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La medaglia nella Milano asburgica - Scuola Normale Superiore

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paragone con le arti maggiori che preparava l’esordio monumentale dell’artista, ma<br />

denunciava anche la centralità ormai assunta dalla microplastica all’interno del sistema<br />

delle arti.<br />

Le effigi di Paolo III realizzate nel 1538 (ivi comprese le medaglie) mostrano con chiarezza<br />

che la riflessione romana investiva anche il ritratto e i suoi problemi specifici – il rapporto<br />

tra caratterizzazione e regolarizzazione, impaginazione di profilo e scorcio 160 . Il cranio<br />

perfettamente circolare del Pontefice si anima <strong>nella</strong> sottile pelle delle tempie; gli occhi sono<br />

incavati in un morbido chiaroscuro; la barba abbandona la stilizzazione a ciocche<br />

paralleliformi per farsi cotonata come fosse dipinta. Il piviale disegna un trapezio smussato<br />

sul lato tergale, ed unisce così la modularità delle superfici, l’avvitamento del busto, il<br />

ritmo circolare dei tagli e del bordo. <strong>La</strong> convenzionale balaustra suggerita dalla cornice<br />

pittorica è recuperata dalla linea orizzontale che delimita l’esergo, reinvenzione leoniana di<br />

un dispositivo usato per impaginare i rovesci nelle monete antiche.<br />

Il primato di Leoni raggiunge i suoi massimi livelli nei coni per moneta, dove l’aria più che<br />

mai raffaellesca delle teste convive con spunti geniali tesi ad esaltare un modellato più<br />

articolato e sapientemente graduato di qualsiasi precedente romano. I suo ritratti monetali<br />

sono caratterizzati dalle dimensioni debordanti del capo; dal busto che emerge, stiacciato,<br />

appena a ridosso del margine del tondello, coprendo il piano dell’iscrizione che lo sfiora<br />

invece come un nimbo inclinato; dalle massicce figure dei rovesci, ingrandite a piano<br />

americano per rendere leggibili i tratti del volto; e dalla muscolatura eroica e analiticamente<br />

descritta. Quale scultore non solo di coni, ma persino di marmi poteva ritrarre con simili<br />

forme <strong>nella</strong> Roma protofarnesiana? Negli anni trenta Leoni rappresentò in città una delle<br />

poche voci di rilievo che non parlasse in scultura con accento puramente toscano.<br />

L’assunzione di Cellini e Leoni ha il valore di un ricambio generazionale: il passaggio di<br />

testimone tra Leoni e Bernardi, che per i ritratti papali ebbe luogo nel 1538, si sarebbe<br />

ripetuto nel 1541 per quelli cesarei. Non è infatti priva di rilievo la ricorrenza con cui i<br />

medaglisti papali (da Bernardi a Leoni) venivano segnalati all’establishment asburgico in<br />

Italia: fino agli anni quaranta, quando a <strong>Milano</strong> lievitò una produzione ad alto livello, Roma<br />

rimase l’interlocutore privilegiato dei luogotenenti di Carlo V: una scelta che, come<br />

vedremo, non fu priva di conseguenze sulla qualità antiquaria degli stili e dei linguaggi che<br />

circolarono tra i filoimperiali.<br />

6. Genova, 1541: immagini per Andrea Doria<br />

<strong>La</strong> competitività della corte romana non risparmiò nemmeno Leone: percepita la sua ultima<br />

provvisione nel marzo del 1540 161 , lo scultore venne arrestato per il ferimento del<br />

160 A tale proposito è di particolare interesse una variante dell’effigie paolina nota solo in un esemplare del<br />

Museo Nazionale del Bargello, nel quale questo ritratto più raro è unito con l’altro recto più comune: Pollard<br />

1984-85, II, p. 982, n. 522 (segnala la firma sul bordo del piviale); Toderi e Vannel 2000, I, p. 42, n. 25 (non<br />

riportano la duplice firma del tipo a busto allungato); Toderi e Vannel 2003, I, p. 49, n. 417 (segnalano la<br />

doppia firma); Modesti 2002-, II, p. 94, n. 301 (ignora la doppia firma). Forse è della stessa effigie conservata<br />

in un diverso ibrido dei Musei Vaticani (riprodotto, ma non schedato in Modesti, 2002-, I, p. 87). Si tratta<br />

probabilmente di un tipo rigettato che documenta una precoce sperimentazione nel taglio del busto (allungato<br />

per consentire un’articolazione tridimensionale più chiara della torsione del bacino). Esso mostra anche che<br />

l’incisore studiò la possibilità di impaginare in maniera più enfatica l’iscrizione autoriale, della quale presenta<br />

sulla stessa faccia due diverse versioni: 1. “LEO”, 2,8x0,6mm, rilevata, centrata, ricavata sul taglio della<br />

spalla sinistra; 2. “LEO”, 2,4x1,4mm, rilevata e ricavata sulla figura all’estremità inferiore del piviale, con<br />

orientamento parallelo all’asse del conio. È possibile che la doppia iscrizione testimoni un primo tentativo di<br />

apporre la ‘firma’ in posizione esposta, ma la soluzione dovette essere scartata per problemi di leggibilità. A<br />

partire dalla <strong>medaglia</strong> di Martin de Hanna (1545), nuovi tentativi di ‘firma’ esposta verranno condotti con<br />

caratteri liberi proprio sul taglio della spalla, che verrà appositamente inclinato di 45 gradi.<br />

161 Müntz 1884, pp. 322-324, dà la notizia (ripresa anche da Martinori 1917-30, IX, p. 52) di alcuni pagamenti<br />

effettuati nei primi tre mesi del 1541 per corrispondere a Leoni la sua provvisione ordinaria; una verifica in<br />

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