DISSESTO IDROGEOLOGICO Il pericolo geoidrologico e la ... - Sigea
DISSESTO IDROGEOLOGICO Il pericolo geoidrologico e la ... - Sigea
DISSESTO IDROGEOLOGICO Il pericolo geoidrologico e la ... - Sigea
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
6<br />
Saluto agli intervenuti<br />
Abbiamo ottimi ingegneri, geologi, architetti,<br />
agronomi, progettisti e pianificatori,<br />
ma ciò non impedisce lo<br />
squallore di tante costruzioni, di tanti<br />
quartieri urbani, lo sconquasso del paesaggio,<br />
il dissesto idrogeologico con frane, alluvioni,<br />
subsidenza artificiale, ecc.; il disordine<br />
urbano e territoriale è sotto i nostri occhi.<br />
Cosa fare? Cosa suggerire?<br />
Bisogna abbandonare il concetto dello<br />
sviluppo per lo sviluppo, del<strong>la</strong> crescita solo<br />
economica, e abbracciare il concetto del<strong>la</strong><br />
sicurezza e del<strong>la</strong> bellezza innanzi tutto. Rifacciamoci<br />
a Vitruvio, il quale diceva che i<br />
parametri fondamentali dell’architettura<br />
erano <strong>la</strong> fi rmitas, <strong>la</strong> utilitas e <strong>la</strong> venustas,<br />
cioè <strong>la</strong> struttura statica, ossia <strong>la</strong> sicurezza,<br />
<strong>la</strong> funzionalità e l’estetica ossia <strong>la</strong> bellezza.<br />
Questi criteri, secondo me, sono punto di<br />
partenza per l’argomento dell’odierno Convegno:<br />
noi discutiamo di fenomeni che mietono<br />
vittime, provocano danni gravissimi, processi<br />
che si ripresentano quasi rego<strong>la</strong>rmente e colpiscono<br />
spesso gli stessi luoghi. Eppure si fa poco<br />
per prevenirli, per evitarli, o almeno per limitare<br />
il numero delle vittime e i danni più gravi.<br />
Perché? Si par<strong>la</strong> da molto tempo, specialmente<br />
dall’alluvione del 1966, di investire<br />
più risorse economiche nel<strong>la</strong> prevenzione e<br />
riduzione del rischio, ma queste risorse sono<br />
sempre insuffi cienti, come faceva rilevare <strong>la</strong><br />
Commissione De Marchi nei primi anni ’70.<br />
Ma secondo me <strong>la</strong> causa principale delle<br />
vittime e dei danni non sta tanto nel<strong>la</strong> scarsezza<br />
delle risorse economiche per <strong>la</strong> lotta<br />
al dissesto, quanto nell’uso dissennato del<br />
territorio e delle sue risorse, che deriva dal<strong>la</strong><br />
concezione sempre più utilitaristica delle risorse<br />
naturali, usate per ricavare il massimo<br />
profi tto nel minor tempo possibile.<br />
La questione del<strong>la</strong> privatizzazione dell’acqua<br />
è esemp<strong>la</strong>re a questo riguardo. Adesso<br />
si è aggiunta <strong>la</strong> prevista privatizzazione delle<br />
spiagge.<br />
In questi anni è emerso anche il fenomeno<br />
(naturale o artifi ciale? ai posteri l’ardua sentenza)<br />
dei cambiamenti climatici.<br />
Sappiamo tutti del<strong>la</strong> fragilità geomorfologica<br />
del nostro territorio, del<strong>la</strong> scarsità/<br />
vulnerabilità delle risorse naturali, del<strong>la</strong> naturale<br />
<strong>pericolo</strong>sità climatica, ma a maggior<br />
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 2/2012<br />
ragione <strong>la</strong> nostra società dovrebbe essere<br />
molto più attenta nell’utilizzo del territorio,<br />
cosa che invece non avviene.<br />
Non solo i precedenti danni da alluvioni<br />
e frane, ma anche quelli più recenti, sono<br />
dipesi dal<strong>la</strong> nostra sottovalutazione dei naturali<br />
