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Nr. 1/2012 - Gennaio - Febbraio - 2012 - Ristorazione e Catering

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Emilia-Romagna. E, all’interno delle quattro denominazioni<br />

in cui si identifica il Lambrusco modenese,<br />

il Consorzio vanta una rappresentanza del<br />

94% della varietà Grasparossa, del 96% di Sorbara,<br />

del 98& del Salamino, per arrivare al 99%<br />

della denominazione Modena” specifica Ermi Bagni,<br />

direttore del Consorzio Tutela del Lambrusco<br />

di Modena e del Consorzio Marchio Storico dei<br />

Lambruschi Modenesi. Un segno inequivocabile<br />

della strada intrapresa verso la risposta alla domanda<br />

che i produttori si sono posti alcuni anni fa:<br />

vogliamo solo fare grandi numeri o puntare ad una<br />

migliore immagine qualitativa?<br />

“Si decise per la seconda delle ipotesi e, da quel<br />

momento, tutto il sistema Lambrusco si mosse in<br />

quella direzione, con molte iniziative coordinate<br />

dal Consorzio – ricorda il direttore – come il<br />

design del calice per il Lambrusco, nel 2005, per<br />

arrivare al Lambrusco Day, con collegamenti in<br />

tutto il mondo in cui chef di fama internazionale<br />

presentano i piatti che meglio si abbinano al Lambrusco”.<br />

Il calice fu disegnato da Riedel e viene dato in<br />

omaggio a tutti i ristoratori che tengono in carta il<br />

Lambrusco modenese nelle sue quattro accezioni.<br />

Non solo promozione<br />

Vino che si identifica, nell’immaginario, con le<br />

cantine sociali. Non è più solo questo ma non va<br />

dimenticato che proprio la forza economica e produttiva,<br />

oltreché di aggregazione e condivisione<br />

di strategie e investimenti, delle cantine sociali ha<br />

permesso al mondo del Lambrusco di affrontare il<br />

suo profondo rinnovamento. Questo ha significato<br />

miglior tecnologia di cantina e di imbottigliamento,<br />

maggior attenzione al vigneto, che si riflette in<br />

maggiori garanzie al consumatore.<br />

Attualmente sono 33 le aziende associate al Consorzio<br />

di Tutela e 11 quelle del Consorzio Marchio<br />

Storico e queste ultime imbottigliano circa l’80%<br />

del Lambrusco di Modena.<br />

Un percorso, quello della Denominazione d’Origine,<br />

che parte da lontano, esattamente nel 1970<br />

quando tre tipi di Lambrusco, simili in molte caratteristiche,<br />

ma comunque con una loro precisa<br />

identità, ottennero il riconoscimento DOC: Lambrusco<br />

di Sorbara, Lambrusco Salamino di Santa<br />

Croce, Lambrusco Grasparossa. Nel 2009 si aggiunse<br />

la quarta Denominazione: il Lambrusco di<br />

Modena. Era necessario avere quattro denominazioni<br />

distinte?<br />

Forse no, ma l’Italia è un paese di forti identità<br />

locali e intorno ad esse si tende a difendere con<br />

orgoglio le proprie peculiarità. Un sistema che<br />

non trova contraccolpi negativi o confusione sul<br />

mercato se si è in grado di rivolgersi in maniera<br />

trasparente agli operatori professionali e ai consumatori.<br />

Le caratteristiche dei quattro lambruschi non differiscono<br />

molto, ma la differenza sta nelle varietà<br />

ampelografiche di questo vitigno che, nella seconda<br />

metà dell’Ottocento, ammontavano, tra Modena<br />

e Reggio, a 27 con uve bianche e 28 quelle a<br />

uva nera; nel 1906 il Molon ne descriveva 23 di<br />

cui una sola a bacca bianca; nel 1960 erano scese a<br />

10, tutte a bacca rossa, per finire, nell’ultima indagine<br />

del 2001, a cura di Calò, Costacurta e Scienza,<br />

a sole 8 varietà, tutte rosse.<br />

In questo ventaglio ampelografico si collocano le<br />

quattro attuali Denominazioni.<br />

Il Lambrusco di Sorbara, noto anche con il poetico<br />

nome di Lambrusco della viola, è quello più anti-<br />

cateringnews.it • gennaio/febbraio <strong>2012</strong> _ 8

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