La Colomba n° 17 - Comunità degli Italiani “Dante Alighieri”
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Se penso agli amici di ieri non<br />
posso fare a meno di ripercorrere<br />
una fase molto bella e nel<br />
contempo assai critica della mia esistenza,<br />
un periodo che è stato determinante<br />
nella mia formazione: prima<br />
traboccante di esperienze positive<br />
per poi provocare attorno a me il<br />
vuoto più profondo. Mi sto riferendo<br />
agli anni cinquanta, a quei bellissimi<br />
e purtroppo estremamente tristi<br />
anni cinquanta; al periodo prima,<br />
durante e dopo l'esodo <strong>degli</strong> Istriani,<br />
di quei conterranei che ora vivono<br />
in Italia o sparsi per il mondo e<br />
che, anche se ormai ben inseriti nei<br />
nuovi contesti, sentono sempre<br />
un'infinita nostalgia per la terra<br />
dalla quale sono stati sradicati. Poco<br />
però si sa dei rimasti, cioè di<br />
quelle persone che non hanno voluto<br />
o non hanno potuto abbandonare<br />
la propria terra natale.<br />
Io sono una "rimasta". Nata agli<br />
inizi della seconda guerra mondiale,<br />
sono cresciuta in un ambiente sereno,<br />
dove l'amore e i sani principi sono<br />
sempre stati presenti, anche<br />
quando le risorse finanziarie lasciavano<br />
alquanto a desiderare. A Capodistria,<br />
dove sono nata e vissuta<br />
fino agli undici anni avevo molte<br />
amichette, gran parte della parentela<br />
e, grazie ai miei genitori, appassionati<br />
di teatro, ero anche ben<br />
inclusa nell'ambiente culturale della<br />
città, sebbene fossi ancora piccola.<br />
Nonostante la mia vita scorresse<br />
piacevolmente, il giorno in cui mio<br />
padre ricevette un'offerta di lavoro<br />
a Isola d'Istria e volle sentire il parere<br />
della mamma e il mio, io mi infervorai<br />
subito all'idea anche se, per<br />
realizzarla, avrei dovuto lasciare<br />
tutto il mio piccolo mondo: scuola,<br />
Vicende & Costume<br />
<strong>La</strong> <strong>Colomba</strong> - Anno V - N° <strong>17</strong> - 18<br />
Questa volta accontentiamo tutti quei lettori che ci hanno chiesto di pubblicare l’elaborato con il<br />
quale Amina Dudine ha vinto, nell’anno 2002, il primo premio al Consorso “Storia e Storie” di Forlì<br />
dal tema “Chi trova un amico...” Un racconto autobiografico nel quale narra il periodo dell’esodo nei<br />
suoi ricordi, nelle sue emozioni e i suoi problemi di “ragazza rimasta”.<br />
È STATO DIFFICILE PER TUTTI<br />
di AMINA DUDINE<br />
1° PREMIO AL CONCORSO STORIA E STORIE DI FORLÌ - ANNO 2002<br />
amiche, parenti e poi i nonni (adoravo<br />
particolarmente il nonno paterno).<br />
Ma era più forte di me. Con la<br />
complicità della mamma dimostrai<br />
apertamente la mia grande gioia. Il<br />
papà non era troppo entusiasta, forse<br />
perché non ha mai amato i cambiamenti<br />
repentini e, ricordo, di<br />
aver espresso questo mio desiderio<br />
in modo piuttosto plateale, inginocchiandomi<br />
davanti a lui, dicendo:<br />
Papà! Te prego! Acèta sto lavor!<br />
Dai, andemo a star a Isola! E poi<br />
sorridendo mi ero alzata e l'avevo<br />
abbracciato. Ancor oggi non riesco a<br />
giustificare quel mio fervore, quella<br />
mia voglia di andare a vivere a Isola.<br />
Ero semplicemente convinta di<br />
recarmi in un posto migliore, diciamo<br />
pure che fu uno straordinario intuito.<br />
Naturalmente riuscimmo a<br />
convincere il babbo. D'altronde,<br />
quando si mettono due donne...! E<br />
questo mio slancio fu molto ben ripagato,<br />
per un paio d'anni. A Isola<br />
d'Istria trovai persone splendide,<br />
modeste, ma con una grande ricchezza<br />
d'animo: gente estroversa,<br />
pronta a offrire tutto pur di aiutare<br />
il prossimo. Ci eravamo spostati soltanto<br />
di sei chilometri, ma mi trovavo<br />
in un mondo del tutto diverso,<br />
più semplice, più caloroso. A scuola<br />
le classi erano ancora divise in base<br />
al sesso. Le alunne usavano tutte il<br />
traverson, cioè un grembiule nero,<br />
ornato da un colletto bianco, unito<br />
alle estremità da un vistoso fiocco<br />
turchino. Mi meravigliai non poco<br />
nell'osservare che le mie nuove amiche<br />
non indossavano le scarpe, ma<br />
usavano calzature che chiamavano<br />
papuse, cioè delle babbucce che le<br />
mamme o le nonne confezionavano<br />
a casa unendo, con l'ausilio dell'ago<br />
grosso e dello spago, vari strati di<br />
stoffa che riciclavano da vecchi cappotti<br />
o pantaloni. Le mamme, quasi<br />
tutte casalinghe, un po' prima dell'inizio<br />
della ricreazione, si radunavano<br />
davanti all'entrata della scuola<br />
con le merende per i loro figli: pane<br />
fresco, quasi sempre fatto in casa, e<br />
le porzioni erano piuttosto abbondanti.<br />
Spesso portavano pure le cagole,<br />
dolce semplice ma molto apprezzato<br />
che veniva fatto schiacciando<br />
un pezzetto d'impasto del pane<br />
(la forma era quella di un disco<br />
con il diametro di una spanna), bucherellato<br />
con la forchetta, quindi<br />
fritto nell'olio e poi spruzzato con lo<br />
zucchero. Le donne, specialmente<br />
quelle più anziane, d'inverno usavano<br />
il fasoletón, un grosso scialle nero<br />
con il quale si coprivano la testa<br />
e il corpo, per ripararsi dal freddo.<br />
Esclusi i mesi invernali e le giornate<br />
piovose, nel tardo pomeriggio e<br />
nelle ore serali, gli Isolani usavano<br />
radunarsi davanti alla propria casa,<br />
seduti sui loro scagneti - sgabelli<br />
bassi - e qui le donne facevano la<br />
calza, preparavano nuove papuse,<br />
lavoravano a maglia, pulivano le<br />
verdure, mentre gli uomini mettevano<br />
il pesce in salamoia, cucivano<br />
le reti, riparavano gli arnesi della<br />
campagna, facevano altri lavoretti<br />
e, nel contempo, discorrevano del<br />
più e del meno. In generale si trattava<br />
di gente molto allegra e tutti si<br />
esprimevano in dialetto veneto (del<br />
resto come a Capodistria), ma qui la<br />
parlata aveva una particolare cadenza<br />
che la rendeva inconfondibile.<br />
Qualche volta scappava pure<br />
qualche parolaccia, ma detta senza<br />
cattiveria, e serviva soltanto a rafforzare<br />
e a rendere più fiorito il di-