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La medaglia nella Milano asburgica - Scuola Normale Superiore

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geografico esercitato dalla microplastica milanese, sottraendo questa produzione sia<br />

all’isolamento regionale cui l’ha relegata la bibliografia di settore, sia alla separatezza cui<br />

l’hanno condannata la storia dell’arte novecentesca e i metodi dell’indagine numismatica 77 .<br />

3. Committenza e fruizione delle medaglie a <strong>Milano</strong><br />

Sul versante più latamente storico-culturale, la pubblicazione dei bellissimi studi<br />

documentari di José Luis Gonzalo Sánchez-Molero («Regia bibliotheca»: el libro en la<br />

corte española de Carlos V, Mérida 2000) e di Marina Cano Cuesta (Catálogo de medallas<br />

españolas, Museo Nacional del Prado, Madrid 2005) ha esteso sempre più le ambizioni<br />

della presente indagine: dopo l’iniziale ricerca di buoni esemplari, la datazione dei tipi ed il<br />

censimento delle mani e delle varianti, la redazione di questo testo è evoluta verso una<br />

forma bipartita che desse conto dell’eccezionalità della produzione medaglistica milanese<br />

sia in termini figurativi, sia rispetto alla cultura artistica di <strong>Milano</strong> e dei suoi sovrani.<br />

<strong>La</strong> seconda parte di questo elaborato è stata dunque dedicata alla committenza e alla fortuna<br />

visiva e letteraria delle medaglie realizzate a <strong>Milano</strong> durante i primi decenni della<br />

dominazione spagnola. Nel periodo preso in esame la corte ducale venne riorganizzata dai<br />

governatori Alfonso d’Avalos (†1546) e Ferrante Gonzaga (deposto nel 1554) anche per<br />

quanto riguarda la presenza di artisti e letterati, e la ripresa di una più regolare vita civica e<br />

cerimoniale, assecondata dall’allontanamento del fronte bellico con i Francesi, incoraggiò<br />

alla committenza di medaglie anche un folto gruppo di patrizi cittadini. Le commissioni di<br />

microritratti metallici crebbero considerevolmente e vennero codificate tipologie diverse 78 .<br />

Questo secondo aspetto della ricerca è stato favorito dall’esistenza di una documentazione<br />

tanto disparata quanto abbondante: scritti d’occasione, mandati di pagamento, carteggi di<br />

artisti, di mediatori e di committenti, inventari di collezioni e letteratura artistica in senso<br />

stretto permettono di costruire un tessuto nel quale alle informazioni sulle modalità di<br />

fruizione della <strong>medaglia</strong> si unisce spesso la possibilità di osservare distinzioni di genere che<br />

sfuggono alla catalogazione museale moderna 79 . Ricerche d’archivio sono dunque state<br />

77 Sono state escluse da questa trattazione figure come Iacopo Primavera, la cui supposta formazione milanese<br />

(Toderi e Vannel 2000, I, p. 79) non trova prove né all’interno delle sue opere, né in altre forme di<br />

documentazione: per quanto ne sappiamo, questo artista fu attivo soprattutto tra la Francia e l’Inghilterra (cfr.<br />

soprattutto Jones 1982-88, I, pp. 159-172, che ne colloca la nascita intorno al 1545 e l’attività tra il 1574 circa<br />

e il 1585 circa). Analogamente Timoteo Refati, talora classificato tra i lombardi (cfr. Attwood 2003, I, pp. 145<br />

e 399), ma attivo in realtà solo a Mantova, non sembra avere mai lavorato all’interno del Ducato di <strong>Milano</strong>;<br />

per giunta, i tratti emiliani del suo stile da ceroplasta ben si accordano con l’ipotesi di una sua identità con il<br />

monogrammista “TR”, persuasivamente ribadita da Stefano Tumidei (2002, pp. 74-76: ma cfr. anche Parise<br />

1984, pp. 215-222, e Johnson 1990, pp. 150-151) contro una vecchia riserva di Hill (1902) accolta anche da<br />

Forrer 1902-30, V, pp. 56-58. Dal suo nuovo catalogo, Refati risulterebbe un artista dalla carriera<br />

fondamentalmente bolognese, ad eccezione di una breve parentesi medicea.<br />

78 Il concetto di “corte” venne speso da Chabod 1971 (1936-37), p. 279, in riferimento alla cerchia di letterati,<br />

artisti, militari, aristocratici e funzionari che gravitò attorno alla figura del Governatore milanese e promosse<br />

in suo nome forme di cultura auliche e accademiche distinte da quelle coltivate in città e presso la curia (come<br />

hanno ben evidenziato di recente gli studi di Simone Albonico: cfr. Albonico 2002, pp. 17-28). Sul piano<br />

cronologico, la lettura di Chabod riguardava in particolare i governatori italiani di <strong>Milano</strong>, cioè il medesimo<br />

periodo, intercorso tra il 1535 e la morte di Francesco Ferdinando d’Avalos, che è oggetto di questa<br />

trattazione.<br />

79 Un caso specifico, quello delle medaglie di Carlo V, ha imposto la ricostruzione di un ulteriore ‘contesto’,<br />

quello costituito dall’intera iconografia medaglistica italiana dell’Imperatore (1530-58), che esulava troppo<br />

dall’ambito lombardo per poter rientrare completamente in questa trattazione, ma che meritava nondimeno di<br />

essere considerata sia perché mai studiata sistematicamente, sia perché tale da condizionare qualsiasi giudizio<br />

sui microritratti milanesi dell’Asburgo: se infatti le medaglie leoniane dell’Imperatore furono l’atto<br />

conclusivo della sua straordinaria fortuna iconografica, esse furono per molti versi il punto di avvio della<br />

stagione di microplastica e di glittica che ci accingiamo ad illustrare. Per questo, le medaglie italiane di Carlo<br />

V sono state oggetto di un saggio breve, pubblicato nel 2002, che considero per molte ragioni uno studio<br />

XXI

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