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Senza titolo-1 - istrit.org

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sicurezza scrive al prefetto che «La partenza dei profughi avviene con indescrivibile<br />

disordine, poiché in maggior parte trattasi di donne e bambini,<br />

avvengono scene strazianti e molto facilmente possono verificarsi gravi e<br />

dolorosi disordini». II delegato conclude chiedendo, in rinforzo, un congruo<br />

numero di carabinieri. Il prefetto, non avendo a disposizione i carabinieri,<br />

manda un plotone di soldati. Nella confusione qualcuno si perdeva e, infatti,<br />

il 5 sono avviati a Ferrara 30 bambini che erano a Treviso «dispersi». Col<br />

passare dei giorni, l'impressione che il nostro esercito potesse reggere sul<br />

Piave prese una certa consistenza. Così, alla necessità di smistamento dei<br />

profughi veri e propri, si sommò quella di provvedere alle popolazioni residenti<br />

nella fascia di combattimento, ossia un territorio di almeno cinque<br />

chilometri di profondità dietro la linea del fronte. Il comando del XIII corpo<br />

d'armata scrive in una relazione «dal 7 novembre 1917 al 31 gennaio 1918<br />

fu ordinato lo sgombero per una profondità di quattro chilometri di tutte le<br />

zone retrostanti la prima linea [...]. Le popolazioni furono raccolte nei comuni<br />

di Monastier, S. Biagio e Roncade. Quelli che avevano i mezzi proseguirono<br />

il viaggio oltre il territorio del corpo d'armata. Nella zona del corpo<br />

d'armata erano rimasti 7.624 profughi: dei quali 476 provenienti dalla sinistra<br />

Piave. I profughi vennero così raggruppati: Casier 239, Roncade 3.916,<br />

Monastier 1.856, S. Biagio 1.047, Spercenigo 411, Cendon 97, Lughignano<br />

30, Zerman 28. Furono sistemati in stalle e fienili. Si decise di inviarne a<br />

Modena 1300, ma effettivamente ne partirono poche decine, gli altri non<br />

vollero partire perché correva voce che sarebbero stati peggio». 2 La relazione<br />

rileva anche che le malversazioni alla proprietà privata da parte di militari<br />

isolati, ma anche di interi reparti, aveva suscitato nella popolazione «vivissimo<br />

risentimento». Il problema della popolazione stanziale a ridosso della<br />

fascia di sicurezza, fu una preoccupazione costante per i comandi militari.<br />

Scrive un ufficiale del comando della 3ª armata: «Nel novembre del 1917 fu<br />

difficile ad ottenere lo sgombero di una fascia di poche centinaia di metri<br />

dall'argine del fiume [...]. D'accordo con il prefetto di Treviso che la popolazione<br />

civile sarebbe stata avvertita e consigliata ad abbandonare per lo meno<br />

tutta la zona comprese fra Sile e Piave [...]. L'avvertimento ed il consiglio<br />

furono uditi, pesati, discussi e [...] non seguiti. I buoni paesani e agricoltori<br />

del trevigiano non vollero muoversi. Tuttalpiù in qualche b<strong>org</strong>ata, riflettendo<br />

alla minaccia del gas, qualcuno disse: "dateci delle maschere anche a noi"». 3<br />

Fu loro osservato che non bastavano neanche per i soldati. Risposero: «Allora<br />

faremo senza» e non si mossero. Nei primi giorni di novembre, quando la<br />

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