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Elena dell'Agnese La mascolinità del cowboy nel cinema western ...

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purificatrice <strong>del</strong>l’esperienza <strong>del</strong>la wilderness; quelli degli anni sessanta vennero poi<br />

utilizzati per rileggere l’esperienza South-of-the-border dei militari americani (ossia le<br />

guerre in Vietnam e in Corea) come una missione necessaria al fine di aiutare popoli<br />

bisognosi, ma primitivi e incapaci di acquisire e gestire un buon governo con le loro<br />

stesse mani (come accade, per esempio, ne I magnifici sette, di Sturges, <strong>del</strong> 1960, o <strong>nel</strong><br />

Mucchio selvaggio, di Peckimpah, <strong>del</strong> 1969) (<strong>del</strong>l’Agnese, 2005). Negli anni settanta vi<br />

fu chi fece ricorso al <strong>western</strong> “revisionista” per indurre l’America a riflettere – in modo<br />

indiretto ma elegantemente giocato con l’uso di comparse vietnamite invece che indiane<br />

– sulla brutalità <strong>del</strong>l’esperienza (presente) <strong>del</strong> Vietnam, associandola alla brutalità<br />

<strong>del</strong>l’esperienza (passata) <strong>del</strong>la frontiera (vedi Soldato Blu, <strong>del</strong> 1970, e Il piccolo grande<br />

uomo, di Arthur Penn, <strong>del</strong>lo stesso anno). All’inizio degli anni novanta, il <strong>western</strong> venne<br />

ripresentato in veste New Age con pellicole come L’ultimo dei Mohicani o Balla con i<br />

lupi, dove il significato <strong>del</strong>la frontiera <strong>nel</strong>la storia americana veniva reinterpretato sotto<br />

il segno <strong>del</strong>la ibridazione culturale con gli indiani 16 . Invece, <strong>nel</strong> corso <strong>del</strong> decennio<br />

successivo, segnato dalla crisi <strong>del</strong>le guerre in Afghanistan e in Iraq, i valori <strong>del</strong> West,<br />

<strong>del</strong> suo modo di fare giustizia e imporre la libertà, vengono richiamati all’interno di<br />

produzioni destinate ad offrire al pubblico una riconferma <strong>del</strong> significato di un certo<br />

modo di “essere americani” (vedi, per esempio, Hidalgo. Oceano di fuoco, <strong>del</strong> 2004)<br />

(<strong>del</strong>l’Agnese 2004).<br />

Genere adattabile nei suoi significati geopolitici, ma pur sempre riconoscibile come l’<br />

“universo mitico” <strong>del</strong>la narrazione epica americana, il <strong>western</strong> ha utilizzato, <strong>nel</strong> corso<br />

<strong>del</strong> tempo, paesaggi simbolici di segno diverso; così, le pellicole <strong>del</strong> periodo classico<br />

rappresentavano l’Ovest come un luogo di terre vergini, oppure addirittura<br />

semidesertiche (come la Monument Valley), per sottolineare il ruolo <strong>del</strong>l’uomo bianco<br />

<strong>nel</strong> riscrivere il proprio destino <strong>nel</strong> confronto con una terra maestosa e ostile (Engel,<br />

1994); al contrario, i <strong>western</strong> alternativi o quelli New Age, che <strong>del</strong>la frontiera hanno<br />

privilegiato il significato di contatto culturale, hanno come sfondo foreste e verdeggianti<br />

praterie, punteggiate dagli insediamenti indiani e dai segni <strong>del</strong>la loro presenza.<br />

Elemento comune a tutto il genere rimane comunque il tratto anti-urbano <strong>del</strong>le<br />

ambientazioni, che tende a contrapporre a città piccole, spesso corrotte e comunque mal<br />

organizzate, i grandi spazi aperti <strong>del</strong> territorio americano, the big country per<br />

eccellenza.<br />

Un tratto anti-urbano caratterizza anche l’eroe <strong>del</strong>la frontiera: il protagonista epico <strong>del</strong>la<br />

conquista <strong>del</strong> West è infatti, secondo la letteratura prima e secondo il <strong>cinema</strong> poi, un<br />

individuo che sfugge la vita sedentaria e la civilizzazione, per privilegiare il viaggio, la<br />

vita nomade, il contatto con natura. Questo tratto anti-urbano caratterizza tanto i<br />

personaggi che ricoprivano il ruolo <strong>del</strong>l’eroe <strong>nel</strong>la prima fase <strong>del</strong>la mitizzazione<br />

culturale <strong>del</strong>la frontiera, come gli scout e i cacciatori di pelli protagonisti dei romanzi di<br />

James Fenimore Cooper, quanto quello che sarebbe divenuto, a partire dalla fine<br />

<strong>del</strong>l’Ottocento, il protagonista assoluto <strong>del</strong>l’epopea <strong>del</strong> West, ovvero il <strong>cowboy</strong>.<br />

Il <strong>cowboy</strong> <strong>nel</strong>lo spazio mitico americano<br />

Il giovane mandriano, dedito alla cura <strong>del</strong>le vacche e, più in generale, all’allevamento<br />

itinerante nei Grandi Piani cui si ispira la figura <strong>del</strong> <strong>cowboy</strong>, era spesso un individuo<br />

povero, mal pagato, mal nutrito, talora disoccupato nei mesi invernali, che rivestiva<br />

<strong>nel</strong>la società <strong>del</strong>la frontiera uno status marginale in termini sia economici che sociali<br />

16 <strong>La</strong> rilettura <strong>del</strong>la frontiera americana come luogo specifico <strong>del</strong>l’incontro culturale è tipica non solo<br />

<strong>del</strong>la cultura popolare, ma anche <strong>del</strong>la storiografia di quegli anni. Si veda in proposito Nobles, 1997.

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