processi geologici, idrologici e climatici,<br />
dall’aver considerato il territorio come<br />
un supporto inerte e non soggetto a delicati<br />
equilibri geodinamici. I casi di Scaletta Zanclea<br />
(una co<strong>la</strong>ta rapida di fango nel 2009) e<br />
di Soverato (un’alluvione nel 2000) sono solo<br />
degli esempi. <strong>Il</strong> camping a Soverato aveva<br />
occupato lo spazio naturale del corso d’acqua,<br />
era una “zona a rischio idrogeologico”<br />
riconosciuta dal<strong>la</strong> Regione, malgrado questo<br />
è stato tollerato; altra “tragedia annunciata”.<br />
<strong>Il</strong> Consiglio dei Ministri ha per l’occasione<br />
proc<strong>la</strong>mato lo stato di emergenza: è il solito<br />
ritornello.<br />
Di chi è <strong>la</strong> colpa? Di alcuni privati che costruiscono<br />
abusivamente nelle aree a rischio,<br />
ma anche di tanti pubblici amministratori che<br />
autorizzano costruzioni in zone al alta <strong>pericolo</strong>sità<br />
idrogeologica, di pubblici dipendenti<br />
con funzioni di controllo tecnico che “chiudono<br />
gli occhi”, di alcuni liberi professionisti che<br />
in modo superfi ciale, con <strong>la</strong> scusa di “portare<br />
a casa <strong>la</strong> pagnotta”, danno il loro assenso,<br />
fi rmano progetti di opere ad alto rischio.<br />
Un mistero è quello per cui si continua a<br />
costruire decine di miglia di nuove abitazioni<br />
, quando ve ne sono altrettante vuote, nelle<br />
città come nei paesini; costruzioni che spesso<br />
GIUSEPPE GISOTTI<br />
Presidente SIGEA<br />
vanno a occupare aree ad alto rischio idrogeologico<br />
( o già soggette a frane o alluvioni)<br />
Ritornando a quanto ho detto all’inizio, <strong>la</strong><br />
nostra società, quel<strong>la</strong> occidentale in genere<br />
ma quel<strong>la</strong> italiana attuale in partico<strong>la</strong>re, ha<br />
perduto il senso del<strong>la</strong> misura, prevale l’interesse<br />
“particu<strong>la</strong>re” e <strong>la</strong> corsa al profi tto e<br />
allo sfruttamento accelerato di tutto ciò che<br />
abbiamo sottomano, non solo non interessandosi<br />
di ciò che <strong>la</strong>sceremo alle prossime generazioni<br />
(quindi niente sviluppo sostenibile),<br />
ma provocando danni spesso immediati a noi<br />
stessi, con ciò vanifi cando <strong>la</strong> nostra presunta<br />
intelligenza o meglio furbizia.<br />
I possibili rimedi? Anzitutto si tratta di<br />
comportamenti sociali: è necessaria una migliore<br />
coscienza civile da parte dei cittadini<br />
e dei politici e amministratori, coscienza che<br />
secondo me non è mai scesa così in basso<br />
come in questi ultimi anni.<br />
Gli interventi strutturali di recupero certamente<br />
sono utili, ma servono anzitutto interventi<br />
non strutturali, cioè una a corretta<br />
pianifi cazione territoriale e urbanistica. Qui<br />
entra il discorso che, a causa del<strong>la</strong> scarsità<br />
delle risorse fi nanziarie, conviene abbandonare<br />
alcuni siti, territori o centri abitati,<br />
a rischio troppo elevato, dove non conviene<br />
intervenire poiché i costi economici e di risanamento<br />
strutturale sono troppo elevati.<br />
Forse sono stato troppo pessimista, ma<br />
adesso sentirò quello che hanno da dirci tanti<br />
giovani studiosi e ricercatori e da loro spero di<br />
avere speranze per il futuro.<br />
<strong>Il</strong> maltempo che colpise Roma nel dicembre 2008 provoca un’ondata di piena del fiume Tevere.