La medaglia nella Milano asburgica - Scuola Normale Superiore
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può essere considerato un pallido riflesso della cultura di Cristoforo Solari (il volto ricorda<br />
in particolare l’Adamo del Museo del Duomo) 89 . Per nessuno di questi artisti è comunque<br />
dato di rintracciare altre opere microplastiche: solo la più tarda delle medaglie dello Sforza<br />
trova confronti interessanti in quelle di Costanza Rangoni (moglie del franciosante Cesare<br />
Fregoso, viva ancora nel 1546 e qui raffigurata in età matura) e dei misteriosi<br />
Gianfrancesco e Franceschina “Gratt…” 90 .<br />
Per gli anni venti e trenta <strong>Milano</strong> presenta insomma un panorama poco entusiasmante,<br />
punteggiato di episodi isolati e privo di figure stanziali di rilievo (almeno nel campo della<br />
medaglistica e della bronzistica di piccolo formato): la corte sforzesca si offre come<br />
propaggine estrema di apporti che hanno origine in centri situati più ad oriente o sulla<br />
scorta di altre tecniche scultoree. <strong>La</strong> varietà stessa degli effigiati rimane altolocata e<br />
ristretta, risolvendosi quasi (con l’eccezione di qualche accademico) nell’onomastica delle<br />
due dinastie dominanti già ricordate, i Trivulzio e gli Sforza.<br />
<strong>La</strong> discontinuità delle presenze di medaglisti (cui non dev’essere estranea l’incessante<br />
mobilitazione bellica) è la causa principale della difformità e dalla scarsa caratterizzazione<br />
della produzione locale, ma è anche il segno inequivocabile che il microritratto non ha<br />
ancora permeato le consuetudini degli strati sociali più alti e non è ancora oggetto di<br />
un’attenzione specifica, teorica e letteraria, da parte delle personalità più colte.<br />
È solo nel 1541 (o forse, come vedremo tra breve, già negli ultimi anni della signoria<br />
sforzesca) che l’arrivo di Leone Leoni – personalità di cultura più ampia, supportata per<br />
giunta da credenziali veneto-romane e da diversi esponenti della fazione imperiale –<br />
imprime una brusca ed irreversibile accelerazione al “pacifico” fluire conservatore degli<br />
artefici locali (per parafrasare una celebre definizione del Middeldorf). Viene così intaccato<br />
definitivamente il circuito chiuso tra <strong>Milano</strong> e Mantova che pare caratterizzare, in forme<br />
ancora difficilmente ponderabili, ma già aperte al Centroitalia, parte della produzione<br />
coniata degli anni trenta 91 .<br />
Non furono però solo la prepotente capacità mimetica e l’irresistibile cocktail formale<br />
offerti da questo intraprendente protagonista aretino, per quanto fascinoso, a cambiare i<br />
modi di fare e persino l’intero sistema delle convenzioni iconografiche che regolavano i<br />
ritratti mobili: ben altri fattori politico-sociali, come il consolidarsi del governo asburgico<br />
ed il diffondersi di una cultura artistica del ritratto, immisero acqua nuova nel vecchio<br />
mulino dell’arte di rappresentanza. Fu anche merito del primo Governatore non spagnolo e<br />
non interinale, il napoletano Alfonso d’Avalos, se fu impresso un piccolo, ma deciso<br />
ricambio nelle preferenze culturali di palazzo.<br />
Così, quella discontinuità che nelle medaglie tosco-romane viene fissata dalla produzione di<br />
Benvenuto Cellini (che come “maestro delle stampe” pontificie fu attivo dal 1529, e come<br />
medaglista per tutti gli anni trenta), in Lombardia si rintraccia solo nel decennio successivo,<br />
mentre la bronzistica monumentale si rinnova solo negli anni cinquanta (è del 1554<br />
l’esposizione delle statue asburgiche non ancora finite di Leone Leoni). Nell’uno e<br />
89<br />
Toderi e Vannel 2000, I, p. 102, n. 235. L’isolamento stilistico di questa <strong>medaglia</strong> ha indotto George<br />
Francis Hill a spostarla addirittura alla seconda metà del XVI secolo (1930, I, p. 178, n. 697), ma mi pare che<br />
questa ipotesi di datazione sia oggi meno condivisibile.<br />
90<br />
Toderi e Vannel 2000, I, p. 450, nn. 1351-52 (la localizzazione emiliana delle due opere, suggerita dai due<br />
studiosi, è tutt’altro che certa).<br />
91<br />
Cfr. p.e. il ritratto coniato del tardo Francesco II Sforza morto nel 1535 (Toderi e Vannel 2000, I, p. 93, n.<br />
202), con quello, pure anonimo, di Federico II Gonzaga (Toderi e Vannel 2000, I, p. 149, n. 387), eseguito tra<br />
il 1536 e il 1540. Un fattore di impatto da non trascurare, a tal proposito, consiste nel fatto che<br />
l’aggiornamento favorito dall’arrivo di Leoni coinvolse anche la Zecca, un ambito capace di perpetuare le<br />
innovazioni leoniane per anni e di garantire ai nuovi artefici continuità d’impiego.<br />
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