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Desiderio di Dio e creazione di un ordine mondano nella Regula ...

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2. I monaci e la com<strong>un</strong>ità<br />

2.1. I generi dei monaci<br />

Caput I<br />

De generibus Monachorum<br />

[1] Monachorum quattuor esse genera manifestum est. [2] Primum coenobitarum, hoc est<br />

monasteriale, militans sub regula vel abbate.<br />

Come il prologo ha presentato i presupposti spirituali della vocazione monastica, questo capitolo, che ha anch’esso<br />

<strong>un</strong>a f<strong>un</strong>zione introduttiva, ne illustra le tipologie <strong>di</strong> realizzazione, secondo <strong>un</strong>o schema sistematico abbastanza<br />

<strong>di</strong>ffuso (cf. classificazioni analoghe in Hier. Ep. 22, 34-36; Cass. Conl. XVIII 4-8). Il testo <strong>di</strong> RB riproduce la<br />

prima parte del medesimo capitolo <strong>di</strong> RM (1, 1-14); in essa, però, la trattazione dei <strong>di</strong>versi generi <strong>di</strong> monaci serviva<br />

a introdurre il ruolo determinate dell’abate/dottore, mentre in RB sopravvive solo la classificazione iniziale dei<br />

generi <strong>di</strong> monaci. Per primi vengono citati i cenobiti, ai quali la RB è destinata. Interessante la precisazione che<br />

questi sono coloro che «militano» (cf. l’immagine <strong>di</strong> Cristo re del prologo 3. 40; Gb [?] vita hominis militia est)<br />

sub regula vel abbate. Si tratta <strong>di</strong> <strong>un</strong> elemento istituzionale nuovo: all’obbe<strong>di</strong>enza all’abate si aggi<strong>un</strong>ge<br />

l’obbe<strong>di</strong>enza ad <strong>un</strong> co<strong>di</strong>ce scritto.<br />

[3] Deinde sec<strong>un</strong>dum genus est anachoritarum, id est eremitarum, horum qui non conversationis<br />

fervore novicio, sed monasterii probatione <strong>di</strong>uturna, [4] qui <strong>di</strong><strong>di</strong>cer<strong>un</strong>t contra <strong>di</strong>abolum multorum<br />

solacio iam docti pugnare, [5] et bene exstructi fraterna ex acie ad singularem pugnam eremi, securi<br />

iam sine consolatione alterius, sola manu vel brachio contra vitia carnis vel cogitationum, Deo<br />

auxiliante, pugnare suffici<strong>un</strong>t.<br />

Il secondo genere <strong>di</strong> monaci approvato è quello degli eremiti, costoro non sono dei novellini <strong>nella</strong> vita monastica<br />

(conversatio qui ha il senso tecnico <strong>di</strong> “vita monastica”), ma hanno alle spalle <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga esprienza cenobitica, che<br />

li ha attrezzati ad affrontare la battaglia solitaria con il demonio (NB il ricorrere delle metafore militari).<br />

Importante l’annotazione Deo auxiliante: non si è mai autosufficienti <strong>nella</strong> vita monastica, essa suppone sempre<br />

l’intervento <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> a sostegno dell’impegno personale del religioso.<br />

Ci si può chiedere se questo tributo <strong>di</strong> onore pagaro all’eremitismo sia solo retorico o derivi dalla reale convinzione<br />

della superiorità <strong>di</strong> questa forma <strong>di</strong> vita. Basilio e Pacomio, per esempio, non ammettono la vita solitaria, mentre<br />

RM, appoggiandosi in questo capitolo a Cassiano — che la stima e la considera superiore alla vita com<strong>un</strong>e —<br />

sembra optare per <strong>un</strong>a sua inclusione fra le forme possibili <strong>di</strong> vita monastica (impressione rafforzata dal fatto che<br />

in genere le altre regole cenobitiche occidentali non menzionano affatto la possibilità <strong>di</strong> <strong>un</strong> passaggio dal cenobio<br />

all’eremo). L’insistenza della metafora guerresca nel trattare gli eremiti suggerisce l’idea che la f<strong>un</strong>zione del<br />

cenobio sia soprattutto propedeutica e pedagogica: esso serve ad addestrare al combattimento; <strong>un</strong>a volta che abbia<br />

raggi<strong>un</strong>to questo scopo, il monaco può arrangiarsi da solo.<br />

[6] Tertium vero monachorum taeterrimum genus est sarabaitarum, qui nulla regula approbati,<br />

experientia magistra, sicut aurum fornacis, sed in plumbi natura molliti, [7] adhuc operibus servantes<br />

saeculo fidem, mentiri Deo per tonsuram nosc<strong>un</strong>tur. [8] Qui bini aut terni aut certe singuli sine<br />

pastore, non dominicis sed suis inclusi ovilibus, pro lege eis est desideriorum vol<strong>un</strong>tas, [9] cum<br />

quicquid putaverint vel elegerint, hoc <strong>di</strong>c<strong>un</strong>t sanctum, et quod noluerint, hoc putant non licere.<br />

Il termine sarabaita viene da Cassiano, la categoria è nota anche a Girolamo, che li chiama remnuoth; sono<br />

descritti come falsi religiosi, che fingono <strong>di</strong> essere ciò che non sono perché non si sottomettono all’obbe<strong>di</strong>enza,<br />

elemento determinante dell’identità del vero monaco. Solo l’esperienza della concreta messa in pratica<br />

dell’obbe<strong>di</strong>enza regolare insegna al monaco a purificarsi, <strong>di</strong>ventando come oro che passa attraverso il fuoco della<br />

fornace.<br />

[10] Quartum vero genus est monachorum quod nominatur gyrovagum, qui tota vita sua per <strong>di</strong>versas<br />

provincias ternis aut quaternis <strong>di</strong>ebus per <strong>di</strong>versorum cellas hospitantur, [11] semper vagi et<br />

numquam stabiles, et propriis vol<strong>un</strong>tatibus et gulae illecebris servientes, et per omnia deteriores<br />

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