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vita da circolo Ferrara Il TurISmo DIeTro caSa a cura della redazione itinerario storico “fuori porta” opo alcuni suggerimenti per qualche D giro in città, sul numero di maggio proponiamo un’idea per una gitarella nella provincia di Ferrara, fruibile (si spera) con il bel tempo primaverile e con i bellissimi paesaggi che i frutteti in fiore ci offrono. Lo spunto arriva dalla rivista “Voci di una città” (semestrale della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara) che da notizia dei restauri eseguiti sugli affreschi della chiesa di Voghiera, realizzati con la tecnica dell’olio su muro. L’opera è molto originale e recentemente è stata attribuita al grande Carlo Bononi (1549-1612). Poco fuori dal paese, sulla strada per Portomaggiore si trova la reggia estense di Belriguardo voluta da Nicolò III d’Este nel 1435. Dentro il castello è presente un interessante museo civico suddiviso in tre sezioni: Archeologica, Rinascimentale e Arte Moderna, con due aule didattiche di servizio per le Scuole. In questo sito è presente una fermata della linea Ferrara-Portomaggiore che segnala anche il cambio tariffario di zona. A cinque chilometri da Voghiera, in fondo a via Ca’ Nova Ducale, circondato dalla verde campagna ferrarese si trova il piccolo ma grazioso oratorio di S. Antonino. Il territorio comunale di Voghiera ri- a cura della redazione Ferrara SeZIoNe TIFoSI Volante bianco azzurro Correva l’anno 1994, era il 5 giugno. Un gruppo di 74 autisti dell’allora aCfT portò allo storico stadio Dallara i tifosi della SPaL in trasferta a Bologna. ne successe una per colore: fumogeni in corriera, cassonetti contro i pullman, chiavi degli autobus staccate e gettate nei tombini, finestrini fracassati dalle pietre, senza dilungarci su quello che i tifosi fumarono in corriera. Citiamo alcuni dei prodi 74, ovvero quelli che dall’alto a sinistra compaiono in questa foto: Ronconi, gardenghi, Visentini, Benatti, Vannini, zanghirati, Raimondi, Domeneghetti, Scodeggio, magri, ferrari, Bortolini, fortini, Brancaleoni, orsatti, Selvatici, Robustini, Bonsi, Cassani, Virgili, Capozzi, serva anche altre sorprese: gli scavi archeologici nelle aree di fondo Tesoro e fondo Tesoretto (circa 12.000 mq).nell’ultimo quarto del secolo scorso hanno restituito una necropoli integra, alla periferia di Voghenza, databile tra la seconda metà del primo ed il terzo secolo della nostra era, cioè all’apice della fortuna imperiale romana. Gli archeologi ritengono di essere ancora lontani dall’aver perfettamente identificato la dimensione e la vera natura di questo antico vicus, che ebbe l’onore di essere la prima diocesi del ferrarese, con quindici vescovi che si succedettero sulla sua cattedra, sino alla nascita di Ferrara. Altra perla della zona è il Parco Massari- Mazzoni. La grande isola verde si estende per 22 ettari e separa Voghiera da Voghenza; è assolutamente naturale definire il parco “isola” in quanto due millenni or sono lo era veramente: un’isola fluviale al centro dell’alveo del grande Po che tramite un sistema di ponti consentiva il guado del fiume in età romana. Attualmente con la corriera circumnavighiamo quest’isola per fare la fermata di Voghenza. Gualdo è una frazione di Voghiera e oggi è tagliata in due dalla superstrada Ferrara – Mare; il paese fu eretto a parrocchia sin dal due- in alto, il torrione d'ingresso che immette nel primo cortile, o corte alta, di Belriguardo, residenza estiva degli este, fatto costruire da nicolò iii nel 1433. Sul terrazzo si può vedere lo stemma estense in pietra d'istria sorretto da due angeli. cento. La chiesa è curiosamente dedicata a San Tommaso Becket, e presenta nel soffitto una bella decorazione con il Patrono realizzata nella seconda metà dell’800. Poco più avanti della chiesa, incontriamo il parco di Villa Mazza, splendido esempio di villa patrizia restaurata nel secolo scorso su un impianto Rinascimentale; oggi purtroppo versa in gravissimo stato di degrado ma nell’800 la villa fu sede della splendida pinacoteca dei conti Mazza, con opere dei maggiori rappresentanti della famosa “officina ferrarese”. All’imbocco dello svincolo della superstrada per il mare troviamo la bella Villa Navarra con una elegante torre merlata, che la tradizione popolare vuole fosse appartenuta a Parisina Malatesta. La fermata di Villa Navarra è anche la fermata principale di Gualdo. Per gli approfondimenti si rimanda al sito del comune www. comune.voghiera.fe.it. gandini, Buzzoni, grazzi, Carletti, Bindini, Borsetti, un suo amico e ultimo mauro molesini che ci ha gentilmente fornito questa bella fotografia. 18 n u o v oinformatore N. 5 I maggio I 2010
