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La citt nel XX secolo: il successo infelice - Eddyburg

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Attraverso tutti questi percorsi cresce l’appartenenza al mondo urbano, un’appartenenza non più<br />

siglata dalla fisicità o dalla condizione giuridica e fortemente variegata, che presuppone,<br />

richiede, legittima un’offerta urbana largamente diversificata e flessib<strong>il</strong>e.<br />

2b. <strong>La</strong> <strong>citt</strong>à che cambia.<br />

“<strong>La</strong> <strong>citt</strong>à è un grande <strong>successo</strong> dell’uomo: essa oggettivizza <strong>il</strong> sapere più sofisticato in un<br />

paesaggio fisico di complessità, potenza e splendore straordinari, e contemporaneamente unisce<br />

forze sociali capaci delle più stupefacenti innovazioni sociotecniche e politiche. Ma è anche luogo<br />

di squallido fallimento esistenziale, parafulmine dello scontento disperato, arena del conflitto<br />

sociale e politico. È un luogo misterioso, dove l’inatteso è di casa, pieno di agitazione e di<br />

fermento, di libertà, opportunità e alienazione; pieno di passione e repressione, di<br />

cosmopolitismo e campan<strong>il</strong>ismo estremi; di violenza, innovazione e reazione. <strong>La</strong> <strong>citt</strong>à capitalista<br />

è l’arena dei massimi disordini sociali e politici, ed è insieme testimonianza monumentale<br />

e forza propulsiva <strong>nel</strong>la dialettica dello sv<strong>il</strong>uppo ineguale capitalista” (v. Harvey, 1989; tr. it., p.<br />

266). Pur scontando <strong>il</strong> ricorso alla retorica marxista, questa frase di Harvey può essere ut<strong>il</strong>izzata<br />

come un buon incipit per un’analisi del <strong>successo</strong> urbano e del suo b<strong>il</strong>ancio - ambivalente come<br />

quello di qualsiasi <strong>successo</strong> - di risultati e di costi. Occorre però entrare <strong>nel</strong>lo specifico,<br />

identificando i fattori del <strong>successo</strong> e tracciando, pur se per accenni, una tipologia delle “<strong>citt</strong>à di<br />

<strong>successo</strong>”.<br />

Il <strong>successo</strong> urbano è legato <strong>nel</strong> mondo contemporaneo a due variab<strong>il</strong>i che possiamo definire<br />

rispettivamente “la <strong>citt</strong>à che cambia” e “la pluralizzazione dell’offerta urbana”. <strong>La</strong> <strong>citt</strong>à del <strong>XX</strong><br />

<strong>secolo</strong> è sottoposta a un tasso di cambiamento ben più accelerato di quanto non sia stato quello a<br />

cui da sempre sono stati sottoposti i fenomeni urbani: si tratta di processi spontanei, ma anche di<br />

mutamenti intenzionali e governati, la cui misura è rappresentata dalla rapidità, dall’efficacia, dalla<br />

potenza moltiplicatrice, ma anche dalla capacità di mantenere un certo rapporto con i sentimenti di<br />

appartenenza e di preservare la cultura e l’identità.<br />

Il ritmo di mutamento di molte <strong>citt</strong>à contemporanee, di quelle storiche così come di quelle di più<br />

recente impianto, contraddice <strong>il</strong> principio affermato tradizionalmente <strong>nel</strong>le scuole di architettura che<br />

le <strong>citt</strong>à siano entità “lente” rispetto all’economia e alla scienza. Non sono soltanto la quantità e la<br />

qualità della popolazione, le funzioni, la loro localizzazione <strong>nel</strong>le diverse aree urbane, le attrezzature<br />

tecnologiche a cambiare: cambia anche la <strong>citt</strong>à di pietra, <strong>nel</strong>l’estendersi in determinate direzioni,<br />

<strong>nel</strong> rapporto tra spazi pubblici e spazi privati, <strong>nel</strong> suo prolungarsi verso l’alto o <strong>nel</strong> suo<br />

sprofondare sotto <strong>il</strong> livello del suolo, e cambia rapidamente anche <strong>nel</strong>le caratteristiche dei suoi<br />

manufatti.<br />

Dentro la <strong>citt</strong>à e verso la <strong>citt</strong>à si sv<strong>il</strong>uppa un continuo movimento che è anche mutamento<br />

continuo delle dimensioni spaziali e temporali della <strong>citt</strong>à. Prendiamo un caso limite come<br />

Shanghai. Per modernizzarsi (o per “occidentalizzarsi”) la più popolosa <strong>citt</strong>à cinese sembra<br />

aver ingaggiato una lotta contro <strong>il</strong> tempo. È un cantiere globale e permanente in cui si demoliscono<br />

a tappe forzate e con spregiudicata disinvoltura begli edifici di inizio <strong>secolo</strong>, sostituendoli con<br />

centinaia e centinaia di palazzi alti e moderni, anche se di dubbia qualità. A Shanghai, come in altre<br />

<strong>citt</strong>à dell’Estremo Oriente, <strong>il</strong> processo di trasformazione è così rapido che le mappe urbane sono<br />

continuamente ristampate e rimangono comunque assai approssimative. Le <strong>citt</strong>à in quanto espressione<br />

della società e dell’economia sono percepite come beni di consumo e non come documenti della<br />

storia, e tanto meno come opere d’arte. Basti pensare che <strong>nel</strong> centro di Shanghai manca ormai<br />

qualsiasi elemento riconoscib<strong>il</strong>e come “cinese” e che recentemente si è arrivati al paradosso di<br />

costruirvi una Chinatown con finalità prevalentemente commerciali (ristoranti, sale da tè, antiquari,<br />

souvenir, ecc.) in modo da offrire ai turisti qualcosa di coerente con le loro aspettative. Così come<br />

accade, al contrario, che in <strong>citt</strong>à nuove si recuperi un “passato” storico-artistico appartenente ad altre<br />

realtà: a <strong>La</strong>s Vegas, sulle ceneri del glorioso Hotel Sands, imbottito di dinamite e fatto saltare in aria, è<br />

sorta una installazione multifunzionale, The Venetian, completa di giochi acquatici, Canal Grande,<br />

Ponte di Rialto e relativi gondolieri d’importazione, mentre già si stanno apprestando le repliche di

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