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INTERNI INCHIESTA TRA I SEPOLTI VIVI<br />
PARLA GUIDO BRAMBILLA<br />
Un rischio che<br />
vale la pena<br />
Non solo sbarre. «Abbiamo anche la responsab<strong>il</strong>ità<br />
di rieducare». Un magistrato contro «<strong>il</strong> giustizialismo<br />
che non crede nel cambiamento delle persone»<br />
penale ha un principio<br />
cardine: la funzione della pena<br />
L’esecuzione<br />
non è solo retributiva ma anche,<br />
come afferma la Costituzione, rieducativa.<br />
Chi ha commesso un reato viene consegnato<br />
non solo a un luogo (ad esempio <strong>il</strong> carcere),<br />
ma anche a tutta una serie di rapporti<br />
interpersonali: con <strong>il</strong> direttore dell’istituto<br />
di custodia, la polizia penitenziaria, gli educatori,<br />
gli assistenti sociali e <strong>il</strong> magistrato<br />
di sorveglianza, tutti preposti alla fase esecutiva.<br />
Il magistrato di sorveglianza è una<br />
figura di giudice introdotta in tempi relativamente<br />
recenti con la legge sull’ordinamento<br />
penitenziario del 1975. Guido Bramb<strong>il</strong>la<br />
svolge questo compito<br />
presso <strong>il</strong> Tribunale di M<strong>il</strong>ano.<br />
Attraverso l’uso di strumenti<br />
giuridici tipizzati<br />
(permessi, misure alternative<br />
alla carcerazione quali<br />
la sem<strong>il</strong>ibertà, la detenzione<br />
domic<strong>il</strong>iare, l’affidamento in prova ai<br />
servizi sociali, eccetera), nell’ambito di un<br />
delicato percorso di “progressione trattamentale”,<br />
calibrata sulla specificità dell’individuo,<br />
al fine di favorire <strong>il</strong> suo graduale<br />
rientro nell’ambito sociale di appartenenza.<br />
Il tutto «senza disattendere l’altrettanto<br />
importante principio dell’effettività della<br />
pena che viene resa solo flessib<strong>il</strong>e in concomitanza<br />
del cambiamento, nel tempo, della<br />
personalità del condannato».<br />
Di quanti detenuti è responsab<strong>il</strong>e un magistrato<br />
di sorveglianza?<br />
C’è un grosso problema in Italia e non<br />
solo, che è quello del sovraffollamento carcerario.<br />
Per questo <strong>il</strong> numero dei magistrati<br />
di sorveglianza, specie nelle grandi città,<br />
è assolutamente inadeguato a fronteggiare<br />
le richieste dei detenuti. Inoltre, <strong>il</strong><br />
magistrato di sorveglianza segue anche<br />
tutti coloro che, sin dall’origine o successivamente,<br />
siano stati ammessi a una misura<br />
alternativa, vale a dire coloro che si trovano<br />
nella cosiddetta “esecuzione penale<br />
esterna”. Il compito non è semplice,<br />
proprio perché <strong>il</strong> giudice deve interagire<br />
con figure istituzionali che non attengono<br />
all’ordine giudiziario, come i direttori<br />
24 | 13 luglio 2011 | |<br />
delle carceri, per esempio, o gli assistenti<br />
sociali, e non sempre i diversi approcci alla<br />
finalità rieducativa collimano fra di loro.<br />
A M<strong>il</strong>ano i detenuti vengono affidati al<br />
magistrato in base alla lettera iniziale del<br />
cognome: io, per esempio, mi occupo di<br />
tutti i detenuti delle carceri di Opera, Bollate,<br />
Monza, San Vittore e Lodi <strong>il</strong> cui cognome<br />
inizia con la lettera S e parte della lettera<br />
L. Sono tanti. Circa 400. Considerando<br />
che, in media, ognuno di loro presenta<br />
annualmente una decina di istanze, <strong>il</strong> carico<br />
del mio lavoro complessivo (tra funzioni<br />
monocratiche e collegiali) ammonta a circa<br />
quattrom<strong>il</strong>a procedimenti l’anno.<br />
«L’obiettivo, seppur faticoso, è <strong>il</strong> reinserimento<br />
sociale. Per questo è previsto (è un’attuazione<br />
della sussidiarietà) che possano intervenire<br />
soggetti che provengono dal privato sociale»<br />
Guido Bramb<strong>il</strong>la<br />
è magistrato<br />
di sorveglianza<br />
presso <strong>il</strong> Tribunale<br />
di M<strong>il</strong>ano. Al suo<br />
vaglio passano le<br />
istanze di circa<br />
400 detenuti<br />
Può capitare che due detenuti abbiano<br />
commesso lo stesso reato, ma <strong>il</strong> loro percorso<br />
abbia due risvolti differenti, a seconda<br />
del magistrato che li segue?<br />
Premesso che la discrezionalità è una<br />
delle caratteristiche dell’attività giurisdizionale,<br />
può capitare che un giudice, legittimamente,<br />
priv<strong>il</strong>egi l’aspetto retributivo<br />
della pena, con un approccio più cautelativo<br />
rispetto alla funzione rieducativa, diversamente<br />
da un altro più disponib<strong>il</strong>e a giocarsi<br />
immediatamente in un rischio rieducativo.<br />
A mio parere, poiché <strong>il</strong> magistrato<br />
è preposto a disporre e seguire un percorso<br />
rieducativo col singolo detenuto, chi si<br />
limita solo a sorvegliare l’esecuzione della<br />
pena non tiene in debito conto tutti i fattori<br />
che ineriscono all’intima natura della<br />
medesima. Detto questo, va però aggiunto<br />
che a fronte del medesimo reato le risposte<br />
dei due autori sul piano rieducativo posso-