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La citt nel XX secolo: il successo infelice - Eddyburg

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È da dire, infine, che “le <strong>citt</strong>à rappresentano e in qualche modo prolungano i processi di lunga<br />

durata che stanno all’origine della storia europea e che si misurano in molti secoli” (v. Benevolo,<br />

1993, p. 217). Questa “lunga durata” della <strong>citt</strong>à entra a far parte di una sorta di inconscio urbano<br />

collettivo, naturalizzando un modello di <strong>citt</strong>à rispetto al quale ogni mutamento e ogni diversità<br />

vengono percepiti come un segno di alterità o come un sintomo di degenerazione. Questo<br />

imprinting della <strong>citt</strong>à occidentale riguarda anche tutti i territori urbani toccati dalla civ<strong>il</strong>izzazione<br />

europea: così che le <strong>citt</strong>à del Nuovo Continente o del Terzo Mondo hanno finito con <strong>il</strong> riprodurne<br />

i caratteri e i miti, magari ingrandendone ed esasperandone le contraddizioni.<br />

lb. Le trasformazioni della forma e del significato della <strong>citt</strong>à.<br />

Il <strong>secolo</strong> appena concluso ha visto una profonda trasformazione della <strong>citt</strong>à su tutti i piani, da quello<br />

materiale della <strong>citt</strong>à di pietra, della distribuzione dei suoi valori fondiari e della sua base<br />

produttiva, a quello immateriale del significato della <strong>citt</strong>à <strong>nel</strong>l’immaginario collettivo e delle<br />

scelte intenzionali <strong>nel</strong>le analisi, <strong>nel</strong> disegno e <strong>nel</strong> governo urbano. Il rapporto tra questi due piani si<br />

rivela dialettico o, almeno, asimmetrico e l’urbanistica moderna si è affermata - ed è entrata in<br />

crisi - esprimendo appunto l’ambizione di governare ideologicamente e tecnicamente questo<br />

rapporto. Tale ambizione ha cercato la sua realizzazione in diversi momenti che sembra opportuno<br />

ripercorrere, fosse anche per cogliere, con uno sguardo disincantato, <strong>il</strong> complesso ruolo che fattori<br />

materiali e strategie cognitive e progettuali hanno giocato <strong>nel</strong>la trasformazione della <strong>citt</strong>à.<br />

L’intervento di Georges-Eugène Haussmann su Parigi, iniziato <strong>nel</strong> 1853, può essere considerato<br />

l’atto di nascita della moderna urbanistica “amministrata”, con <strong>il</strong> suo continuo compromesso tra<br />

pianificazione urbana “di comando” e iniziativa privata, con i suoi interessi di valorizzazione<br />

della rendita fondiaria. Il <strong>XX</strong> <strong>secolo</strong> è vissuto ancora per molto tempo sull’eredità<br />

haussmanniana, non soltanto perché la pratica dello sventramento, sostenuta da “una retorica<br />

tendenziosa che esagera la fatiscenza, l’insalubrità, lo squallore delle parti più antiche della<br />

<strong>citt</strong>à” (v. Benevolo, 1993, p. 183), prosegue - dopo Bruxelles, Firenze, Vienna, Barcellona - con i più<br />

tardi interventi di “risanamento” a Napoli, Roma, Palermo; ma soprattutto perché Haussmann,<br />

anticipando la futura egemonia della nuova protagonista della vita <strong>citt</strong>adina, l’automob<strong>il</strong>e,<br />

predisporrà lo spazio urbano alla velocizzazione della mob<strong>il</strong>ità. Non solo: egli troverà <strong>il</strong> modo di<br />

proporre una soluzione dei complessi problemi di una metropoli moderna concepita come un<br />

“affare’, concorrenziale <strong>nel</strong>l’ambito degli affari consentiti dalla produzione industriale, e questo<br />

modello eserciterà la sua influenza economica in gran parte del Novecento. Con Haussmann nasce<br />

l’industria fondiaria, l’alloggio di massa (come di massa sarà l’automob<strong>il</strong>e di Henry Ford); <strong>il</strong><br />

suolo urbano diventa la materia prima, l’edificio per abitazioni, studi professionali, esercizi<br />

commerciali, diventa <strong>il</strong> prodotto finito: <strong>nel</strong>le parole di Italo Insolera, “<strong>il</strong> mercato del prodotto<br />

finito coincide con <strong>il</strong> luogo di esistenza della materia prima” (cit. in V<strong>il</strong>lani, 1987, p. 455).<br />

L’espansione della <strong>citt</strong>à diventerà <strong>nel</strong> <strong>XX</strong> <strong>secolo</strong> - per alcuni paesi ancora fino alla crisi degli anni<br />

Settanta - <strong>il</strong> pendant del mito della crescita continua proprio dei paesi industrializzati, provocando<br />

l’emergenza critica dei centri storici, la verticalizzazione ed<strong>il</strong>izia, la crescita impetuosa delle<br />

periferie, la congestione urbana. Ma <strong>il</strong> Novecento vedrà anche la reazione delle culture<br />

d’avanguardia e dei movimenti collettivi di organizzazione e di rappresentanza degli interessi sociali<br />

degli attori più deboli della scena urbana: le classi lavoratrici. A queste reazioni faranno<br />

riferimento la nascita del Movimento moderno e quel più variegato fenomeno che ha preso <strong>il</strong> nome<br />

di urbanistica razionalista.<br />

Nel <strong>XX</strong> <strong>secolo</strong> si rivela pienamente la crisi della <strong>citt</strong>à industriale, risultato di un rapporto<br />

conflittuale tra organizzazione produttiva, organizzazione sociale, qualità dell’ambiente<br />

costruito e allocazione delle risorse naturali. <strong>La</strong> <strong>citt</strong>à razionalista è in qualche modo la<br />

riproposizione <strong>nel</strong> mondo industrializzato del ruolo aristotelico della <strong>citt</strong>à come strumento per<br />

raggiungere la perfezione dell’esistenza umana.<br />

Il razionalismo è stato portatore di una forte convinzione, quella che la scienza (e le diverse

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