TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore
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suntakto;n peri; tino;~ h] tinw'n, oi|on Gravfw Levgw, “una parte indeclinabile del<br />
discorso che significa un legame sintattico fra una o più cose, come ‘scrivo’,<br />
‘dico’.” 63<br />
La definizione attribuita a Dionisio dallo scolio e quelle di ambiente stoico<br />
riportate da Diogene Laerzio, a differenza di quelle della Téchnē e delle altre<br />
analizzate in precedenza, affrontano il verbo da un punto di vista logico-filosofico e<br />
non grammaticale-linguistico. 64 In queste non è presente l’elemento temporale, né da<br />
un punto di vista morfologico, e nemmeno nel modo in cui lo intendeva Aristotele, il<br />
quale poneva alla base della distinzione tra nome e verbo il fatto che soltanto il<br />
secondo possedesse il tempo. 65<br />
Si deve in ogni caso ribadire, che le concezioni degli Stoici sono difficili da<br />
ricostruire data la scarsità e la diversa collocazione storica delle testimonianze<br />
esistenti, le quali non ci permettono di comprendere fino in fondo il rapporto tra le<br />
considerazioni linguistiche e la dottrina filosofica, e di inserire nel giusto contesto<br />
teorico affermazioni isolate e frammentarie. 66 Accenniamo, ad esempio, al problema<br />
posto dal fatto che Apollonio Discolo attribuisca agli Stoici una definizione del verbo<br />
che non trova riscontro in altre fonti. Apollonio, infatti, nella Sintassi (I, §50)<br />
63 Secondo Steinthal (1890: I, 297) questa definizione potrebbe essere attribuita a Crisippo, mentre<br />
Pinborg (1975: 99) ritiene che si tratti di una definizione (più) tarda.<br />
64 Nella raccolta dei frammenti stoici sulla dialettica di Hülser (1987-88) viene inserita riguardo al<br />
verbo anche la definizione della Suda (vol. IV p. 291 Adler): rJh'ma levgetai hJ aJplw'~ rhJmatikh;<br />
fwnhv, oi|on tuvptw, gravfw, aJplw'~ movnon legovmenon: to; de; ejk th'~ aJplw'~ rJhmatikh'~ fwnh'~<br />
semainovmenon kathgoriva kalei'tai.<br />
65 Come dice Lallot infatti “le ‘temps’ (khrónos) est, pour Aristote, l’accident verbal par excellence,<br />
puisque c’est lui qui différence le verbe du nom (Peri herm. 16 b 6, Poet. 1457 a 14).” (1997: 24).<br />
Traglia, riguardo alle elaborazioni stoiche, dice che a differenza di Aristotele che aveva messo al<br />
centro della definizione verbale la nozione temporale gli Stoici: “si fermarono a considerare i diversi<br />
valori dell’azione del verbo, trasportando dalla sfera temporale a quella dell’aspetto verbale quei<br />
concetti di determinatezza e indeterminatezza dell’azione espressa dai vari tempi, che non sono<br />
neppur essi senza precedenti in Aristotele. [...] nella stessa definizione del verbo manca in Dionisio<br />
quel concetto di «predicato» che è pur presente in Aristotele allorché definisce il verbo dal punto di<br />
vista logico, e non prettamente lessicale, in opposizione al nome. La definizione dionisiana del rJhvma<br />
riguarda solo la levxi~ e non il lovgo~.” (1956: 72-73). Riguardo alle diverse definizioni del verbo,<br />
Versteegh afferma:<br />
“The Stoic functional definition of the verb may be contrasted with the Aristotelian one, which has an<br />
essential character: verb signify time. In the Techne we find a morphological description, as well as<br />
the essence of the verb: it signifies an action (ejnevrgeia) or a passion (pavqo~). This type of definition<br />
was to remain the standard one: verbs signify actions (pravgmata); they have certain morphological<br />
properties; and they signify time.” (1980: 338-339).<br />
66 Si rimanda per la questione stoica alla nota 31.<br />
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