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Accesso aperto all'opera (PDF) - Firenze University Press

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14<br />

elena sibilio<br />

di testi quanto l’insieme delle «regole» che determinano, secondo sanzioni<br />

rigorose, la scelta di quei testi e il controllo su di essi.<br />

al di là di quelli che sono effettivamente gli oggetti nel canone, sui<br />

quali oggi sembra essere in corso una vera e propria guerra che confuta<br />

l’ideale intellettuale del consenso, sembra comunque che il significato del<br />

termine «canone» sia quantomeno duplice: esso è al tempo stesso una lista<br />

di oggetti letterari e l’insieme delle regole formali necessarie alla selezione<br />

di quegli oggetti, quelle stesse regole il rispetto delle quali da parte di<br />

un’opera ne determina la canonicità, ossia, circolarmente, l’adeguatezza a<br />

far parte del canone. Potremmo dunque tentare di dare una nostra definizione:<br />

il canone letterario è il risultato di una selezione di testi ritenuti<br />

portatori di valori (etici, estetici), effettuata sulla base di rigide regole formali;<br />

tale selezione viene poi ordinata a formare un racconto che, tramite<br />

l’eliminazione degli elementi barbari e incontenibili, crea un’apparenza di<br />

linearità e soprattutto di ineluttabilità nell’andamento di una tradizione<br />

che lega senza cesure un passato intelligibile a un futuro prevedibile, passando<br />

per un presente problematico ma in ultima istanza controllabile.<br />

nell’atto stesso di far presente che il canone e la canonicità sono conseguenze,<br />

e non premesse, della ricezione di un’opera, quel canone si trasforma<br />

in un racconto costruito a posteriori e con carattere retroattivo che costituisce<br />

i suoi testi come tradizione sulla base delle necessità di un determinato<br />

momento storico e di un ancor più determinato gruppo sociale e culturale.<br />

il canone altro non è che un’invenzione istituzionale, lo strumento privilegiato<br />

dell’élite accademica, lo scudo dietro al quale essa tenta di difendere<br />

il suo statuto di privilegio. se «[...] the modern belief that canonical texts<br />

are inherently rich and various in meaning develops from the need among<br />

professional critics and educators to justify their supervision of reading<br />

practices» 11 , diventa evidente perché l’ipotesi del canone come racconto a<br />

posteriori di quella stessa critica non possa essere facilmente accettata negli<br />

ambienti universitari, poiché essa significa la messa in discussione definitiva<br />

del potere finora detenuto da quella metaclasse costituita dagli intellettuali<br />

accademici. in altre parole, il canone non è, come si è voluto credere,<br />

né una categoria etica, la famosa lista di rappresentanza di una civiltà, né<br />

una categoria di valore estetico universale; piuttosto, il canone si rivela per<br />

niente altro che un’ennesima categoria di controllo nel senso foucaultiano<br />

del termine, il cui compito normativo, tanto più efficace quanto più nascosto<br />

se non addirittura negato, consiste nel tentare di riportare alla normalità<br />

di un ordine sicuro e atempore l’inaccettabile differenza.<br />

2. Sulle tracce di una parola: due millenni di canone<br />

Per comprendere appieno le ragioni di una scelta terminologica, niente<br />

è più efficace che ripercorrere la storia dell’uso di un vocabolo. Per quanto<br />

riguarda il termine «canone», quella storia copre ben oltre due millenni,<br />

e ci mette di fronte ad un’antichità che difficilmente si coniuga con l’attuale<br />

variabilità di significato della parola e del concetto. non essendo un

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