 278 del 29/11/05<br />
delle Essenze – olio essenziale<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.<br />
199
200<br />
Tabella 2/a - Ripartizione delle denominazioni <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> per stato membro e comparto<br />
(aggiornamento ad aprile 2006)<br />
Prodotti allegato II del Trattato<br />
destinati all’alimentazione umana<br />
Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia<br />
Carni fresche 49 3<br />
Preparazione di carni 2 2 4 8<br />
Formaggi 6 1 2 43 4 20<br />
Altri <strong>prodotti</strong> di origine animale 6 1<br />
(uova, miele, escluso il burro, ecc.)<br />
Grassi (burro, margarina, oli, ecc.) 1 1 7 1 25<br />
Ortofrutticoli e cereali 3 1 1 26 2 32<br />
Pesci, molluschi, ecc. 2 2 1<br />
Altri <strong>prodotti</strong> (spezie, ecc.) 1<br />
Parziale 12 4 3 1 137 20 80<br />
Prodotti alimentari compresi<br />
nell'allegato I del Reg. CE 510/2006<br />
Sidri 4<br />
Aceti diversi dagli aceti di vino<br />
Altri <strong>prodotti</strong> allegato I (altro) 1<br />
Birra 12<br />
Acque minerali 31<br />
Prodotti della panetteria, della pasticceria, ecc. 2 4 1<br />
Gomme naturali e resine 2<br />
Paste alimentari 1<br />
Parziale - - - - 8 47 3<br />
Prodotti agricoli compresi<br />
nell'allegato II del Reg. CE 510/2006<br />
Fieno 1<br />
Oli essenziali 1 1<br />
Parziale - - - - 2 - 1<br />
Totale 12 4 3 1 147 67 84<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito Rep. Ceca Spagna Svezia Totale<br />
2 1 25 7 13 100<br />
1 28 1 21 10 77<br />
1 31 4 12 11 19 1 155<br />
2 1 10 1 2 23<br />
37 1 5 16 94<br />
47 2 20 1 29 164<br />
1 3 9<br />
2 1 4<br />
3 149 4 6 93 23 - 90 1 626<br />
3 7<br />
2 2<br />
3 3 18<br />
3 6 1 17<br />
- 5 - - - 6 3 6 1 79<br />
1 3<br />
- 1 - - - - - - - 4<br />
3 155 4 6 93 29 3 96 2 709<br />
1<br />
31<br />
2<br />
1<br />
1<br />
201
202<br />
Tabella 2/b - Prodotti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> italiani riconosciuti: 31 Formaggi (aggiornamento ad aprile 2006)<br />
Formaggi Riconoscimento Regolamento CE<br />
comunitario<br />
Asiago <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Bitto <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Bra <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Caciocavallo silano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Canestrato pugliese <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Casciotta d' Urbino <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Castelmagno <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Fiore Sardo <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Fontina <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Formai de Mut dell'alta Val Brembana <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Gorgonzola <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Grana Padano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Montasio <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Monte Veronese <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Mozzarella di Bufala Campana <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Murazzano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Parmigiano Reggiano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Pecorino Romano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Pecorino Sardo <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Pecorino Siciliano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Pecorino Toscano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Provolone Valpadana <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Quartirolo Lombardo <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Ragusano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Raschera <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Ricotta Romana <strong>DOP</strong> Reg. CE 737/2005 del 13/5/05<br />
Robiola di Roccaverano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Spressa delle Giudicarie <strong>DOP</strong> Reg. CE 2275/93 del 22/12/03<br />
Taleggio <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Toma Piemontese <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Valle d’Aosta Fromadzo <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Valtellina Casera <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
Tabella 2/c - Prodotti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> italiani riconosciuti: 37 Ortofrutticoli e cereali (aggiornamento ad aprile 2006)<br />
Ortofrutticoli e cereali Riconoscimento Regolamento CE<br />
allo stato naturale o trasformati comunitario<br />
Arancia Rossa di Sicilia <strong>IGP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Asparago bianco di Cimadolmo <strong>IGP</strong> Reg CE 245/02 del 8/2/02<br />
Asparago verde di Altedo <strong>IGP</strong> Reg. CE 492/03 del 18/03/03<br />
Basilico genovese <strong>DOP</strong> Reg. CE 1623/05 del 4/10/05<br />
