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Nr. 1/2012 - Gennaio - Febbraio - 2012 - Ristorazione e Catering

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cepire la cultura igienica del locale attraverso l’osservazione di<br />

alcuni parametri: l’apparecchiatura pulita, il metodo di presentazione<br />

delle pietanze, l’igiene di tutto il personale e dell’ambiente,<br />

l’indicazione della provenienza e del trattamento dei prodotti,<br />

raccontati possibilmente in menu. E due elementi altamente<br />

qualificanti: la presentazione degli antipasti e il bagno”. Il tema<br />

degli antipasti è sottovalutato quanto delicato: una volta preparati<br />

dovrebbero essere conservati in espositori refrigerati e chiusi, per<br />

essere proposti ai clienti senza rischi batterici.<br />

E il bagno: ognuno di noi avrà il ricordo di almeno un ristorante<br />

in cui tutto funzionava a meraviglia, fino alla visita alla toilette.<br />

Ne abbiamo parlato anche con il Consigliere Nazionale della<br />

Fipe e ristoratore di pluriennale esperienza Gianluigi Mangia, di<br />

ritorno dal Regno Unito, dove peraltro sta proseguendo da oltre<br />

un anno il sistema di controllo dei parametri igienici introdotto<br />

dalla Food Standards Agency attraverso l’affissione all’ingresso<br />

dei ristoranti, e la pubblicazione su internet, di vere e proprie pagelle<br />

che valutano la corretta applicazione dei requisiti di legge.<br />

“Nei Paesi Anglosassoni la toilette può essere condivisa con altri<br />

esercizi, in Italia invece la quota fissa da destinare a bagni, antibagni<br />

e spogliatoi è di 30 mq, qualsiasi sia la superficie totale del<br />

locale” ci spiega Mangia. Garantire la sicurezza e la salute del<br />

consumatore in Italia è oneroso, tra metrature minime richieste<br />

di legge per cucine, sale e bagni, diverse celle frigo per diversi<br />

alimenti, corsi di aggiornamento, formazione obbligatoria e strumenti<br />

tecnologici. E torniamo a parlare dell’abbattitore. “Io non<br />

lo considero un elettrodomestico, ma un socio: risparmio perché<br />

posso conservare i cibi in sicurezza, posso servire più clienti<br />

contemporaneamente e cresce il gradimento nei miei confronti<br />

perché nessuno avrà problemi di salute. Ma solo se usato bene.”<br />

È ancora molta infatti la confusione sui tempi di abbattimento<br />

e di successiva conservazione (fino a tre mesi, in sottovuoto, a<br />

seconda dell’alimento), anche nella ristorazione più alta. Cerchiamo,<br />

insieme a Gianluigi Mangia, di fare chiarezza: “Ci sono<br />

solo due modi per uccidere i parassiti del pesce crudo: cuocerlo<br />

o congelarlo abbattendolo a -25°C per 24 ore. Se lo abbatto per<br />

un’ora è come se gli avessi dato un sonnifero, dopo torna più<br />

forte di prima! Lo stesso vale per tutto il resto e i tempi variano<br />

in base al prodotto e a quello che ne voglio fare.” Il concetto<br />

è questo: se tengo la carne a -25°C per un’ora, la temperatura<br />

della camera non riuscirà a raggiungerne la temperatura interna:<br />

a seconda di quanto è grande il pezzo occorrerà tempo affinché<br />

il freddo si stabilizzi fino al cuore. Il pesce ha parassiti visibili<br />

anche ad occhio nudo: benché sia poco irrorato, per lavorare in<br />

sicurezza va abbattuto per 24 ore.<br />

Quindi, la prossima volta che sentiamo un ristoratore che serve<br />

pesce crudo dire (e, purtroppo, ce ne sono): “Io non ho bisogno<br />

di abbatterlo perché è pesce fresco di giornata”, pensiamoci due<br />

volte prima di ordinare... anche se ha un bagno da favola.<br />

cateringnews.it • gennaio/febbraio <strong>2012</strong> _ 81

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