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| inbreve |<br />
Sierra Leone, l’eterna maledizione dei diamanti >58<br />
nternazionale<br />
Scambio: carati per armi >60<br />
Le pietre preziose “terrorizzano” ancora >62<br />
SVEZIA SCETTICA<br />
SUI PIANI<br />
DI GAZPROM<br />
NEL BALTICO<br />
Il progetto di costruire un oleodotto<br />
che colleghi Russia e Germania<br />
attraverso <strong>il</strong> Mar Baltico desta<br />
perplessità in Svezia per <strong>il</strong> suo<br />
possib<strong>il</strong>e impatto sull’ambiente<br />
e sulla fauna ittica. Gli oppositori,<br />
tra cui <strong>il</strong> Partito Socialdemocratico<br />
Svedese, i socialisti<br />
del Vänsterpartiet e i Verdi, hanno<br />
chiesto al governo svedese<br />
di rigettare <strong>il</strong> “Progetto Nordstream”,<br />
promosso dalla russa Gazprom.<br />
Il piano, da 12 m<strong>il</strong>iardi di dollari,<br />
dovrebbe prendere <strong>il</strong> via nel 2010<br />
a patto che la Gazprom ottenga<br />
i permessi dai governi di Russia,<br />
Germania, Svezia, Finlandia, Estonia,<br />
Lettonia, Lituania, Danimarca<br />
e Polonia. Alla fine del 2007, la Nord<br />
Stream AG, una joint venture<br />
di cui Gazprom è azionista al 51%,<br />
ha annunciato di aver consegnato<br />
al Governo svedese la documentazione<br />
informativa necessaria, ribadendo<br />
l’ecocompatib<strong>il</strong>ità del progetto.<br />
L’annuncio della Nord Stream,<br />
che ha scartato l’ipotesi<br />
di un percorso alternativo attraverso<br />
la Polonia, è giunto pochi giorni dopo<br />
la pubblicazione di un sondaggio,<br />
dell’emittente di Stoccolma Sveriges<br />
Radio International, secondo<br />
cui <strong>il</strong> 66% dei parlamentari<br />
svedesi è contrario al progetto.<br />
Gli oppositori temono anche<br />
che i lavori di costruzione possano<br />
provocare esplosioni tra i numerosi<br />
ordigni ad alto potenziale chimico<br />
e biologico che dalla fine della<br />
Seconda Guerra Mondiale giacciono<br />
sui fondali del Mar Baltico.<br />
| 56 | valori | ANNO 8 N.56 | FEBBRAIO 2008 |<br />
AUSTRALIA,<br />
INQUIETUDINE<br />
SUL FUTURO<br />
DELLA COATES HIRE<br />
Dubbi e perplessità agitano <strong>il</strong> dibattito sul futuro<br />
dell’azienda australiana Coates Hire (macchinari<br />
e strumenti industriali) e dei suoi lavoratori.<br />
La mob<strong>il</strong>itazione dei sindacati del settore negli Stati<br />
Uniti e in Australia non è bastata a convincere<br />
né gli azionisti né la Federal Court che, alla fine<br />
di dicembre, ha approvato <strong>il</strong> progetto di acquisizione<br />
della compagnia da parte della NED Group, una holding<br />
creata dalla statunitense National Hire congiuntamente<br />
al gruppo Carlyle (private equities). Nel recente<br />
passato, gli attivisti sindacali Stephen Lerner<br />
del Service Employees International Union (SEIU)<br />
e Glenn Thompson dell’Australian Manufacturing<br />
Workers Union (AMWU) avevano<br />
espresso dubbi circa le capacità<br />
delle società di private equity come<br />
<strong>il</strong> gruppo Carlyle di offrire sufficienti<br />
garanzie circa la tutela dell’occupazione<br />
e i diritti dei lavoratori. La SEIU<br />
ha da tempo avviato un progetto<br />
di indagine denominato Behind<br />
the Buyouts in cui si denuncia<br />
la disinvolta politica di compravendita<br />
societaria da parte delle compagnie di private equity.<br />
Fondata nel 1987, la Carlyle è, con oltre 75 m<strong>il</strong>iardi<br />
di dollari di investimenti, una delle principali società<br />
del settore nel mercato mondiale. I suoi detrattori<br />
l’hanno spesso accusata di godere di impliciti vantaggi<br />
attraverso la sua nota capacità di influenzare <strong>il</strong> mondo<br />
politico. Tra i suoi investitori si trovano infatti molti<br />