Cappero di Pantelleria <strong>IGP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Carciofo di Paestum <strong>IGP</strong> Reg. CE 465/04 del 13/03/04<br />
Carciofo romanesco del lazio <strong>IGP</strong> Reg. CE 2066/02 del 21/11/02<br />
Castagna del Monte Amiata <strong>IGP</strong> Reg. CE 1904/00 del 7/9/00<br />
Castagna di Montella <strong>IGP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Ciliegia di Marostica <strong>IGP</strong> Reg CE 245/02 del 8/2/02<br />
Clementine del Golfo di Taranto <strong>IGP</strong> Reg CE 1665/2003 del 22/09/03<br />
Clementine di Calabria <strong>IGP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Fagiolo di Lamon dell'Alta Vallata Bellunese <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Fagiolo di Sarconi <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Fagiolo di Sorana <strong>IGP</strong> Reg.CE 1018/02 del 13/06/02<br />
Farina di Neccio della Garfagnana <strong>DOP</strong> Reg. CE 465/04 del 13/03/04<br />
Farro della Garfagnana <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Fico bianco del Cilento <strong>DOP</strong> Reg. CE 417/06 del 10/03/06<br />
Ficodindia dell'Etna <strong>DOP</strong> Reg. CE 1491/2003 del 25/08/03<br />
Fungo di Borgotaro <strong>IGP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Kiwi di Latina <strong>IGP</strong> Reg. CE 1486/04 del 20/08/04<br />
La Bella della Daunia <strong>DOP</strong> Reg. CE 1904/00 del 7/9/00<br />
Lenticchia di Castelluccio di Norcia <strong>IGP</strong> Reg. CE 1065/97 del 12/6/97<br />
Limone Costa d'Amalfi <strong>IGP</strong> Reg. CE 1356/01 del 4/7/01<br />
Limone di Sorrento <strong>IGP</strong> Reg. CE 2446/00 del 6/11/00<br />
Marrone del Mugello <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Marrone di Castel del Rio <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Marrone di San Zeno <strong>DOP</strong> Reg CE 1979/03 del 11//11/03<br />
Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel <strong>IGP</strong> Reg. CE 1855/05 del 14/11/05<br />
Mela Val di Non <strong>DOP</strong> Reg CE 1665/2003 del 22/09/03<br />
Melannurca Campana <strong>IGP</strong> Reg. CE 417/06 del 10/03/06<br />
Nocciola del Piemonte <strong>IGP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Nocciola di Giffoni <strong>IGP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Nocellara del Belice <strong>DOP</strong> Reg. CE 134/98 del 20/1/98<br />
Oliva ascolana del piceno <strong>DOP</strong> Reg. CE 1855/05 del 14/11/05<br />
Peperone di Senise <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Pera dell'Emilia Romagna <strong>IGP</strong> Reg. CE 134/98 del 20/1/98<br />
Pera Mantovana <strong>IGP</strong> Reg. CE 134/98 del 20/1/98<br />
Pesca e Nettarina di Romagna <strong>IGP</strong> Reg. CE 134/98 del 20/1/98<br />
Pomodoro di Pachino <strong>IGP</strong> Reg. CE 617/03 del 04/04/03<br />
Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Radicchio Rosso di Treviso <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Radicchio Variegato di Castelfranco <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Riso Nano Vialone Veronese <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 2/7/96<br />
Scalogno di Romagna <strong>IGP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Uva da tavola di Canicattì <strong>IGP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Uva da tavola di Mazzarone <strong>IGP</strong> Reg. CE 617/03 del 04/04/03<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.<br />
203
204<br />
Tabella 2/d - Prodotti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> italiani riconosciuti: 28 Preparazioni a base di carne<br />
(aggiornamento ad aprile 2006)<br />
Preparazioni di carne Riconoscimento Regolamento CE<br />
comunitario<br />
Bresaola della Valtellina <strong>IGP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Capocollo di Calabria <strong>DOP</strong> Reg. CE 134/98 del 20/1/98<br />
Coppa Piacentina <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Cotechino Modena <strong>IGP</strong> Reg. CE 590/99 del 18/3/99<br />
Culatello di Zibello <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Lardo di Colonnata <strong>IGP</strong> Reg. CE n. 1568 del 26/10/04<br />
Mortadella Bologna <strong>IGP</strong> Reg. CE 1549/98 del 17/7/98<br />
Pancetta di Calabria <strong>DOP</strong> Reg. CE 134/98 del 20/1/98<br />
Pancetta Piacentina <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Prosciutto di Carpegna <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Prosciutto di Modena <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Prosciutto di Norcia <strong>IGP</strong> Reg. CE 1065/97 del 12/6/97<br />
Prosciutto di Parma <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Prosciutto di San Daniele <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Prosciutto Toscano <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Prosciutto Veneto Berico-euganeo <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Salame Brianza <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Salame di Varzi <strong>DOP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Salame d'oca di Mortara <strong>IGP</strong> Reg. CE 1165/04 del 24/06/04<br />
