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Le esternalità dell'agricoltura. Una analisi degli effetti ambientali ...

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un’asportazione di terra di oltre 3 Kg per metro quadrato di terreno nudo in forte<br />

pendenza, ma di solo 500 grammi se il terreno è coperto da vegetazione. La<br />

situazione si è spinta tanto oltre che non basta più proibire il disboscamento, ma<br />

è necessario l’impianto di nuovi alberi per evitare che le colline continuino a<br />

scivolare verso le pianure. In Italia il campanello d’allarme è scattato all’indomani<br />

della tragedia di Sarno, che ha avviato una riflessione sostenuta dal Ministero<br />

dell’Ambiente in merito all’innovazione delle politiche di difesa del suolo a partire<br />

dalle aree a maggior rischio di frane e alluvioni. Dopo la tragedia, infatti, fu<br />

subito emanato il decreto n.180/98, convertito con la legge n. 267 del 3 agosto<br />

1998, che conteneva misure di emergenza per le zone colpite dalle frane, ma<br />

introduceva anche importanti novità per la prevenzione e la difesa delle aree a<br />

maggior rischio. Il Ministero dell’Ambiente procedeva quindi all’individuazione di<br />

tutti i comuni esposti ad alluvioni, frane e valanghe, classificandoli in tre<br />

specifiche categorie di rischio: molto elevato, elevato, non elevato. I comuni con<br />

rischio idrogeologico molto elevato sono caratterizzati da uno o più dei seguenti<br />

fattori: ricorrenza elevata di fenomeni franosi o alluvionali; caratteristiche dei<br />

terreni con elevatissima fragilità strutturale e con almeno un evento franoso<br />

registrato sul territorio comunale; presenza di eventi calamitosi con un numero di<br />

vittime superiore a quattro e una propensione al dissesto elevata sia su base<br />

strutturale, sia su base storica. I comuni con rischio elevato sono invece<br />

caratterizzati dai seguenti fattori: ricorrenza significativa di fenomeni franosi o<br />

alluvionali; caratteristiche dei terreni con fragilità strutturale significativa, ma con<br />

almeno un evento franoso registrato sul territorio comunale; presenza di eventi<br />

calamitosi con un numero di vittime superiore a quattro e una propensione al<br />

dissesto significativa sia su base strutturale, sia su base storica. Nelle Marche<br />

sono 48 i comuni a rischio molto elevato, cioè il 19.5% di tutti i comuni della<br />

Regione, e 94 sono a rischio elevato, ovvero il 38.2%, quindi solamente il 42.3%<br />

non è minacciato da questi fenomeni. Si è tentato di intervenire anche a livello<br />

comunitario, con le misure di accompagnamento alla Pac, del 1992, che<br />

comprendevano le misure agro<strong>ambientali</strong> (Reg.2078/92) e l’imboschimento, e<br />

che si prefiggevano di ridurre l’inquinamento agricolo, di privilegiare colture<br />

estensive e di gestire lo spazio rurale in modo ecocompatibile. L’<strong>analisi</strong> fatta a<br />

posteriori dalla Corte dei Conti ha evidenziato però che molti di questi obiettivi<br />

sono stati disattesi; la maggior parte <strong>degli</strong> Stati non ha indirizzato i fondi verso le<br />

priorità <strong>ambientali</strong> e inoltre la distribuzione <strong>degli</strong> stessi è stata distorta e guidata<br />

solamente dalla capacità <strong>degli</strong> Stati di cofinanziare le risorse comunitarie, l’86%<br />

della spesa è stato assorbito da cinque paesi solamente. La Corte sottolinea<br />

come in Italia, inizialmente le priorità <strong>ambientali</strong> abbiano rivestito un ruolo<br />

fondamentale per l’assegnazione dei fondi, ma tale approccio è stato<br />

successivamente sostituito dalla logica della domanda: cioè le Regioni che<br />

spendevano di più ricevevano una maggiore contribuzione l’anno seguente, in tal<br />

modo gli aiuti finivano per essere concentrati nelle Regioni con meno<br />

problematiche. Infine la Corte dei Conti ha evidenziato come molte nazioni, fra<br />

cui l’Italia, abbiano disatteso l’obbligo di adottare misure compatibili con<br />

l’ambiente, e abbiano continuato a fare il medesimo uso di fertilizzanti e di<br />

fitosanitari. La relazione della Corte dei Conti, alla luce di quanto detto, sembra<br />

dichiarare il parziale fallimento della politica ambientale comunitaria, ma in realtà<br />

non è propriamente così, infatti l’impegno continua attraverso altre disposizioni<br />

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