funzionari di alto livello e capi di governo “a riposo”<br />
come l’ex premier britannico John Major e George<br />
W. Bush senior, presidente degli Stati Uniti dal 1989<br />
al 1993. Tra gli investitori del gruppo è stata presente<br />
anche la famiglia Bin Laden che, nell’ottobre 2001,<br />
ha però rivenduto la propria partecipazione.<br />
BRASILE,<br />
BUFERA<br />
SULLA<br />
SYNGENTA<br />
Il movimento “Via Campesina”<br />
accusa la multinazionale svizzera<br />
Syngenta di responsab<strong>il</strong>ità<br />
nell’uccisione dell’attivista<br />
del Movimento dei Sem Terra (Mst)<br />
e di Via Campesina Valmir Mota<br />
de Oliveira. L’episodio è avvenuto<br />
lo scorso 21 ottobre a Santa Tereza<br />
do Oeste nello stato del Paranà<br />
durante una manifestazione<br />
di protesta nella quale ha perso<br />
la vita anche l’agente di sicurezza<br />
privato Fábio Ferreira de Souza.<br />
A sostegno di Via Campesina<br />
si è schierato anche <strong>il</strong> governatore<br />
dello Stato Roberto Requião.<br />
Mentre <strong>il</strong> governo bras<strong>il</strong>iano indaga,<br />
la Syngenta, che produce semi<br />
transgenici, nega ogni responsab<strong>il</strong>ità<br />
dichiarando inoltre di aver<br />
adempiuto a tutti gli obblighi<br />
di legge. La multinazionale svizzera<br />
(presente in 90 Paesi e capace<br />
di accumulare ricavi per 8,1 m<strong>il</strong>iardi<br />
di dollari nel 2006) ha recentemente<br />
precisato che i responsab<strong>il</strong>i della<br />
sicurezza coinvolti nell’incidente<br />
appartengono a una compagnia<br />
privata che era stata obbligata per<br />
contratto a non ut<strong>il</strong>izzare in nessun<br />
caso armi da fuoco. Il titolare<br />
della società N.F Segurança, Nerci<br />
de Freitas, e i suoi dipendenti<br />
Alexandre de Jesus, Alexandre<br />
Magno Winche Almeida e Rodrigo<br />
Ambrósio, che erano stati arrestati<br />
con l’accusa di omicidio, sono stati<br />
scarcerati all’inizio di gennaio<br />
quando <strong>il</strong> tribunale competente<br />
ha accolto la richiesta di Habeas<br />
Corpus presentata dai loro avvocati.<br />
CASO BOTNIA,<br />
ARGENTINA<br />
E URUGUAY<br />
AI FERRI CORTI<br />
Continua la protesta degli<br />
ambientalisti e del Governo<br />
di Buenos Aires contro l’impianto<br />
di cellulosa della multinazionale<br />
finlandese Botnia a Fray Bentos<br />
(Uruguay), al confine con la regione<br />
argentina di Entre Ríos.<br />
Gli ambientalisti, preoccupati<br />
sia per le emissioni gassose che per<br />
le possib<strong>il</strong>i inf<strong>il</strong>trazioni degli scarichi<br />
nel Rio Uruguay, continuano<br />
la protesta. I vertici dell’azienda<br />
assicurano che l’impianto non<br />
produce alcun impatto significativo<br />
sull’ambiente e che le emissioni<br />
maleodoranti non sono dannose,<br />
ma non convincono i vicini argentini.<br />
In passato le autorità sanitarie<br />
locali avevano denunciato alcuni<br />
casi di intossicazione e i sospetti<br />
si erano indirizzati verso la Botnia.<br />
Recentemente, <strong>il</strong> giornale<br />
uruguayano El País ha citato uno<br />
studio condotto da alcuni ricercatori<br />
dell’Universidad de Buenos Aires<br />
(UBA) che “assolveva” l’impianto<br />
dalle accuse di alterazione<br />
ambientale. Sulle pagine<br />
del quotidiano argentino La Nación,<br />
<strong>il</strong> direttore dell’indagine dell’UBA<br />
Héctor Ostera ha smentito l’attualità<br />
dello studio, sottolineando come<br />
i dati in esso contenuti siano frutto<br />
di misurazioni condotte prima<br />
che la produzione fosse avviata.<br />
Tra le opzioni prese in considerazione<br />
da Buenos Aires c’è l’ipotesi<br />
di un nuovo ricorso al Tribunale<br />
Internazionale dell’Aja che,<br />
in passato, aveva già respinto<br />