Salame Piacentino <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Salamini italiani alla cacciatora <strong>DOP</strong> Reg. CE 1778/01 del 7/9/01<br />
Salsiccia di Calabria <strong>DOP</strong> Reg. CE 134/98 del 20/1/98<br />
Soppressata di Calabria <strong>DOP</strong> Reg. CE 134/98 del 20/1/98<br />
Soprèssa Vicentina <strong>DOP</strong> Reg. CE 492/03 del 18/03/03<br />
Speck dell'Alto Adige <strong>IGP</strong> Reg. CE 1107/96 del 12/6/96<br />
Valle d’Aosta Jambon de Bosses <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Valle d’Aosta Lard d’Arnard <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Zampone Modena <strong>IGP</strong> Reg. CE 590/99 del 18/3/99<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
Tabella 2/e - Prodotti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> italiani riconosciuti: 37 Grassi e oli extravergini di oliva<br />
(aggiornamento ad aprile 2006)<br />
Grassi e oli extravergini di oliva Riconoscimento Regolamento CE<br />
comunitario<br />
Alto Crotonese <strong>DOP</strong> Reg CE 1257/03 del 15/7/03<br />
Aprutino Pescarese <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Brisighella <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Bruzio <strong>DOP</strong> Reg. CE 1065/97 del 12/6/97<br />
Canino <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Cartoceto <strong>DOP</strong> Reg. CE 1897/04 del 29/10/04<br />
Chianti Classico <strong>DOP</strong> Reg. CE 2446/00 del 6/11/00<br />
Cilento <strong>DOP</strong> Reg. CE 1065/97 del 12/6/97<br />
Collina di Brindisi <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Colline di Romagna <strong>DOP</strong> Reg CE 1491/03 del 25/08/03<br />
Colline Salernitane <strong>DOP</strong> Reg. CE 1065/97 del 12/6/97<br />
Colline Teatine <strong>DOP</strong> Reg. CE 1065/97 del 12/6/97<br />
Dauno <strong>DOP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Garda <strong>DOP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Laghi Lombardi <strong>DOP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Lametia <strong>DOP</strong> Reg. CE 2107/99 del 5/10/99<br />
Lucca <strong>DOP</strong> Reg. CE 1845/04 del 22/10/04<br />
Molise <strong>DOP</strong> Reg CE 1257/03 del 15/7/03<br />
Monte Etna <strong>DOP</strong> Reg. CE 1491/03 28/08/2003<br />
Monti Iblei <strong>DOP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Penisola Sorrentina <strong>DOP</strong> Reg. CE 1065/97 del 12/6/97<br />
Petruziano delle Colline teramane <strong>DOP</strong> Reg. CE 1491/03 28/08/2003<br />
Riviera Ligure <strong>DOP</strong> Reg. CE 123/97 del 23/1/97<br />
Sabina <strong>DOP</strong> Reg. CE 1263/96 del 1/7/96<br />
Tergeste <strong>DOP</strong> Reg. CE 1845/04 del 22/10/04<br />
Terra di Bari <strong>DOP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Terra d'Otranto <strong>DOP</strong> Reg. CE 1065/97 del 12/6/97<br />
Terre di Siena <strong>DOP</strong> Reg. CE 2446/00 del 6/11/00<br />
Terre Tarantine <strong>DOP</strong> Reg. CE 1898 del 29/10/04<br />
Toscano <strong>IGP</strong> Reg. CE 644/98 del 20/3/98<br />
Tuscia <strong>DOP</strong> Reg. CE 1623/05 del 4/10/05<br />
Umbria <strong>DOP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Val di Mazara <strong>DOP</strong> Reg. CE 138/01 del 24/01/01<br />
Valdemone <strong>DOP</strong> Reg. CE n. 205/2005 del 04/02/2005<br />
Valle del Belice <strong>DOP</strong> Reg. CE 1486 del 20/08/04<br />
Valli Trapanesi <strong>DOP</strong> Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Veneto Valpolicella, Veneto Euganeo <strong>DOP</strong> Reg. CE 2036/01 del 17/10/01<br />
e Berici, Veneto del Grappa<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.<br />
205
206<br />
Tabella 2/f - Prodotti <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong> italiani riconosciuti: 12 Altri <strong>prodotti</strong><br />
(aggiornamento ad aprile 2006)<br />
Altri <strong>prodotti</strong> Riconoscimento Regolamento CE<br />
comunitario<br />
Prodotti della panetteria, della pasticceria,<br />
della confetteria e della biscotteria<br />
Coppia ferrarese Igp Reg. CE 2036/01 del 17/10/01<br />
Pane casareccio di Genzano Igp Reg. CE 2325/97 del 24/11/97<br />
Pane di Altamura Dop Reg. CE 1291/03 del 18/07/03<br />
Carni (e frattaglie) fresche<br />
Agnello di Sardegna Igp Reg. CE 138/01 del 24/01/01<br />
Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale Igp Reg. CE 134/98 del 20/01/98<br />
Aceti (diversi dagli aceti di vino)<br />
Aceto balsamico tradizionale di Modena Dop Reg. CE 813/00 del 17/04/00<br />
Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia Dop Reg. CE 813/00 del 17/04/00<br />
Oli essenziali<br />
Bergamotto di Reggio Calabria - olio essenziale Dop Reg. CE 509/01 del 25/03/01<br />
Altri <strong>prodotti</strong> di origine animale<br />
