La bambola e il mostro - Aracne Editrice
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Identificazione di una tematica 29<br />
dopo tante lodi sperticate ― si sofferma sul pessimo st<strong>il</strong>e della scrittrice<br />
71 . L’intervento di Baldacci, foriero di ulteriori giudizi fuorvianti<br />
passati poi nella storiografia 72 , dimostra quale confusione critica regni<br />
ancora in un campo pure sempre piú intensamente esplorato negli ultimi<br />
decenni. Lo studioso evita in sostanza di fornirci le coordinate del<br />
metro di giudizio ed i termini di paragone che gli permettono d’inserire<br />
Teresa tra i romanzi piú notevoli e piú belli dell’ultimo ventennio<br />
del Novecento, a meno che <strong>il</strong> confronto, cui egli allude, non debba<br />
essere fatto con I malavoglia 73 , <strong>il</strong> che ci sembra alquanto azzardato. Il<br />
singolare giudizio di Baldacci potrebbe invece essere forse inteso nel<br />
senso di una valutazione estremamente positiva di Teresa in confronto<br />
ad altre opere, considerate minori, nella produzione assai vasta di Neera<br />
74 . Il critico a tale scopo nomina esplicitamente Lydia, di cui si limita<br />
a mettere in r<strong>il</strong>ievo (implicitamente respingendola) la “scenografia<br />
dannunziana”, senza spendere altre parole sul romanzo che pure Neera<br />
aveva inserito, con Teresa, nel suo “ciclo della donna giovane”. In realtà<br />
Lydia, assai meno lodato dalla critica del secondo Novecento, è<br />
molto sim<strong>il</strong>e a Teresa, dal momento che ripropone lo schema del ro-<br />
71 Ibid., p. XI: “Anche Teresa è un libro scritto male. <strong>La</strong> lingua di Neera è neutra. Non ha<br />
neppure la patina regionale che ha per esempio quella del De Marchi. È la lingua del giornalismo<br />
rosa, tra la precisione notar<strong>il</strong>e e la goffa galanteria. Raramente, anche nei suoi dialoghi, si<br />
recupera l’eco della parola parlata. È una lingua imparata dai gazzettieri, dalle traduzioni dal<br />
francese e dall’inglese che sapevano di gazzetta, di resoconto mondano. Sia pur molto raramente,<br />
ci s’imbatte perfino in qualche vera e propria sgrammaticatura, qualcosa che va ben al<br />
di là delle mancanze di proprietà che <strong>il</strong> Capuana rimproverava anche a Neera […].”<br />
72 Cfr. Toni Iermano, “<strong>La</strong> letteratura della nuova Italia: tra naturalismo, classicismo e decadentismo”,<br />
in Storia della letteratura italiana, diretta da Enrico Malato, vol. VIII, Roma<br />
1999, p. 502: “Qualche anno piú tardi, nel 1886, ella pubblicò <strong>il</strong> romanzo Teresa ― definito<br />
‘uno dei piú bei romanzi italiani dell’ultimo ventennio del secolo passato’ ―, in cui propose <strong>il</strong><br />
tema a lei piú caro: quello della donna che, schiacciata da pesanti condizionamenti fam<strong>il</strong>iari e<br />
dai pregiudizi di una società provinciale piccolo–borghese, non riesce a trovare la propria realizzazione<br />
nell’amore, nel matrimonio e nella gioia della maternità. Con sicure capacità psicologiche,<br />
Neera presenta la storia di Teresa, che è appunto una donna sacrificata sull’altare degli<br />
interessi fam<strong>il</strong>iari, segnata dalla rinuncia, dalla solitudine, dalla malinconia.”<br />
73 Cfr. Luigi Baldacci, op. cit., p. V: “Ventennio ricchissimo, è inut<strong>il</strong>e ricordarlo: basti<br />
pensare che al suo inizio, nel 1881, escono I Malavoglia del Verga, Malombra del Fogazzaro,<br />
No dell’Oriani e Le memorie del presbiterio (postume) del Praga […].”<br />
74 Ibid., pp. X–XI: “In tal senso Teresa è un libro fortemente atipico nella produzione di<br />
Neera. […] Il che non vale certo per Lydia che indubbiamente c’interessa per la sua scenografia<br />
dannunziana, o predannunziana, o francese (è appena di un anno successiva a Teresa: dell’87,<br />
ma che tende a riportare Neera a un livello meramente documentario.”