le richieste argentine con 14 voti a 1.<br />
WAL-MART MÉXICO<br />
CRESCONO<br />
I PROFITTI<br />
E I COSTI SOCIALI<br />
Wal-Mart de México (Walmex) consolida la propria<br />
presenza di mercato nel Paese centroamericano.<br />
Stando agli ultimi dati diffusi e relativi al mese<br />
di novembre, l’azienda avrebbe già fatto registrare<br />
traguardi significativi quali <strong>il</strong> superamento<br />
della soglia dei 1000 stores e un aumento delle vendite<br />
pari all’11,6% rispetto al medesimo periodo dell’anno<br />
precedente, con un ricavo complessivo di quasi<br />
19,3 m<strong>il</strong>iardi di pesos . Secondo l’ultimo rapporto<br />
degli analisti di Credit Suisse, l’azienda dovrebbe<br />
continuare a mantenere una solida posizione di dominio<br />
nel mercato messicano almeno per i prossimi 12 mesi.<br />
All’espansione del gigante della distribuzione<br />
fa da contraltare la crescita<br />
dei consensi attorno<br />
ai movimenti di protesta ispirati<br />
dal Frente Nacional Contra<br />
Wal-Mart e dal Centro Laboral<br />
y Asesoría Sindical AC (C<strong>il</strong>as).<br />
Le organizzazioni, che lo scorso<br />
2 dicembre avevano dato vita<br />
alla giornata del boicottaggio di Wal-Mart, denunciano<br />
da tempo una politica di persecuzione nei confronti<br />
dei sindacati e diffusi episodi di violazione dei diritti<br />
dei lavoratori da parte della corporation statunitense.<br />
Secondo <strong>il</strong> Frente Nacional, Wal-Mart de México<br />
occuperebbe una posizione di monopolio di mercato<br />
che le consentirebbe di praticare una politica di bassi<br />
prezzi scaricandone le disut<strong>il</strong>ità sui salari (inferiori<br />
fino al 35% rispetto alla media dei concorrenti)<br />
e sui fornitori. Gli oppositori accusano inoltre la catena<br />
statunitense di evasione fiscale in relazione all’anno<br />
2003, ingerenza politica e alterazione dell’ambiente<br />
e dell’ecosistema. La Wal-Mart è al momento presente<br />
in quasi 170 città messicane.<br />
| inbreve |<br />
INDIA,<br />
NON SI FERMA<br />
LA LOTTA CONTRO<br />
DOW CHEMICAL<br />
Il Bhumi Uchhed Pratirodh Committee<br />
(BUPC) si oppone al tentativo<br />
del Governo del Bengala Occidentale<br />
di destinare l’area dell’isola<br />
di Nayachar alla costruzione<br />
di un distretto chimico inizialmente<br />
pensato per la vicina città<br />
di Nandigram, 90 ch<strong>il</strong>ometri<br />
a sud ovest di Kolkata (Calcutta).<br />
Secondo gli oppositori le attività<br />
di un impianto produttivo<br />
danneggerebbero l’ecosistema<br />
su vasta scala tramite l’inquinamento<br />
dei fiumi circostanti. A condurre<br />
le operazioni del complesso dovrebbe<br />
essere la multinazionale americana<br />
Dow Chemical, dal 2001 proprietaria<br />
della tristemente nota Union Carbide,<br />
responsab<strong>il</strong>e della più colossale<br />
tragedia industriale della storia<br />
del Paese. Nel dicembre 1984,<br />
una fuga di gas dall’impianto<br />
dell’Union Carbide uccise 5000<br />
persone nella città di Bhopal<br />
con conseguenti gravi danni alla salute<br />
di altre migliaia di persone. A distanza<br />
di 23 anni, accusano le organizzazioni<br />
dei sopravvissuti, la Dow Chemical<br />
si rifiuterebbe di smaltire le 5000<br />
tonnellate di scorie tuttora presenti<br />
in ciò che rimane dell’impianto<br />
di pesticidi. Nei progetti originari<br />
del Governo, c’era l’esproprio<br />
di una vasta fetta di territorio dell’area<br />
di Haldia/Nandigram che avrebbe<br />
interessato almeno 70.000 residenti.<br />
Dopo 11 mesi di scontri sanguinosi<br />
(gli attivisti parlano di 100 morti)<br />
l’ipotesi di creazione di una “special<br />
economic zone” per l’industria<br />
chimica è stata abbandonata.<br />
| ANNO 8 N.56 | FEBBRAIO 2008 | valori | 57 |