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non - Isola Nostra

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2 15 Settembre 2008<br />

ISOLA NOSTRA<br />

Don Francesco Bonifacio agli onori degli Altari<br />

È<br />

l’11 settembre 1946.<br />

“Quella sera – racconta<br />

mons. Eugenio Ravignani,<br />

vescovo di Trieste – don<br />

Francesco Bonifacio scendeva<br />

da Grisignana verso casa.<br />

Lassù l’aveva accolto, come<br />

sempre, un sacerdote amico e<br />

l’incontro era stato momento di<br />

consolazione e di grazia. Lungo<br />

la strada fu aggredito, brutalmente<br />

picchiato e barbaramente<br />

ucciso. In una delle foibe che<br />

solcano in profondità la terra<br />

istriana scomparvero le sue<br />

spoglie”. La Chiesa triestina ha<br />

un nuovo beato: don Francesco<br />

Bonifacio martire, ucciso in<br />

odio della fede.<br />

Mons. Ravignani, quando<br />

ha ricevuto la notizia della<br />

firma del decreto che riconosce<br />

il martirio del sacerdote,<br />

ha immediatamente telefonato<br />

ai vescovi di Capodistria e di<br />

Parenzo-Pola per condividere<br />

la gioia del figlio di questa terra<br />

salito all’onore degli altari.<br />

Nato a Pirano il 7 settembre<br />

1912, secondogenito di sette<br />

tra fratelli e sorelle, di famiglia<br />

semplice e povera, Francesco<br />

Bonifacio viene ordinato prete<br />

nella Cattedrale di San Giusto il<br />

Firmato il 3 luglio dal Papa il decreto di beatificazione<br />

27 dicembre 1936. Dopo il primo<br />

ministero a Pirano e a Cittanova,<br />

don Francesco nel 1939 diventa<br />

Don Libero Colomban, indimenticato sacerdote isolano scomparso<br />

nel gennaio 2007, ha vissuto in prima persona i tragici giorni del<br />

1946 che videro l’assassinio di don Francesco Bonifacio. Allora<br />

era parroco a Villanova del Quieto, e grazie all’aiuto della popolazione<br />

e ad una serie di circostanze riuscì però a salvarsi e<br />

a riparare a Trieste con una barca prima dell’arresto: era il 21<br />

settembre.<br />

Così don Libero anni fa ricordava su <strong>Isola</strong> <strong>Nostra</strong> il suo ultimo<br />

incontro con don Francesco, il giorno prima della morte.<br />

Una sera di settembre, verso le sei, un ragazzo in bicicletta venne<br />

trafelato da me dicendomi che aveva saputo da uno dell’OZNA<br />

(la famigerata polizia segreta jugoslava) di Buie che era pronta<br />

una lista e che la guardia popolare aveva il compito i far sparire<br />

tutte le persone in lista perché questi erano i più grandi nemici dei<br />

poteri popolari. Essi erano la causa se nessuno si iscriveva alle<br />

loro organizzazioni, perché contrari all’annessione dell’Istria alla<br />

Repubblica Federativa di Jugoslavia. I primi tre nomi erano: don<br />

Giuseppe Rocco di Grisignana, don Francesco Bonifacio di Villa<br />

Gardossi e don Libero Colomban di Villanova del Quieto.<br />

Il ragazzo mi giurò che quanto diceva era vero, che era venuto<br />

di corsa in bicicletta senza neanche chiedere il permesso a casa<br />

(che certamente <strong>non</strong> gli avrebbero dato) perché anche lui era<br />

tenuto d’occhio per i suoi sentimenti italiani e perché attivissimo<br />

cappellano della curazia di Villa<br />

Gardossi, che conta circa 1300<br />

anime distribuite tra tante piccole<br />

IN ODIUM FIDEI<br />

Don Bonifacio nei ricordi di don Libero Colomban<br />

frazioni e casolari.<br />

Condivide con la sua gente<br />

le tragedie che si consumano<br />

dopo l’8 settembre 1943, in una<br />

terra stretta tra gli occupanti<br />

tedeschi e il fronte titino di<br />

liberazione. Don Francesco si<br />

prodiga per soccorrere tutti, per<br />

impedire esecuzioni sommarie,<br />

per difendere persone e beni.<br />

Ancora mons. Ravignani:<br />

“Era diventato scomodo quel<br />

giovane prete. Qualcuno disse<br />

che lo si sarebbe dovuto eliminare,<br />

che si dovesse colpire il<br />

pastore per disperdere il gregge.<br />

Ma egli <strong>non</strong> pareva tenesse<br />

nel debito conto la necessaria<br />

prudenza. Continuava a predicare<br />

con chiarezza il Vangelo,<br />

a curare la catechesi nella sua<br />

Comunità, stupiva il suo coraggio,<br />

convinceva la fortezza<br />

della sua fede”.<br />

L’11 settembre 1946, dopo<br />

essersi recato a Grisignana<br />

per la confessione, ritornava<br />

verso casa. Lungo la strada<br />

– come confermato da parecchi<br />

testimoni – viene avvicinato e<br />

fermato da alcune guardie popolari,<br />

la milizia jugoslava, che<br />

poi scompariranno nei boschi.<br />

Di Lui <strong>non</strong> si saprà più nulla.<br />

nell’Azione Cattolica. Aveva allora 14 anni, e ora vive a Gorizia.<br />

Ringraziai e chiesi se poteva avvisare don Bonifacio. Mi disse<br />

che era troppo tardi e che ritornava subito a casa.<br />

La notte la passai fuori della parrocchia. Al mattino venne<br />

a farmi visita don Bonifacio; fu l’ultima volta che ci vedemmo<br />

e ci consultammo sul da farsi. Gli prospettai il pericolo sicuro,<br />

collegando tutti i fatti e gli avvenimenti recenti, ma mi rispose:<br />

“Io torno a casa e continuo a fare il mio dovere; <strong>non</strong> ho paura<br />

perché <strong>non</strong> ho fatto altro che il mio dovere di sacerdote. Del male<br />

<strong>non</strong> ho fatto a nessuno, ho aiutato tutti in ciò che potevo”. Ci<br />

raccomandammo a vicenda la prudenza e ci salutammo.<br />

Io però <strong>non</strong> sapevo che la stessa notte, mentre un gruppo<br />

proveniente da Buie e da Verteneglio era pronto a venirmi a<br />

prendere, molti giovani di Villanova, che da tempo si rendevano<br />

conto di ciò che si stava preparando, stavano in allarmi, pronti in<br />

qualunque modo a salvarmi. Dopo la partenza di don Bonifacio<br />

fui avvisato che ormai <strong>non</strong> tirava più aria buona per me e che ero<br />

in continuo pericolo. Non dormivo più a casa.<br />

Due giorni dopo l’incontro di don Bonifacio, alla mattina<br />

seppi che era sparito dopo un incontro con don Rocco, e che<br />

quest’ultimo era riuscito a salvarsi. Le voci erano discordi: chi<br />

lo diceva impiccato ad un albero, chi ucciso a bastonate. Io ero<br />

a Verteneglio e sentii Radio Venezia Giulia che trasmetteva la<br />

notizia: “Don Francesco Bonifacio portato via, di don Libero<br />

Colomban <strong>non</strong> si sa più nulla”.

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