Miele della Lunigiana Dop Reg. CE n. 1845/04 del 22/10/04<br />
Ricotta romana Dop Reg. CE 737/2005 del 13/5/05<br />
Altri <strong>prodotti</strong> dell'allegato II - Spezie<br />
Zafferano dell'Aquila Dop Reg. CE n. 205/05 del 04/02/2005<br />
Zafferano di San Gimignano Dop Reg. CE n. 205/05 del 04/02/2005<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
Tabella 3/a - Formaggi: numero di aziende e quantità certificate 2000 – 2004*<br />
Prodotto 2000 2001 2002 2003 2004<br />
Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate<br />
Asiago 54 21.558,00 54 22.601,00 52 22.786,56 52 23.338,20 48 22.237,92<br />
Bitto 53 159,00 45 174,00 85 260,00 71 240,36 8 242,69<br />
Bra 8 801,00 8 889,00 8 1.258,03 9 828,56 10 525,50<br />
Caciocavallo Silano 18 240,00 22 1.817,97 27 968,66 29 1.081,57 32 1.014,51<br />
Canestrato Pugliese - - 1 369,00 2 63,36 2 102,45 2 129,19<br />
Casciotta d’Urbino - - 3 - 3 255,39 3 225,63 3 255,44<br />
Castelmagno 10 48,00 11 57,00 15 74,77 17 189,36 18 134,05<br />
Fiore Sardo - - - - - n.d. 32 282,27 50 518,21<br />
Fontina 192 3.507,00 204 3.571,00 n.d. 3.405,70 167 3.632,74 177 3.522,97<br />
Formai Mut Alta Valle Brembana 10 32,00 11 36,43 14 51,97 14 61,56 n.d. 57,01<br />
Gorgonzola 45 37.995,00 45 36.632,00 43 37.323,20 38 42.661,66 40 43.654,02<br />
Grana Padano 207 131.579,00 207 128.421,00 231 131.532,00 223 121.551,01 n.d. 127.839,89<br />
Montasio 50 8.231,00 50 8.692,00 n.d. 8.024,65 49 8.267,80 64 7.821,95<br />
Monte Veronese 11 548,00 8 382,00 n.d. 465,00 10 486,07 13 470,59<br />
Mozzarella di Bufala Campana 98 19.256,00 108 24.068,71 121 26.680,00 136 28.250,76 155 27.632,13<br />
Murazzano 9 36,00 11 36,00 8 28,93 7 12,89 8 22,88<br />
Parmigiano Reggiano 597 99.952,00 581 98.701,00 563 100.113,00 547 108.828,49 536 114.891,65<br />
Pecorino Romano 49 32.963,00 49 34.561,00 43 32.288,00 44 31.206,22 40 38.183,64<br />
Pecorino Sardo 15 359,00 17 614,87 17 1.176,20 24 1.410,32 24 1.579,19<br />
Pecorino Siciliano - - - - 5 - 6 10,64 22 13,99<br />
Pecorino Toscano 16 1.805,00 16 1.807,00 15 1.877,00 16 1.451,80 n.d. 2.079,06<br />
Provolone Valpadana 20 21.931,00 19 21.400,00 16 860,60 12 4.295,83 14 6.236,46<br />
Quartirolo Lombardo 56 3.386,00 31 3.559,00 23 3.436,00 22 3.370,56 - 3.461,84<br />
Ragusano - - 5 10,30 10 15,94 11 76,84 40 139,74<br />
Raschera 19 531,00 19 460,00 16 713,31 15 838,29 18 480,56<br />
Robiola di Roccaverano 21 103,00 23 61,00 25 51,56 27 51,65 25 71,39<br />
Spressa delle Giudicarie - - - - - - - - 3 76,40<br />
Taleggio 71 10.076,00 86 9.448,00 67 10.121,00 67 9.682,80 33 9.539,33<br />
Toma Piemontese 29 1.177,00 30 1.495,00 24 1.482,00 24 1.193,63 28 940,04<br />
Valle d’Aosta Fromadzo 15 6,00 4 8,80 n.d. 8,00 1 3,49 2 2,91<br />
Valtellina Casera 25 1.436,00 22 1.603,00 19 1.551,29 17 1.668,28 21 1.933,41<br />
Totale 1.698 397.715,00 1.690 401.476,09 1.452 386.872,11 1.692 395.301,73 1.434 415.708,56<br />
* i trattini si riferiscono a <strong>prodotti</strong> per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in<br />
corso d’anno. Per i <strong>prodotti</strong> per i quali il quantitativo certificato era espresso in forme si è stimato un peso medio di ciascuna forma<br />
per esprimere il quantitativo in tonnellate.<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo.<br />
207
Tabella 3/b - Formaggi: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004 (milioni di euro)<br />
2000 2001 2002 2003 2004<br />
Prodotto Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato<br />
208<br />
Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo<br />
Asiago 94,64 155,87 96,96 152,10 101,03 159,73 101,03 163,83 107,75 157,44<br />
Bitto 1,44 2,46 1,57 3,15 2,42 4,70 2,28 5,41 2,26 4,49<br />
Bra 5,79 10,76 5,08 8,72 7,23 11,95 4,94 5,80 3,15 5,52<br />
Caciocavallo Silano 1,74 2,23 11,27 33,80 7,14 9,20 7,57 10,82 6,58 8,11<br />
Canestrato Pugliese - - 3,14 4,06 0,48 0,64 0,77 0,92 1,27 1,74<br />
Casciotta d’Urbino - - - - 1,84 2,76 1,62 2,26 1,92 2,57<br />
Castelmagno 0,43 1,24 0,78 1,37 1,06 1,79 2,62 5,30 1,43 4,49<br />
Fiore Sardo - - - - - - 2,40 4,38 3,89 7,00<br />
Fontina 21,19 36,22 29,64 38,75 28,40 36,95 30,30 26,48 29,73 25,72<br />
Formai Mut Alta Valle Brembana 0,20 0,33 0,41 0,47 0,59 0,67 0,46 0,89 0,44 0,48<br />
Gorgonzola 160,42 313,96 119,05 312,10 117,57 328,44 155,72 371,16 156,28 378,92<br />
Grana Padano 829,05 1.427,05 816,76 1.155,79 778,67 1.187,73 773,06 1.118,27 772,15 1.154,39<br />
Montasio 49,74 68,02 50,07 65,36 46,26 61,23 52,50 61,76 48,65 58,98<br />
Monte Veronese 2,39 4,23 1,83 3,25 2,20 4,05 2,39 4,18 2,34 4,27<br />
Mozzarella di Bufala Campana 131,53 154,51 173,05 227,21 192,90 260,93 199,45 281,94 209,73 277,98<br />
Murazzano 0,23 0,27 0,34 0,41 0,28 0,43 0,12 0,20 0,22 0,40<br />
Parmigiano Reggiano 733,02 1.238,90 854,75 1.152,83 858,97 1.233,39 1.044,75 1.425,65 1.054,71 1.499,34<br />
Pecorino Romano 178,75 306,43 199,07 297,57 187,27 296,40 169,45 279,92 179,84 328,00<br />
