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SOCIETà TRA I CAMPI DI PERIFERIA<br />
cose. È troppo fac<strong>il</strong>e attaccare la Lega Pro.<br />
Io difendo la mia categoria, so che abbiamo<br />
sbagliato, so che sbaglieremo, ma noi abbiamo<br />
un vantaggio sugli altri: abbiamo sempre<br />
pagato con soldi nostri, nessuno ci ha<br />
mai dato un euro».<br />
Già, i soldi. Il problema è sempre quello,<br />
mancano e quelli che ci sono non sono<br />
abbastanza. La malandata barca del timoniere<br />
Mario Macalli viaggia in mare aperto<br />
con le vele rotte. E questa volta rischia di<br />
andare a fondo. I numeri sono drammatici:<br />
negli ultimi dieci anni un quarto dei presidenti<br />
ha lasciato e ben 78 società sono sparite.<br />
Una categoria che senza le giuste risorse<br />
non può continuare a sopravvivere, perché<br />
deve fare i conti con perdite medie di quasi<br />
due m<strong>il</strong>ioni di euro all’anno in Prima divisione<br />
e di un m<strong>il</strong>ione in Seconda.<br />
Il contenzioso<br />
Il fatto è che la Lega Pro risorse da distribuire<br />
non ne ha. La legge Melandri del 2008<br />
era nata proprio per questo. Prevede che <strong>il</strong><br />
3 per cento dei ricavi provenienti dai diritti<br />
televisivi delle leghe superiori sia destinato<br />
alle società di Lega Pro. Invece, quello<br />
che arriva effettivamente è meno dell’1<br />
per cento e al di là dei contributi federali –<br />
180 m<strong>il</strong>a euro – e dei miseri ricavi da stadio<br />
e merchandising per queste società non c’è<br />
nulla. «Penso di essere creditore di svariate<br />
decine di m<strong>il</strong>ioni di euro» tuona Macalli.<br />
«Mi sono già rivolto al Tribunale nazionale<br />
di arbitrato per lo sport e al tribunale<br />
di M<strong>il</strong>ano ed entro fine agosto vedremo<br />
come finirà questa brutta vicenda». I b<strong>il</strong>an-<br />
44 | 13 luglio 2011 | |<br />
Da sinistra, in senso<br />
orario: Christian Riganò,<br />
con la maglia della<br />
Fiorentina; giocatori<br />
della Pro Patria che<br />
hanno occupato lo<br />
stadio dopo lo sfratto;<br />
Moreno Torricelli, con la<br />
Coppa Intercontinentale<br />
vinta nel 1996; Fabio<br />
Grosso, dopo <strong>il</strong> rigore<br />
segnato alla Francia<br />
ai Mondiali del 2006;<br />
la curva del Verona;<br />
Dario Hübner con la<br />
maglia del Piacenza<br />
ci delle società sono sempre<br />
in rosso, le spese di gestione<br />
sono altissime e i ricavi non<br />
bastano. Non è un caso di<br />
qualche squadra, è una prerogativa<br />
di questo mondo.<br />
Sembra incomprensib<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />
perché alcuni imprenditori<br />
decidono di acquistare una<br />
squadra di calcio. La risposta più semplice<br />
è che sicuramente dietro alla scelta ci sono<br />
degli interessi legati all’attività dell’imprenditore.<br />
«Guardi, mi creda, i presidenti delle<br />
mie società sanno benissimo che perdono<br />
soldi. Alla fine dell’anno <strong>il</strong> più bravo è quello<br />
che ne ha persi meno. Comunque, più del<br />
60 per cento dei club alla fine di ogni mese<br />
versa gli stipendi, i contributi, rispetta gli<br />
impegni che ha preso. Noi abbiamo dei veri<br />
imprenditori, sopra di noi ci sono i “prenditori”;<br />
noi abbiamo presidenti che fanno<br />
gli imprenditori per mestiere, sopra di noi<br />
ci sono degli imprenditori che di mestiere<br />
fanno i presidenti. La cosa<br />
è ben diversa. Può darsi che si<br />
