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| dossier | addio P<strong>il</strong> |<br />
«Misuriamo<br />
la vera<br />
ricchezza»<br />
L’Ue: <strong>il</strong> P<strong>il</strong><br />
non sa più dirci<br />
se siamo felici<br />
di Emanuele Isonio e Andrea Barolini<br />
Q<br />
uando qualcuno lancia un’idea, una proposta, una soluzione innovativa –<br />
o, peggio, rivoluzionaria – spesso viene considerato un visionario. A volte<br />
passano decenni prima che ne sia riconosciuto <strong>il</strong> genio. Era <strong>il</strong> 1968. Davanti agli studenti<br />
dell’università del Kansas, Bob Kennedy espresse un concetto che profumava di<br />
utopia: «Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones,<br />
né i successi del Paese sulla base del Prodotto interno lordo. Il P<strong>il</strong> non tiene conto della<br />
salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro<br />
momenti di svago. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo dirci orgogliosi<br />
di essere americani». Quarant’anni dopo, quel concetto è entrato, a pieno titolo, nell’agenda<br />
politica occidentale. Ma sulla sponda opposta dell’Atlantico.<br />
Per decenni <strong>il</strong> P<strong>il</strong> è sembrato<br />
l’unico faro dell’azione<br />
dei governi. Ma già da tempo<br />
gli economisti ne denunciano<br />
i limiti e propongono alternative.<br />
Ora anche la Commissione<br />
europea si convince e annuncia<br />
dal 2009 un nuovo indicatore<br />
per misurare la ricchezza<br />
effettiva, <strong>il</strong> progresso ambientale<br />
e la qualità della vita<br />
| 18 | valori | ANNO 8 N.56 | FEBBRAIO 2008 |<br />
La “rivoluzione”<br />
della Commissione Europea<br />
L’Unione Europea sta lavorando a un nuovo indice statistico<br />
(una versione preliminare sarà operativa entro <strong>il</strong><br />
2009) che permetta di misurare, oltre alla ricchezza prodotta,<br />
anche i progressi ambientali e nella qualità di vita.<br />
La notizia arriva da Bruxelles, durante una conferenza<br />
dal titolo per nulla sib<strong>il</strong>lino, “Beyond GDP” (oltre<br />
<strong>il</strong> P<strong>il</strong>) che <strong>il</strong> “governo” comunitario ha organizzato insieme<br />
al Parlamento europeo, l’Ocse, <strong>il</strong> Wwf e <strong>il</strong> Club di<br />
Roma. Un incontro ai massimi livelli, con i vertici delle<br />
istituzioni coinvolte, membri dei governi dell’Unione<br />
e seicento rappresentanti dei settori economico, sociale<br />
e ambientale. Obiettivo: passare in rassegna<br />
decine di indicatori alternativi al tradizionale P<strong>il</strong>. Partendo<br />
da una considerazione unanime: <strong>il</strong> P<strong>il</strong> non è più<br />
adeguato a misurare lo sv<strong>il</strong>uppo di una nazione. Due le<br />
critiche fondamentali all’indice: da un lato, <strong>il</strong> fatto che<br />
registri solo le transazioni che si svolgono nei “mercati<br />
L’IDEA “LUNGA”<br />
DI BOB KENNEDY<br />
«NON POSSIAMO MISURARE LO SPIRITO NAZIONALE sulla base<br />
dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto<br />
interno lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria,<br />
la pubblicità delle sigarette. Mette nel conto le serrature speciali<br />
per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle.<br />
Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere<br />
prodotti violenti ai nostri bambini.<br />
Cresce con la produzione di napalm,<br />
miss<strong>il</strong>i e testate nucleari, comprende<br />
la ricerca per disseminare la peste<br />
bubbonica, si accresce con gli<br />
