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Desiderio di Dio e creazione di un ordine mondano nella Regula ...

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precedenze, rispetto reciproco e subor<strong>di</strong>nazione dei più giovani agli anziani, qui l’invito all’esercizio dell’amore<br />

reciproco è senza restrizioni e sembra suggerire la possibilità o almeno l’aspirazione a <strong>un</strong> superamento della<br />

gerarchia.<br />

Anche in questo trattatello l’obiettivo è la «vita eterna», come in prol. 50 e in 4, 76-77 (il tema della vita eterna fa<br />

da cornice all’inizio e alla fine delle otto formule del cap.); questa volta, però, la <strong>di</strong>mensione com<strong>un</strong>itaria è<br />

dominante su quella in<strong>di</strong>viduale: il testo è formulato al plurale e il conseguimento della vita eterna riguarda tutti<br />

insieme i membri della com<strong>un</strong>ità (pariter).<br />

Il § 8 potrebbe essere interp<strong>un</strong>to anche così: caritatem fraternitatis caste impendant amore; [9] Deum timeant.<br />

Questa formulazione conserva il parallelismo con 1 Pt 2, 17, che ispira il passo, e sarebbe anche parallela alla<br />

costruzione del successivo abbatem suum sincera et humili caritate <strong>di</strong>ligant.<br />

b) L’obbe<strong>di</strong>enza<br />

Caput V<br />

De oboe<strong>di</strong>entia<br />

[1] Primus humilitatis gradus est oboe<strong>di</strong>entia sine mora. [2] Haec convenit his qui nihil sibi a Christo<br />

carius aliquid existimant. [3] Propter servitium sanctum quod professi s<strong>un</strong>t seu propter metum<br />

gehennae vel gloriam vitae aeternae, [4] mox aliquid imperatum a maiore fuerit, ac si <strong>di</strong>vinitus<br />

imperetur moram pati nesciant in faciendo. [5] De quibus Dominus <strong>di</strong>cit: «Obau<strong>di</strong>tu auris oboe<strong>di</strong>vit<br />

mihi» (Sal 17, 45). [6] Et item <strong>di</strong>cit doctoribus: «Qui vos au<strong>di</strong>t me au<strong>di</strong>t» (Lc 10, 16). [7] Ergo hi<br />

tales, relinquentes statim quae sua s<strong>un</strong>t et vol<strong>un</strong>tatem propriam deserentes, [8] mox exoccupatis<br />

manibus et quod agebant imperfectum relinquentes, vicino oboe<strong>di</strong>entiae pede iubentis vocem factis<br />

sequ<strong>un</strong>tur, [9] et veluti <strong>un</strong>o momento prae<strong>di</strong>cta magistri iussio et perfecta <strong>di</strong>scipuli opera, in<br />

velocitate timoris Dei, ambae res comm<strong>un</strong>iter citius explicantur.<br />

Alla presentazione generale degli strumenti delle buone opere fatta nel cap. 4, segue latrattazione tematica delle tre<br />

virtù fondamentali del monaco: obbe<strong>di</strong>enza (RB 5), taciturnità (RB 6) e umiltà (RB 7). La trattazione<br />

dell’obbe<strong>di</strong>enza <strong>di</strong>pende da RM 7, che viene citata abbreviando sensibilmente, pur conservandone la scansione<br />

fondamentale: descrizione dell’obbe<strong>di</strong>enza imme<strong>di</strong>ata; evocazione della via stretta; atteggiamenti interiori <strong>di</strong> <strong>un</strong>a<br />

vera obbe<strong>di</strong>enza. A sua volta, la dottrina sull’obbe<strong>di</strong>enza presentata da RM <strong>di</strong>pende soprattutto da Cipriano e da<br />

Basilio.<br />

Il § 1 sembra in contrad<strong>di</strong>zione con l’esor<strong>di</strong>o del cap. 7: può esserci stato davvero <strong>un</strong> cambiamento <strong>di</strong> prospettiva<br />

in RM e in RB, oppure, più probabilmente, qui primus sta per “eminente, evidente, principale” e non suppone <strong>un</strong>a<br />

gerarchia <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> come nel cap. 7 (del resto già nel prologo 2-3 la vita monastica è presentata alla luce della virtù<br />

dell’obbe<strong>di</strong>enza).<br />

Importante nell’impostazione <strong>di</strong> RM e RB è la fondazione teologica dell’obbe<strong>di</strong>enza: essa non conviene al monaco<br />

per ragioni <strong>di</strong> opport<strong>un</strong>ità e <strong>di</strong> pacifica convivenza con gli altri, ma perché essa è lo strumento della sua<br />

conformazione al Cristo, che si è spogliato della propria volontà per fare quella del Padre (Gv 6, 38). La<br />

sollecitu<strong>di</strong>ne nell’adempiere senza alc<strong>un</strong> indugio gli or<strong>di</strong>ni del superiore è propria <strong>di</strong> chi non ha nulla che gli stia a<br />

cuore più del Cristo (cf. RB prol. 3. 50; 4, 10. 21): in ultima analisi, d<strong>un</strong>que, l’obbe<strong>di</strong>enza monastica è <strong>di</strong>retta a<br />

Cristo. A questa motivazione teologica se ne aggi<strong>un</strong>gono altre, delle quali non si esplicita la coor<strong>di</strong>nazione con la<br />

prima: la lealtà al santo servizio che ci si è ass<strong>un</strong>ti (cf. l’idea del Cristo vero re del prologo), il timore dell’inferno,<br />

l’attesa del para<strong>di</strong>so. In ogni caso, ai §§ 5-6 si opera <strong>un</strong>a identificazione tra superiore e <strong>Dio</strong>, al p<strong>un</strong>to che l’or<strong>di</strong>ne<br />

impartito dal superiore viene accolto come se fosse stato impartito da <strong>Dio</strong> stesso (<strong>di</strong>vinitus). Il termine maior del §<br />

4 può essere considerato <strong>un</strong> sinonimo <strong>di</strong> abbas (cf. RB 2, 1), ma potrebbe essere anche letto <strong>nella</strong> prospettiva <strong>di</strong><br />

quell’obbe<strong>di</strong>enza che deve essere resa da ciasc<strong>un</strong>o a coloro che gli sono sovraor<strong>di</strong>nati per età <strong>di</strong> professione o<br />

f<strong>un</strong>zione all’interno della com<strong>un</strong>ità (cf RB 71 e 72, 6).<br />

È <strong>un</strong> tratto significativo <strong>di</strong> tutto lo scritto il riferimento <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>cazione normativa ad alc<strong>un</strong>i testi fondamentali<br />

della Scrittura, in questo caso Lc 10, 16; Mt 7, 14; Gv 6, 38, a partire dai quali viene sviluppata la dottrina e la<br />

normativa.<br />

I §§ 7-9 descrivono la rapi<strong>di</strong>tà e quasi la simultaneità fra or<strong>di</strong>ne e sua esecuzione; il senso <strong>un</strong> po’ angosciante <strong>di</strong><br />

questa assoluta soggezione all’espressione della volontà del superiore è mitigato dalla formulazione del § 9: sia<br />

l’or<strong>di</strong>ne sia l’esecuzione devono nascere dal timore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>; non ci si deve quin<strong>di</strong> permettere <strong>di</strong> impartire or<strong>di</strong>ni<br />

arbitrari o contrari al timore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />

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