La bambola e il mostro - Aracne Editrice
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Capitolo I<br />
mano femmin<strong>il</strong>e di fine Ottocento ― un’evidente ed ossessiva centralità<br />
del tema del matrimonio ideale, visto (o meglio sognato) come<br />
l’unione con un principe azzurro bello ed affascinante, accompagnato<br />
di conseguenza da quello della delusione e della ripulsa nei confronti<br />
del marito reale, immancab<strong>il</strong>mente destinato a deludere e ad incarnare<br />
la monotona quotidianità o addirittura la disgustosa prepotenza 108 . Il<br />
tema (riproposto ― come abbiamo visto ― in molte possib<strong>il</strong>i varianti)<br />
torna anche nel celebre racconto lungo della Serao “<strong>La</strong> virtù di Checchina”<br />
del 1883. <strong>La</strong> storia del mancato tradimento di Checchina è<br />
troppo nota per aver bisogno qui di un riassunto, ma quella che ci preme<br />
sottolineare è, ancora una volta, l’immagine completamente negativa,<br />
che la Serao propone al lettore, del marito della protagonista, Toto<br />
Primicerio, (avaro, pedante, geloso, insensib<strong>il</strong>e e stupido 109 ) e quella<br />
em<strong>il</strong>iana, Contessa <strong>La</strong>ra tra fiorentina e romana, Mat<strong>il</strong>de Serao napoletana e tante altre. Questo<br />
per citare solo le ‘stelle’. Ma c’è in campo, all’epoca, una vastissima presenza femmin<strong>il</strong>e,<br />
non dimentichiamolo, anche come quantità.”<br />
108 Cfr. Carlo Alberto Madrignani, “Qualche parola di riep<strong>il</strong>ogo”, in: Les femmes–<br />
écrivains en Italie (1870–1920): ordres et libertés, op. cit., p. 349: “Alle donne–scrittrici rimane<br />
anche una seconda possib<strong>il</strong>ità di arricchire la loro narrativa: quella di mettere alla corda<br />
la figura dell’uomo–amante–sposo–padre in un confronto di ravvicinata impertinenza ideologico–st<strong>il</strong>istica.<br />
Così succede nell’orizzonte dell’Italia unita la cultura politica fortemente egemonizzata<br />
dal segno ideologico di un protagonismo masch<strong>il</strong>ista che assim<strong>il</strong>a tutte le forme del<br />
sapere e del potere all’interno di una strategia di omologazione in cui la donna–madre deve<br />
rimanere come centro della forma–famiglia tramandata da una tradizione autorevole e autoritaria.<br />
Solo le donne–scrittrici sono in grado di opporsi a questo disegno, sia che si tratti di<br />
un’operazione oggettiva sia che abbia la carica di una rivincita, direi di una vendetta con connotati<br />
ideologicamente sfumati e cangianti. L’uomo come altro dalla donna assume nell’ottica<br />
femmin<strong>il</strong>e <strong>il</strong> ruolo di chi si avvale di un potere di sopraffazione, che solo le donne possono disvelare<br />
e denunciare. All’uomo potente che fabbrica le sorti della nuova Italia si accompagna<br />
la sua ombra, quella dell’uomo ‘v<strong>il</strong>e’, aggressivamente e passivamente, che non sa riconoscere<br />
alla donna nessuna parità e autonomia. È l’uomo tiranno, l’uomo che fugge, che tradisce,<br />
meschino nel privato quanto si vuole e forte a livello pubblico. Nella narrativa femmin<strong>il</strong>e viene<br />
elaborato e diffuso questo ritratto dell’uomo in cui si sommano tutte le segrete caratteristiche<br />
della società italiana.”<br />
109 Cfr. Mat<strong>il</strong>de Serao, “<strong>La</strong> virtù di Checchina”, in: <strong>La</strong> virtù delle donne, con uno scritto di<br />
Pietro Pancrazi, nota critica e cura di Toni Iermano, Cava de’ Tirreni, 1999, pp. 31–32: “Toto<br />
Primicerio si lasciava vincere dall’irresistib<strong>il</strong>e sonno degli uomini adiposi, che hanno molto<br />
mangiato e molto bevuto. Ella rivolgeva a suo marito certe timide occhiate, quasi supplicandolo<br />
di non addormentarsi: Toto, come tutti gli uomini grassi, russava. Toto non capiva e, disteso<br />
sulla poltroncina, ogni tanto chiudeva gli occhi e abbassava la testa sul petto. Alla fine<br />
uno sguardo di Checchina lo svegliò, come una scossa elettrica: egli si levò, arrivò sino alla<br />
finestra, guardò nella strada per avere un’aria disinvolta, poi uscì dalla stanza, d’un tratto solo,<br />
senza voltarsi. Egli aveva bisogno di dormire un’oretta dopo <strong>il</strong> pranzo.”