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Le esternalità dell'agricoltura. Una analisi degli effetti ambientali ...

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CAPITOLO 2<br />

ESTERNALITÀ DELL’AGRICOLTURA<br />

2.1 Che cosa s’intende per <strong>esternalità</strong>?<br />

Il concetto d’<strong>esternalità</strong> indica una forma d’inefficienza del mercato, che si<br />

manifesta nel momento in cui l’attività di produzione e/o di consumo di un<br />

individuo, arreca un costo o un beneficio ad un soggetto differente da quello che<br />

svolge l’azione. In base a che l’effetto esterno sia un costo o un beneficio, le<br />

<strong>esternalità</strong> sono rispettivamente negative (diseconomie esterne) o positive<br />

(economie esterne). Nel momento in cui si determina un’<strong>esternalità</strong> si crea una<br />

discordanza fra l’insieme dei prezzi relativi considerato dai produttori e quello<br />

considerato dai consumatori, tale da impedire al mercato di raggiungere un<br />

equilibrio ottimale in senso paretiano 1 , poiché gli individui fanno le loro scelte<br />

sulla base di prezzi e di costi che non riflettono il reale valore delle risorse<br />

utilizzate. Supponiamo ad esempio che un’attività generi costi aggiunti a sfavore<br />

di terzi, ossia un’<strong>esternalità</strong> negativa, il produttore ignorerà tali costi che<br />

chiameremo sociali e agirà esclusivamente sulla base di un costo privato,<br />

optando per un livello di produzione superiore rispetto a quello ottimale.<br />

All’opposto qualora un’azione vada a vantaggio di terzi, generando un’<strong>esternalità</strong><br />

positiva, nel decidere il livello ottimale di produzione, non si terrà conto dei<br />

benefici sociali e si produrrà ad un livello inferiore rispetto a quello ottimale. In<br />

entrambi i casi pertanto, il mercato, tenendo conto esclusivamente delle<br />

interazioni che possono essere assorbite dal meccanismo dei prezzi, è incapace di<br />

informare correttamente gli agenti economici. Gli economisti, nel tempo, hanno<br />

maturato studi e teorie atti a risolvere questa debolezza del mercato. Fra i<br />

contributi più importanti ricordiamo quello dato nel 1920 dall’economista A. C.<br />

Pigou, che prevedeva l’introduzione di specifici correttivi: se un soggetto dunque,<br />

con la sua attività danneggiava altri, doveva pagare una tassa commisurata al<br />

danno arrecato, mentre nel caso in cui li avvantaggiava, allora riceveva un<br />

sussidio proporzionato. Da un punto di vista prettamente teorico, l’imposta di<br />

Pigou aveva lo scopo di far slittare verso l’alto la funzione di costo privato fino a<br />

farla coincidere con quella del costo marginale sociale; il gettito derivante<br />

dall’imposta in questo modo poteva essere utilizzato come indennizzo per i<br />

danneggiati. Un altro importante contributo è stato dato dall’economista R. H.<br />

Coase (Nobel 1991), con l’articolo “Il problema del costo sociale ” pubblicato nel<br />

1960, dove erano puntualizzate sia la natura reciproca delle <strong>esternalità</strong> sia<br />

l’importanza dei diritti di proprietà 2 . L’economista americano introdusse la<br />

questione per mezzo di un semplice esempio, in cui si sosteneva che un dottore<br />

non poteva visitare i propri pazienti a causa del rumore emesso da una<br />

pasticceria. Secondo l’approccio economico tradizionale, il responsabile del costo<br />

sociale avrebbe dovuto provvedervi a proprie spese, Coase al contrario riteneva<br />

che esisteva una soluzione di compromesso, dalla quale entrambi i soggetti<br />

1 <strong>Una</strong> configurazione è Pareto-ottimale, quando è impossibile aumentare il benessere di qualcuno<br />

senza diminuire quello di qualcun altro.<br />

2 Diritto a godere in modo pieno ed esclusivo di un bene.<br />

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