“Sul piano formativo le scuole credo debbano, stando alle evoluzioni del settore ristorativo, puntare a sviluppare e fare apprendere nuove capacità quali, oltre alla ormai scontata conoscenza della lingue, competenze comunicative, relazionali e di creazione del layout. – prosegue il direttore della Scuola di Serramazzoni che vanta, tra le altre cose, il primato di maggior incidenza tra formazione e immissione sul mercato del lavoro - È sicuramente vero che sotto l’aspetto contrattuale si è rimasti indietro, perché andando a memoria d’uomo non ricordo che ci sia un contratto nazionale di lavoro collettivo che mi sappia dire “quando entro in servizio e non quando ne esco” tenendo conto della variabile cliente, vale a dire che è il cliente a decidere i tempi (quando arrivare, quando alzarsi dal tavolo nonostante abbia prenotato e abbia terminato nell’orario previsto), rimane una grande incognita...chi paga tutto questo?” Mentre un bravo ristoratore deve fare la sua parte mettendo il personale di sala in condizioni di evitare gli errori più gravi e, purtroppo, molto comuni e quotidiani come il non essere in grado di rispondere alle domande su una materia prima o un piatto perché non sa cosa sta portando in tavola in quel momento. “Formazione dunque, ma quotidiana, non solo a scuola ma ogni giorno sul lavoro, con le risposte adeguate per incentivare o rivalutare la professione, in particolare nel comparto della ristorazione alberghiera. – ribadisce Giuseppe Natoli - I ragazzi che concludono la formazione scolastica nei vari istituti alberghieri si scontrano con una realtà totalmente diversa da quella appresa nei banchi, viene abbandonata la teoria e per molti di loro il maître diventa il loro primo profes- 28 _ cateringnews.it • gennaio/febbraio <strong>2012</strong> sore di pratica. Il livellamento della gerarchia però porta una notevole perdita di motivazione restringendo l’entusiasmo della professione al solo fine retributivo.Ogni albergo stagionale ha il proprio personale di fiducia che viene riconfermato negli anni, molti di loro lamentano la mancanza di scatti di contingenza non previsti per i lavori stagionali. Altri preferiscono il servizio occasionale comunemente chiamato extra per avere maggiori introiti pur non essendo vincolati all’azienda le nuove tipologie di lavoro che le varie strutture alberghiere hanno adottato, riserva ben poco spazio per incentivare e rivalutare la professione del cameriere. In ogni modo, anche se in parte, uno dei sistemi che si potrebbe adoperare, e che io stesso nell’hotel dove svolgono le professione di maître ho avuto modo di poter constatare, è quella di creare un piccolo ristorante “a la carte” all’interno della struttu- ra, dove con piatti decisamente elaborati e cucina flambé si può dare al cliente un servizio migliore e aver così la possibilità di poter rivalutare alcune soddisfazioni”. Forse non esistono soluzioni a portata di mano ma un suggerimento potrebbe essere proprio quello che gli istituti alberghieri, nel momento in cui avviene la scelta dell’indirizzo formativo, provino ad indirizzare verso il percorso di sala, evidenziando la sovrabbondanza di cuochi che, inevitabilmente, nell’arco di qualche anno causerà una contrazione della domanda. Magari avvalendosi di testimonianze importanti, come quelle delle grandi famiglie della ristorazione italiana che sanno trasmettere un concetto strategico: non esiste un ristoratore stimato che non abbia un servizio di sala altamente professionale.
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