Pecorino Sardo 2,23 3,34 4,06 6,01 8,00 12,44 10,69 15,40 10,83 17,24<br />
Pecorino Siciliano - - - - - - 0,06 0,07 0,07 0,09<br />
Pecorino Toscano 11,19 21,44 13,10 17,09 15,02 19,28 12,14 15,35 15,59 35,34<br />
Provolone Valpadana 90,61 186,88 108,31 254,51 4,15 9,10 20,49 45,41 28,81 47,97<br />
Quartirolo Lombardo 11,02 26,23 14,20 28,22 13,85 27,56 13,58 27,37 14,37 28,42<br />
Ragusano - - 0,06 0,13 0,10 0,22 0,57 1,11 1,36 2,20<br />
Raschera 3,57 6,17 2,81 4,75 4,42 7,00 5,20 5,87 3,02 5,05<br />
Robiola di Roccaverano 0,69 1,06 0,62 0,69 0,55 0,59 0,57 0,60 0,83 0,88<br />
Spressa delle Giudicarie - - - - - - - - 0,64 0,83<br />
Taleggio 32,26 91,07 38,64 74,54 41,09 85,02 40,28 80,17 40,64 79,75<br />
Toma Piemontese 7,29 15,20 7,48 12,35 7,35 13,77 5,91 11,10 4,73 5,17<br />
Valle d’Aosta Fromadzo 0,04 0,06 0,06 0,08 0,07 0,08 0,02 0,04 0,01 0,02<br />
Valtellina Casera 9,27 12,98 10,68 14,81 10,33 14,43 9,18 20,85 12,57 17,40<br />
Totale 2.378,71 4.086,93 2.563,80 3.870,14 2.439,22 3.790,49 2.670,12 3.992,52 2.715,82 4.160,21<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
Tabella 3/c - Prodotti a base di carne: numero di aziende e quantità certificate in Italia nel 2000-2004*<br />
2000 2001 2002 2003 2004<br />
Prodotto Quant. certific. Quant. certific. Quant. certific. Quant. certific. Quant. certific.<br />
Az. Pezzi Ton. Az. Pezzi Ton. Az. Pezzi Ton. Az. Pezzi Ton. Az. Pezzi Ton.<br />
Bresaola Valtellina 13 1.583.973,00 4.685,00 16 2.176.230,00 6.437,00 15 2.930.276,00 8.147,84 15 10.401,87 16 13.129,35<br />
Capocollo di Calabria - - - - - - 2 n.d. n.d. 10 3.018,00 8,09 24 10,35<br />
Coppa Piacentina 15 73.129,00 124,00 18 108.485,00 184,70 18 160.892,00 273,52 17 315,25 18 317,76<br />
Cotechino Modena - - - 20 n.d. 1.550,17 24 n.d. 2.157,00 27 2.370,05 29 2.750,74<br />
Culatello di Zibello 15 10.348,00 37,00 15 23.231,00 88,60 16 31.743,00 120,62 18 186,99 21 198,32<br />
Lardo di Colonnata 7 36,33<br />
Mortadella Bologna - - - 22 n.d. 20.079,66 30 n.d. 27.775,80 35 29.922,46 43 30.088,05<br />
Pancetta di Calabria - - - - - - 2 n.d. n.d. 10 3.475,00 10,95 23 11,32<br />
Pancetta Piacentina 14 12.994,00 65,00 18 27.562,00 138,00 16 36.142,00 180,00 12 206,78 16 277,18<br />
Prosciutto di Carpegna - - - - - - - - - - - - 1 47.380,00 450,11<br />
Prosciutto di Modena 11 125.529,00 1.160,00 11 133.850,00 1.244,80 11 136.956,00 1.273,93 14 170.053,00 1.580,37 12 176.658,00 1.642,63<br />
Prosciutto di Norcia 6 16.032,00 138,00 6 42.922,00 369,00 7 73.096,00 628,63 8 110.546,00 950,70 10 116.021,00 997,78<br />
Prosciutto di Parma 195 9.061.379,00 87.021,00 195 9.018.202,00 86.672,00 189 8.746.652,00 83.958,27 204 9.159.620,00 87.899,88 203 9.383.872,00 90.051,91<br />
Prosciutto San Daniele 26 1.968.221,00 18.685,00 27 2.110.366,00 20.202,00 27 2.204.903,00 21.231,97 33 2.269.157,00 22.070,13 28 2.349.992,00 23.004,57<br />
Prosciutto Toscano 20 129.940,00 1.104,00 20 133.890,00 1.138,00 19 144.528,00 1.228,49 18 184.238,00 1.566,02 19 235.102,00 1.998,37<br />
Prosciutto Veneto Berico-Euganeo 8 57.048,00 528,00 9 51.945,00 495,00 9 50.487,00 479,05 5 58.801,00 562,85 11 58.351,00 563,94<br />
Salame Brianza 12 n.d. 155,00 12 n.d. 265,21 11 n.d. 272,90 11 457,53 11 340,36<br />
Salame di Varzi - - - - - - - - - - 12 41.649,00 27,80<br />
Salame d'oca di Mortara - - - - - - - - - - - - -<br />
Salame Piacentino 12 238.310,00 167,00 16 414.487,00 180,00 15 240,30 14 285,20 16 367,00<br />
Salamini italiani alla cacciatora - - - - - - - - - - 39 1.489,84<br />
Salsiccia di Calabria - - - - - - 4 n.d. 2,28 11 26.858,00 23,62 24 29,23<br />
Soppressata di Calabria - - - - - - 2 n.d. n.d. 11 78.809,00 29,96 24 38,22<br />
Soprèssa Vicentina - - - - - - - - - 64.563,00 108,82 9 63.947,00 108,08<br />
Speck dell’Alto Adige 30 1.742.669,00 7.842,00 30 1.906.793,00 8.581,00 22 2.156.790,00 9.705,00 22 10.535,16 22 9.998,28<br />
Valle Aosta Jambon de Bosses - - - - - - - - - 1 532,00 4,04 1 1.138,00 8,66<br />
Valle Aosta Lard d’Arnad - - - 2 32.496,00 41,12 3 214,41 3 279,78 3 291,50<br />
Zampone Modena - - - 20 n.d. 1.663,86 24 2.099,62 27 2.384,20 29 2.620,02<br />
Totale 377 15.019.572,00 121.711,00 457 16.180.459,00 149.330,12 466 16.672.465,00 159.989,61 526 12.129.670,00 172.160,69 671 12.474.110,00 180.847,67<br />
* I trattini si riferiscono a <strong>prodotti</strong> per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in corso d’anno. Per i <strong>prodotti</strong> per i quali<br />
il quantitativo certificato era espresso in pezzi si è stimato un peso medio di ciascun pezzo per esprimere il quantitativo in tonnellate.<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo.<br />
209
Tabella 3/d - Prodotti a base di carne: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004<br />
(milioni di euro)<br />
2000 2001 2002 2003 2004<br />
Prodotto Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato<br />
210<br />
Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo<br />
Bresaola Valtellina 54,44 84,69 77,24 141,61 97,77 203,70 135,22 249,64 170,68 315,10<br />
Capocollo di Calabria - - - - - - 0,04 0,10 0,12 0,15<br />
Coppa Piacentina 0,58 2,31 1,53 2,77 2,26 4,38 2,60 5,65 3,54 7,59<br />
Cotechino Modena - - 11,63 15,50 10,79 21,57 13,63 17,78 16,87 22,01<br />
Culatello di Zibello 1,15 2,31 3,89 4,12 5,55 5,79 5,61 8,88 7,83 9,92<br />
Lardo di Colonnata - - 0,56 0,83<br />
Mortadella Bologna - - 127,51 200,80 138,88 277,76 149,61 269,30 150,44 204,30<br />
Pancetta di Calabria - - - - - - 0,05 0,10 0,05 0,11<br />
Pancetta Piacentina 0,28 0,62 0,63 1,28 0,81 1,68 0,93 1,93 2,08 3,83<br />
Prosciutto di Carpegna - - - - - - - - 6,68 10,16<br />
Prosciutto di Modena 8,39 20,97 11,83 24,27 14,01 20,38 13,04 31,61 11,50 32,85<br />
Prosciutto di Norcia 1,12 2,54 3,14 7,15 5,52 12,95 11,88 14,26 8,25 21,55<br />
Prosciutto di Parma 710,09 1.438,16 723,71 1.645,04 726,24 1.634,02 773,52 1.743,93 797,86 1.776,72<br />
Prosciutto San Daniele 173,70 434,25 212,12 410,71 191,09 441,27 242,77 462,59 230,05 481,72<br />
Prosciutto Toscano 9,12 17,11 7,63 22,76 8,23 25,17 12,21 19,58 14,99 39,97<br />
Prosciutto Veneto 5,45 14,18 4,60 13,81 3,84 13,41 5,63 13,51 6,20 13,53<br />
Berico-Euganeo<br />
Salame Brianza 1,60 2,40 5,04 7,43 5,19 6,28 5,03 7,32 2,65 9,53<br />
Salame di Varzi - - - - - - - - 0,22 0,70<br />
Salame d'Oca di Mortara - - - -<br />
Salame Piacentino 0,92 1,81 1,11 2,14 1,74 3,10 2,06 3,68 3,38 4,77<br />
Salamini italiani alla cacciatora - - - - - - - - 10,13 18,62<br />
Salsiccia di Calabria - - - - 0,03 0,04 0,11 0,26 0,28 0,37<br />
Soppressata di Calabria - - - - - - 0,17 0,39 0,22 0,51<br />
Sopprèssa Vicentina - - 0,97 1,73<br />
Speck dell’Alto Adige 52,65 93,15 68,65 151,20 77,64 193,69 84,28 219,55 79,99 219,46<br />
Valle Aosta Jambon de Bosses - - - - - - 0,04 0,09 0,03 0,16<br />
Valle Aosta Lard d’Arnad - - 0,16 0,32 1,29 2,25 1,96 3,36 3,50 4,08<br />
Zampone Modena - - 14,14 16,64 10,50 21,00 13,71 23,84 11,30 19,65<br />
Totale 1.019,50 2.114,50 1.274,55 2.667,53 1.301,35 2.888,44 1.474,12 3.097,36 1.540,38 3.219,92<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
Tabella 3/e - Grassi e oli extravergini di oliva: numero di aziende e quantità certificate in Italia nel 2000-2004*<br />
2000 2001 2002 2003 2004<br />
Prodotto Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate<br />
Alto Crotonese - - - - - - - - n.d. 5,33<br />
Aprutino Pescarese 39 108,40 36 61,65 26 131,08 39 33,92 n.d. 83,49<br />
Brisighella n.d. 5,60 25 - n.d. 1,81 1 13,42 1 8,61<br />
Bruzio - - 8 29,72 9 68,63 1 19,59 20 107,21<br />
Canino 5 78,70 6 109,46 8 115,91 9 82,39 n.d. 141,66<br />
Chianti Classico 9 60,60 15 96,09 47 350,12 162 105,42 254 105,13<br />
Cilento 2 - 2 2,06 2 12,63 3 18,27 140 32,23<br />
Colline di Brindisi 16 17,50 8 22,49 18 44,44 10 37,87 88 63,51<br />
Colline di Romagna - - - - - - n.d. 1,59 4 3,24<br />
Colline Salernitane 7 0,80 10 7,60 14 6,51 10 32,43 224 22,35<br />
Colline Teatine 4 37,70 n.d. - 26 86,62 16 58,08 26 50,14<br />
Dauno 38 193,30 6 15,96 15 15,96 59 111,49 24 146,89<br />
Garda 238 86,60 298 121,61 11 127,91 378 141,90 572 149,67<br />
Laghi Lombardi 9 0,70 n.d. 2,82 n.d. n.d. 5 3,36 n.d. 3,31<br />
Lametia 2 38,00 3 68,50 1 81,05 2 14,47 4 11,00<br />
Molise - - - - - - - - 14 5,35<br />
Monte Etna - - - - - - - - 3 13,15<br />
Monti Iblei 1 4,40 8 69,01 31 55,57 22 29,05 35 133,41<br />
Penisola Sorrentina 4 8,40 4 3,45 8 7,48 5 15,02 27 11,50<br />
Riviera Ligure n.d. n.d. n.d. 275,85 n.d. 628,70 n.d. 615,79 55 411,17<br />
Sabina n.d. n.d. 22 26,66 41 128,80 78 83,79 n.d. 128,95<br />
Terra di Bari** 59 694,20 16 522,43 175 817,03 n.d. 246,83 390 942,07<br />
Terra d’Otranto 3 10,90 2 9,48 2 6,69 n.d. 44,55 n.d. n.d.<br />
Terre di Siena 8 6,30 21 27,30 36 19,07 46 47,12 224 14,50<br />
Toscano 66 1.665,00 n.d. 1.664,99 n.d. 1.500,00 39 1.797,40 n.d. 1.571,20<br />
Umbria 49 526,40 63 584,08 66 624,60 25 585,49 123 557,01<br />
Val di Mazara - - - - n.d. n.d. 19 65,58 53 103,08<br />
Valle del Belice - - - - - - - - n.d. n.d.<br />
Valli Trapanesi 3 57,30 5 160,85 5 135,77 n.d. 82,44 6 163,22<br />
Veneto Valpolicella, - - - - - - 116 11,46 15 17,06<br />
Veneto Euganei e Berici,<br />
Veneto del Grappa<br />
Totale 562 3.600,80 558 3.882,08 541 4.966,37 1.045 4.298,71 2.302 5.005,45<br />
* I trattini si riferiscono a <strong>prodotti</strong> per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in<br />
corso d’anno.<br />
**Nella precedente rilevazione relativa al 2003, l'Organismo di controllo, aveva erroneamente indicato il numero di etichette autorizzate<br />
anziché le tonnellate certificate.<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo.<br />
211
Tabella 3/f - Grassi e oli extravergini di oliva: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004<br />
(milioni di euro)<br />
212<br />
2000 2001 2002 2003 2004<br />
