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La medaglia nella Milano asburgica - Scuola Normale Superiore

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<strong>La</strong> <strong>medaglia</strong> dell’Aretino, così come quella grosso modo coeva di Tiziano Vecellio (forse<br />

lasciata incompleta), mostra uno stretto legame con la ritrattistica di Iacopo Sansovino 114 : le<br />

due teste si inscrivono nello stesso filone che entro il 1554 darà vita alle testine delle porte<br />

di San Marco a Venezia, mentre non recano traccia alcuna dell’arte fiorentina del secondo e<br />

terzo decennio 115 . L’outsider Leoni rivela dunque sin da subito orientamenti formali che<br />

nelle Venezie erano appena stati importati da Roma: se è vero che egli nacque nei dintorni<br />

di Arezzo, furono forse la sua stessa origine, le sue prime esperienze centro-italiane e<br />

l’amicizia di Pietro Aretino, Francesco Marcolini e Tiziano Vecellio a interessarlo a voci<br />

come quella di Iacopo Tatti. Sicuramente, a partire dal 1527 il Sansovino si pose come<br />

punto di riferimento di una plastica rinnovata, il cui bronzo animava pastoso e brillante le<br />

superfici morbide e tende impietosamente intensi volti. <strong>La</strong> <strong>medaglia</strong> di Pietro Aretino<br />

traduce tali principi in un’immagine coniata in cui la barba voluminosa e i capelli crespi si<br />

muovono ciocca per ciocca senza essere spezzati o trapunti da solchi taglienti. E alla scuola<br />

del Sansovino si apparenta indubbiamente anche il taglio dell’effigie, un busto disegnato in<br />

alto dal panneggio, ma interrotto a mezzo, sicché in basso il tronco poggia sulla punta del<br />

paludamento ormai vuoto. Se si considera che tra le immagini metalliche di Tiziano<br />

l’immediato precedente della <strong>medaglia</strong> leoniana è un tipo unilaterale ancora così vicino<br />

all’arte di Giovanni Falier da poter forse essere suo 116 , si potrà cogliere quanto l’arrivo di<br />

Leoni a Venezia marcasse un’alternativa netta rispetto agli antefatti locali della<br />

medaglistica, che aveva mantenuto fermo il riferimento alla stagione ritrattistica belliniana<br />

anche in soluzioni iconografiche come il taglio dei busti o l’invaso spaziale dei rovesci.<br />

Nelle prime opere veneziane di Leoni affiora però anche un asciutto linguaggio all’antica<br />

che non può non essere maturato a ridosso di collezioni numismatiche consistenti come<br />

n. 91; Pollard 1984-85, III, p. 1230, n. 716; Cano Cuesta 1994, p. 169, n. 25; Johnson e Martini 1995, p. 111,<br />

n. 2209; Börner 1997, p. 170, n. 734; Attwood 2003, I, p. 93, n. 1 (con un’utile bibliografia sulla fortuna<br />

iconografica della <strong>medaglia</strong>); Toderi e Vannel 2003, I, p. 48, nn. 414-416. Il motto è tratto da Ter., Andria, 1,<br />

20. Per quanto gli esemplari noti della prima <strong>medaglia</strong> rechino sul rovescio la data 1537, nel carteggio<br />

dell’Aretino le menzioni del ritratto metallico occorrono a partire dall’autunno del 1536 stile moderno (lettere<br />

del Varchi del 9 ottobre e del 17 novembre 1536: Aretino 2003-04, I (1552), pp. 293-294, nn. 304 e 306).<br />

Piuttosto che supporre la perdita di un tipo del tutto ignoto alle collezioni, alla letteratura e alle menzioni<br />

epistolari, e al contempo così vicino per datazione a quello di Leoni, pare più probabile ipotizzare che la<br />

<strong>medaglia</strong> leoniana abbia circolato qualche mese prima del 1537 con tale data. Sappiamo inoltre che la prima<br />

emissione della <strong>medaglia</strong>, curata personalmente da Leoni in casa di Francesco Marcolini, fu replicata in<br />

argento e in bronzo da Battista Baffo dopo che lo scultore toscano era partito da Venezia (cfr. la lettera di<br />

Aretino al Baffo del 16 novembre 1537, in Aretino 1997-2002, I (1538), p. 330, n. 234): si può dunque<br />

ipotizzare che la data “1537” venisse impressa nel conio solo <strong>nella</strong> vecchia tiratura, come conferma<br />

l’esistenza di un esemplare privo dell’iscrizione, perché risalente al secondo stato (SMB, ae, d. 45mm:<br />

Bernhart 1925-26, p. 69; Börner 1997, p. 172, n. 742; Toderi e Vannel 2000, I, p. 41, n. 22). Osserviamo<br />

infine che la firma presente sul tipo più diffuso, come quella di alcune medaglie leoniane papali, è apposta sul<br />

conio, e non sul tondello stampato: essa permetteva di distinguere i diversi tondelli in possesso dell’effigiato,<br />

ma non dice nulla sull’esecutore della <strong>medaglia</strong>.<br />

114 Bibliografia: Armand 1883-87, I, p. 166, n. 21 (ibrido con un rovescio oggi attribuito a Valerio Belli); Plon<br />

1887, p. 253; Toderi e Vannel 2000, I, p. 41, n. 23. Esemplari principali: Johnson e Martini 1995, p. 130, n.<br />

2212. Esemplari ibridi: Gaetani 1761-63, I, tav. LXXX, fig. 7; Rizzini 1892, p. 35, n. 226; Regling 1911, p.<br />

15, n. 176; Hill 1912, p. 56, n. 34; Álvarez-Ossorio 1950, p. 229, n. 171 (Leoni); Valerio 1977, p. 137, n. 92;<br />

Cano Cuesta 1994, p. 169, n. 24; Johnson e Martini 1995, p. 130, n. 2285; Börner 1997, p. 175, n. 757;<br />

Attwood 2003, I, p. 93, n. 2.<br />

115 Dopo la classificazione di Leone come araldo della scuola fiorentina, di cui “servì moltissimo a<br />

comunicare i modi e lo stile” in Lombardia (Cicognara 1823-25, V, pp. 248-249), più puntuali rapporti<br />

stilistici col Sansovino sono stati notati sotto angolature diverse nell’opera statuaria di Leoni: cfr. Franco<br />

Fiorio e Valerio 1977, p. 130; Estella Marcos 1994, p. 50; Cupperi 2004 (1), p. 103.<br />

116 Toderi e Vannel 2000, I, p. 282, n. 820, e la bibliografia precedente schedano la <strong>medaglia</strong> di Tiziano come<br />

un pezzo anonimo. A mio avviso anche la datazione stilistica della <strong>medaglia</strong> va spostata dalla seconda alla<br />

prima metà del XVI secolo, all’interno del quale esso trova riscontro in un filone medaglistico poi sbaragliato<br />

dagli allievi di Sansovino e di Leoni.<br />

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