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TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore

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Téchnē (cap. 19), gli avverbi “indicativi del tempo” (crovnou dhlwtikav) sono nu'n,<br />

tovte “allora” e au\qi~ “poi”. 104<br />

Apollonio, in Sintassi I, §13, spiegando che dietro l’ordine delle parti del discorso<br />

c’è una motivazione e che questo vale per ogni ordine, anche per le sottoclassi,<br />

accenna anche all’ordine dei Tempi, ma menziona solo il Presente e l’Imperfetto. È<br />

interessante notare che le divisioni temporali sono chiamate tomaiv:<br />

ª...º e[n te tai'~ cronikai'~ tomai'~ kata; ta; rJhvmata oJ enestwv~, ei\ta oJ<br />

paratatiko;~ kai; oiJ eJxh'~ crovnoi<br />

“[...] così anche per le divisioni del verbo: il presente, poi l’imperfetto e poi gli altri<br />

tempi.”<br />

Nella Téchnē, dei tre termini usati per indicare presente, passato e futuro, solo<br />

parelhluqwv~ non è il nome di un Tempo grammaticale. I Tempi verbali sono<br />

dunque sei: Presente, Futuro, Imperfetto, Perfetto, Piuccheperfetto, Aoristo. 105 I<br />

termini per indicarli hanno origini diverse: alcuni, che erano già normalmente in uso,<br />

assunsero questa funzione grammaticale successivamente, altri invece furono<br />

espressamente creati dai grammatici o dai filosofi per esprimere queste nozioni<br />

linguistiche, per questo contengono già nel nome delle indicazioni sul loro<br />

contenuto, come è sottolineato anche negli scoli. 106 Come abbiamo visto per i Modi,<br />

anche i nomi dei Tempi erano già consolidati nell’uso all’epoca di Apollonio<br />

Discolo. 107 Poiché questi termini sono di fondamentale importanza per la<br />

comprensione della questione verbale e si ritrovano in tutti i testi dei grammatici e<br />

dei commentatori successivi, ne diamo una sintetica descrizione.<br />

Il termine ejnestwv~ (participio perfetto di ejnivsthmi) vuol dire “ciò che è<br />

imminente, cominciato, presente”, e unito a crovno~ indica il tempo verbale Presente.<br />

In latino è stato tradotto con praesens. Nella prima parte del passo della Téchnē,<br />

104 Il testo del passo sugli avverbi temporali è riportato a pagina 32.<br />

105 Scegliamo di tradurre i Tempi con i termini che sono tradizionalmente in uso nella lingua italiana,<br />

anche se questi sono opachi rispetto al significato originario, derivando dalla tradizione latina. Nel<br />

corso del testo i nomi dei Tempi saranno abbreviati in: PR, FU, IMPf, Pf, PPf, AO.<br />

106 Secondo Lallot alcuni di questi termini erano già presenti nella lingua ma l’uso come nomi dei<br />

Tempi verbali risalirebbe agli Stoici (è il caso di ejnestwv~, mevllwn e forse anche ajovristo~, comune<br />

nel linguaggio filosofico), i quali inoltre avrebbero coniato paratatikov~. Invece i termini<br />

parakeivmeno~ (che lo studioso traduce “adjacent”) e uJpersuntevliko~ sarebbero riconducibili ai<br />

grammatici (1989: 170-171). Si veda anche Berrettoni (1989a).<br />

107 Questo naturalmente se non consideriamo la Téchnē collocabile nel II secolo a. C.<br />

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