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La citt nel XX secolo: il successo infelice - Eddyburg

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Tuttavia, le r<strong>il</strong>evazioni dell’ONU indicano che <strong>il</strong> tasso di crescita della popolazione urbana si<br />

muove in senso inverso: nei paesi più sv<strong>il</strong>uppati è fermo attorno allo 0,7%, mentre sale<br />

rispettivamente al 3,3% e al 5,7% <strong>nel</strong>le altre due aree indicate.<br />

Le analisi sulla crescita urbana tendono a sottolineare, a volte anche con accenti allarmistici,<br />

come la sua esplosione (da cui la definizione di exploding cities) caratterizzi proprio le aree meno<br />

sv<strong>il</strong>uppate. “Si valuta che <strong>nel</strong> mondo <strong>nel</strong> 1975 fossero 5 le agglomerazioni urbane con più di 10<br />

m<strong>il</strong>ioni di abitanti, tre delle quali localizzate nei paesi in via di sv<strong>il</strong>uppo, dove entro <strong>il</strong> 2015<br />

queste mega<strong>citt</strong>à dovrebbero diventare ben 22, mentre altre 4 (su un totale di 26) dovrebbero<br />

essere localizzate <strong>nel</strong> Nord del mondo” (v. Golini, 1999, p. 118). Nel 1985 la più grande<br />

metropoli del mondo era l’agglomerazione Tokyo-Yokohama, con 19 m<strong>il</strong>ioni di abitanti,<br />

seguita da Shanghai (17 m<strong>il</strong>ioni), Città di Messico (16,6 m<strong>il</strong>ioni), New York (15,6 m<strong>il</strong>ioni) e<br />

San Paolo (15,5 m<strong>il</strong>ioni). Nel 2000 salgono ai primi posti Città di Messico (con 24,4 m<strong>il</strong>ioni) e San<br />

Paolo (23,6 m<strong>il</strong>ioni). L’elemento che colpisce di più è che le due metropoli avevano già quasi<br />

raddoppiato la loro popolazione dal 1970 al 1985, arrivando a triplicarla <strong>nel</strong> 2000. Agli attuali<br />

ritmi di incremento, <strong>nel</strong> 2025 Città di Messico potrebbe raggiungere i 35 m<strong>il</strong>ioni di abitanti.<br />

<strong>La</strong> letteratura tende a considerare la crescita delle megalopoli <strong>nel</strong> Terzo Mondo l’effetto della<br />

fuga dalle campagne impoverite dalla desertificazione o dal crollo dei prezzi delle materie prime.<br />

Ma la spiegazione, pur contenendo molti argomenti condivisib<strong>il</strong>i, non è sufficiente. C’è una<br />

‘promessa’ <strong>nel</strong>la <strong>citt</strong>à che esercita un forte richiamo sulla popolazione extraurbana, specialmente<br />

sulla componente più dotata di spirito di iniziativa, più giovane, più provvista di risorse<br />

soggettive. D’altra parte, ben sappiamo che anche chi è ancora lontano dalla <strong>citt</strong>à definisce ormai i<br />

suoi orizzonti esistenziali in rapporto costante con essa, magari inventandosi una <strong>citt</strong>à che forse<br />

non esiste, ma che è un sogno capace di trasmettere promesse e di indurre speranze. Le stesse<br />

bidonv<strong>il</strong>les delle megalopoli del Terzo Mondo - così come certi quartieri degradati delle grandi<br />

<strong>citt</strong>à europee lo sono stati <strong>nel</strong> recente passato per gli immigrati dal sud dell’Europa e lo sono, oggi,<br />

per i nuovi immigrati delle sponde meridionali e orientali del Mediterraneo – costituiscono una<br />

tappa “pedagogica” per i nuovi inurbati, <strong>il</strong> mezzo per progredire e assim<strong>il</strong>are <strong>il</strong> modo di vita<br />

urbano.<br />

Bisogna evitare di associare <strong>il</strong> fenomeno del gigantismo urbano con <strong>il</strong> sottosv<strong>il</strong>uppo e con la<br />

bassa qualità della vita. E ciò tenendo conto di almeno due variab<strong>il</strong>i: Tokyo, New York, Osaka,<br />

Londra, Hong Kong, Los Angeles sono metropoli densamente popolate, ma anche centri di affari di<br />

r<strong>il</strong>ievo mondiale. Tra le 21 <strong>citt</strong>à del mondo in cui si vive meglio (v. RUR, 1997), le due aree<br />

metropolitane di Tokyo e di Osaka si collocano rispettivamente all’undicesimo e tredicesimo<br />

posto con un punteggio di 94 (su 100); Dallas e Atlanta, che fanno registrare in questa graduatoria<br />

<strong>il</strong> più alto tasso di incremento demografico (oltre a essere già in partenza <strong>citt</strong>à fortemente<br />

popolate), si collocano rispettivamente al settimo e quarto posto (con 96 e 98 punti). <strong>La</strong> possib<strong>il</strong>ità<br />

di destini diversi si ritrova anche <strong>nel</strong>le metropoli congestionate del sottosv<strong>il</strong>uppo: <strong>nel</strong>la graduatoria<br />

delle 19 <strong>citt</strong>à con <strong>il</strong> più basso standard di qualità della vita, Città di Messico si mantiene al<br />

quarto posto (con un punteggio di 44), mentre Il Cairo si colloca al sesto posto (con un punteggio<br />

di 42); non si trovano, quindi, malgrado la loro sovrappopolazione, al fondo della graduatoria.<br />

<strong>La</strong> prospettiva della globalizzazione induce a inserire <strong>nel</strong>la valutazione delle relazioni tra<br />

sovrappopolazione urbana e sv<strong>il</strong>uppo la distinzione tra sistemi di <strong>citt</strong>à equ<strong>il</strong>ibrati e sistemi di <strong>citt</strong>à<br />

cosiddette “primaziali”: nei primi le attività produttive e i servizi sono distribuiti tra diverse <strong>citt</strong>à;<br />

nei secondi, in una <strong>citt</strong>à, solitamente la capitale, sono concentrati disordinatamente popolazione,<br />

attività economiche e servizi (v. Sassen, 1994). Di consueto i primi tipi di sistemi sono propri<br />

dell’Europa occidentale e, in generale, delle aree economicamente sv<strong>il</strong>uppate, mentre l’America<br />

<strong>La</strong>tina, i Caraibi, ampie parti dell’Asia e, in una certa misura, l’Africa sono caratterizzati dalla<br />

presenza egemonica o isolata di <strong>citt</strong>à primaziali. Lo status di <strong>citt</strong>à primaziale è certamente legato<br />

alla crescita della popolazione urbana, ma questo legame non può essere inteso in senso<br />

deterministico: se rientrano a pieno titolo tra le <strong>citt</strong>à primaziali San Paolo, che assorbe <strong>il</strong> 36% del<br />

prodotto nazionale e <strong>il</strong> 48% del prodotto industriale netto del Bras<strong>il</strong>e, e Santo Domingo, dove ha

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