20 VOLARE BASSO Elisabetta Liguori
Ah, piccola sfortunella, ex bionda, Antonia Rinaldo. Quella che sono io. Me ne vado sola, sola nel sole della domenica mattina. Io e il ricordo delle mie mesches che non sono più con me. Quale equivoco sono state per interi decenni! La loro retro immagine ancora m’insegue nelle vetrine, nello specchio all’ingresso di casa, nell’attesa degli ascensori. Le donne con le mesches, ho scoperto solo di recente, alludono esteticamente ai propri cinquanta anni. Sui auto denunciano. Hanno la carta d’ident<strong>it</strong>à incorniciata sulla fronte. Ne avevo un sospetto ma me lo ha confermato la mia parrucchiera di Via Matteotti, quella col laboratorio d’aria calda e bigodini e lacca spray sotto il mio ufficio, la sola che resti aperta durante la pausa pranzo a fonare la controra delle commesse. La mia parrucchiera ha fatto studi statistici (oltre a vari corsi professionali per estetista e per la ricostruzione delle unghie) e compra carrettate di riviste: ci si potrà fidare di quello che dice lei, no? È per questo che ho deciso di r<strong>it</strong>ornare al mio colore naturale. Bruna come l’origine dell’universo. Un argine al gusto di ammoniaca e vecchi ricordi. Quello che voglio adesso è confondere il nemico. Al più dovrò confrontarmi con qualche problema di ricresc<strong>it</strong>a, ma d’ora innanzi saprò chi ero e chi sono. E sarà il mio segreto. La storia, il tempo, le leggende, non sono mai state un problema del resto per me. Ho un figlio di 24 anni che la storia me la insegna quotidianamente. Procede per cap<strong>it</strong>oli brevi: gli basta ciondolare a braccia lunghe per casa, sbadigliando. Ha lo sbadiglio sonoro, a scatti, ad ogni ora del giorno un po’ diverso, fulminante e istoriato come le mie gambe varicose. E, qualora mio figlio, con i suoi involontari proverbi del terzo millennio, non fosse sufficiente, c’è pure una mia amica cara che la storia la rallenta, la segmenta con la morsa delle sue sole cosce muscolose. Lei, come me, non ha un uomo per le mani da mesi. Questo ci rende solidali. Siamo sole come solo due cinquantenni sole sanno essere, travolte dalle loro ab<strong>it</strong>udini sol<strong>it</strong>arie troppo a lungo difese e da un amicizia vecchia come lo zoccolo di un cammello. - Ma io sono vedova. Tu sei sola da sempre. Le nostre s<strong>it</strong>uazioni sono diverse. - Sì, Antonia, sei rimasta vedova vent’anni fa. Che vuoi che rilevi? - Ho buona memoria però. - Non conta la tua di memoria, ma quella di chi ti osserva. La mia amica ha un bar sotto la galleria, gentile ered<strong>it</strong>à strappata alla natura ingorda di quel mastro Don Gesualdo di suo padre. La mia amica è alta tre lattine, ma è tonica come un pungibol. Una donna splendidamente riciclabile con la passione per il design, le lucertole e gli uomini giocattolo. I nostri coetanei si indirizzano solo verso le donne comprese tra i 14 e il 22 anni? Ok, dice la mia amica barista, ci sono gli altri. C’è la domanda, c’è l’offerta: il gioco è fatto. Equilibriamo il mercato, dice. Facciamo scuola. E io rido. Ecco tutto quello che conta per Antonia Rinaldo ex bionda. Ridere di sé. Niente di più di questo. Giusto per gli estimatori del vintage potrei aggiungere un lavoro ventennale in una cancelleria giudiziaria. La ripetizione ciclica mi smemorizza e libera progressivamente. Senza le mie scartoffie da catalogare riderei di certo molto meno e forse mi darei al crimine re<strong>it</strong>erato, invece eccomi qui. Quando r<strong>it</strong>orno a casa dopo l’ufficio, il condominio nel quartiere stadio mi accoglie a braccia aperte (la vecchia Miriam in sottoveste canta al terzo piano stendendo le canottiere del mar<strong>it</strong>o) e le basta un solo acuto per stracciare tutta la cartaccia che la mattinata mi ha appiccicato addosso. È quello il bello delle pubbliche amministrazioni: dopo le otto ore di r<strong>it</strong>o qualunque altra cosa ti par più lieve. Persino la Miriam del quartiere stadio. E poi la domenica si fa festa. Oggi per esempio l’abbiamo rifatto. Per dirla tutta. Per mettere a verbale qui la mia confessione formale. Io sono una ment<strong>it</strong>rice. Poco fa ho finto di nuovo di avere le mestruazioni. E non è la prima volta. Sempre andate per fontanelle. Io e la mia amica barista. A Brindisi soprattutto. In aeroporto. Tutte le valige del mondo. I neon sui grandi specchi. L’acciaio delle file a sedere. I corridoi opalescenti passati di fresco. I lavavetri vest<strong>it</strong>i di blu. E Dio che sembra <strong>SCRITTO</strong> <strong>MISTO</strong> 21