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Desiderio di Dio e creazione di un ordine mondano nella Regula ...

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1. La spiritualità monastica<br />

Prologus<br />

[1] Obsculta, o fili, praecepta magistri, et inclina aurem cor<strong>di</strong>s tui, et admonitionem pii patris libenter<br />

excipe et efficaciter comple, [2] ut ad eum per oboe<strong>di</strong>entiae laborem redeas, a quo per inoboe<strong>di</strong>entiae<br />

desi<strong>di</strong>am recesseras. [3] Ad te ergo n<strong>un</strong>c mihi sermo <strong>di</strong>rigitur, quisquis abren<strong>un</strong>tians propriis<br />

vol<strong>un</strong>tatibus, Domino Christo vero regi militaturus, oboe<strong>di</strong>entiae fortissima atque praeclara arma<br />

sumis.<br />

Il prologo si apre sul tema biblico dell’ascolto (Prov 4, 20): la regola è <strong>un</strong> insieme <strong>di</strong> insegnamenti da ascoltare più<br />

che da leggere. I §§ 1-4 e 46-49 sono propri <strong>di</strong> RB, che riassume molto rapidamente i temi principali esposti nelle<br />

prime tre parti del prologo <strong>di</strong> RM, mentre il resto è tratto alla lettera dalla quarta sezione della RM. Il maestro e<br />

padre che bisogna ascoltare è insieme l’abate che formula questo invito, ma è in prima istanza <strong>Dio</strong> stesso, che<br />

chiama il proprio operaio alla messe, come <strong>di</strong>rà più sotto.<br />

L’ascolto del maestro introduce alla metafora del monastero-scuola che verrà presentata in seguito; l’altra<br />

metafora, sempre collegata al signifcato del termine latino schola, è quella del servizio militare, che si compie con<br />

le armi e la fatica dell’obbe<strong>di</strong>enza. Tanto <strong>nella</strong> scuola quanto <strong>nella</strong> milizia, il Cristo della RM e RB è il maestro e il<br />

re, al quale si deve soggezione e obbe<strong>di</strong>enza.<br />

L’ascolto, l’appren<strong>di</strong>mento, la milizia vissuti con de<strong>di</strong>zione (libenter ... efficaciter...) portano al ritorno a colui dal<br />

quale ci si era allontanati in seguito al peccato. L’antropologia <strong>di</strong> RM e RB non è certo ottimistica: l’uomo viene<br />

raggi<strong>un</strong>to dalla voce <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> in <strong>un</strong>a situazione <strong>di</strong> inerte <strong>di</strong>stanza da Lui e viene invitato a intraprendere la via del<br />

ritorno tramite la separazione dal mondo e dalla condotta abituale. Questo ritorno implica <strong>un</strong>a dura fatica, la<br />

rin<strong>un</strong>cia alla volontà propria, che configura il monachesimo come martirio. L’idea della rin<strong>un</strong>cia evoca in termini<br />

molto impliciti il riferimento, che in RM è invece aperto, della vita monastica al battesimo.<br />

[4] In primis, ut quicquid agendum inchoas bonum, ab eo perfici instantissima oratione deposcas, [5]<br />

ut qui nos iam in filiorum <strong>di</strong>gnatus est numero computare non debet aliquando de malis actibus<br />

nostris contristari. [6] Ita enim ei omni tempore de bonis suis in nobis parendum est ut non solum<br />

iratus pater suos non aliquando filios exheredet, [7] sed nec, ut metuendus dominus irritatus a malis<br />

nostris, ut nequissimos servos perpetuam tradat ad poenam qui eum sequi noluerint ad gloriam.<br />

La chiamata nel numero dei figli è probabilmente <strong>un</strong> altro cenno al battesimo: interessante osservare come la vita<br />

monastica appaia la conseguenza del battesimo e il compimento (necessario?) della vocazione battesimale. Bisogna<br />

pregare Di che porti a compimento l’opera buona che iniziamo (la conversione alla vita monastica) per non<br />

rischiare che il padre benevolo che si è rivolto all’inizio al <strong>di</strong>scepolo si riveli alla fine <strong>un</strong> giu<strong>di</strong>ce irato verso chi<br />

non ha voluto seguirlo <strong>nella</strong> gloria.<br />

Da qui sino al § 46 RB riproduce il prologo <strong>di</strong> RM. Quest’ultimo è <strong>un</strong> testo molto ampio organizzato in quattro<br />

parti: <strong>un</strong> prologo; <strong>un</strong> thema, che presenta sotto forma <strong>di</strong> <strong>un</strong>a parabola la vita monastica come prosecuzione e<br />

compimento del battesimo alla luce dell’interpretazione <strong>di</strong> Mt 11, 28-30: «venite a me voi tutti che siete affaticati e<br />

oppressi ... il mio giogo infatti è dolce»: all’umanità oppressa dal peso del peccato, Cristo offre il ristoro del<br />

battesimo e invita coloro che si sono ristorati all’acqua del battesimo a raggi<strong>un</strong>gere poi la pienezza della vita<br />

assumendo su <strong>di</strong> sé il suo giogo. Al thema segue <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go commento al Padre nostro e a quest’ultimo <strong>un</strong><br />

commento ai salmi 33, 12-16 e 14, 1-5. La ragione per la quale RB sceglie <strong>di</strong> riprodurre solo l’ultima parte è che<br />

essa contiene la frase decisiva, concernente l’istituzione <strong>di</strong> <strong>un</strong>a «scuola del servizio <strong>di</strong>vino».<br />

[8] Exsurgamus ergo tandem aliquando excitante nos scriptura ac <strong>di</strong>cente: «Hora est iam nos de<br />

somno surgere» (Rom 13, 11), [9] et apertis oculis nostris ad deificum lumen, attonitis auribus<br />

au<strong>di</strong>amus <strong>di</strong>vina coti<strong>di</strong>e clamans quid nos admonet vox <strong>di</strong>cens: [10] «Ho<strong>di</strong>e si vocem eius au<strong>di</strong>eritis,<br />

nolite obdurare corda vestra» (Sal 94, 8). [11] Et iterum: «Qui habet aures au<strong>di</strong>en<strong>di</strong> au<strong>di</strong>at quid<br />

spiritus <strong>di</strong>cat ecclesiis» (Apoc 2, 7). [12] Et quid <strong>di</strong>cit? «Venite, filii, au<strong>di</strong>te me; timorem Domini<br />

docebo vos» (Sal 33, 12) [13] «Currite dum lumen vitae habetis, ne tenebrae mortis vos<br />

comprehendant» (Gv 12, 35).<br />

Il testo è <strong>un</strong> mosaico fitto <strong>di</strong> citazioni bibliche, tratte in<strong>di</strong>fferentemente dal NT e dall’AT e incentrato sull’urgenza<br />

(cf. ho<strong>di</strong>e) <strong>di</strong> raccogliere l’appello della voce <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e correre verso la salvezza, prima che sia troppo tar<strong>di</strong>.<br />

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