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Settembre 2010 - Universitinforma

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time out<br />

28<br />

UNIVERSIT<br />

INTERVISTA / Lontana dall’immagine pop degli esordi, la band milanese è tornata con<br />

Le strade del tempo, nato come visione critica del mondo. «Il nostro obiettivo - dice<br />

Francesco Sarcina - è autoprodurci. Le etichette pensano solo alle regole di mercato»<br />

di Riccardo Marra<br />

delle Vibrazioni<br />

è l’equivoco<br />

«Quello<br />

musicale più grande<br />

degli ultimi sessant’anni».<br />

Francesco Sàrcina è diretto come<br />

una freccia appuntita<br />

quando parla del suo gruppo,<br />

non le manda a dire, è deluso<br />

da chi ancora considera la<br />

band milanese solo come “quelli<br />

di Giulia” (dal brano Dedicato<br />

a te del 2003), ignorando i<br />

tasselli rock della loro storia.<br />

Le Vibrazioni hanno provato a<br />

fare cambiare idea su di loro<br />

mutando look, richiamando in<br />

vita i Led Zeppelin, ricercando<br />

sonorità più dure, senza però<br />

allontanare l’immagine di pop<br />

band affibbiatagli agli esordi.<br />

Anche il nuovo album, Le Strade<br />

del tempo, nasce come visione<br />

critica, rock, del mondo.<br />

Sàrcina lo ha raccontato a <strong>Universitinforma</strong><br />

in occasione del<br />

concerto delle Vibrazioni per<br />

EtnaFest il 19 settembre all’anfiteatro<br />

Le Ciminiere.<br />

Francesco, rispetto al passato<br />

vi siete presi più tempo per<br />

realizzare Le strade<br />

del tempo. È stato<br />

utile?<br />

«Quando rifletti su<br />

quello che fai puoi<br />

essere più efficace<br />

negli arrangiamenti<br />

e nei testi e andare<br />

più di fino. Credo si<br />

senta nel disco, soprattutto<br />

per la ricercatezza<br />

di certi<br />

suoni. Ovviamente ci<br />

può essere anche l’effetto opposto<br />

ovvero perdere in impeto,<br />

istintività e autenticità, ma<br />

ogni tanto serve staccare la<br />

spina e riflettere sul proprio<br />

lavoro. In questo disco abbiamo<br />

messo tutto: pancia e mente<br />

riscoprendo anche la voglia<br />

di suonare di nuovo in sala<br />

prove, nella nostra intimità,<br />

con la possibilità anche di confrontarci<br />

tra noi membri del<br />

gruppo».<br />

Il tempo è il concept del disco.<br />

«Sì, è sicuramente il comune<br />

denominatore dell’album, anche<br />

se è un concetto che è sempre<br />

stato presente nelle mie<br />

canzoni. Einstein parlava di re-<br />

LE VIBRAZIONI<br />

«Siamo un enorme<br />

misunderstanding»<br />

latività del<br />

tempo; è strano<br />

come in un<br />

secondo possa<br />

avvenire la<br />

creazione di<br />

un universo<br />

intero e in<br />

mille anni invece<br />

ci sono<br />

cose che non<br />

cambiano mai. L’unità di misura<br />

che diamo al tempo è pura<br />

arbitrarietà. Per una formica il<br />

tempo è diverso rispetto a una<br />

pianta. Questo è l’aspetto che<br />

mi affascinava di più: la capacità<br />

del tempo di dilatarsi o<br />

rimpicciolirsi».<br />

Tu come lo vivi il tempo che<br />

passa? Sembra ieri che Le Vibrazioni<br />

hanno debuttato…<br />

«È strano. Ma la cosa che mi<br />

disturba di più è pensare che<br />

sono passati tutti questi anni<br />

ma la gente continua ancora a<br />

identificarci per il pop di “Dedicato<br />

a te”. Così mi chiedo a<br />

cosa serva tutto questo sforzo,<br />

centinaia di concerti, di input,<br />

mi chiedo a cosa serva la maturazione<br />

se poi Le Vibrazioni<br />

vengono ricordati solo per quel<br />

pezzo lì e non per i tanti spunti<br />

rock che abbiamo dato. Ma forse<br />

è anche normale, chi lo sa.<br />

Ritornando al tempo, mi spaventa<br />

il fatto che non se ne faccia<br />

un buon uso. In questi tempi<br />

iperaccelerati ci si brucia alla<br />

velocità della luce, tutto è<br />

usa e getta. È un uso cattivo<br />

del tempo, si dovrebbe essere<br />

più riflessivi, frenare. Sarà che<br />

da quando sono diventato padre<br />

vedo con maggiore lucidità<br />

il passare del tempo perché si<br />

riflette nella veloce crescita di<br />

mio figlio».<br />

A proposito di “Dedicato a te”,<br />

di rock o pop. C’è un equivoco<br />

Vibrazioni?<br />

«Certo che c’è, c’è un enorme<br />

misunderstanding, forse il più<br />

grande nella musica italiana<br />

degli ultimi sessant’anni. Non<br />

so perché, forse perché abbiamo<br />

dato fastidio a troppa gente<br />

con delle canzoni apparentemente<br />

molto semplici ma che<br />

in realtà nessuno aveva mai<br />

scritto. Poi dico io, la ballad è<br />

sempre stata presente nella<br />

tradizione rock. Hendrix ha<br />

fatto ballads, i Led Zeppelin,<br />

gli Stones, i Guns ‘n Roses perfino<br />

i Pantera ne hanno fatte,<br />

poche ma a loro modo. Ma vivendo<br />

in Italia… tutto è più<br />

schematico: o rock o pop. L’Italia<br />

oggi è un luogo più povero<br />

di cultura e valori, musicalmente<br />

si amministra tutto come<br />

fosse una fabbrica. Prendi<br />

quel discografico che ha studiato<br />

marketing e lavorato per<br />

lo shampoo Johnson e che pensa<br />

che anche la musica debba<br />

rispettare le regole di mercato<br />

che ha studiato sui libri. Senza<br />

passione e non capendo che si<br />

parla di una forma d’arte,<br />

qualcosa che fa riflettere in<br />

profondità l’essere umano. Ormai<br />

nessuna etichetta colloca<br />

un disco come fosse un’opera<br />

d’arte o, se lo fa, lo illumina di<br />

una luce sbagliata. Le Vibrazioni<br />

sono stati crocifissi da un<br />

luogo comune e dalla gestione

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