vita da circolo N. 5 I maggio I 2010 di claudio scaPoli Ferrara perSoNaggI D’alTrI TempI “Pizot” un’avventura fresca izzotti, per gli amici “Pizot o Pizu- p ton” che conobbi appena assunto in Siamic, era un signore corpulento e non tanto alto, ma sicuramente, un personaggio caratteristico per come si atteggiava; orgoglioso della sua professionalità di bigliettaio si esprimeva in un italiano derivato dal dialetto che lo portava a coniare termini comprensibili solamente nel contesto di una intera frase, che lo resero un soggetto degno di menzione. Visse i tempi di una azienda che nel dopoguerra rappresentava un traguardo, ma dove le condizioni di lavoro (turni lunghi, mezzi impegnativi e strade spesso disastrate) erano pesanti; d’altronde la vita stessa allora era impegnativa. Siamo nella seconda metà degli anni 50, e nel paesaggio della campagna ferrarese iniziava una gelida mattina di gennaio. Le strade erano ghiacciate e spirava una gelida brezza che spazzava la polvere di galaverna, ai bordi della carreggiata i cumuli di neve caratterizzavano un inverno fatto di perturbazioni siberiane. Tempi duri per il personale Siamic. L’autista della corriera alle 5.30, aveva già messo in moto il mezzo ed attendeva il suo collega, raschiando con la tabella di percorso il ghiaccio formatosi sul parabrezza durante la notte. Il bigliettaio, il mitico “Pizot”, si presentò poco dopo. Per ripararsi dal freddo, aveva addosso oltre alla maglia di lana con maniche lunghe, la camicia, la cravatta, il maglione di lana pesante, i guanti, la sciarpa, il berretto e, sopra la divisa, il giaccone di pelle ¾ con bavero alzato; insomma sembrava l’orso Yoghi. Il giaccone di pelle ¾ rappresentava il capo invernale pesante allora in dotazione agli autoferrotranvieri, era pesante nel senso letterale del termine, visto che la pelle era talmente grossa da sembrare di rinoceronte e gravava sulle spalle come un’armatura; per ammorbidirlo consigliavano di tenere il giaccone sotto grasso almeno un semestre prima di usarlo. Detto questo, i protagonisti della nostra storia iniziarono il turno di lavoro. Partiti dal capolinea, dopo un paio di chilometri, alla fermata si presentò un passeggero con bicicletta al seguito; l’autista si fermò, il bigliettaio aprì la porta, scese, prese la scaletta e s’arrampicò sul tetto per caricare la bici sull’imperiale. Chi ancora ricorda i bus di allora lo sa: vetture senza le porte automatiche, con piccoli bauli posteriori e portapacchi sul tetto (detti imperiali), i riscaldamenti, poi, non dico a fiato ma quasi. Durante l’operazione di legatura della bici, il passeggero, per non rimanere all’addiaccio, decise di salire sul bus e si chiuse la porta alle spalle. Allo schiocco della serratura, l’autista, credendo che “Pizot” fosse risalito, ripartì, lasciando il nostro sul tetto del bus, dimenticato anche dal passeggero. A poco valsero i versi e le manate sul tetto del povero “Pizot”, visto che l’autista ed i passeggeri, “ingrottiti” dal freddo, erano avvolti e “coibentati” in diversi strati di lana e il rumore del motore sovrastava ogni altro all’interno del bus. (Il motore allora era posizionato anteriormente sotto un cassone a fianco dell’autista). Se ne accorsero qualche chilometro dopo, quando alla fermata nei pressi di un provvidenziale bar, salì un’altra persona che disse all’autista di aver sentito gridare aiuto dal tetto dell’autobus. Il povero “Pizot” venne tratto in salvo, e così come era; “imbacalito” dal freddo, con la brina sulle sopracciglia, irrigidito e imprigionato “in t’al giacon ad pell” ormai duro come il legno stagionato, venne fatto scongelare vicino alla stufa a legna aiutato anche da qualche bicchierino di stravecchio. Ripresero il servizio, dopo una decina di minuti, con un Pizotti non completamente scongelato, ma in un certo senso fiero di poter parlare da protagonista di una piccola avventura di cui si sarebbe detto (e scherzato sopra) per un pezzo; una di quelle piccole storie che lo consegnarono alla memoria dei colleghi come me. Cose che accadevano allora !!! Vien da pensare se sia stato Fantozzi ad aver vissuto situazioni “Pizottiane” piuttosto del contrario, visto che tutto questo accadeva almeno vent’anni prima della programmazione dei film. di claudio scaPoli Ferrara ZIruDela Una gita a Ca’ Santoni Per le dieci ci siam dati appuntamento, 22 i partecipanti a questo evento che ci vede con famigliari e amici, fare un giro sulle appenniniche pendici, dove sta un’antica “piola” assai famosa per servir funghi e tartufi a poca spesa; ragion per cui, con gli intenti culinari fra i più buoni, ce ne andremo a fare tappa a Cà Santoni. il percorso è quasi tutto d’autostrada un’ora e un quarto, un’ora e mezza mal che vada dopo di che questo simpatico convoglio pagherà dazio al casel di Pian del Voglio, e da qui, sappiam, poco distante è l’ubicazione di codesto ristorante. Piacevole è il tragitto e sempre siam sorpresi dalla bellezza dei colli bolognesi, la tanta neve e il sol di stamattina fanno stupendo il panorama di collina. giunti che siamo, senza indugio, orsù ci appropinquiamo al desco e ci illustrano il menù, e allora in tavola si susseguon gli antipasti che i commensali approvano entusiasti, lasagne al tartufo, funghi e tagliatelle sono sfiziose... approvate pure quelle, i secondi, i contorni, i dolci col vin santo, tutte specialità di cui la casa si fa vanto, e per finir... “la chicca”, che fa tutti contenti la grappa che fan loro... quella “dei Deficenti”. Concludo il resoconto e non sarò banale se in tutta questa storia ricavo sta morale: peccando di papilla abbiamo banchettato indugiando, compiaciuti, alle gioie del palato pazienza se in futuro dovrem penitenziare, ne è valsa la pena… il proposito è tornare. o come diceva Bartali “l’è ttutto da rrifare!!” n u o v oinformatore 19
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