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Desiderio di Dio e creazione di un ordine mondano nella Regula ...

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incessabiliter a<strong>di</strong>mpleta et in <strong>di</strong>e iu<strong>di</strong>cii reconsignata, illa merces nobis a Domino recompensabitur<br />

quam ipse promisit. [77] «Quod oculus non vi<strong>di</strong>t nec auris au<strong>di</strong>vit, quae praeparauit Deus his qui<br />

<strong>di</strong>lig<strong>un</strong>t illum» (1 Cor 2, 9; Is 64, 4). [78] Officina vero ubi haec omnia <strong>di</strong>ligenter operemur claustra<br />

s<strong>un</strong>t monasterii et stabilitas in congregatione.<br />

Si esplicita la metafora degli “strumenti delle buone opere”: il monastero è <strong>un</strong>’officina, <strong>un</strong> laboratorio nel quale gli<br />

operai praticano me<strong>di</strong>ante utensili appropriati <strong>un</strong>’arte i cui frutti saranno poi ricompensati. L’immagine<br />

dell’operaio era nel prologo (§ 14) e ritorna a RB 7, 69. L’immagine del monastero come scola si arricchisce qui <strong>di</strong><br />

<strong>un</strong> tratto ulteriore, come luogo <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> esercizio <strong>di</strong> <strong>un</strong> artigianato. Il cenno alla stabilitas riprende la<br />

conclusione del prologo in cui si fa menzione della perseveranza nel monastero fino alla morte (§ 50). RB è<br />

particolarmente insistente su questo tema: condanna dei monaci girovaghi (RB 1), richiesta da parte dei can<strong>di</strong>dati<br />

alla vita monastica <strong>di</strong> impegnarsi esplicitamente a praticare la stabilità (RB 58, 9. 17; 60, 9; 61, 5).<br />

Dopo che il cap. 1 ha presentato i generi <strong>di</strong> monaci, il cap. 2 l’abate e il cap. 3 il modo <strong>di</strong> convocare a consiglio i<br />

fratelli, i capp. 4-7 contengono l’esposizione delle fondamenta spirituali della vita monastica, <strong>un</strong>a specie <strong>di</strong><br />

vademecum per l’esercizio del magistero abbaziale: mentre i capitoli successivi presentano le tre virtù più<br />

importanti — obbe<strong>di</strong>enza, silenzio e umiltà — qui è presentata <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga lista <strong>di</strong> brevi ammonimenti dal carattere<br />

molto generico: essi infatti si applicano tanto alla vita monastica quanto a qual<strong>un</strong>que vita cristiana (p.e. il § 4, che<br />

cita il comandamento <strong>di</strong> non commettere adulterio, non ha nulla <strong>di</strong> specificamente monastico). Nn è <strong>un</strong>a scelta<br />

casuale: si tratta <strong>di</strong> mostrare che la vita monastica è innanzitutto <strong>un</strong>a vita pienamente e autenticamente cristiana,<br />

del tutto conforme alla tavola dei valori che la tra<strong>di</strong>zione riconosce come vincolanti per tutti i battezzati.<br />

Il cap. 4 riprende con poche varianti RM 3 (ma è significativo che sopprima la conclusione escatologica della<br />

propria fonte) e gli <strong>un</strong>isce in conclusione RM 6, che conclude la l<strong>un</strong>ga trattazione riservata da RM all’ars sancta.<br />

Ci sarebbe molto da <strong>di</strong>re sulla forma letteraria <strong>di</strong> questo testo. Pur senza <strong>un</strong> or<strong>di</strong>ne rigoroso, è evidente che le<br />

ammonizioni <strong>nella</strong> loro gran parte non si susseguono a caso e realizzano <strong>un</strong>a specie <strong>di</strong> alternanza tra norme ispirate<br />

all’amore per <strong>Dio</strong> e norme ispirate all’amore per il prossimo. Si rimane però sconcertati dall’accumulo <strong>di</strong><br />

esortazioni che si collocano a livelli <strong>di</strong> importanza molto <strong>di</strong>fferenti, almeno per la sensibilità attuale: l’amore <strong>di</strong><br />

