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15 Settembre 2008 ISOLA NOSTRA<br />
25<br />
Con gli occhi di un bambino…<br />
Sono un emigrato in Australia, originario di Strugnano, ma<br />
nel dopoguerra ho vissuto per un periodo ad <strong>Isola</strong>. <strong>Isola</strong> era<br />
senz’altro un bel paese, ma era la sua gente che la elevava<br />
ad essere unica…<br />
Le foto che vedo <strong>Isola</strong> <strong>Nostra</strong> mi hanno catapultato in un altro<br />
spazio/tempo, dove/quando eravamo ancora insieme alla nostra<br />
gente…Il mormorio delle loro voci, con espressioni di gioia, di<br />
amore, di cautela, di dolore… forse con ancora un po’ di ritenuto<br />
ottimismo, veniva assorbito dai flutti del mare e dal cozzare dei<br />
caici sulla riva. Un’arcaica melodia sublimale… ancora viva e<br />
vibrante per me.<br />
Giugno 1945…<br />
Come bambino, sempre paciocotto, mi vedo ancora saltare da<br />
un caicio all’altro… specchietti di luce dal mare mi accecano…<br />
un caicio si è spostato, facendomi cadere pesantemente in mare…<br />
grosse bolle d’aria sviano la mia attenzione… con immensa paura<br />
voglio chiamare “mamma”, ma la pesante acqua salata mi invade<br />
la gola. Cerco di divincolarmi, di nuotare… la luce blu e le chiglie<br />
dei caici sembrano allontanarsi… poi la luce si spense.<br />
Mi risveglio con un pesante mal di testa e un terribile bruciore<br />
nei polmoni e nelle narici: sono in braccio a Raffelino, vigile del<br />
fuoco in Riva Venezia. Lui cerca di farmi ridere chiamandomi<br />
“gambereto”, ma mi accorgo che sta piangendo. Mi abbraccia<br />
ancora più forte… mi sono sentito protetto e al sicuro.<br />
Alcune settimane dopo vidi lo stesso vigile del fuoco in Riva<br />
Venezia chinato sopra alcuni uomini morti, stesi in fila sulla riva.<br />
La loro imbarcazione era saltata in aria su una mina al largo di<br />
<strong>Isola</strong>. Domandai innocentemente a Raffelino se lui farà resuscitare<br />
anche loro... Mi guardò con un sorriso triste, poi mi abbracciò.<br />
Pensai che al signor Raffaele piacesse piangere…<br />
Anni dopo a Milano, quando vidi il mio primo film con<br />
Gary Cooper, sobbalzai di sorpresa: Cooper era una esatta copia<br />
di Raffelino, anche se gli occhi di Raffelino erano di un blu più<br />
intenso e lucido. Abbandonai la visione del film: il mio primo<br />
pensiero era ritornato a <strong>Isola</strong>. Un senso di lontananza mi assalì…<br />
poi incontrollabili brividi di freddo giocarono con la mia mente. Fu<br />
il mio turno di piangere… sconosciute e tarde lacrime di riconoscenza.<br />
Si diventava “adulti” presto in quei tempi. O forse no.<br />
Ho percepito quella stessa emozione guardando il calendario<br />
di <strong>Isola</strong> <strong>Nostra</strong>… come se fosse quel lontano 1945…<br />
Dicembre 1945…<br />
Ero sul molo di <strong>Isola</strong> e abbracciavo una grossa bitta di ancoraggio<br />
riscaldata dal sole. Il vaporetto arrivò da Trieste e alcune<br />
venderigole con i pianeri vuoti in testa, bilanciati su variopinte<br />
seste, scesero affrettate dal vaporetto per correre alle loro case a<br />
preparare il pranzo per la famiglia.<br />
Una di queste si fermò per dirmi di stare fermo dov’ero. Notai<br />
un uomo barbuto, alto, magro, con una sdruscita tuta militare<br />
americana, scendere zoppicando dal vaporetto. Con la bustina di<br />
astrakan nero cercava di coprire un’orribile ferita sulla sua tempia<br />
destra. Poi un sacco de mariner, piuttosto sporco e gettato sulla<br />
spalla, mi fece apparire quell’uomo come la personificazione del<br />
“babau”, come si diceva da bambini.<br />
Il tizio si avvicinò verso di me zoppicando e, con una mano<br />
fasciata estesa sulla mia testa, chiese di mia madre. Gli risposi<br />
che era a casa, e detto questo mi ritirai con ribrezzo dal tocco<br />
della sua mano e corsi subito a casa ad avvisare mia madre che<br />
un uomo orribile domandava di lei. Gli suggerii di chiudere la<br />
porta con tutti i catenacci. La mamma mi rimproverò di nuovo<br />
per essere uscito solo in Riva (come al solito) e affacciandosi alla<br />
