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CONNESSIONI LEGGENDARIE - Domenico Quaranta

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Alexander R. Galloway / RSG<br />

What You See Is What You Get<br />

2002<br />

What You See Is What You Get<br />

(WYSIWYG) è l’espressione che si<br />

utilizza comunemente per indicare<br />

quei programmi che consentono di<br />

lavorare direttamente sull’output,<br />

osservando “in diretta” il risultato<br />

finale, anziché sul codice di programmazione.<br />

Alexander Galloway la<br />

usa ironicamente come titolo della<br />

sua proposta per CODeDOC, una<br />

mostra che antepone<br />

programmaticamente il codice<br />

sorgente al risultato finale.<br />

Organizzata da Christiane Paul per la<br />

sezione Artport del Whitney<br />

Museum nel settembre 2002,<br />

CODeDOC invitava gli artisti a<br />

scrivere un codice molto breve che<br />

rispondesse a una consegna<br />

precisa: “collegare e muovere<br />

3 punti nello spazio”.<br />

Il lavoro di Galloway si presenta<br />

come semplice pagina Web che<br />

elenca tre gruppi di variabili scritte in<br />

linguaggio Perl. Le variabili sono in<br />

realtà collegamenti ipertestuali ad<br />

altrettanti programmi e documenti di<br />

vario tipo: la prima variabile dà<br />

accesso a testi come le istruzioni<br />

per hackerare un account Hotmail, o<br />

la storica prima e-mail di spam; la<br />

seconda contiene virus e codici più o<br />

meno pericolosi; la terza propone un<br />

motore di ricerca perpetua e una<br />

fork bomb, un piccolo codice che in<br />

pochi secondi può far collassare il<br />

computer. [Cfr. Jaromil, ASCII<br />

Forkbomb].<br />

Sembrerebbe il panorama di una<br />

74<br />

catastrofe Internet. Galloway<br />

sembra avvisarci sulle insidie celate<br />

nelle nostre interfacce quotidiane<br />

(email, Web, motori di ricerca) che ci<br />

mostrano solo una maschera e non<br />

il vero volto.<br />

Il suo stesso lavoro presentato a<br />

CODeDOC è ingannevole, finge di<br />

essere un nudo codice Perl invece è<br />

una pagina Web HTML al cui interno<br />

i commenti nascondono altri<br />

commenti non visibili a occhio nudo:<br />

ENTRY POINT nasconde<br />

SOCIAL ENGINEERING<br />

VANISHING POINT nasconde<br />

NONFATAL AGGRESSION<br />

POINT OF NO RETURN nasconde<br />

SLOW SUICIDE<br />

In altri termini, Galloway ha risposto<br />

all’invito di CODeDOC riunendo in<br />

un’unica pagina tre modi,<br />

diversamente pericolosi, per fare (e<br />

farsi) del male in rete: l’inganno<br />

psicologico; l’aggressione (non mortale)<br />

delle macchine altrui; il suicidio<br />

della propria.<br />

Il codice di Galloway non va eseguito<br />

da una macchina, ma processato dal<br />

nostro cervello; e il suo output è un<br />

ironico e inoffensivo hack della mente,<br />

un “software radicale” che mira a<br />

dimostrarci come non sempre, in<br />

rete, quello che vedi è quello che<br />

ottieni.<br />

[<strong>Domenico</strong> <strong>Quaranta</strong>]

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