<strong>Dio</strong> e del prossimo si accompagnano all’invito a non bere troppo e a non ridere smodatamente.<br />

Il ricorso a raccolte <strong>di</strong> massime è <strong>di</strong>ffuso <strong>nella</strong> letteratura ascetico-filosofica antica: cf. le Massime capitali <strong>di</strong><br />

Epicuro, le neopitagoriche Sentenze <strong>di</strong> Sesto, utilizzate anche da Porfirio <strong>nella</strong> Lettera a Marcella, e molta<br />

letteratura cristiana e monastica, che in forma <strong>di</strong> liste <strong>di</strong> brevi sentenze raccoglie e rende più facilmente<br />

memorizzabili insegnamenti utili alla vita spirituale (cf. i primi sei capitoli della Didaché). Del resto, già nel<br />

prologo la citazione dei Sal 33 e 14 aveva ass<strong>un</strong>to la forma, assai più breve, <strong>di</strong> <strong>un</strong> catalogo <strong>di</strong> comportamenti da<br />

adottare per entrare <strong>nella</strong> vita eterna; e la forma del catalogo torna ancora nel cap 7 a proposito della scala<br />

dell’umiltà.<br />

Caput XLIX<br />

De Quadragesimae observatione<br />

[1] Licet omni tempore vita monachi quadragesimae debet observationem habere, [2] tamen, quia<br />

paucorum est ista virtus, ideo suademus istis <strong>di</strong>ebus quadragesimae omni puritate vitam suam<br />

custo<strong>di</strong>re omnes pariter, [3] et neglegentias aliorum temporum his <strong>di</strong>ebus sanctis <strong>di</strong>luere. [4] Quod<br />

t<strong>un</strong>c <strong>di</strong>gne fit si ab omnibus vitiis temperamus, orationi cum fletibus, lectioni et comp<strong>un</strong>ctioni cor<strong>di</strong>s<br />

atque abstinentiae operam damus.<br />

Mentre RM de<strong>di</strong>ca all’osservanza della quaresima tre capitoli (RM 51-53), RB ne tratta brevemente, in<strong>di</strong>cando, più<br />

che osservanze specifiche, l’atteggiamento spirituale con il quale questo periodo deve essere vissuto dal monaco.<br />

L’importanza attribuita alla quaresima emerge dal fatto che <strong>di</strong> essa si tiene conto anche nell’organizzare gli orari <strong>di</strong><br />

lavoro e dei pasti (RB 41, 6-7; 48, 14-16). Ispirandosi a Leone Magno (Serm. de quadr. I 2; IV 1), RB esor<strong>di</strong>sce<br />

con <strong>un</strong> en<strong>un</strong>ciato <strong>di</strong> principio: tutta la vita del monaco dev’essere <strong>un</strong>’osservanza quaresimale (la connotazione<br />

penitenziale è così essenziale al monachesimo che <strong>nella</strong> chiesa antica l’ingresso nello stato monastico può<br />

sostituire la penitenza canonica); subito segue la constatazione <strong>di</strong>sincantata che pochi sono in grado <strong>di</strong> attuare<br />

questa condotta e, quin<strong>di</strong>, l’in<strong>di</strong>cazione pratica: almeno nei giorni della quaresima si <strong>di</strong>a corpo a <strong>un</strong>a condotta<br />

degna della con<strong>di</strong>zione del monaco. De Vogüe in<strong>di</strong>ca in questa tensione tra <strong>un</strong> ideale e <strong>un</strong>’in<strong>di</strong>cazione minimale<br />

cui attenersi <strong>un</strong> tratto caratteristico della RB.<br />

Il § 4 raccoglie i capisal<strong>di</strong> della condotta monastica: ascetismo, preghiera, lettura (infatti in RB 48, 15-16 viene<br />

prescritta la lettura quaresimale), accompagnati dalle lacrime e dalla comp<strong>un</strong>zione del cuore; cf. anche RB 4, 55-<br />

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