La citt nel XX secolo: il successo infelice - Eddyburg
La citt nel XX secolo: il successo infelice - Eddyburg
La citt nel XX secolo: il successo infelice - Eddyburg
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
e della convivenza civ<strong>il</strong>e.<br />
L’affollamento urbano non è però un fenomeno che si possa valutare al di fuori delle condizioni di<br />
contesto. Nelle <strong>citt</strong>à del Terzo Mondo la forte crescita demografica provocata dall’inurbamento di<br />
massa e dall’alto tasso di natalità si contrappone all’insufficiente sv<strong>il</strong>uppo della base produttiva,<br />
all’inesistenza di politiche pubbliche dell’abitazione, all’assenza di servizi sociali, provocando la<br />
formazione di estese masse di inoccupati o di occupati precari, la crescita ai margini della <strong>citt</strong>à di<br />
estese bidonv<strong>il</strong>les in condizioni igieniche, sociali e morali drammatiche. Nelle <strong>citt</strong>à del mondo<br />
industrializzato o postindustriale la pressione demografica si presenta in modi diversi e produce<br />
effetti diversi, anche perché vi si è registrato un rallentamento o addirittura un arresto della crescita<br />
demografica naturale. Si ha semmai una trasformazione della struttura della popolazione, che pure<br />
ha i suoi effetti <strong>nel</strong>l’organizzazione della vita urbana: l’aumento della componente anziana<br />
provocata dall’incremento della speranza media di vita. Inoltre, la popolazione si distribuisce su una<br />
rete più articolata di centri urbani. Infine, l’acquisizione di nuove funzioni produttive che<br />
sostituiscono quelle manifatturiere - decentrate in altre aree dello stesso paese o nei nuovi paesi in via<br />
di industrializzazione - e la sopravvivenza o, addirittura, l’espansione dell’economia informale,<br />
insieme al ruolo delle politiche di welfare urbano, mantengono un certo equ<strong>il</strong>ibrio tra bisogni e risorse.<br />
Non si producono automaticamente quegli effetti che la Scuola ecologica di Chicago pronosticava<br />
per la metropoli; neanche <strong>nel</strong>le metropoli più disperate l’ordine biotico prevale totalmente<br />
sull’ordine simbolico e sociale; gli abitanti metropolitani non diventano topi impazziti che lottano<br />
ciecamente per la sopravvivenza, ma trovano e inventano forme di adattamento, sv<strong>il</strong>uppano attitudini<br />
di destrezza sociale, acquisiscono capacità di negoziazione <strong>nel</strong> privato quanto <strong>nel</strong> pubblico.<br />
<strong>La</strong> sovrappopolazione urbana diventa traino, però, per altri problemi. Tra questi emerge<br />
immediatamente la questione dell’aumentato rischio ambientale; per una collocazione più<br />
realistica del problema va ricordato che la questione ambientale non si declina oggi soltanto in<br />
termini urbani: pensiamo alla desertificazione, alla deforestazione, al dissesto idrogeologico<br />
provocato dalla trasformazione delle colture, al depauperamento del patrimonio vegetale e faunistico.<br />
Altrettanto importante è <strong>il</strong> fatto che l’eccessivo affollamento mette in crisi la capacità di carico<br />
dell’ambiente urbano. Una popolazione estesa con le sue esigenze di prelievo e di emissione<br />
(pensiamo soltanto all’acqua per <strong>il</strong> primo e ai rifiuti solidi e liquidi per la seconda); la congestione<br />
del traffico urbano e l’aumento dei gas di scarico; gli effetti inquinanti delle tecnologie necessarie<br />
per far funzionare abitazioni, uffici, servizi; l’intensificazione ed<strong>il</strong>izia e la cattiva manutenzione di<br />
un patrimonio “costruito” in continua crescita; l’inquinamento acustico provocato dall’aumento del<br />
traffico aereo e di quello urbano di superficie: sono tutti elementi di una emergenza ambientale<br />
che aumenta la complessità del sistema urbano e della sua governab<strong>il</strong>ità.<br />
Malgrado le dismissioni industriali e lo sv<strong>il</strong>uppo delle infrastrutture e attrezzature di igiene<br />
urbana (rete fognante, rete idrica, servizi igienici <strong>nel</strong>le abitazioni, servizi di raccolta di rifiuti<br />
solidi, ecc.) quelle deficienze ambientali che sembravano prerogative delle vecchie e insalubri<br />
<strong>citt</strong>à industriali si ritrovano accentuate, anche se cambiate di segno, <strong>nel</strong>le metropoli moderne e si<br />
ritrovano anche <strong>nel</strong>le metropoli ancora poco industrializzate: infatti i dati ci informano che Città<br />
di Messico e Nuova Delhi sono le due metropoli più inquinate del pianeta.<br />
L’allarme provocato dal crescente degrado ambientale sta determinando reazioni individuali<br />
(dalla mascherina di garza antinquinamento a un minor uso dell’autovettura privata, là dove le<br />
condizioni dei trasporti pubblici lo consentono, all’uso di autovetture meno inquinanti), reazioni<br />
sociali (accresciuta domanda di verde pubblico), politiche ambientali più mirate (nuovi sistemi di<br />
raccolta e smaltimento dei rifiuti, risparmio energetico e idrico, vincoli alla circolazione<br />
automob<strong>il</strong>istica privata, adozione di mezzi per <strong>il</strong> trasporto pubblico meno inquinanti e meno<br />
congestionanti). L’offerta urbana deve sempre più misurarsi non soltanto con una domanda di ut<strong>il</strong>ità<br />
e di bellezza, ma anche di qualità dell’ambiente.<br />
Un altro aspetto della vita metropolitana che desta sorpresa, almeno <strong>nel</strong>le società<br />
economicamente sv<strong>il</strong>uppate - una sorpresa che si converte in scandalo o in allarme, quando invece<br />
non costringe <strong>il</strong> fenomeno in un ghetto di invisib<strong>il</strong>ità, anche se esso si mostra <strong>nel</strong>la quotidianità