equipaggiamenti che la polizia usa<br />
per sedare le rivolte e aumenta<br />
quando sulle loro ceneri si<br />
ricostruiscono i bassifondi popolari». Bob Kennedy.<br />
| dossier | addio P<strong>il</strong> |<br />
OLANDA SVEZIA GERMANIA REGNO UNITO PIL<br />
ISEW<br />
140<br />
90<br />
40<br />
EUROPA: GLI INDICI PIL E ISEW [INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE] A CONFRONTO<br />
1940<br />
1960 1980 2000<br />
140<br />
90<br />
40<br />
1940<br />
formali”. Dall’altro, come spiega <strong>il</strong> commissario europeo<br />
agli Affari economici, Joaquìn Almunia, <strong>il</strong> suo essere<br />
«nient’altro che un indicatore delle performance economiche:<br />
incapace di distinguere se una transazione ha<br />
un effetto positivo o negativo sul benessere». Un esempio<br />
banale: i tumori causati dall’inquinamento provocano<br />
un incremento del P<strong>il</strong> perché comportano spese<br />
per le cure, più medici negli ospedali e – nei casi peggiori<br />
– fiori per le esequie e una lapide per <strong>il</strong> defunto. «È<br />
tempo di superare <strong>il</strong> P<strong>il</strong> – spiega <strong>il</strong> presidente della Commissione,<br />
Josè Barroso – perché è stato sv<strong>il</strong>uppato negli<br />
anni Trenta, per un mondo diverso dal nostro. Abbiamo<br />
bisogno di strumenti nuovi che mostrino i progressi<br />
concreti in settori che hanno grandi ricadute economiche:<br />
cambiamenti climatici, salute, diritti umani,<br />
sicurezza, ambiente».<br />
In effetti, i dati offerti da altri indicatori messi a punto<br />
dagli anni ‘90 evidenziano come le performance di<br />
molti Stati, ampiamente positive secondo <strong>il</strong> P<strong>il</strong>, assuma-<br />
90<br />
40<br />
L’ECONOMIA USA SECONDO PIL E GPI [GENUINE PROGRESS INDICATOR]<br />
30.000<br />
20.000<br />
10.000<br />
1960 1980 2000 1940<br />
0<br />
140<br />
Joaquìn Almunia,<br />
commissario europeo<br />
agli Affari economici,<br />
e Josè Barroso,<br />
presidente<br />
della Commissione.<br />
PIL PRO CAPITE<br />
GPI PRO CAPITE<br />
1950 1960 1970 1980 1990 2000<br />
140<br />
90<br />
40<br />
1960 1980 2000 1940<br />
GRAFICO 1<br />
GRAFICO 2<br />
1960 1980 2000<br />
no tinte assai più fosche se si considerano altri fattori.<br />
Prendiamo gli Usa (cfr. GRAFICO 1 ): mentre <strong>il</strong> P<strong>il</strong> pro capite<br />
è aumentato più o meno costantemente nell’ultimo<br />
mezzo secolo, l’alternativo indice GPI (vedi SCHEDA ) è cresciuto<br />
solo fino agli anni 70, per poi rimanere sostanzialmente<br />
stab<strong>il</strong>e. Situazione sim<strong>il</strong>e a quella offerta dalla<br />
Germania e, ancor più, dalla Gran Bretagna. Migliori<br />
invece i dati per Olanda e Svezia (vedi GRAFICO 2<br />
). Dato,<br />
quest’ultimo, che non stupisce: lo stesso Premio Nobel<br />
israeliano per l’Economia, Daniel Kahneman, ha osservato<br />
come i Paesi più felici sembrino essere quelli del<br />
Nord Europa, mentre tra quelli più infelici ci sia l’Italia:<br />
«Tra di essi c’è infatti una differenza sostanziale: nei Paesi<br />
nordici c’è grande soddisfazione per quanto concerne<br />
servizi, istruzione, beni pubblici, sanità; a risultare meno<br />
diffusa, invece, è la felicità dipendente da fattori quali<br />
l’umore, <strong>il</strong> temperamento e lo stato d’animo. In Italia<br />
sembra accadere <strong>il</strong> contrario: nonostante un temperamento<br />
gioioso, non ci si sente soddisfatti».<br />
| ANNO 8 N.56 | FEBBRAIO 2008 | valori | 19 |<br />
FONTE: REDEFINING PROGRESS<br />
FONTE: REDEFINING PROGRESS