porta vide il tizio che le dicevo.<br />
Un angosciato urlo risuonò da mia madre e il tizio buttò il<br />
sacco in terra e strinse mia madre alle spalle. Io interpretai la<br />
scena come “pericolo” e mi aggrappai alla tuta del tizio dando<br />
calci alle sue gambe. Arrivò anche mia sorella maggiore, e anche<br />
lei, piangente, cercò di staccarmi dalla tuta del tizio dicendomi:<br />
Xe el nostro papà! Quella fu la prima volta che incontrai mio<br />
padre…a <strong>Isola</strong>.<br />
Passò solo un po’ di tempo, ore, prima che l’affetto familiare<br />
fosse completo e radiante nella nostra famiglia riunita…<br />
Passarono solo alcune settimane prima che un druse apparisse<br />
sulla porta di casa con l’accusa che mio padre, appena ritornato,<br />
era un “fascista”. Per caso, o per fortuna, mia madre <strong>non</strong> solo<br />
sapeva parlare in sloveno e in croato, ma era anche “di sinistra”,<br />
o così almeno appariva. Non solo difese eloquentemente mio<br />
padre dall’accusa, ma pretese anche che il Comitato gli chiedesse<br />
scusa.<br />
Mio padre, sebbene riconoscente per lo scampato pericolo,<br />
<strong>non</strong> si sentiva però del tutto sicuro, specialmente a seguito di voci<br />
di gente che era esposta finanziariamente con loro, sia nel nostro<br />
paese nativo di Strugnano che nelle proprietà di mia madre a Pirano.<br />
Erano soprattutto inquilini che <strong>non</strong> avevano pagato l’affitto<br />
da anni: un fatto comprensibile dai miei per via della guerra… ma<br />
essere ripagati con accuse ed astio <strong>non</strong> era certamente comprensibile.<br />
Come fu difficile per mia madre poter convincere mio padre<br />
che la situazione poteva solo migliorare. Ma gli incontri ostili con<br />
i druzi e con i debitori erano quotidiani...<br />
Fu un giorno triste quando mio padre mi portò a Trieste, per<br />
<strong>non</strong> dare nell’occhio sulla nostra fuga, e anche per essere sicuro<br />
che mia madre lo avesse seguito con solo quello che si poteva<br />
portare a mano, come se si dovesse andare a fare delle compere<br />
a Trieste.<br />
Siamo rimasti in Italia per undici anni , sempre sperando in<br />
un possibile ritorno nelle nostre terre. Abbiamo persino rifiutato<br />
di emigrare negli Stati Uniti, mantenendo sempre accesa quella<br />
speranza, soprattutto in mia madre e mia sorella. Ma nel 1957,<br />
quando ogni speranza ci fu tolta, abbiamo deciso di emigrare in<br />
Australia.<br />
La nave lasciò il porto di Trieste… eravamo piuttosto confusi<br />
su ciò che si sentiva dentro di noi. Ma come le colline d’Istria<br />
incominciarono ad apparire contro quel cielo grigio e triste…<br />
<strong>non</strong> c’era più alcuna confusione in noi… un emozionante addio<br />
alla nostra terra… un senso di completo vuoto cavernoso… una<br />
ferita inguaribile.<br />
Ritornare… era impossibile. Io potevo solo ritornare ogni<br />
estate a visitare i paesi dei miei avi… religiosamente… per imprimerli<br />
nella mia mente.<br />
Pablo Neruda scrisse: “Ritornare è come <strong>non</strong> essere mai stato<br />
assente”. Balle!! Un altro saggio disse: “Se perdi ogni speranza...<br />
come potrai mai credere” (Chi vive sperando muore credendo?).<br />
Bravi questi saggi! Come mi piace… è come mettere sale su ferite<br />
che pensavamo ormai guarite.<br />
Non c’è alcun senso dover esprimere altri dettagli ancor più<br />
incresciosi su quei tempi oscuri, nelle nostre terre o nell’esilio in<br />
Italia, forse per scusare o sopportare anche il presente.<br />
Sapete? Solo schiamazzanti cocai si alzano dai rifiuti galleggianti<br />
alla deriva. Sulle sponde abbandonate dalla nostra gente<br />
cocai che pencolano, con quel mal vento levantino.. con opportunismo…<br />
dietro agli avvoltoi Balcani. Poveretti anche loro! Non<br />
c’è più posto nel mio credo per assurde analisi politiche.. che il<br />
Maresciallo riposi pure nel suo grasso Walhalla, con statue e piazze<br />
in Nova Istra, dopotutto era anche lui un patetico burattino… in un<br />
bizzarro e crudele dramma che ha sconvolto il nostro popolo.<br />
Marino Zancolich, Australia