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Alle origini<br />

del sacro<br />

Una religione<br />

senza miti<br />

Sincretismo<br />

religioso e<br />

interpretatio<br />

degli dèi greci<br />

2 Copia di un affresco<br />

della Domus aurea,<br />

andato perduto,<br />

raffi gurante Giove e<br />

Rea Silvia, madre dei<br />

fondatori di Roma,<br />

Romolo e Remo.<br />

La religione romana<br />

229<br />

La formazione della teologia dei romani può essere scandita in tre tempi, nei quali si passa<br />

dalla percezione di ‘divinità del momento’, che intervenivano nell’hic et nunc a spiegare<br />

un fenomeno di cui sfuggiva la motivazione, a divinità quotidiane, che sovrintendevano<br />

alle azioni di ogni giorno, per giungere solo alla fi ne di questo processo alla concezione<br />

di divinità personali.<br />

La ‘volontà divina’ che si esprimeva in un’azione o in una funzione (dal miracolo della sorgente<br />

alla sacralità del bosco, dal cambio della stagione al confi ne del campo ecc.) era detta numen<br />

(dalla radice di nuo, «accenno con la testa» per esprimere volontà e comando): nei suoi<br />

confronti l’uomo era impotente e poteva solo sperare di propiziarsela attraverso la preghiera.<br />

Queste divinità accompagnavano e regolavano tutta la vita dell’uomo a partire dalla nascita:<br />

Vitumnus dava all’uomo la vita, Alemona (da alo, «nutro») lo nutriva, Egeria (1) (da egĕro,<br />

«porto fuori») aiutava la madre a partorire, Vagitanus arrivava al primo vagito, Cunina vegliava<br />

sulla culla ecc.<br />

Forme particolari di numina sovrintendevano alle attività lavorative quotidiane e ai relativi<br />

ambiti connessi, primo fra tutti quello dell’agricoltura.<br />

Mentre la Grecia aveva prodotto un materiale mitologico vivace e fantasioso, i romani si limitarono<br />

a coltivare un complesso di pratiche rituali che prescindevano dal supporto del<br />

mito. La loro religione non concepì né cosmologie né genealogie divine, ma non era priva<br />

di un repertorio di leggende che calavano il mito dal cielo sulla terra, o, meglio, innalzavano<br />

al rango di dèi i grandi uomini della Roma delle origini: è il caso del fondatore Romolo,<br />

che fu assimilato al dio Quirino.<br />

Da questo substrato primitivo, intriso di meraviglia e orrore, vennero emergendo a poco a<br />

poco divinità che accentravano in sé i vari settori di competenza dei vecchi numina: divinità<br />

dei grandi fenomeni naturali (da Giove (2), dio del cielo, a Vulcano, dio del fuoco, a Nettuno,<br />

dio delle acque ecc.), dèi della natura e dell’agricoltura (Marte, Saturno), della casa e<br />

della famiglia, dei mestieri e delle professioni, dell’Oltretomba ecc.<br />

In quest’opera di defi nizione delle divinità e delle loro prerogative, la religione romana ricorse<br />

largamente al cosiddetto sincretismo, cioè alla sintesi di aspetti delle varie religioni che<br />

erano state praticate sia da popolazioni italiche quali latini, sabini, etruschi, sia da immigrati<br />

greci, giudei, egizi e orientali in senso lato.<br />

In questo crogiolo di culti si attestarono<br />

alcune divinità latine arcaiche<br />

destinate a permanere nella<br />

futura storia della religione romana:<br />

si possono ricordare i Lari (3),<br />

i Penati e i Mani, rispettivamente<br />

dèi della casa, della famiglia e dei<br />

morti, accanto alla dea del focolare<br />

Vesta (4) e a Giano (5), il dio<br />

che regolava gli ‘inizi’ e i ‘passaggi’<br />

dell’entrata e dell’uscita e pertanto<br />

era raffi gurato bifronte.<br />

Tra III e II secolo a.C. molte divinità<br />

furono sottoposte alla cosiddetta<br />

interpretatio Romana,<br />

un procedimento che consisteva<br />

nell’assimilare divinità romane<br />

a quelle greche con prerogative<br />

analoghe: Giove era l’equivalen-

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