Prodotto Fatturati stimati Fatturati stimati Fatturati stimati Fatturati stimati Fatturati stimati<br />
Produzione Consumo Produzione Consumo Produzione Consumo Produzione ConsumoProduzione Consumo<br />
Alto Crotonese - - - - - - - - n.d. n.d.<br />
Aprutino Pescarese 0,50 0,84 0,36 0,41 1,47 1,89 0,22 0,26 0,61 0,66<br />
Brisighella 0,07 0,12 - - 0,39 0,38 0,25 0,30 0,21 0,21<br />
Bruzio - - 0,20 0,25 0,38 0,67 0,14 0,21 0,83 1,21<br />
Canino 0,53 0,65 1,08 1,08 1,10 1,10 0,86 0,86 1,26 1,55<br />
Chianti Classico 1,05 1,38 2,05 2,68 1,30 1,70 1,09 2,30 1,88 2,26<br />
Cilento - - n.d. - 0,05 0,13 0,07 0,15 0,17 0,25<br />
Colline di Brindisi 0,07 0,10 0,08 0,11 0,14 0,24 0,14 0,28 0,35 0,60<br />
Colline di Romagna - - - - - - 0,02 0,03 0,05 0,07<br />
Colline Salernitane 0,01 0,01 0,10 0,16 0,13 0,24 0,12 0,51 0,10 0,37<br />
Colline Teatine 0,20 0,26 - - n.d. 0,50 0,55 0,59 0,78 0,82<br />
Dauno 0,80 1,50 0,65 0,99 0,06 0,12 0,38 0,85 0,60 1,50<br />
Garda 2,49 3,30 1,41 1,58 1,43 1,53 1,85 2,84 2,40 3,10<br />
Laghi Lombardi 0,02 0,02 0,03 0,04 n.d. n.d. 0,09 0,11 0,10 0,12<br />
Lametia 0,16 0,20 0,34 0,44 0,06 0,09 0,04 0,08 0,03 0,06<br />
Molise - - - - - - - - 0,03 0,04<br />
Monte Etna - - - - - - - - 0,09 0,10<br />
Monti Iblei 0,03 0,07 0,49 1,20 0,41 1,03 0,19 0,53 0,91 1,89<br />
Penisola Sorrentina 0,03 0,07 0,03 0,07 0,05 0,16 0,11 0,23 0,10 0,18<br />
Riviera Ligure - - n.d. n.d. 5,12 11,33 4,59 11,07 5,48 7,11<br />
Sabina n.d. n.d. 0,22 0,25 0,79 1,09 0,69 0,73 0,89 1,17<br />
Terra di Bari 2,87 3,77 1,56 2,80 2,66 4,60 1,11 1,26 3,66 6,45<br />
Terra d’Otranto 0,05 0,08 0,04 0,06 0,03 0,05 0,55 0,62 0,27 0,38<br />
Terre di Siena 0,05 0,09 0,96 1,67 0,27 0,52 0,67 1,29 0,21 0,40<br />
Toscano 10,75 18,92 21,45 22,54 21,45 21,45 23,55 23,55 23,41 23,41<br />
Umbria 3,26 4,35 5,71 7,24 6,14 7,73 5,43 7,35 4,48 7,24<br />
Val di Mazara - - - - n.d. n.d. 0,95 1,05 0,54 0,95<br />
Valle del Belice - - - - - - - - - -<br />
Valli Trapanesi 0,50 0,78 2,02 2,42 1,04 1,33 0,39 0,54 1,12 1,17<br />
Veneto Valpolicella, - - - - - - 0,23 0,20 0,24 0,28<br />
Veneto Euganei e Berici,<br />
Veneto del Grappa<br />
Totale 23,42 36,49 38,76 45,97 44,45 57,86 44,29 57,78 50,82 63,56<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
Tabella 3/g - Ortofrutticoli e cereali: numero di aziende e quantità certificata 2000 - 2004*<br />
2000 2001 2002 2003 2004<br />
Prodotto Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate Az. Tonnellate<br />
Arancia Rossa di Sicilia - - - - - - 16 1.646,42 219 2.008,05<br />
Asparago Bianco di Cimadolmo - - - - - - - - 1 14,39<br />
Asparago verde di Altedo - - - - - - - - 5 32,93<br />
Cappero di Pantelleria - - - - - - 35 1,25 n.d. n.d.<br />
Carciofo di Paestum - - - - - - - - - -<br />
Carciofo romanesco del Lazio - - - - - - 5 33,03 12 47,09<br />
Castagna del Monte Amiata - - - - 23 40,02 5 0,74 9 0,15<br />
Castagna di Montella 2 47,20 1 109,20 1 39,88 4 21,26 4 59,94<br />
Ciliegia di Marostica - - - - n.d. n.d. 1 1,19 1 3,37<br />
Clementina di Calabria 1 221,30 11 1.715,30 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.<br />
Clementine del Golfo di Taranto - - - - n.d. n.d. 1 176,73 1 141,37<br />
Fagiolo di Lamon 44 4,80 n.d. - 46 2,26 21 0,86 125 2,37<br />
dell’Alta Vallata Bellunese<br />
Fagiolo di Sarconi - - 1 10,04 1 10,04 3 16,03 2 n.d.<br />
Fagiolo di Sorana - - - - - - - - 15 5,74<br />
Farina di Neccio della Garfagnana - - - - - - - - 9 2,61<br />
Farro della Garfagnana 41 90,00 49 87,00 56 88,30 10 151,89 5 80,98<br />
Fungo di Borgotaro 3 0,40 3 2,03 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.<br />
La Bella della Daunia - - - - 8 n.d. - - 5 105,11<br />
Lenticchia di Castelluccio di Norcia 17 213,00 15 164,00 25 188,00 19 228,83 21 268,10<br />
Limone Costa d'Amalfi - - 1 - 3 85,00 2 171,46 3 339,87<br />
Limone di Sorrento - - 1 554,80 1 880,68 1 795,20 2 1.843,37<br />
Marrone del Mugello 16 58,70 14 93,85 5 78,25 6 33,86 163 47,82<br />
Marrone di Castel del Rio 6 102,70 6 159,40 5 115,96 5 180,49 6 130,45<br />
Marrone di San Zeno - - - - - - - - 13 2,90<br />
Mela Val di Non - - - - - - - - 2 110.208,94<br />
Nocciola del Piemonte 690 5.592,90 861 6.655,71 893 7.651,00 n.d. 3.624,84 842 9.332,84<br />
Nocciola di Giffoni - - 1 - 2 2,80 2 5,60 5 39,57<br />
Nocellara del Belice - - 5 41,93 8 12,41 14 12,60 3 19,31<br />
Peperone di Senise - - - - - - n.d. -<br />
Pera dell’Emilia Romagna 12 505,90 7 45,43 12 623,01 15 2.213,01 30 1.136,18<br />
Pera Mantovana - - 1 23,03 n.d. n.d. 1 6,70 2 54,06<br />
Pesca e Nettarina di Romagna 19 1.091,00 9 95,30 19 1.270,02 20 1.259,14 20 3.144,29<br />
Pomodoro di Pachino - - - - - - n.d. 13 81,10<br />
Pomodoro S. Marzano 10 1.793,00 11 1.754,00 12 1.468,00 11 1.461,00 12 4.862,71<br />
dell’Agro Sarnese – Nocerino<br />
Radicchio Rosso di Treviso 34 178,80 42 184,89 47 259,00 8 50,69 22 257,28<br />
Radicchio Variegato di Castelfranco 5 23,60 7 7,32 10 138,71 4 5,52 9 93,56<br />