muovano perché in cambio riescono<br />
ad avere dei rapporti con<br />
le amministrazioni pubbliche,<br />
ma cosa c’è di male? Io non credo<br />
che <strong>il</strong> cavaliere Arvedi abbia<br />
preso la Cremonese per andare<br />
sui giornali, anche perché la<br />
sua azienda è conosciuta a livello mondiale.<br />
C’è da augurarsi che i comuni facciano gli<br />
interessi di questi imprenditori perché questi<br />
stanno facendo del bene alle loro città».<br />
Altra conferma di un mondo non del<br />
tutto marcio arriva da Att<strong>il</strong>io Bardi, allenatore<br />
del Forlì, con un passato da attaccante<br />
tra serie C e B. L’anno scorso ha vinto <strong>il</strong> campionato<br />
d’Eccellenza e quest’anno è arrivato<br />
quarto in serie D ed è in attesa di sapere<br />
se la sua giovane formazione verrà ripescata<br />
in Seconda divisione. «In tanti anni da professionista<br />
– confessa Bardi – non sono mai<br />
stato avvicinato da persone che mi chiede-<br />
6,5<br />
MILIONI<br />
è <strong>il</strong> costo annuo di<br />
una squadra di Prima<br />
divisione. 1,7 m<strong>il</strong>ioni è<br />
<strong>il</strong> passivo medio<br />
vano di vendere o truccare una partita. Con<br />
questo non voglio negare che in alcune gare<br />
di fine campionato i risultati possano essere<br />
concordati. Ma non servono accordi preventivi,<br />
si capisce se due squadre giocano senza<br />
volersi fare del male. Da qui a dire che tantissime<br />
partite vengono truccate mi sembra<br />
un po’ esagerato. Certo non voglio escludere<br />
a priori <strong>il</strong> fatto, ma bisognerebbe andarci<br />
molto cauti a sbattere dei nomi sulle prime<br />
pagine dei giornali senza avere le prove certe<br />
di quel che si dice. Una volta accusato sei<br />
per tutti colpevole. Invece in uno stato civ<strong>il</strong>e<br />
esiste la presunzione d’innocenza».<br />
Anche <strong>il</strong> mister, che alla fine degli anni<br />
Novanta è stato <strong>il</strong> secondo di Daniele Arrigoni<br />
a Montevarchi, difende la categoria<br />
con tutte le forze: «Qualche mela marcia<br />
non può rovinare <strong>il</strong> nome del calcio. Non si<br />
può generalizzare tutto, anche perché credo<br />
che questo sport sia molto determinante<br />
nell’educazione dei giovani, bisogna difenderlo<br />
perché dà la possib<strong>il</strong>ità ai ragazzi di<br />
provare a stare in compagnia, di<br />
condividere certe cose, di avere<br />
esperienze con persone di estrazione<br />
sociale e cultura diverse. I<br />
settori giovan<strong>il</strong>i sono importanti<br />
per questo, devono insegnare<br />
ai ragazzini che <strong>il</strong> calcio è soltanto<br />
un gioco per divertirsi,<br />
non conta solo <strong>il</strong> risultato». Nella<br />
lunga carriera, da calciatore e da allenatore,<br />
Bardi ha incontrato molti presidenti ma<br />
mai uno che lo fecesse per i propri interessi,<br />
senza un briciolo di passione per i propri<br />
ragazzi. «Se penso agli imprenditori ed<strong>il</strong>i –<br />
afferma Bardi – posso credere che ci siano<br />
degli interessi e dei rapporti con le amministrazioni.<br />
Però bisogna essere onesti, non<br />
è vero che succede sempre e ovunque: quando<br />
ero alla Centese <strong>il</strong> presidente era un<br />
imprenditore ed<strong>il</strong>e, ma in zona non ha mai<br />
costruito nulla. Oggi al Forlì <strong>il</strong> presidente è<br />
un costruttore di mob<strong>il</strong>i e per <strong>il</strong> lavoro che<br />
fa non ha rapporti con gli amministratori