“Il dialetto Tarantino: una favola ancestrale …” - Taranto in cartolina

attendeva impaziente l’arrivo di portate di gran lunga inferiori nel numero di
quelle che ho provato a concretizzare con le immagini, ma di certo non meno
pregne degli stessi sapori. Fortunatamente per noi – almeno questo! – oggi è
ancora possibile gustare le pietanze della composizione poetica, nella loro
stragrande maggioranza, grazie alla semplicità delle ricette e alla non difficile
reperibilità dei nutrimenti originali che le compongono, alimenti tuttora
prodotti a livello locale.
Nella struttura intima del “L’ùlteme spijùle de Carnevale” 31 un vecchio sente
che la sua esistenza terrena è ormai agli sgoccioli. A guisa di condannato alla
pena capitale, egli manifesta un ultimo desiderio: attendere l’imminente visita
della “Senza-nase” in maniera inusuale, si direbbe quasi scaramantica o, se
preferite, dissacratoria, tanto più che è l’ultimo giorno di carnevale:
sorseggiando un caffè ed un “ammazza-caffè”(l’“anicètte”), tra un dolcetto e
l’altro, dopo che il suo palato si è reso protagonista assoluto e fruitore di una
sinfonia di cibi della sua amata terra, eseguita da un’orchestra di fragranze e da
un coro di sapori presenti nella sua mente, chissà da quanto tempo. Non è
difficile ipotizzare che egli sia un pescatore. Che i figli, poi, facciano lo stesso
mestiere se ne ha certezza; come pure siamo sicuri che essi siano in bolletta. Lo
dimostra il fatto che per soddisfare il desiderio del loro genitore essi si
vedrebbero costretti ad impegnare al monte di piètà i loro unici averi (barca,
lenze e reti), per saldare il debito rinveniente dall’acquisto di tutto quel ben di
Dio anelato da “tatà”.
31 L’ultimo desiderio di Carnevale.