Riso Vialone Nano Veronese 27 - 24 16,00 14 44,40 2 45,00 6 56,60<br />
Scalogno di Romagna 7 6,40 7 4,56 7 2,58 7 2,73 12 3,60<br />
Uva da tavola di Canicattì - - - - - - - - - -<br />
Uva da tavola di Mazzarone - - - - - - - - - -<br />
Totale** 934 9.929,70 1.077 11.723,79 1.198 13.000,31 218 12.146,06 1.599 134.426,61<br />
* I trattini si riferiscono a <strong>prodotti</strong> per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in corso<br />
d’anno. Per i <strong>prodotti</strong> per i quali il quantitativo certificato era espresso in confezioni, pezzi o sacchi si è stimato un peso medio per ognuno<br />
di essi per esprimere il quantitativo in tonnellate.<br />
**La differenza sul totale tra l'anno 2002 e 2003 delle aziende controllate (circa -82%) è dovuto principalmente alla impossibilità di reperire<br />
dati del numero delle aziende controllate riferiti alla Nocciola del Piemonte; ciò è causato dal fatto che gli agricoltori controllati appartengono<br />
per lo più ad una unica Associazione di Produttori comprendente circa 539 agricoltori che vengono controllati a campione dall'Organismo<br />
di Controllo.<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo.<br />
213
Tabella 3/h - Ortofrutticoli e cereali: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004<br />
(milioni di euro)<br />
2000 2001 2002 2003 2004<br />
Prodotto Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato<br />
Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo<br />
Arancia Rossa di Sicilia - - - - - - 0,46 1,65 0,49 1,95<br />
Asparago Bianco di Cimadolmo - - - - - - - - 0,12 0,17<br />
Asparago verde di Altedo - - - - - - - - 0,12 0,12<br />
Cappero di Pantelleria - - - - - - 0,01 0,02 - -<br />
Carciofo di Paestum - - - - - - - - - -<br />
Carciofo Romanesco del Lazio - - - - - - 0,01 0,12 0,02 0,16<br />
Castagna del Monte Amiata - - - - 0,09 0,20 0,00 0,00 0,00 0,00<br />
Castagna di Montella 0,04 0,10 0,11 0,28 0,04 0,10 0,06 0,07 0,12 0,19<br />
Ciliegia di Marostica - - - - - - 0,00 0,00 0,01 0,01<br />
Clementina di Calabria 0,11 0,21 0,63 1,15 n d. n.d. - - - -<br />
Clementine del Golfo di Taranto - - - - - - 0,12 0,44 - -<br />
Fagiolo di Lamon 0,02 0,04 - - 0,01 0,02 0,01 0,01 0,02 0,02<br />
della Vallata Bellunese<br />
Fagiolo di Sorana - - - - - - - - 0,11 0,13<br />
Fagiolo di Sarconi - - 0,04 0,08 0,04 0,09 0,10 0,14 - -<br />
Farina di Neccio della Garfagnana - - 0,03 0,03<br />
Farro della Garfagnana 0,04 0,20 0,20 0,36 0,27 0,37 0,47 0,63 0,21 0,40<br />
Fungo di Borgotaro 0,01 0,01 0,03 0,05 n.d. n.d. - - 0,05 0,05<br />
La Bella della Daunia - - - - n.d. n.d. - - 0,38 0,69<br />
Lenticchia di Castelluccio di Norcia 0,94 1,98 1,10 1,61 1,26 1,84 1,36 2,24 1,34 2,68<br />
Limone Costa d'Amalfi - - - - 0,07 0,11 0,10 0,26 0,24 0,54<br />
Limone di Sorrento - - 0,54 0,98 1,00 1,70 1,04 1,68 1,84 3,32<br />
Marrone del Mugello 0,11 0,24 0,17 0,29 0,14 0,39 0,06 0,27 0,09 0,20<br />
Marrone di Castel Rio 0,26 0,56 0,44 0,49 0,33 0,52 0,52 1,18 0,46 0,65<br />
Marrone di San Zeno - - 0,00 0,01<br />
Mela Val di Non - - - - - - - - 83,76 132,25<br />
Nocciola del Piemonte 1 11,55 28,89 13,29 23,90 15,23 29,53 6,81 14,72 19,12 33,84<br />
Nocciola di Giffoni - - - - 0,00 n.d. 0,01 0,04 0,06 0,28<br />
Nocellara del Belice - - 0,01 0,07 0,01 0,07 0,02 0,05 0,03 0,03<br />
Peperone di Senise - - - - - - - - - -<br />
Pera dell’Emilia Romagna 0,19 0,34 0,03 0,05 0,50 0,69 1,22 4,15 0,57 1,96<br />
Pera Mantovana - - 0,01 0,03 n.d. n.d. 0,00 0,01 0,04 0,09<br />
Pesca e Nettarina di Romagna 0,40 0,73 0,04 0,07 0,53 1,05 1,20 2,32 1,58 4,35<br />
Pomodoro di Pachino - - - - - - - - 0,13 0,15<br />
Pomodoro S. Marzano 1,46 1,71 1,44 2,58 2,20 2,39 0,39 1,17 0,92 1,95<br />
dell’Agro Sarnese – Nocerino<br />
Radicchio Rosso di Treviso 0,69 1,11 0,59 1,06 1,01 1,73 0,03 0,27 0,84 1,37<br />
Radicchio Variegato 0,06 0,12 0,02 0,03 0,42 0,57 0,14 0,02 0,20 0,33<br />
di Castelfranco<br />
Riso Vialone Nano Veronese - - 0,02 0,04 0,04 0,10 0,02 0,08 0,05 0,10<br />
Scalogno di Romagna 0,01 0,02 0,01 0,02 0,01 0,01 0,01 0,02 0,02 0,02<br />
Uva da tavola di Canicattì - - - - - - - - - -<br />
Uva da tavola di Mazzarone - - - - - - - - - -<br />
Totale 15,89 36,24 18,72 33,14 23,18 41,49 14,17 31,57 112,99 188,05<br />
1) Il dato del fatturato al consumo è stato ottenuto, così come per tutti gli altri <strong>prodotti</strong>, moltiplicando il prezzo al consumo per le quantità di prodotto<br />
certificato, anche se in realtà questa produzione, una volta subita la prima trasformazione, viene destinata principalmente all'industria dolciaria.<br />
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.<br />
214
Allegato<br />
Procedure da seguire: • da parte di produttori di paesi terzi<br />
per la registrazione di <strong>DOP</strong> e <strong>IGP</strong>;<br />
• da parte di cittadini di paesi terzi<br />
per sollevare eventuali obiezioni a<br />
tali domande.<br />
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